GREGORIO XVII:
IL MAGISTERO IMPEDITO
I CONTENUTI (2)
[lettera pastorale del luglio 1971; «Rivista Diocesana Genovese», 1971]
III
I «contenuti» distrutti dalle reinterpretazioni
1. Il termine di «reinterpretazione» è di per sé più che sospetto, per solo fatto che la «reinterpretazione» non è più la semplice interpretazione. In realtà la interpretazione, bene o male, rimuove o tenta rimuovere il velo che inibisce la chiara lettura di un testo, di una verità, di un fatto; la «reinterpretazione» suppone una interpretazione precedente, alla quale si oppone. Tanto è, se diamo alle parole il senso che naturalmente hanno. Una reinterpretazione del «contenuto cristiano» vorrebbe dir di per sé una interpretazione per lo meno diversa o addirittura contraria a quella che è stata data fin qui. Conterrebbe: il relativismo della, verità, negherebbe il carisma certo della infallibilità della Chiesa affermerebbe, almeno per due mila anni, la inutilità sostanziale della Rivelazione. Addio Santo Vangelo! Con tutto questo, chiaro e ben definito, taluni continuano a parlare di «reinterpretazione» del dogma usando artificiosi ghirigori e non sono pochi quelli che li stanno a sentire. C’è solo da sperare che gli uni e gli altri non sappiano quello che fanno. Nessuno nega che passi della Sacra Scrittura ed anche lunghe pericopi di essa, sulle quali non esiste un dato certo e conclusivo di Tradizione Divina o di Magistero almeno ordinario, o di consenso avallato dal Magistero, possano con nuovi strumenti di indagine essere meglio interpretati. – Noi stiamo parlando del «contenuto» dottrinale, patrimonio delia Chiesa Cattolica, nei limiti già sopra ben delimitati. Qualunque interpretazione nuova o reinterpretazione della verità certa, che variasse il contenuto, aggiungesse qualcosa di non contenuto nelle fonti teologiche sicure, cadrebbe senza dubbio nelle condanne della Enciclica Pascendi e del Decreto Lamentabili.
2. È tuttavia importante chiedersi, prima di esaminare qualche dettaglio, quale sia la radice logica delle interpretazioni. Noi diciamo che quanti parlano di reinterpretazioni partono coscientemente da quelle radici; diciamo solo che da quelle dovrebbero partire se fossero veramente logici. Perché le vere reinterpretazioni non possono avere altro iter.
a) La radice meno disonesta è la seguente: adattiamoci, per adeguare la dottrina cattolica alla mente dei nostri contemporanei, alla apertura loro, alla cultura del tempo. Non neghiamo che qui ci possano essere dei sentimenti e degli intenti generosi, ma solo sentimenti e mire, niente altro. – Il volere adattare la sacra dottrina, alterandola nel fondo, nella prospettiva e nel dettaglio è senz’altro la negazione del Cristianesimo. – Infatti la Dottrina nella nostra Fede viene da Dio immutabile ed eterno: partecipa della Sua eternità ed immutabilità, deve cambiare gli uomini, non essere da essi cambiata o comunque alterata. Le qualità divine si sposterebbero senz’altro e con ben poca forza di convinzione agli uomini ed alla loro storia. In più, un tal modo di pensare rivela la convinzione che nella natura umana, nell’ordine in cui è iscritta, nella Legge cui è sottoposta, tutto sia fluido e tale da variare i principi primi dello stesso pensare. –
b) La radice vera e autentica, quella che vien fatto di richiamare dopo la considerazione ora appena conclusa, è il relativismo. Nulla è, tutto scorre; così la vita, così l’uomo, così la sua esperienza. Nel relativismo non può esistere Dio e pertanto non può esistere il relativismo stesso. – Sappiamo bene che la tragica esperienza di una civiltà materiale ed ingiusta ha stancato talmente gli uomini da trovarsi essi propensi ad accogliere qualunque cosa irrazionale pur di poter pensare che quanto li ingolfa e li stufa cambierà. Ma questo spiegherà le malinconie degli uomini, non giustifica il relativismo. Del resto non è questa la prima volta che ne parliamo e pertanto rimandiamo a quanto già scritto. – Ma vorremmo ci si rendesse conto come talune concezioni sulla Sacra Scrittura e talune interpretazioni, per nulla scientifiche (oltre tutto), sono semplicemente i preamboli per coloro che debbono dedicare le loro fatiche alle affermazioni del relativismo. Purtroppo, nonostante tutto e nonostante le contraddizioni, certi scritti continuano a comparire, rendendo ulteriormente impossibile trattare la Bibbia col rispetto e la fiducia di sempre. Sono i demolitori! –
c) Per le reinterpretazioni si tira in ballo l’intento ecumenico, Questo intento è certamente santo, ma un intento santo non può usare mezzi disonesti, perché il fine non giustifica mai i mezzi. – Un certo modo di reinterpretare, cassando, limando e magari sostituendo vorrebbe rendere facile il ritorno ai fratelli separati. Esso va in cerca di denominatori comuni. Ma i denominatori comuni eliminano di per sé i denominatori «non comuni» e cioè cancellano con un semplice rigo le obiettive ragioni, che ancora dolorosamente ci separano dai fratelli separati.
3. Cerchiamo ora di esemplificare su taluni modi di reinterpretazione storicamente attuati. Quello che si presenta per primo nella nostra tormentata epoca; la reinterpretazione cosmica. Molti ne hanno parlato e si è stabilita così una gamma, che va dallo strano modo di filosofare fino alla distruzione di tutto il contenuto cristiano. Abbiamo assistito ad apologie eroiche che non hanno convinto. E non può essere diverso quando in questioni del genere c’entrano motivi eterogenei come la simpatia, l’amicizia, la poesia e via di seguito. Lasciamo da parte i nomi e consideriamo per il momento solo la punta estrema della reinterpretazione cosmica. – Per essa Incarnazione, Redenzione, finalità, vita eterna vengono spostate dal piano concreto delle singole umane persone ad una interpretazione cosmica. Il vero soggetto di questo fatto grande come è la Incarnazione rischia di diventare il cosmo. Se non ci si casca del tutto siamo evidentemente a poca distanza dal panteismo. – Ci sono modi di reinterpretare in chiave cosmica la Rivelazione più attenuati e felpati, ma hanno il torto di tutte le teorie, le quali accettano principi e si fermano prima di averne dedotte tutte le ultime conseguenze. Quando si desiste dal procedere da un principio adottato, per timore di andare oltre, si smentisce e si rinnega il principio stesso. – Questa reinterpretazione ha avuto una certa fortuna perché spesso si implicava con la poesia, con la ammirazione dell’immenso creato, col cantico di tutte le cose. Ma questa fortuna forse non ha scavato molto a fondo nelle anime per il carattere incerto, inafferrabile nei contorni, della sua stessa poesia!
4. Abbiamo la interpretazione «demitizzante». Avvertiamo subito che tale interpretazione rivela nei vari autori diverse sfumature non imponderabili ed anche larghe contaminazioni col relativismo. Parliamo di un tipo medio, che può rappresentarli tutti. Questa interpretazione è partita da alcuni teologi protestanti. È ovvio che essa deve avere alla base strani concetti sulla autenticità e ispirazione della Sacra Scrittura. Mira infatti a sfrondare fatti e verità per ridurre ad un nucleo, il quale – molto logicamene – varia a seconda della posizione degli interlocutori in questa materia. – Molte cose accolte da millenni nella Fede e nella pratica cristiana vengono sottoposte ad un giudizio negativo. – La reinterpretazione «demitizzante» non può comporsi con la ortodossia cattolica per i principi che accetta, per l’arbitrio infondato con cui depenna, per il concetto naturalistico da cui è pervasa. Nessuno infatti mette le mani riformatrici in dottrina e in fatti che si sanno avere natura ed origine soprannaturali. Si ha motivo di credere che non vengano rispettati i canoni scientifici. – Infatti oggi, per grazia di Dio, i documenti dei primi tre secoli, sia scritti, sia reperti archeologici, sono tali che permettono di controllare storicamente se la Chiesa abbia avuto mutazioni nella sua sostanza da allora ad oggi. Ora la demitizzazione in genere suppone esattamente il contrario, cioè il falso. – C’è da fare un’altra grave considerazione. Il complesso rivelato è talmente armonico, unito, logico in se stesso, che non è possibile cancellarlo in una minima parte, senza dover arrivare a negarlo tutto. E la stessa interna armonia che rivela questo. Una superiore filosofia della teologia crediamo conduca agevolmente alla evidenza di questa affermazione. Taluni, ad esempio, vorrebbero, demitizzando, ridurre tutto al nucleo centrale della salvezza. Ma che significato ha la salvezza, se non si accettano i dogmi relativi allo stato dell’uomo decaduto e pertanto tale da poter essere salvato? E come ha necessità di salvarsi dal peccato e sue conseguenze, se non si premette la nozione e il fatto del peccato? Questo come sussiste, senza la Legge, e la Legge come sussiste senza Dio? Che significato ha la Incarnazione senza la elevazione all’ordine soprannaturale? Che significato ha la umanità di Cristo senza l’uso di quei mezzi per i quali i rapporti tra Dio e l’uomo restano nella forma umana, non violano i limiti dell’uomo, pur producendo qualcosa di soprannaturale (i Sacramenti ad esempio)? Come è possibile parlare della Legge senza parlare della persona che ne è recettiva e che senso ha una legge se manca la sanzione? Ci pare ovvio che questo modo di reinterpretare sia assolutamente alieno da ogni razionalità.
5. Ci sono singolari tipi di reinterpretazione, che affiorano qua e là, che sono poco coordinati, talvolta timidi, talvolta petulanti. Tale reinterpretazione riduce tutto all’afflato della carità e dell’amore. Dovremo riprendere il discorso più avanti in questa lettera. Qui basti osservare che un tale modo di vedere butta fuori: complesso dogmatico, Rivelazione e sua funzione, Chiesa. È difficile dire se rimane la morale perché in tale contesto la carità e l’amore possono diventare proteiformi, inafferrabili e indefinibili. Si salva abbastanza Gesù Cristo, perché la carità ad un certo modo l’ha insegnata Lui. Ma fino a che punto? È difficile rispondere. Certo si è del tutto fuori strada.
IV
I «contenuti» sostituiti
1. Le «sostituzioni» nascono dalla speranza o dalla illusione cui non ci si accorga che qualcosa è stato sottratto. Il posto è occupato e forse nessuno dirà niente. Purtroppo la sostituzione è uno dei metodi apprezzatissimi per distruggere la Fede. La tecnica del metodo può descriversi nel modo seguente. Si calca la penna su punti od affermazioni, che hanno realmente a che fare col dogma rivelato, ma che non sono quello o «tutto» quello. – L’affinità e la parentela di quel che si afferma con quello che si vuol mandare in ombra copre l’operazione. E a forza di battere, rimane quello che si dice e si fa scivolare verso l’oblio quello di sostanziale che non piace. È un metodo volpino, ma è un metodo che dà frutti e deve essere apertamente smascherato. Ci interessa più parlare del «metodo» che delle singole «sostituzioni» perché possiamo prevedere che queste non sono ancora finite.
2. Che il mistero pasquale sia centrale ed espressione concreta delia divina opera di salvezza tutti lo sanno, i cattolici lo venerano. – Ma che il mistero pasquale debba servire a tacere, coprire, annullare il mistero della sofferenza, della morte in Croce, della Passione del Signore, questo nessun maestro vero nella Chiesa l’ha mai detto! L’intenzione è chiara e la strana logica non meno. Ecco come La Croce, il Sacrificio, la piena e perenne dedizione non piacciono, si tratta di cose indigeste al «mondo», rendono più difficile l’accostamento dei «lontani», disturbano la buona digestione ai gaudenti. Conclusione: parliamo della Pasqua, per nascondere e far sparire il Venerdì Santo. Questo non è né vero né giusto!
3. Uno dei tentativi maggiori, fatto talvolta con connivenze proditorie, è quello di «sostituire» una inafferrabile comunità, senza autorità e con un mal definito amore, al posto della Legge, alla Santa Chiesa di Dio, società gerarchica da Cristo costituita e voluta in tutti i suoi elementi sostanziali, immutabili. Di questa sostituzione abbiamo parlato abbastanza nella nostra Lettera Pastorale Le ombre di questi anni al punto primo ed a quella rimandiamo. Ma qui vogliamo sia chiaro, senza ombra di dubbio, che una tale posizione è perfettamente e certamente eretica, mette fuori della Chiesa e priva dei Sacramenti. La realtà della Chiesa è troppo chiara, nei Vangeli, negli scritti Neotestamentari, nella divina tradizione, per poter ammettere una qualsivoglia ombra pur tenuissima di dubbio. Che poi la parte umana della Chiesa possa conoscere umani difetti non diminuisce la sua natura di istituzione divina, ma la esalta perché solo Dio può senza pericolo mettere in mano d’uomini, che lascia perfettamente liberi, una istituzione tanto delicata. – Vogliamo notare che, se pochi forsennati fanno la piena sostituzione della acefala comunità alla Chiesa di Dio, molti con il loro silenzio e con la loro indifferenza, tacendo della Chiesa, aiutano quella già denunciata congiura del silenzio, che può concorrere a far perdere la nozione concreta della Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. – Siamo della opinione che si debba parlare sempre di più della Chiesa in concreto, senza paure. Emarginata la Chiesa, che cosa resta, alla fine?
4. Altra «sostituzione» indegna ed ereticale è quella della carità o amore alla Legge. Parliamo della sostituzione vera, quella che con la carità intende eliminare la Legge, quindi il diritto canonico, la sacra Autorità e qualunque cosa si frapponga alle personali idee fisse. – Prima di tutto la carità è essa stessa una Legge. In secondo luogo la carità impera essa stessa (appunto perché contiene o suppone molti atti, quali sono recensiti mirabilmente da San Paolo nella I Cor. c. XIII). In terzo luogo perché Gesù ha spiegato chiaramente che «amare Lui», amare il Padre, significa obbedire a tutta la Legge stabilita da Dio. E si potrebbe continuare. – Ma la «sostituzione» diventa addirittura indecente per la contraddizione, che la inficia: infatti sostituisce all’ordine stabilito da Dio un altro ordine, forse mai precisato nella mente di quanti vi si appellano. – La carità è una cosa seria e tutta la vita del Divino Salvatore, fattosi Uomo per salvare gli uomini, è una concreta e precisa descrizione di che cosa comporti «amare» nella linea dell’Evangelo. La carità non è uno strumento per coprire stoltamente cose indegne.
5. C’è la sostituzione della «propria libera coscienza» alla obbedienza.
Bisogna ricordare che la «coscienza individuale» è criterio di moralità quando è formata ed informata. Formazione e soprattutto informazione vengono dall’esterno di essa, cioè da Dio e da ogni mezzo eletto all’uopo da Dio. La coscienza non crea la Legge, la norma, ma giudica nel caso particolare della rispondenza o meno degli atti alla Legge stessa. Il concetto di Legge e pertanto di sudditanza è intrinseco alla coscienza. Fintantoché esisterà la Legge, sarà necessaria ed inderogabile per gli uomini la obbedienza. La rivolta insita nella sostituzione della coscienza alla legge è intrinsecamente illogica, assurda. La coscienza che si regola da sé non è più intelligenza giudicante su una uniformità o difformità, ma è solo una cessione al sentimento, all’istinto, alla reazione di queste cose, al complesso, ad oscuri istinti, a tutto meno che all’intelligenza. La sostituzione della coscienza alla Legge è esattamente la sostituzione di se stessi a Dio! Bella Religione! – Per tale ignobile sostituzione basta spostare l’angolo e si può volere ammazzare, rubare, ingannare, fornicare… con la falsa idea che non ci sia più Dio a controllare le azioni degli uomini. – Chi ha la norma della sua autonoma coscienza deve ammetterla per tutti gli altri e non può lamentarsi se l’ammazzano, se lo derubano, se lo insozzano… ; se qualche Autorità gli comanda… – Siamo all’inverosimile di ogni capovolgimento, al contrario ed al contrario di tutto, al contraddittorio di ogni contradditorio ed alla indifferenza di ogni affermazione e negazione. La incauta ed esagerata difesa della persona umana porta lentamente a questo disordine. Dio ha voluto la persona umana con la sua autonomia, ma ha messo accanto sullo stesso piano la Legge e la sanzione. Nessuna delle tre cose nel presente ordine di Provvidenza può essere mai separata dalle altre due. – Tanto abbiamo ricordato perché si rifletta su questo: che le oltraggiose «sostituzioni» cominciano assai lontano e che taluni sbandamenti intellettuali, troppo leggermente considerati innocui, portano, con una progressione logica e inarrestabile, assai lontano, persino a rompere tutti i legami con Dio! L’obbedienza resta la grande obbligazione dell’uomo. La sua vita è il lasso di tempo libero lasciatogli perché liberamente dica di sì o di no a Dio. E cioè il tempo in cui per salvarsi deve obbedire ed in cui, se non vuol obbedire, si danna. La vita religiosa non esiste senza obbedienza, a qualunque livello. La obbedienza fa sì che la nostra poca saggezza sia sostenuta da una Eterna Saggezza, che il nostro limitato periodo di luce sia acceso da una Eterna Luce. La obbedienza fa sì che diventi strumento di vita e gloria eterna anche quello che umanamente può sembrare piccolo, irrilevante, forse… stolto. – Quando si volesse dare un peso esagerato alla «dignità» dell’uomo, sarà opportuno ricordarsi delle sue molte miserie, a cominciare da quelle fisiche.
V
I «contenuti» svuotati
1. Assistiamo a dei fenomeni generali, che avremmo potuto trattare nel capitolo delle «sostituzioni»; ma che preferiamo chiamare svuotamenti del Cristianesimo. Infatti le «sostituzioni» sono meno radicali degli svuotamenti. Come abbiamo già detto questi tristi fenomeni cominciano da lontano. Si svuotano piccole cose, si deformano particolari che stanno nell’ordine delle sfumature; si commettono piccole leggerezze, talvolta nell’ordine pratico della tattica associativa; si permette che si scollino connessure soprannaturali nella valutazione dei fatti; si mina colpevolmente e contro ogni serio criterio scientifico ogni base storica della Rivelazione e della costituzione della Chiesa; si affina lo sforzo per mettere d’accordo Hegel con Cristo, Freud con Cristo. Si arriva al blasfemo termine della «morte di Dio» e così si hanno gli svuotamenti generali del contenuto cristiano. Il triste iter dello svuotamento è chiaramente inciso in particolari morali, in arbitrarie interpretazioni liturgiche destinate ad eliminare Eucarestia e Parola di Dio, in volontà di non differenziarsi a tutti i costi da quelli che dissentono dalla Chiesa Cattolica. – L’iter lo si vede dappertutto, si rivela in antipatie di cose e di persone, in scelte di simpatia e di odio; ma la tremenda spirale si delinea. – La via degli svuotamenti totali sta sovente in sfumature.
2. Il sociologismo nella sua posizione estrema, l’unica logica e coerente, è la forma più chiara, decisa e delimitata dello svuotamento del Cristianesimo. Attentato, s’intende! – Raccogliendo i “placita” da ogni parte, ecco come lo si può presentare:
– Di Cristo sussiste la carità e l’amore. Il resto forse è mito. Che poi riesca a sussistere la «carità» (cosa che non coincide in tutto con quello che può classificarsi «amore») senza la certezza di Dio Padre e di tutto un rapporto Creatore e creatura, senza la divina storia della Rivelazione, è al tutto incomprensibile.
– Ci si deve occupare anzitutto di redimere l’uomo dai mali terreni.
Taluno, non tutti, aggiunge «poi ci occuperemo del bene eterno oltre la morte». Chi ha cominciato a mettere l’accento forte sulla redenzione terrena era cattolicissimo e lo abbiamo sentito chiamare da qualcuno «santo». Ma il fermento dell’errore deve svolgersi ed arrivare all’assurdo. Non parliamo più di Paradiso, parliamo invero di tutte quelle cose che portano alla perfetta eguaglianza nel perfetto benessere, al livellamento tra il primo, il secondo, il terzo e il quarto mondo… – Se poi talune cose, pie o devozionali, possono servire a percorrere il cammino verso questa pura umana redenzione, si tolleri pure! …
– Per redimere gli uomini dalla loro miseria, dalle guerre etc. parliamo soprattutto di solidarietà. Questa consiste in un sentimento umano che scopre i vincoli per i quali siamo legati a tutti gli uomini, li accetta quando può, li salva, li anima… La pura solidarietà difficilmente supera gli scogli continui dell’orgoglio e della sensualità umani.
– Ci si dedichi ad un’opera sociale: il rimanente serve come puro strumento, molte volte utile, qualche volta necessario per la redenzione sociale. – Non tutti i sociologisti dicono questo o tutto questo. Ma qualunque sociologista è sulla via di dire questo e, se non si libera dalla spinta, logicamente deve finire col dire questo. Noi attiriamo l’attenzione dei nostri cari confratelli, non tanto su coloro che dicono tutto questo (costoro hanno già spiritualmente apostatato), ma sui molti che dicono, recitano, inculcano briciole di quello strano catechismo. E il piccolo contrabbando fatto passando a piedi da minori valichi alpini. –
3. A questo proposito è necessario parlare della «liberazione globale» della quale si comincia a fare un uso forse esagerato. Niente meglio che chiarire.
Il termine «liberazione globale» può avere un significato perfettamente ortodosso, che è il seguente:
– liberazione dal peccato;
– liberazione dal livello terreno mediante la grazia santificante;
– liberazione dalla pressione della debolezza umana, mediante la grazia attuale, i doni dello Spirito Santo etc;
– liberazione della transitorietà effimera della vita presente nella Vita eterna;
– liberazione dalla corruzione della morte nella risurrezione finale.
La «liberazione globale» sulle labbra di altri pare avere un valore assai ridotto. Si tratterebbe della liberazione dalla fame, dalle strettezze, dai limiti coartati per la espansione personale, dai tiranni, dagli oppressori etc. In quale Luna si trovino coloro che sognano in una vita umana questa perfetta liberazione, non ci riesce di dire. – Comunque una cosa è chiara: che questa liberazione, dato e non concesso che possa esistere, non sarebbe globale. La ragione è che non si preoccupa affatto di altre cose spirituali dalle quali l’uomo dovrebbe essere liberato per una passabile vita, anche solo i n questa valle di lagrime. Ma sulle labbra di molti la «liberazione globale» suona sinistro. E cioè:
– liberazione dai limiti messi dalla virtù;
– liberazione dal mito della vita eterna, del soprannaturale;
– liberazione da ogni forma di obbedienza.
Talune celebri contestazioni hanno preso questa ultima via. Non occorre aggiungere parole perché tutto risulti svuotato nella Fede quando le «liberazioni globali» si prendono a certi modi. – Il modo di comportarsi di talune persone, anche religiose, fa fortemente sospettare che in fondo non abbiano più Fede e credano solo a questa liberazione globale. E nel frattempo stanno più comode che possono.
[2 – Continua …]