GREGORIO XVII
IL MAGISTERO IMPEDITO
I CONTENUTI (1)
VIII. – Ortodossia
[lettera pastorale del luglio 1971; «Rivista Diocesana Genovese», 1971]
Cari confratelli, parliamo dei contenuti della predicazione, della Catechesi, dei libri in qualche modo religiosi, dell’apostolato. Intendiamoci subito sul valore della parola «contenuto». Il contenuto – in oggetto – è la dottrina cattolica. Spieghiamoci chiaro su quello che è «dottrina cattolica». È tale: – quanto è espresso dalla Rivelazione sia per mezzo della Sacra Scrittura, sia per mezzo della Divina Tradizione;
– quanto è stato esplicitato o dedotto con certezza dalla divina rivelazione;
– quanto è stato interpretato, esplicitato, insegnato dal Magistero infallibile della Chiesa, sia solenne che ordinario;
– quanto è garantito dalle ordinarie fonti teologiche, nelle condizioni in cui esse sono capaci di generare vera certezza.
Nessuno si meravigli che la dottrina cattolica contenga anche verità indirettamente rivelate. Infatti: la Rivelazione contiene ricchezze che possono essere svolte e dipanate nella loro grande ricchezza; molte verità non rivelate sono talmente connesse con le verità rivelate che, quelle distrutte, anche queste patirebbero danno; finalmente il Magistero non è un organo stabilito da Cristo per «solamente ripetere» a guisa di semplice registratore, ma è vero Magistero e verte su quanto è necessario alla esplicitazione ed all’approfondimento della piena verità contenuta o connessa con la Divina Rivelazione.
Per quale motivo si parla di «contenuti»
La domanda è ovvia e la risposta è semplice: perché i «contenuti» vengono taciuti deducendoli in tal modo, col silenzio, a graduale morte nella mente dei fedeli; perché vengono reinterpretati in maniera eterodossa; perché vengono sostituiti; perché vengono addirittura svuotati. Premettiamo che l’attentato più lene, ma più immediato contro i «contenuti», che spesso accade sornionamente attraverso la porta maggiore, è quello per cui vengono «diluiti» nella nuova teologia del linguaggio.
Cominceremo da questa ultima.
È nostro preciso dovere mettervi in guardia, affinché la vostra buona fede non venga sorpresa per la grande foschia in cui nuotano oggi troppe pubblicazioni.
I
I «contenuti» svuotati dal linguaggio
- Non si può dare ancora una definizione stabile ed univoca della teologia del linguaggio. Si parla anche di una filosofia del linguaggio, etc. Noi chiamiamo teologia del linguaggio quella che risulta non da una teoria, ma da un fatto, accessibile da tutti. descriviamo il fatto, per maggiore chiarezza, attraverso varie tappe.
a) Si cercano parole, mai o solo raramente usate in Teologia prima dell’ultimo decennio. Queste parole vengono elette coi seguenti criteri:
– siano il più «nuove» possibili. Anzitutto e soprattutto bisogna purificarsi da ciò che è vecchio. Si tratta di un criterio inconsistente, perché il termine «nuovo» può indicare indifferentemente il bene e il male, non più del termine vecchio. Questa opzione di relatività sta a indicare che il vero e il falso, il bene e il male, il conveniente e lo sconveniente importano poco, se non addirittura niente;
– siano suggestive, prese non solo da idee, ma da scienze e fatti (angolazione, ottica, tangente, prospettiva, cosmico…) tali da destare una certa impressione e – perché no? – strappare una certa ammirazione;
– siano «sfuggenti», e cioè o di per se stesse non abbiano una prensione indicativa di verità teologiche, o siano mantenute libere da epesegetici, da definizioni, cioè da limiti e permettano sempre di dire e non dire, di piacere a destra e a sinistra, a cattolici e a protestanti, a ortodossi e a eterodossi…. Insomma «non devono impegnare» e debbono lasciare una porta aperta a tutte le situazioni (sono ricavate soprattutto dai teologi protestanti ora di moda).
b) Si cercano «modi di dire», slogans (ci scusiamo di usare una parola neppure italiana, ma fortunata), che permettano soprattutto la illusione di presentare le idee da punti di vista nuovi. Purtroppo il punto di vista «nuovo» rispetto alla «verità» potrebbe essere facilmente 1’«errore».
2. C’è una tecnica nell’uso della invadente terminologia. Essa deve avvicinarsi il più possibile al rischio, al colpo sovversivo, al rovesciamento di qualcosa. La tecnica risulta «felice» quando fa sbalordire, produce i crampi, mette in stato di depressione coloro che ancora usano nelle scienze teologiche i termini: definizione, proposizione, sostanziale, materiale, formale, efficiente, per sé, per accidens… Evidentemente la fatica di tanti secoli per mettere nelle mani della Teologia termini sicuri, irreversibili, indeformabili, delimitati per ogni verso, allo scopo di salvaguardare la proprietà e la chiarezza delle idee, è stata fatica inutile. La questione è di sapere se ancora ci si tenga alle idee e se ancora in molte teste ci siano idee. Spesso si ha la impressione che alle idee vengano sostituite le emozioni e gli stati d’animo. Tutto questo i nostri lettori potranno verificarlo in libri e riviste che hanno tra mano. È così che con alcune decine di termini e di frasi fatte è possibile parlare di ogni argomento teologico, fare messaggi, prediche … Tanto più che quanto accade in teologia, accade in filosofia, in sociologia, in politica… Si dirà che chi legge o ascolta simili divagazioni, non sempre al corrente del fluidissimo significato di termini e frasi, stenterà a capire. Ciò sarebbe naturale, ma spesso non è affatto naturale, perché tra gli ideali massimi del nostro «momento di civiltà » c’è quello di pensare solo quello che pare e piace. E il modo più adatto per permettere a chi legge o ascolta, di pensare ciò che più gli pare e piace è quello di scrivere e parlare nel modo sopraddetto. Quasi più nessuno vuole «impegni» con la verità immutabile. Per tutto questo abbiamo sopra parlato di «illusione».
3. La teologia e la filosofìa del linguaggio dimostrano e circoscrivono uno degli aspetti più scadenti della nostra idolatrata cultura. Noi siamo arrivati al pieno «nominalismo». Trattiamo il linguaggio come se esso non avesse più una sostanza, fondamento, una obbiettiva giustificazione, insomma un significato. È il risultato di un processo storico di cultura, che ha radici lontane. La sostituzione dell’oggetto col soggetto fu fatta da un tale ben noto al principio del decimosesto secolo. Cominciò allora il processo di un graduale assorbimento ed annichilimento dell’oggetto nel soggetto. Grande cosa! Quel «tale» però fece la confusione dell’oggetto col soggetto unicamente perché ciò serviva a lui per risolversi un problema personale; questione, adunque, di comodo. – Sono passati quattro secoli ed in essi si sono allineati nomi ritenuti grandi a sostenere le aste di un simile baldacchino. La finale ci riporta al principio: il nominalismo odierno fa lo stesso servizio che faceva quasi cinque secoli innanzi. Nessuno vorrà negare che la teoria hegeliana, ad esempio, col suo metodo sempre vivo ed imperante, è comodissima per farsi una verità di comodo, una morale di comodo, una politica di comodo e così via. La grandiosità storica di tutto un periodo di cultura arriva a questo punto. – Quanto detto in questo capitolo va completato con quanto si trova al capitolo III e IV.
II
I «contenuti» eliminati dal silenzio
1. Un sistema più facile e meno dispendioso per eliminare sacri «contenuti» della nostra Fede è quello del silenzio. Ossia ci sono verità anche «capitali» delle quali da troppi non si parla più. Il silenzio, oltre la restante confusione, eliminerà, se non si provvede a tempo, un parte, forse tutto il patrimonio cristiano dal consenso dei fedeli. – Questo silenzio non sempre è deliberato e cosciente e si può ammettere che molti seguano la folla e la moda, senza rendersi ben conto di quello che fanno. La nostra lettera è diretta a loro soprattutto, perché si sveglino a tempo. Una cosa è certa: il silenzio su qualche parte del «contenuto» della Divina Rivelazione dimostra la vera mancanza di logica. Infatti tale è la coerenza della nostra Fede che, sgranato un punto, tutto deve cadere! – Il silenzio diventa grave e progressivo. Infatti si estende per la forza di imitazione, che seduce gli uomini. – Questa eliminazione di verità fondamentali si attua a mezzo di una congiura del silenzio, si direbbe furbescamente organizzata e saggiamente orchestrata, con l’impiego di tutti i mezzi che distraggono, impauriscono, addormentano gli uomini. – Non illudiamoci: esiste gente che può e che vuole la distruzione del Cristianesimo. Questa gente che ritiene fastidiosissimo il Cristianesimo deve sapere che nel caso la operazione migliore è la operazione «indolore», quella del silenzio. Vien fatto di sospettare, esaminando anche la editoria detta cattolica (che sfugge spesso al controllo dei Vescovi) come le altre «operazioni» sui «contenuti» sono in realtà in funzione della «operazione silenzio». In tutte queste operazioni gira troppo danaro. Si comincia col far tacere qualche registro dell’organo, poi si aumenta la chiusura fino ad arrivare all’ultima parte che è quella in cui è tolto il fiato alle trombe! La «operazione silenzio» è tale che permette di trovare soldati di ventura anche dove non si crederebbe. E dunque una questione grossa. Evidenziamo alcuni punti circa i quali è più acuta la «operazione silenzio». – Vorremmo, prima di addivenire a singoli punti d’esame, notare che è giusto ed esatto dover essere la predicazione anzitutto biblica. Ma sarebbe grave errore pastorale puntare su una predicazione esclusivamente biblica. Ciò perché esistono la Tradizione Divina, la prassi, gli esempi, gli strumenti della santità (stupendo commento alla Parola di Dio); perché ci sono verità ed applicazioni che debbono essere attinte a diverse fonti; perché una predicazione esclusivamente biblica difficilmente potrebbe essere sistematica e non si servirebbe probabilmente della parte speculativa teologica. Senza conoscenza di teologia speculativa nessuno può riuscire a spiegare quello che dei dogmi è spiegabile, sia ai dotti che agli indotti. La Teologia speculativa, necessaria alla Pastorale, è oggi oggetto forse primario della operazione silenzio. – Oggetto del silenzio è la parte fondamentale, dimostrativa della verità e validità della Divina Rivelazione. La si chiamava «Teologia Fondamentale». Per esse si seguiva e tuttavia si segue, ove la ragione prevale ancora, la linea logica. Era: la dimostrazione della storicità dei documenti coi quali si accerta il fatto storico di Cristo, nonché delle prove da Lui addotte per dare garanzia della verità rivelata. Era la b ricostruzione storica della Sua opera, da Lui fondata, la Sua Chiesa. Era, su tali fondamenti, la ricostruzione degli elementi da Lui lasciati come fonti della Rivelazione e come argomenti probanti le verità dottrinali e pratiche. – Da tutto questo e su un formidabile basamento storico emerge il Cristo Dio, la Sua Chiesa; emergono le fonti della Rivelazione, il Magistero infallibile ed autentico. In tal modo lo spirito critico di chi voleva sapere se «poteva» credere e se «doveva credere» a Cristo arrivava al cosiddetto giudizio di credibilità e di credendità. L’atto di Fede lo si fa per la grazia di Dio, ma alle soglie dell’atto di Fede, con certezza poteva spingersi la ricerca razionale. Di questo non si sente quasi più parlare. – Aveva cominciato anni or sono qualcuno a schernire la Apologetica». Oggi lo scherno è forse finito, ma per molti è calato il silenzio. Eppure lo spirito critico degli uomini, la loro ricerca, per convincersi che possono e debbono credere, non sono finiti. La ragione per la quale molti non praticano è perché non sentono più corrisposte, dalla catechesi corrente, le certe ragioni per le quali possono credere. – Oggi, andando completamente al di fuori della tradizione cattolica e, non meno, della metodologia scientifica, si cercherà di sgretolare in modo demoniaco punto per punto gli elementi coi quali si risponde allo spirito critico dei contemporanei. Per questo motivo si erode la storicità dei Vangeli; saltando a piè pari il fatto che sulla storicità dei medesimi rendono testimonianza gli elementi del primo secolo e dimenticando che la critica interna deve seguire e non precedere la critica esterna. Contemporaneamente si demolisce la teologia fondamentale dei poveri, che è costituita dalla presenza della Vergine Santissima e dei Santi; si bandiscono dalle Chiese e si dimentica che il popolo bene spesso crede in Dio perché crede nella intercessione e questa accoglie perché crede nei miracoli della Vergine, dei Santi, dei loro santuari, etc. Si tratta di una logica certamente semplificata, ma che contiene una sostanza perfettamente valevole e concludente. Chiediamo: che cosa si è sostituito alla dimostrazione storica della verità di Cristo?
Il silenzio convince nessuno.
2. Altra eliminazione col silenzio viene fatta circa la impostazione fondamentale della vita umana. Ognuno ha il diritto di chiedersi perché io sono in questo mondo, perché nasco, muoio e debbo conoscere tra queste due parentesi l’indeclinabile dolore? In un procedimento razionale (quello che si conviene ad uomini intelligenti) la soluzione di questo problema, per sé, non segue l’idea religiosa, ma la precede. Infatti, se uno avesse sufficientemente deciso di trovarsi a caso in questo mondo e di non avere un preciso e valido fine per la propria vita, sarebbe difficile convincerlo che deve avere la Religione. – Molti hanno eliminato la meditazione del fine persino dagli esercizi spirituali, sostituendola, magari, con acconce discussioni sul sesso. Si tratta di una verità che fa da travatura portante – come le altre che qui recensiamo – e la mancanza di travature portanti è talmente avvertita dal popolo, e massimamente dai giovani, che hanno crescente disgusto della predicazione. – Il tracciato base sta nella idea della finalità della vita. Guai a trascurarlo!
3. La congiura del silenzio raggiunge una capacità addirittura ferina a proposito dei Novissimi. Sono le ultime verità: morte, giudizio, Inferno e Paradiso. Questa congiura è sconcertante. Qando taluni aprono bocca sullo scottante argomento è per dire che l’Inferno è solo uno spauracchio, che – anche se c’è – nessuno ci va: testi nei quali è chiaramente portato dalla Rivelazione sono di dubbia autenticità etc. L’Inferno c’è chiarissimo nella sacra Scrittura e nella Tradizione ed ha questa grande interessante diversità dal Paradiso: che mentre per andare in Paradiso bisogna crederci, per andare all’Inferno non occorre affatto crederci. La mancanza di Fede diventa una facilitazione. Pensare che, se non esistesse l’Inferno, noi non troveremmo più il bandolo per la Provvidenza, per la legge, per la moralità, per la giustizia, per la caduta dell’uomo, per la Incarnazione, per la Redenzione… Qui la concatenazione è troppo grave e fermamente cogente!
4. La eliminazione dei Novissimi porta in modo logico alla disintegrazione di tutta la morale con conseguenze tali da annullare ogni Traccia di umano e da rendere addirittura stupido il timore di qualunque peccato. Infatti si è cominciato su questa via di perdizione. Si è scritto – Dio perdoni! – che la masturbazione non è peccato, che le esperienze totali prematrimoniali non sono più peccato, che pertanto è logico e consigliabile il libero amore, che siamo pienamente arbitri di aprire a piacimento e di chiudere altrettanto a piacimento la via della vita… questo è poco, perché, arrivati alla negazione dei Novissimi, non si capisce che senso abbiano l’onore, la lealtà, la giustizia, la solidarietà, la sociologia, l’amore e quanto si può pensare… Se l’Inferno non esiste (e poiché esiste contiene la privazione della gloria e quindi della grazia), vien fatto di domandarsi per quale motivo ci sarebbe stata la Incarnazione del Verbo.
5. È lecito e forse molto utile chiedersi se la congiura del silenzio circa una parte della dottrina cristiana, oltre ad avere come fine ultimo – si è detto – la distruzione del Cristianesimo, non abbia anche qualche fine mediato. Ecco perché facciamo questa domanda. Ci è occorso di avere tra mani una lettera di un illustre Vescovo d’oltralpe, diretta ad un teologo, nella quale si chiedeva allo stesso di spiegarsi chiaro circa la divinità di Cristo, dato che un suo modo di esprimersi in una assemblea lasciava dubbi su un dogma fondamentale del Cristianesimo. Abbiamo pure tra mani la risposta del nominato teologo per nulla soddisfacente. L’episodio è un sintomo rivelatore: il centro dell’attacco è la divinità di Cristo. Senza di essa non esiste il Cristianesimo. Non per nulla, quando al secolo quarto ci si accorse che la Chiesa superava ormai le persecuzioni e poteva ormai procedere vittoriosa in mezzo al già fatiscente impero greco-romano, si negò il dogma della divinità di Cristo. Era l’assalto diretto e disperato. L’eresia era certamente antitrinitaria, ma era antitrinitaria perché negava la divinità del Verbo incarnato. – La straordinaria grandezza del Concilio di Nicea (325) sta nel fatto che non solo affermò la divinità del Verbo contro le varie e ramificate negazioni della prima generazione ariana; ma che prevalse decisamente e definitivamente contro l’impressionante riflusso di tali errori alla fine del IV secolo (come ci attestano molti Padri del tempo, e in particolare S. Girolamo) culminato al Concilio, non ecumenico, di Rimini (359) causato da molteplici debolezze. Tale vittoria della verità cattolica rimane ammonizione a tutti i tempi. Il silenzio tenuto da molti sulla Vergine Santissima, sugli Angeli, sui santi e sulla controfigura dei demoni, è la preparazione del silenzio intorno a Nostro Signore Gesù Cristo. – Naturalmente l’iconoclastia, quella per cui si cacciano le sacre immagini, ormai dilagante, è una forma di silenzio artefatto. Ma ha tutta la logica di questo colpevole e distruttore silenzio. Vorremmo si notasse che non abbiamo recensito tutti i punti sui quali si tace; abbiamo soltanto esemplificato, richiamando l’attenzione sulle più gravi lacune dovute al silenzio.
6. Ci sono le forme maggiormente colpevoli del silenzio. Bisogna enumerare le principali. Il silenzio comincia a gravare sulla intera catechesi. Perché viene disertata e perché spesso si creano le premesse da questa diserzione. Intanto la «omelia» difficilmente assolve a compito di una formazione sistematica, anche se rimane la prima forma di sacra predicazione ed anche se, con taluni accorgimenti può essere abbastanza piegata a divenire maggiormente una sistematica esposizione della Dottrina. Non è questo il momento di parlare degli accorgimenti a tale scopo. In secondo luogo la catechesi propriamente detta «degli adulti» era legata ad una più seria coscienza del dovere di santificare la festa. Era legata non meno a pratiche liturgiche (il Vespro e la Ufficiatura) e paraliturgiche od extra liturgiche. Si direbbe che in questi ultimi anni i Vespri, la Benedizione col Santissimo Sacramento, il Santo Rosario, la Via Crucis etc. abbiano subito un notevole collasso. Noi abbiamo sempre detto e ripetuto che ove fossero cadute la altre pratiche di pietà in breve volgere di tempo sarebbe svanita la coscienza del dovere, la devozione, il sacro sentimento verso la Santa Messa. Per salvare questa, occorre salvare tutto il resto. – Ma, diminuite le pratiche sacre, è diminuita la catechesi degli adulti. Forse per talune località sarebbe meglio dire che può essere grave e,, se la misuriamo nelle conseguenze lontane, gravissima diminuzione catechetica. – Il catechismo dei fanciulli comincia a vacillare là dove è legato al solo giorno festivo: il giorno festivo è giorno di fuga da molti doveri. Ma comincia a svanire anche per la incertezza ingiustificata che grava sul testo del catechismo. Molti non sanno che i catechismi fino a questo momento approvati dalla competente Autorità Ecclesiastica conservano tutto il loro valore. Quando ci saranno nuove redazioni, migliori delle antiche, le adotteremo; ma intanto non condanniamo al «vuoto religioso» le generazioni che crescono. Conosciamo e lodiamo degni sforzi che si fanno per salvare gli Esercizi Spirituali nella loro forma e nel loro necessario contenuto. Ma sappiamo anche che molti Esercizi che diventano amene conversazioni, magari prolungate, sul sesso, che tacciono del tutto le verità fondamentali atte alla purificazione ed alla conversione della vita. – Abbiamo saputo di Sacre Missioni nelle quali nessuno ha parlato di peccato, morte, giudizio, Inferno e Paradiso. Non sappiamo su quale fondamento abbiano edificato questi stolti missionari. La predicazione in genere subisce la tentazione di adeguarsi a contenuti evanescenti, al tutto di dubbia ortodossia, di gerghi incomprensibili, di astrattismi intellettualistici. Crediamo che il peccato del silenzio macchi molte anime!
[Continua …]