CONOSCERE LO SPIRITO SANTO (27)

Mons. J. J. GAUME

TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO

[vers. Ital. A. Carraresi, vol. I, Tip. Ed. Ciardi, Firenze, 1887; impr.]

CAPITOLO XXVI.

(altra continuazione del precedente.)

Lo Spirito Santo, oracolo e direttore dell’ordine sociale nella Città, delbene — satana, oracolo e direttore sociale della Città del male —Esistenza universale degli oracoli satanici: testimonianza di Plutarcoe di Tertulliano — Credenza universale negli oracoli: passidi Cicerone, di Balto — Erano gli stessi demoni che rendevano glioracoli; parole di Tertulliano, di san Cipriano, di Minuzio Felice — Gli oracoli non erano una ciurmeria; prove.

Si disse che Jehovah, presente nel tabernacolo e nel tempio, non era solamente il Dio del suo popolo edil custode della religione; ma altresì l’oracolo e il direttore della società civile e politica, cioè dire, che dal fondo del suo santuario Egli dirigeva tutte le imprese della sua Città, i cui membri avevano cura di non far nulla senza consultarlo. Le sue volontà si manifestavano ora con sogni, ora con voci, o con oracoli. Tutti i tratti di questo parallelismo si rinvengono nella Città del male. Credere che la presenza del dio serpente in mezzo al mondo, non avesse che un motivo, uno scopo puramente religioso, sarebbe un errore. Essa ne aveva uno, che era principalmente quello sociale. In altri termini vuol dire che, dal fondo dei suoi santuari, satana dirigeva, non solamente la religione, ma la società pagana, con i suoi oracoli e co’suoi prestigi ( … oggi ugualmente lo fa nelle retrologge massoniche! –ndr. – ). Di questo nuovo fenomeno le prove sono numerose quasi quanto le pagine della storia. Il mondo pagano era pieno d’oracoli; ed abbracciava tutta quanta la terra eccetto la Giudea. Intorno a questo punto la storia cristiana e la1 storia profana sono unanimi. Tanto in nome dell’una che dell’altra ascoltiamo Plutarco e Tertulliano: il primo, sacerdote degl’idoli; il secondo, sacerdote del vero Dio. Plutarco così si esprime: « Il primo articolo dell’istituzione delle leggi e della polizia è la credenza e persuasione degli dei, mediante la quale Licurgo santificò anticamente i Lacedemoni, Numa i Romani, Io gli Ateniesi, e Deucalione tutti i Greci universalmente rendendoli devoti e affezionati verso gli dei, in preghiere, giuramenti, oracoli e profezie; di modo che andando per il mondo, voi troverete delle città senza mura, senza accademie, senza re, senza argento, senza moneta, senza teatri, e senza ginnasi; ma non troverete mai che siano senza Dio, senza preghiera, senza sacrifici per ottenere beni e scansar mali. Nessun uomo vive né vivrà mai senza di esso; sarebbe più facile fabbricare una città per aria, che fabbricarne o conservarne una senza religione. » (Contre Colotes, c. XVIII). – Formulando in una sola parola il pensiero di Plutarco, dice Tertulliano, che « il mondo è ingombro di oracoli, oraculìs stipatus est orbis. » (De Anima, c. XLVI).  Per citare solamente alcuni dei più noti: voi avete Beelzebub, presso i Filistei; Moloch, presso i Moabiti; Belo, a Babilonia; Giove Ammone, in Egitto. Nella Grecia, Delos, Claros, Pafo, Delfo, Dodona. In Italia voi trovate i celebri oracoli di Gerione a Padova; di Diana a Preneste; di Ercole a Tivoli; d’Apollo ad Aquileia, e a Baia; della Sibilla a Cuma: a Roma e nei contorni, quelli di Marte, di Esculapio, del Vaticano, di Clitumno, di Giano, di Giove Pistore; quelli d’Anzio, quello di Podalirio in Calabria e più di cento altri. (Vedi Baltus, Storia degli oracoli, ecc. – La stessa Giudea ne era circondata. Il consultarli era una delle più forti tentazioni del popolo di Dio; sino al punto che la pena di morte minacciata nella legge, non lo difendeva sempre. Dopo lo scisma delle dieci tribù, gli oracoli furono in permanenza nel mezzo d’Israele. (Vedi, tra gli altri, IV Reg. 1-2; e i luoghi in cui è parlato dei sacerdoti di Baal. Lo stesso Saul consulta la pitonessa di Endor, cioè una donna invasa da uno spirito chiamato Python, del quale si parla spesso nella Scrittura.33 (Dixitqué Saul servis suis: Quærite mihi mulierem habentem Pythonem, et vadam ed eam, et sciscitabor per illam. I Reg,, XXVIII, 7. — Notisi con Baltus che Python pare vengada una parola ebraica che significa serpente, « nome convenientea quello che ispirava tutti quei falsi profeti. Ivi, seguito della risposta, I parte, 142).E poi che cosa erano le risposte degli auguri e degliauruspici se non oracoli o l’intèrpretàzione degli oracoli?Ora gli auguri e gli auruspici s’incontravano su tutti ipunti del pianeta, nelle città e nelle campagne: e la loroscienza era l’oggetto di uno studio universale. « È unfatto costante, dice Cicerone, che presso gli antichi, icapi dei popoli erano re ed auguri nello stesso tempo.Governare e conoscere i segreti divini erano agli occhi loro due funzioni egualmente regie. Su di che Roma, i cui re furono altresì auguri, in qua et reges, augures, ci fornisce grandi esempi. Dopo di essi, le persone particolariche sono state rivestite dello stesso sacerdozio hanno governato la repubblica per mezzo dell’autorità della religione.« Questa specie di divinazione non è stata trascurata neppur presso i barbari. Vi sono nelle Gallie dei Druidi, tra i quali ho conosciuto Dividiaco d’Autun, che dicono conoscere l’avvenire, parte per scienza augurale, parte per congettura. Fra i Persi i maghi sono auguri e indovini…. e nessuno può essere re di Persia senza essere stato istruito prima nella scienza dei maghi. Vi sono pure famiglie e nazioni intere che’ si sono particolarmente date alla divinazione. Tutta la città di Telmesse nella Caria si distingue nella scienza degli auruspici. Nell’Elide, città del Peloponneso vi sono due famiglie,una dei Giamidi, l’altra dei Clytidi, molto celebri in questa scienza.« Soprattutto l’Etruria ha la reputazione di possedere una grande cognizione delle folgori, (Sapevano che mediante certe formule magiche si poteva chiamare o allontanare il fulmine. (Exstat annalium memoria sacris quibusdam ac precationibus vel cogi fulmina vel impetrare Ansaldi, Hist. lib. II, c. 54), e di sapere spiegare quel che ogni fenomeno può presagire. Per questo motivo i nostri antenati, allorquando fioriva l’impero, ordinarono molto saviamente che sei figli dei principali senatori fossero inviati presso ciascun popolo dell’Etruria, a fine di esservi istruiti nella scienza degli Etruschi; per tema che, a motivo della corruzione degli uomini, non accadesse in seguito, che una sì grande autorità nella religione non venisse ad essere esercitata sotto titolo di guadagno da persone mercenarie. Quanto ai Frigii, ai Pisidi, ai Cilicii e agli Arabi, essi si regolano d’ordinario con i segni ch’essi traggono dagli uccelli: il che si fa ugualmente nell’Umbria. » (De Divinat. lib. I, c. XII, ediz. in-8. Parigi, 1818). – II vero Dio, abbiamo detto che manifestava le sue volontà per via d’oracoli propriamente detti: e si vede di continuo i conduttori d’Israele consultare il Signore nel tabernacolo,, o nel tempio per mezzo di voci misteriose che si udivano senza vedere, o vedendo l’essere da cui uscivano: testimoni Agar, Gedeone, Samuele a Silo, Saulle sulla strada di Damasco, Per mezzo di sogni, testimone Giacobbe, Giuda Maccabeo e molti altri. satana ha contraffatto tutti questi generi di rivelazione. Quanto agli oracoli propriamente detti, abbiamo già visto che erano innumerevoli nella Città del male. Se poi si tratta di voci misteriose, più sotto ne citeremo un esempio dei più notevoli. Frattanto ecco ciò che dice Cicerone: « I Fauni hanno fatto udire le loro voci: sovente gli dei sono comparsi sotto forme talmente sensibili, da forzare chiunque non è stupido o empio a riconoscere la loro presenza. » (Sæpe faunorum voces exauditæ; sæpe visæ formæ deorum, quemvis non hebetem aut impium, deos præsentes esse confìteri coegerunt. De Natur. Deor., lib. II, c. III). E altrove: « Sovente ancora, secondo la tradizione, si sono uditi dei fauni in mezzo alle battaglie, come pure vere voci si son fatte udire nei tempi di agitazione, senza che si potesse sapere donde venissero. Fra molti esempi di questo genere due soprattutto sono degni d’esser notati. Poco innanzi la presa di Roma si udì una voce che veniva dal bosco consacrato a Vesta…. e questa voce avvertiva che si avessero a ricostruire le mura, perché diversamente la città sarebbe presa in breve…. L’oracolo non fu riconosciuto che troppo vero. » (Sæpe etiam et in præliis fauni auditi: et in rebus turbidis veridicae voces ex occulto missæ esse dicuntur; cuius generis duo sunt ex multis exempla, sed maxima, etc. De Divinai., lib. I, c. XLV). – Si conoscono le quercie dodoniche, la cui specie non è estinta. « A Joal, scrive uno dei nostri missionari d’Africa, vi sono degli alberi fatidici e dei riti misteriosi per 1’evocazione dei genii. » (Annali della Prop. della Fede, n. 209, p. 270, an. 1868. — Trovansi ancora degli usi antichi trasformati, è vero, ma riconoscibili nelle abitudini della Grecia moderna. « La divinazione mediante l’esame delle ossa, diceva la signora Dora d’Istria, e particolarmente mediante la spalla arrostita, è una trasformazione evidente della ispezione delle interiora delle vittime, della quale si parla spesso in Omero. » A Dodona e a Delfo, il lauro venerato rivelava l’avvenire per mezzo della combustione delle sue foglie-sacre. Ai dì nostri, le giovani greche interrogano lo stormir delle foglie di rosa. Le querce fatidiche della Dodona di Epiro in cui i Pelasgi avevano un oracolo tanto famoso quanto il Mantéion di Delfo, ricevevano ancora sotto la loro ombra dei dormienti che domandavano l’avvenire ai loro sogni. Vedi Escursione nella Rumelia ed in Morea della sig. Dora d’Istria. Parigi, 1868). – Quanto ai sogni, Cicerone consacra nove capitoli del primo libro della Divinazione, riferendone alcuni dei più famosi tra i Greci ed i Romani. (Dal cap. XX al c. XXIX). I templi nei quali si andava a domandare, si trovavano dappertutto. « Il mondo, dice Tertulliano, ne era ricoperto. Per citarne qualcuno: chi non conosce quelli di Amfiarao a Oropo; di Anfiloco a Mallo; di Sarpedone nella Troade; di Trofonio nella Beozia; di Mopso in Cilicia; di Ermione in Macedonia; di Pasifae in Laconia? È cosa certa che spessissimo i demoni mandano dei sogni qualche volta veri, graziosi e seducenti e sappiamo perché; ma il più del solito confusi, ingannatori, vergognosi, immondi. » (De Anim, c. XLVI E XLVII). – Come Cicerone, anche il grande apologista ne dà una lunga nomenclatura. La credenza negli oracoli, cioè negli dei parlanti, non era meno universale della esistenza stessa degli oracoli. Udiamo ancora la duplice voce dell’antichità: « L’Oriente e l’Occidente, continua Tertulliano, i Romani. ed i Greci, tutta la letteratura del mondo, crede agli oracoli, gli commenta e gli afferma. » (Ibid.). La nostra Repubblica, dice Cicerone, ed anche tutti i regni, tutti i popoli, tutte le nazioni sono piene di esempi della incredibile veracità degli oracoli. Giammai quelli di Polydes, di Melampodis, di Mopso, di Amfiarao, di Calcante, d’Eleno non sarebbero stati tanto celebri: mai tante nazioni, come 1’Arabia, la Frigia, la Lycaonia, la Cilicia e soprattutto la Pisidia non avrebbero conservato i loro, fino ai nostri di, se tutta l’antichità non ne avesse attestato la veracità. Il nostro Romolo non avrebbe consultato mai gli oracoli per fondare Roma: e la memoria di Azzio Navio non sarebbe stata per sì lungo tempo fiorente, se tutti non avessero detto cose ammirabili di verità.2 (De legib. Lib II, c. XIII). Questa fede del genere umano, Cicerone la fa riposare sul seguente ragionamento: « È certo che vi sono degli dei; dunque essi ci fanno conoscere l’avvenire. Che se ce lo fanno conoscere con dei segni, bisogna checi diano nel tempo stesso il mezzo d’intendere questi segni; questo mezzo non può essere altro che la divinazione, dunque è una divinazione…. Se dunque la ragione ed i fatti stanno a prò mio; se le nazioni, se i barbari, se gli stessi nostri maggiori convengono in tutto ciò che ho esposto: qual argomento vi è per porlo in dubbio? Che se inoltre havvi una cosa che sia stata sempre riconosciuta dai più grandi filosofi, dai poeti più celebri e dagli uomini di un eminente saggezza, i quali hanno fondato le repubbliche, e edificate delle città; aspetteremo noi che le bestie parlino, e che l’accordo unanime del genere umano non basti? La verità degli oracoli è una cosa della quale non si è mai dubitato nel mondo, avanti la filosofia che si è sviluppata in seguito (Era il razionalismo che divorava ciò che rimaneva di antiche tradizioni presso i pagani); ed altresì dopo i progressi di questa filosofia, nessun filosofo ha mai avuto altro sentimento. Epicuro solo è di contraria opinione. Ma devesi contare per qualche cosa il sentimento d’un uomo che sostiene non esservi nessuna virtù gratuita nel mondo ? » (De Divinat. lib. I, c, XXXIX). Parlando dell’oracolo di Delfo in particolare: « Io sostengo, aggiunge lo stesso testimone, che questo oracolo non sarebbe stato mai così celebre né così famoso, mai sarebbe stato arricchito di donativi da tutti i popoli e da tutti i re, se tutte le generazioni non avessero riconosciuto la verità dei suoi responsi. » (Ibid. De divinit. Lib. I, c. XXIX). Più sotto assicura di nuovo, che non è solamente il popolo che crede agli oracoli, ma tutto ciò che vi è di più illuminato nel mondo. « Eccetto, dice, Epicuro, il quale non sa altro che balbettare, parlando della natura degli dei, tutti i filosofi hanno creduto agli oracoli. » (Ibid.). Infatti le scuole di filosofia le più celebri dell’antichità, quali le pitagoriche, le platoniche, le stoiche, difendevano gli oracoli con tutte le loro forze; e trattavano di empi e di atei il piccolo numero di epicurei e di cinici, che non vi prestavano fede. Questa credenza non ha cessato col paganesimo. « Dalla nascita del Salvatore del mondo in qua, dice Baltus, tutti i filosofi ne sono stati incaponiti più che mai. Essi hanno sostenuto gli oracoli con ardore, a fine di sostenere la causa della loro religione che andava in decadimento. Gli stessi epicurei ed i cinici dimenticando in questa occasione i principi e gli interessi della loro setta, li facevano valere quanto era possibile, come lo vediamo dall’opera di Celso nella quale quest’epicureo (Apud. Origen., lib. VII) oppone ai profeti dell’antico testamento gli oracoli della Grecia, ch’egli esalta molto al disopra di quelli dei profeti; e dei quali parla come uomo persuaso della loro eccellenza, e dei grandi vantaggi che ne aveva ritratti. Cosi è lo stesso di Massimo di Tiro, cinico di professione e maestro di Giuliano l’apostata. » Apud. Origen., Risposta, III part. p. 344 e seg. e p. 276). Con la stessa certezza con cui si credeva agli oracoli, si credeva pure alla presenza degli dei che gli rendevano. (Oracula, dice Cicerone, ex eo ipso appellata sunt, quod inest his deorum oratio. Topic; e altrove: Deus, inclusus corpore humano, jam non Cassandra, loquitur. De Divinai., lib. I, c. XXXI). Quindi il nome di un dio dato ad ogni oracolo: Apollo a Delfo; Esculapio a Epidauro; Giove al santuario di Memnone; e così degli altri. Ora quelli che i pagani chiamavano dii, non erano che demoni. Cento volte i Padri della Chiesa, testimoni degli oracoli e dei prestigi, l’hanno provato e con le parole e con i fatti. « Fin qui, dice Tertulliano, ho arrecato delle ragioni; ma ecco dei fatti evidenti, che provano che i vostri dei non sono altro che demoni. Si conduca dinanzi ai vostri tribunali un vero indemoniato, se qualche Cristiano gli comanda di parlare, quello spirito confesserà allora pure veramente che non è che un demonio; e altrove dice falsamente ch’egli è Dio. Chiamate pure quelli che sono ispirati da una delle vostre divinità: o la vergine che promette la pioggia, o Esculapio che guarisce i malati. Se questi dei, non osando mentire al Cristiano che gli interroga, non confessano che sono tanti demoni, voi fate morire sull’atto quel Cristiano temerario. Che cosa vi è di più evidente di questo fatto, di più sicuro di questa prova? » (Apol. C. XXIII). – San Cipriano parla come Tertulliano: « Sono, dice egli, gli spiriti maligni nascosti dentro le statue e dentro le immagini consacrate che ispirano i loro profeti; che agitano le fibre delle viscere delle vittime; che governano il volo degli uccelli, che dispongono delle sorti e che rendono gli oracoli, mescolandovi sempre il falso col vero.  » (De idolor. vanitat.). Poi in prova di ciò che egli dimostra, l’illustre dotto aggiungeva: « Però questi spiriti scongiurati nel nome del vero Dio ci obbediscono nell’atto; essi si sottomettono a noi, tutto ci confessano, e sono costretti ad uscire dai corpi che essi invasano. Si vede che le nostre preghiera raddoppiano le loro pene, che gli agitano, che gli tormentano orribilmente. Si sentono urlare, gemere, supplicare e dichiarare alla stessa presenza di quelli che gli adorano, donde vengono e quando si ritrarranno. » (Ibid.). –  Minuzio Felice, Lattanzio, sant’Atanasio e tutti i Padri latini e greci, affermano lo stesso fatto, e lo affermano, in faccia agli stessi pagani (la forma più recente di oracoli, è quella delle false apparizioni di presunte “Madonne”; in pratica tutte le apparizioni (spuntate come funghi negli ultimi tempi), che la vera Chiesa Cattolica non ha riconosciuto, erano, e sono … tutte provocate da demoni! – Vedi ad es. le false apparizioni sataniche di Medjugorie, puntello fradicio della falsa chiesa del novus ordo!! – ndr. -). –  O tutti questi grandi uomini erano allucinati, oppure bisogna riconoscere che erano ben sicuri di quel che dicevano, allo scopo di fondare sopra una simile prova 1’apologia del Cristianesimo e sulle verità della Religione da essi difesa. (Baltus I parte, p. 90 a 109). Bisognava pure che fosse allucinato, o che la verità degli oracoli gli fosse ben dimostrata perché uno dei più grandi uomini dei tempi moderni, il grave, l’illustre Keplero, non tema di scrivere in faccia alla scienza e alla mezza scienza: «Non si può negare che anticamente i demoni non abbiano parlato agli uomini per mezzo degli idoli, per mezzo delle querce, dei boschi, delle caverne, degli animali, per mezzo delle più mute parti del corpo, talmente che l’arte della divinazione non è nient’affatto una ciurmeria per ingannare i semplici.» (De Stella nova. — Comentarum physiologica, p. 107, in-4, Pragæ, 1606). Del resto tra i Cristiani ed i pagani, il punto in litigio non era la presenza degli spiriti negli oracoli, ma la natura di questi spiriti. I pagani asserivano che quegli spiriti erano tanti dei, e gli adoravano. Al contrario i Cristiani provavano che erano demoni ed avevano orrore del loro culto. Ma ripetiamolo, tutti erano d’accordo sulla presenza di agenti soprannaturali negli oracoli. Abbiamo detto che i Cristiani provavano che tutti questi dei, ispiratori d’oracoli, non erano altro che spiriti maligni, ed i loro argomenti erano senza replica. Da un lato essi forzavano quei pretesi dei a confessare essi medesimi che non erano che demoni. « Voi sapete bene, diceva Minuzio Felice ai suoi antichi correligionari, che i vostri dei, lo stesso Saturno, Serapide, Giove e tutti gli altri che adorate, confessano che non sono che demoni; ora non è credibile che mentiscano essi medesimi per disonorarsi soprattutto alla vostra presenza. Credeteli dunque e riconoscete che sono demoni poiché essi stessi ne fanno testimonianza. » (in Octav.)  Dall’altra parte, riassumendo secondo gli stessi autori pagani, gli oracoli degli dei, e gli atti che ne erano stata la conseguenza, mostravano con l’evidenza della luce che avevano costantemente comandato sacrifici umani e impudicizie che fanno arrossire: insegnata la magia, provocato guerre ed eccidi; lodato empi e scellerati, e annientato la libertà umana, sostenendo dappertutto il domma della fatalità e del destino. (Vedi le prove in Baltus, I parte, p. 118 a 180). – E voi considerate come tanti dei, diceva loro Lattanzio, quelli che oltraggiano a questo modo l’umanità e la verità! Sì, dii, ma dii maligni e perversi, vale a dire spiriti ribelli che vogliono usurpare il nome di Dio ed il culto che gli è dovuto. Non che essi desiderino onori, poiché non ve n’è per essi che si son perduti senza speranza di riabilitazione; né che abbiano la pretensione di nuocere a Dio, giacché nessuno lo può; ma agli uomini. Essi vogliono ad ogni costo stornarli dalla conoscenza e dal culto della maestà suprema, a fine di privarli della beata immortalità che essi medesimi hanno perduta a cagione della loro malizia. Essi offuscano la verità con tenebre e nubi, affinché l’uman genere non conosca né il suo Creatore, né il Padre suo. Per meglio riuscirvi essi si nascondono nei templi, si mescolano ai sacrifici, fanno dei prestigi che fanno stupire, e fanno rendere gli onori divini a dei simulacri di dei. » (Lact., lib. C. XVII). Di qui dunque resultano due fatti: il primo che il mondo pagano era pieno di oracoli; essi lo circondavano, come una linea di circonvallazione circonda una città assediata: oraculis stipatus. Tale è tra mille, la dichiarazione di Plutarco e di Tertulliano, due testimoni oculari, situati agli antipodi l’uno dall’altro è per ciò stranieri ad ogni connivenza.. Il secondo, che questi

oracoli erano resi da tanti spiriti. Su questo punto nuova unanimità dalla parte dei testimoni oculari. La moderna incredulità non osa negare il fatto: ma si ride della spiegazione. Secondo lei gli oracoli erano una pura ciurmeria, buona per divertire la moltitudine ignorante, ma senza influenza sugli uomini illuminati che non vi credevano. Una ciurmeria! ciò è presto detto: ma le vostre ragioni? Affermare, non è provare. Cosa è una ciurmeria che ha regnato su tutta l’estensione del globo per venti secoli, la quale ha costantemente gettato il genere umano nell’allucinazione, sino al punto di persuaderlo che egli vedeva ciò che non vedeva, che udiva ciò che non udiva? Una ciurmeria che regna ancora nella più gran parte della terra, dove essa continua a produrre lo stesso sconvolgimento dei sensi e della ragione? Una ciurmeria che non ha cessato presso le nazioni incivilite, se non che all’arrivo del Cristianesimo; che continua con lo stesso successo presso tutti i popoli che il Cristianesimo non ha illuminati, e che ritorna dove la sua luce sparisce? Singolare ciurmeria il cui segreto si perde quando il mondo diventa Cristiano, e che si rinviene quando cessa d’esserlo. (Ad. es. nelle conventicole massoniche!! – ndr. -) Dite il nome, il paese, la nascita dell’abile ciurmatore che l’ha inventata, e che rinunzia al suo mestiere secondo il grado di latitudine, dove si trova egli rapporto al Cristianesimo? Ammettere una ciurmeria universale e universalmente creduta, è ammettere la follia universale ; ma se il genere umano è folle, provate che voi siete savio? E poi di qual natura era questa ciurmeria? Essa era buona, dite voi, per divertire la moltitudine ignorante. Singolare divertimento per la moltitudine anche ignorante, come il sacrificio di ciò che aveva di più caro. Si son veduti mille volte, su mille punti del pianeta, migliaia di genitori portare agli altari di divinità mostruose i loro propri figli: e voi credete che essi obbedissero ad una semplice ciurmeria! Si sono vedute intere popolazioni, come i Pelasgi della Magna Grecia, abbandonare i loro beni e la loro patria, per sottrarsi agli ordini di questi oracoli sanguinari; e mai è venuto loro il pensiero di diffidare delle ciurmerie sacerdotali! Voi ammettete, senza inarcare le ciglia, che uomini abbiano potuto burlarsi così dei loro simili per tanti secoli, senza che nessuno abbia potuto mai scoprire la loro furberia! Se voi siete increduli in materia di religione, convenite però che non è la credulità che vi manca. Siate almeno d’accordo con voi stessi. Per voi l’antichità pagana è l’epoca della vera luce: e voi ne fate l’epoca la più facile ad ingannare! Sarebb’egli vero che le vostre convinzioni cambiano con i bisogni della polemica? Voi rispondete: non si tratta che della moltitudine ignorante; e la troviamo nell’istesse epoche più incivilite. Invero, moltitudine singolarmente ignorante, che secondo Tertulliano comprende tutti i letterati del mondo, omnis sæculi litteratura; e che, dietro la testimonianza dello stesso Cicerone, si compone di tutto ciò che i popoli pagani dell’Oriente e dell’Occidente hanno conosciuto per due mila anni, di più celebre per il genio e per la scienza. Re, legislatori, capitani, oratori, filosofi di tutti i nomi, pitagorici, platonici, stoici, tutti gli uomini infine, meno tre o quattro bruti epicurei, Epicuri de grege porci: ecco di che si compone la moltitudine ignorante che ha creduto agli oracoli. E voi non vi credete! Badate, che la negazione è pericolosa; ella potrebbe farvi applicare il proverbio: Chi si assomiglia, si piglia. – Innanzi di continuare l’esame dell’obiezione, fermiamoci un istante. Per separarsi in tal modo dalla fede comune, vi vogliono più pretesti, e più motivi. Fin qui non abbiamo visto che i primi, vediamo quali possono essere i secondi. Ve ne sono due: l’ignoranza e l’interesse. Un grave filosofo ce lo spiegherà. « L’ignoranza di noi medesimi, dice, ci fa dimenticare che gli uomini sono naturalmente increduli: Noi non vediamo cosi facilmente ciò che è al di là di quel che noi vediamo. Tutto ciò che è meraviglioso e straordinario, sembra loro sospetto. Essi vi sospettano sempre della frode e dell’impostura, e per poco che ve ne sia, non è possibile che sfugga loro. Avviene altresì troppo spesso, che con questa avversione naturale al credere tutto ciò che sembra straordinario, essi suppongano della furberia, dove non hanno la minima ragione di sospettarne. Che se la verità, e spesso una verità tutta divina, dura tanta fatica a farsi riconoscere, come mai una furberia puramente umana potrebb’ella sostenersi lungo tempo? Come potrebb’ella sussistere tanti secoli e ingannare non pochi ignoranti, ma gli uomini più dotti e le intere nazioni più illuminate e più abili? « Tali sono stati alla lettera quei famosi oracoli del paganesimo. Essi hanno sussistito più di due mila anni; durante questo tempo, sono stati consultati, ammirati e rispettati da tutto il paganesimo, dai popoli e dalle nazioni più illuminate. I Greci ed i Romani gli hanno considerati come ciò che vi fosse di più augusto e di più divino nella loro religione. Tutti i filosofi sono stati convinti come gli altri. Appena se ne trova un solo tra coloro, che simili alle bestie, non riconoscessero né divinità, né provvidenza, né immortalità dell’anima, osando balbettare che tutti questi oracoli, non sono stati che furberie dei sacerdoti degli idoli. » (Baltus, p. 231 e seg.). Da ciò si vede donde venga l’opposizione. Non è né  l’autorità, né la scienza che la motivano, ma l’interesse del cuore. Il soprannaturale importuna l’uomo animale ed ei lo nega. Ma la sua negazione lo conduce all’assurdo. « Gli antichi e moderni epicurei, continua Baltus, sono costretti ad ammettere il fatto degli oracoli; ma nel modo con cui essi lo spiegano, gli oracoli erano tante furberie così grossolane, che dovevano essere incapaci d’ingannare, anche per sei settimane, la gente della campagna la più stupida e la più ignorante. Secondo essi si parlava agli adoratori in tante statue vuote; gli si urlava nelle orecchie con delle trombette; e si addormentavano con un non so quale sorta di droghe; e si presentava dinanzi ai loro occhi delle marionette. E per più di due mila anni, tutti i popoli hanno creduto che tutto ciò fosse divino, soprannaturale, miracoloso, in una parola, opera degli dei, ed effetto della loro potenza! Tra i filosofi più abili, in seno a nazioni le più illuminate, non si è trovato alcuno che ne scoprisse la frode! Che forse gli uomini d’allora fossero incapaci di sospettare che si potesse o che si volesse ingannarli? Se i sacerdoti degli idoli avevano interesse a divertirli ed a sedurli, non ne avevano molto più nell’evitare d’esserlo? » (Baltus, part. 231 e seg.). Allo scopo di dare alla loro spiegazione naturale degli oracoli una vernice di scienza, altri epicurei gli hanno attribuiti a delle virtù nascoste, a delle proprietà ignote alla natura, a dei fluidi, od a certe esalazioni della terra. (Così parla Plinio, l’epicureo, lib. 2, natur. hist., c. XCIII). Ma se queste virtù sono nascoste, se queste proprietà sconosciute, come sanno eglino che possano pronunziare degli oracoli? Quali relazioni si sono verificate tra certe esalazioni della terra, e la facoltà di predire l’avvenire o di vedere a certa distanza? Essi non si accorgono che si rendono ridicoli agli occhi del senso comune, mettendo delle parole in luogo delle cose; ed agli occhi dei loro confratelli, cercando seriamente la causa di un effetto, che non è altro che una chimera, od una furberia grossolana di qualche impostore, e poi si dichiarano fermamente increduli! « La verità è, che per credere che tanti grandi uomini e tante nazioni differenti, sono stati in un accecamento così prodigioso durante un così lungo seguito di secoli, ci vuole una fede molto robusta. Egli è più facile credere, quel che vi è di più incredibile, e di più prodigioso nelle favole. Cionondimeno voi credete questo prodigio, quantunque siate nemici del meraviglioso. Da che cosa dipende ciò? Dipende che, molta gente non ama sentir parlare dei demoni né di tutto ciò che vi possa aver relazione. Questo risveglia certe idee dell’altra vita che non piacciono: credono essi abbastanza le verità della religione sopra ragionamenti speculativi; ma prove troppo sensibili di queste medesime verità, gli danno noia. » (Baltus, ubi supra).