CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA CATTOLICA: DICEMBRE 2021

CALENDARIO LITURGICO CATTOLICO DEL MESE DI DICEMBRE 2021

Dicembre è il mese che la Chiesa Cattolica dedica all’Avvento del Salvatore, e alla Vergine Immacolata.

PRATICA DELL’AVVENTO

Vigilanza.

Se la santa Chiesa, madre nostra, passa il tempo dell’Avvento in questa solenne preparazione alla triplice Venuta di Gesù Cristo; se, sull’esempio delle vergini savie, tiene la lampada accesa per l’arrivo dello Sposo, noi che siamo le sue membra e i suoi figli, dobbiamo partecipare ai sentimenti che la animano, e prendere per noi quell’avvertimento del Salvatore: « Siano i vostri lombi precinti corre quelli dei viandanti; nelle vostre mani brillino fiaccole accese; e siate simili a servi che aspettano il loro padrone» (Lc. XII, 35). Infatti, i destini della Chiesa sono anche i nostri; ciascuna delle anime è, da parte di Dio, l’oggetto d’una misericordia e d’un’attenzione simili a quelle che egli usa nei riguardi della Chiesa stessa. Essa è il tempio di Dio perché composta di pietre vive; è la Sposa perché è formata da tutte le anime che sono chiamate all’eterna unione. Se è scritto che il Salvatore ha acquistato la Chiesa con il suo sangue (Atti XX, 28), ognuno di noi può dire parlando di se stesso, come san Paolo: Cristo mi ha amato e si è sacrificato per me (Gal. II, 20). Essendo dunque uguali i destini, dobbiamo sforzarci, durante l’Avvento, di entrare nei sentimenti di preparazione di cui abbiamo visto ripiena la Chiesa.

Preghiera.

E innanzitutto, è per noi un dovere di unirci ai Santi dell’Antica Legge per implorare il Messia, e soddisfare così quel debito di tutto il genere umano verso la divina misericordia. Onde animarci a compiere questo dovere, trasportiamoci con il pensiero nel corso di quelle migliaia di anni rappresentate dalle quattro settimane dell’Avvento, e pensiamo a quelle tenebre, a quei delitti di ogni genere in mezzo ai quali si agitava il vecchio mondo. Che il nostro cuore senta viva la riconoscenza che deve a Colui che ha salvato la sua creatura dalla morte, e che è disceso per vedere più da vicino e condividere tutte le nostre miserie, fuorché il peccato! Che esso gridi, con l’accento dell’angoscia e della fiducia, verso Colui che volle salvare l’opera delle sue mani, ma che vuole pure che l’uomo chieda ed implori la propria salvezza! Che i nostri desideri e la nostra speranza si effondano dunque in quelle ardenti suppliche degli antichi Profeti che la Chiesa ci mette sulle labbra in questi giorni di attesa. Disponiamo i nostri cuori, nella più larga misura possibile, ai sentimenti che essi esprimono.

Conversione.

Compiuto questo primo dovere, penseremo alla Venuta che il Salvatore vuol fare nel nostro cuore: Venuta, come abbiamo visto, piena di dolcezza e di mistero, e che è la conseguenza della prima, poiché il buon Pastore non viene soltanto a visitare il suo gregge in generale, ma estende la sua sollecitudine a ciascuna delle pecore, anche alla centesima che si era smarrita. Ora, per ben comprendere tutto questo ineffabile mistero, bisogna ricordare che, siccome non possiamo essere accetti al nostro Padre celeste se non in quanto egli vede in noi Gesù Cristo, suo Figlio, questo Salvatore pieno di bontà si degna di venire in ciascuno di noi, e, se noi lo vogliamo, di trasformarci in lui, di modo che non viviamo più della vita nostra, ma della sua. Il fine di tutto il Cristianesimo è appunto di divinizzare l’uomo attraverso Gesù Cristo: questo è il compito sublime imposto alla Chiesa. Essa dice ai Fedeli con san Paolo: « Voi siete i miei figlioletti; poiché io vi dò una seconda nascita, affinché si formi in voi Gesù Cristo » (Gal. IV, 19). – Ma, come nella sua apparizione in questo mondo il divino Salvatore si è dapprincipio mostrato sotto le sembianze d’un bambino, prima di giungere alla pienezza dell’età perfetta che era necessaria perché nulla mancasse al suo sacrificio, egli intende prendere in noi gli stessi sviluppi. Ora è nella festa di Natale che si compiace di nascere nelle anime, e diffonde per tutta la sua Chiesa una grazia di Nascita alla quale, purtroppo, non tutti sono fedeli. Ecco, infatti la situazione delle anime all’avvicinarsi di quella ineffabile solennità. Alcune, ed è il numero minore, vivono pienamente della vita del Signore Gesù che è in esse, ed aspirano in ogni istante all’aumento di tale vita. Altre, in numero maggiore, sono vive, sì, per la presenza del Cristo, ma sono malate e languenti, non desiderando il progresso della vita divina, perché la loro carità si è raffreddata (Apoc. II, 4). Il resto degli uomini non gode di questa vita, e si trova nella morte; poiché Cristo ha detto: Io sono la Vita (Gv. XIV, 6). – Nei giorni dell’Avvento, il Salvatore va a bussare alla porta di tutte le anime, in una maniera ora sensibile, ora nascosta. Viene a chiedere se hanno posto per Lui, affinché possa nascere in loro. Ma, benché la casa che egli chiede sia sua, poiché lui l’ha costruita e la conserva, si è lamentato che i suoi non l’hanno voluto ricevere (Gv. 1, 11), almeno il numero maggiore tra essi. «Quanto a quelli che l’hanno ricevuto, ha concesso loro di diventare figli di Dio, e non più figli della carne e del sangue » (ibid. 12, 13). Preparatevi dunque a vederlo nascere in voi più bello, più radioso, più forte di come l’avete conosciuto, o anime fedeli che lo custodite in voi stesse come un prezioso deposito, e che da lungo tempo, non avete altra vita che la sua, altro cuore che il suo, altre opere che le sue. Sappiate cogliere, nelle parole della Liturgia, quelle che fanno per il vostro amore, e che commuoveranno il cuore dello Sposo. Aprite le porte per riceverlo nella sua nuova venuta, voi che già l’avevate in voi, ma senza conoscerlo; che lo possedevate, ma senza gustarlo. Egli torna con una nuova tenerezza; ha dimenticato il vostro rifiuto; vuole rinnovare tutte le cose (Apoc. XXI, 5). Fate posto al celeste Bambino, che vuol crescere in voi. Il momento è vicino: che il vostro cuore, dunque si desti; e perché non vi abbia sorpreso il sonno quando Egli passerà, vegliate e pregate. – Le parole della Liturgia sono anche per voi; perché esse parlano di tenebre che Dio solo può dissipare, di piaghe che solo la sua bontà può risanare, di languori che cesseranno solo per sua virtù. – E voi, Cristiani, per cui la buona novella è come se non ci fosse perché i vostri cuori sono morti per il peccato, sia che questa morte vi tenga stretti nei suoi lacci da lunghi anni, sia che la ferita che l’ha causata sia stata inferta più di recente alla vostra anima, ecco venire colui che è la vita. « Perché dunque vorreste morire? Egli non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva » (Ez. XVIII, 31). – La grande Festa della sua Nascita sarà un giorno di misericordia universale per tutti quelli che vorranno lasciarlo entrare. Questi ricominceranno a vivere con Lui; ogni altra vita precedente sarà abolita, e sovrabbonderà la grazia là dove prima aveva abbondato l’iniquità (Rom. V, 29). – E se la tenerezza e la dolcezza di questa misteriosa Venuta non vi attraggono, perché il vostro cuore non potrebbe ancora comprendere la fiducia o perché, avendo per lungo tempo ingoiato l’iniquità come l’acqua, non sapete che cosa significhi aspirare mediante l’amore alle carezze d’un padre di cui avevate disprezzato gli inviti, pensate alla Venuta piena di terrore che seguirà quella che si compie silenziosamente nelle anime. Sentite lo scricchiolio dell’universo all’avvicinarsi del terribile Giudice; osservate i cieli che fuggono davanti a Lui, e si aprono come un libro alla sua vista (Apoc. VI, 41); sostenete, se ne siete capaci, il suo aspetto, i suoi sguardi fiammeggianti; guardate senza fremere la spada a doppio taglio che esce dalla sua bocca (ibid. 1, 16); ascoltate infine quelle grida di lamento: 0 monti cadete su di noi; rocce, copriteci, toglieteci alla sua vista terrificante (Lc. XXIII, 30)! Sono le grida che faranno risuonare invano le anime sventurate che non hanno saputo conoscere il tempo della visita (ibid. 23, 19, 44). Per aver chiuso il loro cuore a quell’Uomo-Dio che pianse su di esse – tanto le amava! – scenderanno vive nel fuoco eterno la cui fiamma è così bruciante che divora il germe della terra e le fondamenta più nascoste dei monti (Deut. XXXII, 22). Ivi si sente il verme eterno d’un rimorso che non muore mai (Mc. IX, 43). – Coloro, dunque, i quali non si sentono commossi dalla dolce notizia dell’avvicinarsi del celeste Medico, del generoso Pastore che dà la vita per le sue pecorelle, meditino durante l’Avvento sul terribile, eppure incontestabile mistero della Redenzione, resa inutile dal rifiuto che l’uomo oppone troppo spesso di associarsi alla propria salvezza. Misurino le loro forze, e se disprezzano il bambino che sta per nascere (Is. IX, 6), pensino se saranno in grado di lottare con il Dio forte, il giorno in cui verrà non più a salvare, ma a giudicare. Per conoscerlo più da vicino, questo Giudice davanti al quale tutto deve tremare, interroghino la sacra Liturgia: qui impareranno a temerlo. – Del resto, questo timore non è soltanto proprio dei peccatori; è un sentimento che ogni Cristiano deve provare. Il timore, se è da solo, rende schiavi; se compensa l’amore, conviene al figlio colpevole, che cerca il perdono del padre adirato; anche quandol’amore lo spinge fuori (Gv. IV, 18), esso ritorna talora come un subitaneo lampo, e il cuore fedele ne è felicemente scosso fin nelle fondamenta. Sente allora ridestarsi il ricordo della sua miseria e della misericordia gratuita dello Sposo. Nessuno deve dunque disperarsi, in questo sacro tempo dell’Avvento, dall’associarsi ai pii timori della Chiesa che, per quanto amata, dice spesso nei suoi Uffici: Trafiggi la mia carne, 0 Signore, con il pungolo del tuo timore! Ma questa parte della Liturgia sarà utile soprattutto a coloro che cominciano a consacrarsi al servizio di Dio. – Da tutto ciò, si deve concludere che l’Avvento è un tempo consacrato soprattutto agli esercizi della Vita Purgativa; come indicano quelle parole di san Giovanni Battista, che la Chiesa ci ripete così spesso in questo sacro periodo: Preparate le vie del Signore! Ciascuno, dunque, operi seriamente a spianare il sentiero attraverso il quale Gesù entrerà nella sua anima. I giusti, secondo la dottrina dell’Apostolo, dimentichino ciò che hanno fatto nel passato (Filip. III, 13), e attendano a nuovi impegni. I peccatori cerchino di rompere subito i legami che li tengono stretti, di lasciare le abitudini che li fanno prigionieri; castighino la carne, e diano inizio al duro lavoro di sottometterla allo spirito; preghino soprattutto con la Chiesa; e quando il Signore verrà, potranno sperare che non rimarrà sulla soglia della porta, ma entrerà, perchè egli ha detto: « Ecco che io sono alla porta e busso; se qualcuno sente la mia voce e mi apre, entrerò da lui » (Apoc. III, 20).

(Dom Guéranger: l’Anno Liturgico)

Queste sono le feste del mese di Dicembre:

2 Dicembre S. Bibianæ Virginis et Martyris    Semiduplex

3 Dicembre S. Francisci Xaverii Confessoris    Duplex majus

                        PRIMO VENERDI

4 Dicembre S. Petri Chrysologi Episcopi Confessoris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

                       PRIMO SABATO

5 Dicembre Dominica II Adventus – Semiduplex II. Classis

                      S. Sabbæ Abbatis

6 Dicembre S. Nicolai Episcopi et Confessoris   – Duplex

7 Dicembre S. Ambrosii Episcopi Confessoris et Ecclesiæ Doctoris    Duplex

8 Dicembre In Conceptione Immaculata Beatæ Mariæ Virginis    Duplex I. classis

10 Dicembre S. Melchiadis Papæ et Martyris    Feria

11 Dicembre S. Damasi Papæ et Confessoris    Duplex

12 Dicembre Dominica III Adventus  – Semiduplex II. classis

13 Dicembre S. Luciæ Virginis et Martyris    Duplex

15 Dicembre Feria IV Quattuor Temporum Adventus    Feria privilegiata

16 Dicembre S. Eusebii Episcopi et Martyris    Semiduplex

17 Dicembre Feria VI Quattuor Temporum Adventus    Feria privilegiata

18 Dicembre Sabbato Quattuor Temporum Adventus    Feria privilegiata

19 Dicembre Dominica IV Adventus    Semiduplex II. classis

21 Dicembre S. Thomæ Apostoli – Duplex II. classis

24 Dicembre In Vigilia Nativitatis Domini  –  Duplex I. classis

25 Dicembre In Nativitate Domini – Duplex I. classis

26 Dicembre Dominica Infra Octavam Nativitatis – Semiduplex Dominica minor

                      S. Stephani Protomartyris    Duplex II. classis

27 Dicembre S. Joannis Apostoli et Evangelistæ – Duplex II. classis

28 Dicembre Ss. Innocentium  –  Duplex II. classis

29 Dicembre S. Thomæ Episcopi et Martyris – Duplex

31 Dicembre S. Silvestri Papæ et Confessoris    Duplex

Die septima post Nativitatem    Feria privilegiata

CONGETTURE SU LE ETÀ DELLA CHIESA E GLI ULTIMI TEMPI (3)

LE ETÀ DELLA CHIESA E GLI ULTIMI TEMPI (3)

Tratte dall’Apocalisse, dal Vangelo, dalle Epistole degli Apostoli, e dalle Profezie dell’Antico Testamento

Messe in relazioni con le rivelazioni della Suora della Natività

di Amedeo NICOLAS

PARTE PRIMA.

LE PRIME QUATTRO ETÀ DELLA CHIESA.

CAPITOLO PRIMO.

LA PRIMA ETÀ DELLA CHIESA.

La prima età della Chiesa è rappresentata dalla prima Chiesa, il primo sigillo, la prima tromba e la prima lode. Comprende i tempi apostolici dalla nascita di Gesù Cristo fino alla prima persecuzione romana sotto l’imperatore Nerone (sec. Holzhauser, tom. I, pp. 82-105, Wüilleret-Holzhauser) .

ARTICOLO PRIMO.

La chiesa di Efeso è la prima; il suo nome e la sua storia provano che è la Chiesa della predicazione e dello stabilimento del Cristianesimo.

I. Il nome di Efeso Ἐφεσος [=Efesos] deriva dalla parola greca Ἐφεσις [= Efesis] che significa “protesta”, appello di una sentenza davanti ad un altro tribunale. Abbiamo cercato nel dizionario greco di Planche, e non abbiamo trovato in nessuna parte che questa parola possa essere tradotta in francese o in latino come consiglio, volontà, grande caduta, come dice Holzhauser (t. 1, p . 85, Wüilleret). Non vediamo neppure quale correlazione possa esistere tra questi ultimi significati e la Chiesa di Efeso, che il pio interprete considera con noi come inclusa nella prima età della Chiesa universale, mentre il significato che abbiamo trovato e dato sopra, si accorda molto bene con il carattere dei primi anni della Religione. – Infatti, cosa hanno fatto quelli che chiamiamo Apostoli nel senso proprio e rigoroso della parola? Proclamavano ovunque la dottrina, le sofferenze e la supremazia di Colui che li aveva mandati, il che era uno scandalo per i Giudei e una follia per i Gentili; proclamavano a gran voce la Sua resurrezione e divinità; protestavano contro il giudaismo, il paganesimo, tutte le false religioni, contro gli errori, la morale, i costumi, le massime, la corruzione universale, in una parola, contro il mondo intero. Li abbiamo visti, risvegliando ovunque la coscienza umana addormentata e distorta, portare davanti a questo tribunale che non era più conosciuto, la prova e le prove che stabilivano la divinità di Colui che li aveva inviati. C’è mai stata una protesta così vasta, così radicale? C’è mai stata una rivoluzione più grande e fondamentale di quella che essi operarono in pochi anni? No, non è mai successo niente di simile nel mondo! Qualsiasi uomo che conosce la storia sarà d’accordo. È perché la chiesa di Efeso è la prima in ordine di tempo che i primi inviati di Cristo sono stati chiamati Apostoli. Questo nome, in greco Aποστολος [Apostolos], designa degli inviati che partono alla conquista del mondo, come delle navi armate per la guerra, e che protestano contro una condanna ingiusta. Così il nome della Chiesa di Efeso e quello dei suoi predicatori designano i tempi apostolici o la prima età della Chiesa universale.

II. La storia di questa Chiesa, come scritta da San Giovanni, e come la conosciamo in altri modi, ci porta alla stessa conclusione. I versetti da 2 a 5 del capitolo II dell’Apocalisse descrivono in modo molto preciso il lavoro straordinario e la pazienza sovrumana degli Apostoli che, essendo così pochi, evangelizzarono contemporaneamente la Gallia, l’Italia, la Grecia, l’Asia Minore, la Spagna, la Siria, la Palestina, l’Egitto, l’Etiopia, l’Arabia, la Persia, l’India e persino la Tartaria: Scio opera tua et laborem et patientian tuum, v. 2. et patientiam tuam, et sustinuisti propter nomen meum , et non defecisti, v. 3. (Conosco le tue opere, il vostro lavoro e la vostra pazienza. Avete pazienza, avete persistito per amore del mio nome e non siete venuti meno), essi scacciavano gli spiriti infernali dai corpi che li possedevano, e non potevano sopportare i malvagi. (et non potuisti sustinere malos). Ma due passaggi notevoli denotano nella Chiesa di Efeso, la prima età della Chiesa: uno ci mostra come i dodici pescatori di Galilea, provavano e rigettavano coloro che si dicevano, come essi, Apostoli di N. S. Gesù-Cristo e che non lo erano, come Simon mago: et tentasti eos qui se dicunt apostolos esse et non sunt, et invenisti eos mendaces (avete provato quelli che si dicono apostoli ma non lo sono, e avete scoperto la loro menzogna). L’altro ce li fa vedere detestanti e condannanti le sette dei Nicolaïti, i primi che apparvero ai tempi degli Apostoli e che presero il loro nome da quello di uno dei sette primi diaconi, sebbene si ha luogo di pensare che egli non abbia condiviso i loro errori … sed hoc habes quia odisti facta Nicolaïtarum quæ et ego odi – v. 6 (ed avete questo di buono, che detestate come me le azioni dei Nicolaiti che anche Io odio). Ed è verissimo che rallentò il primitivo fervore … sed habeo adversus te quod charitatem tuam primam reliquisti v. 4 (ma ho verso di te che hai abbandonato la tua prima carità). Si vede anche s. Pietro che lascia furtivamente Roma per sottrarsi alla persecuzione e non rientrarvi se non quando incontra il suo divin Maestro andare a farsi crocifiggere una seconda volta al posto del suo Vicario che fuggiva. È dunque con ogni verità e giustizia che Dio fa questo rimprovero ai primi Cristiani e dice loro: Memor esto itaque unde excideris, et age pœnitentiam, et prima opera fac. Sin autem venio tibi, et movebo candelabrum tuam de loco suo, nisiu pœnitentiam egeris (ricorda da dove sei caduto, e fa’ penitenza, e fate le opere di prima. Altrimenti verrò da voi e cambierò posto al tuo candeliere, se non fate penitenza) (v. 5). – La ricompensa che il Salvatore dà al vincitore durante questa Chiesa è anche legata al primato assegnatogli; questa ricompensa è il nutrirsi del frutto dell’Albero della Vita: Vincenti dabo edere de ligno vitæ, quod est in paradiso Dei mei (al vincitore darò da mangiare dall’albero della vita), v. 7. Dopo 4.000 anni, l’uomo, che era stato espulso dal paradiso terrestre, non si era più nutrito del frutto dell’Albero della Vita; i rifiuti della terra erano il suo unico cibo. Il Redentore promesso viene, e il frutto di quell’albero viene immediatamente restituito alla razza di Adamo in un modo più significativo. Questo frutto non è più un prodotto della terra; è il Salvatore stesso che, dopo essersi già dato all’umanità con la sua incarnazione e morte, si dona a ciascuno di noi nel banchetto eucaristico, innalza l’uomo dalle profondità, molto più in alto di quanto fosse prima del peccato, molto più in alto del Paradiso, e lo fa ascendere alla Divinità, a Dio, che diventa suo Padre (Pater noster qui es in Cœlis). Sappiamo che questa elevazione miracolosa continua in tutta la Chiesa, ma è certo che iniziò nella prima epoca, che fu la prima Chiesa a ricevere questa grazia, che fu essa a renderla pubblica, a proclamarla e a trasmetterla alle epoche successive. – Non c’è nulla, dunque, nei testi relativi alla prima Chiesa, come nella storia, che impedisca di includerla nella prima età del Cristianesimo; al contrario, tutto concorre a farcelo pensare.

ARTICOLO II

Poiché la prima epoca del Cristianesimo è certamente quella del suo stabilimento, della sua propagazione e della sua vittoria sul diavolo, sugli errori e sulle passioni, dobbiamo naturalmente riferirle il primo sigillo, alla cui apertura appare un cavallo bianco montato da un cavaliere che ha un arco in mano, e che, già vittorioso, corre verso nuove vittorie; così da un lato, il colore Bianco rappresenta la bontà, il Cielo, Dio, come abbiamo detto nel §. 5. dell’Introduzione; e dall’altro lato questo cavaliere è ovviamente N.-S. J.-C. che, già vittorioso sulla morte e sul peccato con la sua risurrezione, va a conquistare ancora e a sottomettere il mondo alla sua legge (Et vidi quòd aperuisset Agnus unum de septem sigillis, et audivi unum de quatuor animalibus dicens tanquàm vocem tonitrui: Veni et vide. Et vidi ecce equus albus, et qui sedebat super illum habebat arcum, et data est ci corona, et exivit vincens ut vinceret – E vidi che l’Agnello apriva il primo sigillo, e udii la voce di uno dei quattro animali che diceva con il tuono della terra: “Vieni e vedi“. E vidi un cavallo bianco, e il cavaliere che vi sedeva sopra aveva un arco, e gli fu data una corona, ed egli uscì per conquistare ancora. – Apoc. cap. II, v. 1, 2). Una corona è data a colui che è montato su questo cavallo, è Gesù Cristo fu realmente costituito Re dell’universo dal suo Padre celeste (Ego autem constitutus sum Rex ab eo super Sion montem sanctum ejus, prædicans præceptum ejus. Dominus dixit ad me: Filius meus es tu, ego hodiè genui te. Postula à me, et dabo tibi gentes hæreditatem tuam et pos sessionem terminos terræ. Reges eos in virgâ ferrea, et tanquàm vos figuli confringes eos – Sono stato fatto re da lui su Sion, il monte santo, dove predico la sua legge. Il Signore mi disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, chiedi a me e io ti darò le nazioni come tua eredità e tutta la terra come tuo dominio. Li distruggerai con una verga di ferro e li frantumerai come un vaso di vasaio – Ps. II. v . 6-9).

ARTICOLO III.

    Alla prima età della Chiesa conviene anche il primo Angelo che suona la tromba, e che è molto diverso da quello che versa sulla terra tutte le piaghe contenute nella prima coppa; poiché queste piaghe sono quelle degli ultimi tempi: Plagas novissimas, (Apoc. X. v. 1). Al suono di questa tromba, cadranno dal cielo grandine e fuoco mescolato a sangue. Questo fuoco scende sulla terra; consuma la terza parte della terra, la terza parte degli alberi e tutta l’erba verde (Et primus Angelus tuba cecinit, et facta est grando et ignis mixta in sanguine, et missum est in terram, et tertia pars terræ combusta est, et tertia pars arborum concremata est, et omne fœnum viride combustum est – E il primo Angelo suonò la tromba, e caddero grandine e fuoco mescolato a sangue, che furono mandati sulla terra. La terza parte della terra fu bruciata, la terza parte degli alberi fu consumata e ogni erba verde fu bruciata. – ibid. cap. VIII, v. 7). – Questa grandine, questo fuoco misto a sangue rappresentano le persecuzioni dei Giudei contro i primi Cristiani. Queste iniziarono dopo la discesa dello Spirito Santo e continuarono fino all’inizio delle persecuzioni romane che esse ebbero suscitato. Il fuoco raffigura molto bene la rabbia e l’accanimento che animavano il popolo deicida (Saulus autem spirans minarum et cædis in discipulos Domini, accessit ad Principem sacerdotum, et petiit ab eo epistolas in Damascum in synagogas, ut si quos invenisset hujus viæ viros et mulieres, vinctos perduceret in Jerusalem – Saulo, pieno di minacce e respirando solo il sangue dei discepoli del Signore, andò dal sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, così che se avesse trovato qualcuno di questa setta, maschio o femmina, avrebbe potuto portarlo prigioniero a Gerusalemme. – Act. Apost. cap. IX, v. 1. 2). La grandine è la figura delle carcerazioni, delle confische, dell’esilio, della flagellazione e tutti i vari tormenti che furono inflitti a quei discepoli di Cristo che non furono uccisi; il sangue è quello dei martiri di quel tempo, i primi dei quali furono Santo Stefano e San Giacomo il Maggiore. Questa persecuzione fu meno estesa di quelle che furono ordinate più tardi dagli imperatori romani, perché i Giudei avevano potere solo nel loro paese, e la Chiesa non aveva ancora un gran numero di figli; ma essa si estese a tutta la Palestina, che è la terra di cui parla San Giovanni; raggiunse i semplici fedeli che sono presentati da “tutto ciò che è verde” e ha la vita dell’anima; colpì gli Apostoli e i ministri che sono “gli alberi che dominano l’erba dei campi”; e consumò la terza parte della terra, delle erbe verdi e degli alberi.

ARTICOLO IV.

Alla prima età della Chiesa si riferisce la prima lode (virtutem, cap. V, v. 12). Ci voleva un grande coraggio ed una grande virtù per intraprendere e fare la conquista di un mondo così apertamente ostile alla verità e al luogo.

ARTICOLO V.

Il venerabile Holzhauser pensa, come noi, che la Chiesa di Efeso sia la prima età della Chiesa universale da N.S. J.-C. a Nerone; che il Cavaliere che appare all’apertura del primo sigillo sia il Salvatore stesso (vol. 1, p. 267, Wüilleret); ma sostiene che l’Angelo che suona la tromba sia Ario l’eresiarca (vol. 1, pp. 332-335, Wüilleret), perché vede in questi sette Angeli null’altro che l’eresia. Noi non condividiamo la sua opinione; non discuteremo qui con lui su questo argomento; lo faremo più tardi, quando cercheremo di dimostrare che Ario appare solo al suono della terza tromba, e che di conseguenza non arriva al tempo della prima.

CAPITOLO II.

LA SECONDA ETÀ DELLA CHIESA.

I. La seconda età della Chiesa è descritta nella seconda Chiesa di Smirne, nel secondo sigillo, nella seconda tromba e nella seconda lode: essa comprende il tempo delle persecuzioni romane che va dalla prima persecuzione sotto Nerone, fino al loro termine sotto Costantino il Grande (Sic Holzhauser, tom. 1, p. 108 a 118, Wüilleret).

ARTICOLO PRIMO

La seconda Chiesa, con il suo nome e la sua storia, segna questa seconda epoca.

I. Il nome Smyrne significa mirra, e la mirra è il simbolo della mortificazione, della sofferenza e del sacrificio, come espresso da Holzhauser (vol. 1, p. 109, Wüilleret). Questo nome è quindi molto appropriato per un’epoca che ha visto duecentocinquanta anni di persecuzioni.

II. La storia che San Giovanni traccia di questa Chiesa è in armonia con il tempo e la durata che le assegniamo. Gesù Cristo vi appare e parla come se fosse stato messo a morte e fosse tornato in vita (qui fuit mortuus et vixit, Apoc. cap. II, v. 8), per incoraggiare i suoi discepoli al martirio con la consolante prospettiva di una nuova vita che non avrà mai fine. E dicendo loro che Egli è il primo e l’ultimo (primus et novissimus, v. 8), annuncia la sua seconda venuta; poiché, promesso all’inizio del tempo, verrà alla fine di questo stesso tempo per giudicare il mondo; Egli fa capire loro che gli uomini, che sono peccatori – e quindi gli ultimi – devono soffrire ed essere umiliati, poiché Colui che è indiscutibilmente il primo si è annientato ed è stato trattato come l’ultimo; e infine, si pone con tutta giustizia come il Creatore al quale tutto appartiene, dal quale tutto è stato fatto, e al quale, alla fine, tutto deve giungere e tornare. Poi, venendo ai dettagli degli eventi che segneranno quest’epoca, e allo stato della Chiesa durante la sua durata, dice che conosce la sua tribolazione e la sua povertà, dal punto di vista umano, ma che essa è veramente ricca davanti a Dio, a causa del suo fervore e della sua devozione (Scio tribulationem tuam et paupertatem tuam, sed dives es, v. 9). L’avverte di non temere ciò che dovrà soffrire (Nihil horum timeas quæ passurus es, v. 10); le annuncia che il diavolo, che certamente non era stato ancora incatenato, come abbiamo detto nel § 6 della nostra Introduzione, getterà alcuni dei fedeli in prigione per tentarli. (Ecce missurus est Diabolus aliquos ex vobis in carcerem ut tentemini, v. 10); gli raccomanda di essere fedele fino alla morte, perché la tentazione giungerà fino ad allora (Esto fidelis usque ad mortem, v. 11); gli promette di dargli in premio la corona della vera vita, della vita eterna (Et dabo tibi coronam vitæ, v. 10); Egli aggiunge che colui che avrà così vinto con la morte del corpo, non sarà raggiunto dalla seconda morte, dalla dannazione del corpo e dell’anima all’ultimo giudizio (Qui vicerit non lædetur à morte secunda, v . 11); e per meglio provare che questa Chiesa sia davvero il tempo delle persecuzioni, dà il numero esatto di queste stesse persecuzioni, che furono veramente dieci, a causa dei detti Editti che le ordinarono (Et habebitis tribulationem diebus decem – ed avrete tribolazioni per dieci giorni – v. 10); e assegna al loro inizio la causa reale e storica, che fu l’odio dei Giudei che, dopo aver loro stessi perseguitato i Cristiani nella prima epoca, armarono i pagani che avevano invece messo Gesù Cristo tra i loro dei (Et blasphemaris ab eis qui se dicunt Judæos et non sunt, sed sunt synagoga Satanæ – E sarai blasfemata da coloro che si dicono Giudei, ma che non lo sono, e sono al contrario parte della sinagoga di satana, v. 9).

ARTICOLO II.

A questa seconda epoca corrisponde il secondo sigillo alla cui apertura appare un cavallo rossiccio o rosso, cavalcato da un cavaliere al quale è dato una grande spada, e il potere di togliere la pace dalla terra e di far uccidere gli uomini tra loro (Et cùm aperuisset sigillum secundum, audivi secundum ani mal dicens: Veni et vide; et exivit alius equus rufus, et qui sedebat super illum, datum est ei ut sumeret pacem de terra, et ut invicem se interficiant, et datus est ei gladius magnus – E quando ebbe aperto il secondo sigillo, udii l’animale dire: “Venite a vedere“; ed ecco che uscì un altro cavallo rosso, e a colui che lo cavalcava fu dato il potere di togliere la pace dalla terra e di far uccidere gli uomini gli uni gli altri, e gli fu data una grande spada – Apoc. cap. VI, v. 3. 4). In verità, il periodo sanguinoso delle persecuzioni romane non potrebbe essere rappresentato meglio. Il testo non ha bisogno di essere commentato; è sufficiente da solo a giustificare la nostra affermazione. – Il venerabile Holzhauser è solo in parte della nostra opinione (t. 1, p. 270 a 273, Wüilleret). Vede la persecuzione in questo sigillo, ma non vi riconosce se non quella di Nerone, mentre noi pensiamo che esse comprendano tutte quelle che vanno da Nerone a Costantino. Noi non lo contesteremo qui, ma lo faremo più tardi quando dimostreremo che i sigilli successivi si applicano a degli avvenimenti diversi e di tutt’altra natura; noi ci limiteremo qui a chiederci come mai Holzhauser non vede nei sei ultimi sigilli che delle persecuzioni, mentre nella prima, vede Nostro Signore stesso? Se i sigilli indicano le persecuzioni, perché eccettuare la prima? Se questo primo sigillo è diverso dagli altri, perché gli altri non dovrebbero essere diversi l’uno dall’altro? La diversità dei colori e degli eventi non indica forse delle differenze fondamentali?

ARTICOLO III.

Alla stessa seconda epoca si riferisce la seconda tromba, al cui suono una grande montagna, la potenza romana, cade nel mare, cioè sui Cristiani rigenerati dalle acque battesimali, e versa il sangue sulla terza parte del loro numero, e la terza parte dei sacerdoti, che, come navi, li conducevano al porto della salvezza (Et secundus Angelus tuba cecinit, et tanquàm mons magnus igne ardens missus est in mare, et facta est tertia pars maris sanguis; et mortua est tertia pars creaturæ corum quæ habebant animas in mari, et tertia pars navium interiit – E il secondo angelo suonò la tromba, e una grande montagna ardente come fuoco fu gettata nel mare. La terza parte del mare fu trasformata in sangue; la terza parte degli esseri viventi nel mare perì e la terza parte delle navi fu distrutta – Apoc. cap. VIII, 9).  Holzhauser ha visto, nella seconda tromba (t. 1, p. 335 a 338, Wüilleret), l’eresiarca Macedonio, patriarca di Costantinopoli; egli doveva agire così poiché aveva detto che la prima tromba denotava Ario; Ma la sua opinione non ci sembra sostenibile, perché questa eresia non causò grandi massacri, ed ha un’importanza storica solo per aver posto gli elementi di base del grande scisma d’Oriente; infatti, le montagne, in senso apocalittico, designano le potenze della terra, i poteri temporali (Apoc. cap. XVII, v. 9); poi finalmente perché gli eretici che lasciano il sacerdozio sono rappresentati dalle stelle, che brillavano nel cielo e che cadono sulla terra (Holzhauser dice espressamente – tom. 1. p. 344, Wüilleret – che le stelle sono i Vescovi, i prelati e i dottori usciti dalla vera Chiesa di Cristo. Poi, a pagina 557, vede l’imperatore Valente, un ariano, nella stella che cade dal cielo, nel capitolo IX, v. 1. Tutto questo è contraddittorio. Una cosa confuta l’altra). (Ibid. capitolo VIII, v. 10, capitolo IX, v. 1).

ARTICOLO IV.

La seconda lode (divinitatem, Apoc. cap. V, v. 12) si riferisce alla seconda età. In verità, era necessario che Gesù Cristo fosse Dio e che la sua Religione fosse divina per resistere a questa carneficina e a questa furia degli imperatori romani.

CONGETTURE SU LE ETÀ DELLA CHIESA E GLI ULTIMI TEMPI (4)