LA GRAZIA (NOTE DI TEOLOGIA DOGMATICA) – 1-

La questione della grazia, come già in altri post abbiamo potuto vedere (v. link), è una questione centrale nel Cristianesimo, fulcro della dottrina e dell’azione spirituale che conduce alla salvezza eterna. Continuiamo quindi l’approfondimento di questo argomento vitale per la Fede Cattolica e per ottenere l’eterna Gloria. Ci sono momenti in cui l’argomento è apparentemente ostico, ma con un po’ di pazienza, con una rilettura attenta e meditata, invocando la luce dello Spirito Santo, si possono ottenere lumi decisivi nel progresso spirituale dell’anima cristiana. In questa breve serie di articoli ne esaminiamo le basi teologiche, passando poi alle considerazioni di teologia ascetica. Senza comprendere il ruolo della Grazia nella vita del Cristiano, tutto diventa incerto e permane un grado di oscurità nell’azione salvifica lungo il cammino spirituale del Cattolico che vuol giungere all’eterna salvezza. [n.d.r.-]

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LA GRAZIA

(Note di Teologia Dogmatica) (1)

[Ludovico Ott: Compendio di Teologia Dogmatica; Marietti Torino-Herder Roma – imprim. Can. Oddone, Vis. Gen. 7/VI/1955]

INTRODUZIONE

Della grazia in generale.

§ I. La redenzione soggettiva in generale.

Gesù Cristo, Uomo-Dio, con la sua soddisfazione vicaria e col suo merito redentivo ha riconciliato l’umanità con Dio in linea di principio e oggettivamente. La redenzione oggettiva però deve essere partecipata ad ogni singolo uomo, diventando così soggettiva. L’atto della distribuzione del frutto della redenzione ai singoli uomini si chiama giustificazione (iustificatio) o santificazione (santificatio) e il frutto stesso grazia di Cristo. Il principio della redenzione soggettiva è Dio uno e trino. La comunicazione della grazia essendo opera dell’amore divino, è attribuita allo Spirito Santo, l’amore divino personale, sebbene essa sia effettuata in comune dalle tre divine Persone. – La redenzione soggettiva però non è solo opera di Dio, ma richiede anche la libera cooperazione dell’uomo, come s’addice alla sua natura dotata di ragione e di άlibertà (Denz. 799). – Nell’intima cooperazione e compenetrazione della potenza divina e della libertà umana sta l’imperscrutabile mistero della dottrina della grazia. Tutte le eresie e le controversie concernenti la grazia traggono inizio di qui. – Nel processo della redenzione soggettiva Dio aiuta l’uomo non solo mediante un principio interno, la potenza della grazia, ma anche mediante un principio esterno, l’attività della Chiesa che insegna, governa e santifica con l’amministrazione dei Sacramenti. La redenzione soggettiva termina nel compimento eterno della visione beatifica di Dio.

§ 2. Il concetto della grazia.

1. Nella Sacra Scrittura.

Grazia (χάρις – karis = gratia) secondo l’uso della Scrittura significa:

a) in senso soggettivo la condiscendenza e benevolenza di una persona di grado superiore verso una di grado inferiore, in particolare di Dio verso l’uomo (gratia = benevolentia). Cfr. Gen. 30, 27; Lc. 1, 30.

b) in senso oggettivo, il dono gratuito derivante dalla benevolenza (gratia = beneficium o donum gratis datum). Il dono come tale è l’elemento materiale, la mancanza di ogni esigenza o la gratuità l’elemento formale. Cfr. Rom. II, 6;

c) graziosita, amabilità. Cfr. Sal. XLIV, 3; Prov. XXXI, 30.

2. Nella teologia.

La teologia prende la parola grazia in senso oggettivo ed intende con essa un dono indebito da parte di Dio e non meritato da parte dell’uomo. In questa più ampia accezione si può anche parlare di grazia naturale(per es. la creazione, doni dell’ordine naturale come la salute del corpo e la sanità della mente).

In senso più stretto e proprio si intende un dono soprannaturale concesso gratuitamente da Dio alle creature ragionevoli in ordine alla salvezza eterna: donum supernaturale gratis a Deo creaturæ rationali concessum in ordine ad vitam æternam. – Vi appartengono in primo luogo i doni soprannaturali « quoad substantiam » che nella loro intima essenza trascendono l’essere, le forze e le esigenze della natura creata (la grazia santificante, la visione beatifica di Dio); poi i doni soprannaturali « quoad modum », che superano nel modo con cui vengono concessi la capacità naturale della creatura che li riceve (guarigione miracolosa, dono delle lingue, dono della profezia) e i doni preternaturali, che perfezionano la natura umana nell’ambito del suo proprio ordine (immunità dalla concupiscenza, dai dolori e dalla morte).

3. Cause della grazia.

La causa efficiente principale della grazia è Dio uno e trino; la causa efficiente strumentale sono l’umanità di Cristo e i Sacramenti; la causa meritoria della grazia concessa all’umanità decaduta è Gesù Cristo, Uomo-Dio, a motivo della sua opera redentrice; la causa finale primaria è la glorificazione di Dio, la causa finale secondaria è la salvezza eterna dell’uomo.

§ 3. Divisione della grazia.

1. Grazia creata – grazia increata.

La grazia increata è Dio stesso in quanto nel suo amor eterno è fonte di tutti i doni, in quanto si comunica all’umanità di Cristo nell’incarnazione (gratia unionis), in quanto abita nell’anima dei giusti e in quanto si dona in possesso e godimento nella visione beatifica. L’atto dell’unione ipostatica, dell’inabitazione e della visione beatifica è bensì una grazia creata, ma è increato il dono che in questi atti vien dato alla creatura. — La grazia creata è un dono soprannaturale distinto da Dio e suo effetto.

2. Grazia di Dio – grazia di Cristo.

La grazia di Dio e del Creatore è quella che Dio ha concesso agli Angeli e ai nostri progenitori nel Paradiso terrestre per il solo motivo dell’amore senza guardare ai meriti di Cristo, poiché essi erano senza peccato e quindi solo negativamente indegni (non digni) di riceverla. — La grazia di Cristo o del Salvatore, è quella che Dio concede, per duplice motivo dell’amore e della misericordia, in vista dei meriti di Cristo, agli uomini decaduti i quali col peccato se ne sono resi positivamente indegni (indigni). Sia la grazia di Dio sia quella di Cristo elevano chi la riceve nell’ordine soprannaturale dell’essere e dell’agire (gratia elevans); la grazia di Cristo inoltre ha il compito di sanare le ferite prodotte dal peccato (gratia elevans et sanans vel medicinalis). – Vi sono teologi i quali con Scoto e Suarez sostengono che l’Incarnazione sarebbe avvenuta egualmente anche senza la caduta originale e che, di conseguenza, ogni grazia è grazia di Cristo, anche quella degli Angeli e del Paradiso terrestre. – Nondimeno questa grazia manca della caratteristica della Redenzione: non è grazia di Cristo in quanto Redentore, bensì grazia di Cristo in quanto capo degli Angeli e degli uomini ossia di tutta la creazione.

3. Grazia esterna – grazia interna.

La grazia esterna è qualsiasi beneficio di Dio per la salvezza degli uomini, che è fuori dell’uomo e agisce moralmente su di lui, per es. rivelazione, dottrina ed esempio di Cristo, prediche, liturgia, sacramenti, esempi di virtù. — La grazia interna afferra nell’intimo l’anima e le sue potenze ed influisce fisicamente su di esse, per es. la grazia santificante, le virtù infuse, la grazia attuale. La grazia esterna è ordinata alla grazia interna come a suo fine. Cfr. 1 Cor. III, 6.

4. Gratia gratis data – gratia gratum faciens.

Sebbene ogni grazia sia un libero dono della bontà divina, tuttavia, in senso stretto si dice gratia gratis data (Mt. X, 8 « gratis accepistis, gratis date ») quella che viene concessa ad alcune persone per la salute di altre e non dipende dalla condizione morale o collaborazione del soggetto (cfr. Mt. VII, 22; Gv. XI, 49-52). Vi appartengono i doni straordinari (carismi, profezie, dono dei miracoli, delle lingue; 1 Cor. XII, 8 ss.) e i poteri ordinari dell’ordine e della giurisdizione. — La gratia gratum faciens o grazia santificante è destinata a tutti gli uomini e vien concessa per la santificazione personale. – Essa rende chi la riceve gradito (gratum) agli occhi di Dio o santificandolo formalmente (grazia santificante) o preparandolo alla santificazione (grazia attuale). La gratia gratum faciens è il fine della gratia gratis data ed è perciò intrinsecamentepiù elevata e più preziosa di questa. Cfr. 1 Cor. 12, 31.

5. Grazia abituale (santificante) – grazia attuale.

La gratia gratum faciens o grazia santificante è abituale o attuale. La grazia abituale è una qualità soprannaturale permanente dell’anima, che santifica interiormente l’uomo e lo rende giusto e accetto a Dio (grazia santificante o giustificante).

La grazia attuale è un influsso soprannaturale transeunte di Dio nell’anima per il compimento di un atto salutare che ha per fine l’acquisizione della grazia santificante o la conservazione e aumento di essa.

6. La grazia attuale viene distinta:

a) secondo le potenze dell’anima che essa muove, in grazia di intelligenza e in grazia di volontà, ossia di illuminazione (gr. illuminationis) o di ispirazione(gr. inspirationis);

b) secondo il rapporto con la volontà, in grazia preveniente(gr. præveniens, antecedens, excitans, vocans, operans), inquanto precede la libera decisione della volontà e in grazia adiuvante e concomitante(gr. subsequens, adiuvans, concomitans,cooperans) in quanto accompagna e sostiene l’azionelibera dell’uomo;

c) secondo il suo effetto, in grazia sufficientee grazia efficace. La prima dà la pura possibilità di compiere l’atto salutare, la seconda lo fa effettivamente compiere.

§ 4. Le principali eresie sulla grazia. (omissis …)

…..

SEZIONE PRIMA

La grazia attuale.

La dottrina della grazia attuale viene qui esposta in quattro capitoli che trattano rispettivamente della sua natura, della sua necessità, della sua distribuzione gratuita e universale (rimandiamo, poiché complessi e di natura eminentemente teologica, in questa sede, i relativi problemi della predestinazione e riprovazione, delle sue relazioni con la libertà umana –ndr. -).

CAPITOLO PRIMO

La natura della grazia attuale.

§ 5. La grazia di illuminazione e di ispirazioni

1. Concetto di grazia attuale.

La grazia attuale è un influsso (qualità) soprannaturale transeunte di Dio sulle facoltà spirituali dell’uomo per muoverla all’atto salutare, cioè relativo alla santificazione e alla vita eterna. Essa come influsso transeuntesi distingue di quella abituale e dalle virtù infuse che ineriscono all’animi a guisa di qualità permanenti; come soprannaturale si distingui dalla cooperazione di Dio nelle azioni naturali delle creatura (concursus Dei naturalis). Il termine « gratia actualis » compare nella tarda scolastica (Capreolus) e, dopo il Concilio di Trento, che non l’usa ancora, diviene di uso corrente.

2. Natura della grazia attuale.

a) Dottrina della Chiesa.

La grazia attuale illumina l’intelletto e fortifica la volontà interiormente ed immediatamente. Sent. certa.

Il Concilio di Orange (529) dichiarò eretica la proposizione seguente: l’uomo può con le sole forze della natura, senza l’illuminazione e l’ispirazione dello Spirito Santo concepire come si conviene, un buon pensiero relativo alla salvezza eterna 0 sceglierlo, ossia dare il suo assenso al messaggio evangelico (D. 180). Cfr D. 1791, 104, 797. È pertanto dottrina della Chiesa che l’uomo per compiere atti salutari abbisogna di una forza che trascenda le sue naturali possibilità e perciò soprannaturale. L’aiuto soprannaturale divino per le azioni salutari si estende ad ambedue le facoltà spirituali umane e consiste in una illuminazione immediata e interna dell’intelligenza e in una collaborazione parimenti immediata e interna della volontà. Occorre distinguere l’illuminazione e la collaborazione immediata, di cui si tratta qui, dall’illuminazione mediata proveniente da aiuti esterni (gratiæ externæ), quali ad es. l’insegnamento della rivelazione, le prediche, le buone letture, e dalla collaborazione pure mediata che deriva dall’illuminazione. – Un atto salutare si ha soltanto quando le facoltà dell’anima sono immediatamente e internamente influenzate dalla grazia.

b) Prova della Scrittura e della Tradizione.

La realtà e la necessità di una illuminazione divina immediata e interiore dell’intelligenza per compiere atti salutari sono attestate dai passi seguenti: 2 Cor. III, 5: « Non che da noi stessi siamo in grado di pensare alcunché, come se venisse proprio da noi, ma la capacità nostra viene da Dio ». Paolo insegna con ciò che noi per natura non siamo capaci di pensare alcunché che sia in stretto rapporto con la nostra salvezza eterna. Tale capacità ci viene da Dio, il quale illumina la nostra intelligenza e la rende atta a pensieri soprannaturali. 1 Cor. III, 6: « Io ho piantato, Apollo ha innaffiato, ma è Dio che ha fatto crescere; di modo che nulla è il piantatore né l’innaffiatore, ma è tutto Dio che fa crescere ». Con questa immagine l’Apostolo esprime il pensiero che la predicazione apostolica rimane infruttuosa se all’illuminazione esteriore per opera del predicatore non si aggiunge quella interiore per opera di Dio. Cfr. Ef. 1, 17-18; 1 Gv. II, 27.

La fortificazione o ispirazione interna della volontà è attestata in Fil. II, 13: « Dio infatti è colui che opera in voi e la volontà e l’agire ». Gv. VI, 44: « Nessun può venire a me (cioè credere a me), se non lo attiri il Padre, che mi ha mandato ».

Tra i Padri è soprattutto AGOSTINO che pone in risalto, combattendo i pelagiani, la necessità della grazia interiore dell’intelligenza e della volontà. Cfr. In ep. 1 Ioan. tr. 3, 1 De gratia Christi 26, 27. – L’illuminazione immediata, interna dell’intelligenza e fortificazione della volontà sono richieste dall’intima connessione che esiste tra il fine ultimo soprannaturale e gli atti salutari. I mezzi devono avere la stessa natura del fine,

il fine è soprannaturale, perciò anche i mezzi, cioè le azioni derivanti dall’intelligenza e dalla volontà, devono essere soprannaturali.

§ 6. La grazia preveniente e la grazia cooperante.

1. La grazia preveniente.

C’è un influsso soprannaturale di Dio sulle facoltà spirituali che previene la libera decisione della volontà. De fide.

In questo caso opera Dio solo « in noi senza di noi » (in nobis sine nobis, sc. libere cooperantibus) e produce atti spontanei, non liberi dell’intelligenza e della volontà (actus indeliberati). Questa grazia vien detta preveniente, antecedente, eccitante, operante. – La dottrina della Chiesa circa l’esistenza di siffatta grazia e la sua necessità per il giungere alla giustificazione fu definita nel Concilio di Trento: « L’inizio della giustificazione negli adulti va ricercato nella grazia proveniente di Dio per mezzo di Gesù Cristo » (a Dei per Iesum Christum præveniente gratia; D. 797. Cf. D. 813).

La Scrittura allude all’operazione della grazia preveniente quando dice che Cristo sta alla porta e picchia (Ap., 20), che il Padre attira (Gv. VI, 44), che Dio chiama (Ger. XVII, 23; Sal. XCIV, 8).

2. La grazia cooperante.

C’è un influsso soprannaturale di Dio sulle facoltà spirituali che coopera con la libera attività della volontà umana. De fide.

In questo caso Dio e l’uomo agiscono insieme. Dio agisce « in noi con noi » (in nobis nobiscum; cfr. D. 182) di modo che l’atto salutare è opera comune della grazia di Dio e della libertà dell’uomo. Questa grazia che sostiene e accompagna la libera attività della volontà vien detta sussequente, adiuvante, concomitante, cooperante.

La dottrina della Chiesa circa la realtà e necessità della grazia cooperante è stata espressa nel Decreto della giustificazione del Concilio di Trento. D. 797: Il peccatore si dispone alla giustificazione « assentendo e cooperando liberamente alla grazia » (gratiæ libere assentiendo et cooperando). D. 810: « L’amore di Dio per tutti gli uomini è così grande da volere che siano loro meriti (in virtù della loro libera attività) quelli che sono i suoi doni (in virtù della sua grazia) ». Cfr. D. 141. – S. Paolo pone in risalto l’aiuto dato dalla grazia di Dio alla libera attività dell’uomo. 1 Cor. XV, 10: « Ma per grazia di Dio sono quel che sono e la grazia di Lui verso di me non fu cosa vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non già io, ma la grazia di Dio con me (gratia Dei mecum) ». – S. AGOSTINO cosi descrive l’operazione della grazia preveniente e di quella cooperante: « Dio opera nell’uomo molte cose buone senza che l’uomo operi; però l’uomo non può operarne alcuna se Dio non interviene e non opera » (Contr. duas ep. Pel. II, 9, 21 = D. 193). « Dio prepara la volontà e perfeziona cooperando con noi, ciò che Egli aveva cominciato operando in noi. Infatti è Lui che comincia facendo sì che noi vogliamo, e quando poi vogliamo è lui che perfeziona cooperando con noi… Così affinché vogliamo Egli agisce senza di noi; quando poi vogliamo, e vogliamo efficacemente, Egli coopera con noi. Se Egli non opera per deciderci a volere e non coopera quando ci siamo decisi a volere, noi non possiamo assolutamente compiere alcuna opera buona » (gratia et lib. arb. 17, 33). Cfr. GREGORIO MAGNO, Moralia XV 25, 30 e la preghiera Actiones nostras.

§ 7. Controversia sull’essenza della grazia attuale

1. Si deve respingere la dottrina di Pascasio Quesnel, secondo cui la grazia attuale si identifica con la volontà onnipotente di Dio. Cfr. la 19 proposizione condannata: « Dei gratia nihil aliud est quam eius omnipotens voluntas » (D. 1369; 1360-1361). La volontà onnipotente di Dio si identifica con la sua essenza. La grazia attuale invece è un effetto finito della sua volontà salvifica e quindi da Lui distinto (gratia creata). Quesnel con questo suo concetto intendeva fondare la pretesa efficacia irresistibile della grazia.

2. Secondo i molinistila grazia attuale consiste formalmente in atti vitali indeliberati dell’anima, cioè in atti dell’intelligenza o della volontà, prodotti immediatamente da Dio nell’anima. Per provare la loro dottrina essi si rifanno alla Scrittura, alla Tradizione ed alle dichiarazioni del Magistero che chiamano la grazia attuale « cogitatio pia, cognitio, scientia e « bona voluntas, sanctum desiderium, cupiditas boni, voluptas, delectatio » ecc., espressioni che designano atti vitali dell’anima.

3. I tomistidefiniscono la grazia attuale un dono o energia che precede tali atti indeliberati ed eleva in modo transeunte l’intelletto e la volontà rendendoli capaci di produrli. Questa energia soprannaturale concessa da Dio si unisce con le facoltà spirituali dell’uomo formando così un unico principio dal quale scaturisce l’atto salutare. I tomisti si appellano alle espressioni della Scrittura, dei Padri e dei Concili, in cui la grazia preveniente vien presentata come un chiamare, illuminare, picchiare, destare, attirare e toccare da parte di Dio. Tutte queste espressioni denotano un’attività divina che precede gli atti vitali dell’anima e li produce. L’energia che eleva transitoriamente le facoltà dell’anima rendendole capaci di atti soprannaturali è caratterizzata dai tomisti come una qualità transeunte o « fluente » (qualitas fluens) per distinguerla dalla grazia santificante, che è una qualità permanente. Non diverso è il pensiero di S. TOMMASO (S. th. I – II, 110, 2) sebbene dica espressamente che la grazia attuale « non è una qualità, ma un moto dell’anima (non est qualitas, sed motus quidem animæ), poiché per qualità egli intende alcunché di permanente e per « moto dell’anima » intende non un atto vitale, ma il ricevere la mozione di Dio (anima hominis movetur a Deo ad aliquid cognoscendum vel volendum vel agendum). Contro l’opinione molinista si fa valere soprattutto la considerazione che gli atti vitali soprannaturali vengono prodotti a un tempo da Dio e dalle potenze dell’anima, mentre la grazia è causata solo da Dio.

CAPITOLO SECONDO

La necessità della grazia attuale.

§ 8. La necessità della grazia

per gli atti dell’ordine soprannaturale.

1. Necessità della grazia per ogni atto salutare. Per ogni atto salutare è assolutamente necessaria la grazia soprannaturale di Dio (gratia elevans). De fide.

Il II Concilio di Orange (529) insegna nel can. 9: « Ogni qualvolta noi facciamo opere buone (salutari) è Dio che opera in noi e con noi perché le facciamo » (quoties bona agimus, Deus in nobis atque nobiscum, ut operemur, operatur; D. 182) e nel can. 20: « L’uomo non può fare opere buone (salutari) senza che Dio non gli conceda di farle » (nulla facit homo bona, quæ nel Deus præstat, ut faciat homo; D. 193; cfr. 180). Il Concilio di Trento confermò questa dottrina nel Decreto sulla giustificazione, can. 1-3 (D. 811-813). Sono contro la dottrina della Chiesa il pelagianesimo ed il razionalismo moderno. – Cristo, con l’immagine della vite e dei tralci ( Gv. XV, 1 ss.), mostra chiaramente il suo influsso di grazia nelle anime, che produce frutti di vita eterna, ossia atti salutari: « Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me ed Io in lui, produce molto frutto; perché senza di me voi non potete fare nulla » (sine me nihil potest facere; v. 5). Paolo esprime lo stesso pensiero con l’immagine dell’unione tra il capo e le membra (Ef. IV, 15 ss. Col. II, 19). Per ogni pensiero salutare (2 Cor. III, 5) per ogni decisione della volontà (Rom. IX, 16) e per ogni opera buona (Fil. II, 13; 1 Cor. XII, 3) l’Apostolo richiede l’aiuto della divina grazia. 1 Cor. XII, 3: « Nessuno può dire: Gesù Signore, se non in Spirito Santo ». I Padri accolsero la dottrina di Pelagio come una innovazione contraria alla fede tradizionale della Chiesa. S. AGOSTINO spiega cosi il passo di Gv. XV, 5: « Perché nessun creda che il tralcio possa da se stesso fare almeno un piccolo frutto, Egli non dice: « senza di me potere fare poco », ma « non potete far nulla ». Dunque sia poco sia molto non « può fare fuori di Colui senza del quale non si può far nulla. (In Ioan. tr. 81, 3). – Che la grazia sia assolutamente necessaria per ogni atto salutare la ragione stessa lo deduce da ciò che essendo il fine ultimo, la visione beatifica, essenzialmente soprannaturale, anche gli atti che servono a raggiungerlo devono essere soprannaturali ossia fatti con la grazia. Cfr. S. th. I – II, 109, 5.

2. Necessità della grazia per l’inizio della fede e della salvezza.

Per l’inizio della fede e della salvezza è assolutamente necessaria la grazia interna soprannaturale. De fide.

II Il Concilio di Orange (529) dichiara nel can. 5 contro la dottrina dei semipelagiani: « Chi dice che l’inizio della fede e la stessa pia inclinazione a credere… sono in noi per natura e non per il dono della grazia, ossia per ispirazione dello Spirito Santo… si dimostra contrario agli insegnamenti apostolici »: Si quis… initium fidei ipsumque credulitatis affectum… non per gratiæ donum, id est per inspirationem Spiritus Sancti… sed naturaliter nobis inesse dicit, Apostolicis dogmatibus adversarius approbatur (D. 178). Similmente il Conciliodi Trento insegna che l’inizio della giustificazione è costituitodalla grazia preveniente di Dio. Cfr. D. 797-798,813.La Scrittura insegna che la fede, condizione soggettiva della giustificazione, è dono di Dio. Ef. II, 8:«È per mera grazia che voi siete stati salvati mediantela fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; nonè in virtù di opere affinché nessuno se ne gloria  ». Gv.VI, 44: « Nessuno può venire a me (cioè credere in me),se non lo attira il Padre, che mi ha mandato ». Cfr.Gv. VI, 66. Secondo Ebr. XII, 2 Cristo è « autore e consumatoredella fede ». Cfr. Fil. 1, 6; 1, 29; 1 Cor. IV, 7.I testi biblici a cui si richiamavano i semipelagiani (Zac. I , 3: « Tornate a me e io tornerò a voi »; Prov. VIII, 17: « Io amoquelli che mi amano »; Mt. VII, 7: « Chiedete e vi sarà dato »;Atti XVI, 31: « Credi nel Signore Gesù e sarai salvato »; E f . V, 14: « Destati… ed il Cristo ti illuminerà ») vanno spiegati in armoniacon gli altri luoghi della Scrittura, tenendo presenteche il rivolgersi dell’uomo verso Dio è già sotto l’influssodella grazia attuale. L’attività libera della volontà non escludela grazia. Il rivolgersi di Dio verso l’uomo non va riferitoalla concessione della prima grazia, ma alla comunicazionedi grazie ulteriori.S. AGOSTINO nell’opera De dono perseverantiæ (19, 48-50)adduce già una prova della tradizione con testimonianze di Cipriano, Ambrogio e Gregorio Nazianzeno. Egli si richiamaalla preghiera della Chiesa per la conversione degli infedeli: « Se la fede è esclusivamente un prodotto della libera volontàe non è un dono di Dio, perché dunque preghiamo per coloro che non vogliono credere, affinché credano? » (De gratiaet lib. arb. 14, 29). In scritti anteriori alla sua elezione episcopale (395), Agostino stesso aveva sostenuto l’idea erroneache la fede non è un dono di Dio, ma opera esclusiva dell’uomo. Soprattutto il passo di 1 Cor. IV, 7: « Che cosa hai che non ricevesti? » lo indusse ad ammettere che anche la fede è dono di Dio. Cfr. De præd. sanct. 3, 7.Non poche espressioni patristiche preagostiniane che sannodi semipelagianesimo si spiegano agevolmente se si tengaconto della lotta contro il fatalismo pagano ed il manicheismoche negavano la libertà. S. GIOVANNI CRISOSTOMO, al quale soprattutto si appellavano i semipelagiani, osserva in Ebr. XII, 2: « Egli stesso ha piantato in noi la fede, Egli stesso vi ha dato inizio » (In ep. ad Hebr. hom. 28, 2).La gratuità della grazia esige che anche il principio dellafede e della salvezza sia opera di Dio. Quando ha luogo l’attodi fede, il primo giudizio sulla credibilità della rivelazione(iudicium credibilitatis) e l’inclinazione a credere (pius credulitatis affectus) è da ascrivere all’influsso della grazia immediata di illuminazione e di ispirazione.

3. Necessità della grazia attuale per gli atti salutari del giustificato.

Anche l’uomo giustificato, ossia in stato di grazia, ha bisogno della grazia attuale per compiere atti salutari. Sent. communis.

Poiché le facoltà spirituali di chi è giustificato sono elevate in modo permanente dalla grazia abituale, la grazia attuale opera in lui non come elevante ma come eccitante e adiuvante, in quanto fa passare le facoltà dalla potenza dell’atto e accompagna il compimento dell’atto, ed opera pure come sanante in quanto guarisce le rimanenti ferite del peccato. Non esiste una precisa decisione del magistero ecclesiastico sulla necessità di questa grazia. Il II Concilio di Orange e quello di Trento parlano tuttavia di un influsso della grazia divina o di Cristo sulle opere buone del giusto, senza distinguere espressamente tra grazia attuale e abituale. D. 809: « Gesù Cristo stesso… infonde continuamente la sua virtù nei giustificati. E questa virtù sempre antecede, accompagna e sussegue le loro buone opere ». Cfr. D. 182. Secondo la prassi della Chiesa anche i giusti pregano per impetrare la grazia dell’assistenza divina (Actiones nostras ecc.). La frase di Cristo: « Senza di me non potete far nulla » (Gv. XV, 5) dimostra che anche il giusto ha bisogno dell’aiuto della grazia attuale per fare atti salutari. – Paolo insegna che Dio stimola e compie le opere buone dei giusti. Fil. II, 13: « Dio è quello che opera in voi e il volere e l’agire in virtù della sua benevolenza ». 2 Tess. II, 16: « Dio… consoli i vostri cuori e vi confermi in ogni opera buona e in ogni buona parola ». Ebr. XIII, 21: « Il Dio della pace… vi renda atti a ogni opera buona, sicché possiate fare la sua volontà». – S. AGOSTINO estende la necessità della grazia attuale anche ai giusti: « Come l’occhio del corpo, benché perfettamente sano, non può vedere senza lo splendore della luce, così anche l’uomo, benché completamente giustificato, non può vivere rettamente se non è divinamente aiutato dall’eterna luce della giustizia » (De nat. et grat. 26, 29). – La necessità della grazia attuale per le buone opere dei giusti, si fonda sul fatto che ogni creatura, a cagione della sua completa dipendenza dal Creatore, ha bisogno perché le sue facoltà passino all’atto di un attuale influsso divino (gratia excitans et adiuvans). Inoltre poiché le conseguenza del peccato originale permangono anche nei giusti, questi abbisognano di un particolare aiuto della grazia, che ne sani le debolezze morali (gratia sanans). Cfr. S. th. I – II, 109, 9.

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