G. FRASSINETTI: CATECHISMO DOGMATICO (III)

[Giuseppe Frassinetti, priore di S. Sabina di Genova:

Catechismo dogmatico, Ed. Quinta, P. Piccadori, Parma, 1860]

CAPITOLO II. 

DI DIO UNO E TRINO.

Chi è Dio?

È un Signore infinitamente perfetto creatore e conservatore del Cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili.

Che cosa significa quella parola: infinitamente perfetto?

Vuol dire che in Dio è tutto il bene, che è una infinita bontà.

Che cosa significa la parola “infinito”?

Significa una cosa che non ha fine; per esempio, se vi fosse un mare nel quale andando a basso non si potesse mai più arrivare al suo fondo, e andando in alto non si potesse mai più arrivare alla sua superficie, e andando da una parte o dall’altra non si potesse mai più arrivare alle sue sponde: o meglio, se vi fosse un mare, che non avesse né fondo, né cima, né sponde, e si estendesse per ogni verso senza aver fine, questo sarebbe un mare infinito. Si noti però che è impossibile che vi sia alcuna cosa materiale infinita, come appunto sarebbe un mare.

Dunque la bontà di Dio sarà come questo gran mare?

Appunto è tanto grande spiritualmente, quanto sarebbe grande materialmente questo gran mare se fosse possibile che esistesse; perciò la bontà di Dio non ha alcun limite o termine, nessuno la può misurare, nessuno, né meno gli Angeli la possono comprendere, solo Dio con la sua sapienza infinita comprende la sua infinita bontà.

Non si potrebbe trovare, né in terra, né in Cielo una creatura la quale avesse una bontà da potersi paragonare con quella di Dio?

Come non vi può essere paragone tra il tempo e l’eternità, così non vi può essere paragone fra la bontà di qualunque creatura, bontà di Dio. Anche l’ineffabile bontà di Maria Ss. non solo è poca, ma si potrebbe dire un niente paragonata con l’infinita bontà di Dio. Ed è perciò che nemmeno in Paradiso, gli Angeli, i Santi e Maria Ss., con tutto il loro grandissimo amore che portano a Dio, non arrivano ad amarlo quanto si merita di essere amato in se stesso. Solo Dio ama se stesso quanto merita d’essere amato.

Che cosa s’intende per questa infinita bontà?

L’aggregato, l’unione delle, sue infinite perfezioni, ossia attributi. La sua Onnipotenza per cui può fare, e disfare tutte le cose con un atto della sua volontà. La sua Sapienza con cui vede chiaramente il passato, il presente, l’avvenire, e tutte le cose possibili. La sua giustizia con cui premia i buoni e castiga i cattivi. La sua Misericordia con cui perdona i peccati a quelli che di vero cuore si pentono. La sua Eternità, per cui non ha mai avuto principio e non avrà mai più fine. La sua Immensità per cui è in Cielo, in terra e in ogni luogo. La sua Impassibilità per cui Esso, che è un purissimo e perfettissimo spirito, non può patire o soffrire male veruno, e tutte le altre sue infinite perfezioni per cui è un bene veramente infinito.

Che cosa sì vuole significare con dire che Dio è un purissimo spirito?

Vuol dire che Dio non ha corpo come abbiamo noi; perciò non ce lo possiamo figurare né alto, né basso, né largo, né stretto; non si può toccare con le mani, non si può vedere con gli occhi materiali del corpo.

Ma dunque è niente?

Anzi si deve dire che è il tutto, perché infinitamente ricco di ogni perfezione, e di tutto il bene. Non è una cosa materiale, come quelle che vediamo e tocchiamo, e perciò non ha le proprietà delle cose materiali; le quali sono o alte o piccole, o larghe o strette, e si toccano, e si vedono; ma ha tutte le perfezioni spirituali per le quali è uno spirito infinitamente buono. L’anima nostra anche ella è uno spirito che non si può né vedere, né toccare, e pure pensa, giudica e ragiona, dà moto a tutto il corpo, ed è una parte dell’uomo molto più nobile del suo corpo.

Come si dice che Dio non ha corpo mentre nella Divina Scrittura si nominano gli occhi di Dio, le orecchie di Dio, le mani di Dio, ed altre delle sue membra?

Quando nella Divina Scrittura si attribuiscono a Dio le membra del corpo umano, quello è un parlare figurato; come se io dicessi che un cavallo vola rapidamente per una pianura, non intenderei già di dire che quel cavallo abbia le ali, e che voli come gli uccelli; ma con la parola volare significherei la sua velocità con la quale percorre quel campo. Quando nella Scrittura si nominano gli occhi, le orecchie di Dio, si vuole significare la sua Sapienza con la quale vede e conosce tutte le cose; quando si nominano le mani, la sua Onnipotenza con la quale fa ogni sua opera, e così si dica del rimanente. Così sciolgono tale difficoltà tutti i teologi, e tutti gli interpreti; infatti quando la Scrittura parla letteralmente, dice: Dio è spirito (Jo. IV, 24 ), e questo è un articolo di Fede (Perrone p. 2, c. 1, propos.2).

Perché si dice che Dio è uno spirito semplicissimo?

Perché in Dio non vi è alcuna composizione di diverse sostanze, né reale distinzione di perfezioni, ossia di attributi. L’Onnipotenza di Dio è lo stesso Dio, la Sapienza di Dio è lo stesso Dio, e così si dica della sua Giustizia, della sua Misericordia, e di tutte le altre sue perfezioni. In un uomo di potere, il sapere, la pietà, sono cose distinte dall’uomo, e perciò vi può essere un uomo senza potere, senza sapere, senza pietà. Ma in Dio ogni attributo è lo stesso Dio, né più né meno. Così tutti i teologi con S. Bernardo contro gli eretici, che avevano sognato in Dio una distinzione reale tra i suoi attributi (Perr. ut sup. prop. 4).

Perché dunque si dice che Dio ha tanti attributi e tante perfezioni diverse?

Questo lo diciamo secondo il nostro modo d’intendere, perché la Natura, ossia Sostanza Divina, è onnipotente, sapiente, giusta, misericordiosa ecc., quantunque questa Onnipotenza, Sapienza, Giustizia ecc. altro non siano in realtà che la stessa semplicissima Divina Sostanza.

Essendo Iddio infinitamente buono e l’Autore di tutte le cose che esistono, chi produsse nel mondo il male?

Il male venne nel mondo dall’abuso della libertà delle creature dotate di libero arbitrio. Dio ha dato la libertà agli Angeli e agli uomini; l’abuso che molti Angeli fecero della loro libertà quando peccarono di superbia, è l’origine di tutti i mali che soffrono i demoni, e che essi producono con la loro malizia: l’abuso che ne fecero gli uomini è l’origine di tutti i mali da loro sofferti. Si noti che i Santi Angeli i quali restarono fedeli a Dio, adesso non possono più peccare, cioè abusarsi della loro libertà.

Vi sono però tanti mali nel mondo che non furono prodotti dall’abuso della libertà delle creature, p. es. l’inferno è un gran male, similmente tante bestie nocive, le pesti, e terremoti ecc.; l’autore di tutti questi mali è Dio?

Tutte queste cose ed altre simili non sono mali in se stesse, ma sono mali per quelli che le soffrono in quanto sono loro tormentose, ma in se stesse sono beni necessari per punire il peccato e per impedirlo, manifestano la Divina Giustizia, danno occasione all’esercizio delle virtù ecc.; sono beni perciò ordinati da Dio contro l’unico vero male che è il peccato, cioè l’abuso della libertà. Se non vi fossero nel mondo i peccati non vi sarebbe alcuna cosa tormentosa, cioè nessuna pena contro i medesimi, come se in un regno non vi fossero delinquenti, non bisognerebbero né carceri, né altri castighi.

— Ma Iddio infinitamente buono perché ha permesso che le creature potessero abusare della loro libertà, a commettere peccati cagioni di tanti guai?

Dio ha dato alle creature la libertà affinché potessero meritare servendosene bene, dà alle medesime l’aiuto necessario perché se ne possano servire come Egli richiede, e di più non si può pretendere dalla sua infinita bontà; Egli di più ricava dai mali che si commettono i beni più grandi, p. es. avendo permesso la crudeltà dei tiranni, si esercitò la fede e la carità d’innumerevoli martiri.

— Alcuni pensarono che si dovessero riconoscere due principii, uno del bene, il quale fosse perciò il Dio buono, l’altro del male, e che perciò fosse il dio cattivo; dal primo ogni bene, dal secondo riconoscevano ogni male del mondo: non è plausibile quest’opinione?

Non è un’opinione, ma un’eresia molto stupida, perché il male non è mai una cosa reale, il male è una imperfezione, una mancanza di bene, come l’ombra non è mai una cosa in sé stessa, ma è sola mancanza di luce; perciò un dio cattivo sarebbe un’infinita mancanza di bene, perciò un infinito niente, che è cosa contraddittoria, e ridicola l’immaginare (Perrone, de Deo p. 1, c. 2, p. 3).

  • II.

Dell’immensità e provvidenza di Dio.

— Come s’intende che Dio é immenso?

Dio è immenso perché non é contenuto da nessun luogo, ma invece contiene tutti i luoghi, e lo stesso Universo. Frattanto é dappertutto con la sua presenza vedendo chiaramente ogni cosa, con la sua potenza conservando l’esistenza di tutte le creature, e concorrendo ad ogni loro operazione, con la sua essenza, perché come abbiamo detto la sapienza e la potenza di Dio non sono altro che la stessa sostanza di Dio (Perrone, p. 2, C 3, prop. 2).

Se Dio concorre a tutte le operazioni delle creature, vuol dire che dà il suo concorso anche al peccato, e che perciò lo approva e vi coopera?

In tutte le azioni libere vi é il materiale e il formale dell’opera. In un omicidio l’azione materiale é di conficcare un pugnale in un corpo che per sé é cosa indifferente; l’azione formale é la cattiva volontà, cioè la malizia di privare ingiustamente un uomo di vita, Dio concorre al materiale in quanto é azione indifferente, ma non concorre al formale, cioè alla malizia che disapprova, condanna e castiga.

Cosa é la provvidenza di Dio?

È la disposizione di tutte le cose create al conseguimento del loro fine.

Dio é provvido verso di tutte le sue creature, nessuna eccettuata?

Questo è di fede: « egualmente Egli ha cura di tutte le cose » così nel libro della Sapienza, cap. VI.

Molte cose nel mondo avvengono a caso, il che non avverrebbe se la divina provvidenza regolasse ogni cosa.

Con una parità di S. Tommaso intenderete il vostro errore. Un padrone manda alla piazza un dei suoi servitori; senza che questi nulla ne sappia, ve ne manda appresso un altro non avvisandolo d’aver mandato il primo, perché vuole che s’incontrino colà ambedue all’impensata: i due servi al primo vedersi credono d’incontrarsi a caso; frattanto il loro incontro è a bell’arte. Intendete perciò che al mondo niente succede a caso, la nostra è ignoranza, per cui non conosciamo le cause di tante cose ci ha fatto immaginare il caso; ma invece Dio regola tutto con la sua provvidenza, niente succede senza una ragione da Lui determinata. Cade, p. es., una foglia da un albero, qual ragione che si posi in terra più per dritto che per rovescio? È impossibile che noi conosciamo questa ragione; ma pure la ragione vi è nella divina Provvidenza. Il caso, la fortuna, sono nomi senza sostanza, né altro possono significare che la nostra ignoranza delle cagioni delle cose.

La provvidenza di Dio si estende pure a tutte le azioni libere degli uomini buone e cattive?

Senza dubbio, dirigendo le seconde a qualche bene. I figli di Giacobbe vendettero Giuseppe per l’invidia che nutrivano contro di lui, Dio diresse e regolò questa barbara vendita al vantaggio degli Egiziani, alla salutare confusione dell’invidia fraterna, alla conservazione e alla gloria della famiglia di Giacobbe ecc.

Vuol dire che Iddio è la causa prima di tutte le cose, ma non vi sono pure le cause seconde dalle quali dipendono tutte le cose nei loro eventi?

Vi sono in realtà le cause seconde perché, p. e., ciò che bagna è l’acqua, ciò che brucia è il fuoco; ma per altro bisogna notare che tutte le cause seconde agiscono in dipendenza dalla causa prima; sicché tutto ciò che succede, tolta la malizia del peccato, dobbiamo riconoscere da Dio. Bisogna pure notare che Dio non si serve sempre delle cause secondarie potendo agire senza di esse. Se vorrà mandare una pestilenza, un terremoto, potrà servirsi delle cause secondarie; ma potrà pure agire immediatamente da sé senza servirsi di loro; cioè senza premettere quella generazione di insetti velenosi che producono naturalmente la pestilenza, e senza premettere quella rarefazione e condensamento di vapori sotterranei, o pure quello squilibrio di elettricità che provoca per via ordinaria i terremoti; ma si noti bene che questa è cosa indifferente, come sarebbe cosa indifferente che il re assoluto punisse il reo con sentenza scritta di propria mano, o con sentenza fatta emanare dal suo tribunale. Questa verità si noti attentamente, giacché appunto nelle circostanze di pubblici flagelli o di privati, al giorno d’oggi si cerca di estinguere e dissipare quel salutare timor di Dio, il quale correggerebbe i peccatori, con decantare che tutto accade naturalmente, che cioè tutto è effetto delle cause secondarie. Tutto avvenga pure per effetto dello cause secondarie; ciò non ostante è Dio che regola queste cause secondarie con la sua provvidenza; Egli è un re, il quale non iscrive di propria mano la sentenza, ma la fa emanare dal suo tribunale, non la esegue con le sue mani, ma la fa eseguire dai suoi ministri; frattanto la condanna e la pena, viene sempre dal re. Si noti perciò, prima di tutto, che Dio per premiare o per punire o fare qualunque altra cosa, non ha bisogno di cause secondarie, e che poi quando le adopera Egli è sempre che premia, che castiga, che agisce con la sua provvidenza.

  • III.

Della volontà di Dio, predestinazione e riprovazione.

Che cosa è la volontà di Dio?

La volontà di Dio, che è uno dei suoi attributi i quali si concepiscono in Dio per modo di facoltà, come l’intelletto e l’onnipotenza, è quella perfezione per cui ama il bene ed odia il male, quella perfezione da cui è diretto in tutte le sue operazioni. Si noti che non essendovi distinzione reale fra le perfezioni di Dio e Dio medesimo, la volontà di Dio non è altro che la stessa divina sostanza ed essenza.

La volontà di Dio è libera nelle sue operazioni?

È libera non per volere il male; perché Dio non sarebbe più un’infinita bontà se potesse volere il minimo male, ma è libera nel volere il bene senza che cosa alcuna la possa sforzare: p. es., Dio è stato libero nel creare il mondo, e poteva non crearlo; così si dica di tutte le altre sue operazioni chiamate ad extra.

Quali sono queste sue operazioni chiamate ad extra.

Sono la creazione, la conservazione, e il governo delle cose; si chiamano ad extra distinguendole da quelle che succedono in Dio medesimo, le quali si dicono ad intra, e circa le quali la divina volontà non è libera, perché operazioni necessarie essenziali alla divina natura. Perciò poteva Iddio, come si disse, non creare il mondo, ma non potrebbe il Padre lasciare di generare il Figliuolo, ossia il Verbo Eterno, né lo Spirito Santo di proceder dal Padre e dal Figliuolo, perché quella generazione, e questa così detta processione, sono cose necessarie assolutamente nella divina sostanza, secondo l’idea che la Fede ci dà di Dio.

In Dio si deve riconoscere amore?

Dio ama infinitamente se stesso, ama anche le sue creature, e particolarmente le intelligenti e ragionevoli, come gli Angeli e gli uomini.

In Dio si deve riconoscere odio?

Dio odia il peccato e i peccatori; i peccatori però non gli odia in quanto sono sue creature, ma in quanto sono peccatori: tolto da essi il peccato non gli odierebbe più.

Vorrei sapere se Dio vuole la salvezza eterna di tutti gli uomini?

Dio vuole sinceramente la salvezza eterna di tutti gli uomini, e questa fu sempre la fede di tutti i Cattolici in tutti i secoli secondo il senso delle divine Scritture, e la tradizione di tutti i Padri. L’errore contrario, che Dio voglia salvi alcuni soltanto, fu condannato solennemente in Calvino e poi in Giansenio.

Che voglia la salvezza di tutti i fedeli facilmente s’intende perché loro somministra i mezzi necessari onde ottenerla, ma come si potrà dire che voglia la salvezza degli infedeli, i quali non hanno mezzo alcuno?

È falso che gli infedeli non abbiano mezzo alcuno per ottenere l’eterna salvezza. Dio dà agli infedeli molte grazie delle quali, se non abusassero, li farebbero venire in cognizione della vera fede, e si potrebbero salvare, e ciò farebbe ancorché si richiedessero dei miracoli, come insegna S. Tommaso.

Almeno si dovrà dire che Dio, non voglia la salvezza dei fanciulli i quali muoiono senza Battesimo, particolarmente di quelli i quali muoiono prima di venire alla luce?

Le Scritture sante, i Padri, e il sentimento di tutta la Chiesa bastantemente ci assicurano che Dio vuole la salvezza di tutte le anime, e perciò anche di quelle di tali fanciulli; se noi troviamo difficoltà nell’intendere il modo come la voglia, non per questo possiamo dire il contrario. Nelle cose della nostra santa Religione non solo è vero ciò che intendiamo, ma molte cose bisogna crederle senza capirle, e questa è una di quelle.

Che mi dice della Predestinazione, e Riprovazione degli uomini?

È articolo di Fede che vi sia vera Predestinazione: che cioè Dio abbia da tutta l’eternità stabilito di dare ad alcuni il Paradiso, e che vi sia vera Riprovazione, che cioè Dio abbia da tutta l’eternità decretato di condannare altri all’Inferno; pertanto il numero di questi e il numero di quelli è determinato. I predestinati sono tutti quelli i quali muoiono in grazia di Dio, i reprobi tutti quelli che muoiono in peccato mortale.

Queste mi sembrano risposte troppo materiali, non potrebbe parlare di tali materie con maggiore profondità?

A me basta esporvi ciò che è più necessario a sapersi, tante cose che si potrebbero dire di più, non sono per tutti necessarie, né per tutti adattate. In punto di predestinazione e di riprovazione vi basti sapere, che Dio vuole sinceramente la salute eterna di tutti; volendola sinceramente concede a tutti i mezzi bastanti per ottenerla (quando dico mezzi bastanti o sufficienti, che è lo stesso, intendo dire mezzi che veramente bastino, giacché se poi infatti non bastassero non sarebbero mezzi bastanti). Questi mezzi sono le sue grazie senza le quali non si può ottenere salute; quelli i quali corrispondono a queste grazie sicuramente si salvano, e perciò sono predestinati. Notate bene che è S. Pietro (2 Petri, cap. 1, v. 10) il quale vi avvisa di assicurarvi mediante le vostre buone opere l’elezione alla vita eterna, e sarà bene, che vi basti la semplicità della divina parola senza cercare più in là. I riprovati poi non si devono considerare come persone con le quali abbia mancato Iddio da parte sua, ma come persone le quali per la loro malizia meritarono di essere escluse dal Regno di Dio.

Che si dovrà dire dei fanciulli i quali muoiono prima dell’uso della ragione, altri battezzati, ed altri no, perciò altri predestinati, ed altri reprobi?

I fanciulli predestinati sono tali per i meriti di Gesù Cristo, loro applicati col mezzo del santo Battesimo, e che abbiano una simile sorte è un tratto della Divina Misericordia. I reprobi sono tali per il peccato originale, per cui muoiono privi della grazia santificante, e che abbiano una simile disgrazia « un tratto della Divina Giustizia. Ma voi che leggete, non vi dovete internare troppo in questi misteri, giacché le difficoltà che presentano essendo state insolubili ai ss. Padri, tanto più lo saranno a voi. Credereste voi di poter arrivare a conoscere i segreti di un Sovrano della terra a forza di raziocinio, qualora egli non ve li volesse manifestare? Certo che no; tanto meno dunque potrete arrivare a conoscere i segreti del Sovrano del Cielo, se egli non ve li palesa. Troviamo dei misteri insolubili nella condotta degli uomini, che sono così limitati e ci meraviglieremo di trovarne nelle disposizione dell’infinita Divina Sapienza? — In qualunque modo Dio predestini i buoni, o riprovi i cattivi, è impossibile che non tenga un tenore giustissimo degno della sua infinita Bontà. Vi basti sapere che Dio vi ama più di quello che voi amate voi stesso, che Dio vuole la vostra salute, più di quello che voi la vogliate, che Dio non vi escluderà dal suo Regno, purché voi liberamente non lo ricusiate. Il più lo ha fatto, che era il redimerci a tanto costo e il chiamarci poi nel seno della sua Chiesa; adesso resta il meno, che è il darci gli aiuti opportuni, affinché ci approfittiamo delle sue infinite misericordie, e lo farà: abbiate queste speranza, essa è quella che non confonde!

Mi resta ancora una difficoltà che non so passare sotto silenzio. È impossibile che non avvenga ciò che Dio ha stabilito; perciò, se Dio ha predestinato Tizio alla gloria, é impossibile che Tizio si danni; se ha riprovato Caio è impossibile che si salvi?

Per non confonderci, noi dobbiamo primieramente riflettere, che Dio non opera mai se non con le regole di una sapienza infinita; perciò, quantunque a noi non sia nota, vi è sempre una ragione giustissima per cui predestini Tizio, e non Caio (1). Inoltre Egli predestina Tizio, il quale liberamente farà del bene, mediante il quale si meriterà la Gloria, e riprova Caio, il quale liberamente farà del male, mediante il quale si meriterà la dannazione; perciò non si può dire che Tizio necessariamente sarà salvo, e Caio necessariamente dannato.

Ma Dio prevedendo che Tizio farà del bene, e che Caio farà del male, e non potendo fallire la divina previsione, questo bene e questo male non si farà necessariamente? Se Dio dunque vede che io sono nel numero dei predestinati è impossibile che mi danni, se invece vede che sono nel numero dei riprovati è impossibile che mi salvi?

Bisogna riflettere, che la previsione di Dio, che non è altro se non la sua Scienza infinita, cui il passato e il futuro sempre è presente, è una semplice vista delle cose, la quale non toglie la libertà alle cause libere. Io vedo p. es. uno che ruba, e un altro che fa limosina: mentre vedo quello rubare, non dirò che ruba necessariamente, perché lo vedo, ma che ruba veramente; mentre vedo l’altro far limosipa, non dirò che la fa necessariamente perché lo vedo, ma che la fa veramente; perciò Iddio vedendo le nostre azioni future, non le necessita. Così tutti i veri filosofi con tutti i teologi. Per tanto vede Iddio il buono o cattivo uso che voi fate della vostra libertà, mentre vi vede nel numero dei predestinati, o nel numero dei riprovati. Dal che potete conoscere che questa difficoltà, la quale vi pare sì forte, non vuole dir altro che se voi morendo bene, vi meriterete il Paradiso, è impossibile che vi danniate: che se invece morendo male vi meriterete l’Inferno, è impossibile che vi salviate. – In tal modo non ostante il dogma della Predestinazione e Riprovazione, si avvera sempre ciò che dice lo Spirito Santo: che la vita la morte è in mano dell’ uomo (Eccl. XV); che cioè dipende da lui o il salvarsi, o il dannarsi.

Non si potrebbe dire che Dio, come patrone assoluto delle sue creature, senza avere alcun riguardo, o a meriti, o a demeriti futuri altri elegga per il Paradiso, ed altri destini all’Inferno?

— Così bestemmiava Calvino. È vero che Dio può predestinare gli uomini al Paradiso, e dar loro tutti gli aiuti opportuni ed efficaci perché lo conseguano, quantunque non abbiano alcun diritto a tale predestinazione; ma senza prevedere demeriti nelle sue creature le può destinare ad una eterna miseria. La ragione è che la liberalità la quale fa dei doni a chi non ha diritto a pretenderli, è una perfezione, e perciò è in Dio; la crudeltà invece e l’ingiustizia che destina la pena senza presupporre nelle persone il delitto, sono vizi ributtanti, che distruggono l’idea non solo di un’infinita, ma di qualunque anche mediocre bontà (Ved. Antoine c. 7, art. 7 de reprob,).

(1) [Eorum non miseretur quibus gratiam non esse præbendam æquitate occultissima, et ab humanis sensibus remotissima iudicat, quam non adperit sed admiratur Apostolus dicens:  “O Altitudo divitiarum!” (S. Aug. lib. 1 ad simpl. q. 2). Lo stesso S. Padre afferma (in Enchir. q. 95) che in Paradiso vedremo tali ragioni e tali cause adesso a noi occultissime, e similmente conosceremo il motivo per cui Iddio abbia conferito molte delle sue grazie a quelli che prevedeva non volersene approfittare, e non le abbia conferite a quelli che ne avrebbero tratto profitto. Lo stesso insegna S. Bonaventura (in sentent. dis. 41, q. 2). Si noti pure che tali cause, ragioni e motivi non possono essere che degni di Dio, cioè di un’infinita bontà; la nostra ignoranza dunque ci umili, ma non ci sgomenti.]

  • IV.

Della Visione Beatifica.

I Santi in cielo vedono Dio?

Lo vedono intuitivamente, cioè lo vedono in se stesso realmente come è.

Non dice la Scrittura che Dio é invisibile e che niuno mai lo vide?

Dice che Dio è invisibile, e che niuno mai lo vide in questa vita; per questo la più probabile sentenza fra gli interpreti della Scrittura sostiene che nemmeno Mosè lo abbia veduto  intuitivamente; ma che invece gli sia comparso un Angiolo il quale gli dava ordini e comandi in nome di Dio; asseriscono perciò che quando disse d’aver veduto Dio, abbia inteso dire d’aver veduto un Angiolo che gli parlava come in persona di Dio. Ma nell’altra vita è verità di Fede che vedremo Dio, e “il vedremo come è” secondo l’espressione della Scrittura (Jo. 1, c. 3, v . 2).

Dopo la Risurrezione vedremo Dio con gli occhi del nostro corpo?

Con gli occhi del corpo non lo vedremo mai più, perché Dio è semplicissimo, e gli occhi del corpo sono materiali, e saranno materiali anche dopo la nostra Risurrezione: ora certo è che gli occhi materiali non possono vedere cose spirituali. Ma vedremo Dio col nostro intelletto illuminato dal lume della gloria.

Che cosa è questo lume della gloria?

È un abito soprannaturale col quale la mente o dell’uomo, o dell’Angelo viene disposta compitamente a veder Dio.

Senza questo lume della gloria non si vedrebbe Dio nemmeno in Cielo?

Certamente non si vedrebbe, come noi con gli occhi corporali anche sanissimi, senza l’aiuto della luce non potremmo vedere nemmeno una montagna per quanto fosse alla nostra presenza, e a noi vicina.

Che cosa vedremo in Dio?

Vedremo la sua divina sostanza con le sue Divine perfezioni; le quali però non sono in realtà che la medesima semplicissima sostanza Divina (come si è detto al § I, II. alla D. 10), il Mistero della Ss. Trinità, e anche le creature come effetti nella loro causa (ex Charmes, Tract, de Deo, dissert. 4, a. 2, qu. 1, art. A).

Vorrei sapere se in Cielo vedendo Dio chiaramente lo comprenderemo?

Per comprendere Iddio non basta vedere Iddio chiaramente: per comprenderlo bisognerebbe arrivare a conoscerlo con quella perfezione con cui Dio conosce se stesso con la sua scienza infinita, la qual cosa è impossibile ad ogni creatura; e perciò nemmeno l’anima Ss. di Gesù Cristo, che è unita ipostaticamente alla Divinità, nemmeno essa arriva a comprendere Dio; cioè a conoscerlo con quella perfezione con cui Dio conosce se stesso (ex Charmes ibid. c. 1, qu. 4, Conclusio).

Intenderemo in Cielo tutti i misteri della Fede che adesso dobbiamo credere ciecamente?

Nessuno ha mai dubitato che in Cielo si veda chiaramente tutto ciò che crediamo in terra; è perciò che i Santi non hanno in cielo la virtù della Fede, la quale serve a farci credere ciò che non vediamo.

I Santi in Cielo vedranno Dio tutti ugualmente?

È articolo di Fede che la visione beatifica non sarà in Cielo uguale per tutti, ma proporzionata ai loro meriti, o maggiori o minori (Conc. Fior. sess. XIII, Trid. sess. VI, cap. 32,). Questa diversità nasce dal maggiore o minore lume di gloria che avranno i Santi, misurato dalla maggiore o minore carità di che arderanno in Cielo (S. Thom. 1 p., q. 11, art. 6 in o).

Questa diversità non sarà disgustosa ai santi?

Essi non sono più capaci d’invidia; godono del bene altrui come del proprio, e la felicità di chi è in Cielo fra i minori è tanto grande e commensurata alla capacità che hanno di godere, che nulla resta loro a desiderare. Questa parità vi dilucidi il vero. Un uomo e un fanciullo arrivano assetati alla sponda di un gran fiume: l’uomo beve, e beve il fanciullo; credete voi che il fanciullo potendo bever meno per la minore capacità del suo stomaco invidii la maggiore quantità che ne beve l’uomo? Il fanciullo è contento di poter bere quanto vuole, e quanto può.

Si deve credere che Dio conceda alle anime sante la sua visione in Paradiso prima della risurrezione dei corpi, e del giudizio universale?

È un articolo di Fede, come apparisce dalla definizione di Fede del Concilio Fiorentino, sess. XXV, che le anime pienamente purgate da ogni colpa, e da ogni pena alla colpa dovuta, sotto ammesse tostamente alla chiara visione di Dio in Paradiso.

Che si deve dire di quell’opinione la quale Insegna che dopo la risurrezione i Santi avranno un regno di mille anni qui in terra insieme con Cristo?

Questa é un’eresia condannata negli Apollinaristi dal Concilio Costantinopolitano I. Il regno dei Beati e di Cristo sarà in Cielo e non in terra, e sarà eterno.

  • V.

Del Mistero della Ss. Trinità.

Vorrei che di questo Mistero, tanto sublime e difficile, me ne parlasse a tutto il rigore dei termini delle Scuole per più sicura ed esatta intelligenza.

Avendo io intenzione di parlarvene in modo, sicché ve ne possiate valere parola per parola nell’insegnare il Catechismo ai fanciulli, non è mia intenzione di usare a tutto rigore i termini delle scuole, che non sarebbero intesi, o richiederebbero dilucidazioni troppo prolisse. Vi contenterete dunque che coi termini più chiari, e intelligibili, e con la maggiore brevità vi spieghi le cose più necessarie a sapersi.

Come si definisce il Mistero della Ss. Trinità?

Un Dio sussistente in tre Persone (Halert).

Come è possibile che Iddio essendo Uno e semplicissimo sussista in tre Persone?

Sono due verità ugualmente di Fede, che Dio è Uno, e semplicissimo nella sua Divina sostanza, e Trino nelle Persone, le quali si chiamano Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Questo però è un Mistero che dobbiamo adorare in questa terra, e che non intenderemo prima di poterlo contemplare in Paradiso.

Mi pare però una contraddizione che chi è tre debba essere uno, e chi è uno debba esser tre.

Non vi è alcuna contraddizione, perché queste tre divine Persone hanno una medesima natura e sostanza divina. Vi sarebbe contraddizione se avessero tre sostanze diverse, perché tre sostanze sarebbero tre Dei, e non potrebbero essere un Dio solo.

Dunque si potrà dire che il Padre è Dio, che il figliuolo è Dio, che lo Spirito Santo è Dio?

Si deve dire; e questo è articolo di fede; perché il Padre ha la sostanza divina, il Figliuolo ha la sostanza divina, lo Spirito Santo ha la sostanza divina: la quale però è una sola e perciò un solo Dio.

Il Padre è Eterno, il Figliuolo è Eterno, lo Spirito Santo è Eterno?

Si, certamente; ma non sono tre Eterni; bensì un solo Eterno perché un solo Dio.

Il Padre è onnipotente, il Figliuolo è onnipotente, lo Spirito Santo è onnipotente.

Sì, senza dubbio; però non sono tre onnipotenti, ma un solo Onnipotente; e così si dica a riguardo degli altri attributi di Dio, che sono la stessa una, e indivisibile sostanza di Dio come abbiamo detto (c. 2, § I, D. 10) (Simb. Athan.).

Le Persone della Ss. Trinità hanno le stesse perfezioni, lo stesso intendimento e la stessa volontà?

Hanno la stessa Sapienza, la stessa Bontà; vivono con la stessa vita, conoscono con lo stesso intelletto, vogliono con la stessa volontà, e operano con la stessa onnipotenza, e la ragione è sempre quella che hanno la stessa natura e sostanza divina.

Dunque si potrà dire che la Persona del Padre sia la stessa Persona del Figliuolo, e la stessa Persona dello Spirito Santo?

Questo non si può dire, perché è di Fede che sono tre Persone realmente distinte (Symb. Athan.), e perciò la Persona del Padre non è la Persona del Figliuolo e dello Spirito Santo. La Persona del Figliuolo non è la Persona del Padre e dello Spirito Santo. La Persona dello Spirito Santo non è la Persona del Padre e del Figliuolo. Sono tre Persone veramente tra di loro distinte, sebbene abbiano la stessa sostanza.

Si potrebbe dire che Dio è distinto in tre Persone?

L’espressione che Dio sia distinto in tre Persone è condannata dalla Bolla dogmatica Auctorem Fidei; perciò bisogna dire che in Dio vi sono tre Persone distinte, e non si può dire che Dio è distinto in tre Persone.

In nessun senso si potrebbe mai dire che sono tre Dei?

No, in nessun senso, e chi lo dicesse sarebbe un eretico (Antoine, Tract. de Trin. c. I, art. VII).

Si potrebbe dire che Dio é Padre, è Figliuolo, é Spirito Santo?

Si deve dire, come si conosce dalla definizione del Concilio IV Lateranense (Credimus, et confitemur, quod una quædam summa res est incomprehensibilis quidem, et ineffabilis, quæ veraciter est Pater, et Filius, et Spitus Sanctus, tres simul personæ, et singulatim quælibet earumdem, ( apud Antoine, tract. de Trin. c. 1, art. VI).

Mi porti una parità che non mi lasci tanto all’oscuro.

Figuratevi che vi fossero tre persone che si chiamassero Pietro, Paolo e Giovanni, che avessero però una medesima anima, e un medesimo corpo; si direbbero tre persone, perché l’una sarebbe Pietro, l’altra Paolo, e la terza Giovanni; nondimeno sarebbero un uomo solo, e non tre uomini, non avendo tre corpi, né tre anime, ma un solo corpo, e un’anima sola. Questa è cosa impossibile tra gli uomini perché la sostanza dell’uomo é piccola e limitata e perciò non può essere la stessa ed unica in più d’una persona; ma la sostanza di Dio, cioè la Divinità, è infinita, e perciò si può trovare, e si trova infatti, in più Persone: perciò la sostanza, la Divinità del Padre si trova pure nel Figliuolo e nello Spirito Santo (Bellarm.).

Perché il Padre si chiama la prima Persona della SS. Trinità?

Perché il Padre è senza principio; cioè non ha origine, e non è prodotto da alcuno; ma è il principio, dal quale procedono e sono prodotte le altre Persone.

Perché si chiama Padre?

Perché da tutta  l’eternità produce, ossia genera una Persona simile ed uguale a sé, dalla stessa sua sostanza e natura, cioè il Figliuolo.

Dunque il primo ad esservi fu il Padre, se da Lui è proceduto il Figliuolo?

Vi ho detto che il Padre genera il Figliuolo da tutta l’eternità: per la qual cosa il Padre, che è sempre stato, ha sempre generato il Figliuolo, e lo genera tuttavia Eterno come Lui.

Perché la seconda Persona si chiama Figliuolo, e come succede la generazione?

Perché è generato dal Padre, e questa generazione succede per via d’intelletto e di cognizione. Il Padre da tutta l’eternità contempla in se stesso le sue infinite perfezioni, e produce come un lucidissimo specchio una immagine viva, e perfettissima di se stesso, che ha la sua medesima Divina Sostanza, e si chiama il Figliuolo, e anche il Verbo Eterno di Dio.

Perché la terza Persona si chiama Spirito Santo?

Perché procede dal Padre e dal Figliuolo per via di volontà e di amore, ed è come un fiato spirituale, e perché è l’amore di Dio, Santo essenzialmente.

Come s’intende che procede dal padre e dal Figliuolo per via di volontà e d’amore?

Il Padre ed il Figliuolo amandosi da tutta l’eternità perfettamente l’un l’altro, producono lo Spirito Santo, il quale è l’amore reciproco del Padre e del Figliuolo, ed ha la stessa Divina Sostanza. Qui notate bene essere articolo di Fede, che il Padre non procede da nessuno, il Figliuolo dal Padre, e lo Spirito Santo dal Padre e dal Figliuolo.

Dunque il Padre è la maggiore delle Persone della Ss. Trinità, minore di Lui è il Figliuolo, e lo Spirito Santo minore del Padre e del Figliuolo?

Fissate bene ciò che tante volte abbiamo detto, che cioè le Persone della Ss. Trinità hanno la stessa natura e Sostanza Divina, e perciò sono tutte tre uguali, ugualmente perfette. Nelle Persone della Ss. Trinità non vi è né maggiore, né minore, ma una perfetta uguaglianza di bontà, e perfezione.

 

 

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.