LA GRAZIA (NOTE DI TEOLOGIA DOGMATICA) – 3 –

LA GRAZIA

(Note di Teologia Dogmatica) (3)

[Ludovico Ott: Compendio di Teologia Dogmatica; Marietti Torino-Herder Roma – imprim. Can. Oddone, Vis. Gen. 7/VI/1955]

§ 12. Il mistero della predestinazione.

1. Concetto e realtà della predestinazione.

a) Concetto.

In senso ampio predestinazione significa qualsiasi disposizione o decreto dell’eterna volontà divina; in senso stretto il decreto della stessa volontà riferentesi al fine soprannaturale delle creature razionali, abbia esso per oggetto la felicità eterna o l’esclusione da essa; in senso strettissimo il decreto di accogliere nella beatitudine celeste determinate creature razionali: Prædestinatio est quædam ratio ordinis aliquorum in salutem æternam in mente divina existens (S. th. I, 23, 2). La predestinazione divina comprende un atto dell’intelletto e uno della volontà: la prescienza e la predeterminazione. Per il suo effetto temporale si distingue la predestinazione incompleta o inadeguata, che si riferisce o soltanto alla grazia (prædestinatio ad gratiam tantum) o soltanto alla gloria (prædestinatio ad gloriam tantum), e la predestinazione completa o adeguata, che ha per oggetto la grazia e la gloria (prædestinatio ad gratiam et gloriam simul). Quest’ultima è definita da S. TOMMASO « una preparazione della grazia nel presente, e della gloria nel futuro » (praeparatio gratiæ in præsenti, et gloriæ in futuro; S. th. I , 23, ob. 4).

b) Realtà.

Dio ha predestinato, mediante il suo decreto eterno, determinati uomini alla beatitudine eterna. De fide.

Il magistero ordinario e universale della Chiesa propone questa dottrina come verità rivelata. Essa è presupposta dalle decisioni dottrinali del Concilio di Trento (D. 805, 825, 827). Cfr. D . 316 ss., 320 ss. La realtà della predestinazione è attestata nel modo più evidente in Rom. VIII, 29-30: « Perché quelli che egli ha preconosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine di suo Figlio, sì da essere lui primogenito tra molti fratelli. E quelli che ha predestinati questi ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati li ha anche glorificati ». Questo passo pone in rilievo tutti gli elementi che appartengono alla predestinazione completa, l’atto dell’intelligenza e della volontà nel decreto eterno divino (præscire, prædestinare) e i momenti principali della sua attuazione nel tempo (vocare, iustificare, glorificare). Cfr. Mt. XXV, 34; Gv. X, 27-28; Atti XIII, 48; Ef. I, 4 ss. – S. AGOSTINO ed i suoi discepoli difendono contro i pelagiani ed i semipelagiani la realtà della predestinazione come un insegnamento tradizionale di fede. AGOSTINO osserva: « La Chiesa ha sempre avuto la fede in questa verità della predestinazione, fede che ora con rinnovata sollecitudine difende contro i nuovi eretici » (De dono persev. 23, 65). La predestinazione è una parte del piano eterno della divina Provvidenza.

2. Motivo della predestinazione.

a) Punto della questione.

La difficoltà principale della dottrina della predestinazione sta nel sapere se il predestinato stesso esercita una causalità (morale), prevista da Dio, sulla sua predestinazione, se cioè l’eterno decreto della predestinazione è stato formato tenendo conto o meno dei meriti dell’uomo (ante vel post prævisa merita). – La predestinazione incompleta alla sola grazia è indipendente da ogni merito (ante prævisa merita) poiché la prima grazia non si può meritare. Cosi pure è indipendente da ogni merito la predestinazione completa alla grazia ed alla gloria insieme, dato che la prima grazia non si può meritare e che le grazie seguenti e i meriti acquistati con la grazia e la loro ricompensa dipendono dalla grazia prima come gli anelli di una catena. Unicamente dunque per la predestinazione alla sola gloria, si può chiedere se avvenga con o senza la previsione dei meriti. Se c’è tale previsione, il decreto della predestinazione è condizionato (ipotetico), se non c’è è incondizionato (assoluto).

b) Tentativi di soluzione.

1) I tomisti, gli agostiniani, gli scotisti in massima parte e anche alcuni molinisti (Suarez, Bellarmino) sostengono una predestinazione assoluta (ad gloriam tantum), cioè avanti la previsione dei meriti (ante prævisa merita). Dio decide dall’eternità, senza guardare ai meriti dell’uomo, secondo il suo libero beneplacito, la beatitudine eterna di determinate persone e quindi la comunicazione delle grazie efficaci per realizzare il suo decreto (ordo intentionis). Nel tempo poi Egli dà prima le predeterminate grazie efficaci e quindi, come ricompensa per i meriti derivati dalla cooperazione della libertà con la grazia, la beatitudine eterna (ordo executionis). – L’ordine d’intenzione e l’ordine di esecuzione stanno tra loro in rapporto inverso (gloria – grazia; grazia – gloria).

2) La maggior parte dei molinistie anche S. FRANCESCO DI SALES ( f 1622) sostengono una predestinazione condizionata(ad gloriam tantum), cioè dopo la previsione dei meriti (post et propter prævisa merita). Secondo la loro teoria, Dio prevede con la scienza media come si comporterebbe la libertà dell’uomo nei più diversi ordini di grazia possibili. Alla luce di questa conoscenza Egli sceglie, secondo il suo libero beneplacito,un ordine di grazia ben determinato. Quindi con la scienza di visione preconosce infallibilmente quale uso farà il singolo uomo della grazia che gli concede. Coloro che cooperano con perseveranza con la grazia, sono da Lui scelti, in vista dei loro meriti, per la beatitudine eterna; mentre quelli che rifiutano la cooperazione sono destinati, in vista dei loro demeriti, alla pena eterna dell’inferno. L’ordine d’intenzione e l’ordine di esecuzione coincidono (grazia – gloria).

La Chiesa ammette ambedue i tentativi di soluzione (D. 1090). Le prove scritturali addotte dalle rispettive parti non sono decisive. I tomistisi appellano soprattutto ad alcuni passi dell’epistola ai Romani, nei quali balza in prima linea il fattore divino della salvezza (Rom. VIII, 29; IX, 11 – 1 3 ; IX, 20-21). – L’Apostolo però non parla della predestinazione alla sola gloria, ma alla grazia ed alla gloria insieme, predestinazione questa indipendente da ogni merito. — I molinisti si richiamano ai passi che attestano l’universalità della volontà divina salvifica, soprattutto a 1 Tim. II, 4, e alla sentenza del Giudice universale (Mt. XXV, 34-36), in cui le opere di misericordia sono addotte come motivo per essere accolti nel regno celeste. – Che però esse siano anche il motivo della « preparazione » del regno, cioè dell’eterno decreto della predestinazione, non può essere provato con certezza.

– Né può essere decisivo il richiamo ai Padri e ai teologi della Scolastica, giacché la questione venne posta soltanto dai teologi posteriori al Concilio di Trento. Mentre la tradizione preagostiniana è in favore della spiegazione molinista, AGOSTINO, specialmente nei suoi ultimi scritti, favorisce piuttosto quella tomista. Quest’ultima dà forte rilievo alla causalità universale di Dio, mentre la prima accentua di più l’universalità della volontà divina salvifica, la libertà della creatura e l’azione personale dell’uomo nell’opera della salvezza. Le difficoltà che rimangono da una parte e dall’altra provano che la predestinazione è un mistero impenetrabile anche per la ragione illuminata dalla fede (Rom. XI, 33 ss.).

3. Proprietà della predestinazione.

a) Immutabilità.

Il decreto della predestinazione è, quale atto dell’intelletto e della volontà di Dio, immutabile come l’Essere divino stesso. Il numero di coloro che sono scritti nel « Libro della vita » (Fil. IV, 3; Ap. XVII, 8; cfr. Lc. X, 20) è fissato materialmente e formalmente, cioè Dio preconosce e predestina con infallibile certezza quante e quali persone saranno beate. Solo Dio sa quale sia il numero dei predestinati: Deus, cui soli cognitus est numerus electorum in superna felicitate locandus (Secreta prò vivis et defunctis). Contrariamente all’opinione rigorista sostenuta anche da S. TOMMASO (S. th. I, 23, 7), la quale, appellandosi a Mt. VII, 13 (cfr. Mt. XXII, 14), sostiene che il numero dei predestinati sarebbe minore di quello dei reprobi, si deve ammettere, a motivo dell’universale volontà salvifica di Dio e della universalità della redenzione operata da Cristo, che il regno di Cristo non è più piccolo di quello di satana.

b) Incertezza.

Il Concilio di Trento dichiarò contro Calvino, che nessuno può conoscere con certezza se è realmente predestinato, se non mediante una rivelazione particolare: nisi ex speciali revelatione sciri non potest, quos Deus sibi elegerit (D. 805; cfr. D. 825-826). La Scrittura esorta di adoperarsi alla salvezza con timore e tremore (Fil. II, 12). « Chi crede di tenersi ritto, badi di non cadere » (1 Cor. X, 12). Nonostante questa incertezza si danno tuttavia segni (signa prædestinationis) dai quali si può arguire, almeno con grande probabilità, se si è predestinati (perseverante esercizio delle virtù raccomandate nelle otto beatitudini, comunione frequente, operoso amore del prossimo, amore a Cristo e alla Chiesa, devozione alla Madre di Dio).

§ 13. Il mistero della riprovazione.

3. Proprietà della predestinazione.

1. Concetto e realtà della riprovazione.

Per riprovazione s’intende il decreto eterno della volontà divina di escludere determinate creature ragionevoli dalla beatitudine eterna. Per i meriti soprannaturali, che sono il fondamento della eterna felicità, Dio coopera positivamente con la sua grazia, mentre invece per i peccati, che sono il motivo della dannazione eterna, non coopera affatto, ma si limita unicamente a permetterli. La riprovazione si distingue in positivae negativa a seconda che il decreto divino ha per oggetto la dannazione alla pena eterna dell’inferno oppure la non elezione alla beatitudine celeste. Si distingue pure in condizionata e incondizionata(assoluta) a seconda che il decreto divino è dipendente o non dalla previsione dei demeriti.

Dio, con il suo eterno decreto, ha predestinato determinate persone, in previsione dei loro peccati, alla riprovazione eterna. De fide.

La realtà della riprovazione non è formalmente definita, ma è insegnamento comune della Chiesa. Il Concilio di Valenza (855) insegna: fatemur prædestinationem impiorum ad mortem (D. 322). La Scrittura l’attesta in Mt. XXV, 41: « Andate via da me, o maledetti, al fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e per gli angeli suoi », e in Rom. IX, 22: « Vasi di ira preparati per la perdizione ».

2. Riprovazione positiva.

a) Il predestinazianismo eretico nelle sue diverse forme (il prete gallo Lucido nel V secolo; il monaco Gottschalk nel secolo IX, secondo le informazioni dei suoi avversari che però non trovano conferma nei suoi libri riscoperti; Wicleff, Huss e soprattutto Calvino) insegna una predestinazione positiva al peccato ed una predestinazione incondizionata alla pena eterna dell’inferno, cioè senza tener conto dei demeriti. Il predestinazianismo venne condannato come eresia nei Concilii particolari di Orange (D. 200), Quiercy e Valenza (D. 316, 322) e nel Concilio ecumenico di Trento (D. 827). La riprovazione positiva incondizionata conduce alla negazione della universalità della volontà divina salvifica ed è in contraddizione con la giustizia e la santità di Dio e con la libertà dell’uomo.

b) Secondo la dottrina della Chiesa c’è una riprovazione positiva condizionata, cioè dipendente dalla previsione dei demeriti (post et propter prævisa demerita). Essa è richiesta dalla universalità della volontà divina salvifica, la quale esclude che Dio voglia fin da principio la perdizione di determinate persone. Cfr. I Tim. II. 4; Ez. XXIII, 11; 2 Piet. III, 9.

S. AGOSTINO insegna: « Dio è buono, Dio è giusto. Egli può salvare qualcuno senza meriti buoni, perché è buono; ma non può condannare nessuno senza meriti cattivi, perché  è giusto » (Contro Iul. III, 18, 35).

3. Riprovazione negativa.

I tomistisostengono, in corrispondenza con la predestinazione assoluta alla beatitudine eterna, una riprovazione pure assoluta, però soltanto negativa. La maggior parte di loro l’intende come una non elezione all’eterna felicità (non-electio), congiunta con il decreto della volontà divina di permettere che una parte delle creature ragionevoli cada in peccato e così, per propria colpa, perda la salute eterna. Contrariamente alla riprovazione assoluta positiva, i tomisti mantengono fermamente l’universalità della volontà divina salvifica e della redenzione, la concessione della grazia sufficiente ai reprobi con l’universalità della volontà divina salvifica. Quanto all’effetto, la riprovazione negativa incondizionata dei tomisti coincide con quella incondizionata positiva dei predestinazianisti, poiché fuori del cielo e dell’inferno non c’è un terzo stato definitivo.

4. Proprietà della riprovazione.

II decreto divino di riprovazione è, come quello della predestinazione, immutabile e incerto: senza una speciale rivelazione l’uomo non può conoscerlo.

CAPITOLO QUARTO

Grazia e libertà.

§ 14. La dottrina della Chiesa.

Dio concede a tutti gli uomini grazia sufficiente per la loro salvezza, ma di fatto soltanto una parte di essi la consegue. Vi sono, quindi, grazie che sortiscono l’effetto salutare voluto da Dio (gratiæ efficaces) e grazie che non sortiscono tale effetto (gratiæ mere sufficientes). Si tratta ora di sapere se la ragione di questa diversa efficacia stia nella grazia stessa, ovvero nella libertà umana. I riformatori ed i giansenisti cercarono di risolvere radicalmente la difficile questione negando la libertà. Cfr. LUTERO, De servo arbitrio. – Contro di essi la Chiesa difende la collaborazione della libertà con la grazia; i teologi poi cercano con vari sistemi di spiegare l’intima ragione dell’efficacia della grazia stessa.

1. Permanenza della libertà sotto l’influsso della grazia efficace.

La volontà umana rimane libera sotto l’influsso della grazia efficace. La grazia non è irresistibile. De fide.

Il Concilio di Trento dichiarò contro i Protestanti:

« Se qualcuno dirà che il libero arbitrio dell’uomo, mosso ed eccitato da Dio, non cooperi affatto, assentendo alla chiamata e all’eccitamento divino, e non possa disporsi e prepararsi a ricevere la grazia della giustificazione, e non possa dissentire, se vuole (neque posse dissentire si velit), ma comportarsi solo passivamente (mere passive) come un essere morto che in nessun modo può agire, sia anatema » (D. 814). Innocenzo X condannò la seguente proposizione di Cornelio Giansenio come eretica: « Nello stato di natura decaduta non si resiste mai alla grazia interna » (D. 1093). Cfr.

D. 797, 815-816, 1094-1095. – La Scrittura pone in risalto ora il fattore umano della libertà ora quello divino della grazia. Le numerose esortazioni alla penitenza ed al compimento di opere buone presuppongono che la grazia non tolga la libertà umana. La sua permanenza di fronte alla grazia è espressamente attestata in Deut. XXX, 19; Eccli. XV, 18; XXXI, 10; Mt. XXIII, 27: « Quante volte volli raccogliere i tuoi figli,ma tu non hai voluto »; Atti VII, 51: « Voi resistete sempre allo Spirito Santo ». La cooperazione della grazia e della libertà è posta anche in risalto da Paolo in 1 Cor. XV, 10: « Ma per grazia di Dio sono quel che sono, e la grazia di lui verso di me non fu cosa vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non già io, ma la grazia di Dio con me » (non ego autem, sed gratia Dei mecum). Cfr. 2 Cor. VI, 1; Fil. II, 12. – S. AGOSTINO, a cui si richiamano gli avversari, non ha mai negato la libertà di fronte alla grazia. Per difendere la libertà egli compose nel 426 o nel 427 il De gratia et libero arbitrio,nel quale cerca istruire e tranquillizzare coloro che « credono sia negata la libertà quando si difende la grazia, e quelli che difendono talmente la libertà da negare la grazia e affermare che ci vien concessa secondo i nostri meriti » (1, 1). La giustificazione non è soltanto opera della grazia, ma anche della libera volontà: « Colui che ti ha creato senza di te, non ti giustifica senza di te » (Sermo 169, 11, 13). Quando Agostino osserva che « noi operiamo secondo ciò che ci diletta maggiormente» (quod amplius nos delectat, secundum id operemur necesse est; Expositio ep. ad Gal. 49), non pensa ad un diletto buono o cattivo indeliberato, che preceda la decisione della volontà e la determini, come spiegavano i giansenisti, ma ad un diletto deliberato, compreso nella decisione della volontà.La permanenza della libertà sotto l’influsso della grazia èil presupposto necessario perché le opere buone siano meritoria. In favore della dottrina cattolica sta anche la testimonianza della coscienza umana.

2. La grazia sufficiente.

C’è una grazia che è veramente sufficiente, ma che rimane tuttavia inefficace. De fide.

Si intende con questo nome quella grazia, che attese le circostanze concrete, conferisce il potere di fare l’atto salutare (vere et relative sufficiens), ma che per la resistenza della volontà rimane di fatto inefficace (mere vel pure sufficiens). I riformatori e i giansenisti negarono la grazia sufficiente così concepita poiché, secondo loro, mancando il libero arbitrio, la grazia esercita un influsso necessitante sulla volontà. Pertanto, a loro vedere, la grazia sufficiente è sempre efficace. – La Chiesa, affermando la grazia veramente sufficiente, difende ancor una volta la libertà umana. Secondo la dottrina del Concilio di Trento l’uomo, mediante l’aiuto della grazia preveniente, può prepararsi alla giustificazione (vere sufficiens); ma egli può anche negare il suo assenso (mere sufficiens): potest dissentire si velit (D. 814; cfr. D. 797). Alessandro VIII condannò la proposizione giansenista secondo cui la grazia sufficiente non solo sarebbe inutile, ma nociva perché rende l’uomo debitore di fronte a Dio (D. 1296). – La Scrittura attesta che l’uomo spesso non utilizza la grazia che gli è offerta. Cfr. Mt. XXIII, 37; Atti VII, 51. La Tradizione insegna unanime la realtà delle grazie sufficienti, che rimangono senza effetto per colpa dell’uomo. – Anche S. AGOSTINO conosce, di fatto se non a parole, la distinzione tra grazie solo sufficienti e grazie efficaci. Cfr. De spiritu et littera 34, 60: « In tutto ci previene la sua misericordia. Però l’acconsentire alla chiamata di Dio o il dissentire da essa dipende dalla nostra volontà ». Quando non accetta come vera grazia quella che dà solo il potere (gratia quæ dat posse), egli pensa alla grazia di possibilità (gratia possibilitatis) dei pelagiani, consistente nel libero arbitrio. L’esistenza della grazia sufficiente deriva logicamente dalla universalità della volontà divina salvifica e della grazia, da un lato, e, da un altro lato, dal fatto che non tutti gli uomini conseguono la salvezza eterna.

§ 15. Indagine teologica.

1 . Tomismo.

La viva discussione teologica, sorta verso la fine del secolo XVI, riguardo al rapporto tra la grazia efficace e la libertà, si riduce a questo: quale è il motivo per cui la grazia efficace sortisce con infallibile certezza l’atto salutare voluto da Dio? Questo motivo sta nella grazia stessa o nel libero consenso della volontà previsto da Dio? La grazia è efficace per sua intrinseca virtù (per se sive ab intrinseco) oppure diviene tale per il consenso della libertà (per accidens sive ab extrinseco)? Di qui sorge l’altra questione: la grazia efficace è intrinsecamente distinta da quella sufficiente o lo è solo estrinsecamente per l’intervento del libero consenso della volontà? – Il tomismo elaborato dal domenicano spagnolo DOMENICO BANEZ ( f 1604) e sostenuto principalmente dai teologi dello stesso ordine, insegna quanto segue: Dio da tutta l’eternità stabilisce di salvare determinate persone e, come mezzo per tale fine, di concedere la relativa grazia efficace. Con quest’ultima Egli, nel tempo, opera fisicamente sulla libertà dell’uomo e lo muove a decidersi liberamente di cooperare alla grazia.La grazia efficace opera per sua intrinseca virtù (per se sive ab intrinseco) infallibilmente il consenso della volontà. Pertanto si distingue intrinsecamente ed essenzialmente dalla grazia sufficiente che dà solo la potenza di fare l’atto salutare. Perché poi questa potenza passi all’atto occorre l’intervento di una nuova grazia, intrinsecamente diversa (gratia efficax).Il libero consenso della libertà umana Dio lo prevede infallibilmente nel decreto della sua volontà, col quale dall’eternità ha deciso e la salvezza di determinate persone e la concessione di grazie efficaci. Il valore di questa concezione consiste nello sviluppare coerentemente il concetto che Dio è la causa prima di tutte le azioni create e che le creature, sia nel loro essere, sia nel loro agire, dipendono totalmente da Lui. Restano tuttavia le difficoltà del come la grazia sufficiente sia davvero sufficiente e del come si possa conciliare la libertà umana con la grazia efficace.

2 . Agostinianesimo.

Perfezionato nei secoli XVII-XVIII dagli eremiti agostiniani, come il card. ENRICO NORIS (t 1704) e LORENZO BERTI (f 1766) l’agostinianesimo ammette come il tomismo, che la grazia è efficace per intrinseca virtù. Tuttavia a differenza dei tomisti, sostiene che tale grazia efficace predetermina la volontà non fisicamente, ma soltanto moralmente mediante la dilettazione vittoriosa del bene, la quale produce il consenso della volontà in modo infallibile, ma libero (sistema della predeterminazione morale). L‘agostinianesimo cerca di salvaguardare la libertà, ma concepisce la grazia unilateralmente come semplice dilettazione, e non spiega sufficientemente l’infallibile successo della grazia efficace e la prescienza divina.

3. Molinismo.

Il molinismo, fondato dal teologo gesuita spagnolo LUDOVICO MOLINA (f 1600) e sostenuto principalmente dai teologi della Compagnia di Gesù, ammette tra la grazia sufficiente e quella efficace una differenza non intrinseca ed essenziale,ma esterna ed accidentale. Dio fornisce alla volontà la grazia sufficiente per agire soprannaturalmente, sicché l’uomo, senza l’aiuto di una nuova e distinta grazia, può porre l’atto salutare.Quando la volontà consente alla grazia e compie con essa l’atto salutare, la grazia sufficiente diventa isso fatto efficace.Se invece la volontà non presta il consenso, la grazia rimane soltanto sufficiente. Il libero consenso è infallibilmente previsto da Dio mediante la scienza media.Il molinismo accentua in modo particolare la libertà umana e con ciò indebolisce l’universale causalità divina. Rimane oscura la scienza media e la previsione, in essa fondata, del successo infallibile della grazia efficace.

4. Congruismo.

Il congruismo dovuto a FRANCESCO SUAREZ ( f 1617) e a ROBERTO BELLARMINO (f 1621), prescritto da CLAUDIO ACQUAVIVA (f 1613), Generale dei Gesuiti, come dottrina dell’Ordine, è un’ulteriore elaborazione del molinismo. Secondo tale sistema la diversità tra la grazia sufficiente e la grazia efficace è fondata non soltanto nel consenso della libera volontà, ma anche sulla convenienza o congruenza della grazia con le condizioni concrete di chi la riceve. Quando la grazia è adatta o proporzionata alle condizioni concrete esterne ed interne dell’uomo (gratia congrua), diviene efficace mediante il libero consenso della volontà; quando non lo è (gratia incongrua) rimane inefficace per la mancanza del consenso della volontà. Dio prevede la congruenza della grazia e il suo successo infallibile mediante la scienza media. Il congruismo in confronto con il molinismo accentua di più il fattore divino nell’opera della salvezza.

5. Sincretismo.

Il sincretismo, sostenuto principalmente dai teologi della Sorbona (NICOLA YSAMBERT f 1642; ISACCO HABERT f 1688; ONORATO TOURNELY f 1729) e da S. ALFONSO DE’ LIGUORI (f 1787), cerca di tenere una via di mezzo tra i sistemi nominati. Esso distingue due sorta di grazia efficace: con il molinismo ed il congruismo ammette per le opere buone più facili, in modo speciale per la preghiera, una grazia estrinsecamente efficace; con il tomismo e l’agostinianesimo ammette per le opere buone più difficili e per il superamento di gravi tentazioni, una grazia intrinsecamente efficace, la quale però determina non fisicamente, ma (nel senso dell’agostinianesimo) soltanto moralmente la libera volontà (prædeterminatio moralis). Coloro che utilizzano la grazia estrinsecamente efficace, soprattutto quella della preghiera, ottengono infallibilmente, mediante il sicuro esaudimento della preghiera stessa, la grazia efficace di per sé. Il sincretismo ha tutte le difficoltà che si incontrano nei diversi sistemi della grazia. Giusto è il concetto che la preghiera abbia una parte importante nella realizzazione della salvezza.

[3 – Continua …]

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