Doni dello Spirito Santo: Il dono di SCIENZA

Il Dono di Scienza.

[J.-J. Gaume: Trattato dello Spirito Santo; vol. II, CAPITOLO XXIX]

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 Ammollire la durezza del cuore e comunicargli una sensibilità squisita per tutto ciò che deve amare; renderci come i figliuoli sottomessi e consacrati inverso Dio; come fratelli compassionevoli, dolci, affabili, indulgenti verso il prossimo; uccidere l’invidia e la gelosia, elementi distruttori della felicità e della concordia, formare tra il cielo e la terra come tra tutti gli uomini, il gran legame sociale della carità; tali sono gli effetti generali del dono di pietà. Non meno prezioso e non meno necessario é il dono di scienza. Per provarlo basta farlo conoscere; di qui i nostri tre quesiti. Che cosa è il dono di scienza ; quali ne sono gli effetti ; quale la necessità.       1° Che cosa è il dono di scienza? La scienza è un dono dello Spirito Santo che perfeziona il giudizio, e ci fa discernere con certezza nelle cose spirituali, il vero dal falso, il bene dal male. Diciamo che perfeziona il giudizio. I doni di timore e di pietà operano principalmente sulla volontà. Cieca di sua natura, la volontà reclama una direzione, sia per temere, come per amare. Essa non può riceverla che dall’intelletto; ma il nostro intelletto é ravvolto nelle tenebre, soggetto a mille illusioni ed esposto di continuo a divenir vittima dell’errore. Evidentemente il suo primo bisogno è una seria attitudine a discernere il vero dal falso, attitudine che facendoci apprezzare le cose al loro giusto valore, fissa con certezza la misura delle nostre affezioni e dei nostri timori. Chi soddisfa a questa prima necessità? Il dono di scienza. Questo dono non è né la stessa scienza divina, né la fede, né la scienza naturale. Non è la scienza divina, nel senso che reca all’anima la pienezza di tutte le conoscenze; ma se non è la scienza, n’è il mezzo necessario. Difatti, egli comunica all’intelletto un impulso, un vigore, un’estensione, un’attitudine che lo rende capace di conoscere alla maniera dello stesso Dio per una semplice veduta. [“Divina scientia non est discursiva vel ratiocinativa, sed absoluta et simplex: cui similis est scientia quae ponitur donum Spiritus sancti, cum sit quaedam participata similitudo ipsius”. S. Thom., 2a, 2ae, q. 9, art. 1, ad 1.] -Da ciò, una grande facilità d’imparare e di ragionare la verità. Quindi un discernimento sicuro per distinguere il vero dal falso, il certo dall’incerto, il solido dall’immaginario, il reale da ciò che non è che apparente. Non è la fede; ma la perfeziona, come tutti i doni dello Spirito Santo perfezionano le virtù teologali.. – Mediante la fede, si conosce la verità e vi si aderisce. Mediante il dono della scienza, si conosce la verità più chiaramente, la si ragiona con più sicurezza, la si afferma più coscienziosamente, “rationabile obsequium”, la si difende più vittoriosamente, la si predica con più efficacia. Il dono di scienza ci fa pervenire a quella perfezione, mediante lo studio delle cose create, delle quali forma una vasta sintesi e come una scala di luce che c’innalza sino a Dio. – Per il cristiano arricchito del dono di scienza, l’universo è un libro scritto, tanto di dentro che di fuori. Al disotto dei corpi e delle loro proprietà, al disotto delle proporzioni chimiche degli elementi che le compongono, egli vede ciò che si nasconde: Dio, Dio onnipotente, Dio sapiente, Dio buono, che fa tutto con numero, peso e misura, e che dirige tutto ad un fine unico. Egli intende ciò che non intende il concerto armonioso degli esseri, che cantano ciascuno a loro modo le lodi del loro autore. [“Omnia dona ad perfectionem theologicarum virtutum ordinantur”. S. Th., 2a, 2ae, q. 9, art. 1, ad 8]- [“Cum homo per res creatas Deum cognoscit, magis videtur hoc pertinere ad scientiam, ad quam pertinet formaliter”. Ibid. art. 2 ad 3. — “Liber pulcherrimus, intus et foris depictus, est creaturarum universitas, in quo Dei perspicua habetur notitia…. Tot audientium audit voces quot creaturarum intuetur species. S. Laurent., De casto connubi C. XIX.] Non è la scienza naturale. Mediante il lavoro della sua ragione l’uomo può arrivare a giudicare con certezza di certe verità, vale a dire che la scienza umana si acquista col ragionamento e con dimostrazione. Ma Dio giudica con certezza della verità, senza discussione né ragionamento, per una semplice veduta; e cosi dentro certi limiti, l’uomo dotato del dono di scienza. [S. Th., 2a, 2ae, q. 9, art. 1, ad 1]. – Quindi una differenza enorme tra il sapiente che non ha il dono di scienza e il cristiano che lo possiede. Con la fronte ripiena d’algebra, come dice Maistre, la scienza del primo è faticosa nel suo cammino, incerta nelle sue affermazioni, limitata nella sua estensione, sterile nei suoi risultati. – Molto differente è la scienza del secondo. Libera nei suoi andamenti e dotata di quel colpo d’occhio sicuro ch’essa deve allo Spirito Santo, distingue senza fatica la verità dall’errore: è precisa nelle, sue affermazioni. – La storia della ragione, priva del dono di scienza, è un libro a partita doppia. La prima pagina dice: sì; la seconda dice: no: risultato: zero. Percorrete tutte le scuole dell’antichità pagana: in quale troverete voi una affermazione certa, una di quelle affermazioni che si sostengono a costo della vita? Se ripassate in questo stesso mondo dopo la diffusione dello Spirito, di scienza, voi troverete dappertutto affermazioni certe, incrollabili, vittoriose del sofisma e della spada. – Come in mezzo al sistema planetario voi vedete il sole scintillante di luce, cosi nel centro del mondo cristiano vedrete un magnifico corpo di dottrina, composto di dodici articoli: poi i più bei geni che applicano le verità che esso contiene a tutti gli studi materiali, sociali e filosofici, comporre la gran sintesi della scienza cattolica, a cui l’umanità cristiana deve, sotto tutti i rapporti, la sua evidente superiorità. – Essa è immensa nella sua estensione. Com’è la ragione che ne è il principio e la fiaccola, cosi la scienza del dotto ordinarlo è limitata nel suo obbietto. Il mondo soprannaturale, vale a dire più della metà del dominio scientifico, o gli sfugge o non si mostra a lui che attraverso ad oscure nubi. Con alcune verità, penosamente legate a sistema, essa può fare delle dotte specialità: ma un vero sapiente, mai. La profondità e la sintesi le mancano. La profondità, essa vede le superfici e le applicazioni materiali delle cose; ma il quid divinum, nascosto nel filo d’erba cosi bene come nel sole, non lo ignora meno che delle applicazioni morali, alle quali dà luogo. La sintesi: non conoscendo o molto imperfettamente Dio, l’uomo, il mondo e le relazioni loro, è incapace di collegare, come conviene, le conoscenze dell’ordine inferiore alle verità dell’ordine superiore, e di dare ai suoi lavori un utile veramente degno di questo nome. – Essa è feconda nei suoi risultati. Il più bel risultato della scienza è di condurre l’uomo al suo fine. Sapere con certezza quale é questo fine, con la stessa certezza conoscere i mezzi che vi conducono: ecco ciò che la scienza umana non ha mai insegnato a nessuno, né lo insegnerà mai. Non solamente il dono di scienza accresce tutte le scienze umane e le coordina: ma altresì ha dotato il mondo di una scienza, il cui nome medesimo fu sconosciuto alle accademie pagane; una scienza che da sé sola rende più servigi alla società di tutte le altre insieme. Abbiamo nominato la scienza dei santi, scientia sanctorum. Infatti di tutte le scienze, quella dei santi è la più magnifica, la più estesa, la più utile, la sola necessaria, la sola che faccia fare un vero progresso all’umanità, la sola alla quale si. riferiscono necessariamente, a meno che esse non siano corrotte, tutte le altre scienze sociali, filosofiche, naturali, matematiche. Perché non è così? Perché la scienza dei santi è la sola che sia piena di verità, nient’ altro che di verità, verità sopra Dio, sull’uomo e sul mondo. – Per dissipare una illusione, madre troppo feconda di funeste ammirazioni, terminiamo di notare la differenza che esiste tra l’intelletto, ricco del dono di scienza, e quello che ne è privo. « La diminuzione della fede, dice Donoso Cortes, che produce la diminuzione della verità, non trascina forzatamente la diminuzione, ma il traviamento dell’intelletto umano. Iddio, misericordioso e giusto insieme, ricusa la verità alle intelligenze colpevoli, ma non rifiuta ad esse la vita; Ei la condanna all’errore, non alla morte. Noi tutti abbiamo visto passare dinanzi agli occhi nostri, quei secoli cosi prodigiosamente increduli, e cosi perfettamente colti, i quali hanno lasciato dietro di sé, sui flutti del tempo, una traccia non meno luminosa che ardente, e che hanno brillato di una luce fosforica nella storia. – ” Ciò non pertanto fissate i vostri sguardi su di essi, fissateli attentamente, e vedrete che i loro splendori sono tanti incendi, e che non hanno luce altro che simile ad un baleno” . Il giorno che ce li mostra, pare che venga dalla esplosione di materie oscure di per se medesime, ma infiammabili, piuttostoché dalle pure regioni, dove nasce questa luce pacifica, dolcemente estesa sulle volte del cielo dal sovrano pennello di un pittore sovrano. – « Ciò che si dice dei secoli, può dirsi degli uomini. Ricusando loro, o non accordandogli la fede, Iddio ricusa o toglie loro la verità: ma non dà però, né ricusa ad essi l’intelligenza. L’intelligenza degli increduli può essere elevatissima; e quella dei credenti limitatissima. Pur tuttavia la prima non è grande che alla maniera dell’abisso, mentre la seconda è santa alla stessa guisa di un tabernacolo: nella prima abita l’errore; nella seconda la verità; Nell’abisso, la morte è con Terrore; nel tabernacolo la vita è con la verità. Ecco perché non avvi speranza per quei consorzi che abbandonano il culto austero della verità per l’idolatria dello spirito. Dietro i sofismi vengono le rivoluzioni, e dietro le rivoluzioni i carnefici. » [Saggio intorno al cattolicesimo, ec., p. 8 e 9]. – Dopo aver considerato il dono di scienza in sè medesimo, resta per meglio conoscerlo, studiarlo nei suoi effetti. 2° Quali sono gli effetti o le applicazioni del dono di scienza? L’ignorante vede la superficie delle cose, il dotto ne vede il fondo. L’ignorante si lascia abbagliare, il dotto apprezza. Cosi il primo effetto del dono di scienza, è, come l’abbiamo indicato, quello di farci discernere con certezza il vero dal falso, il solido dall’immaginario, il vero da ciò che non è che apparente. Il cristiano che lo possiede, sente per istinto la falsità delle obiezioni della empietà contro la religione. Lungi da scuotere la sua fede, questi attacchi provocano in lui il disprezzo, il disgusto e l’orrore. Ai suoi occhi l’uomo, che il Cristianesimo ha tratto fuori dalla barbarie, dall’idolatria della schiavitù e che nega il Cristianesimo, che insulta o che lascia insultare il Cristianesimo, che arrossisce del Cristianesimo, e che lo abbandona, è di tutti gli esseri il più vile e il più odioso, perché è il più ingrato e il più colpevole. – Dinanzi al giudizio fermo e retto di cui è dotato vengono a frangersi, come tante maschere che tolgono ad imprestito, le sottigliezze della menzogna e le arguzie del sofismo. Questo discernimento non fa soltanto giustizia dei sofismi dell’incredulo, ma si oppone altresì ai sofismi del mondo. Il vero cattolico, diretto dallo spirito di scienza, vede chiaramente due cose che nessun altri vede. – La prima è il nulla di tutto ciò che il mondo ama e ricerca. Come il cieco che ha ricuperato la vista, col suo sguardo divinamente illuminato ei penetra da parte a parte la vanità delle ricchezze, degli onori, e dei piaceri: come egli comprende una verità matematica, così comprende che tutte queste cose riunite, non possono più contentare un’anima immortale, creata per Iddio, che l’aria non può satollare una bestia da soma affamata. Per lui, nessuna parola é più vera di quel grido di disperazione del più savio e del più felice dei re: “Vanità delle vanità, e tutto è vanità, disprezzo e afflizione di spirito. [Eccl., I, 2, 10]. – La seconda è l’ammirabile bellezza, la grandezza, l’utilità di tutto ciò che il mondo teme e fugge con tanta premura. Alla luce del dono di scienza ei conosce la perfetta armonia dell’umiliazione, della povertà, del patimento con i bisogni dell’uomo decaduto. Ei gli riceve come il malato riceve il rimedio, che deve salvarlo dalla morte e rendergli la salute; come il negoziante riceve il cliente che viene ad offrirgli in cambio di poche bagattelle, tesori inammissibili. La sua divisa è la parola di san Paolo : «Quelli che erano i miei guadagni gli stimai a causa di Cristo, mie perdite: anzi io giudico che le cose tutte siano perdite rispetto all’eminente cognizione di Gesù Cristo mio Signore, per causa di cui ho giudicato un discapito tutte le cose, e le stimo come spazzatura, per fare acquisto di Cristo. » [Philipp III, 7, 8]. – Il secondo effetto del dono di scienza è di operare sulla volontà e di porre i suoi atti in armonia con i lumi dell’intelletto. Nel cristiano animato dallo spirito di scienza, l’odio dell’errore, dell’eresia, dell’incredulità, del razionalismo non è una scienza speculativa. Con la vigilanza su se medesimo, con 1’allontanamento di qualunque lettura, di qualunque conversazione anticattolica, con l’esempio, con la preghiera, con tutti i mezzi in suo potere, egli oppone una barriera alle bestie selvaggia che infestano il campo della verità. – Tali sono le disposizioni di tutti i giusti, cioè dire, di tutti gli uomini in istato di grazia. In favore di alcuni Dio aggiunge la facoltà superiore di comunicarti la scienza mediante la parola. È ciò che san Paolo appella il discorso della scienza: “sermo scientiae”. L’allievo dello Spirito Santo che ne è dotato, impiega la sua voce e la sua penna, non più solamente a difendersi ma a difendere i suoi fratelli. Veglie, studi, dispendi, fatiche, nulla costa al suo zelo. Cosi alla scienza che uccide, egli oppone la scienza che salva. – Medesima condotta rispetto ad affascinamenti mondani. Se il nulla degli onori, delle ricchezze e dei piaceri gli ispira il disprezzo, il pericolo che essi presentano gli fa prendere in avversione tutto ciò che il mondo stima. È il viandante di notte che inciampa in una grossa borsa. Ei la raccatta e si crede felice, credendo aver trovato un tesoro; ma venuto il giorno, vede che quella borsa è piena di pezzi di vetro e di rettili velenosi, e la getta lungi da sé con sdegno. – Come prende compassione di questa moltitudine tumultuosa che chiamasi mondo! Insensato, che si consuma a perseguitare fantasmi e a tessere tele di ragno, che si irrita per una ingiuria, che si dà alla disperazione per una malattia o per un rovescio di fortuna. Egli, contento della posizione che la Provvidenza gli ha fatta, non desidera punto di uscirne. Se egli è povero, sconosciuto, perseguitato, trovasi felice di questi tratti di rassomiglianza col suo divino Fratello, il Verbo incarnato. Se egli ha delle ricchezze, non vi pone né il suo pensiero, né il suo cuore. Spesso anche, con un atto di sublime follia, egli pone tra sé e i beni pericolosi e lusinghieri di quaggiù, l’insormontabile barriera dei tre voti d’obbedienza, di castità e di povertà. – Il terzo effetto del dono, di scienza è di irraggiare su tutte le scienze umane, di ben situarle, di fecondarle, di nobilitarle e di affermarle. Solo il dotto cristiano afferma; i filosofi pagani non hanno niente affermato. – L’affermazione è di origine cristiana. Farci conoscere scientificamente la fine dell’uomo e del mondo, la natura e l’armonia degli esseri, tale è il privilegio esclusivo dello spirito di scienza. Ora, senza questa conoscenza preventiva, nessuna scienza esiste. Di qui quella parola dei nostri libri sacri: « Vani, cioè dire senza solidità né di spirito, né di cuore, sono tutti gli uomini in cui non è innanzi tutto la scienza di Dio. 1 »1 [Sap., XIII, 1]. – Muti parolai, loquaces muti, aggiunge sant’Agostino, essi sono pieni di parole e vuoti d’idee. Dal canto suo nelle sue Confessioni d’ un rivoluzionario, Proudhon scrive queste parole degne di nota: « È sorprendente che in fondo alla nostra politica ci troviamo sempre la teologia. » Su di che Donoso Cortes cosi si esprime: « Non vi è qui di sorprendente altro che la sorpresa del signor Proudhon. La teologia, per ciò stesso che è la scienza di Dio, è l’oceano che contiene e abbraccia tutte le scienze, siccome Dio è l’oceano che contiene e abbraccia tutte le cose. » [Saggio, ecc., p. 1]. – Ma la teologia suppone il dono di scienza, come il figlio suppone il padre. Colui che lo possiede è teologo, e possiede in germe tutte le scienze. « Difatti, aggiunge Donoso Cortes, possiede la verità politica colui il quale conosce le leggi a cui sono assoggettati i governi; e possiede la verità sociale quegli che conosce le leggi alle quali sono sottomesse le società umane [È lo stesso delle scienze naturali]; conosce queste leggi quello che conosce Dio; e conosce Dio colui che intende ciò che Dio afferma di sé medesimo, e che crede ciò che intende. La scienza che ha per oggetto queste affermazioni è la teologia. Donde ne segue che ogni affermazione relativa alla società o al governo, suppone un’ affermazione relativa a Dio, ovvero, ciò che è la stessa cosa, che ogni verità politica o sociale si converte necessariamente in una verità teologica. – « Se tutto si spiega in Dio e per mezzo di Dio, e se la teologia è la scienza di Dio, nella quale e per la la quale tutto si spiega, la teologia è la scienza di ogni cosa. [Per conseguenza, il principio di ogni sapere è il dono di scienza]. – Ciò essendo, nulla vi è fuori di questa scienza, che non ha plurale, perché il Tutto, che è il suo oggetto, non l’ha. La scienza politica, la scienza sociale non esistono che come tante classificazioni arbitrarie, dell’intelletto umano. L’uomo nella sua debolezza distingue ciò che in Dio è unito dall’unità la più semplice. – Cosi egli distingue le affermazioni politiche dalle affermazioni sociali e dalle affermazioni religiose, mentre in Dio non havvi che un’ unica affermazione indivisibile e sovrana. Colui che parlando esplicitamente di qualche cosa, ignora che egli parla implicitamente di Dio, e chi parlando esplicitamente di qualche scienza, ignora che egli paria implicitamente di teologia, sappia che non ha ricevuto da Dio altro che l’intelligenza assolutamente necessaria per essere uomo. » [Saggio, ecc., p. 1 e 9]. – Grazie al dono di scienza diffuso nel mondo, quante volte i secoli cristiani hanno visto di questi meravigliosi teologi, per conseguenza veri dotti, in tutte le età e in tutte le condizioni! Bernardo, .Francesco d’Assisi, Caterina da Siena, Colette, pastori, lavoratori, fanciulli, senza lettere umane, ma dotati, mi si permetta la parola, del fiore della verità, seppero essi scoprirla con un istinto meraviglioso, parlarne a quando a quando con una semplicità che pareva esser loro naturale, con una forza che trascina le più ribelli convinzioni, con una profondità che stupisce i sapienti, e con un buon senso talmente sicuro, che i loro apprezzamenti divenivano altrettanti assiomi e regole di condotta. – Questo dono prezioso non è perduto. Oggi ancora, dove bisogna cercare la scienza della vita, la rettitudine del giudizio, la certezza delle affermazioni, il colpo d’occhio dell’insieme che riannoda il fine coi mezzi e i mezzi col fine, il senso pratico delle cose, questo gran maestro della vita, come parla Bossuet, non si trova né nelle accademie letterarie, né nelle assemblee politiche, né nei corpi sedicenti dotti, ma presso i veri cristiani. – « La scienza di Dio, continua l’illustre pubblicista spagnolo, dà a chi la possiede, sagacia e forza, perché a un tempo essa aguzza e dilata lo spirito. Ciò che vi è di più mirabile per me nella vita dei santi, e particolarmente in quella dei Padri del deserto, è una circostanza che io credo non sia stata ancora convenientemente apprezzata. L’uomo abituato a conversare con Dio e a esercitarsi nelle contemplazioni divine, a parità di condizioni sorpassa gli altri o per l’intelligenza e la forza della sua ragione, o per la sicurezza del suo giudizio, o per la elevatezza e la forza del suo spirito; ma soprattutto, io credo che nessuno, in pari circostanze, la vinca sugli altri per quel senso pratico e savio che appellasi buon senso. » [ Saggio intorno al Cattolicismo, ec., p. 199]. 3° Qual è la necessità del dono di scienza? Noi l’abbiamo veduto: il dono di scienza ci fa discernere con certezza il vero dal falso, il reale dall’immaginario. Fu egli mai più necessario d’oggidì?In un mondo che nega Dio, che nega Gesù Cristo, che nega la Chiesa, che, proclamando 1’eguaglianza di tutte le religioni, circonda la verità e l’errore in un comune disprezzo, che nega la distinzione assoluta del bene e del male, che chiama progresso ciò che è deviazione, lumi ciò che è tenebre, libertà ciò che è servitù, come discernere il vero dal falso? In un mondo che non vive che per le ricchezze, per gli onori, che conta per nulla i beni dell’anima e dell’eternità, che è giunto sino a trattare di chimera il mondo soprannaturale tutto quanto, come fare a sfuggire a questo generale affascinamento? Non é in mezzo a un tale “Babelismo” che bisogna di continuo guardare il cielo e gridare con lo Spirito Santo: « Illumina gli occhi miei, affinché io non dorma giammai sonno di morte; affinché non dica una volta il mio nemico: io l’ho vinto? » [Ps. XII]. – Questo dovere è tanto più pressante, perché l’uomo si trova posto .nella crudele alternativa di vivere sotto l’impero dello spirito di scienza, o sotto la tirannia dello spirito contrario. Qual’è questo spirito direttamente opposto al dono di scienza? Secondo sant’,Antonino, è il quinto dono di satana che si chiama “Ira”. « Lo spirito di scienza, dice il gran teologo, respinge lo spirito d’ira che impedisce di vedere la verità, che è il fine del dono di scienza. » [“Spiritus scientiae repellit spiritum irae, quae impedit animum ne possit cernere verum, ad quod scientia attendit”. iv p., tit. X, c. L]. – Come la notte succede infallibilmente al giorno, allorquando il sole lascia l’orizzonte; cosi lo spirito d’ira s’impadronisce dell’anima che perde lo spirito di scienza. Questa affermazione sembra strana. Non si vede a prima vista l’opposizione che esiste tra il dono di scienza e l’ira. Per afferrarla bisogna distinguere due sorta d’ira, e ricordarsi degli effetti principali del dono di scienza. – Vi è una collera giusta e santa che non è nient’affatto contraria allo spirito di scienza. Tale fu la collera o meglio l’indignazione di Nostro Signore contro i venditori del tempio: tale la veemenza del predicatore che tuona contro il vizio, o la resistenza energica del proprietario verso il ladro e l’assassino. Una simile collera, se pure essa meriti questo nome, lungi dall’essere contraria al dono di scienza, non è che la scienza armata per difendere con mezzi legittimi, un bene vero: essa non è contraria al dono di scienza, poiché non turba la ragione, né eccede in nulla i limiti della giustizia. – Ma havvi un’altra collera che accusa un fondo di malcontento e d’ irritazione, la quale erompe per cause non legittime, che eccede nei suoi moti, che turba la ragione e che tende a sostituire alla forza del diritto il diritto della forza. Quest’è l’ignoranza armata per la difesa di un bene, o la ripulsa di un male più immaginario che reale. Quanto al dono di scienza, che ha per fine la cognizione ragionata e certa della verità, il suo primo effetto consiste nel comunicare a noi una grande rettitudine di giudizio; questa rettitudine ci fa apprezzare e stimare ogni cosa nel suo giusto valore; poi operando sulla volontà, essa regola i suoi atti sui lumi dell’intelletto perfezionato. – Ora il dono di scienza ci mostra chiaramente, che i beni ed i mali di questo mondo non sono né veri beni né veri mali; che ciò che è .chiamato male dagli uomini, come la povertà, l’umiliazione, il soffrire, non è un male vero; che ciò che è chiamato bene dagli Uomini, come le ricchezze, gli onori, i piaceri non è un bene vero, ma spesso un male e sempre un pericolo. – Il cristiano che, mercé il dono di scienza, sa tutto questo e la cui volontà è all’unisono della sua scienza, ha mille ragioni di non mettersi in collera. Tali sono tra le altre, la sua dignità compromessa, lo scandalo dato, la pace turbata, l’odio partorito, il peccato commesso dall’usurpazione del diritto divino della vendetta. Esso non trova nessuna ragione di mettervisi. E chi potrebbe irritarlo? L’ingiuria? ma essa è di per sé una preziosa sementa di merito. l’ingiustizia, l’ingratitudine? ma egli conosce tutta la miseria umana, e sapendo che egli medesimo ha bisogno d’indulgenza, dice: Padre, perdonate loro, perché essi non sanno ciò che fanno. La perdita di questi beni? Ma egli sa che perdendoli non ha perduto niente del suo; e con la calma di Giobbe dice: Il Signore mi aveva dato, il Signore mi ha tolto: come è piaciuto al Signore, cosi è stato fatto; che il nome del Signore sia benedetto. Così degli altri accidenti che il mondo appella rovesci, calamità, disgrazie. Tale è la serenità dell’anima illuminata dallo spirito di scienza. – Al contrario 1’anima .vuota dello spirito di scienza è subito ripiena dello spirito d’ira. La ragione ne è semplice: quest’anima si fa una falsa idea delle cose. Essendo essa cieca nei suoi apprezzamenti, stima, ama, teme senza regola sicura: per essa i mali sono beni e reciprocamente. – Siccome le è altrettanto impossibile di godere pacificamente, senza contraddizione e senza inquietudine, ciò che appella bene, quanto il non essere ogni giorno esposta a ciò che appella male, cosi essa si turba, mormora, si irrita, respinge con violenza ciò che reca offesa alla sua felicità; insomma essa cade sotto l’impero dell’ira; vi cade per un’idea falsa del suo diritto, o per un apprezzamento inesatto dei beni e dei mali. – Ciò è talmente vero, che in tutte le lingue l’ira riceve l’epiteto di cieca; niente è meglio applicato. L’ira, figlia dell’ignoranza, impedisce all’uomo di ragionare. In lui, la face della ragione si oscura e fa luogo alla forza. La vita si concentra sulle labbra che ingiuriano, in cima al piede che colpisce, o nel pugno che atterra. [“Ira dicitur esse janua vitiorum…. Removendo prohibens, id est impediendo judicium rationis, per quod homo retrahitur a malis”. S. Th. 2a, 2ae, q. 158, art. 6, ad 3]. – Ciò che è vero dell’ individuo, è vero eziandio dei popoli, vero dell’umanità. Ritirate dalla terra il dono di scienza, che cosa avrete voi? L’ignoranza dei veri beni e dei veri mali, e con l’ignoranza l’ira, e con l’ ira la guerra. Che cosa è la guerra ? … è  l’ira dei re e dei popoli. – Perché il mondo pagano fu egli sempre in guerra? Perché fu sempre in collera. Perché sempre in colletta? Perché il dono di scienza gli mancava. Tutta la sua esistenza è stata definita da san Paolo: i tempi d’ignoranza, “tempora ignorantiae”. Come cieco estimatore, egli si appassionò costantemente pei falsi beni: sempre in armi per conquistarli o per difenderli. Per la stessa legione la guerra, nell’ordine delle idee, non fu meno viva né meno permanente della guerra nell’ordine dei fatti. – Questa ignoranza fece perire il mondo dei Cesari, come essa avea fatto perire il mondo dei giganti. [“Ibi fuerant gigantes…. statura magna, scientes bellum;. .. et quoniam non habuerunt sapientiam perierunt propter suam insipientiam”. Baruch, III, 26, 28]. – Perché da quattro secoli in qua il. mondo moderno è in guerra intellettuale e materiale? Perché non cessa dì essere in collera. Perché ciò? Perché gli manca il dono di scienza. Mancandogli questo dono, la sua stima delle cose diventa pagana, i suoi apprezzamenti pagani, i suoi giudizi pagani: le sue affezioni, le sue tendenze, le sue affermazioni e le sue negazioni, sono pagane. Visto altrimenti che alla superficie, che cosa è questa spaventosa confusione di cui siamo testimoni? secondo la profonda parola della Scrittura, non è altro che la gran guerra dell’ignoranza, “magnum inscientiae bellum”. [Sap. XIV, 22]. – Guerra delle idee, perché manca la scienza divina; guerra degli interessi, perché la cieca passione dei beni terreni succede all’amore dei beni spirituali: guerra dell’uomo contro Dio, perché non conosce più la verità; guerra dell’ uomo contro l’uomo, perché non conosce più la verità; guerra di tutti contro tutti, che finirà con catastrofi ignote, a meno che essa non sia fermata dallo spirito di scienza, regnando nella pienezza della sua luce e della sua forza. Metter fine ad un simile flagello, scongiurare simili disgrazie non è nulla?. Ecco pertanto il servizio che solo può rendere al mondo il quinto dono dello Spirito Santo.