IL SACRO CUORE (44)

IL SACRO CUORE (44)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

Su questo Soggetto « dello sviluppo storico della divozione » sì sono spacciate molte sciocchezze; la parola non è troppo forte. La Real encyklopedie für protestantiche Theologie, così seria ordinariamentr e così bene informata, quando non si tratta di cose specificamente cattoliche, comincia il suo articolo sulla divozione al Cuore di Gesù, dicendo che la devozione al sacro Cuore è stata inventata da Gesuiti. Nel corso dell’XVIII secolo si sparse la voce che il P. de la Colombière né aveva preso l’idea in Inghilterra da un certo Tommaso Goodwin, sociniano e quacchero, e che, al suo ritorno in Francia, aveva persuaso Margherita Maria a farsene la zelatrice (Cf: Nilles, t. I, parte I, parergon II, §1, t. I P. 220 nota. Su questa favola bizzarra vedi: R, DE LA Bégassiére, art, cit. X, col, 580-582). – Da un’altra parte si è molto discusso anche fra i Cattolici, se la divozione è antica o nuova, qual parte vi abbia avuto la beata Margherita Maria e quali furono i suoi « precursori » ecc. Un autore pio, per esempio, riguarda come uno dei principali meriti dell’opera sua, il risalire nella storia della divozione, sino alla creazione del mondo e all’eterno amore che ci ha tratti dal nulla, invece di prender le mosse, come si era fatto sino a lui, da Margherita Maria o almeno limitare i suoi precursori all’origine del Cristianesimo. – Ci studieremo di dare qualche idea precisa sui punti principali dicendo quello che era la divozione avanti beata Margherita Maria, quale fu la sua azione, come si è sviluppato il culto del sacro Cuore dalla sua morte sino ai nostri giorni. Il nostro scopo, d’altronde, non è tanto di dare la storia particolareggiata, quanto di tracciarne la strada, seguendone le tappe principali.

[La storia della divozione al sacro Cuore; non è stata ancor fatta. Se ne trovano però gli elementi già pronti, in varî degli scritti che riguardano Margherita Maria e il Sacro Cuore, in special modo, in: Garuierer, Nilles, Franciosi, Ercheverry, Nix, Daniel, Bougaud, etc. – Thomas è stato, il primo, che io sappia, a tracciare con qualche esattezza lo sviluppo della divozione dalla idea iniziale sino al culto pubblico; come esiste oggi. Lo studio di Grimouard de Saint Laurent, fornisce pure delle buone indicazioni storiche. FRANCIOSI sopra tutto è una miniera ricchissima. Io conosco solo per il titolo i lavori del P. Harruer, Geschichte des Festes und der Andacht zum Herzen Jesu, 2.a ediz. Vienna, 1875 e: Zur Geschichte der Herz-Jesu Andacht, nel Katholik, 1885, t. LXV, p. 523 e. 638. Non conosco nemmeno il Compendio storico della divozione al sacro Cuor di Gesù, 5.a ediz., Roma 1856. – Molte indicazioni sono sparse nel Régne du Sacré-Caur de Jésus. Sforzo meritorio per precisare le origini e i primi sviluppi della divozione, si ha in Baruten, Genése du culte du Sacré Cœur de Jésus, Paris 1904. Indicazioni molto precise e molto sicure nell’articolo già citato di M. de La BÉGASSIÈRE. – Molti fatti aggruppati ma con non abbastanza critica ed esattezza si hanno in V. Alet, La France et le Sacré-Cœur, 34 ediz. Paris 1889, Il P. LETIERCE, Etude sur le Sacré-Cœur, 2 vol.; Paris 1890 e 1891; si occupa sopra tutto della Visitazione -e della Compagnia di Gesù, ma dà anche delle indicazioni generali. Molte ricerche; ma non troppo precise, sia nel trascrivere i testi, sia nell’indicare le sorgenti. Dello stesso si vegga: Le Sacré-Coeur, ses apotres et ses sanctuaires, Nancy, pieni di utili indicazioni. Per varie famiglie religiose vi sono delle opere speciali sui loro rapporti col sacro Cuore. Per i certosini, Dom. Bourrais, Un précurseur de la B. Marguerite-Marie. Lansperge le Chartreux et la dévotion au Sacré-Cœur, Grenoble, 1878; Mois du Sacré-Cœur, après d’anciens auteurs Chartreux, 4.2 ediz. Montreuil, 1886; Ancient devotione to the Sacred Heart by Carthusian Monks of the 14th-17th centuries, Londres, 1896. Per i Francescani, il R. P. Enrico pe Greésez, Le Sacré-Cœur de Jésus. Études franciscaines, Paris 1890. Per i Gesuiti e la Visitazione: Letierge, Études, già citati. Per i Gesuiti, il P. de Rochemure, Le Sacré-Caur et la Compagnie de Jésus, Paris 1890, Il P. J. M. Sàenz de Tejada, Deudas de la Compania de Jesis para con el Sagrado Corazon, Bilbao 1913. Non so se altre comunità religiose hanno fatto lavori analoghi. Per diversi paesi ci sono delle monografie: Per la Spagna: il P. Fra, S. J., Apuntes para formar una biblioteca hispano-americana del Sagrado Corazén de Jesus, 2.à ediz. Barcelone 1874; J. E. URIARTE; s. j., Principios del reinado del Corazén de Jestis en Espana, Madrid 1880; LLoser e Bayacuer, Nacional Homenaje de las Ciencias, Letras y Artes Espanolas al Sacratisimo Corazénde Jestis, 26 Junio 1881. Barcelone 1882.Per la Francia, V. Alet, La France et le Sacré-Cœur, indicato qui sopra, per non parlare di molti altri saggi meno considerevoli.Per il Canadà: Linpsay, Les origines de la dévotion au Sacré-Cœur de Jésus au Canada, Montréal 1900:Nilles nel Parergon, al c. IV del 11,1. parte, t. I, p. 211-327,dà molte, indicazioni sulla diffusione del culto per tutto il mondo,particolarmente nella Spagna, nel Portogallo, nella Cina, ecc.].

Nondimeno dovremo fermarci a lungo su quel che precede beata Margherita Maria. Coi documenti che ormai possediamo, è facile proiettare qualche luce sulle origini della devozione, fissare con sufficiente fermezza le grandi linee del suo sviluppo e indicare con precisione a che punto si trovava quando Gesù cominciò a parlarne alla beata Margherita Maria. Il seguito della storia è più conosciuto e meno contrastato. – Potremo dunque sorvolare più facilmente sui particolari tanto più che il dotto storico della beata, A. Hamon, ha l’intenzione, crediamo, di raccontare dettagliatamente la storia di quest’ultimo periodo. Il suo lavoro non può mancare di riuscire interessantissimo e molto bene informato.

CAPITOLO I.

LE ORIGINI;

I PRIMI SECOLI

Elementi del culto: l’amore, la ferita del costato e il suo simbolismo, il cuore metaforico. Nessuna traccia del culto del sacro Cuore.

L’amore di Dio per l’uomo riempie la storia dell’umanità, e abbiamo veduto che il Cristianesimo in special modo è un grande sforzo dell’amore per ottenere l’amore. Ma la devozione del sacro Cuore non è già questo amore reciproco di Dio e dell’uomo. Ci avviciniamo ad essa quando sentiamo Dio esprimerci il suo amore e quando l’uomo esalta questo amore di Dio, o di Gesù, per noi affine di eccitarci a rendergli amore per amore. Ora di questi panegirici della carità divina per noi e di queste esortazioni a dar ricambio d’amore, è piena la tradizione cristiana (Ricca collezione in: FRANCIOSI, libro citato.). Chi non conosce i bellissimi slanci di san Giovanni Grisostomo sulla philostorghia, tenerezza paterna o fraterna di Dio o di Gesù per noi, sulla sua philantropia, o amore suo per l’uomo? E il Grisostomo non era in questo che l’eco di san Paolo e di san Giovanni. Tutta la teoria del Cristianesimo, amore reciproco fra Dio e l’uomo, è fondata su testi molto espliciti della Scrittura, che i Santi Padri hanno magnificamente rilevato, che i teologì hanno intrecciato coi testi dei Padri nelle loro sintesi teologiche. Basti rammentare i nomi di sant’Agostino e di san Bernardo, di san Tommaso e di san Bonaventura, basti ricordare alcune meditazioni di sant’Anselmo o di Eckbert di Schénau, lo Stimulus amoris, stato attribuito a san Bonaventura, o il De diligendo Deo di san Bernardo. Ma tutto questo non costituisce la divozione al sacro Cuore, poiché non vi si trova traccia alcuna del culto reso al cuore di carne, come simbolo dell’amore. Certe parole della Scrittura avvicinavano molto i fedeli. Sé così può dirsi, a questo tesoro nascosto. Ad esempio, quelli della Cantica: Vulnerasti cor meum (IV, 9); In foraminibus petræ, in caverna macerie (II, 14); Pone me ut signaculum super cor tuum (VID, 6); o questo d’Isaia: Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris (XII, 3); e in particolare certi passaggi del Vangelo, fra gli altri quello in cui Gesù ci si presenta come il maestro dolce ed umile di cuore; (Matth., XI, 29); o quello in cui Egli ci rappresenta come l’uomo da bene, che trae dal buon tesoro del suo cuor il vecchio e il nuovo (Luc., VI, 45); o il passaggio dove si parla del discepolo che Gesù amava e che riposò sul suo petto (Joan., XXI, 20) ; e quello, soprattutto, dove san Giovanni ci parla del costato di Gesù, aperto dalla lancia in termini che risvegliano così bene l’idea del mistero (Joan.,XIX, 34). E pertanto nulla rivela che lo abbiano pur supposto. È stato cantato il mistero del sangue e dell’acqua che sgorgarono dal costato aperto; è stato intuito qualche significato nella parola dell’Evangelista!: Vigilanti verbo evangelista usus est, ci dice sant’Agostino (Joan., tr. CXX., P. L. t. XXXV., col: 1953), ma sembra che nessuno abbia pensato esplicitamente alla ferita del cuore. Infatti la parola pectus, che è usata qualche volta, sembra significare petto, piuttosto che cuore; sembra che l’organo venga ad esser designato di preferenza con la parola cor [La parola più usata nei primi secoli è quella del Vangelo: in greco “pleura”. in latino latus. Il testo latino aperuit latus, ove S. Agostino ha veduto una intenzione speciale sembra supporre, un testo greco “enoixen”, li dove il testo corrente porta è “enoxen” Si segnala la parola “cardia” che corrisponde a “cor”, in una omelia del IV o del V secolo, che Cavallera, che l’ha pubblicata, rivendica come di Eustorgio d’Antiochia. Non so, veramente, se in latino si trovi pectus o cor, in rapporto con la ferita del costato, prima del IX secolo; in ogni caso non si deve citare come di san Cipriano, il testo De duplici martyrio, VI: « Quidquid resederat in corde sanguinis, emisit ut nos confirmaremur ». P. L. t. IV (1844) col. 885. Quest’opuscolo è una invenzione di Erasmo]. –

 Ma, qualunque cosa si sia della parola pectus, e della ferita del cuore, niente autorizza a credere che si sia riguardata la ferita del costato come emblema del cuore ferito d’amore, o si sia pensato a designare esplicitamente il cuore di carne di Nostro Signore, come simbolo d’amore per noi o si sia reso alcun culto a questo cuore di carne – (Vedi GALLIFFET, Aggiunta al l. II, a. 2. Cf.: Nilles, t; 1, p. 46 e seguenti. I testi che vengon spesso citati a questo soggetto, come di sant’Agostino, sono apocrifi, son tutti tratti dal Manuale ‘dai Soliloqui, compilazioni posteriori a sant’Anselmo e a san Bernardo che vi sono citati quanto, e più, di sant’Agostino, Ma una parola di sant’Agostino su san Giovanni si avvicina molto alla nostra divozione: « Egli riposava alla Cena sul petto del Maestro, per significare che egli beveva nell’intimo del cuore di Lui i più «alti segreti. I Joan.; tra. 18, n. I, Migne, t. XXXV, co. 1536. Medesima idea nel Sacramentaire grégorien, Festa di san Giovanni. Prefazione, Migne, t. LXXVIII, col. 34. Lo ritroviamo nell’attuale liturgia romana, 27 dic. « Fluenta evangelii de ipso sacro Dominici peccatoris fonte potavit ». Matines, 1, n. oct. 2 rep. cf. oct. S. Joan. 2. notturno l. 5).- I testi precisi in sulla ferita del cuore sono rari nei primi dieci secoli, se pure ve ne sono. Del culto reso al cuore ferito, nessuna traccia.  – La parola cuore veniva usata, presso a poco nello stesso senso che si fa ogni giorno, per designare l’intimo, i sentimenti, l’amore, Ma sino ad oggi non è stata notata, che io sappia, una sola testimonianza chiara e sicura, dei primi dieci o undici secoli del Cristianesimo, sul simbolismo del cuore di carne, applicato al cuore di Gesù, né della ferita dell’amore, spiegata come emblema della ferita dell’amore. Forse si finirà per trovarne. Sino ad ora le ricerche fatte non sembrano essere state così accurate da permetterci di assicurare che non ve ne siano. Ciò di cui abbiamo prova si è che i testi citati generalmente dagli autori, non dicono quello che vi si vorrebbe trovare, o non sono dei Padri a cui si attribuiscono. Alcuni sembrano ricavare il simbolismo dal cuore. Ad esempio, il Venerabile Bada, spiegando la parola della cantica « Vulnerasti cor meum », dice che si potrebbe vedere « in questa menzione del cuore ferito, la grandezza dell’amore che lo Sposo ha per la sua Chiesa » (Migne, P. L. t. XCI, col. 1139). Ma niente autorizza a vedervi né un culto, né una divozione speciale al sacro Cuore. – Concludiamo con Thomas: « Noi non troviamo né il nome, né l’idea complessa della divozione al sacro Cuore, nei primi secoli della Chiesa o nelle sacre Scritture. Ma possiamo « scoprirvi sparse almeno le verità di cui abbiamo ora la sintesi….. È vero, sarebbe dimenticare la storia il voler contestare una vera antichità all’idea della nostra divozione (l’amore di Dio per noî e la metafora del cuore); ma, se si volesse far risalire questo culto, nella sua forma attuale, ad un’epoca ii cui non se ne sospettava l’esistenza, non c’inganneremmo meno (La théorie de la dévotion au Sacré-Coeur, p. 46). Thomas parla soprattutto dell’Antico Testamento, ma ciò che egli dice è vero pure per il Nuovo. Vero pure per i primi secoli cristiani. Si vedeva nel costato trafitto, da cui sgorgavano il sangue e l’acqua, una sorgente di grazie; sembra che vi si vedesse pure un rifugio, un luogo di riposo e di unione con Gesù. Si era molto vicini al sacro Cuore, ma non lo si intravvedeva ancora attraverso il petto squarciato.

II

XI E XII SECOLO.

Passaggio dalla ferita del costato alla ferita del cuore; simbolismo del cuore trafitto.,

Nei secoli XI o XII si ritrovano le prime tracce del sacro Cuore. Poco a poco esso si rivela all’anima devota nel costato trafitto, si fa vedere ferito, come per invitare a penetrare più avanti, a unirsi, a immedesimarsi con questo Cuore divino. Dunque a traverso la ferita del costato la devozione è arrivata al cuore. Il culto del sacro Cuore sembra essere uscito dalla divozione alla piaga del costato. Il passaggio ci apparisce come già fatto, o almeno in via di compiersi, in una parola della decima meditazione di sant’Anselmo: « Gesù è dolce.:. nell’apertura del suo costato; perché questa apertura ci ha rivelato le ricchezze della sua bontà, la carità del suo cuore: Dulcis Jesus… in apertione lateris; apertio siquidem illa revelavit nobis divitias bonitatis suæ, caritatem scilicet cordis sui erga nos » (P. L, t CLVIII, col. 762). Questa meditazione, per altro, è veramente di sant’Anselmo? Può darsi, ma non si può affermare. L’autore, parlando del cuore amante, caritatem cordis, aveva în vista distintamente, il cuore di carne? Si può sostenerlo, ma non risulta evidente. – San Bernardo è più esplicito, intendo in ciò che è suo di sicuro. Perché la Vitis mystica o trattato De passione di cui parleremo ben presto, non possono essergli attribuite da quelli stessi che esitano ancora fra lui e San Bonaventura, con una probabilità più o meno accentuata, Mi sembra, pertanto, che possiamo esserne certi, almeno nel passaggio seguente. « Il ferro ha trapassato l’anima sua, e gli da l’accesso nel suo cuore, affinché Egli sappia compatire alle mie infermità. Il segreto del cuore è messo a nudo dalle aperture del corpo (patet arcanum cordis per foramina corporis); ci sono stati scoperti questo gran sacramento di bontà e le viscere misericordiose del nostro Dio » (In Cant. sermo LXI, n. 4, P. Lt. CLXXXIV., col. 1072). –  Con Guglielmo di Saint Thierry (morto circa il 1150), l’amico di san Bernardo, il dubbio non è più possibile: « Quando io ardo dal desiderio di avvicinarmi a Lui…. è Lui tutto intiero (come Tommaso) desidero di vedere e toccare; e più ancora bramo di accostarmi alla sacrosanta ferita del suo costato, a questa porta dell’arca fatta al fianco (ostium arcas quod factum est in latere), non solamente per introdurvi il mio dito o la mia mano, ma per entrar tutto intiero sino al cuore stesso di Gesù, nel Santo dei Santi, nell’arca del Testamento, sino all’urna d’ oro, l’anima della nostra umanità, contenente in sé la manna della divinità » (De contemplando Deo, c. 1, n. 3, P. L. t. CLXXXIV, col. 1072). – Medesime idee e quasi medesime espressioni troviamo altrove: « Queste ineffabili ricchezze della vostra gloria, o Signore, erano nascoste nel cielo del vostro essere misterioso (in cœlo secreti tui), sino a che la lancia del soldato, avendo aperto il costato del Figliuol vostro e nostro Signore e Redentore, sulla croce, ne sgorgarono i sacramenti della nostra redenzione, in maniera che non solo mettiamo nel suo costato il dito e la mano, come già Tommaso, ma per quella porta aperta, penetriamo tutti interi sino al vostro cuore, o Gésù, in quella sede sicura della vostra misericordia (in apertum ostium toti intremus usque ad cor tuum, Iesu, certam sedem misericordiæ ), sino alla vostra santa anima, piena di tutta la pienezza di Dio, piena di grazia e di verità, piena della nostra salute e della nostra consolazione. Aprite, o Signore, la parte laterale dell’arca vostra (ostium lateris arce tue), affinché possano entrarvi tutti i vostri eletti; apriteci il vostro costato (aperitatus corporis tui) affinché possano entrarvi tutti quelli che desiderano conoscere i segreti del Figlio; che essi ricevano i frutti misteriosi che ne scorrono (profluentia ex eo sacramenta) e il prezzo della loro redenzione (Meditativa orationes, VI, P. L., t. CLXXX, col. 225-226). Il postulatore del 1697, citava, come una autorità di prim’ordine, un testo di Gilberto di Holland (Inghilterra) sul Cuore del nostro divin Salomone, che è Gesù (In cant., sermo XI, n. 6. P.L., t. CLXXIN, col. 113). Altri hanno fatto proprio questo pensiero. Ma, a bene osservare, non si tratta, almeno direttamente, del cuore di carne di Gesù; sono le anime più belle, che membra più nobili di questo corpo prezioso che è il corpo mistico, possono esserne riguardate come il cuore. Nondimeno Gilbert ha una bella pagina sul Cuore di Gesù, ispiratagli dal testo Vulnerasti cor meum. « La ferita del cuore indica la vivacità dell’amore. O cuore veramente dolce, che si lascia commuovere dal nostro amore per satollarci d’amore. Noi abbiamo un bell’amarvi, non facciamo che corrispondere al vostro amore (quamtumcumque amat non amat sed redamat)…. Voi non potete, sposa, sdebitarvi pienamente; e, pertanto, egli non cessa di aumentare il suo amore. Ciò che vi ha dato, non è stato ancor ripagato e nondimeno Egli vuol riguardarsi come a voi debitore. La vostra corrispondenza in amarlo non è già riguardata da Lui come dovutagli; ma bensì come dono gratuito. Egli si sente come provocato ad amare, quando dice che il suo cuore è ferito. Qual meraviglia, fratelli miei! Non stimate forse, beata l’anima che ferisce e penetra nel cuore stesso di nostro Signor Gesù Cristo, coi suoi affetti ? (Sermo XXX, n. 1 e 2. P. L., t. CLXXXIV, col. 155). Tutto questo passo è bellissimo nella sua pia sottigliezza. E, pertanto, bisogna convenire che non si riferisce punto al cuore di carne di Gesù, almeno direttamente. Ma la difficoltà stessa di discernere se è l’amore che si ha di mira, o se è il cuore amante, dimostra l’unità intima della divozione, e come l’elemento sensibile e l’elemento spirituale si fondano in un tutto che non si sa quasi più decidere se sia sensibile o spirituale. – È quasi lo stesso, mi sembra, di un testo di Riccardo da san Vittore (morto 1173); vi si parla molto del cuor di Gesù, ma non è certo che l’autore abbia avuto in vista il cuore di carne. « Se riguardiamo.il cuore di Cristo, troveremo che non vi ha nulla di più dolce, nulla di più benevolo… Più che ogni altro, l’Emanuele ha avuto un cuore di carne per compatire, perché per tutto quel che riguarda una bontà affettuosa, non vi fu mai nulla di più tenero. Pre ceteris omnibus Emmanuel cor carneum ad compatiendum habuît, quoniam ad omnem pietatis affectum nihil illo unquam tenerius fuit » (De Emmanuele, I. II, c. XXI; Migne, t. CXVI, col. 655. Vedi: Franciosi,, col. 159). In un contesto in cui fosse questione . del cuore di carne o del cuore simbolico, bisognerebbe vedervi il sacro Cuore. Ma qui è il cuore metaforico che si ha in vista ed è nel senso metaforico che bisogna intendere la parola cor carneum. Senza dubbio, vi ha gran relazione fra il cuore metaforico e il cuore simbolico; ma, bisogna pur riconoscerlo, se è qui presentato l’intimo di Gesù, la parola cuore ha la forza di una nozione, non di una cosa simbolo di un’altra cosa. Quando la divozione sarà matura, potremo passar sopra queste distinzioni troppo sottili. Adesso che studiamo curiosamente il momento di questa maturazione, dobbiamo riguardar la questione più da vicino. Col Beato Guerrie d’Igny (morto circa il 1160) il pio discepolo di San Bernardo, ci ritroviamo certamente dinanzi al cuore di carne. « Benedetto sia Colui che, per darmi modo di fare il mio nido nel foro della pietra, si è lasciato trapassare i piedi, le mani e il costato; che mi si è aperto tutto intiero affinché io entri nel luogo del tabernacolo ammirabile e trovi protezione nel segreto della sua tenda. Questi fori aperti da tante ferite offrono il perdono ai colpevoli e inondano di grazie i giusti… . Correte a lui…. e non solamente a Lui ma in Lui; entrate nei fori della pietra…. nascondetevi nelle sue mani trafitte, nel suo costato aperto. Perché che cosa altro è la ferita del costato di Cristo, se non che la porta del fianco dell’arca? Buono e pieno. di misericordia, Egli ha aperto il suo costato, affinché il sangue della sua ferita ti vivifichi, e il calore del suo corpo ti riscaldi, e il soffio del suo cuore ti aspiri, per così dire, aprendoti libero un passaggio, (spiritus cordis quasi patenti et libero meatu aspiret – In domenica Palmarum, sermo V, n, 5. P. L., t. CXXXV). Forse Guerrie fa un po’ di confusione fra l’azione del cuore e quella del polmone. Ma il cuore vi è indicato e come simbolo d’amore. Vi è indicato come aperto dalla. ferita, in stretto rapporto con le altre piaghe. – Così si riuniscono, a poco a poco, i diversi elementi. Che costituiscono la divozione al cuore di Gesù, con un passaggio insensibile dalla ferita del costato alla ferita del cuore, dall’amore che ferisce il cuore, il cuore ferito di ama. Perché questo passaggio sì effettuasse, i testi dell’amore la Cantica (vulrerasti cor meum; in foraminibus petre, in caverna maceriæ) hanno riscontro con quelli del discepolo dell’amore; (aperuît latus eîus) e il ricordo dell’arca antica, con la sua porta al fianco (ostium in latere ejus) s’intreccia con quello dell’arca dell’alleanza ove Dio riposava nel fondo del Santuario del Santo dei Santi; e ’intreccia pur, qualche volta, a quello di Mosè che fa scaturir con la sua verga l’acqua dalla roccia. Così, sempre più arricchendosi, è venuto a fondersi col simbolismo che i Padri avevano travisto, sino dai primi secoli, nel sangue ed acqua sgorgati dal costato aperto di Gesù; quest’acqua e questo sangue, figura dei due principali sacramenti, intorno ai quali si raggruppano tutti gli altri, il battesimo e l’Eucaristia, ha ricordato le acque vive della grazia nascoste « nelle sorgenti del Salvatore», sgorgate dalla piaga del costato; hanno rappresentato la Chiesa uscente da questo costato aperto, come Eva era stata tratta, altra volta, dal costato di Adamo dormiente. – Come e da chi si è fatta la sintesi di questi diversi elementi che completano la devozione al sacro Cuore? Non sapremmo dirlo. Ed è assai probabile che quegli che l’ha fatto non abbia avuto coscienza di avere introdotto nella Chiesa di Dio nessuna idea nuova. Ma si può dir veramente che qualcuno l’ha fatta? O, piuttosto, non si è formata da se stessa nella coscienza sociale della Chiesa, sotto l’influenza dello Spirito Santo che vive in essa? Tre cose pertanto sono visibili: Questa divozione è nata nella calda atmosfera dell’amore. L’anima amante, meditando sull’amore di Gesù, ha veduto nel suo Cuore il simbolo di quest’amore, come Gesù amante aveva voluto dire la sua ultima parola, aprendo il suo sacro petto, per fare scorrere dal suo cuore l’acqua e il sangue e schiuder la via per arrivare a questo cuore divino. – Ed è pur nata, questa divozione, dal meditare sulla ferita del costato. La contemplazione di questa ferita adorabile, ha messo allo scoperto la ferita del cuore, e la divozione alla ferita del cuore vi ha trovato il simbolo del cuore ferito dall’amore; la divozione al sacro Cuore è uscita fuori da queste combinazioni amorose. – Noi la vediamo fatta verso la metà del XII secolo, al tempo di San Bernardo, in quei focolari di vita pia e contemplativa, accesa o rianimata dal soffio ardente di San Bernardo medesimo, sembra che la vediamo farsi in questi stessi tempi, in questo stesso luogo. Ma non par possibile, per il momento, precisare di più. [Continua …]

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.