FESTA DEL CORPUS DOMINI (2018)

Incipit
In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus
Ps LXXX:17.
Cibávit eos ex ádipe fruménti, allelúia: et de petra, melle saturávit eos, allelúia, allelúia, allelúia. [Li ha nutriti col fiore del frumento, allelúia: e li ha saziati col miele scaturito dalla roccia, allelúia, allelúia, allelúia.]

Exsultáte Deo, adiutóri nostro: iubiláte Deo Iacob. [Esultate in Dio nostro aiuto: rallegratevi nel Dio di Giacobbe.]
Cibávit eos ex ádipe fruménti, allelúia: et de petra, melle saturávit eos, allelúia, allelúia, alleluja [Li ha nutriti col fiore del frumento, allelúia: e li ha saziati col miele scaturito dalla roccia, allelúia, allelúia, allelúia.]

Oratio
Orémus.
Deus, qui nobis sub Sacraménto mirábili passiónis tuæ memóriam reliquísti: tríbue, quǽsumus, ita nos Córporis et Sánguinis tui sacra mystéria venerári; ut redemptiónis tuæ fructum in nobis iúgiter sentiámus:
[O Dio, che nell’ammirabile Sacramento ci lasciasti la memoria della tua Passione: concedici, Te ne preghiamo, di venerare i sacri misteri del tuo Corpo e del tuo Sangue cosí da sperimentare sempre in noi il frutto della tua redenzione:]

Lectio
Léctio Epistolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corinthios
1. Cor 11:23-29
Fratres: Ego enim accépi a Dómino quod et trádidi vobis, quóniam Dóminus Iesus, in qua nocte tradebátur, accépit panem, et grátias agens fregit, et dixit: Accípite, et manducáte: hoc est corpus meum, quod pro vobis tradétur: hoc fácite in meam commemoratiónem.
Simíliter ei cálicem, postquam cenávit, dicens: Hic calix novum Testaméntum est in meo sánguine. Hoc fácite, quotiescúmque bibétis, in meam commemoratiónem. Quotiescúmque enim manducábitis panem hunc et cálicem bibétis, mortem Dómini annuntiábitis, donec véniat. Itaque quicúmque manducáverit panem hunc vel bíberit cálicem Dómini indígne, reus erit córporis et sánguinis Dómini. Probet autem seípsum homo: et sic de pane illo edat et de calice bibat. Qui enim mánducat et bibit indígne, iudícium sibi mánducat et bibit: non diiúdicans corpus Dómini.

OMELIA I

IL SACRIFICIO DELLA NUOVA LEGGE

[Castellazzi: La scuola degli Apostoli, Sc. Tip. Vesc. Artigianelli, Pavia 1929]

“Fratelli: Io l’ho appreso appunto dal Signore, ciò che ho trasmesso anche a voi: che il Signore Gesù la notte che fu tradito, prese del pane, e dopo aver reso le grazie, lo spezzò, e disse: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo che sarà offerto per voi: fate questo in memoria di me. Parimenti, dopo aver cenato, prese il Calice, e disse: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue. Tutte le volte che Lo berrete, fate questo in memoria di me. Poiché ogni volta che mangerete questo pane, e berrete questo calice, annunzierete la morte di Signore fino a che egli venga. Perciò chiunque mangerà questo pane, o berrà il calice del Signore indegnamente, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso, e poi mangi di questo pane e beva di questo calice. Poiché chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna, non distinguendo il corpo del Signore”. (1a Cor. XI, 23-29).

Nei primi tempi della Chiesa aveva luogo, in giorni determinati, un banchetto in comune, chiamato agape, che doveva significare a stringere il vincolo della mutua carità tra i fedeli. Per seguire più da vicino l’esempio di Gesù Cristo che aveva istituito l’eucaristia dopo la cena pasquale, si faceva seguire all’agape la celebrazione dell’Eucaristia. Non tardò l’introduzione degli abusi. A Corinto p. e. i ricchi, invece di mettere in comune il vitto sovrabbondante che portavano, affinché anche i poveri potessero avere la loro parte, cominciavano, prima ancora che avesse principio il banchetto, a mangiare e bere più di quanto era richiesto da una cena simbolica. La conseguenza era duplice: accontentare la gola e privare della cena i più poveri, i quali ne provavano confusione. S. Paolo rimprovera severamente i Corinti, per questa loro sregolatezza e per la mancanza di carità verso il prossimo. E, richiamata alla loro mente l’istituzione della S. Eucaristia, vuole che la si riceva degnamente, astenendovisi chi si riconosce reo di peccato grave. Quanto dice S. Paolo della istituzione della S. Eucaristia ci presenta l’opportunità di parlare di essa come:

1 Sacrificio della nuova Legge,

2 Superiore all’antico,

3 Che non ha limiti né di luogo, né di tempo.

Fin dal principio gli uomini usavano rendere omaggio a Dio con l’offerta di cose sensibili, conforme al loro genere di vita. Così leggiamo che Caino, agricoltore, offre a Dio i frutti della terra, e Abele, pastore, gli offre le primizie del gregge. Sappiamo che Noè, uscito dall’arca, «eresse un altare al Signore, e, presi di tutti gli animali e di tutti gli uccelli mondi, li offri in sacrificio sopra l’altare» (Gen VIII, 20). E ai tempi di Abramo vediamo Melehisedech, re di Salem, offrire a Dio pane e vino in ringraziamento della vittoria riportata sopra i cinque re (Gen. XIV, 18-20). Più tardi Mosè, per ordine di Dio, prescrive delle norme che devono regolare i sacrifici. Ci sono i sacrifici cruenti, in cui si immolano animali, e se ne sparge il sangue; e ci sono i sacrifici incruenti, in cui si offrono alimenti, bevande, profumi. Nei sacrifici cruenti sono determinate varie qualità delle vittime, secondo la specie dei sacrifici, ed è determinato l’ufficio di chi presenta la vittima, l’ufficio del sacerdote e di coloro che lo coadiuvano. – Tutto questo doveva durare fino a che sarebbe stato offerto il Sacrificio predetto dai profeti, del quale i sacrifici della legge erano una figura. Col sacrificio della croce Gesù Cristo compie la redenzione eterna, ma vuole che la Chiesa non manchi di un sacerdozio visibile e di un Sacrificio visibile, che rappresenti il Sacrificio della croce, ne rinnovi la memoria, e ne applichi i frutti. Ed ecco che  prima di incominciar la passione, trovandosi a cena con gli Apostoli, prese del pane, e dopo aver rese le grazie lo spezzò, e disse: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo che sarà offerto per voi… Parimenti, dopo aver cenato prese il calice e disse: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue. – In virtù di queste parole la sostanza del pane e del vino è totalmente cambiata nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo. Del pane e del vino non rimangono che le apparenze. La consacrazione a parte, poi, del pane e del vino, ci dà la separazione mistica del corpo e del sangue di Gesù Cristo; per la quale Gesù Cristo ci si presenta come sulla croce, mentre compie il sacrificio versando il proprio sangue. Questo è il mio corpo che sarà offerto per voi. Ecco la nuova vittima: Gesù Cristo. Egli « offre se stesso per noi e immola la vittima, essendo nel medesimo tempo sacerdote e quell’Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo » (S. Greg. Nisseno, In Christi Resurr. Orat. 1). I Sacrifici antichi hanno ormai perduta la loro ragione di essere. Ora abbiamo il gran Sacrificio: il solo che possa piacere a Dio e salvare il mondo. « La luce scaccia le tenebre. In questa mensa del nuovo Re la nuova Pasqua della nuova Legge pon fine alla Pasqua antica » (Seg. Luada Sion), come dice S. Tommaso. Gesù dichiara: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue. La nuova alleanza è, senza confronto, superiore all’antica. Anche il Sacrificio che suggella questa alleanza deve, necessariamente, essere superiore all’antico. Quando il popolo ebraico, strinse alleanza con Dio obbligandosi a osservare i suoi comandamenti e le sue leggi e Dio, da parte sua, promise di dar loro la terra di Cana e di proteggerli, Mosè prese il sangue dei giovenchi e lo sparse sopra il popolo dicendo: «Ecco il sangue del patto che il Signore ha stretto con voi» (Es. XXIV, 8.). Nel nuovo patto non si tratta di immolare giovenchi e di versare il loro sangue. Si tratta di immolare il Verbo fatto carne; si tratta di versare il sangue dell’Unigenito di Dio. Vittima più preziosa, più gradita a Dio, più degna di Lui, la nostra mente non arriverà mai a immaginare. Gesù Cristo si sacrifica e si annienta misticamente nella Messa per il ministero del sacerdote: il primo e principale offerente, però, è Gesù Cristo stesso. Egli, dunque, è vittima e sacerdote. E qui abbiamo, oltre una Vittima di valore infinito, un offerente senza macchia, segregato dai peccatori, che non ha bisogno di offrire il sacrificio per i propri peccati prima di offrirlo per i peccati degli altri. Se consideriamo poi i fini pei quali si offre un sacrificio nessuno può dubitare dell’eccellenza del Sacrificio della Messa sopra gli antichi sacrifici. Se vogliamo rendere onore a Dio come Padrone supremo dell’universo, non potremo mai farlo in modo migliore che offrendogli ciò che gli è più caro. E nella Messa gli offriamo appunto ciò che gli è più caro: gli offriamo il Figlio suo diletto. Tutte le adorazioni degli uomini e degli Angeli non onorano Dio come questa offerta. — Se vogliamo ringraziare Dio dei suoi benefici, che cosa potremo rendergli? Nessuno può dare quel che non ha. E noi non possediamo nulla, che sia degno dei benefici che Dio ci ha fatto. Quando i due Tobia, padre e figlio, deliberano di ricompensare l’Arcangelo Raffaele, il figlio osserva: «Qual cosa vi sarà che possa essere degna dei suoi benefici?» (Tob. XII, 2) Nella Messa noi abbiamo ciò che è degno non solo dei benefici degli Angeli, ma di tutti gli innumerevoli benefici che dispensa il loro Creatore. Abbiamo una Vittima divina. Tutti abbiam bisogno della grazia del pentimento e della remissione dei peccati. Per questo c’era nell’antica legge il sacrificio propiziatorio. Nessun sacrificio, però, può essere propiziatorio come il Sacrificio della Messa. In essa Gesù Cristo stesso offre all’eterno Padre offeso il proprio sangue per la remissione dei peccati degli uomini. — Come sacrificio impetratorio, poi, per ottenere grazie e aiuto in tutte le necessità dell’anima e del corpo, la superiorità del Sacrificio della Messa sul sacrificio ebraico, risalta subito se si considera che in essa viene immolato «il mediatore tra Dio e gli uomini. Cristo Gesù» (1 Tim. II, 5) « nelle cui mani il Padre ha posto ogni cosa » (Giov. III, 35). – Per dir tutto in breve, basti considerare che il Sacrificio della Messa sostanzialmente è lo stesso che il Sacrificio della croce. Tanto nel Sacrificio della croce, quanto nel Sacrificio della Messa Gesù Cristo è la vittima. Gesù Cristo è l’offerente. L’unica differenza è che sulla croce il Sacrificio fu cruento; nella Messa, invece, è incruento. Nel Sacrificio della croce si ebbe la pienezza dei frutti della redenzione: nel Sacrificio della Messa questi frutti vengono applicati. –  Il Salvatore, dopo aver consacrato il pane, disse agli Apostoli: fate questo in memoria di me. Con queste parole dava agli Apostoli e ai loro successori il potere di fare ciò che Egli ha fatto; cioè, di convertire il pane nel suo corpo e il vino nel suo sangue; in una parola, istituiva il sacerdozio, per mezzo del quale il Sacrificio si sarebbe celebrato ovunque e sempre, come Malachia aveva predetto: « Da levante a ponente è grande il mio nome tra le genti; e in ogni luogo si sacrifica e si offre al mio nome un oblazione monda » (Mal. I, 11). Il sacrificio ebraico era ristretto ad un solo paese. Il Sacrificio della nuova legge si offrirà in tutti i luoghi del mondo e non sarà, come il sacrificio ebraico, privilegio d’una sola nazione. In ogni ora del giorno, tra popoli civili e tra popoli ancora barbari si offre questo Sacrificio vero e pieno. E dove non si offre ancora questo Sacrificio adesso, si offrirà un giorno. « Vi chiedo un altare per dirvi una Messa e un’isola selvaggia per morirvi ». Così pregava Dio, il giorno della sua professione religiosa, Mons. Verjus, l’Apostolo della Nuova Guinea (Cesare Gallina: Mons. Enrico Verjus, Roma 1925, p. 157). Ed ebbe l’isola selvaggia, in cui poté erigere l’altare, e celebrare il Sacrificio cruento, ove non era mai stato celebrato. Questo voto è quello di tutti i missionari. Poter innalzar un altare e offrirvi a Dio un’oblazione monda. È il voto si compie, mano mano che essi, succedendosi, allargano il campo delle conquiste della fede. A poco a poco scompaiono i sacrifici dell’idolatria per lasciar posto al Sacrificio della Messa. – Ogni volta che mangerete questo pane e berrete questo calice annunzierete la morte del Signore fino a che egli venga. Queste parole pronunciate da Gesù Cristo dopo la consacrazione, oltre che dichiarare che l’Eucaristia è un vero Sacrificio commemorativo della passione di Gesù Cristo compiuta sul Calvario, dichiarano anche che il Sacrificio dell’Eucaristia si offrirà per tutti i tempi sino alla fine del mondo, quando il Redentore verrà per il giudizio universale. Come dice S. Agostino, l’eucaristia è « il sacrificio quotidiano della Chiesa » (De Civ. Dei L. 10, 20). E siccome la Chiesa durerà sino alla fine dei secoli, secondo la promessa di Gesù Cristo, sino alla fine dei secoli si offrirà il Sacrifìcio eucaristico. – Qual fortuna per i Cristiani poter assistere tutti i giorni a un Sacrificio di tanto valore, e così partecipare in modo particolare dei suoi frutti. Il Sacrificio della croce è la sorgente delle grazie: il Sacrificio della Messa è il canale che fa discendere queste grazie sui fedeli: ma è naturale che discendano più abbondantemente sui fedeli che vi assistono. Il sacerdote che prega durante la Messa, non prega solamente in nome suo; ma prega in nome di tutti gli astanti. Con la parola: «preghiamo» incominciano sempre le orazioni. Quando offre al Padre l’offerta, ricorda in modo particolare «i circostanti»; cioè, coloro che assistono alla Messa. E quando si avvicina il momento più solenne, invita i presenti a unirsi a lui nella preghiera: «Pregate, o fratelli, affinché il Sacrificio mio e vostro torni accetto a Dio Padre onnipotente». È impossibile assiste alla Messa con le dovute disposizioni senza riportar abbondanza di grazie. E maggiori grazie si avrebbero ancora se coloro che assistono al sacrificio della Messa — assecondando il desiderio della Chiesa — si comunicassero non solo spiritualmente, ma anche col ricevere sacramentalmente l’Eucaristia. Ciascuno dovrebbe darsi premura di assistere, appena lo possa, al santo Sacrificio della Messa, anche quando non vi è obbligato, e di compire l’opera, accostandosi a ricevere la Vittima immolata su l’altare: Gesù. Le miserie spirituali d’ogni giorno non devono trattenerci, quando non manchi la grazia e la retta intenzione; anzi, devono essere uno stimolo a non privarci «della medicina quotidiana del Corpo del Signore».

Graduale
Ps CXLIV:15-16
Oculi ómnium in te sperant, Dómine: et tu das illis escam in témpore opportúno. [Gli occhi di tutti sperano in Te, o Signore: e Tu concedi loro il cibo a tempo opportuno,]

Alleluja

Aperis tu manum tuam: et imples omne animal benedictióne. Allelúia, allelúia,[Apri la tua mano: e colma ogni essere vivente della tua benedizione, Alleluja, alleluja]

Ioannes VI:56-57
Caro mea vere est cibus, et sanguis meus vere est potus: qui mandúcat meam carnem et bibit meum sánguinem, in me manet et ego in eo. Alleluia. [La mia carne è veramente cibo, e il mio sangue è veramente bevanda: chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui. Alleluia.]

Sequentia
Thomæ de Aquino.

Lauda, Sion, Salvatórem,
lauda ducem et pastórem
in hymnis et cánticis.

Quantum potes, tantum aude:
quia maior omni laude,
nec laudáre súfficis.

Laudis thema speciális,
panis vivus et vitális
hódie propónitur.

Quem in sacræ mensa cenæ
turbæ fratrum duodénæ
datum non ambígitur.

Sit laus plena, sit sonóra,
sit iucúnda, sit decóra
mentis iubilátio.

Dies enim sollémnis agitur,
in qua mensæ prima recólitur
huius institútio.

In hac mensa novi Regis,
novum Pascha novæ legis
Phase vetus términat.

Vetustátem nóvitas,
umbram fugat véritas,
noctem lux elíminat.

Quod in coena Christus gessit,
faciéndum hoc expréssit
in sui memóriam.

Docti sacris institútis,
panem, vinum in salútis
consecrámus hóstiam.

Dogma datur Christiánis,
quod in carnem transit panis
et vinum in sánguinem.

Quod non capis, quod non vides,
animosa fírmat fides,
præter rerum órdinem.

Sub divérsis speciébus,
signis tantum, et non rebus,
latent res exímiæ.

Caro cibus, sanguis potus:
manet tamen Christus totus
sub utráque spécie.

A suménte non concísus,
non confráctus, non divísus:
ínteger accípitur.

Sumit unus, sumunt mille:
quantum isti, tantum ille:
nec sumptus consúmitur.

Sumunt boni, sumunt mali
sorte tamen inæquáli,
vitæ vel intéritus.

Mors est malis, vita bonis:
vide, paris sumptiónis
quam sit dispar éxitus.

Fracto demum sacraménto,
ne vacílles, sed meménto,
tantum esse sub fragménto,
quantum toto tégitur.

Nulla rei fit scissúra:
signi tantum fit fractúra:
qua nec status nec statúra
signáti minúitur.

Ecce panis Angelórum,
factus cibus viatórum:
vere panis filiórum,
non mitténdus cánibus.

In figúris præsignátur,
cum Isaac immolátur:
agnus paschæ deputátur:
datur manna pátribus.

Bone pastor, panis vere,
Iesu, nostri miserére:
tu nos pasce, nos tuére:
tu nos bona fac vidére
in terra vivéntium.

Tu, qui cuncta scis et vales:
qui nos pascis hic mortáles:
tuos ibi commensáles,
coherédes et sodáles
fac sanctórum cívium.
Amen. Allelúia.

[Loda, o Sion, il Salvatore,  loda il capo e il pastore,  con inni e càntici.
Quanto puoi, tanto inneggia:  ché è superiore a ogni lode,  né basta il lodarlo.
Il pane vivo e vitale  è il tema di lode speciale,  che oggi si propone.
Che nella mensa della sacra cena,  fu distribuito ai dodici fratelli,  è indubbio.
Sia lode piena, sia sonora,  sia giocondo e degno  il giúbilo della mente.
Poiché si celebra il giorno solenne,  in cui in primis fu istituito  questo banchetto.
In questa mensa del nuovo Re,  la nuova Pasqua della nuova legge  estingue l’antica.
Il nuovo rito allontana l’antico,  la verità l’ombra,  la luce elímina la notte.
Ciò che Cristo fece nella cena,  ordinò che venisse fatto  in memoria di sé.
Istruiti dalle sacre leggi,  consacriamo nell’ostia di salvezza  il pane e il vino.
Ai Cristiani è dato il dogma:  che il pane si muta in carne,  e il vino in sangue.
Ciò che non capisci, ciò che non vedi,  lo afferma pronta la fede,  oltre l’ordine naturale.
Sotto specie diverse,  che son solo segni e non sostanze,  si celano realtà sublimi.
La carne è cibo, il sangue bevanda,  ma Cristo è intero  sotto l’una e l’altra specie.
Da chi lo assume, non viene tagliato,  spezzato, diviso:  ma preso integralmente.
Lo assuma uno, lo assumino in mille:  quanto riceve l’uno tanto gli altri:  né una volta ricevuto viene consumato.
Lo assumono i buoni e i cattivi:  ma con diversa sorte  di vita e di morte.
Pei cattivi è morte, pei buoni vita:  oh che diverso ésito  ha una stessa assunzione.
Spezzato poi il Sacramento,  non temere, ma ricorda  che tanto è nel frammento  quanto nel tutto.
Non v’è alcuna separazione:  solo un’apparente frattura,  né vengono diminuiti stato  e grandezza del simboleggiato.
Ecco il pane degli Angeli,  fatto cibo dei viandanti:  in vero il pane dei figli  non è da gettare ai cani.
Prefigurato  con l’immolazione di Isacco, col sacrificio dell’Agnello Pasquale,  e con la manna donata ai padri.
Buon pastore, pane vero,  o Gesú, abbi pietà di noi:  Tu ci pasci, ci difendi:  fai a noi vedere il bene  nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e tutto puoi:  che ci pasci, qui, mortali:  fa che siamo tuoi commensali,  coeredi e compagni dei santi del cielo.  Amen. Allelúia.]

Evangelium
[Sequéntia sancti Evangéli secúndum S. Ioánnem.
Ioann VI:56-59]
In illo témpore: Dixit Iesus turbis Iudæórum: Caro mea vere est cibus et sanguis meus vere est potus. Qui mandúcat meam carnem et bibit meum sánguinem, in me manet et ego in illo. Sicut misit me vivens Pater, et ego vivo propter Patrem: et qui mandúcat me, et ipse vivet propter me. Hic est panis, qui de cœlo descéndit. Non sicut manducavérunt patres vestri manna, et mórtui sunt. Qui manducat hunc panem, vivet in ætérnum.

OMELIA II

Verità sul dogma della Eucaristia.

[Mons. G. Bonomelli: Misteri cristiani vol. IV, Queriniana ed. Brescia, 1896]

La rivelazione cristiana è una serie di verità divine manifestate agli uomini da Adamo a Cristo ed agli Apostoli, coi quali essa si compie e si suggella. Tutte queste verità sono rivelate e tutte si devono credere perché rivelate, ma non è eguale la loro eccellenza e importanza. Sono simili ad una catena di montagne, nella quale voi scorgete cime più o meno alte e alcune altissime, che signoreggiano le altre. Nella serie delle verità divinamente rivelate senza dubbio tre sovrastano alle altre e sono come centri sublimi, intorno alle quali molte altre si raggruppano; sono come i tre angoli della immensa piramide, su cui giganteggia l’edificio incrollabile del Cristianesimo. – La prima e fondamentale verità rivelata è l’esistenza d’un Dio solo in tre Persone, d’un solo Essere, che si svolge in tre forme eguali e distinte in guisa che l’Unità somma non offende la Trinità perfetta e la Trinità perfetta non toglie l’Unità somma. La vedemmo sopra. – La seconda verità fondamentale è l’Incarnazione, per cui una persona unica, il Figlio, unisce in sé due nature, l’umana e divina sicché l’unica Persona non confonde in una sola le due nature, né le due nature distraggono in due l’unica Persona: è Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, un solo individuo. La terza verità fondamentale è la santa Eucaristia, per cui l’Uomo-Dio, qual è glorioso, sta in modo invisibile sotto le specie del pane e del vino e si dà qual cibo e bevanda dei credenti. Se per l’Incarnazione il Figlio di Dio si unisce sostanzialmente ed eternamente al corpo e all’anima assunta in unità di persona, per l’Eucaristia l’Uomo-Dio si unisce accidentalmente e per breve tempo alle specie del pane del vino. La S. Trinità con un solo ed identico atto produce fuori di sé quel miracolo di potenza, di sapienza e di bontà, che è l’Incarnazione del Verbo divino; e il Verbo divino fatto uomo produce quell’altro miracolo di potenza, di sapienza e di bontà, che è la santa Eucaristia. La S. Trinità si appunta nell’Uomo-Dio, e l’Uomo-Dio si appunta nell’Eucaristia, e l’uno l’altro completa in modo meraviglioso. – Nella Incarnazione l’unica Persona del Verbo trae a sé e fa suoi l’anima e il corpo umano: nella Eucaristia, mercé gli accidenti del pane e del vino, si unisce agli uomini ad uno ad uno e li tira a sé e li unisce, avvivandoli della sua stessa vita e compiendo l’opera, per la quale venne sulla terra. E di questo mistero di fede e d’amore, ch’io tolgo a ragionare. E perché troppo importa che fino da principio determiniamo i concetti precisi dell’ineffabile mistero, in questo primo Ragionamento vedremo: 1.° Gli errori, che l’ignoranza e la perfidia eretica inventarono intorno alla santa Eucaristia. 2.° Le verità dogmatiche che in questo divinissimo Sacramento si contengono e si debbono credere. – Quanti si chiamano Cristiani e ammettono il Vangelo, ammettono anche il fatto della istituzione eucaristica riferito dai tre Evangelisti, Matteo, Marco e Luca e dall’Apostolo Paolo che, contro il suo costume e la natura d’una lettera, assunse le parti di evangelista. Ma se tutte le Chiese cristiane sono unanimi nell’ammettere l’istituzione eucaristica quale è narrata dagli Evangeli, non tutte convengono quanto al modo di intenderla e giova conoscere gli errori, nei quali caddero, per evitarli e perché, ben conosciuti questi, la verità si presenta meglio circoscritta è più facile coglierla in tutta la sua integrità e bellezza. – Il pane e il vino, che Cristo nell’ultima Cena porse a’ suoi Apostoli, dicendo:  « Questo è il mio corpo — Questo è il mio sangue », sono forse figura e simbolo del Corpo e del Sangue di Lui, come figura e simbolo di Lui erano l’agnello pasquale e il serpente innalzato nel deserto? No fratelli miei. Così la pensò e tiene anche di presente, una parte considerevole di Protestanti, i quali dissero: Il pane e il vino eucaristico rappresentano il Corpo e il Sangue di Cristo e non ne sono che il semplice e nudo simbolo: così il Salvatore nella piena luce evangelica, quando cadevano tutte le ombre e tutti i simboli della legge mosaica, ci avrebbe ricacciati nelle stesse ombre e negli stessi simboli, anzi meno chiari e significativi di quelli. L’agnello e la manna non rappresentavano Cristo molto meglio del pane e del vino? No, no; il pane e il vino nella santa Eucaristia non sono, non possono essere un segno, una figura e la Chiesa percosse de’ suoi anatemi questa dottrina comparsa prima quasi timidamente nel secolo XI, poi ricomparsa audacemente con tutto il lusso d’una scienza abbagliante nel secolo XVI. Il concilio di Trento ne fece giustizia. Il pane e il vino nella santa Eucaristia racchiudono forse una certa misteriosa virtù sostantiva emanante dal Corpo e dal Sangue di Cristo, come la luce e il calore emanano dal sole? Forse si dice che Cristo è nella santa Eucaristia solo in quanto vi si contiene la grazia di Lui, come si dice che il sole è sulla terra perché la illumina e la riscalda? No, o fratelli miei. In tal caso l’Eucaristia di poco si differenzierebbe dagli altri sacramenti e non sarebbe il centro della nostra fede, il Sacramento del Corpo di Nostro Signore. – Il Concilio di Trento colpiva con la stessa condanna questa e l’antecedente dottrina: e l’una e l’altra collocava nel numero delle eresie. Forse – il Corpo glorioso di Cristo come penetrò già nel Cenacolo a porte chiuse, penetra eziandio nel pane e nel vino della santa Eucaristia e vi dimora come l’oro chiuso nello scrigno, come l’anima nel corpo in modo, che le due sostanze del corpo adorabile di Cristo e del pane e del vino si compenetrino a vicenda e coesistano? Forse nella Eucaristia si ripete il mistero della Incarnazione, pel quale la divina natura alla umana si congiunge in unica Persona, distinte oppure intimamente unite rimanendo le due nature? E come quel mistero si disse e si dice Incarnazione, non potremmo noi chiamar questo impanazione, o subpanazione, o consustanziazione? No, dilettissimi: strani vocaboli di più strani concetti! Anche su questa inaudita dottrina cadde la definizione infallibile della Chiesa e la spense. Cristo, tenendo in mano il pane, disse: – Questo è il mio corpo – ; e tenendo in mano il calice del vino, disse: – Questo è il mio sangue -. Posso io adunque credere e affermare, che nella divina Eucaristia il Corpo è separatamente dal Sangue sotto la specie del pane, e il Sangue è separatamente dal corpo sotto la specie del vino, come suonano le parole di Cristo? No, dilettissimi: altro errore, che ripugna alla ragione e alla fede e che la Chiesa proscrisse. – Vedo sull’altare il pane; vedo nel calice il vino; sull’uno e sull’altro il sacerdote ha pronunciato le parole consacratrici. Credo che Gesù Cristo ivi è presente: la sua parola non erra. Il sacerdote spezza quel pane in due, in dieci, in venti parti: divide quel vino in cento, in mille gocce, che l’occhio appena discerne. Che è avvenuto del Corpo e del Sangue di Cristo? Forse l’uno e l’altro è diviso in tutte quelle parti? O forse è rimasto tutto in una sola parte, cessando nelle altre? No, dilettissimi: ne l’una, ne l’altra cosa e la voce della Chiesa alto si leva e condanna questi sogni dell’umana debolezza. Vedo che il pane si corrompe e si corrompe il vino. Forse con essi si alterano il Corpo e il Sangue di Cristo? No, dilettissimi: lungi, lungi da noi siffatti timori o pensamenti. Il Corpo benedetto del Salvatore è immortale, glorioso ed incorruttibile. Dovunque vedo il pane e il vino consacrati, ivi è il Corpo e il Sangue del Salvatore: me lo insegna la fede e la parola di Cristo me ne sta mallevadrice. Potrò io dunque dire, che il Corpo di Cristo è immenso e si trova dovunque, come dovunque è Dio? No, dilettissimi. Il Corpo di Cristo è creato, è finito, e non è, non può trasformarsi in Dio: sarebbe il sommo degli assurdi, un insulto alla ragione e alla fede. – Forse Cristo è presente nella santa Eucaristia solo in quell’istante, in cui il fedele lo riceve? A che in vero sarebbe Egli presente prima e dopo di unirci a Lui? No, dilettissimi. La presenza di Cristo non si restringe al momento, in cui il fedele lo riceve, e chi così la pensasse cadrebbe sotto gli anatemi, che la Chiesa sanciva a Trento contro Lutero e suoi seguaci. – Nell’Eucaristia io non vedo che pane e vino: Cristo sfugge a tutti i miei sensi: non è dunque ragionevole adorare quelle povere parvenze terrene e chi le adora, non si distingue dagli idolatri. No, dilettissimi: ciò affermarono i fratelli nostri Protestanti: ma la Chiesa Cattolica raccolta a Trento solennemente riprovò la loro sentenza. – Non sembra né conveniente, né lecito conservare la divina Eucaristia nelle Chiese e nei tabernacoli e portarla agli infermi. No, dilettissimi: contro gli affermatori di questa sentenza, che fa torto alla infinita bontà di Cristo e ai bisogni della misera natura umana, sta ancora il giudizio irrefragabile della Chiesa, che la condannò. Fratelli miei! noi abbiamo passato in rassegna tutti gli errori, almeno i principali, che l’orgoglio e la debolezza della ragione umana nel corso dei secoli inventarono e insegnarono intorno all’augusto Sacramento della fede e dell’amore, la santa Eucaristia. Abbiamo visti gli scogli, contro dei quali non pochi de’ fratelli nostri urtarono e miseramente naufragarono: sopra quegli scogli infausti abbiamo visto sorgere una colonna, che non sarà spezzata mai per volgere di tempi e di vicende e su quella colonna abbiamo letto le parole incancellabili, con cui la Chiesa ricordava i naufragi miserandi ivi avvenuti. A noi che resta a fare? Schivare con ogni studio quegli scogli paurosi, meditare quelle parole memorande, tenercele dinanzi agli occhi della mente quasi guida sicura e fidenti spingere  innanzi la nostra navicella verso il porto tranquillo della verità. – E la prima verità, opposta all’errore, che sopra vedemmo dalla Chiesa condannato, è questa: – Nel pane e nel vino, che Cristo benedisse e consacrò, non abbiamo un semplice tipo e una povera figura del corpo e del sangue di Cristo, ma il vero e proprio corpo, il vero e proprio sangue di Lui, che fu immolato e versato per noi sulla croce. Le ombre e le figure spettano all’antica economia, alla nuova la verità. Perciò con la Chiesa Cattolica noi professiamo che Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, sotto le specie del pane e del vino si contiene veramente – (Trid., Sess. XIII, C. 3). – La seconda verità, che teniamo per fede, opposta all’errore di molti Protestanti e che ribadisce a meraviglia la prima, è che nella Eucaristia non pure non si contiene una figura, ma nemmeno un invito a pensare a Cristo, un eccitamento ad unirsi a Lui per fede, a comunicare spiritualmente con Lui. Egli, Gesù Cristo, vi sta in modo a noi invisibile, ma vero, reale, realiter. – La terza verità proposta nel Concilio snida l’errore protestante dagli ultimi ripari, dove tenta rinchiudersi e propone e suggella il dogma della presenza reale per forma, che ogni tergiversazione è resa impossibile. Cristo è presente veramente, realmente e sostanzialmente. Là, sotto quei veli eucaristici, non è la figura del corpo e del sangue di Cristo: non è un appello, una voce della fede: non è una forza, una virtù occulta, una grazia emanante dal corpo e dal sangue di Cristo, quasi calore dal fuoco, ma la sostanza stessa del corpo e del sangue di Cristo; là è Lui stesso qual fu sulla terra ed ora è in cielo con la sua natura umana intera e perfetta congiunta alla divina – Substantialiter -. Questa parola, che completa le altre due, trafigge l’errore, chiude ogni via al sofisma e scolpisce la verità della presenza reale per modo, ch’essa ci sta lì dinanzi in tutta la sua pienezza e evidenza [Nel Can. I , Sess. XIII del Tridentino si condanna chi dice che nell’Eucaristia si contiene Cristo ut in signo, vel figura, aut virtute: queste tre parole rispondono le altre tre sopra citate del vere, realiter et substantialiter]. – La quarta verità riguarda propriamente, non la presenza reale di Cristo, ma il modo, con cui essa avviene. Le parole onnipotenti di Cristo non mettono nel pane e nel vino la sua gloriosa umanità, non compenetrano le due sostanze tra loro, ma producono ciò che significano: quello che è pane diventa corpo di Cristo e quello che è vino si converte nel sangue di Lui. – Questo è il mio corpo – Questo è il mio sangue -. Una sostanza passa nell’altra sì che della sostanza del pane e del vino non rimane un solo atomo, ma tutta, si trasmuta nel corpo e nel sangue di Cristo. Ponete ben mente alle parole di Cristo, che disse: – Questo è il mio corpo – Questo è il mio sangue-. Esse si riferiscono alla sola sostanza, non agli accidenti o alle specie, che restano intatte, prive totalmente della propria sostanza e sostenute dalla virtù divina. Questo trasmutamento miracoloso della sola sostanza, che non ha l’uguale in tutta la natura, con tutta esattezza si chiama transustanziazione, ossia passaggio d’una sostanza in un’altra. – Quinta verità proclamata dalla Chiesa: Cristo è glorioso e, come non è più soggetto alla morte, ossia alla separazione dell’anima dal corpo, così il suo corpo non può separarsi dal suo sangue e il corpo e il sangue non può separarsi dalla persona divina del Verbo, che l’assunse. Perciò dov’è il corpo di Cristo ivi è il suo sangue, e dove sono il suo corpo e il suo sangue ivi è l’anima sua, e dove è l’anima col corpo e col sangue ivi è pure necessariamente la Persona adorabile del Verbo, ossia ivi è tutto Cristo. E bensì vero che le parole transustanziatrici importerebbero per sé stesse la separazione del corpo dal sangue, perché alludono al sacrificio e alla morte; ma il vincolo naturale, che non si può spezzare, porta che dove è una parte di Cristo, cioè il corpo o il sangue, sia altresì tutto ciò che a Lui naturalmente spetta. Non è egli vero, o fratelli, che se ora voi col corpo lasciate questa Chiesa e vi recate sulla via o nelle case vostre, anche i vostri pensieri e l’anima vostra si troveranno sulla via o nelle case vostre o in quel luogo qualunque, dove si porterà il vostro corpo? Così è del corpo e del sangue di Cristo: le parole della consacrazione collocano sull’altare il corpo e col corpo nello stesso istante vi è tutto Cristo: collocano sul Calice il sangue di Cristo e col sangue nello stesso istante eccovi ancora tutto Cristo. – Sesta verità: Cristo è tutto intero sotto le parvenze del pane e del vino: ma come? Esso vi sta, non come un corpo composto nella tomba, come un essere coperto di veli: esso non si allarga, né si restringe secondo le specie, né da esse si misura, poiché le specie non sono le forme proprie del corpo e del sangue di Cristo, ma sì del pane e del vino, che più non esistono. Gesù Cristo sta tutto sotto tutte quelle specie e in ciascuna parte di esse, siano esse unite siano separate. L’anima nostra non è dessa tutta intera in tutto il nostro corpo e in ogni parte del corpo, ch’essa avviva? E verità incontrastabile. Direte: Che ciò avvenga dell’anima nostra, natura semplice, indivisibile e spirituale, si comprende: ma come si può dir questo del corpo di Cristo, che è vero corpo? Sì, il corpo di Cristo è vero corpo, ma corpo glorioso, incorruttibile; corpo che S. Paolo con frase arditissima chiama spirituale, in quantoché ha doti, che lo fanno in qualche modo simile allo spirito. – Il paragone dell’anima, che è tutta in tutto il corpo, vi offende? Ebbene: eccovi un altro paragone nei campo della materia. In uno specchio voi vedete la vostra immagine: è una sola. Spezzate quello specchio in venti, in trenta, in cento parti: in ciascuna troverete intera la vostra immagine. Settima verità: la sostanza del pane e del vino col tempo naturalmente si altera e si guasta: ciò che avviene di essa, avviene altresì, con le stesse leggi, delle specie del pane e del vino. – Queste si corrompono, ma non si corrompe ciò che sta sotto di esse e che è inalterabile. Forse, disfacendosi il corpo nostro, si corrompe l’anima nostra? Spezzandosi o alterandosi comecchessia il cristallo, si spezza e si altera l’immagine, che vi si riflette? Essa cessa di esservi, come nelle specie cessa di essere il corpo e il sangue di Gesù Cristo. – Ottava verità: il corpo sacratissimo di Cristo, comecché sostanzialmente possa essere e sia presente dovunque si pronunciano le parole della consacrazione, non muta, né può mutare la sua natura di corpo vero e reale, circoscritto dallo spazio e finito e perciò noi cattolici con orrore respingiamo l’insegnamento di quei Protestanti, che, novelli Eutichiani, osarono dire, dovunque è Dio, ivi è pure il corpo di Cristo, come se il corpo di Cristo potesse trasformarsi nella divina natura, suprema di tutte le assurdità immaginabili. – Nona verità: tutti gli altri Sacramenti sono di loro natura atti passeggeri. Sulla materia preparata i ministri pronunciano le parole divinamente prescritte e in quell’ istante, nel quale le parole del ministro si congiungono con la materia, la grazia divina, quasi scintilla, si produce e si spande nell’anima di chi debitamente è disposto a riceverla. Il Sacramento si compie e cessa, lasciando dietro a sè la grazia e talvolta, come nel Battesimo, nella Confermazione e nell’Ordine, anche il carattere. Ma nella Eucaristia, pronunciate le parole della consacrazione, e operatasi la transustanziazione, il Sacramento resta finché restano le specie e con le specie resta la presenza reale di Cristo. L’Autore d’ogni grazia è lì sotto le specie prima che il fedele lo riceva e dopo che l’ha ricevuto finché quelle non si trasformino: è lì presente anche quando nessuno se ne nutre: anche quando le lunghe giornate e le lunghe notti rimane solo, chiuso ne’ sacri tabernacoli: anche quando tra le mani de’ sacerdoti attraversa le pubbliche vie e va a posarsi sulla deserta coltrice di chi lotta con la morte e si apparecchia al gran cammino della eternità. – Decima verità: noi nella Santa Eucaristia non vediamo che le apparenze di pane e di vino: ma dinanzi a quelle apparenze noi curviamo la fronte e pieghiamo le ginocchia e adoriamo l’Uomo-Dio, Gesù Cristo, perché le nostre adorazioni non si appuntano in quelle specie senza sostanza propria, ma in Colui, che sotto di esse si copre. Come gli Apostoli potevano prostrarsi dinanzi a Cristo, in qualunque luogo loro si mostrava, perché in quell’uomo, che adoravano, si occultava il Verbo divino, così noi dovunque sono le specie Eucaristiche, ci prostriamo, adorando ciò che in esse si nasconde, l’Uomo-Dio. Noi non adoriamo la creatura, la materia del pane e del vino, che non esiste più, ma Colui che l’ha creata, il Salvatore del mondo. – Sono queste, o dilettissimi, le verità capitali che riguardano l’altissimo mistero della presenza reale e che rispondono ad .altrettanti errori, che il nemico di Dio e dell’uomo nel corso de’ secoli sparse nel campo della Chiesa e che la Chiesa condannò. Figli docili di questa madre amorosa, che sulla terra tiene il luogo di Dio nostro padre, fuggiamo e detestiamo gli errori, ch’ella ci addita e respinge, accogliamo e amiamo le verità, che ci porge e dietro a tanta guida mettiamoci per la via, su cui piove dall’alto una luce purissima e perenne.

CREDO …

Offertorium
Orémus
Levit 21:6
Sacerdótes Dómini incénsum et panes ófferunt Deo: et ideo sancti erunt Deo suo, et non pólluent nomen eius, allelúia. [I sacerdoti del Signore offrono incenso e pane a Dio: perciò saranno santi per il loro Dio e non profaneranno il suo nome, allelúia.]

Secreta
Ecclésiæ tuæ, quǽsumus, Dómine, unitátis et pacis propítius dona concéde: quæ sub oblátis munéribus mýstice designántur. [O Signore, Te ne preghiamo, concedi propizio alla tua Chiesa i doni dell’unità e della pace, che misticamente son figurati dalle oblazioni presentate.]

Communio
1 Cor XI:26-27
Quotiescúmque manducábitis panem hunc et cálicem bibétis, mortem Dómini annuntiábitis, donec véniat: itaque quicúmque manducáverit panem vel bíberit calicem Dómini indígne, reus erit córporis et sánguinis Dómini, allelúia. [Tutte le volte che mangerete questo pane e berrete questo calice, annunzierete la morte del Signore, finché verrà: ma chiunque avrà mangiato il pane e bevuto il sangue indegnamente sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore, allelúia.]

Postcommunio

Orémus.
Fac nos, quǽsumus, Dómine, divinitátis tuæ sempitérna fruitióne repléri: quam pretiósi Corporis et Sanguinis tui temporalis percéptio præfigúrat: [O Signore, Te ne preghiamo, fa che possiamo godere del possesso eterno della tua divinità: prefigurato dal tuo prezioso Corpo e Sangue che ora riceviamo]

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.