DOMENICA TRA L’ASCENSIONE (2018)
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Ps XXVI:7; XXVI:8; XXVI:9
Exáudi, Dómine, vocem meam, qua clamávi ad te, allelúja: tibi dixit cor meum, quæsívi vultum tuum, vultum tuum, Dómine, requíram: ne avértas fáciem tuam a me, allelúja, allelúja. [Ascolta, o Signore, la mia voce, con la quale Ti invoco, allelúia: a te parlò il mio cuore: ho cercato la Tua presenza, o Signore, e la cercherò ancora: non nascondermi il Tuo volto, allelúia, allelúia.]
Ps XXVI:1 Dóminus illuminátio mea et salus mea: quem timébo? [Il Signore è mia luce e la mia salvezza: di chi avrò timore?].
Exáudi, Dómine, vocem meam, qua clamávi ad te, allelúja: tibi dixit cor meum, quæsívi vultum tuum, vultum tuum, Dómine, requíram: ne avértas fáciem tuam a me, allelúja, allelúja. [Ascolta, o Signore, la mia voce, con la quale Ti invoco, allelúia: a te parlò il mio cuore: ho cercato la Tua presenza, o Signore, e la cercherò ancora: non nascondermi il Tuo volto, allelúia, allelúia.]
Oratio
Orémus. – Omnípotens sempitérne Deus: fac nos tibi semper et devótam gérere voluntátem; et majestáti tuæ sincéro corde servíre. [Dio onnipotente ed eterno: fa che la nostra volontà sia sempre devota: e che serviamo la tua Maestà con cuore sincero.].
Lectio
Léctio Epístolæ beáti Petri Apóstoli. 1 Pet IV:7-11
“Caríssimi: Estóte prudéntes et vigiláte in oratiónibus. Ante ómnia autem mútuam in vobismetípsis caritátem contínuam habéntes: quia cáritas óperit multitúdinem peccatórum. Hospitáles ínvicem sine murmuratióne: unusquísque, sicut accépit grátiam, in altérutrum illam administrántes, sicut boni dispensatóres multifórmis grátiæ Dei. Si quis lóquitur, quasi sermónes Dei: si quis minístrat, tamquam ex virtúte, quam adminístrat Deus: ut in ómnibus honorificétur Deus per Jesum Christum, Dóminum nostrum.”
Omelia I
[Mons. Bonomelli: “Omelie” – Torino 1899; vol. II, Omelia XXV]
“Siate prudenti e vegliate nelle preghiere; ma sopra tutto abbiate costante carità tra di voi; perché la carità copre una moltitudine di peccati. Osservate la scambievole ospitalità, senza mormorio, volgendo ognuno a beneficio degli altri il dono che ha ricevuto, come buoni amministratori della molteplice grazia di Dio. Se alcuno parla, lo faccia come della parola di Dio: se alcuno ministra, sia come con potere datogli da Dio, acciocché in ogni cosa Dio sia glorificato per Gesù Cristo, al quale sia gloria ed impero nei secoli dei secoli. Amen „ (I. di S. Pietro, IV, 7-11).
In questa Domenica dopo l’Ascensione la Chiesa ci fa leggere nella santa Messa le poche linee che avete udite, e che si trovano nella prima epistola di S. Pietro. L’avrete rilevato voi stessi, o cari; sono poche linee, ma in esse si racchiude un vero tesoro di dottrina morale e pratica, che è una applicazione della gran legge della carità fraterna. Vero è che queste verità più e più volte le avete udite nelle omelie che vi tengo: ma se i Libri santi spesso le ripetono egli è perché è utile il ripeterle. Avviene dello spirito ciò che avviene del corpo. Per conservare e ristorare le forze di questo noi più volte al giorno pigliamo lo stesso cibo e la stessa bevanda e non ce ne stanchiamo: per conservare e ristorare le forze dello spirito, è necessario nutrirlo collo stesso cibo e colla stessa bevanda, e cibo e bevanda dello spirito sono le verità che Gesù Cristo ci ha insegnato. Ascoltiamole dunque con animo riverente e docile, e studiamoci di porcele ben addentro nell’animo. – Il Principe degli Apostoli, dopo aver esortati i fedeli a staccarsi dai peccati, dei quali vissero schiavi da Gentili: dopo aver accennato allo stupore dei Gentili, vedendoli signori delle basse voglie del senso, tocca del giudizio divino, che si avvicina: “Omnium finis appropinquavit.” – Dobbiamo tutti prepararci a quel giorno, che infallibilmente verrà, quantunque ignoriamo quando verrà. E come prepararci? “Siate prudenti — Estote prudente», . risponde S. Pietro. La prudenza! Essa importa anzi tutto il conoscimento delle cose che dobbiamo fare o fuggire [“Prudentia est rerum appetendarum et fugiendarum scientia” – S. August., De lib. arb., lib. 1, c. 13]. Non basta: essa importa il conoscimento del fine che in ogni cosa ci proponiamo e dei mezzi, che siano più acconci per raggiungerlo più perfettamente. Ond’è che la prudenza deve tener d’occhio il tempo, il luogo, le circostanze tutte, affinché l’opera felicemente riesca ed esige ponderazione, sagacia e costanza di propositi. La prudenza è non solo virtù cardinale, ossia fondamentale riguardo alle virtù morali, ma tiene fra di esse il primo luogo, perché essa deve regolare l’intelligenza, come questa deve poi regolare la volontà, e perché non vi è virtù senza la prudenza, anzi potrebbe essere, che una virtù, anche eccellente, scompagnata dalla prudenza, tralignasse in vizio. Così la fortezza separata dalla prudenza può diventare temerità, la giustizia durezza, la pazienza pusillanimità; la generosità, prodigalità; l’umiltà bassezza e via via. E in vero quante virtù si tramutano in vizi perché non regolate dalla prudenza! Il coraggio di Pietro diventa temerità e presunzione. La prudenza pertanto deve accompagnare sempre i nostri atti, deve essere l’arme di tutte le virtù. Siate prudenti, „ grida S. Pietro, e perciò a tutte le nostre azioni vada innanzi la face della prudenza, affinché non poniamo il piede in fallo e delle parole ed opere nostre non sentiamo il tardo ed inutile pentimento. Sorella inseparabile della prudenza è la vigilanza, che ha il suo alimento ed il suo appoggio nella preghiera; il perché S. Pietro soggiunge tosto: “Vegliate nelle preghiere —Vigilate in orationibus. „ Si direbbe che qui l’Apostolo ripete ai fedeli l’ammonimento di Cristo, là nell’orto, e che doveva risonar continuamente all’orecchio: “Vigilate et orate, ut non intretis in tentationem.” Egli, S. Pietro, non poteva non aver sempre innanzi agli occhi quella notte fatale, in cui egli e Giacomo e Giovanni erano là nel Getsemani in preda alla tristezza e al sonno. Doveva ricordare come Gesù per ben tre volte l’aveva riscosso dal sonno e ripetute quelle parole — Vegliate e pregate, — e come conseguenza di quella sua trascuratezza nel vegliare e pregare era stata la sua miserabile caduta. Perciò qui la ripete anche egli ai primi Cristiani. “Vegliate nell’orazione. „ Noi Cristiani siamo come soldati in campo, che ad ogni istante, di giorno, di notte, possiamo essere assaliti da nemici astuti e potenti: bisogna stare sempre in sull’avviso, con l’arme in pugno per difenderci e rigettarli, e l’arme più spedita per tutti è la preghiera, e perciò S. Pietro ha congiunto la vigilanza e l’orazione: la vigilanza ci fa scorgere il nemico, che si avanza, e scoprire le insidie, che tende; l’orazione è il grido che leviamo a Dio perché ci aiuti, che gettiamo contro il nemico per atterrirlo: “Vigilate in orationibus”. Segue un’altra raccomandazione, che sì spesso si incontra nei Libri santi: “Sopra tutto abbiate costante carità tra di voi. „ Qui si parla della carità del prossimo, che deve essere l’effetto e la prova della carità verso di Dio, e S. Pietro vuole che, tra le altre, abbia due doti, sia cioè costante e mutua o vicendevole. Generalmente parlando gli uomini si amano tra loro, giacché l’odiarsi è di poche anime volgari e schiave d’una passione che ripugna alla natura. Ma che amore è desso? E forza confessarlo: è un amore debole, interessato, che al primo urto, alla prima prova cede e forse si muta in risentimento e rancore mal dissimulato. L’amore nostro verso i fratelli deve essere costante e saldo, e lo sarà se la scintilla che l’accende, scende dall’alto, viene da Dio. Se l’amore verso del prossimo ha la sua radice o nell’interesse, o nelle sole qualità fisiche o morali, ond’esso è fornito, non potrà essere costante: cessi l’interesse, deve cessare con esso l’amore; se le qualità fisiche o morali fanno difetto nel prossimo, o possedute da esso un tempo, poi scemarono od anche interamente si dileguarono, con esse dovrà pure andarsene l’amore. Perché dunque l’amore del prossimo sia costante, conviene che sia costante il motivo che l’accende ed alimenta, conviene che si appunti in Dio, che non si muta mai. Oh! quando amiamo il prossimo in Dio e per Iddio, noi lo ameremo sempre, anche quando agli occhi nostri apparisce indegno, anche quando ci odia e ci perseguita perché Dio merita sempre che Lo amiamo! In secondo luogo l’amore del prossimo vuol essere mutuo o vicendevole, simile al sole, dice S. Basilio: il sole, dice il Santo, quanto è da sé, spande egualmente in ogni parte la sua luce e il suo calore, ancorché non tutti gli oggetti lo ricevano in egual misura; ciascuno dunque sia come il sole e spanda su tutti l’amor suo, e la terra presenterà lo spettacolo del cielo, dove l’amore regna sovrano. Dopo avere inculcata la carità costante e vicendevole, il nostro Apostolo accenna ad uno dei suoi frutti, dicendo: “La carità copre una moltitudine di peccati — Quia charitas operit multitudinem peccatorum. „ La copre dinanzi agli uomini, dissimulando e dimenticando le loro offese, e per tal modo inducendo gli offensori a riconciliarsi con Dio e con gli offesi: la copre, sedando le discordie tra i fratelli e ristabilendo tra loro la pace: la copre, correggendo gli erranti, e con la soavità dei modi riconducendoli alla verità: la copre, beneficando tutti, e con la larghezza della elemosina guadagnando i cuori: la copre dinanzi a Dio, perché, amandoLo perfettamente, come la Maddalena e Paolo, monda le anime e tosto a Dio le riconcilia: la copre, perché, quantunque non perfetta, essa dispone l’uomo a cancellare tutti i suoi peccati col Sacramento della Penitenza. La carità dunque, nel senso più largo della parola, copre, cioè cancella, distrugge i peccati e giustifica l’uomo o lo prepara alla giustificazione, onde fu paragonata al fuoco, che consuma ogni cosa. Carità dunque, o cari, carità verso Dio, che è la carità stessa, carità verso gli uomini; carità nelle parole, più nelle opere, carità che erompa dal cuore: carità verso i buoni e carità anche verso i cattivi, perché diventino buoni, o meno cattivi, perché è questa la virtù delle virtù, il compimento della legge. Di questa carità S. Pietro rammenta ai fedeli una applicazione a quei tempi e in quei luoghi importantissima, e a noi, nei nostri paesi e coi nostri usi moderni, quasi inesplicabile. Frequentemente nei libri del nuovo Testamento si inculca e si loda la ospitalità, e Cristo la pose tra le opere della misericordia: per formarci un’idea dell’importanza della ospitalità e dell’opera caritatevole ch’essa era, bisogna dimenticare tutti i comodi, tutti gli agi di vie sicure, di alberghi, che noi abbiamo oggidì e che rendono facilissimo il viaggiare; ma a quei tempi non strade, o malagevoli, infestate da ladroni ed assassini, non servigi pubblici, malsicuri, e perciò l’ospitalità era un bisogno, una necessità pubblica e in pari tempo una squisita carità, come nei paesi poco inciviliti lo è tuttora. Eccovi la ragione delle tante lodi e sì calde raccomandazioni della ospitalità, che troviamo nei nostri Libri santi. Da ciò che ho detto intorno alla ospitalità sì necessaria ai tempi degli Apostoli, ospitalità, che era una esplicazione della carità e che oggi ha sì poca importanza, si fa manifesto che anche la virtù regina, che è la carità, può mutare e muta le sue applicazioni secondo i tempi e i luoghi e gli uomini, che certe opere di carità necessarie in altri tempi, oggidì sono cessate, ed altre ignote nei tempi passati oggidì sono imposte. Non si muta la virtù nella sua radice, ma si mutano le sue applicazioni e noi, figli del Vangelo, dobbiamo essere uomini di tutti i tempi, come lo è il Vangelo, ed esercitare la carità quale è richiesta nei vari paesi e nei vari tempi. Né si vuole dimenticare una avvertenza che riguarda questa lettera. Essa è indirizzata ai Cristiani dispersi nelle provincie dell’Asia Minore, e prima tra queste da S. Pietro è nominata la provincia del Ponto: ora è a sapere che quella provincia aveva fama d’essere inospitale, come sappiamo dagli scrittori pagani (Ovidio), e forse fu questa una ragione di più che indusse l’Apostolo a ricordare a quei popoli il dovere della ospitalità, aggiungendovi una raccomandazione particolare, ed è di usarla “sine murmuratione”, senza mormorio o lamento. — Vi sono persone, che esercitano la carità, ma in mal modo, brontolando, lagnandosi: questa non è carità secondo il Vangelo. – Ciò che si dice della carità, devesi pur dire della ospitalità, che ne è una parziale applicazione: anch’essa deve essere benigna, graziosa e offerta con volto ilare, anzi S. Gregorio Magno vuole che in qualche modo sia imposta: “Peregrini ad hospitium non solum invitandi, sed etiam trahendi sunt”. Seguitiamo il nostro commento. Alla raccomandazione della scambievole ospitalità tiene dietro un’altra raccomandazione più particolareggiata e più grave. Uditela: “Ognuno volga a beneficio degli altri il dono che ha ricevuto, come buoni amministratori della molteplice grazia di Dio. „ Qui si parla di coloro che tengono qualche officio o ministero sacro nella Chiesa, come sarebbe l’officio o ministero dell’annunciare la parola di Dio, del dispensare i Sacramenti, o del governo delle anime. S. Pietro intima a tutti costoro senza eccezione, che si considerino non come padroni, ma amministratori dei doni ricevuti, delle grazie loro largite, non a proprio vantaggio, ma a vantaggio e beneficio altrui. Noi, uomini di Chiesa, ministri e dispensatori dei misteri di Cristo, come ci chiama S. Paolo, siamo tali, non per nostra utilità, ma sì per la vostra, o figliuoli dilettissimi: “Uniquique datur manifestatio spiritus ad utilitatem” (I Cor. c. XII, vers. 7). Il nostro ministero è un potere, vero potere, che abbiamo ricevuto non da voi, ma da Cristo, ma che dobbiamo esercitare a vostro beneficio; è un servizio, non un dominio, e se il nostro Capo supremo, il Romano Pontefice si chiama ed è Servo dei servi di Dio, cioè deve servire al bene di tutti i fedeli, che sono servi di Gesù Cristo, quanto più lo saremo noi sacerdoti e parroci? Perciò è nostro dovere prestare l’opera nostra a tutte le vostre domande ragionevoli, anche con nostro disagio, con nostro sacrificio, in certi casi, ne andasse la vita. Noi siamo amministratori dei doni di Cristo, non padroni, e guai a noi se per la nostra trascuratezza, per nostra imprudenza, per nostra colpa, alcuni ne rimanessero privi: ne dovremmo rendere strettissima ragione a Dio, dal Quale li teniamo! Specificando meglio la cosa, S. Pietro dice: “Se alcuno parla, cioè se ha l’officio di istruire, lo faccia come è richiesto di farlo, e come la parola di Dio deve essere annunziata; se alcuno amministra, cioè esercita l’officio di dispensatore dei Sacramenti, lo faccia in quel modo e con quello spirito che domanda sì alto potere. Così facendo, l’opera nostra sarà profittevole a noi, a quelli ai quali la prestiamo, e ne sarà glorificato Iddio per Gesù Cristo, al quale sia gloria ed impero nei secoli dei secoli. „ È il fine ultimo e supremo di tutte le cose sulla terra e particolarmente della grand’opera della redenzione da Gesù Cristo stabilita in mezzo a noi: è la gloria, di Dio, che si ottiene colla santificazione delle anime!
Alleluja
Allelúja, allelúja Ps XLVI:9
V. Regnávit Dóminus super omnes gentes: Deus sedet super sedem sanctam suam. Allelúja. [Il Signore regna sopra tutte le nazioni: Iddio siede sul suo trono santo. Alleluja.]
Joannes XIV:18 V. Non vos relínquam órphanos: vado, et vénio ad vos, et gaudébit cor vestrum. Allelúja. [Non vi lascerò orfani: vado, e ritorno a voi, e il vostro cuore si rallegrerà. Allelúia].
Evangelium
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Joánnem. Joannes XV:26-27; XVI:1-4
“In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Cum vénerit Paráclitus, quem ego mittam vobis a Patre, Spíritum veritátis, qui a Patre procédit, ille testimónium perhibébit de me: et vos testimónium perhibébitis, quia ab inítio mecum estis. Hæc locútus sum vobis, ut non scandalizémini. Absque synagógis fácient vos: sed venit hora, ut omnis, qui intérficit vos, arbitrétur obséquium se præstáre Deo. Et hæc fácient vobis, quia non novérunt Patrem neque me. Sed hæc locútus sum vobis: ut, cum vénerit hora eórum, reminiscámini, quia ego dixi vobis”. OMELIA II
[Ut supra, Omelia XXVI (vol. II)
“Quando sarà venuto il Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità, il quale procede dal Padre, quegli farà testimonianza di me, e voi lo attesterete, perché siete stati con me fin da principio. Queste cose vi ho detto, affinché non prendiate scandalo. Vi cacceranno dalle sinagoghe; anzi verrà tempo, che chiunque vi uccida, pensi di fare omaggio a Dio. E faranno ciò con voi, perché non hanno conosciuto né il Padre, né me. Ma queste cose vi ho dette, affinché, quando sarà venuta l’ora, vi ricordiate, che ve le ho dette , (S. Giovanni, XV, 26, 27 ; XVI, 1-4).
Se bene considerate, vi accorgere che tutti i Vangeli, che la Chiesa ci fa leggere in queste ultime Domeniche dopo Pasqua sono tutti di S. Giovanni ed hanno costantemente un doppio fine: il primo, di confortare gli Apostoli e raffermarli nella fede, prepararli alle fiere lotte che dovevano sostenere: il secondo, di rassicurarli della prossima venuta dello Spirito Santo, che avrebbe compiuta l’opera di Gesù Cristo. E questo doppio fine è par manifesto nei pochi versetti, che vi debbo spiegare. – Facciamo risparmio del tempo, e con animo docile e riverente ascoltiamo e meditiamo le parole di Gesù Cristo agli Apostoli, come se fossero dette a noi stessi. Gesù, dopo aver ricordato ai suoi Apostoli ciò che aveva fatto per il popolo, le opere, e i miracoli compiuti in mezzo di Lui e la mala corrispondenza avutane; dopo aver detto che i beneficii da Lui largiti rendevano più inescusabili gli Ebrei, che con l’odio avevano ripagato l’amor suo; dopo avere ammoniti i suoi cari, che non si aspettassero migliore accoglienza dagli uomini, quasi per abbreviare il suo discorso, dice: “Quando verrà il Paraclito, che Io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità, il quale procede dal Padre, quegli farà testimonianza di me. „ Consideriamo partitamente queste parole. – A che, così sembra ragionare Gesù Cristo, a che vo Io dicendovi queste cose? Verrà il Paraclito, lo Spirito Santo, che vi ho promesso, che terrà il mio luogo e continuerà la mia missione: Egli colla sua luce interna rischiarerà le vostre menti e vi farà conoscere il senso delle cose, che da me avete udite, perché Egli è lo Spirito della verità. “Io ve lo manderò dal Padre. „ Osservate bene: è Gesù che lo manderà questo Spirito di verità. Ora chi è mandato ha una certa dipendenza da colui, che lo manda: lo Spirito Santo dunque, che si dice mandato da Gesù Cristo e mandato dal seno del Padre, deve avere una certa dipendenza da Gesù Cristo. Come da Gesù Cristo? Forse da Lui come uomo? No, sarebbe cosa empia il pur sospettare che la Persona divina dello Spirito Santo dipenda dall’umanità di Gesù Cristo, che è creata e finita ed è opera del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Dunque lo Spirito Santo ha codesta dipendenza da Gesù Cristo come Dio. Ma il Figlio e lo Spirito Santo sono due Persone divine, eguali perfettamente, perché aventi la stessa sostanza; lo Spirito Santo dunque non può avere dipendenza dal Figlio per ragione della sostanza, che loro è comune; resta dunque che questa dipendenza dal Figlio sia dipendenza di origine, come lo è quella del Figlio stesso dal Padre, e perciò lo Spirito Santo si dica mandato da Gesù Cristo, perché da Lui ha origine, precisamente come Gesù Cristo si dice mandato dal Padre, perché dal Padre è generato. – E qui ponete mente al modo di parlare delle sante Scritture: il Padre, che non ha origine da nessun’altra Persona, non si dice mai neppure una sola volta mandato: il Figlio, che è generato dal Padre, si dice anche costantemente mandato dal solo Padre, e giammai mandato dallo Spirito Santo, perché da Esso non riceve l’origine: lo Spirito Santo poi si dice mandato, ora dal Padre, ed ora dal Figlio, perché dall’uno e dall’altro procede egualmente. È dunque verità di fede, o cari, che lo Spirito Santo procede non dal Padre, come con noi confessano i fratelli nostri erranti, Greci e Russi, ma anche dal Figlio, come noi Cattolici professiamo, ed essi negano, male interpretando le sante Scritture. Questo Spirito di verità, che procede dal Padre, dice Gesù Cristo, e che Io manderò, e perciò procede anche da me, farà testimonianza di me, cioè vi dirà, vi farà conoscere chi Io sia, sarà testimonio irrecusabile, che le cose ch’Io vi ho dette, son vere. Egli, avendo meco comune la natura ed essendo Dio come me, conosce tutto ciò ch’Io conosco, e il suo insegnamento non può essere che il mio stesso insegnamento, e perciò in ogni parte confermerà ciò che avete da me appreso. E che ne avverrà? Udite: “E voi pure lo attesterete, perché siete con me fino a principio.„ Ciò che apprendeste da me, vi sarà confermato dallo Spirito Santo, e voi a vostra volta lo annunzierete al mondo come testimoni. Chi erano gli Apostoli? Che ufficio avevano essi, ed hanno ed avranno fino al termine dei secoli i loro successori? Gli Apostoli erano i testimoni di Cristo, dei suoi miracoli e dei suoi insegnamenti, e testimoni devono essere tutti i loro successori. Testimoni son quelli, che hanno veduto od udito ciò che affermano: essi non devono aggiungere, né levare una sillaba a ciò che hanno veduto ed udito, allorché sono chiamati a deporre la verità: essi devono sapere ciò che attestano, essi devono essere sinceri e intrepidi nel dirlo, n’andasse la vita, e ciò che è più caro della vita, l’onore. Ora gli Apostoli, cominciando dal battesimo di Gesù Cristo fino alla sua morte, alla sua Risurrezione e Ascensione al cielo erano sempre stati con Gesù Cristo. ” Voi siete con me fino a principio — Quia mecum est a principio. „ Perciò avevano udita tutta la dottrina di Gesù Cristo; avevano veduti i miracoli, con i quali aveva confermata la dottrina stessa: che dovevano essi fare, dopo la partenza di Gesù Cristo? Una sola cosa: attestare ciò che avevano udito da Gesù e veduto fare a Lui e ripeterlo fedelmente a tutte le genti. Ecco l’ufficio, il ministero degli Apostoli, l’ufficio e il ministero di testimoni. Il perché Gesù Cristo disse loro: Voi mi sarete testimoni in Gerusalemme, nella Giudea, nella Samaria e fino ai confini della terra. — San Pietro, proponendo la elezione d’un Apostolo in luogo del traditore, disse: “Conviene, che fra gli uomini, che sono stati della nostra compagnia in tutto il tempo che Gesù è andato e venuto fra noi, sia scelto uno e sia testimonio con noi della risurrezione di Gesù „ (Att. c. I , 21, 22). Gli Apostoli tutti, ripetutamente negli Atti, si dichiarano testimoni delle cose dette e fatte da Gesù Cristo. — La Chiesa che è dessa? È il testimonio perenne di ciò che udì da quelli, che per non interrotta successione risalgono agli Apostoli e a Cristo stesso, come Cristo stesso protesta d’essere testimonio di ciò che apprese nel seno del Padre: “Quod audimus testamur vobis” (Giov. III, 11). Ascoltiamo dunque con venerazione ed amore questa testimonianza incorrotta ed incorruttibile, che attraversa i secoli, che comincia con Cristo e cesserà col mondo, testimonianza, a cui è legata la verità e la salvezza nostra. – La mente di Gesù, anche in quei supremi ed angosciosi momenti, era tutta intesa a provvedere ai suoi cari, a confortarli, a prepararli alle lotte future, e non fa meraviglia udirlo ripetere le stesse cose. Egli è come un padre amoroso, che deve partire per lontano paese e lasciare per lungo tempo i suoi figliuoli, e che salutandoli e abbracciandoli, non si stanca di ripetere le cose dette e che maggiormente gli stanno a cuore. Io vedo l’avvenire, Egli diceva, e sento il bisogno di premunirvi, affinché non pigliate scandalo e vi diate vinti alla violenza delle prove, che vi attendono, e perciò nuovamente vi metto in guardia. Badate “che vi sbandiranno dalle sinagoghe, e verrà tempo, nel quale chiunque vi uccida, crederà di prestare omaggio a Dio. „ Queste parole sì terribili e che saremmo tentati di credere esagerate, si avverarono alla lettera, e per convincervene non avete che a leggere gli Atti degli Apostoli e la storia della primitiva Chiesa. – I poveri Apostoli furono tutti senza pietà perseguitati, costretti a correre le vie dell’esilio, gettati nelle carceri, lapidati, messi crudelmente a morte: fu tanta la rabbia, specialmente degli Ebrei contro di loro, che peggio non avrebbero potuto fare contro i loro più fieri nemici. Le ire, gli odi di partiti politici sono profondi, feroci, e la storia è piena di stragi che fanno ribrezzo: ma le ire e gli odi di religione sono ancora più profondi e più implacabili, perché hanno radice in ciò che l’uomo ha di più intimo, di più delicato, di più sacro, che è il sentimento religioso, e perciò le guerre di religione furono sempre le più spaventose, e i Giudei vi tengono certamente il primo posto. Per essi uccidere chi credevano ribelle a Mosè, alla legge, alle tradizioni d’Israele, era un dovere, era un atto di culto, era un omaggio reso a Dio, e S. Paolo prima della sua conversione ne fu prova manifesta. E qui cade in acconcio toccare alcune considerazioni che non mi paiono superflue. Primieramente è da ammirare la franchezza con cui Gesù Cristo annunzia cose sì tremende ai suoi cari. Egli non si studia di scemarle, di velarle, no; le annunzia con una crudezza di linguaggio, che può sembrare eccessiva, giungendo a dire: Ricordatevelo bene: non solo vi cacceranno dalle sinagoghe, ma crederanno di fare cosa grata a Dio e santa ammazzandovi. Gesù non vuole che i suoi cari si ingannino: vuole che sappiano tutto, e così non siano impreparati. – In secondo luogo è da por mente ad una cosa manifesta e poco avvertita, benché riguardi noi stessi. Le parole indirizzate da Cristo agli Apostoli non riguardavano gli Apostoli, ma quelli ancora, che avrebbero continuata l’opera loro, in altre parole guardavano la Chiesa, e la Chiesa più o meno di tutti i tempi. E invero: le parole con le quali Cristo diede ogni suo potere agli Apostoli, mentre si riferiscono agli Apostoli, non si riferiscono eziandio agli eredi del loro potere? Che se a noi pure si riferiscono le parole di Cristo riguardanti il potere e la dignità concessa agli Apostoli, come non si riferiranno a noi pure quelle altre parole indirizzate agli Apostoli, e nelle quali si annunziano le prove, i dolori e le persecuzioni? Come! Vorremmo noi forse dividere ciò che Cristo ha congiunto? Vorremmo noi essere gli eredi degli Apostoli solamente in parte? Vorremmo noi avere comuni con essi il potere divino, i diritti e gli onori, e non i patimenti, i doveri e le umiliazioni? Vorremmo noi respingere una parte della eredità santa di Cristo e degli Apostoli, e della parte più bella e più preziosa che formò la loro gloria? Gesù Cristo e gli Apostoli furono bersaglio di contraddizione, di calunnie, di persecuzioni: bagnarono di sudori, di lacrime e di sangue le vie che percorsero; la loro missione fu un martirio continuo, e noi avremmo la strana pretensione che il mondo ci debba colmare di onori, di poteri e di ricchezze? Ma come sarebbero vere le sentenze di Cristo, che diceva: “Se han perseguitato me, voi pure perseguiteranno? Se han chiamato Beelzebub il padre di famiglia, quanto più quelli della sua famiglia? „ Nessuna meraviglia pertanto, o dilettissimi, che la Chiesa, e specialmente i reggitori della Chiesa, e il suo Reggitore supremo, soffrano pressure e dolori: sarebbe meraviglia se così non fosse; verrebbe meno in essi un segno sicuro che li mostra continuatori dell’opera di Gesù Cristo e degli Apostoli. Guai a noi, uomini di Chiesa, se il mondo ci trattasse in modo diverso da quello con cui trattò il nostro Capo e gli Apostoli: sarebbe una prova che siamo uomini del mondo, come diceva Cristo, e che non apparteniamo a Lui. Quando ci tenessimo scolpite ben addentro nell’animo queste sapientissime verità, delle quali son pieni i Vangeli e le lettere degli Apostoli, non piglieremmo scandalo, vedendoci fieramente combattuti e tribolati, anzi ce ne rallegreremmo, come se ne rallegravano gli Apostoli. Ora più che mai è necessario che noi, uomini di Chiesa, ci informiamo e tempriamo le nostre anime a queste verità solenni e maschie del Vangelo di Gesù Cristo, perché i giorni che corrono, direbbe S. Paolo, sono cattivi e secondo ogni verosimiglianza diverranno peggiori. Chi non vede addensarsi d’ogni parte la procella, che tutti ci involgerà, non ha occhi in fronte, o se li ha, li chiude per non vederla. Prove amare, durissime, terribili ci attendono; ma noi confidiamo in Lui che disse: Confidate: Io ho vinto il mondo. – ” Tutto ciò faranno, proseguiva il divino Maestro, perché non hanno conosciuto né il Padre, né me. „ Il mondo si leverà contro di voi, e di voi farà il peggior governo che si possa immaginare, o Apostoli: ve l’ho detto: e volete saperne il perché? Perché non hanno conosciuto, cioè non hanno voluto conoscere il Padre, né me. Con la parola Padre Gesù Cristo indica certamente la prima Persona dell’augusta Trinità, ma senza escludere le altre due, anzi nominando il Padre implicitamente e necessariamente comprende le altre due, perché Egli ne è il Principio eterno, onde fu come se Gesù Cristo dicesse: gli uomini vi perseguiteranno e faranno scempio di voi, perché non hanno voluto conoscere Dio, né Colui che venne ad ammaestrarli e provò la sua divina missione con tanti miracoli. Ed ecco che Gesù Cristo ripete ancora una volta il motivo pel quale fa sì tristi vaticini ai suoi Apostoli: Tutto questo ve l’ho detto, perché allorquando queste cose si compiranno sopra di voi, vi rammentiate che ve le dissi, e comprendiate bene che le ho conosciute prima che avvenissero, e che come il mio occhio signoreggia il futuro, così il mio braccio potrà avvalorarvi, ancorché più non mi vediate in mezzo a voi. – Sia pur questo il nostro conforto in mezzo alle grandi lotte della vita: Gesù Cristo che con l’occhio suo le vide ed annunziò prima che fossero, le vede quando vengono, e con la sua mano onnipossente ci sostiene e ci guida alla vittoria: ciò che fece con gli Apostoli, lo fa con noi e lo farà con quanti crederanno in Lui fino al termine dei secoli. Non dimentichiamo, o cari, che come il potere e la dottrina di Cristo e degli Apostoli è, e sarà sempre, il potere e la dottrina dei Vicari di Cristo e dei successori degli Apostoli, così anche la vita di Cristo e degli Apostoli si deve ripetere nei Vicari di Cristo e nei successori degli Apostoli: credere che possa essere altrimenti, sarebbe un disconoscere il Vangelo e la natura stessa delle cose: sarebbe un credere che il mondo cessi di essere mondo e il Vangelo di Cristo cessi di essere Vangelo di Cristo: quello farà sempre guerra a questo e a chi lo predica e perciò la croce sarà sempre la bandiera della Chiesa e in tutti i secoli si dovrà ripetere la sentenza del suo divino fondatore: “Se han perseguitato me, perseguiteranno voi pure. „
Credo …
Offertorium
Orémus
Ps XLVI:6. Ascéndit Deus in jubilatióne, et Dóminus in voce tubæ, allelúja.
Secreta
Sacrifícia nos, Dómine, immaculáta puríficent: et méntibus nostris supérnæ grátiæ dent vigórem. [Queste offerte immacolate, o Signore, ci purífichino, e conferiscano alle nostre ànime il vigore della grazia celeste.]
Communio
Joannes. XVII:12-13; XVII:15 Pater, cum essem cum eis, ego servábam eos, quos dedísti mihi, allelúja: nunc autem ad te vénio: non rogo, ut tollas eos de mundo, sed ut serves eos a malo, allelúja, allelúja. [Padre, quand’ero con loro ho custodito quelli che mi hai affidati, allelúia: ma ora vengo a Te: non Ti chiedo di toglierli dal mondo, ma di preservarli dal male, allelúia, allelúia.]
Postcommunio
Orémus.
Repléti, Dómine, munéribus sacris: da, quæsumus; ut in gratiárum semper actióne maneámus. [Nutriti dei tuoi sacri doni, concedici, o Signore, Te ne preghiamo: di ringraziartene sempre.]