UN PAPA È STATO ELETTO

26 OTTOBRE 1958: fumata BIANCA dalla Cappella Sistina.

UN PAPA È STATO ELETTO!!

[di P. S. D.]

Quella lunghissima fumata bianca del conclave del 1958!

            “Il fumo è bianco…non c’è alcun dubbio. Un Papa è stato eletto!” annunciò solennemente Radio Vaticana al termine del Conclave del 1958, quando centinaia di migliaia di persone erano incollate agli schermi o erano con gli occhi fissati verso il comignolo del camino da cui sarebbe uscita la fumata che avrebbe sancito l’elezione del nuovo Papa.

            Erano periodi molto difficili, con le due superpotenze che si fronteggiavano l’un l’altra nello scacchiere politico internazionale e con pressioni che da più parti e sempre più forti intralciavano le scelte del Papa in Vaticano.

            Era la fine di un’epoca e, con riferimento alla nomenclatura adottata da San Malachia nella sua Profezia sui Papi, al Pastor Angelicus, come lui aveva indicato Pio XII, il Papa il cui Pontificato aveva caratterizzato un lungo periodo di crisi per la pace mondiale, doveva far seguito un altro Pastor, quel Pastor et Nauta che la storia, quella che da sempre scrivono i vincitori del periodo, ci ha presentato come un Cardinale vestito di rosso fra decine di altri porporati, ma che i tempi odierni fanno sempre più chiaramente indicare come il vero successore di Pietro destinato a succedere a Pio XII.

            Dopo la morte di Papa Pacelli, avvenuta il 9 ottobre 1958, fu osservato un novendiato di pausa, al termine del quale ebbe luogo il Conclave in cui si apprestava ad essere eletto l’altro Pastor del secolo, quello caratterizzato dal più grave conflitto della storia: la guerra contro la Cristianità, che si stava preparando a vincere la più grande battaglia fra quelle che le era stato consentito di vincere.

            A raccogliere lo scettro del Pastor Angelicus doveva essere un altro Pastore delle greggi, quello che più di chiunque altro era in continuità con Pio XII: Giuseppe Siri, che lo stesso Papa Pacelli aveva indicato come Suo Successore. E a questo Successore San Malachia di Armagh aveva dato lo stesso nome conferito a Pio XII, Pastor, a cui aveva fatto seguire anche la parola Nauta, “marinaio”.

            Ed al Conclave per la designazione del successore del Pastor Angelicus avvenne un fatto inaudito, senza precedenti: due giorni dopo l’inizio del Conclave si sollevò dal camino allestito in Vaticano un fumo denso ed inequivocabilmente bianco, che continuò ad essere emesso verso il cielo per lunghi minuti in tutta la sua nitidezza: ben cinque minuti. Cinque minuti in cui una moltitudine di fedeli ebbe modo di vedere con i propri occhi quell’avvenimento così chiaro nel suo significato e così insolito nella sua imponenza e nella sua durata.

Chi ancora oggi osserva la fumata bianca del 1958 sul web non può che restare sbalordito davanti a quel fumo così candido e denso che sale a lungo verso il cielo, quasi una colonna fitta e impenetrabile che offre una suggestione fuori dal comune e veramente molto forte.

            Poco prima del Conclave del 1958, alcuni giornali dell’epoca avevano riportato le modalità dell’emissione del fumo bianco dal camino del Vaticano con un dettaglio che potremmo definire sospetto, quasi avessero voluto porre preventivamente l’accento sulle possibili spiegazioni delle anomalie che si sarebbero potute verificare di lì a pochi giorni in fase di fumata.

            All’interno di un dettagliato articolo sul Conclave che sarebbe stato indetto di lì a pochi giorni, in corrispondenza di una foto che mostra l’angolo della Cappella Sistina con la stufa già approntata per bruciare le schede dopo le votazioni, un giornale di larga diffusione pubblicato il 23 ottobre del 1958 riportava testualmente:

“Prima di ogni scrutinio, le schede vengono controllate per vedere se corrispondono al numero dei presenti (e in caso contrario vengono subito distrutte). Infine, gli scrutatori procedono alla lettura del risultato e al bruciamento delle schede. Se la votazione ha dato la maggioranza dei due terzi più uno, nella stufa della cappella viene bruciata paglia secca: la fumata bianca che ne deriva annuncerà al popolo, all’esterno, che un nuovo Papa è succeduto a Pietro. (…) Nel caso invece che lo scrutinio sia stato negativo, le schede bruciate con paglia umida daranno il fumo nero del risultato nullo.”

Pertanto, a produrre il fumo bianco o il fumo nero sono le schede bruciate e la paglia.

Nel caso del conclave in cui sia stato eletto un Papa si aggiunge paglia secca, mentre, nel caso in cui non vi sia un nuovo Pontefice, si aggiunge paglia umida, che brucia producendo un fumo di colore nero.

Sia la carta che la paglia sono combustibili: sia la prima che la seconda sono composte da cellulosa, sostanza che si presta ad essere bruciata, ma c’è in esse qualcosa che le rende differenti, in quanto a comportamento nei confronti del fuoco. Mentre la carta è formata da fibre cellulosiche che sono state purificate (la carta riciclata, oltre ad essere un’acquisizione relativamente recente, non è sicuramente quella che viene impiegata in sede di Conclave, e meno che meno in quello del 1958), la paglia reca altre sostanze oltre alla cellulosa (pigmenti, elementi chimici che sono contenuti nei pigmenti stessi, impurità di vario genere, interstizi fra i nodi che fanno da camera di combustione, ecc.). Il risultato è che il fumo derivante dall’abbruciamento della carta è più chiaro di quello derivante dall’abbruciamento della paglia, e probabilmente non solo: il fatto che la carta sia costituita da materiale cellulosico “puro” fa sì che il fumo derivante dalla bruciatura della carta sia più denso di quello derivante dalla fiamma appiccata alla paglia.

Il caratteristico colore intenso delle bruciature delle stoppie è visibile da lontano, e chiunque può rendersi conto del fatto che tale fumo non è mai bianco candido; inoltre, a meno che non siano vaste superfici a bruciare, esso non tende a formare una coltre densa, impenetrabile.

Nel caso della carta, invece, la cellulosa è strettamente appressata e la fiamma che vi viene appiccata si approvvigiona di una fonte di combustibile ingente, compatta.

A seconda che, in sede di Conclave, si voglia produrre un colore bianco o nero della fumata, il passaggio del periodico del 1958 che ho riportato sopra è chiaro: non si agisce sulla carta, ma si agisce sulla paglia, o meglio sulla quantità di umidità contenuta in essa.

Per l’altro parametro, ossia alla durata della fumata, esso è direttamente proporzionale alla quantità di combustibile che viene bruciato, ossia alla quantità della carta e della paglia. Non ha senso aggiungere molta paglia – che farebbe probabilmente un colore differente da quel bianco candido che è visibile nella fumata del 1958 -: quello che si vuole bruciare non è la paglia, ma le schede; e, se la paglia trova un giusto impiego, inumidita, nel conferire il colore scuro al fumo della “fumata nera”, non altrettanto si può dire per la fumata bianca, per ottenere la quale è sufficiente bruciare le carte delle schede.

Per le considerazioni fatte prima, quel colore bianco della fumata dipende probabilmente, in primo luogo, dalla carta, da cui dipendono pure in gran parte, probabilmente, il maggior chiarore e la maggiore densità del fumo. Con pochi dubbi, quindi, nella fumata del conclave del 1958 quella consistenza così densa dipese dalla carta, e quella sua durata così prolungata dalla quantità di combustibile (i numerosi fogli di carta che dovevano essere bruciati) impiegato.

Queste le supposizioni, che non c’è motivo di ritenere infondate.

Prendiamole per buone: come mai fu bruciata tanta carta in occasione di quel Conclave e non in altri? Nel corso di un Conclave non dovrebbe essere pressappoco sempre la stessa, in base al numero dei cardinali elettori – che si presume non debbano variare di moltissimo – la quantità di carta che viene bruciata?

Ci viene in aiuto ancora l’articolista del pezzo comparso su un periodico del 1958, che si cura di precisare:

Al termine del conclave tutto sarà bruciato: ogni cardinale è tenuto a dare alle fiamme anche i più insignificanti foglietti che gli siano serviti a prendere appunti o magari a tracciare ghirigori nell’attesa.

Ecco, quindi, chiarito l’arcano: al termine del Conclave del 1958, come al termine di tutti gli altri Conclavi, non furono bruciate solo le schede, ma anche qualsiasi foglio su cui era stata trascritta qualsiasi cosa, anche la più infima e irrilevante.

Considerata la durata e la densità della fumata levatasi al termine del Conclave, durato solo due giorni, del 1958, è lecito chiedersi quanta sia stata la quantità di carta che sia stata bruciata, e la risposta è: ingente! Ci si può chiedere a questo punto a cosa fosse servita tutta quella carta, e per rispondere a questa legittima domanda faccio riferimento all’articolo “Gregorio XVII: l’incredibile storia” pubblicato su questo sito ed a sviluppare i concetti contenuti in esso.

È infatti ben più che presumibile che fossero stati fatti circolare fra i Cardinali elettori dei fogli contenenti le “istruzioni” da seguire nel corso del Conclave per avere in contraccambio dei vantaggi speciali – leciti e soprattutto, molto probabilmente, illeciti – nel caso in cui tali richieste fossero state esaudite, o, al contrario, vendette la cui portata è difficile da immaginare, nel caso in cui tali richieste non fossero state esaudite.

Ci furono, con tutta evidenza, “cose” che furono fatte leggere a tutti e che portarono alla rinuncia forzata – cioè alla violenta “cacciata” – o impeditio secondo C. J. C. – del Papa (… dopo avergli fatto però accettare l’elezione), ed imposto il silenzio a tutti gli altri … il tutto supportato da abbondante materiale cartaceo “scottante” che doveva scomparire rapidamente senza lasciare tracce ad eventuali “curiosi” sospettosi od a posteri complottisti …

È possibile che fosse stato messo in preventivo che fosse Siri ad uscire Papa da quel Conclave, o forse ciò era stato addirittura favorito dagli stessi personaggi che volevano cambiare l’ordine costituito: in questo modo si sarebbe avuto il Papa vero la cui presenza permettesse al mondo di andare avanti (e, fra le altre cose, che potessero essere sviluppati e condotti a termine i progetti di dissoluzione della Chiesa “visibile”).

Comunque sia, le istruzioni di quello che sarebbe dovuto succedere dopo la prima fumata bianca erano state probabilmente date nel corso di quel Conclave, ed è questo, a mio avviso, l’unico elemento che permetta di spiegare come mai fu bruciata, unica volta nel corso del Papato, tanta carta da dare luogo ad una fumata così densa e bianca durata ben cinque minuti.

La combustione fu fatta durare fino a suo completamento: non doveva restare traccia, nessun residuo incombusto da cui si potesse capire anche la minima parte di ciò che era avvenuto, e così tutta la massa cartacea contenente istruzioni, promesse, minacce forse, chissà, anche simboli esoterici, fu lasciata nella stufa fino alla sua combustione completa, a dare quel fumo così bianco ed intenso ed impenetrabilmente denso che tante persone ebbero modo di vedere stazionare a lungo nell’aria, direttamente o attraverso il mezzo televisivo.

Quando poi si fu sicuri che il fuoco avesse distrutto ogni traccia, allora e solo allora fu gettata nella stufa della paglia inumidita: bisognava dare al mondo un segnale non chiaro, non preciso, non netto: che il Papa era stato eletto, cioè no, che si era trattato di un errore di valutazione e che il fumo uscito dalla Cappella Sistina in realtà era nero, come ebbe a dire la stessa Radio Vaticana poco tempo dopo il suo annuncio così categorico dell’elezione del Papa.

***

Pochi giorni dopo, all’ ”Habemus Papam” che sarebbe seguito nel corso dello stesso Conclave (benché questo fosse in realtà terminato due giorni prima), una coltre scura non si limitò ad uscire dalla Cappella Sistina, ma piombò, come dicono le cronache, su tutta Roma.

Il 28 ottobre 1958 il Cardinale protodiacono Nicola Canali pronunciò dalla loggia centrale della basilica vaticana quelle fatidiche parole indicando il nome prescelto da Angelo Roncalli, il quale aveva adottato lo stesso nome di Baldassarre Cossa, l’antipapa che aveva convocato un concilio eretico pochi anni dopo la sua non-elezione.

Come narrano le cronache, in quello stesso giorno di ottobre del 1958 l’oscurità calò di botto su Roma, benché fossero appena le 18,05 ed il sole in quel giorno dell’anno tramonti nella Capitale alle 18,13 (per lasciare dopo di sé circa mezz’ora di chiarore soffuso).

L’ora era giunta: quel nero che era uscito appena due giorni prima dalla stufa della Cappella Sistina in pochissimo tempo aveva coperto il Vaticano e la città in cui esso era situato, e da lì si preparava ad invadere tutto il mondo.

GREGORIO XVII: L’INCREDIBILE STORIA

LA SITUAZIONE (3)

LA SITUAZIONE (3):

DOLORI, PERICOLI, DOVERI E CONSOLAZIONI DEI CATTOLICI DEI TEMPI PRESENTI

OPERA DI MONSIGNORE G. G. GAUME PROTONOTARIO APOSTOLICO

Custos, quid nocte?

Sentinella: che è della notte?

ROMA tipografia Tiberina – 1861

Lettera Terza

Caro Amico

Come innanzi ho detto, io ritorno sulle parole tante rimarchevoli e sì poco attese di Pio IX. Queste parole, registrate in un atto solenne, non sono dette a caso. Noi vedremo che esse hanno un senso preciso, e molto più profondo che non sembra al primo colpo d’occhio. Esse sono un tratto di luce gittato sino nelle profondità del mistero d’iniquità che si appella Questione romana. – Il S. Padre col pronunziarle ha strappato l’ultima maschera alla rivoluzione. D’ora innanzi non è più permesso ad alcuno di prendere abbaglio sull’intima natura e sullo scopo finale del movimento che trascina il mondo. Dunque Pio IX ed il suo Vicario avvertono i Cattolici, che satana continua oggigiorno con un successo spaventevole gli sforzi che non mai ha cessato di fare da diciotto secoli in qua per rientrare in Roma, e rifarla capitale della Città del male; e che lo scopo della rivoluzione è di sostituire Roma pagana a Roma cristiana, e sì ricondurre il mondo al paganesimo. Ma che! è mai ciò possibile, e chi mai ha udito parlare di tal cosa? Il nostro secolo invero, così perfettamente estraneo che è a tutto quello che dovrebbe sapere, non mancherà di prendere le parole del Santo Padre per esagerazione e per figura rettorica. Voi stesso, caro amico, sarete forse meravigliato in intendere che il Vicario di Gesù Cristo esponendo all’Europa il programma della Rivoluzione si fa l’eco di tutta la tradizione. – I Padri della Chiesa più illustri, i teologi più rinomati, gl’interpreti della Scrittura meglio autorevoli hanno già espresso il pensiero del Pontefice. Di più, sono di accordo in affermare che satana riuscirà nel suo intento; di modo che la Chiesa diverrà, come ha cominciato, ad una lotta gigantesca, e Roma, diventata di bel nuovo pagana, ne sarà il centro ed il focolare. Che questo giorno si avvicini, io qui non cerco. Quello che io voglio dire si è che il tentativo attuale è un passo in avanti verso questo scopo, ed anche il più singolare che si conosca. Sotto tale rispetto, esso è uno degli avvenimenti più gravi che possano intrattenere lo spirito umano; ed io son sollecito di fissare la vostra opinione. Ma non comportando i limiti di una lettera tutte le testimonianze che vi sono di una tradizione tanto antica quant’è il Cristianesimo1 (Voi le troverete in Suarez, De Àntichisto, Lib. V. cap.VIII.et IX; in Bosio, De signis Ecclesiæ, Lib. XXIV. c. VI; in Cornelio a Lapide in cap. XVII e XVIII Apocal.; in Bellarmino De Sum. Pontif. Lib. III. c. XIII; in Malvenda de Anlich. Lib. IV. c. V; in Baronio Annal. ann. 58. etc. etc.), vogliate contentarvi di una fedele analisi. » Dietro dall’insegnamento degli Apostoli, dice la voce dei secoli, verrà un giorno, in cui satana pieno di rabbia contro Gesù Cristo ed i Cristiani, riconquisterà il terreno che ha perduto, assoderà il suo regno, e lo distenderà molto lungi. Allora egli si gitterà sopra Roma; perciocché essa è la sua rivale, dimora e Sede dei Pontefici. Egli se ne renderà padrone, caccerà il Vicario di Gesù Cristo, perseguiterà i veri fedeli, e scannerà i religiosi ed i sacerdoti (Certum et communi Patrum traditione, quæ   nobis eliam apostolica visa est, constare diximus. Suarez De Antich. Lib.V. c. 9. n. 14. – Odio babebit Romani, et c um ea pugnabit, eamque desolavit et incendet. Bellarm. de Summ. Pont. Lib. III. cap. 3.) » Roma, pagana sotto Nerone e sotto gli altri imperatori fino a Costantino, fu la vera Babilonia, la capitale della Città del male (2° Veram Babylonem fuisse primam Romam, et veram Romam fuissesecundam Babylonem. S. Aug. De Civ. Dei. L. XVIII. c. 2.). Sotto Costantino divenuta cristiana e pia, cessò di essere Babilonia, e cominciòessere la capitale della Città del bene, Città santa e fedele, Sionne prediletta di Dio, colonna della. fede, madre della pietà, maestra della santità. Verso la fine della sua esistenza essa abbandonerà la fede, la pietà, Gesù Cristo, il Sommo Pontefice; essa tornerà a divenire pagana, Babilonia, la capitale della Città del male (Deserens fidem, pietatem, Christum, Pontificem, rursum fiet Babylon. Corn. a Lap. in c. XVII. Apocal.) » Dio il permetterà, affinché noi distinguessimo la città dalla Chiesa, Roma dalla cattedra di Pietro; e ancora perché i Romani imparassero che né al loro merito, né alla maestà della loro città sono essi debitori dell’insigne onore di possedere la Santa Sede e la metropoli di tutto il mondo cattolico. » Questo lugubre destino di Roma non è per nulla contrario alle promesse fatte alla Chiesa ed alla Sede Apostolica. L’una e l’altra persevereranno sempre nella fede e nel possesso della cattedra di Pietro. Collocata in un luogo o in un altro, questa cattedra non perirà, come non perirà la fede che ne deriva. Sarà ella sempre la stessa. La Chiesa durerà sempre visibile, fosse anche obbligata a fuggire in sulle montagne, ed a nascondersi in gran parte nelle caverne e nei deserti. (Non est contra promissiones factas Ecclesiæ et Sedi Apostolicæ de perseverantia in fide, et in Cathedra Petri, quod Roma illo modo destruatur, quia cathedra nunquam defìciet, nec fides ejus, sive in hoc, sive in illo loco consistat; ubique enim eadem erit, semperque Ecclesia visibilis durabit, etiam si vi persecutionis cogatur ad montes fugere, vel in locis occultis magna ex parte se abscondere. Suarez ibid. c. VII). « Anziché nuocere alla Chiesa, questa rivoluzione aumenterà la sua gloria: che Roma cristiana non fu veramente gloriosa, se non quando Roma pagana, assetata di sangue, la perseguitava colla maggior rabbia. E di certo non si mostrò mai di maggiore costanza e di virtù più eroiche sfolgorante. Onde farà lo stesso, allorché Roma sarà di nuovo divenuta pagana. La gloria del Vicario di Gesù Cristo e dei veri fedeli che resteranno nel suo seno, brillerà d’uno splendore molto più vivo, che se Roma fosse sempre rimasta cristiana e pia ». – Tutto questo, mio caro, amico, presuppone un fatto a cui nessuno badava due anni fa, cioè che Roma tornerà a divenire la città capo di un potente impero essenzialmente ostile alla Chiesa; che essa racquisterà il suo antico splendore pagano, e con le sue corruttele ripiglierà il suo dispotico andamento. Or tutte codeste strane cose la tradizione le conobbe. « Roma ritornerà al suo splendore pagano, ed alla idolatria. (Romanam urbem tunc redituram ad pristinam suam gloriam pariter et idololatriam. Corn. a Lapide. Ibid. Ad paganismum rediens, Christum et Christianos, ac maxime Pontificem persequetur, expellet vel occidet. Id.). Pagana, spoglierà il Romano Pontefice delsuo potere temporale, anzi lo caccerà via. E rivestita dellasua primiera potenza, essa se ne servirà in perseguitarei Santi con più furore, ed immolare i martiricon più crudeltà che non fecero i primi Cesari » . (Sanctos persequetur acerbius, et martyriis crudeliorìbus afficiet, quam sub imperatoribus ethnicis passi fueriut. – Malvend. ubi supra.). Per tal quale simiglianza di caso che non so contenermi dal farvi notare, Pio IX per contrassegnare le promesse della presente rivoluzione, adopera gli stessi termini di cui gli antichi Dottori si sono serviti a segnalarne il compimento. Hanno essi detto sono già molti secoli: a Roma ritornerà al suo antico splendore, alle sue ricchezze, alla sua potenza, alla sua gloria, regina e padrona del mondo » (Romam ad pristinum splendorem, opes, vires et pompam redituram; sicut olim fuit regina orbis et domina mondi. Corn. a Lapide in Apocal. cap. XIII. v. 7.) – Pio IX dice oggidì: « Per alienare lo spirito degli Italiani dalla Religione cattolica, i nemici della Chiesa non arrossiscono di affermare e di gridare dappertutto che la Chiesa Romana é l’ostacolo che si infraoppone alla gloria d’Italia, alla sua grandezza, alla sua prosperità, e l’impedisce d’acquistare di nuovo il primiero splendore dei tempi antichi, cioè dei tempi pagani ». (Ecclesiæ hostes . . . ad Italorum animos a fide catbolica abalienandos asserere etiam et quaquaversus ciamitare non erabescunt, catbolicam religionem Italæ gentis gloriæ, magnitudini, et prosperitati adversari … quo Italia pristinum veterum temporum, idest ethnicorum, splendorem iterum acquirere possit. Encycl. ubi supra.). La tradizione aggiunge: « Inebriata della sua novella gloria Roma dirà: Io ho cacciato il mio sposo, e non sono vedova: io son piena di popolo. Il mio re è partito: ma io son meno, anzi sono d’assai meglio regina: tutti a me ubbidiscono, io non ubbidisco ad alcuno, sedeo regina ». – In verità, mio caro amico, tale linguaggio, antico di più secoli, non vi pare egli singolare? Non è quel desso che noi udiamo tutti i giorni? I così detti emancipatori di Roma e dell’Italia non hanno essi incessantemente sulle labbra che Roma è schiava; che, banditone il Papa, la città eterna si tornerà libera fatta regina come già altra volta? Non dicono essi alla medesima: Rallegrati dei gloriosi destini che noi ti promettiamo! Siamo noi oggi i tuoi soldati, perché domani vogliamo essere tuoi figli e tuoi cittadini. Se combattiamo, ciò è per renderti la tua antica maestà, l’antico Campidoglio, i tuoi antichi trionfi: È per fare di te la splendida città capitale di un grande impero. » (Parole di Cavour al parlamento di Torino il dì 11 Ottobre 1860.). La Città dei Papi divenuta di nuovo la Città dei Cesari; tale è dunque il supremo destino di Roma, e l’ultimo trionfo di satana. Or come si compirà quest’apostasia mille volte annunziala? Al certo con chiarezza sovrumana la tradizione già vide il cammino che menerà Roma a questo termine fatale. « La trasformazione di Roma cristiana in Roma pagana non si farà tutta ad un tratto. I Romani degli ultimi tempi faranno lor passi e i marmi e il porfido. Ch’ei faranno consistere la loro gloria negli splendidi edifici, nei templi di idoli, nelle statue di oro e di argento, nelle pietre preziose rappresentanti Venere, Cupido, e le altre abbominevoli divinità dell’antico paganesimo. Ei ameranno i giuochi, gli spettacoli, tutte quelle cose, per le quali gli antichi Romani corruppero i popoli e li tirarono al culto dei falsi Dei ». « Ei si avvezzeranno a riguardare con orgoglio i delitti dei loro antenati: ne faranno soggetto delle loro lodi: onde ambizione loro sarà il contraffare i fatti di Cesare, di Pompeo, di Trajano. Vorranno emularli, e risuscitare la loro gloria, non meno che tutta la vana grandezza di Roma antica. Essi invocheranno i sonori nomi dei Catoni: parleranno di grandezza, di potenza, di libertà: fumi Romani, onde già vediamo che molti si pascono ». (Etiamnum aliquos priscis hisce Romanorum fumis pasci et gloriari videmus. Corn, a lap. ibid.v. 17.). – « Preparati in tal guisa i Romani da gran tempo, che ne avverrà? Ecco che sarà, tenendo sempre dietro ai detti dei Padri, e dei dottori, che tanto predissero: « I confidenti di satana, gli atei, pervertiranno le alte classi fra i Romani. Ei faranno risplendere ai loro sguardi tutta la gloria antica dei loro avi: ei li ecciteranno a riconquistarla, ed a restaurare il culto degli Dei, ai quali l’impero dovette la sua magnificenza. Ei li attireranno alla voluttà, ed alla indipendenza, affin di menarli all’ateismo, come si è bene avverato molte volte in altri paesi. E per non citarne che un esempio, una città non meno santa, non meno provvidenziale che Roma, Gerusalemme fu pagana sotto i Cananei, fedele sotto i Giudei, cristiana sotto gli Apostoli, pagana di nuovo sotto i Romani, maomettana sotto i Saraceni. – « In punizione della sua apostasia, Roma perirà. E Dio permetterà questa grande rovina per vendicare il sangue degli antichi e dei nuovi martiri, di cui Roma sarà abbeverata. I Romani saranno dunque puniti più severamente degli altri, poiché avranno più gravemente peccato. Discendenti degli antichi persecutori, ed abitanti della medesima Città, diverranno essi partecipi alle iniquità dei loro antenati, intesi che sono ad imitarli, ed a rendere a Roma la gloria, lo splendore e la potenza di cui essa si godette sotto il paganesimo ». (Quocirca Deus in iis majorum peccata puniet: quia illis, propter approbationem et imitationem, majorum peccata imputabuntur …eo quod illis placebunt sederà majorum, eaque aemulari volent, ut Romæ pristinum sub gentilisino splendorem, pompam, et imperiuua restituant. Idem, ibid.).  – Gli uomini che fanno questo parlare sono i più grandi nomi della Storia cristiana. E si chiamano Tertulliano, Lattanzio, Cirillo , Crisostomo, Ambrogio, Girolamo, Agostino, Vittorino, Ecumenio, Cassiodoro, Sisto da Siena, Baronio, Bellarmino, Suarez, Cornelio a Lapide, Bosio, ed altri venti, et alios viginti. Devoti fino al sacrifizio del sangue a Roma ed alla Chiesa, nessun altro affetto quello infuori della verità li ha indotti a predire umiliazioni e calamità che essi deplorano nel tempo stesso che le annunziano. Le loro opere, accolte con rispetto come sorgente di vera dottrina, figurano le fiaccole che il passato ha posto in mano al presente per illuminare l’avvenire. Che altro rimane, se non che inchinarsi davanti a tanto grave testimonianza? Ben dappoco sarebbe la ragione che non vedesse sin là.

Tutto vostro ecc.