LA SITUAZIONE (1)

LA SITUAZIONE (1):

DOLORI, PERICOLI, DOVERI E CONSOLAZIONI DEI CATTOLICI DEI TEMPI PRESENTI

OPERA DI MONSIGNORE G. G. GAUME PROTONOTARIO APOSTOLICO

Custos, quid nocte?

Sentinella: che è della notte?

ROMA tipografia Tiberina – 1861

LA SITUAZIONE

Lettera al Sig. G. di F. — al castello di B.

DOLORI

Lettera Prima

Caro Amico.

Voi mi rammentate il mio opuscolo OVE ANDIAM NOI? Quest’opera pubblicata sedici anni fa, è agli occhi vostri la storia anticipata di ciò che al presente vediamo; onde mi pregate di dire nel 1860 quello ch’io pensi della situazione dell’Europa, come prediceva nel 1844. Lascio alla vostra amicizia la responsabilità del giudizio, che sarà per portarne. E veramente in quanto al desiderio di sapere ove noi ne siamo, messo da parte tutto quel che alla mia persona si riguarda, chi potrà biasimarlo? perciocché esso viene di troppo giustificato dalla gravità delle circostanze.A certe ore del giorno il sole brilla in tutta la pienezza del suo splendore; onde l’uomo può allora consecrarsi alle sue occupazioni, e camminare senza timore di smarrire la sua via. Ma succede un momento, in cui il sole passa di sotto l’orizzonte; e in tal caso, senza scomparire interamente, gli oggetti si oscurano e si dileguano dalla nostra vista. Succede bentosto la notte, e niuno allora può senza pericolo né lavorare nè camminare. (Ambulate, dum lucem habetis, ut non vos tenebræ comprehendant. Joan. XII. 35— Venit nox, quando nemo potest operari. Id. IX. 4.)

Quest’alternativa di luce e di tenebre ha pur luogo nel giorno che appellasi la vita; vita delle nazioni non meno che de gl’individui. Allorché il sole della fede brilla su di esse, le società camminano senza timore di errare. Ma sopravvengono alcune epoche, in cui l’errore, per lungo tempo carezzato, finisce coll’accumular tante nubi da oscurare l’orizzonte. La verità allora più non gitta sulla maggior parte delle intelligenze, se non un barlume dubbioso. Il pericolo di smarrirsi diviene imminente. – A queste ore terribili una sorta di vertigine sembra invadere il mondo. Le teste hanno il capogiro: le parole cangiano di significato: gli spiriti più fermi, più non ragionano; gli altri sragionano del tutto. Nel conflitto incessante delle opinioni contradittorie, le convinzioni vacillano. L’incertezza del vero ingenera l’incertezza del dritto: e quindi una folla di giudizi erronei, e troppo spesso di atti eternamente rincrescevoli. Se noi non siamo arrivati a questo punto, qua almeno tendiamo. Già si fa notte in Europa; ed io ve ne darò una sola prova. Un processo, senza esempio come senza nome nella storia, si fa al Papato. Sono ormai più di dieci mesi, che alcune nazioni, figlie della Chiesa, piatiscono pubblicamente contro la loro Madre. Esse l’accusano di molte cose, e domandano che venga spogliata. Tutta Europa, prò e contra, ha preso parte al dibattimento. La causa sembra essere stata discussa, e in questi momenti la sentenza si rende a colpi di cannone. Prigioniero, fuggitivo, o martire, il Padre dei Cristiani mangerà d’ora innanzi il pane della limosina, e non saprà ove riposare il suo capo. Gli uni dicono: egli è ben giudicato. Gli altri: è un fatto compiuto. Alcuni: l’è un parricidio. Al cospetto di questi opposti giudizii, il diritto di un Cattolico è di domandare al prete il lume necessario per rischiarare il presente, e orizzontare 1’avvenire: Sentinella, che n’è della notte? Custos quid de nocte? Dovere del prete è di rispondere; sicché per compierlo, quanto è in me, io v’invio queste poche pagine. Conseguiranno esse il loro fine, se contribuiranno a mettere lo spirito ed il cuore dei cattolici all’unisono con quello della Chiesa loro madre. E prima di tutto bisogna definire la situazione. Quale è dessa, e quali sono i suoi caratteri distintivi? Liberata dai mille sofismi coi quali si cerca di oscurarla o di snaturarla; prescindendo dagli accessori politici, che sono solamente le peripezie del dramma, la situazione si riduceva ieri a tre parole: « Diminuire il patrimonio di S. Pietro; fare del Papa un pensionato dell’Europa; non lasciargli che un trono vacillante ed uno scettro derisorio ».

Ma oggi la rivoluzione, divenuta più ardita, formola così il suo progetto: « Un impero italiano con Roma per capitale. » (Il tempo delle mezze-parole è passato. Il Sig. Cavour ha detto in pieno parlamento: « Noi vogliamo che la Città eterna diventi la capitale dell’Italia. A quali condizioni, quando, e come? Noi potremo dirlo fra sei mesi ». Lo scioglimento spiega la commedia —  V. Atti del Parlam. di Torino – Ottobre 1860 ). Ecco lo scopo. Invano si sono impiegati tutti i mezzi per ingannare i Cattolici, e l’Europa. Ciò che la rivoluzione vuole oggi, ciò che essa voleva ieri, ciò che ha sempre voluto, non è né Milano, né Firenze, né Palermo, né Napoli, né Venezia: è Roma. Se essa prende la Toscana e la Lombardia, la Sicilia e le Romagne, è per prender Roma. Ecco , io lo ripeto, quello che la rivoluzione vuole con una volontà immutabile. Ed io aggiungo, ecco quello che essa deve volere. Prima di dirne la ragione, è necessario di ben caratterizzare la sua guerra attuale contro la metropoli del Cattolicismo. – Or questa guerra presenta dei caratteri che la distinguono essenzialmente da tutte le altre, e che ne aumentano la gravità. Nei secoli passati si sono veduti più volte i Papi obbligati di abbandonar Roma, e di fuggire in esilio. Il discacciatore aveva un nome proprio. Esso si chiamava successivamente Errico, Ottone, Barbarossa. Si sapeva a chi il fallo dovesse imputarsi. Oggi il discacciatore del Papa non ha più un nome proprio; ch’esso si appella LEGIONE. Garibaldi, Fanti, Mazzini, Vittorio Emmanuele e gli altri non sono che soldati della legione. Legione non è in alcuna parte, ed è dappertutto. Essa abita l’aria: parla tutte le lingue: tutti gli echi del mondo rispondono alla sua voce: ed è appunto quella che sottomette al suo processo il Papato, che lo cita al tribunale del mondo intero, e ne discute i diritti; trasformando in problema ciò che era in stato di domma, e facendo gridare a milioni di voci: Il Papa ha torto! Legione è lo Spirito che soffia oggi sul mondo, e che lo arma contro la Santa Sede. – In altri tempi, l’espulsione del Vicario di Gesù Cristo era un atto di brutalità e di violenza passeggiera. Imperocché la pubblica opinione protestava con energia, e forzava bentosto il rapitore a rilasciare la sua preda. Ma oggi lo stesso fatto è un atto calcolato a sangue freddo; cioè un atto che entra in un piano generale, e che si pretende di far passare per legittimo. Non si espelle già il S. Padre, ma gli si prova che deve ritirarsi. Sul valore dei motivi l’opinione è divisa: che invero il Papato cade cogli applausi della metà dell’Europa. In altri tempi, lo spogliamento del Patrimonio di S. Pietro non toglieva alla Chiesa tutta la sua indipendenza territoriale. Proprietaria in beni fondi in tutti i Paesi, essa continuava ad essere una potenza colla quale bisognava far bene i conti. Oggidì, confiscando lo Stato Romano, si toglie alla madre delle nazioni cristiane l’ultimo angolo di terra indipendente che le rimane. – In altri tempi il Papato era per l’Europa battezzata quello che era l’Arca Santa pel popolo d’Israele. Onde il toccarlo non era solamente ferirlo al cuore, ma attaccare Iddio medesimo nella pupilla degli occhi suoi. Oggidì, gli attentati i più mostruosi contro la Santa Sede lasciano le nazioni indifferenti. Appena la terra dei prodi ha fornito qualche migliajo di crociati per difendere la più sacra e la più gloriosa delle cause! Donde deriva questo cangiamento nello spirito pubblico? Come spiegare la spaventevole facilità colla quale la rivoluzione corre al suo scopo? Qual è il senso dell’iniqua intrapresa, di cui l’ultimo atto sarà probabilmente consumato prima della pubblicazione di queste lettere? Ogni governo poggia su due forze: la forza morale, e la forza materiale. Ad uno Stato debole, essenzialmente pacifico, e circondato da Stati potenti la prima è tutto. Tanto nel suo interno quanto nell’esterno è necessario che l’affezione generale, il rispetto, la popolarità in una parola, lo circondi, e gli tenga luogo di armata e di fortezze. Malgrado alcune tribolazioni inevitabili, la Sovranità di S. Pietro così visse per dieci secoli, tranquilla e venerata in mezzo alla bellicosa Europa. Questa potente popolarità, nata dall’amore e dalla fede dei popoli, protegge forse oggidì la sovranità benedetta di Pio IX? – L’Europa attuale è per tre quarti eretica, scismatica, razionalista ed indifferente: gli è questo un fatto. Da molto tempo le nazioni moderne anche cattoliche tendono a secolarizzarsi; il che vuol dire ad affrancarsi il più che possono dall’autorità religiosa: e questo è anche un altro fatto. « Le società, si dice, sono laiche: esse devono esserlo: tale è lo spirito del tempo, il segno della virilità, la condizione del progresso ». – Da questi due fatti ne risulta un terzo. L’Europa attuale non sa più intendere un PRETE-RE. Essa compiange i sudditi di lui come si compiangono i parias dell’India. Ma essa comprende e sopporta benissimo, come tutti i paesi eretici e scismatici, un RE-PONTEFICE. Ai suoi occhi, la sovranità pontificale è un vecchio avanzo del medio evo; un legato vergognoso dei tempi di ignoranza; un resto di teocrazia incompatibile colla civilizzazione, ed un ostacolo all’affrancamento dello spirito umano. – Da ciò, come conseguenza inevitabile, si deriva la divisione dell’opinione sulla questione romana. Da ciò le m0igliaja di sarcasmi sparsi dappertutto contro il governo del Papa, contro la condotta politica del Papa, contro i sudditi del Papa, contro i soldati del Papa. – È dunque un fatto tristamente vero, che il governo temporale del Vicario di Gesù Cristo non ha più per difesa la potente popolarità di altra volta. In ciò sta la doppia causa della sua instabilità e dei trionfi della rivoluzione.

Questa situazione è l’opera dell’Europa, la quale non ne è che più colpevole. Essa vi apparirà tale sempreppiù, se vi farete ad esaminare lo scopo dello spogliamento che segue a farne con tanta ostinazione, o che lascia compiere con tanta debolezza. Isolare la Chiesa; ricacciarla a poco a poco fuori della società; indebolire la sua azione sul mondo; rimenarla allo stato di potenza puramente spirituale come ai giorni delle catacombe; renderla dipendente da Cesare; impedire i suoi movimenti e farla entrare nella fase più difficile della sua esistenza: per chi sa ben leggere è questa l’idea primaria scritta nel fatto supremo che si cerca di consumare. Costituire le Potestà temporali padrone assolute della terra mediante la proprietà, dell’intelligenza mediante la dottrina, e della volontà mediante la legge; annientare così il gran fatto sociale del Cristianesimo, che fu appunto la divisione gerarchica dei poteri; tale è la seconda idea già realizzata da tutti i governi eterodossi.

In altri termini il fatto attuale significa: SOSTITUZIONE DEL REGNO ASSOLUTO DELL’UOMO AL REGNO DI DIO. Tali sono i caratteri esterni della situazione. Nella mia prossima lettera cercherò di dirvene la ragione misteriosa.

Tutto vostro etc.

LA SITUAZIONE (2)