SALMI BIBLICI: “BEATI QUORUM REMISSÆ SUNT INIQUITATES” (XXXI)

SALMO 31: “BEATI QUORUM remissæ sunt iniquitates …”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

TOME PREMIER.

PARIS

LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR, RUE DELAMMIE, 13 – 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

[1] Ipsi David intellectus.

    Beati quorum remissæ sunt iniquitates,

et quorum tecta sunt peccata.

[2] Beatus vir cui non imputavit Dominus peccatum, nec est in spiritu ejus dolus.

[3] Quoniam tacui, inveteraverunt ossa mea, dum clamarem tota die. (1)

[4] Quoniam die ac nocte gravata est super me manus tua; conversus sum in aerumna mea, dum configitur spina.

[5] Delictum meum cognitum tibi feci, et injustitiam meam non abscondi. Dixi: Confitebor adversum me injustitiam meam Domino; et tu remisisti impietatem peccati mei.

[6] Pro hac orabit ad te omnis sanctus in tempore opportuno. Verumtamen in diluvio aquarum multarum, ad eum non approximabunt.

[7] Tu es refugium meum a tribulatione quae circumdedit me; exsultatio mea, erue me a circumdantibus me.

[8] Intellectum tibi dabo, et instruam te in via hac qua gradieris; firmabo super te oculos meos.

[9] Nolite fieri sicut equus et mulus, quibus non est intellectus. In camo et freno maxillas eorum constringe, qui non approximant ad te.

[10] Multa flagella peccatoris, sperantem autem in Domino misericordia circumdabit.

[11] Lætamini in Domino et exultate justi, et gloriamini omnes recti corde.

[Vecchio Testamento secondo la Volgata

Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XXXI

Davide piange il proprio peccato, ed esorta gli nomini a penitenza. Essendo il salmo oscuro, ha per titolo di intelligenza, perché necessario è il dono dello Spirito Santo ad intenderlo. L’intelligenza del proprio peccato Davide l’ebbe dalla grazia divina.

Dello stesso Davide, salmo di intelligenza.

1. Beati coloro ai quali sono state rimesse le iniquità, e i peccati de’ quali sono stati ricoperti.

2. Beato l’uomo, cui Dio non imputò peccato e nello spirito di lui simulazione non è.

3. Perché io mi tacqui, si consumarono le mie ossa mentre io per tutto il giorno alzava le strida.

4. Perché di e notte si aggravò sopra di me la tua mano, mi avvolgeva nella mia miseria, mentre portava fitta la spina.

5. A te il delitto mio feci noto, e non tenni ascosa la mia ingiustizia. Io dissi: Confesserò contro di me stesso al Signore, la mia ingiustizia; e tu mi rimettesti l’empietà del mio peccato.

6. Per questo porgerà preghiere a te ogni uomo santo nel tempo opportuno. Certo che quando inonderanno le grandi acque, a lui non si accosteranno.

7. Tu se’ mio asilo nella tribolazione da cui son circondato; tu, mia letizia, liberami da coloro che mi assediano.

8. Io ti darò intelligenza, e t’insegnerò la via, per cui tu hai da camminare; terrò fissi gli occhi miei sopra di te.

9. Guardatevi dall’esser simile al cavallo e al mulo, i quali son privi del bene dell’intelletto. Stringi col morso e colla briglia le mascelle di coloro che si ritiran da te.

10. Molti i flagelli pei peccatori; ma la misericordia sarà a guardia di colui che spera nel Signore.

11. Nel Signore rallegratevi ed esultate, o giusti, e gloriatevi voi tutti, che siete di retto cuore.

 (1) Queste tre parole, iniquitates, peccata, peccatum, in ebraico phesa, hataa, avon, esprimono il realtà la stessa cosa, cioè il peccato, ma il peccato considerato formalmente sotto un diverso aspetto; il primo significa più particolarmente la defezione, la ribellione, l’offesa di Dio; il secondo, il carattere impresso all’anima, o la privazione della grazia; il terzo, la pena dovuta al peccato. Lo stesso è per le tre parole remittere, traere, non imputare, che significano tutte e tre il perdono dei peccati, ma sotto una visuale differente; il primo significa la remissione gratuita, la seconda l’abbondanza della grazia che li cancella, la terza che Dio tratta il peccatore riconciliato con tenerezza maggiore che se fosse stato sempre innocente.

Sommario analitico

Questo salmo è stato composto da Davide, sulla testimonianza di San Paolo (Rom. IV, 6), verosimilmente quando ebbe riconosciuto il doppio peccato, il suo adulterio con Bethsabea, e l’omocidio di Uria, come confessato davanti a Natan.

I – Il Re-Profeta celebra il beneficio della giustificazione e proclama beati coloro:

1) ai quali sia stata rimessa l’offesa; 2) nei quali la traccia del peccato sia stata cancellata; 3) per i quali la condanna alla pena sia stata distrutta; nell’anima dei quali Dio diffonde la sincerità e la purezza.

II – Occorre conoscere i vantaggi inestimabili della confessione, la quale ci ottiene questo beneficio della giustificazione:

1° Prima della quale: – a) le forze della sua anima si erano come esaurite, – b) la mano di Dio si era appesantita su di lui, – c) i rimorsi lo hanno trafitto con punte acuminate (3, 4).

2° Nella quale occorre vedere con il suo esempio le sei condizioni di una buona confessione: – a) che sia personale, e che abbia come oggetto i propri peccati di colpevolezza; – b) che sia chiara e pulita « cognitum tibi feci »; – c) che sia intera … « ed io non ho nascosto la mia ingiustizia »; – d) che sia premeditata e preparata in anticipo: « io ho detto », – e) che sia una vera accusa « contro di me »; – f) che sia umile, « il mio sopruso al Signore », voi siete il mio sovrano, Signore, io sono il vostro servo.

3° Dopo la quale egli ha ricevuto i tre effetti della buona confessione: – a) la remissione dei peccati che sollecitano gli stessi Santi nel tempo opportuno, cioè durante questa vita; – b) la remissione della pena eterna figurata da questo diluvio di grandi acque (6); – c) la remissione della pena temporale, figurata dalle tribolazioni, etc. (7).

III – Egli insegna come si conserva questo beneficio della giustificazione:

1° Dio gli dice che Egli darà al giusto: – a) l’intelligenza a mo’ di fiamma per rischiararlo: – b) il soccorso esterno della sua Provvidenza per guidarlo; – c) il rafforzamento e la perseveranza nella grazia (8).

2° Gli raccomanda di evitare: – a) le affezioni sregolate nella volontà, – b) l’accecamento dell’intelligenza che lo renderebbe simile ad un animale senza ragione (9). –

3° Egli gli insegna come dovrà reprimere queste affezioni sregolate, con il morso ed il freno della legge divina, della mortificazione, etc. (10).

4° Davide avverte: – a) i peccatori che Dio usa al loro riguardo la severità, moltiplicando le loro punizioni; – b) i giusti, che la misericordia di Dio non cesserà di ricoprirli (10).

5° Egli invita tutti i giusti a rallegrarsi nel Signore, e tutti quelli che hanno un cuore retto, a rendere pubblica la sua gloria con i loro cantici (11).

Spiegazioni e Considerazioni

1. – 1, 2

ff. 1, 2. – Felici non sono coloro nei quali non siano stati trovati peccati, bensì coloro nei quali i peccati siano coperti, nei quali i peccati siano interamente coperti, pienamente nascosti, e di conseguenza non esistono più. Se Dio ha “coperto” dei peccati, non ha voluto notarli; se non ha voluto rimarcarli, non ha voluto usare la sua giustizia contro di essi, non ha voluto punirli, non ha voluto conoscerli, ma ha amato il rimetterli … Ma quando il Profeta parla dei peccati così coperti, cerchiamo di comprendere che questi peccati sussistono ancora e vivono nei peccatori. Perché si dice allora che i peccati sono coperti? È perché essi non sono più trovati (S. Agost.). – Mai un viaggiatore considera con più piacere la calma profonda del mare, se non dopo essere sfuggito ad una furiosa tempesta e scampato ad un naufragio certo; mai un uomo stima la salute se non dopo esser passato attraverso i dolori di una lunga e crudele malattia. Mai anche un Cristiano concepisce meglio la felicità di un’anima riconciliata con il suo Dio, se non dopo il gemere per qualche tempo sotto la servitù del peccato. La prima felicità è quella di non cadere più nel peccato, la seconda di rialzarsi con la penitenza (Duguet).

ff. 2. – Artificio e travestimento sono molto frequenti nella maggior parte di coloro che si credono penitenti: essi sono estremamente addestrati nell’ingannare gli altri, ma incomparabilmente più abili nell’ingannare se stessi, e mai più spesso che pericolosamente nella Penitenza. Che cosa è questo ingannare Dio, camuffandosi agli altri e a se stessi, se non voler ingannare se stessi? (Dug.). – Non cerchiamo scuse ai nostri crimini; non li rigettiamo sulla parte debole che è in noi; confessiamo che la ragione doveva presiedere e dominare i nostri appetiti; non cerchiamo di coprirci; mettiamoci davanti a Dio, Egli ci coprirà forse con la sua bontà così che saremo tra quelli dei quali è scritto: « Felici coloro le cui iniquità sono state rimesse, e i cui peccati sono stati coperti » (Bossuet, Elév. VI j. VIII E.).

II. – 3-7.

ff. 3. – Diversi sono i tipi di silenzio, sia buono, sia cattivo, secondo la Scrittura.

I. – Silenzio buono e lodevole: 1° Un silenzio di obbedienza: « il silenzio sarà frutto della giustizia ». (Isaia XXXII, 17). – 2° Un silenzio di prudenza: « Anche il folle, se tace, passa per saggio » (Prov. XVII, 28). – 3° Un silenzio di pazienza: « È nel silenzio e nella speranza che sarà la vostra forza » (Isaia XXX, 15). – .4° Un silenzio di saggezza: « Suo Padre considerava tutto ciò in silenzio ». (Gen. XXXVII, 11). – 5° Un silenzio di rispetto: « ascoltate in silenzio, e la vostra riservatezza vi acquisterà molta grazia » (Ecclei. XXXII, 9). – 6° Un silenzio di contemplazione: « Egli si siederà in solitudine, e tacerà ». – 7° Un silenzio di condiscendenza: « Io non ho potuto parlare come a degli uomini spirituali » (I Cor. III, 1). –

II. Il silenzio cattivo: 1° Un silenzio con il quale si cessa di lodare Dio: « Maledizione a me a causa del mio silenzio » (Isaia IV, 5). – 2° Un silenzio durante la confessione dei peccati, un silenzio che fa sì che si taccia, quando invece ci si dovrebbe correggere (I Re, III, 13). – 3° Un silenzio riguardo alla preghiera: « Se voi tacete ora, i Giudei saranno liberati in altro modo » (Esther. IV, 14). – 4° Un silenzio di lusinga. «Parla il ricco e tutti tacciono » (Eccli XIII, 23). – 5° Un silenzio di infedeltà: « Silenzio, non si deve ricordare più il nome del Signore » (Amos. VI, 11). – 6° Un silenzio che viene dalla cattiva coscienza « Ed egli tacque » (Matt. XXII, 12). – 7° Il silenzio qui in questione è un silenzio colpevole che impedisce a Davide di confessare il suo duplice crimine di adulterio e di omicidio. – Il peccatore « tace »: l’insensibilità è completa, il silenzio profondo ed universale, nulla in quest’uomo rimescola, nulla parla; la confessione della fede è muta, la preghiera è spenta; il figlio snaturato non ha più una parola da dire a suo padre, non ha più un sorriso da indirizzargli. Tale è lo stato del peccato; è un silenzio interiore, un’immobilità sacrilega … Lo stato del peccato è caratterizzato ancora da un altro segno: lo stato di senescenza e di malattia. Il peccatore è un vecchio languente e decrepito, tutto è distrutto, tutto è impotente, tutto è cancellato; lo sguardo smorto, la volontà si volge a capricci infantili, la memoria si lascia sfuggire tutta la scienza di una lunga vita. Il vecchio, come il peccatore, non è più che una rovina di se stesso, e delle grandezze primitive non ritrova più, se non dei ruderi mutilati (Doublet, Psaumes etc. III, 208). – Sembra che non ci sia contraddizione tra queste parole: « Perché io tacevo, le mie ossa sono invecchiate, mentre io gemevo ». Se gemeva, come faceva a tacere? Egli ha taciuto alcune cose, altre non le ha potuto tacere. Egli ha taciuto quello che poteva dire a suo vantaggio, non ha taciuto quello che ha detto a suo svantaggio. Egli ha taciuto la confessione dei suoi peccati, spinto da uno spirito di presunzione. Egli in effetti ha detto: io ho taciuto; cioè io non ho confessato tutti i miei peccati, occorreva qui che egli parlasse, che egli tacesse i suoi meriti e dicesse con forte grida i suoi peccati. Qui bisognava che egli parlasse, che tacesse i suoi meriti e dicesse con gran strepito i suoi peccati; ma al contrario ha commesso l’errore di tacere i suoi peccati e di proclamare i suoi meriti. Cosa dunque gli è successo? « Le sue ossa sono invecchiate ». Notate che se egli avesse proclamato i suoi peccati e nascosto i suoi meriti, le sue ossa, cioè la sua forza, si sarebbe rinnovata; egli è stato forte nel Signore, perché si è trovato debole in se stesso. Ma ora, poiché ha voluto essere forte in se stesso, è diventato debole e le sue ossa si sono logorate. È rimasto nella sua vecchiaia, perché non ha voluto acquisire una nuova giovinezza con la confessione dei suoi peccati (S. Agost.).

ff. 4. –  Perché nel Vangelo, nostro Signore ci dice che il fariseo viene abbassato? Perché egli si è elevato. Perché il Pubblicano è elevato? Perché egli si è abbassato. Di conseguenza Dio, per abbassare colui che si eleva, appesantisce la sua mano su di lui. Egli ha rifiutato di abbassarsi confessando la sua iniquità, è abbassato sotto il peso della mano divina. Come sopporterà questo peso della mano che si abbassa? Al contrario, quanto leggera è stata la mano che elevava il pubblicano? Questa mano è ugualmente forte verso l’uno e verso l’altro: forte per pesare sull’uno e forte per sollevare l’altro (S. Agost.).- Quando Dio vuole convertire, il più spesso comincia con il colpire … l’anima dapprima si irrigidisce, e resiste « io mi rotolo nel mio dolore, e la mia spina ancor più si conficca ». Quando Dio ha lanciato in un’anima la sua freccia aguzza, quando cioè una misteriosa tristezza la devasta, quando il rimorso la dilania, quando il pungolo di qualche grande prova la mortifica, ella cade in crisi laceranti, si rotola nella sua sofferenza, approfondendo sempre più il tratto da cui è squarciata (Doublet, Psaumes, etc.). – Invano il peccatore rinvia sempre all’indomani l’accusa dei suoi crimini, e vorrebbe dissimulare lo stato deplorevole della sua coscienza; rimorsi cuocenti, come un avvoltoio impietoso, rodono il suo cuore notte e giorno, non permettendogli di gustare il minimo riposo. Coloro che di lui non vedono se non ciò che sembra all’esterno, sarebbero tentati di provare invidia per il suo buonumore; ma egli farebbe pietà a colui che, penetrando fino al fondo del suo cuore, vi avrebbero scoperto queste agitazioni eterne, questi turbamenti, queste inquietudini, questi allarmi che li assalgono nel tempo stesso in cui non sogna che di librarsi verso il piacere e la gioia. Dio permette che sia tormentato dal ricordo di mille cose compiute, perdonate, dimenticate, considerate come irreprensibili dal mondo, chiuse forse nella tomba. All’impotenza di sfuggire a questi ricordi brucianti, se egli comprendesse che la mano piuttosto vigorosa per serrarlo così nella catena dei rimorsi, può solo liberarlo aprendosi egli al perdono, e che avendo creato il supplizio del rimorso, Dio ha dovuto legare le grazie sovrane del perdono, alla libertà di pentirsi e di emendarsi! Ma no, per liberarsi da tanto fastidio e dall’angoscia che la colpa commessa genera in lui, questi li commette nuovamente, e domanda senza sosta una felicità che sa che esse non gli daranno mai; egli fa e rifà incessantemente e sempre, senza altro risultato che un rammarico più struggente, tutto ciò che la legge di Dio ha preso cura di proibire. Egli si volge e si rivolge da ogni lato, ma tutti questi movimenti inquieti non fanno che infiggere sempre più profondamente la punta aguzza della spina che lo penetra; egli ha un bel cambiare luogo ed oggetto, ma non può lasciare se stesso, e porta con sé i suoi nemici domestici, dei quali non può disfarsi: le sue agitazioni, i suoi turbamenti, i suoi allarmi, le sue inquietudini (Massil. & L. Veuill. Rome e Lorette).

ff. 5. – Io ho detto: « Io declamerò, etc. »; egli non dichiara ancora la sua ingiustizia, ma promette che la dichiarerà, e già Dio la rimette. Fate attenzione, questo punto è di grande importanza. Egli ha detto: « Io dichiarerò », non ha detto « Io ho dichiarato e voi mi avete rimesso », bensì : « io dichiarerò e voi mi avete rimesso ». Con questa parola. « io dichiarerò » egli prova che non ha ancora fatto con la bocca questa dichiarazione, ma che essa è fatta già nel suo cuore … ma la confessione non è giunta ancora alle mie labbra perché non ancora avevo detto queste parole: « io dichiaro contro di me »; ma Dio aveva inteso la voce del mio cuore. La mia voce non era ancora sulla mie labbra, ma l’orecchio di Dio era già nel mio cuore (S. Agost.). – Il profeta aggiunge a ragione: « … io declamerò contro di me ». In effetti ci sono molti che dichiarano la loro iniquità, ma contro il Signore stesso. Quando si trovano in peccato dicono: « è Dio che lo ha voluto. In effetti se qualcuno dice che non ha commesso questa azione, o questa azione che voi gli rimproverate non sia un peccato, egli non fa dichiarazioni né contro di lui né contro Dio. Ma se egli dice: « si, io l’ho fatto, è un peccato, ma Dio lo ha voluto, ed io l’ho fatto », Queste è una dichiarazione contro Dio. Forse, mi direte: nessuno parla così. E cosa intendete con « … Dio lo ha voluto »? Io ripeto che molti usano questo linguaggio; ma per coloro che non impiegano precisamente questi termini, ma non dicono altra cosa con queste frasi tipo: era il mio destino, così ha voluto la mia stella? Essi vanno alla larga per accusare Dio, essi che vogliono acchetarsi ma senza prendere il retto cammino. Essi dicono: era il mio destino; … ma che cos’è il destino? Così l’ha voluto la mia stella, … ma quali sono queste stelle? Apparentemente quelle che noi vediamo nel cielo, e chi dunque le ha create? Ma è Dio. E chi ne ha regolato il corso? Ma è Dio! Voi vedete dunque bene ciò che volevo dire: Dio ha fatto in modo che io peccassi. E così Egli è ingiusto e voi giusti; perché se Egli non vi avesse fatto peccare, voi non avreste peccato (S. Agost.). – È certamente vero che non c’è alcun colpevole che non abbia le sue ragioni; i peccatori hanno la capacità di aggiungere all’audacia di scusare il loro peccato, quella di commetterlo; e come se non fosse poca l’iniquità di proseguire in esso, noi continuiamo ancora a difenderlo. Sempre si dichiara o che qualcuno ci ha trascinato, o che qualche incontro imprevisto ci ha coinvolti nostro malgrado; e se non troviamo fuori di noi qualcuno su cui rigettare la nostra colpa, cerchiamo in noi stessi qualcosa che non venga però da noi stessi, il nostro umore, la nostra inclinazione, il nostro naturale. È il linguaggio ordinario di tutti i peccatori, che il Profeta Isaia ci ha espresso con semplicità con queste parole che fa loro dire: « Perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci hai messo in balìa della nostra iniquità » (LXIV, 6). – Non è mai una nostra scelta né la nostra depravazione volontaria; è un vento impetuoso che è sopravvenuto, è una forza maggiore, una passione violenta alla quale, quando per lungo tempo ci siamo lasciati dominare, siamo ben disposti a credere che sia invincibile (Bossuet, Serm. Sur l’Efficac. de la Pén. 1° P). – « Se noi confessiamo i nostri peccati, Dio è fedele e giusto per rimetterceli, e per purificarci da ogni iniquità » (Giov. I, 9) – Chi si giudica da sé, anche senza misericordia, troverà misericordia davanti a questo tribunale che giustifica coloro che si accusano. – Occorre confessare la propria ingiustizia contro se stessi senza scusarla, senza sminuirla, senza farla ricadere sugli altri. – Bisogna confessare la propria ingiustizia, non le buone opere, non le cose inutili o indifferenti. – … la propria ingiustizia, non quella degli altri (Dug.). – È questo il fondo di empietà che si trova in ogni peccato. Chiunque voi siate, sotto qualunque cielo abbiate visto il giorno, di qualunque crimine abbiate macchiato la vostra anima, anche se foste tanto infelice da non provare neanche un desiderio di speranza, pieno di rimorsi da non gustare per un istante né il sonno né un attimo di oblio, inginocchiatevi ai piedi di questo tribunale; qui vi si trova un orecchio per ascoltarvi, un potere grande per assolvervi, un cuore buono per amarvi. Non vi si chiederà che nome portiate, o quale grado abbiate nel mondo; abbiate solo un pentimento sincero, sottomettetevi a questa voce che vi dirà di cambiare vita; Dio che sa e che vede, non ve ne chiederà più conto, ed ecco … la pace ritorna, ecco il cielo riconquistato (L. V.).

ff. 6. – E come il perdono accordato ad un grande peccatore, come Davide, o come ogni altro, sarà un motivo per l’uomo buono di pregare, di sollecitare la sua grazia in tempo opportuno? Accade che: 1° l’uomo buono, testimone dello stato infelice in cui era il peccatore prima della giustificazione, chiederà subito di non ricadere nello stesso precipizio; – 2° che questo uomo buono, che sa qual sia la fragilità della nostra natura, e che avrà potuto convincersene sempre più con la caduta dei peccatori, solleciterà la grazia di mantenersi nella giustizia. – 3° questo stesso uomo buono, avendo sempre delle debolezze e dei peccati da rimproverarsi, animerà la sua fiducia vedendo quanto il Signore sia misericordioso verso i grandi peccatori. – 4° Infine l’uomo buono spera di ottenere con le sue preghiere la protezione divina contro il diluvio delle tribolazioni, sia per esserne preservato, sia per avere la forza di sopportarle con gioia (Berthier).

ff. 7. – Èla onsolazione solida di un peccatore penitente il vedere tutti contro di lui, e non avere la gioia e le risorse se non in Dio. Più egli soffre da parte degli uomini, più ha speranza dalla parte di Dio. Egli sente di essere circondato da nemici temibili, e sa che il demonio ha la sua felicità nel perderlo, che questo nemico crudele e potente, trova le sue delizie nella ricaduta di un peccatore penitente che cercherà di ghermire con forza, mettendo in opera tutta la sua rabbia e la sua scaltrezza per farlo ricadere nella rete. Aggiungete le sollecitazioni del mondo che lo circonda e con il quale non riesce a rompere, le sue passioni che sono sì affievolite, ma non sono interamente estinte, che ancora fumano e che possono in ogni istante riprendere le loro forza primitiva, i temibili nemici che lo circondano (Duguet). – « voi siete il mio trionfo, riscattatemi ». Sento un grido di gioia: « Voi siete il mio trionfo »; sento un gemito: « riscattatemi ». Voi gioite e gemete. Sì, egli risponde, io gioisco e gemo; io gioisco nella mia speranza, gemo nello stato in cui mi trovo ancora. « Noi gioiamo nella speranza – dice l’Apostolo (Rom. XII, 11) – e soffriamo nelle tribolazioni ». Perché allora aggiunge: « riscattatemi »? … perché noi attendiamo ancora, gemendo dentro di noi, la redenzione del nostro corpo (Rom. VIII, 23), « perché è nella speranza che siamo stati salvati » (S. Agost.).

III.  8-11.

ff. 8. – Dio qui promette tre cose di cui noi abbiamo bisogno: l’intelligenza per non ingannarci nelle scelte del vero bene; la condotta o la conoscenza della strada in cui dobbiamo marciare; la protezione del Signore, il cui occhio veglia su di noi (Berthier). – La via della vera penitenza è sì difficile da tenere, che non c’è che Gesù Cristo che ci possa istruire e condurci con sicurezza. – « Io fisserò, arresterò i miei sguardo su di voi ». È la Provvidenza paterna di Dio per i peccatori nuovamente convertiti, è una maniera dolce e caritatevole con la quale Dio tratta i suoi nemici riconciliati; Egli non si accontenta di cancellare le loro macchie, né di lavare tutte le loro lordure, ma diviene Egli stesso loro direttore e loro Maestro, ed insegna con la sua bocca il cammino che devono seguire per espiare i loro crimini e fare penitenza; Egli aggiunge alla grazia della conversione, la grazia non meno preziosa della direzione, che ci fa raggiungere il termine felice della via della salvezza.

ff. 9, 10. – Nulla c’è che renda l’uomo più simile alle bestie del peccato, particolarmente quello dell’impurità, che obnubila i sensi e la ragione, abbrutisce l’uomo e lo fa scendere al livello degli animali senza ragione. Colui che ne è schiavo, e che San Paolo chiama: « l’uomo animale », non è più capace di comprendere, di gustare le cose spirituali; egli è tutto sensuale, e diventa così simile al cavallo ed al mulo, che sono privi di ragione (Dug.). – Quale pena sarà inflitta a coloro che vi somigliano? Voi volete non essere che un cavallo e un mulo? La vostra bocca sarà serrata con il morso ed il freno. Dio chiuderà questa bocca con la quale esaltate i vostri meriti, mentre tacete i vostri peccati; Dio metterà come un freno nella bocca per farvi andare ove piace a Lui (S. Agost.). – Le tribolazioni sono diverse dal castigo: le tribolazioni possono essere la parte dei giusti, i castighi sono esclusivamente propri ai peccatori. Il Re-Profeta ci dice in un altro salmo: « grandi tribolazioni sono riservate ai giusti » (Ps. XXXIII, 20), mentre parlando qui dei peccatori, egli dichiara che « numerosi castighi sono la ricompensa dei peccatori ». In effetti essi sono castigati esteriormente ed interiormente, nella vita presente e nella vita futura, per le colpe che essi hanno commesso e per le pene che hanno meritato, da Dio e dagli uomini, dal mondo e dal demonio, per le passioni alle quali si sono assoggettati e che fanno della loro vita una lunga e dura servitù (Innoc.).

ff. 11. – Non soltanto i penitenti, ma anche i giusti, devono gioire nel Signore. La gioia è l’appannaggio dell’innocenza e della virtù. Questa gioia dei giusti non può perdersi e nessuno può loro rapirla, Gesù Cristo ce lo assicura, perché essi la mettono, non nelle cose deperibili, ma nella speranza di possedere Dio eternamente. – La differenza che esiste tra un cuore retto ed un cuore depravato, è che ogni uomo che non attribuisce che alla giusta volontà di Dio ciò che prova contro la sua volontà, afflizioni, dispiaceri, umiliazioni, e che non accusa Dio di non sapere ciò che Egli fa flagellando un uomo e risparmiando quelli che gli sono simili, questi ha un cuore retto. Ma questi al contrario, hanno un cuore pervertito, depravato e deformato: sono coloro che pretendono di soffrire ingiustamente tutti i mali che patiscono, e che accusano di iniquità Colui la cui volontà infligge loro queste pene o che, se non osano accusarlo di iniquità, rifiutano comunque di credere che Egli governi il mondo (S. Agost.).

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: FESTA DELLA NATIVITÀ DELLA SS. VERGINE

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: FESTA DELLA NATIVITÀ DELLA SS. VERGINE

[Da: I Sermoni del Curato d’Ars, trad. it. di Giuseppe D’Isengard, vol. IV, Torino, libreria del Sacro Cuore – 1907]

LA NATIVITÀ DELLA SS. VERGINE.

De qua natus est Jesus.

Da Maria ci è nato il Salvatore.

(S. MATTEO I, 16).

Ecco, miei fratelli, in due parole l’elogio più compiuto che possa farsi di Maria: dire che da Lei ci è nato Gesù, Figliuolo di Dio. Si, Maria è la creatura più bella che sia uscita mai dalle mani del Creatore. Dio medesimo l’elesse per essere il canale per cui doveva far discendere le sue grazie più preziose e più abbondanti su quelli che avessero fiducia in Lei. Dio ce la rappresenta come un bello specchio, in cui si riflette come un compiuto modello di tutte le virtù. Perciò appunto vediamo la Chiesa riguardarla qual Madre sua e qual patrona e protettrice contro i suoi nemici, e piena d’ardore celebrare colla pompa più solenne il giorno beato in cui questo bell’astro cominciò a splendere sulla terra. La nascita de’ grandi del mondo ci ispira timori e apprensioni, perché non sappiamo, se saran giusti o peccatori, salvi o riprovati, non sappiamo, dico, se renderan felici o sventurati i loro popoli. Ma quanto a Maria non abbiamo timore alcuno. Nasce per esser Madre di Dio, e con la sua nascita ci reca ogni sorta di beni e di benedizioni. Dio ce la propone qual modello, in qualunque stato o condizione siam posti. Abbandoniamoci dunque, fratelli miei, con tutta la Chiesa a una santa gioia, e: – 1° ammiriamo in questa Vergine santa il modello delle più perfette virtù; – 2° consideriamo Maria come destinata da tutta l’eternità ad esser Madre del Figlio di Dio e nostra; – 3° contempliamo finalmente con riconoscenza i doni e le grazie che ha in sé la Mediatrice che Dio ha preparato agli uomini. Ma ascoltatemi attentamente; poiché parlarvi di Maria non è forse interessare i vostri cuori trattenendovi di Colei ch’è oggetto della vostra fiducia e del vostro amore?

1. — Fratelli miei, se, per ispirarvi una tenera devozione verso Maria, fosse necessario mostrarvi quanto avventurata è la sorte di chi confida in Lei; quanti aiuti, quante grazie, quanti vantaggi può ottenerci; se fosse necessario, aggiungo, mostrarvi l’accecamento e la sciagura di chi per una Madre sì buona, sì tenera, sì potente e così inclinata a farci sperimentare gli effetti della sua tenerezza ha soltanto indifferenza e disprezzo, avrei solo ad interrogare i patriarchi e i profeti, e in tutte le grandi cose che lo Spirito Santo ha fatto dire ad essi intorno a Maria, avreste argomento di confusione pei bassi sentimenti di cui troppo spesso siete ripieni a riguardo di questa buona Madre. Se poi vi narrassi tutti gli esempi, che i Santi ne han tratto, dovremmo deplorare il nostro accecamento ed avvivare la nostra fiducia verso di Lei. Primieramente nulla giova meglio a ispirarci una tenera devozione verso Maria del primo passo che leggiamo nelle sante Scritture, in cui vediamo Dio medesimo annunziare pel primo la nascita di Maria. – Quando i nostri progenitori ebbero la sventura di cader nel peccato, Dio, mosso dal loro pentimento, promise che verrebbe un giorno in cui nascerebbe una Vergine, la quale darebbe alla luce un figliuolo, onde avesse rimedio la sciagura cagionata dal loro peccato (ISAIA VII, 14). Più tardi i profeti dopo di Lui non cessarono d’annunziare di secolo in secolo, per dar conforto al genere umano che gemeva sotto la tirannia del demonio, che una Vergine darebbe alla luce un figliuolo, il quale sarebbe Figlio dell’Altissimo e mandato dal Padre per redimere il mondo perduto pel peccato d’Adamo (Genesi III, 15). Tutti i profeti annunziano che sarò la creatura più bella che abbia ad apparir sulla terra. Talora le danno il nome di Stella del mattino, che pel suo splendore e per la sua bellezza ecclissa tutte le altre, e che, in pari tempo, è guida al viaggiatore attraverso i mari; per farci intendere ch’essa sarà modello perfetto d’ogni virtù. A ragione dunque la Chiesa, nel tripudio della sua gioia, dire alla SS. Vergine: « La vostra nascita, o santa Vergine Maria, riempì il mondo intero di dolce consolazione e di santa allegrezza, perché da Voi è nato il Sol di giustizia, Gesù nostro Dio, che ci ha liberati dalla maledizione nella quale eravamo pel peccato de’ nostri progenitori, e ci ha colmato d’ogni sorta di benedizioni ». Sì, voi, o Vergine senza pari, Vergine incomparabile, avete distrutto l’impero del peccato e ristabilito il regno della grazia. « Levati su, dice lo Spirito Santo, esci dal seno di tua madre, tu che sei la mia più cara e insieme la mia più bella amica; vieni, tenera colomba, la cui purezza e la cui modestia sono senza pari, mostrati sulla terra, mostrati al mondo, come Colei che deve adornare il cielo e render felice la terra. Vieni, e mostrati in tutto lo splendore, di cui Dio t’ha rivestita, perché  tu sei l’opera più bella del tuo Creatore ». Infatti, quantunque la SS. Vergine avesse origine per la via ordinaria, lo Spirito Santo volle che l’anima sua fosse la più bella e la più ricca di grazie; e volle altresì che il suo corpo fosse il più bello di quanti se n’erano visti mai sulla terra. La Scrittura la paragona all’aurora nella sua nascita, alla luna nella sua pienezza, al sole nel suo meriggio (Cantico dei Cantici VI, 9). Ci dice pure che ha una corona di dodici stelle (Apocalisse XII, 1) ed è costituita dispensatrice di tutti i tesori celesti. Dopo la caduta d’Adamo il mondo era coperto di orrende tenebre; apparve allora Maria e, a guisa d’un bel sole in giorno sereno, dissipa le tenebre, avviva la speranza e dà alla terra la fecondità. Non dovette Iddio, fratelli miei, dire a Maria come a Mosè (Esodo III): « Va a liberare il mio popolo, che geme sotto la tirannia di Faraone; va ad annunziargli ch’è vicina la sua liberazione e che ho udito la sua preghiera, i suoi gemiti e le sue lacrime. Sì, o Maria, sembra ch’Ei dica, ho udito i gemiti, ho visto le lacrime de’ patriarchi, de’ profeti e di tante anime che sospirano il momento beato della loro liberazione ». Maria infatti, o miei fratelli, meglio assai che Mosè, annunzia che cesseranno ben presto le nostre sciagure, e che il cielo si riconcilierà colla terra. Oh! quali tesori apporta al cielo e alla terra la nascita di Maria! Il demonio freme di rabbia e di disperazione, perché in Maria vede Colei che deve schiacciarlo e coprirlo di confusione. Invece gli Angeli e i Beati fan risuonare la volta dei cieli di cantici d’allegrezza vedendo nascere una Regina, che deve aggiungere alla loro bellezza nuovo splendore. Ma, siccome Dio voleva cominciare a mostrarci che il cielo si sarebbe acquistato solo per via dell’umiltà, del disprezzo, della povertà e dei patimenti, volle che nella natività della Vergine nulla vi fosse di straordinario. Nacque in istato di debolezza, la sua culla fu bagnata di lacrime, come quella degli altri bambini, che nel nascere pare prevedano le miserie da cui saranno oppressi nel corso della vita. In questo senso lo Spirito Santo dice per bocca del Savio « che il giorno della morte è preferibile a quello della nascita » (Eccl. VII, 2). Maria nasce nell’oscurità. Sebbene fosse della stirpe di David e tra’ suoi antenati potesse noverare patriarchi, profeti e re, tutti questi titoli, sì ricercati dalle persone del mondo erano caduti in dimenticanza: essa non aveva altro splendore che la virtù, la quale agli occhi degli uomini non è oggetto di grande considerazione. Dio aveva permesso cosi, perché questa nascita fosse più conforme a quella del suo divino Figliuolo, di cui i profeti avevano annunziato che non avrebbe avuto neppure ove riposar il suo capo. Ma s’Ella viene al mondo così povera de’ beni della terra, è ricca de’ tesori di Colui che, da tutta l’eternità, l’aveva eletta ad esser sua Madre. S. Giovanni Damasceno ci dice che i secoli si disputarono a gara, quale tra loro avrebbe la sorte avventurata di vederla nascere. Vogliam sapere, dice uno de’ grandi suoi servi, il santo Vescovo di Ginevra, chi è questa Vergine coronata sin dalla culla? Interroghiamo gli Angeli, e ci diranno che li vince infinitamente in grazia, in meriti, in dignità e in ogni maniera di perfezioni. S. Basilio dice che dalla creazione del mondo alla venuta di Maria, l’Eterno Padre non aveva trovato creatura tanto pura e tanto santa che potesse esser Madre del suo Figliuolo. Quante volte i patriarchi e i profeti non levarono la voce con sospiri e con lacrime a dire: « Ah! quando verrà il beato momento in cui apparirà nel mondo questa Tergine santa? Oh! Beati gli occhi che vedranno quella creatura, che dovrà esser Madre del Salvatore degli uomini! »

II. — Sarebbe impossibile, fratelli miei, non amare Maria, se riflettessimo un momento alla sua tenerezza verso di noi e ai benefici di cui ha continuamente ricolmati. Invero, se Gesù Cristo ha versato il suo sangue prezioso per salvarci, chi, se non Maria, ha prodotto questo sangue adorabile? Se teniamo dietro alla sua vita mortale, quanti affanni, quanti dolori, quante angosce ha tollerato! Ogni volta che volgeva lo sguardo al suo divino Figliuolo, soffriva, dicono i SS. Padri, più che tutti i martiri insieme. — E in che modo direte? — Dio per compiere questa profezia, volle farle conoscere anticipatamente tutti i patimenti, tutti gli oltraggi, e tutti i tormenti che il suo divin Figliuolo doveva tollerare prima della sua morte (Infatti il giorno della Purificazione il santo vecchio Simeone annunziò a Maria, che una spada di dolore trapasserebbe l’anima sua. – Nota degli editori francesi). Ogni volta che Maria toccava i piedi o le mani adorabili di Gesù diceva tra se: « Ohimè! questi piedi e queste mani che pel corso di trentatré anni avranno atteso soltanto a portar grazie e benedizioni, saranno un giorno trafitti e inchiodati ad un legno infame; i suoi occhi d’amore saranno coperti di sputi; il suo volto, più bello che i cieli, sarà tutto pesto dagli schiaffi che gli si daranno. Tutto questo corpo dev’essere flagellato così crudelmente, che sarà quasi impossibile riconoscerlo per un uomo; questo capo, tutto raggiante di gloria, sarà traforato da una crudele corona di spine ». Quando passava per le vie di Gerusalemme, diceva tra sé: « Verrà giorno in cui vedrò queste pietre tutte bagnate del suo sangue prezioso. Sarà steso sull’albero della croce; udrò i colpi di martello, e non potrò dargli soccorso ». O dolore incomprensibile! O ineffabile martirio! ci dice un santo Padre: solo Dio può misurarne tutta l’estensione. Sì, miei fratelli, dobbiam dire che Gesù Cristo fece provare particolarmente alla Madre sua ognuno dei dolori della sua passione; poiché Maria aveva del continuo dinanzi alla mente i supplizi a cui doveva essere sottoposto il suo Figliuolo. « Ah! (esclama il gran servo di Maria S. Bernardo) siam pure ciechi e sciagurati, se non amiamo una Madre sì benefica e sì buona! Da gran tempo, se non fossero state le preghiere di Maria, il mondo non esisterebbe più: sarebbe caduto in rovina a cagion del peccato ». Si narra infatti che, ai tempi di S. Domenico e di San Francesco, Dio era irritato contro gli uomini per modo, che aveva risoluto di farli tutti perire. Questi due santi videro la SS. Vergine gettarsi a’ piedi del suo divino Figliuolo: « Figlio mio, diss’Ella, rammentate che per questo popolo appunto siete morto: manderò due miei grandi servi (e additò S. Domenico e S. Francesco): si, andranno per tutto il mondo, e inviteranno gli uomini a convertirsi e far penitenza ». Ohimè! quante volte Essa ha presentato al suo divin Figlio le viscere ove fu concepito, il seno che l’ha nutrito, le braccia che l’hanno portato! Quante volte gli ha detto: « Figliuol mio, lasciatevi muovere dalle preghiere di Colei che vi portò nove mesi nel suo seno, che vi nutrì con tanta tenerezza, che con tanta gioia avrebbe dato la sua vita per salvare la vostra; risparmiate, di grazia, questo popolo che vi è costato sì gran prezzo ». O ingratitudine! O accecamento de’ peccatori, sei pur grande ed incomprensibile! Non aver che disprezzo per Colei che sì volentieri avrebbe dato la vita per noi! Ben diversamente, fratelli miei, operarono i santi a riguardo di Maria. Ah! essi erano ben persuasi che senza Maria sarebbe stato loro quasi impossibile poter resistere agli assalti, che il demonio dava loro per perderli. S. Bernardo insegna che tutte le grazie a noi concesse dal cielo passano per le mani di Maria. Sì, dice un altro Padre della Chiesa: « Maria è come una buona madre di famiglia, che non si contenta d’aver cura in generale di tutti i suoi tigli, ma veglia su ciascuno in particolare ». Se dopo ogni peccato Dio ci avesse trattato come meritavamo, da gran tempo bruceremmo nell’inferno. Oh! quanti son tra quelle fiamme, e non vi sarebbero, se avessero ricorso a Maria! Essa avrebbe pregato il suo Figliuolo di prolungare i loro giorni perché avessero tempo di far penitenza. Se questa sventura non c’è toccata, ringraziamo Maria; a Lei veramente ne siamo debitori. Leggiamo nell’Evangelo (S. LUCA XIII, 6) che « un uomo aveva piantato un albero nella sua vigna. Giunta la stagione dei frutti, andò a vedere se quell’albero ne aveva: ma non ne trovò. Vi andò la seconda e la terza volta, e non ne trovò punto: disse allora al vignaiuolo: « Ecco tre volte che vengo invano per cercar frutto da quest’albero: perché gli lasci occupare il posto d’un altro albero che darebbe frutto? Taglialo e gettalo nel fuoco ». Che fa il vignaiuolo? Si getta ai piedi del suo padrone e lo prega ad aspettare ancor qualche tempo, dicendo che raddoppierà le sue cure, lavorerà la terra all’intorno; concimerà l’albero e non trascurerà nulla per farlo fruttificare. « Ma, aggiunge poi, se quando tornerai l’anno venturo, non avrà dato frutto, sarà tagliato e gettato nel fuoco ». Viva immagine, fratelli miei, di ciò che accade tra Dio, la SS. Vergine, e noi: il padrone della vigna è Dio, la vigna tutta la Chiesa, gli alberi piantati nella vigna siam noi. Dio esige e vuole che diam frutto, cioè facciamo opere buone pel cielo. Come il padrone della vigna aspetta due, tre, ohimè! fors’anche venti o trent’anni per darci tempo di convertirci e far penitenza. Quando vede che, invece di correggerci e far penitenza, moltiplichiamo il numero de’ nostri peccati, comanda che quell’albero venga tagliato e gittate nel fuoco; cioè permette al demonio di prender quei peccatori e gettarli all’inferno. Ma che fa Maria, miei fratelli? Fa ciò che fece quel buon vignaiuolo, si getta ai piedi del suo divin Figliuolo: « Figliuol mio, gli dice, grazia ancor per qualche tempo a questo peccatore: forse si convertirà e farà meglio di ciò che ha fatto finora ». E che fa per placale la collera del Padre? Gli ricorda quanto ha fatto e sofferto il suo Figliuolo per risarcire la gloria toltagli dal peccato; con grande sollecitudine rappresenta al Figliuolo ciò che per amore suo Ella ha patito nei giorni della sua vita mortale: « Figlio mio, gli dice ad ogni tratto, ancor qualche giorno: forse si pentirà ». Oh! tenerezza materna, quanto sei grande! Ma sei pur pagata d’ingratitudine! Gli uni la disprezzano, altri, non contenti di disprezzarla, coi loro scherni si fanno beffe di coloro che hanno fiducia in Lei! Ebbene, fratelli miei, sebbene abbiam per Lei disprezzo e non altro, Maria non ci ha abbandonato; perché altrimenti saremmo già all’inferno: la prova è senza replica. Udite che cosa si legge nella vita del signor di Q… Narra egli stesso che il demonio fece quanto poté per farlo morire in peccato. Una notte poco mancò che il fulmine non l’incenerisse; passò attraverso parecchie tavole e distrusse metà del suo letto. Qualche tempo dopo, trovandosi in un luogo ove si cacciava il demonio dal corpo d’un ossesso, gli chiese chi l’avesse salvato dal fulmine. Il demonio rispose: «Ringraziate la SS. Vergine; se la sua protezione non v’avesse salvato, v’avremmo già da gran tempo all’inferno; e quel giorno credevamo davvero che foste nostro ». Ebbene, miei fratelli, potrei dir l’istesso anche a voi: se vivete ancora, non ostante che la vostra coscienza sia aggravata da tante colpe, dovete credere con certezza che da gran tempo sareste a patire nell’altra vita, se non vi avesse salvato la protezione di Maria presso il suo divino Figliuolo, a cui chiede di prolungare i vostri giorni per veder se vi convertirete. Ah! fratelli miei, perché non ricorreremo continuamente alla SS. Vergine, poiché abbiam continuo bisogno della sua protezione, ed Ella è inclinata sempre a soccorrerci? Nella vita di S. Maria Egiziaca si legge che fino all’età di diciannove anni condusse vita scandalosa. Un Venerdì Santo volle andar, come gli altri ad adorare il legno prezioso della vera croce. Mentre voleva entrare in chiesa, sentì una mano invisibile che la respingeva fuori, il che accadde per ben tre volte. Sbigottita si ritirò in un angolo della piazza, e cominciò a ricercare quale potesse esser la cagione d’un caso così straordinario: tutti entravano senza ostacolo; essa soltanto era respinta con tanta violenza. « Ah! esclamò sospirando, lo veggo bene: ne son cagione i miei peccati! Non vi sarà più aiuto per me? Oserò presentarmi dinanzi a Dio dopo avergli rapito tante anime redente dal suo sangue prezioso? Egli sì santo e sì puro, consentirà che il mio corpo, il quale servì solo al peccato, s’accosti al suo sacro legno? Oh! disse tra sé piangendo amorosamente, ho udito dir tante volte che la SS. Vergine è così buona anche pei più grandi peccatori, e che niuno l’ha pregata mai senza ottener grazia e misericordia: andrò dunque a pregarla ». E si ritirò tutta tremante, presso un’immagine della SS. Vergine, si prostrò col volto per terra, bagnandola delle sue lacrime: « Oh! Vergine santa, ecco dinanzi a Voi la più grande peccatrice del mondo: oserò ancora implorare il vostro aiuto e quello del vostro divin Figliuolo, o m’avrà Egli abbandonato per sempre? O Vergine santissima, se mi ottenete misericordia da Gesù Cristo, e la bella sorte d’andar ad adorare quel sacro legno su cui si è immolato, andrò a far penitenza in qualunque luogo vi piaccia ». Dopo questa protesta torna a presentarsi tutta trainante alla porta della chiesa per veder se potesse entrare senz’essere respinta come le tre prime volte; ed entra senza ostacolo. Piena di riconoscenza adora il santo legno, bagna il pavimento delle sue lacrime, e si confessa per ricevere il perdono de’ suoi peccati. Quindi si ritira in un bosco, ove rimase pel corso di quaranta anni, facendo risuonare il deserto delle sue grida e de’ suoi singhiozzi e nutrendosi solo d’erbe selvatiche. Riferisce essa medesima che il demonio per ben diciannove anni la tentò in tutte le maniere; e di mano in mano che il demonio la tentava, essa raddoppiava le sue penitenze: talora il mattino, destandosi, era tutta coperta di neve, e nel suo deserto il freddo era sì rigido che le sue carni ne cadevano a brandelli. Meditava mattina e sera, ora sulle sue colpe passate, ora sulle grazie che Maria le aveva ottenute, o anche sulla speranza che aveva d’andare a cantare in cielo le misericordie del Signore. Oh! saremmo pur felici, fratelli miei, se imitassimo questa grande penitente nel suo pentimento e nella sua viva fiducia in Maria. – Quando si ama qualcuno, si stima lieta ventura averne qualche oggetto come ricordo. Così, miei fratelli, se amiamo la SS. Vergine, dobbiamo riguardare come onore e dovere il tenerne nelle nostre case qualche immagine, che ci ricordi di tratto in tratto, questa buona Madre. Di più i genitori veramente Cristiani non debbono trascurar d’istillare nei loro bambini una tenera divozione alla SS. Vergine: è mezzo sicuro per attirar sulle loro famiglie le benedizioni del cielo e la protezione di Maria. Nella vita di S. Giovanni Damasceno (RIBADENEIRA. al 6 di Maggio) si legge che l’imperatore aveva concepito contro le sacre immagini così viva avversione da comandar sotto pena di morte di distruggerle od abbruciarle. S. Giovanni si mise subito a scrivere che si dovevano invece avere immagini e venerarle. L’imperatore si sdegnò contro il santo a tal segno che, per impedirgli di scrivere, gli fece tagliare la mano. Il santo andò a prostrarsi dinanzi ad un’immagine della SS. Vergine, dicendole: « Vi chieggo la mano che mi fu recisa, perché volevo sostenere l’onore che si rende alle vostre immagini: so che siete tanto potente da restituirmela». Fatta questa preghiera, s’addormentò, e nel sonno vide la SS. Vergine, la quale gli disse che la sua preghiera era esaudita. Quando si svegliò, trovò la mano perfettamente ricongiunta al braccio: Iddio aveva soltanto lasciato, nel punto ove s’era riunita al braccio, una piccola riga rossa, perché ricordasse la grazia ottenutagli dalla SS. Vergine. Con questo miracolo volle Essa mostrare quanto le sia gradito l’onore, che si rende alle sue rappresentazioni, cioè alle sue immagini. – Udite ciò che dice S. Anselmo: « Quelli che avranno la mala sorte di spregiare la .Madre, possono star sicuri che saranno spregiati dal Figlio. Sì, soltanto i demoni, i riprovati e i grandi peccatori, immersi nelle sozzure de’ loro vizi, non amano Maria e non hanno fiducia in Lei. Potrete riconoscere agevolmente se un Cristiano è per la via del cielo, o se va per la strada della perdizione: chiedetegli se ama Maria; se vi dice che l’ama e le sue azioni lo dimostrano, benedite il Signore: quell’anima è pel cielo. Ma se vi dice di no, e per ciò che riguarda il suo culto mostra solo disprezzo, gettatevi a’ piedi del crocifisso e piangete amaramente; perché è abbandonato da Dio, e vicino a cader nell’abisso. Sì, quando pur foste immerso nelle più obbrobriose abitudini, se avete fiducia in Lei, non disperate, che, presto o tardi, vi otterrà il perdono ». – Leggiamo nella storia (RIBADENEIRA al 9 d’Ottobre. — Il Beato ha citato più sopra in compendio questo fatto tolto dal P. Lejeune. – Nota degli editori francesi) che S. Dionisio Areopagita fu gran devoto di Maria. Ebbe la sorte felice di vivere mentre la SS. Vergine era ancora sulla terra. Pregò l’Evangelista S. Giovanni, a cui Gesù, prima di morire, aveva confidato Maria, di procurargli la consolazione di vedere la SS. Vergine. San Giovanni lo fece quindi entrare nella camera ov’era Maria. S. Dionigi fu così abbagliato dalla sua presenza che si vide ad un tratto circondato da una luce celeste: « Io era come smarrito, sentivo uscir dal suo corpo una sì grata fragranza che credevo morir d’amore; la mia mente e il mio cuore erano sì vivamente colpiti dallo splendore della sua gloria che mi sentiva venir meno. Vedevo uscir dal suo sacro corpo tale splendore di luce, che, se la fede non m’avesse insegnato che v’è un Dio solo, l’avrei creduta veramente una divinità. Per tutto il resto della mia vita mi pareva d’averla dinanzi agli occhi; la mia mente e il mio cuore erano sempre in quella camera, ove avevo avuto la bella sorte di contemplarla! Ah! che cosa sarà dunque, allorché la vedremo in cielo, accanto al suo Figliuolo, sul bel trono della reggia celeste, e rivestita della gloria stessa di Dio?» – Ecchè, miei fratelli, dopo tutto quel che abbiam detto, non ameremo Maria, la quale pare non per altro si rallegri d’esser Madre di Dio, che per ottenerci maggior copia di grazie? O accecamento!… non amare Colei che vuol soltanto la nostra felicità, questa madre che per salvarci avrebbe dato volentieri la vita!..

III. — L a SS. Vergine è pure continua difesa contro gli assalti del demonio. Un giorno il suo gran servo S. Domenico essendo stato pregato di scacciare il demonio dal corpo d’un ossesso dinanzi a una immensa folla di gente accorsa per veder questo fatto, alla presenza di tutti il demonio disse che la SS. Vergine è la sua più crudele nemica, ch’essa rovescia tutti i suoi disegni; che senz’Ella da lungo tempo non vi sarebbe più Religione, ch’egli avrebbe sconvolta la Chiesa cogli scismi e colle eresie; che Maria ad ogni istante gli strappa le anime, che sperava aver seco un giorno all’inferno; che parecchi all’ora della morte, implorandone il soccorso, ottengono misericordia, e che niuno che abbia fiducia in Lei, si perde. – Questo, fratelli miei, confessò il demonio in presenza di tutti gli astanti. E se è necessario convincervene anche meglio, ricordiamo quella donna, che, accusata falsamente dal marito, era stata condannata a morir sul patibolo; andò a prostrarsi dinanzi ad un’immagine della SS. Vergine, pregandola a non permetter che morisse, poich’era innocente. Or quando il carnefice volle giustiziarla, non poté riuscirvi. Tuttavia, credendola morta, fu staccata dal patibolo, e quando fu portata in chiesa per seppellirla, non solo die segni di vita, ma si alzò e corse dinanzi ad un’immagine della SS. » Vergine esclamando: « O Vergine santa, voi siete la mia liberatrice! » Voltasi poi verso il popolo che empiva la chiesa: « Sì, disse, ho visto Maria in atto di fermar la mano al carnefice e consolarmi mentr’ero sospesa al patibolo ». Quanti furono testimoni di questo fatto sentirono raddoppiarsi la loro confidenza nella SS. Vergine. Ma, diranno taluni ignoranti e senza religione, tutto questo va bene per chi non sa leggere, o pei poveri di spirito e di beni. — Ah! miei fratelli! Se volessi potrei dimostrarvi che in tutti gli stati Maria ebbe grandi servi; ne troverei tra quelli che van mendicando il pane di porta in porta; ne troverei tra coloro il cui stato era quello della maggior parte di voi; ne troverei, e assai numerosi, tra i ricchi. Leggiamo nel Vangelo che Nostro Signor Gesù Cristo trattò sempre tutti con grande dolcezza, eccetto una sola classe di persone, che trattò duramente, ed erano i farisei; e li trattò così perché erano orgogliosi e peccatori induriti. Gli avrebbero, se avessero potuto, volentieri impedito di compiere la volontà di suo Padre; perciò li chiamava: « sepolcri imbiancati, ipocriti, razza di vipere, viperette che straziano il seno della loro madre ». L’istesso possiam dire quanto alla divozione alla SS. Vergine. I Cristiani han tutti gran divozione a Maria, eccetto que’ vecchi peccatori ostinati, che da gran tempo, perduta la fede, si avvoltolano nelle sozzure della loro brutale passione. Il demonio cerca di mantenerli nel loro accecamento fino al momento della morte; e allora farà ad essi aprir gli occhi. Ah! se avessero la bella sorte di ricorrere a Maria, non cadrebbero all’inferno, come pur troppo loro accadrà! No, miei fratelli, non imitiamo siffatta gente! Seguiamo invece le orme dei veri servi di Maria. Del numero di questi fu S. Carlo Borromeo, che diceva sempre in ginocchio il Rosario; di più digiunava tutte le vigilie delle feste della Madonna. Era sì esatto a salutarla (quando suonava la campana, che al suono dell’Angelus, in qualunque luogo si trovasse, si metteva in ginocchio, anche in mezzo alla strada tutta fangosa. Voleva che in tutta la sua Diocesi si avesse gran divozione a Maria, e se ne pronunziasse il nome con molto rispetto. Fece edificare gran numero di cappelle in suo onore. Ebbene, fratelli miei, perché non vorremo imitar questi santi, che ottennero da Maria tante grazie per tenersi lontani dal peccato? Non abbiamo da combattere gli stessi nemici, e il medesimo paradiso da sperare? Sì, Maria ha gli occhi sempre su noi: se siam tentati, volgiamo a Maria il nostro cuore, e stiamo certi che saremo liberati. Ma non basta ancora, fratelli miei: per meritare la sua protezione, bisogna imitar le virtù, di cui ci ha dato l’esempio. Bisogna imitarne la grande umiltà. Essa non disprezzava alcuno: quantunque sapesse benissimo che Dio l’aveva innalzata alla più grande tra tutte le dignità, la dignità di Madre di Dio, di Regina del cielo e della terra, pur si riguardava come l’ultima tra tutte le creature. Bisogna imitarne l’ammirabile purità che l’ha resa a Dio sì gradita. La sua modestia era sì grande, che Dio si compiaceva nel contemplarla. Dobbiamo ancora, fratelli miei, conforme al suo esempio, staccarci dalle cose del mondo, e pensar solo al cielo, nostra vera patria. Dopo l’Ascensione del suo divin Figliuolo la vita di Maria sulla terra era continuo languire. Tollerava, sì, con pazienza la vita; ma aspettava con ardore la morte che doveva ricongiungerla al suo divino Figliuolo, unico oggetto del suo amore. Quante volte esclamava col profeta: « Mio Dio, fino a quando prolungherete il mio esilio? Oh! quando verrà il momento beato, in cui sarò a Voi ricongiunta per sempre! Oh! se vedete il mio Sposo, ditegli che languisco d’amore! » Dio la tolse dal mondo, ove aveva tanto patito nel corso del suo lungo pellegrinaggio; morì, ma non posero fine alla sua vita né gli acciacchi dell’età, né il naturale deperimento, ma solo l’amore del suo Figliuolo. Il suo primo sospiro era stato un sospiro d’amore, ed era giustissimo che un sospiro d’amore fosse anche l’ultimo. Se vogliam persuadercene, fratelli miei, gettiamo uno sguardo sul letto di morte di Maria. O nuovo spettacolo! Cielo e terra sono rapiti in ammirazione; i fedeli accorrono da ogni parte: gli apostoli si trovano prodigiosamente riuniti in quella povera casa. Nella morte di Maria non si vede ciò che nella nostra mette orrore: quello spaventoso pallore, quell’universale indebolimento, e le dolorose convulsioni dell’agonia: nella morte di Maria tutto è tranquillo; il suo volto è più splendente che mai: le sue grazie modeste si manifestano con maggior vivezza ancora che durante la vita, un’amabile pudore brilla nella sua fronte, una dolce maestà riveste il suo corpo: i suoi occhi teneramente fissi al cielo, ne han già tutta la serenità; il suo spirito, inabissato in Dio, par che già lo contempli faccia a faccia; il suo tenero cuore, stimolato da un amore del pari dolce e forte, gusta anticipatamente i torrenti d’eterne delizie, che Dio le apparecchia in cielo. Non teme, perché non ha mai offeso il suo Dio; non ha rammarico, perché non fu mai attaccata alle cose terrene; sospira solo il suo Gesù, e la morte le assicura questa felicità; lo vede venirle incontro con tutta la corte celeste per onorare il suo ingresso trionfale in cielo. Così si addormenta nel bacio del Signore questa sacra amante, così scompare questo bell’astro, che per settantadue anni ha illuminato il mondo. Così trionfa della morte Colei che ha dato alla luce l’Autore della vita… Che cosa concluder da tutto questo, fratelli miei? Che, conforme all’esempio di Maria, dobbiamo sospirare la medesima felicità e lavorare a conseguirla. Il che vi desidero …