SALMI BIBLICI: “BENEDICAM DOMINUM IN OMNI TEMPORA” (XXXIII)

SALMO 33: “Benedicam Dominum in omni tempore”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

TOME PREMIER.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR

RUE DELAMMIE, 13; 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

Salmo XXXIII

David, cum immutavit vultum suum coram Achimelech, et dimisit eum, et abiit.

[1] Benedicam Dominum in omni tempore;

semper laus ejus in ore meo.

[2] In Domino laudabitur anima mea: audiant mansueti, et laetentur.

[3] Magnificate Dominum mecum, et exaltemus nomen ejus in idipsum.

[4] Exquisivi Dominum, et exaudivit me; et ex omnibus tribulationibus meis eripuit me.

[5] Accedite ad eum, et illuminamini; et facies vestrae non confundentur.

[6] Iste pauper clamavit, et Dominus exaudivit eum, et de omnibus tribulationibus ejus salvavit eum.

[7] Immittet angelus Domini in circuitu timentium eum, et eripiet eos.

[8] Gustate, et videte quoniam suavis est Dominus; beatus vir qui sperat in eo.

[9] Timete Dominum, omnes sancti ejus, quoniam non est inopia timentibus eum.

[10] Divites eguerunt, et esurierunt; inquirentes autem Dominum non minuentur omni bono.

[11] Venite, filii, audite me; timorem Domini docebo vos.

[12] Quis est homo qui vult vitam, diligit dies videre bonos?

[13] Prohibe linguam tuam a malo, et labia tua ne loquantur dolum.

[14] Diverte a malo, et fac bonum; inquire pacem, et persequere eam.

[15] Oculi Domini super justos, et aures ejus in preces eorum.

[16] Vultus autem Domini super facientes mala, ut perdat de terra memoriam eorum.

[17] Clamaverunt justi, et Dominus exaudivit eos; et ex omnibus tribulationibus eorum liberavit eos.

[18] Juxta est Dominus iis qui tribulato sunt corde, et humiles spiritu salvabit.

[19] Multae tribulationes justorum; et de omnibus his liberabit eos Dominus.

[20] Custodit Dominus omnia ossa eorum: unum ex his non conteretur.

[21] Mors peccatorum pessima; et qui oderunt justum delinquent.

[22] Redimet Dominus animas servorum suorum, et non delinquent omnes qui sperant in eo.

[Vecchio Testamento secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XXXIII

Davide ringrazia Dio pel beneficio della liberazione dall’imminente pericolo di morte, incontrato alla Corte di Achis re di Geth (detto Abimelech, nome comune dei re Filistei), e schivato coll’aiuto di Dio contraffacendosi di sensato in insensato. Esorta poi tutti a sperare in Dio. È salmo alfabetico.

Salmo di David, quando si contraffece in presenza di Abimelech, il quale lo licenziò ed ei si partì.

1. In ogni tempo io benedirò il Signore; le laudi di lui saran sempre nella mia bocca.

2. Nel Signore si glorierà l’anima mia; ascoltino gli umili, e si consolino.

3. Esaltate meco il Signore ed esaltiamo insieme il nome di lui.

4. Cercai il Signore, e mi esaudì; e mi trasse fuori di tutte le mie tribolazioni.

5. Accostatevi a lui, e sarete illuminati, e i vostri volti non averan confusione.

6. Questo povero alzò le grida, e il Signore lo esaudì, e lo trasse fuori di tutte le sue tribolazioni.

7. Calerà l’Angelo del Signore intorno a coloro che lo temono, e li libererà.

8. Gustate, e fate esperienza, come soave sia il Signore; beato l’uomo che spera in lui.

9. Santi tutti del Signore, temetelo; imperocché non manca nulla a coloro che lo temono.

10. I ricchi si trovarono in bisogno, e patiran la fame; ma a coloro che temono il Signore, non mancherà nissun bene.

11. Venite, o figliuoli, ascoltatemi: vi insegnerò a temere il Signore.

12. Chi è colui che ama la vita, e desidera di vedere dei buoni giorni?

13. Custodisci pura da ogni male la tua lingua, e le tue labbra non parlino con inganno.

14. Fuggi il male, e opera il bene; cerca la pace e valle appresso.

15. Gli occhi del Signore sopra dei giusti e le orecchie di lui tese alle loro orazioni.

16. Ma la faccia del Signore irata inverso coloro che fanno il male, per isterminare dal mondo la lor memoria.

17. Alzaron le grida i giusti, eil Signore gli esaudì e liberolli da tutte le tribolazioni.

18. Il Signore sta dappresso a coloro che hanno il cuore afflitto, e agli umili di spirito darà salute.

19. Molte le tribolazioni dei giusti; e da tutte queste li trarrà il Signore.

20. Di tutti i loro ossi ha cura il Signore: uno di questi non sarà fatto in pezzi.

21. Pessima la morte dei peccatori; e quelli che odiano il giusto saran delusi.

22. Il Signore riscatterà le anime dei servi suoi, e non saranno delusi tutti quei che sperano in lui.

Sommario analitico

Davide, liberato dal pericolo estremo che aveva corso presso il re di Geth, Achis, proclama in questo salmo:

I.Che Dio deve essere amato e benedetto dai giusti: 1° con costanza, nell’avversità come nella prosperità; 2° con perseveranza, fino alla fine della vita (1); 3° con umiltà, come fanno i servitori nei confronti del loro padrone; 4° con una gioia interiore e spirituale che si compiace dei suoi comandamenti (2); 5° con fervore, esaltando il suo nome e manifestando le sue grandezze; 6° con carità, unendosi ai santi che Lo lodano (3); 7° con diligenza, cercando scrupolosamente il Signore (4); 8° con fede, avvicinandosi alla sua luce (5); 9° con speranza, gridando verso di Lui in mezzo alle tribolazioni (6).

II. – Che non c’è nulla di più equo, perché Dio è sovranamente liberale verso i giusti:

1. dà loro gli Angeli

a) che li circondano come un accampamento,

b) che li liberano da ogni pericolo (7). .

2. – Dà loro tutti i beni: a) beni interiori accompagnati da soavità e dolcezza (8); b) beni esteriori, prodigati con abbondanza (9, 10).

3. – Si dà Egli stesso: – a) insegnando loro 1) ad amare di cuore i beni eterni (11, 12), 2) a non nuocere il prossimo con parole (13), 3) a servire Dio con le loro opere, allontanandosi dal male e facendo il bene, 4) ad amare la pace, tanto con Dio che con se stessi e con il prossimo (14); – b) guardandoli con occhio favorevole; – c) dando ascolto alle loro preghiere (15); – d) guardando con occhio severo i loro nemici per sterminarli (16); – e) venendo in soccorso dei giusti, in mezzo alle tribolazioni (17); – f) tenendosi vicino ad essi per consolarli e liberarli da tutte le loro afflizioni (18, 19); – g) vegliando con una provvidenza tutta particolare sulle loro ossa, perché non ne perisca alcuno (20); – h) perdendo i loro nemici, la cui morte sarà pessima (21); – i) riscattando col suo sangue le anime dei suoi servitori (22).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-6.

ff. 1. Quando benedite il Signore? Quando fate del bene? Quando i beni del secolo abbondano in voi? … no, ma in ogni tempo! È dunque in questo stato prospero che bisogna benedirlo, ed anche quando questi elementi di felicità siano turbati dalle circostanze e dal castigo di Dio; quando questi beni ci vengono sottratti; quando non nascono più per noi, o quando appena nati spariscono. Beneditelo sia quando vi da questi beni, sia quando ve li toglie, beneditelo ancora. Egli ritira questi beni, perché essi vengono da Lui, ma Egli non ritira mai Se stesso da colui che Lo benedice (S. Agost.). – Esempio ne è Giobbe: « il Signore mi aveva dato tutto, il Signore mi ha tolto tutto; sia fatto come è piaciuto al Signore, che il Nome del Signore sia benedetto! » (Giob. I, 21). – Giobbe ci insegna in poche parole a lodare Dio senza sosta; egli ci insegna che quando Dio dà, dà con misericordia, e quando toglie, toglie con misericordia; egli ci insegna a non ritenerci abbandonati dalla sua misericordia, sia che ci carezzi con i suoi doni, per timore che non ci perdiamo di coraggio, sia che ci corregga nell’eccesso della nostra gioia, per timore che non ne veniamo a perire. Lodiamolo dunque in ogni tempo, sia che riceviamo i suoi doni, sia i suoi castighi. La lode del Signore che vi castiga è il rimedio che vi guarisce (S. Agost.). – Un cuore che non benedice Dio se non quando riceve del bene, usa di Dio come di sfuggita, per gioire piacevolmente di questo secolo (S. Greg. Mor. II, 5).

ff. 2. – « Chi si glorifica, si glorifichi dunque nel Signore, perché colui che rende testimonianza a se stesso non è veramente buono, ma colui a cui Dio rende testimonianza. » (II Cor. X, 17, 18). – Dio ci ha dato tutto, finanche il suo Figlio unigenito; tutto è per noi, dice San Paolo; ma Egli si è riservato una sola cosa, che è incomunicabile, è la sua gloria: « Io sono il Signore, questo è il mio Nome, ed Io non darò la mia gloria ad un altro » (Isaia, LII, 8). – I miti, gli umili sono i soli che mettono la loro gloria nel Signore. Che ascoltino dunque, questi miti, questi umili, la Verità eterna ed incarnata che ha aperto la bocca per proclamare la loro felicità: « Beati sono i miti, perché essi possederanno la terra». (S. Matt., V), e che gioiscano di questa speranza (Dug.).

ff. 3. – Chiunque faccia parte del Corpo di Cristo, deve apportarvi le sue cure affinché tutti partecipino alle grandezze del Signore. In effetti, chiunque agisca così, ama il Signore. E come lo ama? Lo ama non avendo invidia per coloro che Lo amano nello stesso tempo. Colui che ama secondo la carne, ama necessariamente con gelosia … Ma che dice colui che ama la saggezza di Dio? « Annunciate con me le grandezze del Signore ». Io non voglio essere il solo a proclamarle, io non voglio essere il solo ad amarlo, io non voglio essere il solo ad abbracciarlo. La saggezza di Dio è talmente estesa che tutte le anime che l’abbracciano, ne gioiscono insieme. Se dunque amate Dio, invitate ad amarlo coloro che hanno con voi qualche legame, e tutti quelli che abitano nella vostra casa; se voi amate il Corpo di Cristo, cioè l’unità della Chiesa, trascinateli a gioire di Dio e dite: « … proclamate con me le grandezze del Signore. » (S. Agost.). – Questa raccomandazione è messa in pratica con le preghiere pubbliche della Chiesa, ove tutti insieme, coralmente, con la medesima bocca, « … i Cristiani glorificano Dio, il Padre di nostro Signore Gesù-Cristo » (Rom. XI, 6).

ff. 4. –  « Io ho cercato ardentemente il Signore ed Egli mi ha esaudito ». Coloro dunque che non sono esauditi non cercano il Signore. Il Profeta non ha detto: io ho domandato l’oro al Signore ed Egli mi ha esaudito; io ho domandato al Signore di arrivare alla vecchiaia, ed Egli mi ha esaudito; io ho domandato al Signore tale o tal’altro favore ed Egli mi ha esaudito. Domandare qualche cosa, non è cercare il Signore. Egli dice: io ho cercato ardentemente il Signore ed Egli mi ha esaudito. Guardatevi dunque dal non cercare altra cosa al di fuori di Dio, ma cercate Dio stesso ed Egli vi esaudirà, e mentre voi ancora parlate, Egli dirà: « Eccomi » (Isai. LXV, 24). – cosa vuol dire « eccomi »? Io sono là presente, cosa volete da Me? Cosa mi domandate? Tutto quello che vi darò, vale meno di Me; possedete dunque Me stesso, gioite di Me, abbracciatemi; voi non potete ancora farlo interamente, ma toccatemi con la fede e sarete uniti a Me (S. Agost.). – Il Signore, ordinariamente non impedisce che si cada nell’afflizione, ma Egli ne libera. Dio non vuol lasciare i suoi santi senza che siano provati, ma Egli si contenta di sostenerli in queste prove (Dug.)

ff. 5. – Come approcciarvi a Dio? cercandolo con la fede. « Per avvicinarsi a Dio, bisogna credere primariamente che Dio c’è, e che Dio ricompensi coloro che Lo cercano » (Ebr. XII, 6), aspirando a Lui con il cuore, e correndo verso di Lui con la carità. La carità: ecco i piedi che vi servono per cercarlo! Quali sono questi piedi? I due comandamenti dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo. Con questi due piedi correte verso Dio ed avvicinatevi a Dio (S. Agost.). – … e sarete illuminati, « Dio è la luce stessa, ed in Lui non ci sono tenebre » (I Giov. I. 5). – Egli è la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo » (Giov. I, 4). – Questa luce ha Egli nel cielo, nello splendore dei Santi, sulle montagne, sugli spiriti elevati, sugli Angeli; ma essa ha voluto rilucere anche tra gli uomini, che se ne erano allontanati. Essa si è avvicinata, e per rischiararli ha portato loro la fiamma fin negli occhi. Non siamo tra coloro di cui è detto: « la luce è venuta tra le tenebre e le tenebre non l’hanno accolta; è venuta fra quelle anime superbe o attaccate dalle loro passioni che non hanno compreso l’umiltà di Gesù Cristo, tra quelle anime curiose che vogliono vedere per il piacere di vedere e di conoscere, e non per essere illuminate, per regolare i propri costumi, e mortificare la propria cupidigia; tra questi sventurati di cui parla Gesù Cristo, che hanno voluto sì gioire per la luce, ma non lasciarsi infiammare i loro cuori dal fuoco che era venuto ad illuminarli (Bossuet, Elév. XII Sem. IX Elév.).

ff. 6. – La povertà tutta non è sempre degna di elogi, ma lo è soltanto quella che parte da una volontà libera di obbedire ai consigli evangelici. Numerosi sono i poveri, non volendo considerare che la penuria delle ricchezze, ma la maggior parte di questi poveri sono ricchi ed avari per i loro desideri; la loro indigenza non li salva, la loro cupidigia li condanna. Il Re Profeta si serve di questo pronome dimostrativo, « questo povero », per elevare la nostra anima fino al vero povero secondo Dio, che soffre per Lui la sete e la fame, come se dicesse: questo discepolo di Gesù Cristo (S. Basilio). – Il profeta vi insegna come sarete esauditi. Se non siete esauditi, voi siete ricchi: « Questo povero grida ed il Signore lo ascolta ». Siate indigenti e gridate, e Dio vi esaudirà. E come potrò io diventare indigente, per gridare verso Dio? Non presumendo delle vostre forze, anche quando in possesso di una qualche ricchezza; comprendendo che siete indigenti e veramente poveri quando non possedete Colui che solo può rendervi ricco (S. Agost.). – L’umanità prega in ogni luogo e a tutte le ore; non c’è alcuno dei suoi bisogni che sia estraneo al cuore di Dio. Essa si indirizza a Lui come alla luce che vede tutto, alla sovranità che può tutto, alla bontà che vuole tutto ciò che può, e ci vogliono miracoli per esaudire la sua preghiera; essa vi conta fermamente come sull’effetto naturale di un ordine che comandi a tutte le leggi. Non è solo nelle rare e solenni circostanze che la sua voce supplicante sale verso Dio, come se Dio non si fosse riservato di intervenire che negli avvenimenti famosi che cambiano il corso delle cose e delle nazioni. No; la preghiera esce dal cuore del povero, come da quello dei re. Essa è tanto più forte se si eleva da un tetto di paglia, piuttosto che dalle cime dei cedri, parlando a Dio di un pezzo di pane, piuttosto che dell’occupare un impero. « Questo povero ha gridato, diceva Davide, e Dio lo ha ascoltato ». Anche a vedere la fiducia dei piccoli nel governo dell’Altissimo, si crederebbe che essi conoscano a fondo questa grande legge che genera la protezione della stessa impotenza, e che fa così di Dio e dell’oppresso le due cose che si toccano più da vicino (Lacord. LXVII, Conf.).

II. — 7 – 22.

ff. 7. – Qual è questo Angelo del Signore? È l’Angelo posto a nostra custodia e che Dio ha dato perché vegli su tutte le nostre vie. « È nostro Signore Gesù Cristo, che è nominato nelle profezie come l’Angelo del grande Consiglio, l’inviato del gran consiglio. Non temete quindi di restare misconosciuti a Dio: in qualunque parte voi siate: se temete il Signore, questo Angelo vi conosce, vi circonderà e vi libererà ».  (S. Agost.).

ff. 8. – Noi vediamo in diversi brani della Scrittura che le facoltà dell’anima ricevono gli stessi nomi delle membra esterne dei corpi. Poiché nostro Signore è un vero pane, e la sua carne nutre veramente, è necessario che il sentimento delizioso che ci procura questo pane, sia prodotto in noi da una degustazione spirituale. Le parole sono impotenti per far comprendere a coloro che l’ignorano la natura del miele, bisogna aggiungervi la degustazione. Così è per la bontà e la dolcezza tutta celeste del Verbo, le parole non sono sufficienti ad esprimerla; occorre un lungo esame delle verità divine, perché noi possiamo pervenire a gustare la bontà del Signore. « Gustate », Egli dice, non riempitevene, perché ora noi conosciamo Dio solo imperfettamente; non vediamo che come in uno specchio e sotto immagini oscure (I Cor. XIII, 12); ma verrà il tempo in cui questa caparra di felicità eterna, questo gusto della grazia, farà posto alla pienezza della gioia (S. Basil.). – Come far gustare ai mondani delle dolcezze che non hanno mai sperimentato? Le ragioni in questa materia sono poco efficaci, poiché per discernere ciò che piace, occorre conoscere i propri gusti e conoscere quello che si è conosciuto. È perciò a Dio che i peccatori possono risolversi a gustare quanto il Signore sia dolce! Essi conoscerebbero per esperienza che ci sono delle delizie spirituali che sorpassano le false dolcezze dei nostri sensi e tutte le loro lusinghe (Bossuet, Effic. de la Pén. II, P.). – « Gustate e vedete quanto è dolce il Signore; quanto è dolce la verità, la giustizia, la buona speranza, il casto desiderio di possederla; e gemerete nel vedervi in mezzo agli inganni e agli errori, ed emetterete un dolce e tenero sospiro verso la città santa, che Dio ci ha preparato, ove regna la verità, ove si trova la pace eterna e tutto il bene con Dio » (Bossuet, Méd. sur l’Evangil.). – Dio vuole essere conosciuto per essere amato. Il mondo perde nell’approfondirsi; esso non si rallegra che della superficie e del primo colpo d’occhio. Ma entrate più oltre: non c’è che vuoto, vanità, afflizione, agitazione e miseria. Ma il Signore, bisogna conoscerlo e gustarlo a lungo – dice il Profeta – per sentire tutto ciò che Egli ha di ammirevole. Più Lo conoscete, più Lo amate; più vi unite a Lui, più sentite che non c’è vera felicità in terra se non nel conoscerlo ed amarlo (Massil. sur la Prière).

ff. 9. – Timore di Dio unito alla speranza: una di queste due virtù non può sussistere senza l’altra. – Nulla può mancare a coloro di cui Gesù Cristo è Dio, perché la giustizia di Dio è la fonte di tutti i beni. « Cercate innanzitutto – dice nostro Signore (Matt. VI, 3) – il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù »  (S. Girol.).

ff. 10. – Si dirà che gli Apostoli ed i Santi che hanno camminato sulle loro tracce, non abbiano avuto parte dei beni della terra, perché non hanno cercato il Signore, o che, se essi sono stati fedeli nel cercarlo, la santa Scrittura sia in difetto, proclamando che coloro che lo cercano non saranno privati di alcun bene! Ma no, i Santi hanno cercato il Signore, e non sono stati privati dell’intelligenza di Colui che essi cercavano, e non sono stati spogliati dei beni che sono stati loro riservati nel riposo eterno; perché è parlando di questi beni che si può dire che essi rinchiudano ogni bene, mentre che i piaceri della carne portano con sé più dolori e pene che gioie (S. Basil.). – L’avaro manca sia di ciò che ha, sia di ciò che non ha (S. Ger.). – Molti che non vogliono temere il Signore, hanno paura di soffrire la fame. Si dice loro: guardatevi dall’usare la frode. Di cosa mi nutrirò? … rispondono essi. La mia professione non può esercitarsi senza impostura, io non posso svolgere i miei affari senza ingannare. Ma Dio punisce la frode, temete Dio! Se temo Dio, non avrò di che vivere. « Santo del Signore, temetelo tutti, perché nulla manca a coloro che Lo temono ». Dio promette l’abbondanza a colui che così teme e che comprende che se vive del timore del Signore, il superfluo non gli manca. Dio vi nutre, anche se voi Lo disprezzate, e vi abbandonerà quando voi Lo temerete! Riflettete e guardatevi dal dire: un tale è ricco ed io sono povero; io temo Dio e lui, che non Lo teme, cosa non ha guadagnato? Ed io che Lo temo, io sono nudo! Vedete cosa aggiunge il profeta. « I ricchi sono stati nel bisogno ed hanno avuto fame, ma coloro che cercano il Signore non mancheranno di alcun bene. » Se prendete queste parole alla lettera, sembra che esse vi ingannino. Vedete in effetti, molti ricchi perversi che muoiono in mezzo alle loro ricchezze, e che non sono mai stati poveri nella loro vita; li vedete invecchiare ed arrivare al termine di una lunga vita in mezzo a grandi abbondanze di beni; voi vedete che si celebrano i loro funerali con pompa e sfarzo; vedete una folla numerosa che conduce fino alla tomba questo ricco che viene a spirare su di un letto di avorio, e tutta la famiglia lo circonda e lo piange; e voi dite in voi stessi: io conosco tutto il male che quest’uomo ha fatto, conosco le sue azioni; … la Scrittura mi ha deluso, mi ha ingannato perché vi ho letto e cantato queste parole: « i ricchi sono stati nel bisogno ed hanno avuto fame ». Quando dunque, quest’uomo è stato nel bisogno? Quando ha avuto fame? « Coloro che cercano il Signore non mancheranno di alcun bene ». Ma tutti i giorni io vado in chiesa, tutti i giorni mi inginocchio, tutti i giorni io cerco il Signore, e non possiedo alcun bene; e quest’uomo che non ha cercato Dio è morto in mezzo ad una tale opulenza! Ed i lacci dello scandalo serrano alla gola colui che parla così! In effetti egli non cerca sulla terra un nutrimento deperibile, egli non cerca la vera ricompensa nel cielo. Guardatevi bene allora dal considerare le cose come lui. E come le comprenderò? Cercando i beni spirituali! Ma dove sono questi beni? Non è con gli occhi che si vedono, ma con il cuore. Questi beni io non li vedo. Colui che li ama li vede! Io non vedo la giustizia. In effetti la giustizia non è né oro né argento. Se essa fosse d’oro, la vedreste. Così è della fedeltà che voi non vedete. Pertanto se non vedete la fedeltà, come mai amate un servitore fedele? Perché trovate la vostra gioia in colui che vi testimonia la fedeltà, e vi rallegrate di un bene che solo gli occhi del cuore possono apprezzare? – Ecco un ambizioso carico di onori e colmo di ricchezze; non vi lasciate abbagliare, egli brilla esternamente, ma è vuoto all’interno; egli è gonfiato, ma non è riempito; tutti i suoi tesori eccitano la vostra invidia; ahimè! Essi non hanno fatto che stuzzicare la sua fame, ben lungi dal saziarlo. Voi lo credete contento, errore grossolano! La sua grande fortuna non fa che dargli grandi bisogni; voi lo chiamate un « realizzato », nuovo errore, egli si crede appena nel mezzo della sua corsa, ed il suo orgoglio monta incessantemente, dice il Profeta (S. Agost.). – la sua fortuna, voi dite, ha oltrepassato le sue speranze; questo forse è così, ma essa non le ha colmate; egli non ha più nulla da desiderare, voi vi ingannate: la voragine della sua cupidigia dilata sempre più i suoi abissi (De Boulogne, Sur l’ambit.).

ff. 11. –  « Venite figli miei ». È la voce di un maestro pieno di bontà che invita alla pratica della saggezza, con un accento di tenerezza tutta paterna. In effetti, il discepolo è come un figlio spirituale per il suo maestro; il discepolo che riceve dal suo maestro gli insegnamenti che formano alla pietà, è formato, modellato da lui come il bambino nel seno di sua madre. Ascoltate l’Apostolo San Paolo (Gal. IV, 19): « figli miei, che io genero nuovamente finché Gesù-Cristo sia formato in voi » (S. Bas.). – Uno dei privilegi della nuova legge è che i Cristiani siano edotti da Dio stesso (Giov. VI, 45). È la voce di un padre che si fa ascoltare, chiamando i suoi figli, coloro che egli vuole istruire, per far loro capire che il timore che vuole insegnare loro, non è un timore servile, ma un timore filiale. Io vi insegnerò non il timore del mondo, non la paura degli uomini, ma il timore del Signore. La grande, la vera scienza è il sapere in quale maniera noi dobbiamo temere Dio, mescolando il timore con l’amore, temperando la paura che incute la sua giustizia, con una perfetta fiducia nella sua bontà. – Io vi insegnerò non il corso degli astri, la natura delle cose, i segreti celesti, ma il timore del Signore. La scienza di queste cose, senza il timore di Dio, gonfia; il timore del Signore, anche senza scienza, salva. Chiunque desideri essere pieno di saggezza e di scienza, e che, sotto la condotta dello Spirito di Dio, desideri salire fino alla sommità della perfezione cristiana, deve necessariamente cominciare dal timor di Dio. Questo timore di Dio è la forza dell’anima, la luce dell’intelligenza e la speranza di salvezza (S. Laur. Just.).

ff. 12. – « Se qualcuno desidera la vita », non quella che abbiamo in comune con gli animali, ma la vera vita, che è a prova di morte, la vera vita che è Gesù Cristo,  desidera vedere giorni di felicità. I giorni di questo secolo sono giorni cattivi, perché essendo questo secolo la misura del mondo del quale è detto: « il mondo intero è sotto l’impero dello spirito malvagio »  (Giov. V, 19), condivide la natura del mondo del quale è la misura. È ciò che faceva dire all’Apostolo: « redimete il tempo, perché i giorni sono cattivi », e ben prima al Patriarca Giacobbe: « i giorni del mio pellegrinaggio sono stati brevi e cattivi » (Gen. XLVII, 9). – È dunque un’altra vita verso la quale queste parole elevano il nostro pensiero, ed altri giorni che non saranno più né misurati con il corso degli astri, né interrotti dalla notte; perché Dio sarà la loro luce e li inonderà dei raggi della sua gloria (S. Basil.). – « Chi è l’uomo che desidera la vita e si augura di vedete giorni felici »? A questa domanda, tutta la natura, se animata, risponderebbe con la stessa voce che tutte le creature vorrebbero essere felici; ma soprattutto le nature intelligenti non hanno volontà e desiderio se non della loro felicità. È vero che gli uomini si rappresentano la felicità sotto forme differenti: gli uni la ricercano e le inseguono sotto il nome di piacere, altri sotto quella di abbondanza e di ricchezze, altri sotto quello di riposo, o di libertà, o di gloria; altri sotto quella di virtù. Ma infine tutti la ricercano, sia il barbaro che il greco, le nazioni selvagge e le nazioni progredite e civilizzate, colui che si riposa nella propria casa, e colui che lavora nella campagna, colui che attraversa i mari e colui che dimora sulla terra. Noi tutti vogliamo essere felici ed in noi non c’è nulla di più intimo, né di più forte, né di più naturale che questo desiderio. Aggiungiamo pure che non c’è nulla di più ragionevole, perché cosa c’è di meglio che desiderare il bene, cioè la felicità? Voi dunque, o mortali che la cercate, voi cercate una cosa buona; preoccupatevi solo se non la cercaste, o se essa non ci fosse! Voi la cercate sulla terra, ma non è là che essa è stabilita, né là che si trovano questi giorni felici di cui il Salmista ci ha parlato (S. Agost. e Bossuet, IV Serm. P. la Touss.). – Si desidera vedere giorni felici, e ci si attacca a quelli che lo Spirito Santo chiama « giorni malvagi ». Si vuole il fine, ma ci si rifiuta di prendere i mezzi che solo possono condurvici.

ff. 13. – Se volete vedere giorni felici, se amate la vita, compite i precetti della vita, « perché colui che mi ama, dice il Salvatore, osserva i miei precetti » (Giov. XIV, 23). – Ora il primo precetto, è quello di trattenere la propria lingua dal male, e le labbra da ogni artificio; perché i peccati che si commettono con la lingua sono i più frequenti e rivestono le più molteplici forme (S. Basil.). – Prima e vera caratteristica di chi aspira alla vita felice, è il controllare esattamente la propria lingua. « La morte e la vita sono in mano alla lingua » (Prov. XVIII, 21); « … colui che sorveglia la propria lingua, sorveglia la propria anima ». – « Se qualcuno crede di avere la pietà e non mette un freno alla propria lingua, la sua pietà è vana » (Giac. I, 26). – Io non voglio, dice l’uomo sciagurato, io non voglio vegliare sulla mia lingua e trattenerla dal male: io voglio vivere e trascorrere giorni felici. Se un operaio vi dicesse: io voglio devastare questa vigna e ricevere da voi il mio salario; voi mi avete condotto nella vostra vigna per potarla e tagliarla, io ho tagliato tutti i germogli che dovevano dare frutto; ho tagliato i ceppi stessi, affinché voi possiate togliere ogni speranza di raccolto, e voi, dopo quello che ho fatto, mi pagherete il mio lavoro… !  non direste voi a quest’uomo che è un folle? Non lo caccereste via da voi prima che metta mano alla sua ronca? Tali sono gli uomini che vogliono fare il male, giurare il falso, bestemmiare Dio, mormorare, commettere frodi, ubriacarsi, fare processi su processi, darsi ad ogni tipo di crimini ed avere poi giorni felici (S. Agost.). – Si dice loro: voi non potete, facendo il male, reclamare la ricompensa dovuta al bene. Se siete ingiusto, bisogna che anche Dio sia ingiusto? Cosa farò dunque? Cosa volete? Io voglio vivere e trascorrere giorni felici. « Frenate la vostra lingua da ogni male, e che le vostre labbra non proferiscano parole di inganno » (Ibid.).

ff. 14. – È poca cosa allontanarsi dal male, non è che una parte della giustizia necessaria alla salvezza; l’altra parte, non meno necessaria, consiste nel fare il bene. È poca cosa non nuocere ad alcuno, non uccidere nessuno, non rubare, non commettere adulterio, non rendere falsa testimonianza. Quando ve ne sarete allontanati, voi forse direte: io sono in sicurezza, ho compiuto ogni prescrizione, avrò la vita e vivrò giorni felici. Non solo allontanatevi dal male, ma fate il bene! « Cercate la pace e perseguitela con perseveranza » (S. Agost.). – Il Profeta non ci domanda di avere la pace, ma di desiderarla e di ricercarla. Questo dipende da noi: noi possiamo sempre averla con Dio, quando lo vogliamo sinceramente; ma non dipende sempre da noi averla sia con il prossimo che con noi stessi. Occorre quindi ricercare questa pace con perseveranza, con Dio, unendoci a Lui con la purezza del suo amore; con noi stessi, lavorando a distruggere in noi tutto ciò che si oppone alla sua volontà; e con il prossimo, sopportando i suoi difetti e restando pacifici con gli stessi che odiano la pace (Ps. CXIX).

ff. 15, 16. – Dio, come possiamo notare dalle Scritture, ha un volto per i giusti ed un volto per i peccatori. Il volto che ha per i giusti è un volto sereno e tranquillo, che dissipa le nubi, che calma le turbe della coscienza, che la riempie di una santa gioia (Ps. XV, 11). C’è poi un altro volto che Dio mostra ai peccatori, un volto di cui è scritto: « Il volto di Dio è su coloro che fanno il male », è il volto della giustizia (Bossuet, Serm. P. le vend. saint.) – Lo sguardo di Dio sui giusti è uno sguardo di amore che tende a salvarli; lo sguardo di Dio sui peccatori è uno sguardo di giustizia che tende a punirli; l’uno procura una dimore eterna nella terra dei viventi, e l’altra stermina dalla terra coloro che i loro crimini hanno reso indegni del proprio ricordo e della memoria degli uomini. Quanti di questi ultimi hanno fatto di tutto per rendersi celebri, e dei quali non si sa neppure se essi fossero giammai? Se qualche generazione, anzi cosa dico? … se qualche anno dopo la loro morte essi ritornassero, uomini dimenticati in mezzo al mondo, essi si affretterebbero a rientrare nelle loro tombe per non vedere il loro nome offuscato, la loro memoria abliata (Bossuet, Or. fun, de Michel le Tellier). – Quanti altri vi sono ai quali Dio non ha rifiutato questa gloria tanto desiderata, questa ricompensa che non giunge a coloro il cui orgoglio Egli punisce severamente nell’inferno.. « Essi sono lodati là dove non sono, dice S. Agostino; essi sono tormentati là dove sono ».

ff. 17-19. – I giusti sono sempre esauditi da Dio, anche quando Egli non accorda loro quanto Gli chiedono, perché sarebbe per loro dannoso; Egli li esaudisce nel modo più elevato di quanto essi non intendano, e nell’esaudirli, elude vantaggiosamente la loro previsione. – Dio esaudì le preghiere della Chiesa riunita, quando liberò San Pietro dalla prigione; ma esaudì il principe degli Apostoli in modo più elevato, quando permise che fosse legato e condotto là dove egli non voleva (Giov. XXI, 18) e lo lasciò morire sulla croce. – « Dio è vicino a coloro che hanno il cuore infranto ». Ci sono molti che sono afflitti, ma non di cuore, come coloro che deplorano la perdita dei loro beni, o forse gli errori che hanno rovinato i propri affari, ma non si sognano affatto di deplorare quelli che hanno fatto perdere la loro eternità. – Benché tutti l’abbandonino per insensibilità, per odio o per indifferenza, Gesù Cristo è sempre vicina all’anima che soffre. Con Lui nessun rilassamento. La sua missione è quella di guarire coloro che hanno il cuore infranto e di consolare coloro che piangono. Oh! Voi potete parlarGli delle vostre pene, Egli comprenderà, perché Egli ha portato tutti i dolori dell’anima; Egli li allieverà, perché Egli ha imparato dalle sue prove personali a non lasciare nessuno senza rimedio. – I giusti non devono essere sorpresi nel vedersi afflitti quando sono sulla terra, essi al contrario devono ciò attendersi ed esservi preparati. È la vocazione di ogni Cristiano. « Nessuno di voi, dice S. Paolo, sia scosso in questo tempo di tribolazione, perché tutti sapete che a questo siamo destinati » (I Tessal. III, 3). – C’è di più, se gli uomini sono ingiusti, hanno meno tribolazioni da sopportare; se sono giusti, queste tribolazioni sono più numerose. Ma gli empi, dopo poche tribolazioni, o anche senza averne subite, cadranno in una tribolazione senza fine, dalla quale non saranno mai liberati; i giusti al contrario, dopo numerose tribolazioni, perverranno alla pace eterna ove non soffriranno alcun male (S. Agost.).

ff. 20. – Ammirevole è la provvidenza di Dio nei riguardi dei suoi fedeli servitori: non solo la loro anima, ma i loro corpi interamente, sono l’oggetto della sua attenzione, delle sue cure, del suo amore. Egli ha messo sul nostro corpo la sua mano sovrana, lo ha riempito con lo Spirito Santo che la Scrittura chiama suo dito, e del quale è già in possesso. Egli, agli occhi di chi nulla perde, segue tutte le particelle del nostro corpo, in qualunque punto più remoto del mondo la corruzione o il caso le getti. E tu, terra, madre e nello stesso tempo sepolcro comune di tutti i mortali, in qualsiasi recesso li abbia inghiottiti, dispersi, celati i nostri corpi, tu li restituirai tutti interi, e piuttosto saranno sconvolti il cielo e la terra, che uno solo dei nostri capelli perisca, perché essendone Dio il padrone, nessuna forza potrà impedire che si compiano le sue opere (Bossuet, Serm. sur la resur. Dern.).

ff.21-22. -La morte dei peccatori è simile alla loro vita. Questi è stato proprio un criminale, e quella molto malvagia, sia che si consideri il passato, nel quale si scoprono diversi crimini, sia che si riguardi al presente, dove essi si vedono abbandonati da Dio e votati al crudele tormento di una coscienza lacerata dai rimorsi, sia che si volgano gli occhi sullo spaventoso avvenire che li attende (Dug.). – Ma, voi dite, ciò che mi stupisce, è che io conosco i peccati di quest’uomo e so che egli è morto tranquillamente nella sua casa, nel suo ambiente, senza aver sofferto tutta la vita, fino all’ora della morte, le pene di una terra straniera. Ascoltate: « pessima è la morte del malvagio ». Questa morte che a voi sembra dolce, è pessima, se voi osservate cosa avviene interiormente. All’esterno voi vedete l’uomo coricato nel suo letto, ma lo vedete interiormente trascinato nell’inferno? Ascoltate, fratelli miei, e vedete nel Vangelo quanto è cattiva la morte del malvagio (Luc. XVI, 19). Apprendete dunque da qui che cosa sia la cattiva morte dei peccatori e trattenetevi dal considerare questi letti sovraccarichi di stoffe preziose, questa carne avvolta in ricche lenzuola, questi eredi che mostrano la pompa delle loro lamentele, questa famiglia che piange, questa folla di cortigiani che precede e segue il corpo che si muove dalla casa del defunto, e questi monumenti di oro e marmo. Interrogate il Vangelo ed esso farà vedere alla vostra fede l’anima del ricco che brucia nel fuoco vindice, senza che tutti gli uomini che gli hanno reso così splendido omaggio, e gli splendidi ossequi che la vanità ha prodigato al suo corpo, abbiano potuto servirgli a nulla (S. Agost.). I peccatori che non hanno avuto che odio per i giusti durante la loro vita, si ritrovano miseramente disingannati alla loro morte. Essi riconoscono, ma troppo tardi, di aver lavorato per la loro perdita, perseguitando gli amici del suo Giudice (Dug.). – È in effetti in rapporto all’anima che deve essere compresa la buona o la cattiva morte, e non in rapporto al corpo, rispetto agli affronti o agli onori che hanno ricevuto agli occhi degli uomini. Se le anime dei servitori di Dio sembrano agli occhi degli uomini insensati, perdute per qualche tempo, sarà bene il riscattarle e liberarle dalle mani dei peccatori. « Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità. » (Sap. III, 1-3.).