CATECHESI SACERDOTALE: AMARE IL NEMICO

Catechesi sacerdotale:

IL COMANDAMENTO DI AMARE IL NOSTRO NEMICO

Molte persone hanno la forte opinione che, “Dio non ci perdona nella Confessione finché non ci mostriamo contriti, e quindi, non penso che si debba perdonare una persona senza il suo pentimento”. – Cerchiamo di verificare se questa considerazione sia corretta nella sua seconda parte: “Non penso che dobbiamo perdonare una persona senza il suo pentimento”. – È importante distinguere tra il perdono che è dato da Dio ed il perdono che è richiesto dall’uomo, perché sono due azioni diverse. – Secondo Il “Catechismo Spiegato” del Rev. Francis Spirago, p. 621, “La confessione senza contrizione non ottiene il perdono divino”. – San Giovanni Crisostomo paragona l’uomo che va a confessarsi senza contrizione ad un attore in un’opera teatrale. “Inoltre, Dobbiamo prendere una risoluta decisione, cioè, dobbiamo fermamente determinarci, con l’aiuto di Dio, a desistere da ogni peccato, ed evitare le occasioni di peccato per il futuro. Lo scopo dell’emendamento è una parte essenziale della vera contrizione. (Concilio di Trento, XIV, 4). La risolutezza nel non peccare più, scaturisce dalla contrizione, cosi come l’acqua fuoriesce da una sorgente. Finché la volontà mantiene il suo attaccamento al peccato, né il peccato mortale né il peccato veniale possono essere rimessi.” – Tuttavia, quando parliamo di perdono tra le persone, nella pratica è una regola abbastanza diversa. “Ma io ti dico, ama i tuoi nemici, fa del bene a coloro che ti odiano e prega per quelli che ti perseguitano e calunniano” (Matth. V: 44). – Si può dire che sembri incredibile, ma Dio ci ha dato proprio il comandamento di amare i nostri nemici. Sono nostri nemici sì, ma li dobbiamo amare anche così. – Sì certamente, è molto buono se una persona che ci abbia offeso, alla fine fa un atto di contrizione e ci chieda perdono. Noi di conseguenza dobbiamo perdonare quella persona. Tuttavia, oltre ciò, dobbiamo perdonare una persona ancor prima del suo pentimento o anche senza che si sia pentita. Il perdono cristiano evidentemente non dipende dal pentimento esteriore manifestato da chi ci abbia offeso. – Il perdono cristiano dipende dalla giustizia e dalla misericordia di Dio. Per i non credenti ed i pagani questa è una sciocchezza. Ma per i Cristiani questa è la regola della perfezione, data a noi da Dio stesso. “A me la vendetta, sono io che ricambierò“. (Rm. XII:19), e “la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio.” “(Giac. II: 13). – In una parola dobbiamo perdonare i nostri nemici incondizionatamente. – “Tu hai udito che è stato detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io ti dico, ama i tuoi nemici, fa ‘del bene a quelli che ti odiano e prega per quelli che ti perseguitano e ti calunniano: affinché tu possa essere il figlio del Padre tuo che è nei cieli, che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? [I pubblicani erano gli esattori delle tasse pubbliche, un gruppo di uomini, odiosi e infami tra gli ebrei, per le loro estorsioni e le ingiustizie.] E se saluti solo i tuoi fratelli, cosa fai di più di quanto non facciano anche i pagani? Sii perfetto, come anche il tuo Padre celeste è perfetto. “(S. MATTH. V: 43-48).

(THE HOLY BIBLE, DOUAY VERSION, TRANSLATED FROM THE LATIN VULGATE (DOUAY, A.D. 1609: RHEIMS, A.D. 1582) WITH A PREFACE BY H.E. THE CARDINAL ARCHBISHOP OF WESTMINSTER. THIS EDITION CONTAINS NOTES COMPILED BY BISHOP CHALLONER (1691-17810). IMPRIMATUR + BERNARDUS CARDINALIS GRIFFIN, Archiepiscopus Westmonasteriensis, Westmonasterii, die 14 Septembris 1955, PUBLISHED BY CATHOLIC TRUTH SOCIETY, LONDON, 1956).

Il Catechismo spiegato:

VIII. IL COMANDAMENTO DI AMARE IL NOSTRO NEMICO.

Noi chiamiamo nostro nemico colui che ci odia e cerca di farci del male.

Saul, per esempio, era un nemico di Davide. Possiamo affermare che solo amando i propri nemici si può amare il prossimo. Un grande incendio non si estingue ma è alimentato dal vento; quindi l’amore per il prossimo, se è reale, non viene distrutto, ma intensificato, da affronti e offese da parte degli altri. Se amiamo solo quelli che ci amano, non possiamo richiedere alcuna grande ricompensa (Mt. V, 46). Amiamo i nostri amici per il nostro bene, ma amiamo i nostri nemici per l’amor di Dio.

1. Dovremmo amare i nostri nemici perché è Cristo che ce lo comanda; Egli dice: “Ama i tuoi nemici, fa’ del bene a quelli che ti odiano, prega per quelli che ti perseguitano e che ti calunniano” (Mt. V. 44).

Cristo ci ha dato l’esempio più eclatante dell’amore per i nostri nemici, perché sulla croce pregava per i suoi nemici, e nell’orto degli ulivi ha guarito il servitore al quale Pietro aveva tagliato l’orecchio. Il nostro Padre celeste stesso ce ne dà un esempio, perché Egli fa sorgere il sole sul buono e sul malvagio, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Chi ama il suo nemico, quindi, è simile a Dio: è un vero figlio del suo Padre celeste (Mt. V, 45).

2. Un’altra ragione per cui dovremmo amare il nostro nemico è perché anche egli è stato creato secondo l’immagine di Dio, ed è uno strumento nelle sue mani.

Il nostro nemico è stato creato a somiglianza di Dio. L’effige del re impressa sulla moneta, merita ugualmente il rispetto sia che la moneta è di rame, sia che è d’oro; quindi siamo tenuti ad amare ed onorare l’immagine di Dio sia nell’uomo vizioso che in quello virtuoso. Non è il peccato che noi amiamo, bensì il peccatore. L’uomo è l’opera di Dio, il peccato è il lavoro dell’uomo; “perciò,” dice Sant’Agostino, “ama ciò che Dio ha fatto, non ciò che ha fatto l’uomo”. Dovremmo amare il nostro nemico anche perché Dio lo usa come suo strumento. Gli uomini malvagi, loro malgrado, sono strumenti nelle mani di Dio. “Come il medico impiega la sanguisuga per estrarre il sangue cattivo dalle vene del malato ed attuare così la sua cura, così Dio impiega i nostri nemici per rimuovere le nostre imperfezioni” (San Gregorio Magno). “Il male forma il bene, come il fuoco ed il martello forgiano il ferro: sono per loro come l’aratro del terreno incolto” (San Giovanni Crisostomo). Sono inoltre a nostro servizio, perché ci fanno riconoscere i nostri difetti, dandoci l’opportunità di praticare la virtù. I nemici sono come le api; pungono, ma producono pure il miele. Quando la calunnia ti assale, consolati con il pensiero che non sono i frutti peggiori che le vespe divorano. Infine ricorda che nessun nemico può veramente ferire chi ama Dio, del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno (Rm VIII, 28). Questo è dimostrato nella vita di Giuseppe. La verità ti insegnerà a sopportare la persecuzione.

L’amore del nostro nemico è mostrato da questo: che non ci vendichiamo di lui da noi stessi, che rendiamo invece il bene per il male, che preghiamo per lui e lo perdoniamo volentieri.

3. Non dovremmo vendicarci del nostro nemico. Davide ce ne dà un bell’esempio, poiché per due volte ha avuto la possibilità di mettere a morte il suo persecutore, il re Saul, e in nessuna occasione gli ha fatto alcun male. Nostro Signore, quando fu oltraggiato, non rispondeva con oltraggi (1 Piet. II. 23). Una volta, quando Cristo non era stato accolto in un villaggio samaritano perché era ebreo, gli Apostoli erano così desiderosi di vendicarsi che volevano invocare il fuoco dal cielo. Ma il Signore li sgridò dicendo: “Nescitis cujus spiritus estis” (non sapete a quale spirito appartenete) (Luca IX, 55). La vendetta appartiene a Dio, non a noi (Rm XII 19). – Dovremmo soffrire di torto piuttosto che vendicarci; ci viene detto: a colui che ti colpisce una guancia, tu offri l’altra (Luca, 29). “Non essere sopraffatto dal male, ma sconfiggi il male con il bene” (Romani XII, 21). Vendicati, come hanno fatto i santi, restituendo benefici per il male che ti hanno fatto; tale è la vendetta divina. Santo Stefano pregò per i suoi uccisori; era più addolorato per il danno che avevano fatto a se stessi che per il danno che gli stavano facendo. Quando l’apostolo Giacomo, vescovo di Gerusalemme, fu gettato dalla sommità del tempio, si sollevò sulle sue ginocchia fratturate per pregare per i suoi assassini. Dovremmo quindi anche noi essere pronti a perdonare i nostri nemici. Il re Davide perdonò Semei quando gli lanciò pietre contro e lo maledì (2 Re xvi.10). Fare del bene al proprio nemico è una prova di grande magnanimità.

Colui che non si vendica del suo nemico, o che addirittura gli conferisce benefici, mette il suo nemico in imbarazzo e lo tranquillizza, e sarà ricompensato da Dio; mentre chi odia il suo nemico e si vendica di lui, commette peccato.

David risparmiando Saul in due diverse occasioni lo ha placato e toccato a tal punto che ha versato lacrime (1 Re XXIV, 17). Il beato Clemente Hofbauer, vittima di un abuso da parte di una donna nelle strade di Vienna, le si avvicinò, prese un fazzoletto che ella aveva lasciato cadere e le parlò gentilmente. Ella si coprì di confusione e si ritirò in fretta. Proprio come il tarlo, morbido com’è, si fa strada attraverso il legno più duro, così uno spirito conciliatore supera il nemico più acerrimo e il calunniatore più agguerrito. “Conferendo benefici al tuo nemico, accumulerai carboni ardenti sul suo capo” (Rm XII. 20), cioè questi non potrà resistere alla tua gentilezza così come non potrà resistere al bruciare dei carboni ardenti. Così ci viene insegnato ad essere gentili e pacifici. Colui che non si vendica sarà ricompensato da Dio. Davide sopportò pazientemente le maledizioni di Semei, dicendo: “Forse il Signore considererà la mia afflizione e potrebbe rendermi del bene per le offese subite in questo giorno” (2 Re XVI 12). Poco dopo ottenne una significativa vittoria. “È difficile per te pregare per il tuo nemico; ma più grande è la conquista di te stesso, maggiore sarà la tua ricompensa” (Sant’Agostino). Vendicarsi è un peccato; chi fa questo è come l’ape, che si vendica pungendo, ma nel farlo muore. Pertanto è una cosa folle vendicarsi da se stessi; è come il cane che morde il bastone con cui viene battuto, dimenticando che il nostro nemico non è che uno strumento nelle mani di Dio.

4. Colui che perdona il suo nemico otterrà il perdono dei suoi peccati da Dio; ma colui che non perdonerà il suo nemico, Dio, non lo perdonerà.

Perdonare il nemico è un’opera di misericordia, è la più grande di tutte le elemosine (Sant’Agostino). Se perdoniamo agli altri, possiamo chiedere perdono per noi stessi, come è espresso nella quinta petizione della “orazione” del Signore. Dio mostra misericordia a colui che perdona volentieri a suo fratello. Colui che non perdona il proprio fratello non attira su di sé nessuna benedizione, quando recita il Padre nostro. Cristo dice: “Se non perdonerai agli uomini, neppure il tuo Padre celeste ti perdonerà le offese” (Mt. VI. 15). Ricorda la parabola del servo non misericordioso (Matt, XVIII, 23). Non dobbiamo semplicemente perdonare sette volte, ma settanta volte sette (v. 22).

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(Email di un gruppo pastorale)

Le anime che sono morte possono essere convertite?

Caro Fedele,

probabilmente hai ascoltato una voce che oggi viene messa in giro: “Le anime che sono morte possono essere convertite, anche attraverso le nostre preghiere recitate oggi!” – Credo che tu possa comprendere facilmente come questa opinione sia completamente errata.

Ed alcuni di voi allora hanno insistito: “Ma è mai vero? Come può essere? ”

La risposta è molto semplice: la conversione delle anime dopo la morte è impossibile!

Esaminiamo innanzitutto cosa ci dice la Parola di Dio:

Nella parabola del ricco Epulone e di Lazzaro, leggiamo [Luc. XVI, 19-31]:

“Egli era un certo ricco, il quale si vestiva di porpora e di bisso e faceva tutti i giorni sontuosi banchetti lautamente. Ed era un certo mendìco per nome Lazzaro, il quale pieno di piaghe giaceva all’uscio di lui, bramoso di satollarsi dei minuzzoli che cadevano dalla mensa del ricco e niuno gliene dava; ma i cani andavano a leccargli le sue piaghe. Or avvenne che il mendìco morì, e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto nell’inferno; ed alzando gli occhi suoi, essendo ne’ tormenti, vide da lungi Abramo e Lazzaro nel suo seno; esclamò e disse: Padre Abramo, abbi misericordia di me, e manda Lazzaro che intinga la punta del dito nell’acqua per rinfrescar la mia lingua, imperocché io son tormentato in questa fiamma. E Abramo gli disse: Figliuolo, ricordati che tu hai ricevuto del bene nella tua vita e Lazzaro similmente del male; adesso egli è consolato e tu sei tormentato.  E oltre a tutto questo, un grande abisso è posto tra noi e voi; onde chi vuol passare di qua a voi, nol può, né da codesto luogo tragittare fin qua. Ed egli disse: ed io ti prego dunque, o Padre, che tu lo mandi a casa di mio padre; imperocché io ho cinque fratelli, perché gli avverta di questo, acciocché non vengano anch’essi in questo luogo di tormenti. E Abramo gli disse: Eglino hanno Mosè e i Profeti; ascoltino quelli. Ma egli disse: No, padre Abramo; ma se alcun morto anderà ad essi, faranno penitenza. Ed ei gli disse: se non ascoltano Mosè e i Profeti, nemmeno se risuscitassi uno da morte crederanno.”. – [Il seno di Abramo è il luogo di riposo, dove vivevano le anime dei santi, finché Cristo non avesse aperto il cielo con la sua morte e resurrezione]

Veniamo poi alla descrizione dell’ultimo giudizio. (S. Matteo, XXV: 31-46) “… e anderanno questi all’eterno supplizio; i giusti poi alla vita eterna”.

LA SACRA BIBBIA, VERSIONE DOUAY, Tradotta dalla Vulgata latina (DOUAY, dC 1609 RHEIMS, dC 1582) con prefazione di LA H.E. Cardinale Arcivescovo di Westminster. QUESTA EDIZIONE CONTIENE NOTE COMPILATE DAL VESCOVO CHALLONER (1691-1781). IMPRIMATUR + BERNARDUS Cardinalis GRIFFIN, Archiepiscopus Westmonasteriensis, Westmonasterii, die 14 septembris 1955 pubblicati dalla Catholic Truth Society, Londra 1956.

(Versione italiana del Card. A. Martini.)

LA SACRA DOTTRINA è la seguente:

 

D. 1371. Quando Cristo ci giudicherà?

R. Cristo ci giudicherà subito dopo la nostra morte e nell’ultimo giorno.

1372. Come è chiamato il giudizio alla morte?

R. Tale giudizio è chiamato: giudizio particolare.

1373. Dove si terrà il giudizio particolare?

R. Il giudizio particolare si terrà nel luogo in cui ogni persona muore, e da qui poi l’anima andrà alla sua ricompensa o al castigo.

1374. Qual è il giudizio che tutti gli uomini dovranno subire nell’ultimo giorno?

R. È quel giudizio che è chiamato giudizio universale.

1375. È possibile che nel giudizio universale sia cambiata la sentenza?

R. La sentenza emessa al giudizio particolare non sarà per nulla modificata al giudizio universale, ma sarà anzi confermata e resa pubblica a tutti.

1376. Perché Cristo giudica gli uomini subito dopo la morte?

R. Cristo li giudica immediatamente dopo la morte, per ricompensarli delle loro azioni.

1377. Come possiamo prepararci quotidianamente al nostro giudizio?

Possiamo prepararci quotidianamente al nostro giudizio con un buon esame di coscienza, mediante il quale scopriremo i nostri peccati e impareremo a temere la punizione che essi meritano.

1378. Quali sono le ricompense o i castighi per le anime degli uomini dopo il giudizio particolare?

I premi o i castighi per le anime degli uomini dopo il Giudizio particolare sono detti: Paradiso, Purgatorio e Inferno.

1379. Che cos’è l’inferno?

L’inferno è uno stato in cui i malvagi sono condannati e in cui sono privati ​​della vista di Dio per l’eternità e sono in terribili tormenti.

D. 1380. I dannati soffriranno sia nell’anima che nel corpo?

R. I dannati soffriranno sia nell’anima che nel corpo, perché sia ​​l’anima che il corpo condividono i loro peccati. L’anima subisce il “dolore della perdita” per cui è torturata dal pensiero di Dio che ha perso per sempre, mentre il corpo soffre la “pena del senso” con la quale viene torturato in tutte le sue membra e nei sensi.

D. 1381. Che cos’è il Purgatorio?

R. Il Purgatorio è lo stato in cui soffrono per un certo tempo coloro che muoiono colpevoli di peccati veniali, o senza aver soddisfatto con la penitenza dovuta per i loro peccati.

D. 1382. Perché questo stato è chiamato Purgatorio?

R. Questo stato è chiamato purgante perché qui sono epurati o purificati da tutte le loro macchie; e non è, quindi, uno stato permanente o duraturo per l’anima.

D. 1383. Le anime del Purgatorio sono sicure della loro salvezza?

R. Le anime del Purgatorio sono sicure della loro salvezza, ed entreranno in cielo non appena completamente purificate e divenute degne di godere della presenza di Dio che si chiama la visione beatifica.

D. 1384. Sappiamo quali anime ci sono nel Purgatorio e per quanto tempo devono rimanere là?

R. Noi non sappiamo quali siano le anime del Purgatorio, né per quanto tempo debbano rimanere lì; da qui continuiamo a pregare per tutte le persone che sono morte apparentemente nella vera fede e libere da peccato mortale. Essi sono chiamati i fedeli defunti.

D. 1385 I fedeli sulla terra possono aiutare le anime del Purgatorio?

R. I fedeli sulla terra possono aiutare le anime del Purgatorio con le loro preghiere, i digiuni, le elemosine, le opere; con le indulgenze, e facendo celebrare Messe per loro “.

IL CATECHISMO DELLA DOTTRINA CRISTIANA

PREPARATO E  RACCOMANDATO PER ORDINE DEL

TERZO CONCILIO PLENARIO DI BALTIMORA

(in conformità con la nuova legge canonica)

№ 3

FORNITO DA REV. THOMAS L. KINKEAD

Autore di “An Explanation of the Baltimore Catechism”

imprimatur:

JOHN CARDINAL McCLOSKEY, Arcivescovo di New York.

New York, 6 aprile 1885.

+ JAMES GIBBONS, Arcivescovo di Baltimora, Delegato Apostolico.

Baltimora, 6 aprile 1885

Nihil obstat:

REV. LAFORT RIGIOSA, S.T.L., Censor Librorum.

imprimatur:

+ MICHAEL AUGUSTINE, Arcivescovo di New York.

New York, 21 febbraio 1901

Nihil obstat:

ARTHUR J. SCANLAN, S.T.D., Censor Librorum.

imprimatur:

+ PATRICK J. HAYES, D.D., Arcivescovo di New York.

New York, 29 giugno 1921.

Copiright, 1901, di T. L. KINKEAD.

Copiright, 1921, di BENZINGER BROTHERS.

LEZIONE TREDICESIMA – SETTIMA.

SULL’ULTIMO GIUDIZIO E RISURREZIONE,

INFERNO, PURGATORIO E PARADISO

[versione italiana in: www. exsurgatdeus.org]

Quindi, secondo l’insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo e gli insegnamenti della Chiesa, non possiamo cambiare la sentenza. I Cattolici pregano solo per le anime del Purgatorio, e solo questo è il fine delle preghiere per le anime dei defunti.

Le preghiere fatte per le anime che si trovano in Paradiso o nell’Inferno sono inutili, poiché lo stato delle anime in Paradiso o nell’Inferno è immutabile, perenne.

Inoltre, alcuni di voi chiedono: “Possiamo pregare per le anime dei parenti che sono stati battezzati in comunità non cattoliche e che sono morti fuori dalla Chiesa Cattolica?”

Questa è una domanda molto importante, perché quasi ogni Cattolico ha parenti  morti fuori  dalla Chiesa Cattolica.

Bisogna dire che la conversione è possibile solo prima della morte del corpo.

Quindi, la conversione è possibile che avvenga su un letto di morte. Avendo una piccola speranza che i battezzati non Cattolici si siano sinceramente pentiti all’ultimo momento della loro vita, possiamo pregare per le loro anime, allo stesso modo che per le anime del Purgatorio.

Ma ci sono due differenze.

№1. Per le anime dei defunti Cattolici, possiamo pregare in privato ed in pubblico.

№2. Per le anime dei battezzati non Cattolici possiamo solo pregare in privato. Possiamo cioè pregare “a condizione”, e presumendo che “siano nel Purgatorio”.

Le Messe private per i battezzati non Cattolici sono consentite, ma non si dichiarano i loro nomi.

Un’altra domanda sul giudizio particolare – “Cosa significa immediatamente dopo la nostra morte“?

La risposta è: “La morte non segue immediatamente dopo che sia stato dato l’ultimo respiro”- Quindi, una persona apparentemente morta, può essere assolta condizionatamente secondo le condizioni precedenti.

Poiché, secondo le scoperte della scienza, la morte non segue immediatamente dopo l’ultimo respiro, in caso di morte improvvisa, l’assoluzione può ancora essere impartita fino a due (o più) ore dopo la cessazione della respirazione.

Nel dubbio se la persona sia Cattolica o no, l’assoluzione può essere data condizionatamente.

N.B. poiché non si può sapere con certezza se una persona sia realmente o solo apparentemente inconscia, il prete dovrebbe parlare a tale persona, informandolo sul Sacramento che sta per amministrare. Inoltre, il sacerdote dovrebbe recitare con lui l’atto di fede, speranza, carità e contrizione.

[Teologia morale, di Rev. Heribert Jone, O.F.M. CAP., J.C.D., di Rev. Urban Adelman, O.F.M. CAP., J.C.D. The Mercier Press Limited, Cork, Irlanda

Nihil Obstat: PIUS KAELIN, O.F.M. CAP., Censor Deputatus

Potest Print: VICTOR GREEN, O.F.V. CAP., Provinciale

2 luglio 1955

Nihil Obstat: RICHARD GINDER, S.T.I., Censor Librorum

Imprimatur: JOHN FRANCIS DEARDEN, D.D., vescovo di Pittsburg

15 agosto 1955

Pagina 394. IL DESTINATARIO DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA, Articolo I.

Stampato negli Stati Uniti d’America

[In italiano: Pag. 468 del “Compendio di Teologia morale” di E. Jone 1951, 3° Ed. Marietti ed.]

La teologia morale dice così di una persona la cui anima è ancora nel corpo, anche se la respirazione è cessata. In altre parole, una tale persona non è morta, ma in realtà vive ancora.

Allo stesso modo, possiamo pregare per la conversione delle anime solo in situazioni simili, quando le anime e i corpi cioè sono ancora uniti. Ma dal momento stesso in cui un’anima lascia un corpo, le nostre preghiere sono impotenti ed inutili, perché “il giudizio emesso al giudizio particolare  non sarà cambiata”.

Inoltre si sappia che la Chiesa Cattolica non prega per coloro che non siano battezzati, salvo che si convertano col Battesimo di desiderio e, immediatamente dopo la conversione, siano morti senza Battesimo d’acqua. Non possiamo pregare quindi per la conversione delle anime dopo la morte del loro corpo. Possiamo per loro pregare solo in privato premettendo la condizione: “… se sono nel Purgatorio”.

La Chiesa non prega per i bambini che non hanno commesso peccato e che, senza loro colpa, muoiono senza Battesimo. Queste anime sono nel Limbo.

La Chiesa non ha pregato nemmeno per le anime di coloro che non hanno ricevuto il Battesimo di acqua, ma che hanno ricevuto il Battesimo di sangue per la fede di Cristo. Il Battesimo di sangue è comunemente chiamato “martirio”, e coloro che lo ricevono sono chiamati martiri.

Il catechismo n.3 di Baltimora insegna:

653: “Il battesimo del desiderio o del sangue è sufficiente per produrre gli effetti del battesimo dell’acqua?

Il battesimo del desiderio o del sangue è sufficiente per produrre gli effetti del battesimo dell’acqua, qualora sia impossibile ricevere il Battesimo dell’acqua.

Il Catechismo Spiegato dice:

“Il martirio per Cristo è il Battesimo del sangue. Questi santi innocenti lo hanno ricevuto, e pertanto la Chiesa li commemora come santi. Tutte le persone non battezzate che subiscono il martirio per la fede cristiana, per qualche atto di virtù cristiana o per l’adempimento del dovere cristiano, ricevono anche il Battesimo di sangue. Testimone San Giovanni Battista; o S. Emerenziana, che, pur essendo ancora una catecumena, fu trovata dai pagani che pregava sulla tomba di Sant’Agnese e fu messa a morta. La Chiesa non prega per i battezzati che sopravvivono alla morte per Cristo; poiché Egli stesso dice: “Chi ha perso la sua vita per Me, la troverà” (Mt. X, 39).

(Catechismo Spiegato, dall’originale di Rev. Francis Spirago, professore di teologia,

A cura di Rev. Richard F. Clarke, S.J.

Nihil Obstat: Arthur J. Scanlan, S.T.D. Censor Librorum,

Imprimatur: + Patrick J. Hayes, D.D. Arcivescovo di New York.

New York, 18 ottobre 1921,

Copyright 1899, 1921 di Benzinger Brothers, New York.

  1. 580-581).)

Inoltre, ci sono due esempi eccellenti della Sacra Scrittura; i Santi Innocenti uccisi da Erode (Battesimo di sangue), San Matteo II: 16-18, e il ladro sulla croce S. Disma (San Luca, Battesimo del desiderio). XXIII: 39-43.

Per concludere dunque: “Le anime che sono morte possono essere convertite?”

La parola di Dio e la Chiesa dicono: “No.”

Un Sacerdote Cattolico

(Trad. G. D. G.)