CONOSCERE LO SPIRITO SANTO (20)

Mons. J. J. Gaume:  

[vers. Ital. A. Carraresi, vol. I, Tip. Ed. Ciardi, Firenze, 1887; impr.]

CAPITOLO XIX.

Storia religiosa delle due Città.

L’uomo nato per diventare simile a Dio e fratello del Verbo incarnato — Nella Città del bene la religione lo conduce a questa rassomiglianza e a questa fraternità — Nella Città del male la Religione lo conduce alla rassomiglianza ed alla fraternità di satana —Parallelismo generale delle due religioni — Tre punti particolari di confronto: la Bibbia, il Culto, il Sacrifizio — La Bibbia di Dio e la Bibbia di satana: parallelismo — Il culto di Dio e il culto di satana — Nel culto satanico, come nel culto divino, nulla è lasciato all’arbitrio dell’uomo: importante testimonianza di Porfirio.

L’uomo compie il suo pellegrinaggio quaggiù tra i due eserciti nemici. Noi conosciamo questi formidabili eserciti, i loro Re, i loro Principi, la loro formazione, i loro piani. Resta da studiare i loro mezzi d’azione, le loro vittorie e le loro sconfitte. Nate nel cielo, la Città del bene e la Città del male, non aspettano che la creazione dell’uomo per stabilirsi sulla terra. Difatti, l’obiettivo della lotta è l’uomo. Adamo è creato; egli respira, apparisce agli sguardi dell’universo, nella maestà della sua regia potenza. Adorno di tutte le grazie dell’innocenza e di tutti gli attributi della forza, egli è bello della bellezza dello stesso Dio, la cui immagine risplende in tutto il suo essere. Per mantenerlo nella sua dignità, durante la vita del tempo; per innalzarlo ad una più alta dignità, durante l’eternità, divinizzandolo, gli è data la Religione. Unire l’uomo al Verbo incarnato, in modo da fare di tutti gli uomini e di tutti i popoli altrettanti verbi incarnati; tale è il fine supremo della Religione. satana nel vedere svilupparsi sulla terra il concetto divino da lui combattuto in cielo, fremette. Per arrestare l’opera della infinita Sapienza, il suo odio spiega tutti i suoi mezzi. Egli oppone alla Religione che deve divinizzare l’uomo e condurlo ad una eterna felicità, una religione che deve imbestiarlo e trascinarlo per sempre nell’abisso dell’infelicità. Tutto ciò che Dio fa per salvare 1′ uomo, satana lo scimmiotta per perderlo. Fra questi mezzi di santificazione e di perdizione il parallelismo è completo. Il Re della Città del bene ha la sua Religione. Il re della Città del male ha la sua. Il Re della Città del bene ha i suoi Angeli; ha la sua Bibbia, i suoi Profeti, le sue apparizioni, i suoi miracoli, le ispirazioni, le minacce, le sue promesse, i suoi apostoli, i suoi sacerdoti, i suoi templi, le formule sacre, le sue cerimonie, le sue preghiere, i sacramenti, i sacrifici. Il re della Città del male ha i suoi angioli; ha la sua Bibbia, i suoi oracoli, le sue manifestazioni,‘i suoi prestigi, le sue tentazioni, le sue minacce, le sue promesse, i suoi apostoli, i suoi sacerdoti, i suoi templi, le sue formule misteriose, i suoi riti, le sue iniziazioni e sacrifici. Il Re della Città del bene ha le sue feste, i suoi santuari privilegiati, i suoi pellegrinaggi. Il re della Città del male ha le sue feste, i suoi luoghi fatidici, i suoi pellegrinaggi, i suoi soggiorni preferiti. Il Re della Città del bene ha le sue arti e le sue scienze; ha la sua danza, la sua musica, la sua pittura, la sua statuaria, la sua letteratura, la sua poesia, la sua filosofia, la sua teologia, la sua politica, la sua economia sociale, la sua civiltà. Il re della Città del male ha parimente tutte queste cose. [Non ha egli forse Satana trovato il suo cantore in Italia in Giosuè Carducci che ha composto un inno in suo onore, e lo stendardo di lucifero non ha egli sventolato e trionfato più volte in questi ultimi anni? – N. d. Ed.] –

Il Re della Città del bene ha i suoi segni di riconoscenza e di preservazione: il segno della croce, le reliquie, le medaglie, l’acqua benedetta.

Il re della Città del male ha i suoi segni cabalistici, le sue parole di passo, i suoi emblemi, i suoi amuleti, i suoi talismani, la sua acqua lustrale.

Il Re della Città del bene ha le sue congregazioni di propaganda e di devozione, legate a voti solenni.

Il re della Città del male ha le sue società segrete, destinate ad estendere il suo regno, e legate da giuramenti terribili.

Il Re della Città del bene ha i suoi doni, i suoi frutti, le sue beatitudini.

Il re della Città del male possiede la contraffazione di tutto ciò.

Il Re della Città del bene è adorato da una parte del genere umano.

Il re della Città del male è adorato dall’altra.

Il Re della Città del bene ha la sua dimora eterna oltre la tomba.

Il Re della Città del male ha la sua nelle stesse regioni.

Svolgiamo alcuni punti di questo parallelismo tremendo e tanto poco temuto: la Bibbia, il culto ed il sacrificio.

L’uomo è un essere istruito. A fine di conservarlo eternamente simile a se stesso, eterizzando l’insegnamento primitivo, il Re della Città del bene ha degnato fissare la sua parola mediante la scrittura: Egli ha dettato la Bibbia. La Bibbia dello Spirito Santo dice la verità, sempre la verità, nient’altro che la verità. Essa la dice intorno all’origine delle cose, intorno a Dio, intorno all’uomo e intorno a tutto quanto il creato. Essa la dice sul mondo soprannaturale, sui suoi misteri, sui suoi abitanti, e sopra i fatti luminosi che provano la loro esistenza ed il loro intervento nel mondo inferiore. Essa la dice sulle regole dei costumi, sulle lotte obbligate della vita, sul governo delle nazioni mediante la Provvidenza, sopra i castighi del delitto e sulle ricompense della virtù. Per illuminare il cammino dell’uomo attraverso ai secoli, consolare i suoi dolori, sostenere le sue speranze, essa gli annunzia mediante numerose profezie, gli avvenimenti che debbono compiersi nel suo passaggio, mostrando in lui tutto il termine finale verso cui deve camminare. La Bibbia dello Spirito Santo dice tutta la verità. Da lei, come da un focolare sempre acceso, escono la teologia, la filosofia, la politica, le arti, la letteratura, la legislazione, in una parola, la vita sotto tutte le sue forme. Per quanto siano così numerosi e così vari tutti i libri della Città del bene, non sono né possono essere che il commento perpetuo del libro per eccellenza. La Bibbia dello Spirito Santo non si contenta d’insegnare, ma canta le glorie ed i benefici del Creatore, canta la bellezza della virtù, la felicità dei puri cuori; canta i nobili trionfi dello spirito sulla carne; e, per educare l’uomo alla perfezione, canta le perfezioni di Dio medesimo, suo modello obbligato e suo magnifico rimuneratore. Ora a misura che il Re della Città del bene ispira la sua Bibbia, il re della Città del male ispira la sua. – La Bibbia di Satana è un miscuglio artificioso di molte menzogne e di alcune verità: verità alterate ed oscure per servire di passaporto alla favola. Essa mentisce intorno all’origine delle cose: mentisce su Dio, sull’uomo e sul mondo inferiore: essa mentisce nel mondo soprannaturale, sui suoi misteri ed i suoi abitanti, mentisce sulle regole dei costumi, sulle battaglie della vita, sui destini dell’uomo. Per mezzo d’oracoli sparsi in ogni sua pagina, essa inganna la curiosità umana, sotto pretesto di rivelarle i segreti del presente ed i misteri dell’avvenire. Ad ogni popolo soggetto al suo impero, satana dà un esemplare della sua Bibbia, lo stesso per il fondo, ma diverso nei particolari. Percorrete gli annali del mondo, voi non troverete una sola nazione pagana che non abbia per punto di partenza della sua civiltà un libro religioso, una Bibbia di satana. Mitologie, libri sibillini, Vedas; sempre e dapertutto avete un codice che ispirato dà nascita alla filosofia, alle arti, alla letteratura ed alla politica. La Bibbia di satana diventa il libro classico della Città del male, come la Bibbia dello Spirito Santo diventa il libro classico della Città del bene. La Bibbia di satana unisce alla prosa la poesia. Sotto mille nomi diversi essa canta lucifero e gli angeli ribelli; essa canta le loro infamie e le loro malizie: inneggia tutte le passioni; e per attirare l’uomo nell’abisso della degradazione essa gli mostra gli esempi degli dei. Oggetto di infiniti commenti, la Bibbia di satana diviene un mortale veleno, anche per la Città del bene. Sant’Agostino ne piange le devastazioni, e san Girolamo denunzia in questi termini il libro infernale: « La filosofia pagana, la poesia e la letteratura pagana, sono la Bibbia dei demoni. » [Cibus est dæmoniorum, sæcularis philosophia, carmina poetarum, rhetoricorum pompa verborum. Epist. de duób. Filiis). – All’insegnamento scritto o parlato non si limita il parallelismo della Città del bene e della Città del male: esso si manifesta in un modo forse più imponente nei fatti religiosi. Nella Città del bene, nessun ragguaglio del culto è lasciato all’arbitrio dell’uomo. Tutto è regolato da Dio medesimo. L’antico Testamento ce lo mostra dettando a Mosè, non solamente gli ordinamenti generali ed i particolari regolamenti, concernenti i sacerdoti e le loro funzioni; ma altresì dando il disegno del tabernacolo, determinandone le dimensioni e la forma, indicante la natura e la qualità dei materiali, il colore delle stoffe, la misura degli anelli, e persino il numero dei chiodi che devono essere adoprati nella sua costruzione. La forma dei vasi d’oro e d’argento, i turiboli, gli arnesi, le figure di bronzo, i sacri utensili, tutto è di ispirazione divina. Lo stesso è del luogo in cui l’Arca deve riposare, dei giorni in cui fa d’uopo consultare il Signore, delle precauzioni da prendere per entrare nel santuario, delle vittime che debbono essere immolate, o delle offerte che bisogna fare per piacere a Jehovah ed ottenere i suoi responsi e i suoi favori. (Exod., xxxv, e seg.). In ciò per cui vi era legge sacra nella Sinagoga, continua ad esservene una non meno sacra nella Chiesa. Nessuno ignora che tutti i riti del culto cattolico, la materia e la forma dei Sacramenti, le cerimonie che li accompagnano, gli abiti dei sacerdoti, la materia dei vasi sacri, l’uso dell’incenso, il numero ed il colore degli ornamenti, la forma generale, e il mobiliare essenziale dei templi, come pure i giorni più favorevoli alla preghiera sono determinati non per i particolari ma per lo stesso Spirito Santo, ovvero in suo nome, per la Chiesa. –  Si comprende quanto questa origine soprannaturale sia propria a conciliare al culto divino il rispetto dell’uomo, e necessaria per prevenire l’anarchia nelle cose religiose. satana ha compreso meglio di noi. Questa grande scimmia di Dio ha regolato da se medesimo tutti i particolari del suo culto. Ecco ciò che bisogna sapere e ciò che non si sa, attesoché, a malgrado dei nostri dieci anni di studi alla scuola dei Greci e dei Romani, noi non conosciamo la prima parola dell’iniquità pagana. Le sue usanze religiose, la forma delle statue, la natura delle offerte e delle vittime, le formule di preghiere, i giorni fasti o nefasti, e tutte le altri parti dei culti pagani, ci appariscono come il resultato della ciarlataneria, dell’immaginazione e del capriccio degli uomini; ma è un errore capitale. La verità è, che niente di tutto ciò è arbitrario. Ascoltiamo l’uomo, che meglio di tutti ha conosciuto i misteri della religione di satana. « É cosa costante, dice Porfirio, che i teologi del paganesimo hanno appreso tutto ciò che risguarda il culto degli idoli dalla scuola medesima dei grandi dei. Essi medesimi hanno loro insegnato i propri segreti più nascosti; le cose che loro piacciono; i mezzi di costringerli; le formule per invocarli; le vittime da offrirli e il modo di offrirle; i giorni fasti e nefasti; le figure sotto le quali volevano essere rappresentati; le apparizioni per le quali essi rivelavano la loro presenza; i luoghi che frequentavano con più assiduità. In una parola, non havvi assolutamente niente che gli uomini non abbiano appreso da essi per ciò che riguarda il culto da rendersi a loro, poiché tutto vi si pratica dietro i loro ordini ed i loro insegnamenti. 1 » (Apud Euseb., Præpar. evang., lib. V, c. XI). – Ed aggiunge: « Quantunque noi si possa affermare ciò che anticipiamo con una infinità di prove senza replica, ci limiteremo a citarne un piccolo numero, per mostrare che parliamo con cognizione di causa. Così l’oracolo di Ecate ci mostrerà, che sono gli dei che ci hanno insegnato come e di qual materia le loro statue debbano esser fatte. Quest’oracolo dice: Scolpite una statua di legno ben levigato come ve lo insegnerò: fate il corpo di una radice di ruta selvatica, poi ornatelo di piccole lucertole domestiche, stiacciate della mirra, dello storace e dell’incenso con gli stessi animali, e lascerete questo impasto all’aria aperta durante il crescer della luna; allora, indirizzate i vostri voti nei seguenti termini. « Dopo aver dato la formula della preghiera, l’oracolo indica il numero delle lucertole che devonsi prendere: quante differenti formule pronunzierò tanti di questi rettili piglierete; e fate queste cose con diligenza. Voi mi costruirete una abitazione con i rami di un olivo selvatico; e rivolgendo fervide preghiere a quella immagine, voi mi vedrete mentre dormirete ». Il gran teologo del paganesimo continua: « Quanto alle attitudini nelle quali devonsi rappresentare gli dei, essi medesimi ce l’han fatto conoscere; e gli statuari si sono religiosamente conformati alle loro indicazioni. Così Proserpina parlando di se stessa dice: Fate tutto ciò che mi spetta nell’ideare la mia statua. La mia figura è quella di Cerere adorna dei suoi frutti, con candide vesti e calzatura d’oro. Attorno alla mia figura scherzano lunghi serpenti che strisciandosi sino a terra, solcano le mie tracce divine; dalla sommità del mio capo, altri serpenti arrivano sino a miei piedi e avvolgenti intorno al mio corpo formano tante spire piene di grazia. Quanto alla mia statua essa deve essere di marmo di Paros, o d’avorio molto liscio. » (Apud Euseb., Præpar., evang. lib. V, c. XIII). – Pane insegna ad un tempo la forma sotto cui vuole essere rappresentato e l’inno che si deve cantare in onore suo: « Mortale, rivolgo i miei voti a Pane, il dio che unisce le due nature ornate di corna, bipede, con le estremità di un capro e propenso all’amore. » (Ib. Id.) – Non è dunque il Medio Evo che per primo abbia rappresentato il demonio sotto la forma di un montone. Prediligendo questa forma, satana, libero o forzato, si faceva giustizia: e nel dargliela il paganesimo restava fedele ad una tradizione troppo universale per essere falsa, troppo inesplicabile per essere inventata. Lo stesso Spirito Santo lo conferma, insegnandoci che i demoni hanno costume di apparire e di eseguire de’ giri infernali, sotto la figura di questo animale immondo. A causa di questi delitti, il paese di Edom è condannato ad essere distrutto: E in mezzo a queste ruine danzano i demoni sotto la forma di caproni e di altri mostri conosciuti dall’antichità pagana.  La contraffazione satanica va anche più oltre. Il Re della Città del bene si chiama lo Spirito dei sette doni. A fine di scimmiottarlo e di ingannare gli uomini imitandolo, il Re della Citta del male si fa chiamare il Re dei sette doni. Quindi egli indica i giorni favorevoli per invocare i suoi sette grandi satelliti, ministri dei sette doni infernali. Nei suoi oracoli, Apollo pigliando in imprestito la forma biblica così parla: « Ricordati d’invocare nello stesso tempo Mercurio ed il Sole, il giorno consacrato al Sole: di poi la Luna, allorché apparirà il suo giorno; poi Saturno; finalmente Venere. Tu adopererai le parole misteriose, trovate dai più grandi maghi, il Re dai sette doni conosciutissimo da tutti…. chiama sempre sette volte, a voce alta, ciascuno degli dei. » Sarebbe facile moltiplicare le testimonianze: ma a che giova? quelli che sanno le conoscono. Vale meglio affrettarsi a concludere, dicendo con Eusebio: « Che l’illustre filosofo dei Greci, il teologo per eccellenza del paganesimo, l’interprete dei misteri nascosti, fa conoscere con tali citazioni la sua filosofia per via di oracoli come racchiudenti i segreti ammaestramenti degli dei, allorquando evidentemente essa non rivela altro che le insidie tese agli uomini mediante le potenze nemiche, vale a dire per mezzo dei demoni in persona. » (Id. ib.). L’ispirazione satanica a cui si deve nel suo complesso e nei suoi ultimi particolari, la religione pagana dei popoli dell’antichità, prescrive con la stessa autorità e regola, con la stessa precisione i culti idolatri dei popoli moderni. Interrogate i sacerdoti, o come oggi noi diciamo i medium,, i quali presiedono a queste forme differenti di religione, tutti vi diranno che esse vengono dagli spiriti, dai manitous o da qualche personaggio amico degli dei e incaricato di rivelare agli uomini il modo di onorarli: essi non mentono. Satana è sempre lo stesso, ed egli regna presso questi popoli infelici con lo stesso impero ch’egli esercitava anticamente tra noi. Cosi le formule sacre dei Tibetani, dei Cinesi, dei negri dell’Africa, dei selvaggi dell’America e dell’Oceania, i loro misteriosi riti, le loro pratiche, ora vergognose, ora crudeli e ridicole, la distinzione dei giorni buoni o cattivi, del pari che la forma bizzarra, orrida, spaventevole o lascivia dei loro idoli, non debbono essere imputati a malizia naturale dell’uomo, ai capricci dei sacerdoti od all’immaginazione ed alla inabilità degli artisti. (1) Tutto viene dai loro dei, e tutti i loro dei sono tanti demoni: omnes dii gentium dæmonia.

(1) [Chi crederà che i Cinesi per esempio, supposto che siano Cinesi, non potessero rappresentare i loro dei, altrimenti che con fantocci ridicoli o idoli mostruosi? « In Cina, scrive un missionario, l’idolo principale è ordinariamente di una straordinaria grandezza, con un viso gonfio, col ventre di una ampiezza smisurata, una lunga barba finta e altri vezzi dello stesso genere…. Noi trovammo dentro una pagoda parecchi idoli alti 12 piedi, il cui ventre aveva almeno 18 piedi di circonferenza. » Annali etc., n° 72, p. 481; e n° 95, p. 341. — Si può dire la stessa cosa di tutti i popoli idolatri, antichi e moderni].

 

PILLOLE DI SALVEZZA -2- RAPPORTI CONIUGALI – ACQUA BENEDETTA.

– 1 Rapporti coniugali. -765-

A. — LICEITÀ.

I. L’atto coniugale è lecito, quando si compie per la procreazione dei figli o, senza escludere positivamente la procreazione, per qualche altro fine onesto.

Motivi onesti sono: fomento del mutuo amore e della mutua concordia; ristabilimento della pace, evitare il pericolo di incontinenza per sé o per il coniuge, ecc. — Le relazioni coniugali sono lecite anche quando è certo che non potrà avvenire la concezione in modo alcuno, per es. nei vecchi, negli sterili, quando alla donna furono levate le ovaie o la matrice, quando si è certi che avverrà un parto morto o precoce (settimino), quando, per una disposizione patologica della donna, il semen, dopo la copula, fluisce da se stesso, aut si ob senectutem vel similem causam semen virile saepe extra vas effunditur. Secondo parecchi autori l’atto coniugale resta lecito anche quando i coniugi sono divenuti impotenti dopo lo sposalizio, purché sia ancora possibile una « penetratio vaginæ », per es. quando all’uomo furono asportati i testicoli o quando subì la vasectomia. Circa i tempi agenesici, cfr.

n. 776.

Fœcundatio artificialis est illicita, si maritus semen extra vaginam effundit (est enim pollutio vel onanismus), et medicus semen ope instrumenti colligit et in uterum inicit; ad vitanda incommoda vere gravia uxor passive se habere potest. Hæc fæcundatio artificialis est illicita, quia actus coniugalis natura sua est coniugum cooperatio personalis, simultanea et immediata. (Cfr. discorso di Pio XII alle ostetriche, 29 ott. 1951).

— Licita est fila praxis, qua ope instrumenti vagina dilatatur vel uterus in naturali positione collocatur, et maritus copulam habet modo ordinario. Sunt etiam qui putent licitam esse illam fœcundationem artificialem, in qua vir intra vaginam semen effundit et medicus ope instrumenti semen colligit et in uteri fundum inicit. ( Cfr. il discorso di Pio XII, 29 sett. 1949, al IV Congresso intern. dei medici cattolici: AAS, XLI, 1949, p. 557 ss.).

II. La copula diviene illecita solo nelle seguenti condizioni, quando:

1° La procreazione è resa più difficile.

Nessuna posizione o sito pertanto è gravemente colpevole, se può ancora avvenire la concezione. Ma se questa si rende difficile, si ha peccato veniale, compiendosi l’atto in tal modo, senza motivo sufficiente. — Effusio seminis in ore vaginæ (copula dimidiata) est peccatum leve, si quis hoc modo se gerit, ut conceptionem difficiliorem reddat; nullum autem peccatum est, si copula alio modo haberi non potest aut saltem non sine gravi incommodo. — Peccatum veniale uxor committit, si seminationem cohibet ad difficiliorem reddendam conceptionem.

766

2° Ne risente danno la sanità.

Qualora con l’atto coniugale fosse congiunto un immediato pericolo di morte, la copula è proibita sotto pena di peccato mortale. — Se da essa risulta un grave danno o un pericolo remoto di morte, occorre un motivo grave per la sua liceità, per es. che, specialmente in caso di malattia diuturna di un coniuge, l’altro non violi la fedeltà coniugale, o che resti assicurata la pace domestica. Tuttavia non v’è obbligo di compiere l’atto coniugale dietro preghiere dell’altra parte (cfr. n. 772). In caso di malattie veneree, per un motivo grave si può tollerare che il coniuge malato chieda al coniuge sano il debito coniugale, dopo però aver avvertito il sano della propria malattia; se l’altro coniuge, poi, vuol compiere tale sacrificio, può, ma non è tenuto. In generale però è da sconsigliarsi che uno affetto da simili mli compia l’atto coniugale. — Ai tubercolotici sono leciti i rapporti coniugali, ma con moderazione. — Dopo un parto, l’atto coniugale è proibito generalmente sub gravi durante le prime due settimane, sub levi durante le quattro seguenti; è lecito durante il periodo dell’allattamento.

— Durante la gravidanza, i rapporti coniugali sono leciti, purché si eviti il pericolo di aborto. — Durante le mestruazioni, come norma, è da sconsigliarsi l’atto coniugale; pure, per motivo ragionevole, è lecito. In caso di emorragie morbose della matrice, piuttosto prolungate, può derivare dall’atto coniugale un grave danno alla donna in certe forme di malattie; perciò è necessario richiedere il consiglio di un medico competente e cosciente. — La circostanza che i figli nati da un matrimonio, per es. per causa di malattia dei genitori, resteranno deboli e infermicci o moriranno già prima di nascere, non rende illecito l’atto coniugale.

3 ° Ne soffre danno la salute dell’anima.

È gravemente peccaminoso compiere l’atto in presenza di terzi. Se inaspettatamente sopraggiunge alcuno, si deve troncare subito l’atto coniugale, anche se certamente ne seguirà la polluzione; alla quale però non è mai lecito acconsentire.

— Chi emise il voto di castità, non può chiedere il debito coniugale, salvo che l’altro coniuge non si trovi in pericolo di incontinenza e abbia ripugnanza a chiedere; alla richiesta (almeno tacita) dell’altro coniuge, deve invece prestare il debito coniugale, anche quando l’altra parte avesse fatto similmente il voto di castità. — In caso di invalidità del matrimonio, l’atto coniugale è proibito sotto pena di peccato mortale, anche se un coniuge soltanto è a conoscenza della nullità. — In caso di dubbio serio sulla validità del matrimonio ci si deve accertare con una accurata inchiesta. Nel frattempo non è lecito chiedere il debito coniugale; ma se l’altro coniuge non ha dubbio alcuno in merito, dietro sua richiesta glielo si deve prestare. Non potendosi appurare il dubbio, il matrimonio deve ritenersi valido, e quindi lecito l’uso.

Nota. — I TEMPI SACRI non rendono illeciti i rapporti coniugali, benché in tempi di penitenza debba consigliarsi la moderazione. — Anche la notte precedente la Comunione sono leciti i rapporti coniugali, quantunque coloro che si comunicano di rado faranno bene ad astenersi dall’atto coniugale; alla richiesta dell’altro coniuge, però, la copula è un dovere. E le donne devono ben guardarsi dal prestare l’atto coniugale di malumore.

768

III. Gli atti incompleti (actus imperfecti luxuriæ, v. g. aspectus, oscula, amplexus, tactus, etc.) in quanto alla loro liceità devono essere distinti nel modo seguente:

In unione con l’atto coniugale come preparazione e come complemento sono sempre leciti. Hoc valet de aspectibus, osculis vel tactibus etc. honestis vel minus honestis, sive in corpore proprio sive in corpore compartis. Si uxor in copula ipsa plenam voluptatem non habet, eam sibi procurare potest tactibus immediate ante vel post copulam; et vir postquam rite seminavit, non debet, imo generaliter non potest exspectare seminationem uxoris, quia relaxatio partium virilium generaliter sequitur immediate post seminationem. Pauci auctores putant uxori quoque licere sibi procurare tactibus, etc, istam plenam voluptatem postquam vir onanista se retraxerit, ut semen extra vas effundat. — Marito vero non licet sibi procurare istam plenam voluptatem, si mulier se retrahit postquam ipsa seminavit, quia seminatio viri extra vas nihil confert ad generationem.

769

 2° Extra copulam, id est quando coniuges copulam habere aut nolunt aut non possunt:

a) actus mutui licent, si fiunt ex iusta causa (v. g. signum amoris), et periculum pollutionis abest (etsi pollutio per accidens aliquando sequatur) aut si cum periculo pollutionis fiunt ex gravi causa (v. g. ad avertendam suspicionem, ad retrahendum virum a viis adulterinis, ad obœdiendum comparti petenti, ut illi actus permittantur aut reddantur). – Quæ vero dieta sunt de periculo pollutionis solummodo valent, si actus per se graverri influxum in pollutionem habent, non vero si influxus est per accidens, v. g. ob singularem dispositionem agentis (cfr. n. 225). — Actus qui natura sua gravem influxum in pollutionem habent, sunt peccata gravia, si absque proportionata causa excercentur. — Alii actus, qui levem influxum habent et sine justa causa fiunt, peccata levia sunt; si vero ponuntur cum intentione pollutionis evadunt peccata mortalia. — Consensus in delectationem cum pollutione coniunctam est peccatum mortale; multi vero hoc nesciunt, nec expedit eos hac de re monere.

b) actus solitarii delectationis venereæ causa exerciti sunt peccata mortalia, si natura sua gravem influxum in pollutionem habent, vel si fiunt cum intentione pollutionis; si absque hoc periculo et absque hac intentione fiunt, in praxi prohiberi non possunt sub comminatione peccati mortalis.

c) delectatio morosa in coniugibus est, excluso periculo pollutionis, peccatum nullum aut leve aut grave, prout res, de quibus coniugibus delectantur, ipsis licitæ sunt vel prohibitæ sub levi vel sub gravi. Idem dicendum est de desideriis. — Delectatio, quæ oritur e cogitationibus speculativis de re turpi, non est peccatum grave prò coniugibus, modo absit et periculum proximum pollutionis et grave periculum consentiendi delectationibus morosis vel desideriis graviter peccaminosis facile oriundis.

B . — IL DEBITO CONIUGALE.

770

I. Alla prestazione del debito coniugale ciascun coniuge per sé è obbligato sotto pena di peccato grave, quando l’altro lo chiede seriamente, in modo particolare se si trovasse in pericolo d’incontinenza, o dovesse fare un grande sacrificio per superare la tentazione. – La richiesta della prestazione del debito coniugale di solito avviene esplicitamente da parte del marito; da parte della moglie invece soltanto tacitamente, per es. con espressioni di tenerezza. — Il rifiutarsi è soltanto peccato veniale (a meno che l’altro coniuge venga esposto al pericolo di peccare gravemente), quando la parte richiedente rinuncia facilmente alla sua richiesta, oppure quando si differisce la prestazione soltanto per breve tempo o quando, in caso di frequenti rapporti, il rifiuto avviene di rado, per es. una volta al mese. — Si devono però lasciare in buona fede le donne attempate o madri di numerosa prole, quando credono che commetterebbero peccato grave soltanto se rifiutassero quasi sempre il debito coniugale al marito, oppure se il marito corresse il pericolo di peccare gravemente. — In genere sarà bene, di solito, richiamare l’attenzione delle donne sulla gravità del loro obbligo, ed esortare invece gli uomini alla moderazione.

771

II. Esistono cause che scusano dal prestare il debito coniugale:

1° In caso di adulterio dell’altra parte.

L’adulterio però deve essere certo; deve inoltre essere stato commesso scientemente e volontariamente. In caso di violentazione, quindi, non si dà causa scusante. Infine occorre che l’adulterio non sia stato ancora perdonato, per es., mediante volontaria prestazione del debito coniugale, nonostante la conoscenza dell’adulterio stesso.

2° Se il marito è trascurato nel dovere di mantenere la moglie e i figli.

Quando il marito sciupa il guadagno in gozzoviglie e fa ricadere la preoccupazione del mantenimento della famiglia sulla moglie, questa non è tenuta a prestargli il debito coniugale. Ma se la famiglia deve vivere nelle ristrettezze senza colpa del marito, ciò non costituisce motivo alcuno per rifiutare il debito coniugale; come pure, per sé, non è ragione sufficiente il fatto che in caso di prole numerosa la famiglia debba fare qualche maggiore restrizione. — In alcuni casi, lo stesso vale se la moglie manca ai suoi doveri della cura familiare.

3° Nel caso che chi lo chiede manchi dell’uso di ragione.

Non vi è dunque obbligo di prestare il debito coniugale ad un demente o a un individuo molto ubriaco; lo si può fare.

4° In caso di richieste esagerate. Ciò si verifica principalmente quando un coniuge chiede l’atto coniugale con tale frequenza che la costituzione fisica dell’altro non lo può sopportare senza danno piuttosto grave.Il giudizio, in merito, spetta a un medico coscienzioso.

5° In caso di grave pericolo per la sanità o per la vita.

Si hanno cause simili, per es. trattandosi di malattie infettive, di grave mal di cuore, ecc. — Non costituiscono invece causa sufficiente i soliti disturbi congiunti con la gravidanza, col parto o con l’educazione della prole; per es. dolori sia pur forti, ma di breve durata, diuturno mal di capo, ma non eccessivamente forte. Così non è sufficiente motivo il timore, confermato dall’esperienza, che la donna, in caso di concepimento, non porti a termine la gravidanza, ma possa abortire involontariamente o avere un parto morto. — Per maggiori particolari, cfr. n. 766.

6° Per il bene spirituale.

Per maggiori dettagli, cfr. n. 767, e I Cor. 7, 5. — De debito reddendo viro onanistæ, cfr. n. 774.

C. — PECCATI DEI CONIUGI.

I principali peccati gravi che possono commettere i coniugi sono: azioni contro la vita in formazione (cfr. n. 214), adulterii (cfr. n. 227), rapporti coniugali in circostanze che li rendono illeciti (cfr. n. 765 ss.), atti posti senza motivo suffìciente, che hanno grande influsso sulla polluzione, così pure gli atti compiuti con l’intenzione di procurarsi la polluzione (cfr. n. 768 s.), il rifiuto del debito coniugale (cfr. n. 770 ss.); gli atti coi quali viene frustrato il fine principale del matrimonio. — Qui non ci resta che trattare precisamente di questi ultimi peccati. Essi sono: sodomia imperfecta, onanismus, usus mediorum vel instrumentorum, quibus impeditur nesemine rite effuso conceptio sequatur.

I . Sodomia imperfecta, id est concubitus mariti cum uxore in vase præpostero grave peccatum est sive vir in ilio vase seminat, sive semen extra illud frustratur. Excluso affectu sodomitico, non est sodomia nec peccatum mortale si vir copulam incipit in vase praepostero cure animo consummandi copulam in vase naturali, aut si genitalibus tangit vas praeposterum sine periculo pollutionis.

— Positiva cooperatio uxoris ad congressum sodomiticum numquam licita est; ideo saltem interne semper resistere debet. Exteme tamen potest pati concubitum, si eum impedire conatur et tunc solum permittit, quando absque periculo gravissimi mali eum impedire non potest; consensus vero in delectationem veneream est illicitus.

774 II. Onanismus triplici modo perfici potest.

Naturali modo vir copulam incipit, ante seminationem vero se retrahit et semen extra vaginam effundit. Onanismo vir et uxor grave peccatum committunt. Quia vero ante abruptionem copulæ nihil fit quod sit illicitum, uxori cooperatio materialis (cfr. n. 149) ex causa mediocriter gravi licita est. Tales causæ sunt: pax domestica, timor ne maritus adulteria committat. Si grave est uxori carere copula, licite eam petit a viro onanista (rationem cfr. n. 146). Uxor delectationi venereæ inde ortæ consentire potest, non vero peccato viri. Aliquando vero ex caritate monere debet maritum, ne peccet; excusatur ab hac monitione ob grave periculum dissidii vel indignationis, etc. — Obligatio reddendi debitum viro onanistæ non existit, excepto casu, in quo uxor ad debitum ex caritate obligatur, v. g. ut dissidia præcaveat vel virum a commercio adulterino avertat.

— Abruptione copulæ grave peccatum committitur, etiamsi solummodo uxor seminaverit, excepto casu necessitatis, v. g. si maritus hac vice seminare non potest.

Abruptio copulæ non est peccatum: a) si improvisa necessitas adest, v. g. propter adventum tertii; b) si fit communi consensu ex rationabili causa et in neutro coniuge periculum pollutionis adest; est enim hoc in casu solummodo tactus impudicus (de quo cfr. n. 768); alterutra parte invita, grave peccatum est, etiamsi periculum pollutionis non adesset.

Instrumento vel involucro quodam (vulgo condom) efficitur, ne semen vaginam attingere possit. Hic modus copulæ jam ab initio omnino illicitus est; ideo uxor ne materialiter quidem cooperari potest; sed se gerere debet, sicut in casu in quo vir sodomiam intendit. — Idem dicendum est de introductione alicuius « pseudovaginæ ».

775

Usu quorundam mediorum vel instrumentorum impeditur, quominus semine intra vaginam effuso conceptio sequatur. Artes quibus mulieres potissime utuntur, sunt praecipue sequentes: a) lavant irrigatore vaginam interiorem, ut semen expellant; b) spargunt per vaginam substantiam chemicam, qua sperma occidatur; c) comprimunt vaginam, ut exprimant semen; d) surgunt, ambulant, saltant, laborant vel mingunt, ut semen expellant; e) ante copulam aliquo medicamento vel instrumento (pessario) claudunt os uteri, ne semen ascendat in uterum.

a) Mulier, quae semen expellere vel eius ascensum in uterum impedire vult, graviter peccat. Excipitur solummodo femina vi vel dolo oppressa, quæ antequam conceptio facta est, expellere vel necare potest semen, quia semen (in casu) comparatur iniusto aggressori. Minctio post copulam non impedit conceptionem, quamobrem non est peccatum; intentione prava tamen mulieres graviter peccare possunt. — Exclusa prava intentione, lotio vaginalis jam post unam vel alteram horam a copula licita videtur, cum generationem non impediat; statim post copulam vero illicita est, etsi fiat ad dolores acerbos compescendos.

b) Vir tota sua auctoritate maritali uti debet, ne uxor adhibeat istas artes. Si uxorem impedire non potest, quominus istis mediis utatur, maritus se gerere potest simili modo ac uxor respectu viri onanismo dediti. Hoc paucis auctoribus etiam licitum esse videtur in casu, in quo uxor os uteri claudit, v. g. ope illius instrumenti, quod vocatur « pessarium ».

Nota. — Trattamento degli onanisti in confessione.

a) L’obbligo d’interrogare esiste per sé tutte le volte che v’è un sospetto fondato. In simili casi la domanda può suonare per es.: « Non Le rimorde per nulla la coscienza circa la santità del matrimonio? » — « Non è avvenuto nulla contro il fine del matrimonio? »; o altre secondo l’uso di buoni sacerdoti nelle diverse regioni.

b) E necessario istruire il penitente circa la gravezza di questo peccato, anche se finora è stato in buona fede. Veramente ai nostri tempi difficilmente vi sarà la buona fede, salve circostanze molto scabrose: per es. quando un medico di coscienza ha dichiarato che una nuova gravidanza metterebbe a repentaglio la vita della donna. In tal caso si può lecitamente omettere l’istruzione, se si prevede che altrimenti i peccati materiali non farebbero che diventare formali.

c) Chi non ha la volontà risoluta di evitare il peccato, non è disposto, e non può essere assolto. — Non essendo mai lecito far ciò che è intrinsecamente cattivo, ne segue che l’onanismo nel matrimonio è grave peccato anche quando i coniugi (caso rarissimo del resto) dovessero altrimenti vivere sempre in continenza. Come a nessuno, nelle persecuzioni contro i Cristiani, fu lecito rinnegare la propria fede per non essere ucciso fra spaventosi tormenti, così non è lecito l’onanismo per non dover vivere in perpetua continenza. Quali sacrifici eroici non esigono sovente gli Stati moderni! E allora anche Dio può certamente esigere che noi facciamo sacrifici per il Cielo. Del resto, Dio dà anche le grazie corrispondenti al sacrificio da Lui richiesto. L’uomo, certo, deve avere tanto spirito di sacrificio da impegnarsi a chiedergliele (cfr. discorso

di Pio XII alle ostetriche, 29 ott. 1951).

d) recidivi, che assicurano di avere il miglior proposito, devono essere trattati come i recidivi che si trovano nell’occasione prossima di peccato; e precisamente, se di fatto non possono più aver figli, per es. a causa di malattia della moglie o di una povertà che è indigenza, devono considerarsi in occasione prossima necessaria di peccato (cfr. n. 617); quelli invece che per ripugnanza al sacrificio, ecc. non vogliono più avere figli, si devono trattare come persone nell’occasione prossima libera del peccato (cfr. n. 616).

e) Secondo l’opinione dei medici il concepimento si verifica soltanto quando l’atto coniugale si compie in tempi determinati. – Non peccano i coniugi facendo l’atto coniugale anche nei tempi agenesici. Ma se essi, sempre e deliberatamente, senza un grave motivo, hanno rapporti coniugali soltanto nei periodi infecondi, peccano contro il senso stesso della vita coniugale. Tuttavia, l’osservanza dei tempi infecondi o agenesici, per motivi proporzionati (sanitari, eugenici, economici, sociali), di comune accordo è lecita, fino a tanto che sussistono tali motivi (cfr. discorso di Pio XII alle ostetriche, 29 ott. 1951 e quello al «Fronte della Famiglia », 29 nov. 1951). — Circa la precisazione di questi periodi agenesici, però, i medici stessi non sono ancora pienamente d’accordo. Negli ultimi tempi guadagna sempre più terreno l’opinione che gli ultimi undici giorni precedenti la prossima mestruazione siano fisiologicamente sterili e che la concezione si verifichi soltanto quando l’atto coniugale ha luogo nel tempo che decorre dal 19° al 12° giorno precedente la prossima mestruazione. Ma poiché alcune donne non hanno un ciclo mestruale regolare e in certi casi possono aggiungersi anche dei turbamenti patologici, il  confessore si guardi dall’entrare in spiegazioni del genere, ma invìi le persone, che per validi motivi non desiderano più figli, a un medico competente e coscienzioso, il quale indicherà loro esattamente i giorni in cui devono vivere in continenza. Certamente è questo uno dei punti più delicati del ministero pastorale; Pio XI nella Enc. « Casti Connubii » (31 dic. 1930; AAS, XXII, 1930, p. 539-592) e Pio XII nel discorso alle ostetriche (29 ott. 1951) e in quello al « Fronte della Famiglia » (29 nov. 1951) hanno richiamato con energia e chiarezza la dottrina cattolica della santità del matrimonio cristiano contro tutte le recenti teorie e pratiche materialistiche.

OCCASIONI

616 E. — CONFESSIONE DI OCCASIONARI E ABITUDINARI E RECIDIVI.

I . Occasionari — 1° Nozione di occasione. Per occasione s’intende una circostanza esterna al soggetto che alletta qualcuno al peccato, rendendone facile l’esecuzione. Qui non si tratta dell’occasione remota, ma soltanto della prossima, di quell’occasione cioè alla quale è congiunto un pericolo grave che uno pecchi, sia che cadano generalmente tutti gli uomini (occasione assoluta) sia che vi cada sempre o quasi sempre un individuo determinato per le sue particolari disposizioni (occasione relativa). — Non si tiene qui conto dell’occasione remota, essendo lecito esporsi ad essa per un motivo ragionevole. L’occasione prossima può essere volontaria o necessaria. La prima si può facilmente evitare; schivare la seconda è fisicamente o moralmente impossibile per causa del grave danno alla vita, alla sanità, alla riputazione, che ne deriverebbe. Un’occasione prossima necessaria di peccato è per es. una relazione, in cui sia in vista un prossimo matrimonio; la convivenza coniugale, dei figli, ecc.

Assoluzione di chi si trova nell’occasione prossima di peccato.

a) Chi non vuole evitare l’occasione prossima volontaria di peccato, non può essere assolto.Ciò vale anche quando con la preghiera ecc. si vorrebberendere l’occasione remota.

Chi promette sinceramente di evitare subito l’occasione, può essere assolto subito. — Chi mancò più volte a questa promessa, dimostra che ha disposizioni dubbie; d’ordinario quindi non può essere nuovamente assolto, se prima non abbia allontanata l’occasione (cfr. n. 614). — Se il levare l’occasione (supposta volontaria) importa grandi sforzi morali (licenziamento di persona, disdetta d’un servizio) si può fin dalla prima volta differire l’assoluzione fino a quando l’occasione sarà tolta.

b) Chi non lascia l’occasione prossima necessaria, ma usando i mezzi idonei vuol renderla remota,può essere assolto.Tali mezzi possono essere destinati ad accrescere le forzespirituali (preghiere, sacramenti, meditazione delle veritàeterne) od a diminuire le forze dell’occasione (custodia degliocchi, contegno molto riservato con quella persona, schivaredi trovarsi da soli con essa).Chi non ostante l’uso dei mezzi ricade sempre dinuovo, non può essere costretto ad abbandonare l’occasionea qualunque costo; si deve però esigere con insistenza che usicon più energia i mezzi convenienti. — Ma se questa occasionelo ponesse nel pericolo prossimo di eterna dannazione, per sé dovrebbe troncarla anche a costo della propriavita. — Non può essere assolto colui che non vuole usare imezzi convenienti per rendere remota l’occasione prossimanecessaria.

Nota.

Fra l’occasione remota e l’occasione prossima vi sono diversi gradi intermedi; quanto maggiore è il pericolo di peccare, tanto più gravi devono essere i motivi che disobbligano dall’abbandonare l’occasione. – Chi senza motivo sufficiente non evita un’occasione che non è propriamente remota, ma neppure è ancora prossima, commette almeno peccato veniale.

II. Peccatore abitudinario si dice colui che, durante un periodo piuttosto lungo di tempo, cade sovente nei medesimi peccati, senza che tra i singoli peccati vi sia un intervallo troppo grande. Nel giudicare di una abitudine si deve tener conto anche dell’indole del peccatore e della natura del peccato. Si distingue dal recidivo principalmente per questo che non è ricaduto ancora di continuo nei medesimi peccati dopo varie confessioni. L’abitudinario per sé deve essere assolto subito, anche se non è preceduta alcuna emendazione, purché sia realmente ben disposto.

III. Recidivo dicesi chi, non ostante ripetute confessioni, ricade sempre negli stessi peccati senza sforzarsi seriamente di correggersi.

Per assolverlo per sé si devono applicare le regole generali. La difficoltà sta appunto nel verificare se di fatto sia ben disposto.

Come norma: è ben disposto chi cade soltanto per fragilità; chi in genere sente orrore del peccato e lotta contro la tentazione e subito dopo la caduta detesta la sua azione (ciò accade spesso in chi pecca di polluzione). Si può rilevare se uno sia ben disposto, e ciò con facilità, chiedendogli non soltanto quante volte sia caduto, ma anche quante volte abbia resistito alla tentazione. — Di solito sono mal disposti quei recidivi che hanno un persistente attacco all’oggetto peccaminoso (relazione illecita, attacco alla cosa rubata, sistema dei due figli e non più). Tuttavia se vi sono segni positivi che un tale individuo sia ora più seriamente pentito che nelle confessioni precedenti, si può ammettere in lui una disposizione sufficiente. – In caso di disposizione dubbia, si devono ordinariamente assolvere quelli che peccano per debolezza, poiché è ad essi necessaria la grazia dei Sacramenti. — Si deve invece di solito rifiutare l’assoluzione a quanti ricadono nel peccato, perché non vogliono compiere il loro dovere (per es. restituire, troncare una relazione illecita).

97 – Il peccato in genere.

I. Nozione. Il peccato è la volontaria trasgressione di una legge divina. Poiché ogni legge è un’emanazione della legge divina, così anche la trasgressione di qualunque legge costituisce peccato.

I requisiti che costituiscono un peccato, sono: a) la trasgressione di una legge, almeno di una legge ritenuta per tale; b) la cognizione della trasgressione (basta però una cognizione confusa); c) il libero consenso.

Tali elementi costituiscono il peccato formale; il quale si distingue dal peccato materiale, che è la trasgressione di una legge senza saperlo né volerlo; tale trasgressione non viene da Dio attribuita come colpa; ma dalla società, in certi casi, si è citati a rispondere di dette azioni.]

ERIBERTO JONE O. F. M. Cap.:

COMPENDIO DI TEOLOGIA MORALE

Trad. dalla 14° edizione tedesca a cura dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di Lombardia. –

MARIETTI Ed. 1952

Nihil obstat, ex parte Ordinis, quosimus imprimatur. Romæ, 12 dec. 1951

Fr. CLEMENS A. MILWAKEE

Min. Gen. O. F. M. Cap.

Imprimatur

Casali, 30 dec. 1951.

Ca. Laurentius Oddone, Vic. Gen.

# # #

II. ACQUA BENEDETTA

L’acqua santa è “l’acqua benedetta da un sacerdote con una preghiera solenne, per chiedere la benedizione di Dio a coloro che la usano e la protezione dai poteri delle tenebre”. È un sacramentale molto importante della nostra Chiesa.

L’acqua è l’elemento naturale per la purificazione, e il suo uso simbolico per indicare la purificazione interiore era comune a molte antiche religioni: greca, romana, egiziana e altre; ed è così usata pure dai bramini dell’India, dagli indiani d’America e dagli altri pagani del tempo presente. Tra gli ebrei, le leggi di Mosè (contenute nei libri dell’Esodo e del Levitico nell’Antico Testamento), ingiungevano l’aspersione delle persone, i sacrifici, i vasi sacri, ecc .; e la nostra Chiesa ha seguito molte di queste pratiche ebraiche.

C’è una tradizione secondo cui l’acqua santa era usata dall’Apostolo San Matteo, ma questo è incerto. È stato riportato da alcuni all’inizio del secondo secolo e il suo uso è diventato più tardivo.

I tipi di acqua santa.

Ce ne sono di quattro tipi, ognuno benedetto in un modo diverso. Sono i seguenti:

1. L’acqua battesimale, che è benedetta il Sabato Santo, e può anche essere benedetta alla vigilia di Pentecoste. L’olio dei catecumeni e il santo crisma si mescolano con essa. (Lezione 41.) È usata solo nell’amministrazione del Battesimo.

2. Acqua di consacrazione, o acqua gregoriana, così chiamata perché il suo uso fu ordinato da Papa Gregorio IX. È usato nella consacrazione delle chiese ed ha vino, ceneri e sale mescolati con esso.

3. Acqua di Pasqua, così chiamata perché distribuita alle persone il Sabato Santo, la vigilia di Pasqua.

Una parte di quest’acqua è usata per riempire il fonte battesimale, benedetta come acqua battesimale; il resto è dato ai fedeli. In alcuni paesi quest’acqua viene usata dal clero per la solenne benedizione delle case il Sabato Santo.

4. Acqua santa ordinaria, benedetta dal Sacerdote per l’aspersione del popolo prima della messa e per l’uso alla porta della chiesa. Può essere usata anche per la benedizione di persone e cose, in chiesa e a casa. Il sale si mescola con essa – usanza che risale probabilmente al secondo secolo.

Questa acqua santa e l’acqua di Pasqua sono quindi le uniche varietà di acqua santa che riguardano direttamente i fedeli. Sono santificate da diverse formule, ma il loro valore e i loro usi sono quasi gli stessi.

Gli usi dell’Acqua santa.

Essa viene usata in quasi tutte le benedizioni rituali della Chiesa, nelle cerimonie del Matrimonio e nell’Estrema Unzione, nel dare la Santa Comunione agli ammalati e negli uffici  dei defunti.

Per uso in funzioni di chiesa è generalmente contenuto in un vaso a forma di scodella con una maniglia oscillante, provvisto di un irrigatore.

Le aspersioni.

Vi è l’aspersione della gente la domenica prima della Messa principale nella chiesa parrocchiale.

Prende il nome dalla prima parola (in latino) del versetto 9 del Salmo 50, versetto recitato dal Sacerdote e cantato dal coro durante questa cerimonia durante la maggior parte dell’anno: “Asperges me hyssopo et mundabor, lavabis me et super nivem dealbabor”.

Gli “Asperges” risalgono al IX secolo. È destinato a rinnovare in noi ogni domenica il ricordo del nostro Battesimo e a scacciare tutte le distrazioni nel corso della Messa.

In questa cerimonia, l’acqua santa non deve realmente toccare ogni persona nella chiesa. L’intera assemblea è benedetta insieme e tutti ricevono la benedizione, anche se l’acqua non può raggiungere ogni individuo.

Durante il periodo pasquale (dopo Pasqua) al posto degli “Asperges” viene cantato il “Vidi aquam”.

L’usanza di porre l’acqua santa alla porta della chiesa in un fonte di acqua santa è molto antica – probabilmente risalente al secondo secolo. Tra gli Ebrei era richiesta una cerimonia di purificazione prima di entrare nel Tempio, e la pratica cattolica potrebbe essere stata suggerita da questo uso. Nel Medioevo era consuetudine usare l’acqua santa solo quando si entrava in chiesa, e non quando si usciva,  per indicare che la purificazione era necessaria prima di entrare, non dopo aver assistito alla Messa. Al giorno d’oggi l’acqua santa può essere usata sia entrando e uscendo, specialmente quando si guadagna un’indulgenza ogni volta che viene usata.

La benedizione con l’acqua santa. Questo di solito viene fatto poco prima della Messa principale di domenica, ma può essere fatto in qualsiasi altro momento. Il prete legge diverse preghiere, tra cui un esorcismo del sale e dell’acqua, dopo di che il sale viene messo nell’acqua sotto forma di una triplice croce, nel nome delle Persone della Trinità.

Un esorcismo è una preghiera destinata a liberare persone o cose dal potere del Maligno.

Il simbolismo dell’acqua santa.

L’acqua è usata per la pulizia e per spegnere il fuoco; il sale è usato per preservare dalla decomposizione. Perciò la Chiesa li combina in questo Sacramentale, per esprimere il lavaggio delle macchie del peccato, la tempra del fuoco delle nostre passioni e la conservazione delle nostre anime dalle ricadute nel peccato.

Il sale è anche un simbolo di saggezza. Nostro Signore chiamò i suoi Apostoli “il sale della terra”, perché dovevano istruire l’umanità.

L’indulgenza.

C’è un’indulgenza di cento giorni nell’usare l’acqua santa.

Pio IX lo rinnovò nel 1876, a queste condizioni:

1. Il segno della croce deve essere fatto con l’acqua santa.

2. Dobbiamo dire: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.

3. Dobbiamo avere contrizione per i nostri peccati.

4. Per questa, come per ogni indulgenza, dobbiamo essere nello stato di grazia.

THE VISIBLE CHURCH

BY Rt. Rev. JOHN F. SULLIVAN, D.D.

A TEXT-BOOK FOR CATHOLIC SCHOOLS

NEW YORK, P. J. KENEDY & SONS

PUBLISHERS TO THE HOLY APOSTOLIC SEE

Nihil Obstat: ARTHURUS J. SCANLAN, S.T.D. Censor Librorum

Imprimatur: Patritius J. Hayes, D.D. Archiepiscopus Neo-Eboracensis

Neo-Eboraci die 5, Aprilis 1921.

Copyright, 1920, 1922, by P. J. Kenedy & Sons, New Yobk

Printed in U. S. A.

Lesson 33

HOLY WATER, p.p. 125-129

Aqua benedicta è un sacramentale molto importante della Chiesa cattolica.

Nel Rituale Romanum “Aqua benedicta” è normalmente tradotta come “Acqua Santa”, cioè acqua santificata attraverso il rito prescritto, che consiste in un esorcismo del sale, la benedizione del sale, l’esorcismo dell’acqua, la benedizione dell’acqua, la miscelazione del sale con l’acqua con la formula prescritta e una raccolta finale.

Aqua benedicta può anche essere tradotto letteralmente: “Acqua benedetta”.

Il legittimo ministro di quel sacramentale è un Sacerdote (Sacerdos), non un laico.

La procedura descritta di seguito non è un sacramentale approvato dalla Chiesa. Se avesse avuto l’approvazione ufficiale, sarebbe nel Rituale Romano, che non lo è.

Invece, sembra una superstizione. Quindi, le seguenti istruzioni superstiziose su come i laici possano ottenere “l’acqua benedetta”, cosa che non è approvata dalla Chiesa, devono essere respinte:

CAN. 1148

1. In Sacramentalibus conficiendis seu administrandis accurate serventur ritus ab Ecclesia probati.

2. Consecrationes ac benedictiones sive constitutivae sive invocativae invalidae sunt, si adhibita non fuerit formula ab Ecclesia praescripta.

Nell’eseguire o amministrare i Sacramentali, i riti approvati dalla Chiesa devono essere attentamente osservati.

Le consacrazioni e le benedizioni, quelle chiamate costitutive, così come quelle chiamate invocative, non sono valide se non sono state impiegate le formule prescritte dalla Chiesa.

Per la maggior parte di queste benedizioni, la Chiesa ha prescritto determinati riti o formule, che sono tutti contenuti nel rituale romano, e dovrebbero essere seguiti attentamente e accuratamente, senza mescolanze di cerimonie frivole o l’uso di oggetti inadatti. Questo vale soprattutto per le preghiere prescritte per gli esorcismi.

A COMMENTARY ON THE NEW CODE OF CANON LAW

By THE REV. P. CHAS. AUGUSTINE, O.S.B., D.D.

Professor of Canon Law

BOOK III

De Rebus, or Administrative Law

VOLUME IV

On the Sacraments (Except Matrimony) and Sacramental

(Can. 726-1011, 1144-1153)

B. HERDER BOOK CO.

17 SOUTH BROADWAY, ST. Louis, Mo.

AND 68, GREAT RUSSELL ST., LONDON, W. C.

1920

CUM PERMISSU SUPERIORUM

NIHIL OBSTAT Sti. Ludovici, die 11 Martii, 1920. F. G. Holweck, Censor Librorum.

IMPRIMATUR Sti. Ludovici, die 12. Martii, 1920. +Joannes J. Glennon,

Archiepiscopus, Sti. Ludomci.

Copyright, 1920 by Joseph Gummersbach

All rights reserved. Printed in U. S. A. pp. 565, 566

Nostro Signore Gesù Cristo ci ha dato un mezzo facile per ottenere la Sua benedizione per il nostro cibo e la nostra bevanda, e questa è la preghiera di ringraziamento prima e dopo i pasti.

RINGRAZIAMENTO PRIMA DEI PASTI

Benedic, Domine, nos et hæc tua dona, quæ de tua largitate sumus sumpturi. Amen.

Mensæ cœlestis particepes faciat nos, Rex æternæ gloriæ. Amen.

[Benedici noi, o Signore, e questi tuoi doni, che stiamo per ricevere dalla Tua generosità. Per Cristo nostro Signore. R. Amen. – Il Re dell’eterna gloria ci faccia partecipi della mensa celeste. Amen.]

RINGRAZIAMENTO DOPO I PASTI

Agimus tibi gratias, omnipotens Deus, pro universis beneficiis tuis: qui vivis et regnas in sæcula sæculorum. Amen.

[Ti rendiamo grazie, O Dio Onnipotente, per tutti i Tuoi benefici. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.]

Degnati, o Signore, di ricompensare con la vita eterna tutti quelli che ci fanno del bene per il tuo nome. R. Amen.

V. Benedici il Signore.

R. Grazie a Dio.

Possano le anime dei fedeli defunti, per la misericordia di Dio, riposare in pace.

R. Amen.

A MANUAL OF PRAYERS

FOR THE USE OF THE CATHOLIC LAITY PREPARED AND PUBLISHED BY ORDER OF THE THIRD PLENARY COUNCIL OF BALTIMORE

New York: The Catholic Publication Society Co., 9 Barclay Street. London: Burns & Oates, Limited

The Prayer Book ordered by the Third Plenary Council of Baltimore, having been diligently compiled and examined, is hereby approved.

+ James Card. Gibbons, Archbishop of Baltimore, Apostolic Delegate. Baltimore, May 17, 1889.

Imprimatur. + Michael Augustine, Archbishop of New York

Copyright, 1888, BY CLARENCE E. WOODMAN. pp. 58,59