INVENZIONE DELLA CROCE

3 MAGGIO: INVENZIONE DELLA CROCE

AD IESUM CRUCIFIXUM

PRECES IACULATORIÆ, INVOCATIONES

186

Crux mihi certa salus.

Crux est quam semper adoro.

Crux Domini mecum.

Crux mihi refugium.

(S. Thomas Aq.).

Indulgentia trecentorum dierum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo quotidie per integrum mensem invocationes devote recitatæ fuerint (Pius IX, Rescr. Manu Propr., 21 ian. 1874; S. Pæn. Ap., 10 mart. 1933).

187

O Crux, ave, spes unica.

Indulgentia quingentorum dierum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, prece iaculatoria quotidie in integrum mensem pie iterata (S. Pæn. Ap., 20 mart. 1934).

188

Per signum Crucis de inimicis nostris libera nos, Deus noster (ex Brev. Rom.).

Indulgentia trium annorum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo quotidiana invocationis recitatio in integrum mensa producta fuerit (S. Pæn. Ap., 1 aug. 1934).

III

ACTUS ADORATIONIS ET GRATIARUM ACTIO

191

Adoramus te, Christe,

et benedicimus tibi;

quia per sanctam Crucem

tuam redemisti mundum. 

Indulgentia trium annorum (S. Pæn. Ap., 2 febr. 1934). Fidelibus vero, qui pio animi affectu in Passionem ac Mortem D. N. I. C. Credo una cum supra relata precatiuncula recitaverint, [Ai fedeli che con animo afflitto, nella Passione di N.S.J.C., con una delle precedenti giaculatorie, recitano il Credo … – ndr.-] … conceditur:

Indulgentia decem annorum; Indulgentia plenaria suetis conditionibus, si quotidie per integrum mensem eamdem recitationem pia mente persolverint (S. Pæn. Ap., 20 febr. 1934).

192

Signore, vi ringrazio che siete morto in Croce per i miei peccati (S. Paolo della Croce).

Indulgentia trecentorum dierum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, invocatione quotidie per integrum mensem devote iterata (S. Pæn. Ap. 18 ian. 1918 et 10 mart. 1933)

HYMNUS

193

Vexilla Regis prodeunt,

Fulget Crucis mysterium,

Qua vita mortem pertulit,

Et morte vitam protulit.

Quæ vulnerata lanceæ

Mucrone diro, criminum

Ut nos lavaret sordibus,

Manavit unda et sanguine.

Impleta sunt quæ concinit

David fideli carmine,

Dicendo nationibus:

Regnavit a ligno Deus.

Arbor decora et fulgida,

Ornata regis purpura,

Electa digno stipite

Tam sancta membra tangere.

Beata, cuius brachiis

Pretium pependit sæculi,

Staterà facta corporis,

Tulitque prædam tartari.

O Crux, ave, spes unica,

Gentis redemptae gloria! [1]

Piis adauge gratiam,

Reisque dele crimina.

Te, fons salutis, Trinitas,

Collaudet omnis spiritus:

Quibus Crucis victoriam

Largiris, adde præmium. Amen.

(ex Brev. Rom.).

Indulgentia quinque annorum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo quotidie per integrum mensem hymnus pie recitatus fuerit (S. C. Indulg., 16 ian. 1886; S. Pæn. Ap., 29 apr. 1934). 

 [1] Loco: Gentis redemptæ gloria, dicatur: Tempore Passionis: Hoc Passionis tempore! — Tempore Paschali: Paschale quæ fers gaudium! — In festo Exaltationis Crucis: In hac triumphi gloria! 

Notizie sulla festa odierna in:

LA PASSIONE DI GESU’ CRISTO

 

LO SCUDO DELLA FEDE (IX)

[A. Carmignola: “Lo Scudo della Fede”. S.E.I. Ed. Torino, 1927]

IX.

I TESTIMONI.

 — I martiri testimoni della, verità, della dottrina cristiana. — Il loro numero. — Se siano stati fanatici o ambiziosi. — I falsi martiri. — Intervento divino nel fatto del martirio.

— È vero che le profezie precisamente avverate ed i miracoli operati mi danno dei motivi assoluti per credere agli insegnamenti della Chiesa Cattolica, come ad insegnamenti rivelati da Dio. Ma come sarò io sicuro dell’avveramento delle profezie e dei miracoli operati?

Lo sarai con la testimonianza di coloro che hanno veduto tutto ciò. Come fa il giudice ad accertarsi di un fatto, su cui ei deve pronunziare sentenza di assoluzione, o di condanna? Interroga i testimoni. Così noi volendo assicurarci dell’avveramento delle profezie e dei miracoli operati, dobbiamo far lo stesso, interrogare coloro che ne sono stati testimoni.

— Ma molte volte i testimoni sono falsi.

Precisamente perciò noi interrogando i testimoni, di cui parliamo, ricercheremo altresì se sono giusti, degni di fede.

— E quali sono questi testimoni?

Sono gli Apostoli, i discepoli di Gesù? e quei cristiani, che massime nei primi secoli della fede furono martiri.

— Come mai?

La parola martire (parola greca) in nostra lingua non significa altro che testimonio. Durante i tre primi secoli del Cristianesimo quasi da per tutto, in seguito poi qua e là, dapprima gli Apostoli e i discepoli di Gesù Cristo, poi i cristiani che abbracciarono la fede da loro insegnata, furono tentati con le persecuzioni a rinnegarla. Pestando essi costanti nella medesima, furono condannati a morte. Ed essi andandovi incontro volonterosi, confessando fino all’ultimo che la loro fede era divina, perché quel Gesù Cristo che era venuto ad insegnarla si era comprovato Dio, testimoniarono con le parole e col fatto la divina rivelazione fatta da Gesù Cristo medesimo.

— Ma i martiri non furono uccisi per delitti comuni? per certe scelleratezze che si dice abbiano commesse? e specialmente per essere stati nemici e odiatori degl’imperatori romani?

Ciò è falso, falsissimo. E la prova più lampante si è, che appena un cristiano avesse rinnegato la fede, era tosto lasciato in libertà, e ben anche colmato di onori e di ricompense. Come si sarebbe fatto ciò, se si intendeva di martirizzare i cristiani non già per la loro fede, ma pei delitti di cui erano imputati? E poi è bensì vero che si andava buccinando per ogni dove che i cristiani erano empi, perché ricevevano e si cibavano della SS. Eucaristia, ossia delle carni immacolate di Gesù Cristo; che erano nemici ed odiatori degli imperatori romani perché  in fatto di religione non la pensavano come essi volevano; ma in realtà non si poté mai provare alcuna delle scelleratezze loro addebitate, e tutt’altro che essere nemici ed odiatori degli imperatori, ne erano i sudditi più fedeli, tanto che il celebre Tertulliano, apologista cristiano, che viveva sulla fine del 2° secolo e per buona pezza del 3°, prese a difendere i cristiani dalle accuse che loro si facevano, e poté sfidare gl’imperatori romani e i magistrati a citare il nome di anche un solo cristiano, che avesse avuto parte nelle congiure o nelle guerre civili, che di quel tempo desolarono quasi del continuo l’impero.

— Ma per l’appunto Tertulliano ed altri apologisti non furono causa con le loro imprudenti parole di provocare lo sdegno degli imperatori?

Ecco il bel modo di ragionare che si usa anche ai dì nostri contro dei buoni cristiani, contro i preti, i vescovi, il Papa, contro la Chiesa. Si gettano contro di loro le più nere calunnie, e poi se essi prendono a ribatterle su pei giornali, o nei libri, od anche ricorrendo ai tribunali, si dice che sono provocatori; se tacciono e lasciano correre, si grida: Perché non fanno le loro difese, perché contro di tali accuse non danno querela? E questa ti pare giustizia? Ma via, quand’anche gli apologisti cristiani fossero stati imprudenti usando delle espressioni troppo violente contro degli imperatori; forse che questi erano in diritto di uccidere in massa i cristiani e di adoperare verso di loro tormenti così atroci, quali furono per l’appunto quelli che adoperarono? Dovevano adunque i cristiani lasciarsi massacrare senza che alcuno di loro si levasse su a protestare contro l’orribile ingiustizia, che si commetteva verso di essi? E qualora fosse stato così non si sarebbe detto che erano poveri sciocchi, ignoranti e testardi?

— Ciò è vero. Ma furono realmente molti i cristiani martirizzati?

Molti? Si tratta di milioni.

— Di milioni! Eppure mi pare aver letto non so dove che i martiri sono alla fin fine ben pochi.

Così hanno osato di dire certi scrittori razionalisti e protestanti dei nostri giorni, ma tuttavia ben diversamente è provato dalla storia. E a chi dobbiamo noi credere ? Ad un misero critico, che gonfio della sua scienza fallace, seduto tranquillamente nel suo gabinetto, con un tiro di penna cassa i calcoli stabiliti da quindici secoli per opera dei più gravi scrittori, od a coloro che quei morti caduti nei combattimenti della verità videro essi medesimi coi loro occhi? E non sono gli stessi pagani, loro contemporanei, quelli che fanno salire a milioni gli uomini, le donne, i vecchi, i fanciulli, i preti, i laici, i nobili, i plebei, i liberi, gli schiavi assassinati nel nome degli dèi per avere pronunziata questa sola parola: « Io sono cristiano? – E non asserisce forse Tacito che si trattava di una moltitudine immensa? Non scrive forse Plinio, che era un popolo infinito sparso per ogni dove e appartenente a ogni classe della società ? E Marco Aurelio, il coronato filosofo, non copre forse de’ suoi disprezzi intere turbe di fanciulli uccisi? E non attesta il medesimo Giuliano apostata, che i cristiani, a schiere, a schiere, correvano al martirio, come le api all’alveare? Ridurre adunque ai minimi termini il numero dei martiri, come fa oggidì qualche scienziato incredulo è un contraddire palesemente la verità, è un rinnegare la luce del sole.

— Ma i martiri non potevano essere vittime infelici del loro fanatismo, del loro esaltamento di animo, anziché testimoni della fede?

Obbiezione vecchia questa ! Ma l’ingente loro numero non è già una prova contraria? Che qualche uomo muoia vittima del fanatismo, cioè dell’animo esaltato da cieca passione, passi; ma che muoiano centinaia, migliaia, milioni… E tra questi milioni non c’erano anche in gran numero illustri filosofi, grandi dottori, uomini di coltura e di genio, gente insomma che non può essere vittima del fanatismo! E poi l’atteggiamento dei martiri era quello di gente fanatica? I martiri fanatici, se possiamo accoppiare insieme questi due termini, mostrano anche morendo inquietudine, agitazione frenetica, orgoglio, fierezza, odio. Tra questi pretesi martiri si pongono Giovanni Huss, Girolamo da Praga, Giordano Bruno. Giovanni Huss fu dapprima sacerdote e poi eretico, e non ostante che fosse stato convinto dei suoi errori in un Concilio radunatosi a Costanza, ostinatamente rifiutò di rinnegarli. Epperò venne abbandonato all’autorità civile, che secondo le leggi di quel tempo lo condannò al rogo (anno 1415). Lo stesso accadde a Girolamo da Praga semplice laico, ma amico di lui e sostenitore dei suoi errori, ed a Giordano Bruno, che fu dapprima domenicano e poscia pervertito si diede ad insegnare pubblicamente ogni sorta d’immoralità e bestemmie (anno 1600), ed al quale, a scopo settario, si volle nel 1889 innalzare a Roma in Campo di Fiori, ove era stato giustiziato, un monumento. – Ma tutti costoro anche negli estremi istanti di loro vita si dimostrarono pieni di superbia, di presunzione, di disprezzo verso coloro, che li dannarono. Nei martiri cristiani invece non si vede che pace, che rassegnazione, che carità, che generosità, che umiltà, che tutto un insieme di virtù, che rapisce e strappa le lagrime. E ciò per tre secoli continui! Dimmi sono cose queste che si possano spiegare col fanatismo! Per fare ciò bisognerebbe essere fanatici davvero!

— Mi viene tuttavia in mente un’altra difficoltà. Ora i martiri della Chiesa Cattolica sono molto onorati, tanto che si erigono loro degli altari, si pongono in venerazione le loro immagini, si celebrano con splendore le loro feste, si fanno i loro panegirici. Non potrebbe essere che prevedendo essi tutto ciò, si lasciassero indurre al martirio dalla vanagloria e dall’ambizione?

E si può dire davvero che, umanamente parlando, essi prevedessero la gloria e gli onori, che avrebbero ricevuto dalla Chiesa? Che anzi non vedevano per lo più che i corpi dei martiri, che li avevano preceduti, restavano insepolti, che le loro ossa e le loro membra dilacerate venivano gettate di spesso in fondo alle cloache? E molte volte ne erano uccisi tanti insieme, per modo che di molti di essi restasse ignoto persino il nome? Ed anche allora che avessero preveduti gli onori resi ad essi in seguito, ti par possibile che ciò bastasse per indurli a soffrire con la più eroica pazienza i più orribili tormenti? Eh! caro mio, devi sapere che i vari generi di morte, con cui si punivano i più scellerati malfattori, la decapitazione, la forca, la crocifissione, erano stimati tormenti troppo miti per far morire i cristiani. Ed ecco perciò le graticole infuocate, le lamine incandescenti, i tori di bronzo arroventati, le tenaglie, gli uncini e i pettini di ferro, gli eculei, le caldaie di olio bollente, il piombo liquefatto, gli orsi, le pantere, i leoni… tutto ciò che l’odio diabolico e l’umana barbarie ha saputo inventare. Or pare a te che la vanagloria e l’ambizione avesse tale forza da indurre l’uomo a lasciarsi scorticare vivo, od abbrustolire, o strappare le carni a brani, o stritolare le ossa dalle belve feroci? E qualora la vanagloria e l’ambizione ottenesse tale effetto sopra un qualche uomo, come l’otterrebbe sopra intere moltitudini e specialmente su poveri idioti, su miseri schiavi, su donne e fanciulli, quali erano moltissimi dei martiri? Di più; vorresti tu che Iddio intervenisse con i suoi miracoli ad approvare degli ambiziosi?

— E Iddio ha Egli fatto pure dei miracoli a prò dei martiri?

Senza dubbio, e moltissimi. Basterebbe che tu leggessi i loro Atti per esserne del tutto persuaso. Talvolta gli strumenti, che si adoperavano per. martirizzarli, da se stessi si spezzavano e diventavano inetti, tal’altra i leoni più feroci diventavano con essi quali miti agnelli e si facevano a lambire le loro mani, altre volte ancora il fuoco non li abbruciava e sterminava invece i loro persecutori, oppure essendo immersi nelle acque ritornavano vivi a galla, oppure a loro intercessione si operavano strepitose guarigioni e persino risurrezioni di morti… insomma i miracoli a pro dei martiri furono senza numero e dei più grandi. Ora se essi fossero stati fanatici, ambiziosi, come si dice, Iddio avrebbe forse operati tanti miracoli per approvare il loro fanatismo, la loro ambizione?

— Non si può negare che queste osservazioni siano di una forza irresistibile. Ma non è egli vero che tutte le religioni hanno i loro martiri? E se è così non si dovrebbe inferire che tutte le religioni sono vere?

Si dice che tutte le religioni abbiano i loro martiri, ma non è così assolutamente. Martire, già l’ho detto, significa testimonio, e testimonio è colui che testifica di aver udito oppure veduto un fatto esterno e visibile. I cristiani morendo per la fede cattolica sì che erano veramente martiri, perché sia con le parole e più ancora col sangue testificavano il fatto che Gesù Cristo si è comprovato Dio, sia con l’avveramento in Lui delle profezie, sia con i miracoli, e lo testificavano precisamente perché molti di essi, come gli Apostoli, e i discepoli di Gesù Cristo, lo videro coi loro occhi ed appresero con le loro orecchie, e gli altri tutti lo intesero dagli Apostoli e dai discepoli di Gesù Cristo e loro successori, e ne furono accertati dai miracoli, che in gran numero videro ancor essi in prova di tal fatto Ma invece i pretesi martiri delle altre religioni di quale fatto mai resero essi testimonianza? Di nessuno. Se essi sembrarono morire per la loro religione, in realtà morirono per le loro fissazioni, per l’attaccamento alle proprie idee, per eccesso di passione ed altre simili ragioni. E chi muore in tal guisa potrà chiamarsi pazzo, fanatico, ostinato, e se vuoi, potrà anche dirsi uomo di coraggio, fermo e tenace nelle proprie idee e nelle sue convinzioni, ma non già martire, ossia testimonio.

— Ma non era la stessa cosa nei martiri? Non morivano anch’essi per tenacia e fermezza delle loro idee e convinzioni religiose?

Allora non hai ancora capito quello che ti ho detto sopra. Sì, è vero, i martiri morivano santamente tenaci e fermi nelle loro idee e convinzioni religiose, ma queste idee sicure, queste convinzioni profonde, che essi avevano della fede cattolica, questa persuasione massima di essa, da che proveniva nei loro animi? Forse solo dallo studio ed apprendimento che essi facevano della religione? No, certo; perché se molti fra di essi furono di tale intelligenza ed elevatezza di ingegno da poter fare tale studio ed apprendimento, la più parte erano indotti, fanciulli, popolani, schiavi, donne, che senz’altro credevano sulla parola degli Apostoli, dei discepoli di Gesù Cristo e dei loro successori. La incrollabile certezza della fede cattolica negli animi cristiani, tanto in quelli degli indotti come in quelli dei dotti, proveniva dalla certezza incrollabile che avevano dei miracoli operati da Gesù Cristo, dagli Apostoli, dai discepoli di Gesù Cristo e dai loro successori, da altri santi martiri, miracoli che una gran parte di essi aveva veduto o andava vedendo coi propri occhi. Testimoni adunque di questi miracoli, ossia di questi fatti esterni e visibili, i quali comprovavano la divinità di Gesù Cristo, e per conseguenza la verità della fede cattolica da loro professata, essi morirono testificando di aver veduto tali fatti, ed è così che furono veramente martiri.

— Mi pare di aver compreso. Vuol dire adunque che se tra i pagani, tra i mussulmani, tra gli ebrei e i protestanti vi sono stati di coloro, che morirono per la loro religione, non fecero altro che attestare la propria convinzione interna, ma nessun fatto esterno che fosse tale da renderli pienamente sicuri della loro interna convinzione.

Benissimo. Insomma i martiri dimostrarono per la fede cattolica una fortezza eroica, anzi sovrumana e miracolosa, perché della fede cattolica avevano una certezza assoluta, che in essi era generata dai fatti miracolosi, di cui erano stati testimoni e dei quali versando il sangue e morendo rendevano la suprema testimonianza.

— E perché dice sovrumana e miracolosa la fortezza dei martiri?

* Perché tutte le circostanze, che accompagnano il martirio cristiano, insieme riunite formano cosa tale che dalla sola natura umana non può provenire, cosa tale, che non altrimenti si può spiegare che con l’intervento di Dio. Il numero dei martiri, la loro condizione, i martini orribili, cui furono sottoposti, la fermezza, la pace, la letizia, con cui li sopportarono, persino vecchi cadenti, donne imbelli, fanciulle timide e giovanetti di prima età, i miracoli che frequentissimi accaddero durante il martirio… son cose tutte che ci fanno dire: Dio era là! Sì, Dio era là a produrre egli stesso il miracolo di tanto coraggio ed eroismo. Ed era appunto questo miracolo che tante volte, essendone spettatori i pagani, operava la loro conversione. « No, non può essere che divina quella fede, che infonde nell’uomo tale forza, dicevano essi, e merita perciò di essere abbracciata e seguita ». E l’abbracciavano, e seguivano. Ciò che fece dire a Tertulliano: « Più voi, o persecutori, ci mietete, e più ci moltiplichiamo: il sangue dei cristiani è seme ». E non solo Dio era là nella forza miracolosa, di cui davano prova i martiri, ma vi era ancora nell’adempimento della profezia fatta da Gesù Cristo sulle persecuzioni. Gesù Cristo aveva chiaramente profetato ai seguaci suoi « che sarebbero stati trascinati innanzi ai tri bunali, davanti ai governatori, ai re, ai presidi per rendergli testimonianza…, che sarebbero stati gettati in carcere, flagellati, straziati uccisi per il suo nome ».

— Ma questa predizione di Gesù Cristo si può chiamare profezia!

Senza dubbio, si può e si deve.

— E non era naturale il prevedere e predire che i pagani si sarebbero levati su a perseguitare i cristiani?

Era naturale il prevedere e predire che i pagani si opponessero alla dottrina dei cristiani, perché si trattava di una dottrina che contrastava la loro vita malvagia, ma non era naturale affatto il prevedere e predire quell’odio così furibondo e quelle persecuzioni così atroci, che si scatenavano contro di loro, mentre in tutto l’impero romano e specialmente a Roma vi era la massima libertà di culto. Si poteva dunque tutto al più prevedere e predire che sarebbero stati non curati o guardati con disprezzo, ma non già così ferocemente perseguitati. Avendo dunque Gesù Cristo fatta una vera profezia intorno alle persecuzioni de’ suoi seguaci e questa essendosi perfettamente avverata in una carneficina, che durò trecento anni, il martirio perciò si deve riguardare ancora come un fatto divino per essere l’adempimento di un oracolo divino. Di maniera che ben si può dire che nel martirio cristiano vi sono le due più grandi forze che siano al mondo: la testimonianza degli uomini al suo grado più alto e la testimonianza di Dio: la Chiesa che afferma col sangue de’ suoi figli la rivelazione divina, e Dio che interviene e si manifesta in questa affermazione della Chiesa. E così il martirio cristiano si può riguardare come la prova massima della verità della fede.

— Sì, davvero, dinanzi a tale prova bisogna essere ben ciechi e maligni per non darsi vinti e non credere fermamente l’insegnamento cristiano.