Il cavaliere Kadosh Achille Lienart
Il nostro cavaliere kadosh, che nella loggia giura “Adonay nokem” e che maledice benedicendo, secondo quanto Malachia trascrive nel suo libro che, lo ricordiamo solo per inciso, è parola di Dio, è indubbiamente un censurato ed uno scomunicato, e proprio di quelli D.O.C. Leggiamo allora dalla nostra inseparabile Enciclopedia Cattolica cosa viene riportato alla voce “SCOMUNICA”, vol. XI, col. 145 e segg. Al punto II c’è scritto: “Il CIC definisce ancora la scomunica (s.) [2257, par.1]: “la censura che esclude il punito dalla comunione dei fedeli e che produce gli effetti elencati nei canoni seguenti” (cann. 2258 – 67). Ma la separazione dello scomunicato dalla comunione dei fedeli è più un ricordo del passato che una realtà effettiva: il vescovo scomunicato, ad es., continua ad essere il capo della propria diocesi con tutti i diritti inerenti. – (…) Scomunica: Effetti. – Neppure è esatto che la scomunica produce effetti inseparabili e che essi vengono elencati nei cann. 2258-67. Gli effetti della scomunica sono molteplici e vengono sanciti in numerosi canoni, che non fanno parte del diritto penale. Essi poi sono più o meno gravi, secondo che la scomunica sia semplicemente incorsa, divenga notoria, sia inflitta o dichiarata con sentenza o decreto penale; gravissimi se lo scomunicato viene dichiarato « vitando ». A “qualsiasi” scomunicato è vietato di: a) ricevere i Sacramenti; b) fare e amministrare i Sacramenti e i sacramentali; c) assistere agli Uffici divini; d) porre gli atti legittimi ecclesiastici, di cui al can. 2256, n. 2 ° ; e) esercitare le funzioni inerenti ad un ufficio o incarico ecclesiastico; ) usufruire di un privilegio ecclesiastico ; g) eleggere, presentare, nominare; h) conseguire dignità, uffici, benefici, pensioni ed incarichi nella Chiesa; i ) porre atti di giurisdizione ecclesiastica. Egli non partecipa delle indulgenze, suffragi e preghiere pubbliche della Chiesa. Se viola la censura, ponendo un atto di ordine, riservato ai chierici in sacris, diviene irregolare (can. 985, n. 70 ) . Se poi persiste per un anno intero nella contumacia, è sospetto di eresia (can. 2340 §1), a tutti gli effetti di legge. Se il fedele è notoriamente incorso nella scomunica non può lecitamente fungere da padrino nel Battesimo (can. 766, n. 20) e nella Cresima (can. 796, n. 30 combinato col can. 766, n. 2°); inoltre non può essere scusato dall’osservanza della censura per evitare l’infamia (can. 2232 §1, ultimo comma), né assolto dal semplice confessore, nei casi urgenti, dalla censura, se riservata, a norma del can. 2254 §1, primo comma; infine gli deve essere impedita l’assistenza attiva agli Uffici divini (can. 2259 § 2, ultimo comma). Se poi è stato scomunicato o dichiarato tale con sentenza o precetto penale non può lecitamente ricevere neppure i sacramentali (can. 2260 §1, secondo comma); validamente fungere da padrino nel Battesimo o nella Cresima, essere nominato arbitro ( can. 1931, primo comma), esercitare il diritto di elettorato attivo, presentazione o designazione, porre atti di giurisdizione (can. 2264, secondo comma), ottenere una grazia pontificia, se nel rescritto non viene fatta menzione della s.: perde la capacità di conseguire dignità, uffici, benefici ed incarichi nelle Chiese, di ottenere pensioni ecclesiastiche (can. 2265 §1, 2° combinato col § 2), e di acquistare il diritto di patronato (can. 1453 §1, ultimo comma ). Inoltre egli rimane privato dei frutti della dignità, uffici, benefici, pensioni ed incarichi, se ne abbia precedentemente conseguito qualcuno (can. 2266). Personalmente può stare in giudizio solo per impugnare la giustizia o la legittimità della scomunica inflittagli; per mezzo di un procuratore per scongiurare un pericolo che sovrasti al bene della sua anima; nel resto è privo della capacità processuale (can. 1654,§1). Se muore, senza aver dato segni di penitenza, gli deve essere negata la sepoltura ecclesiastica (can. 1240 § 1,2°) con tutte le conseguenze di legge (can. 1241). E se, nonostante tale divieto, egli viene seppellito nel luogo sacro, questo rimane profanato (can. 1172 §1, 4° e 1207). Allo scomunicato « vitando » infine, cioè a colui che sia stato dichiarato tale in una sentenza o decreto di condanna, pronunciati dalla S. Sede e pubblicati nelle forme stabilite dalla legge, e al reo di ingiuria reale sulla persona del Sommo Pontefice (can. 2258 § 2), deve essere impedito di assistere alla sacre funzioni, e se riesce impossibile allontanarlo, queste ordinariamente non possono aver luogo o essere continuate (can. 2259, § 2, I comma). – Egli rimane privato non solo dei frutti, ma delle stesse dignità, benefici, uffici o incarichi ecclesiastici (can. 2266, ultimo comma) . È permesso aver relazioni con lui nelle cose di ordine temporale solo ai genitori, al coniuge, ai figli, ai dipendenti e a coloro che abbiano un giusto motivo di farlo (can. 2267). Gravi pene sono comminate ai suoi correi, complici, e ai chierici, che lo ammettono alle sacre funzioni (can. 2338 § 2) . – 2. Comparazioni con le altre censure. — È facile cogliere le profonde differenze tra la scomunica e le altre censure: l’interdetto e la sospensione. La prima esclude il punito dalla comunione dei fedeli, sia pure nei limiti indicati di sopra; il secondo invece vieta soltanto alcuni atti della comunione, i quali sono diversi a seconda della specie dell’interdetto; la sospensione poi, i cui effetti sono separabili e quasi sempre separati, proibisce soltanto l’esercizio della potestà ecclesiastica, inerente all’ufficio o beneficio. Inoltre la scomunica è sempre censura, mentre l’interdetto e la sospensione possono essere anche pena vendicativa (v .). Infine la scomunica può colpire soltanto le persone fisiche, pertanto se viene inflitta ad un corpo morale soltanto i singoli colpevoli sono tenuti a sottostare ad essa. Invece la sospensione può colpire sia una persona fisica che morale collegiale e l’interdetto anche un luogo (can. 2255 § p. 2). – 3. Riserva e assoluzione della scomunica – Nel CIC sono comminate 37 s., di esse sono riservate alla S. Sede 4 specialissimo modo, 11 speciali modo, 11 simpliciter, all’Ordinario 6 e 5 non sono riservate. – Le prime colpiscono i seguenti gravissimi delitti: 1) profanazione delle Sacre Specie (can. 2320); 2) ingiuria reale sulla persona del Sommo Pontefice (can. 2343 § 1°); 3) assoluzione del complice nel peccato d’impudicizia semplice o qualificata (can. 2367); 4) violazione diretta del sigillo sacramentale (can. 2369 § 1, comma 1). Le seconde ordinariamente sono comminate ai rei di delitti contro la fede o che comunque fanno presumere la mancanza di fede nel colpevole, e in specie dei seguenti: 1) apostasia, eresia e scisma (can. 2314); 2) edizione, difesa, ritenzione e lettura dei libri che p r o pugnano l’apostasia o lo scisma (can. 2318 § 1); 3) simulazione della celebrazione della S. Messa e dell’amministrazione del sacramento della Penitenza da parte di uno che non sia sacerdote (can. 2322, n. 1°); 4 ) ricorso al concilio universale avverso leggi, decreti e ordini del Sommo Pontefice vivente (can. 2332 ); 5) ricorso al potere secolare per impedire l’emanazione, la promulgazione o l’esecuzione di atti della S. Sede o dei suoi legati (can. 2333); 6) emanazione di leggi, ordini o decreti lesivi della libertà o dei diritti della Chiesa; l’impedire, facendo ricorso al potere secolare, l’esercizio della giurisdizione ecclesiastica (can. 2334); 7) il convenire davanti ad un giudice laico un cardinale, un legato della S. Sede, un ufficiale maggiore della Curia Romana (assessori, segretari, sottosegretari o sostituti delle SS. Congregazioni ed altri prelati ad essi equiparati) per atti del loro ufficio, e il proprio Ordinario (can. 2341,1 comma); 8) ingiuria reale sulla persona di un cardinale o di un legato del Sommo Pontefice (can. 2343 § 2, 1°); 9) usurpazione o detenzione di beni o di diritti della Chiesa Romana (can. 2345); 10) contraffazione o alterazione di lettere, decreti o rescritti della S. Sede ed uso doloso di essi (can. 2360 § 1 ) ; 11) calunniosa denunzia ai superiori di un confessore per sollecitazione (can. 2363). – Le simpliciter riservate colpiscono i seguenti delitti: 1) traffico sacrilego delle indulgenze (can. 2327); 2) iscrizioni alla massoneria o ad associazioni affini (can. 2335); 3) assoluzione, data con dolo senza la necessaria facoltà, di una scomunica riservata specialissimo o speciali modo alla S. Sede (can. 2338 § 1 ) ; 4 ) correità o complicità in un delitto per cui uno viene dichiarato scomunicato « vitando », sua ammissione a prendere parte agli uffici divini o comunicazione in divinis con lui, consapevole e spontanea da parte di un chierico (can. 2338 § 2) ; 5) il convenire davanti ad un giudice laico un vescovo che non sia il proprio Ordinario, un abate o prelato nullius, o un superiore generale di un istituto religioso di diritto pontificio (can. 2341, comma 11); 6) violazione della clausura delle monache o dei regolari e illegittima uscita delle prime dal monastero (can. 2342, nn. 1 °, 2 °, 30); 7) usurpazione o distrazione di beni ecclesiastici (can. 2346) ; 8) duello (c a n. 2351 § 1); 9) Matrimonio attentato da chierici in sacris (vescovi, sacerdoti, diaconi, suddiaconi), e da regolari o monache che abbiano emesso la professione solenne (can. 2388 § 1); 10) simonia circa gli uffici, i benefici e le dignità ecclesiastici (can. 2392, n. i °); 11) sottrazione, distruzione, occultamento o alterazione di un documento appartenente alla Curia vescovile (can. 2405). – (…) Certo ci vuole un po’ di pazienza per districarsi tra i canoni, ma chi vuole vedere, ne ha abbastanza per farsi un’idea chiara di censure e scomuniche, e come molti di essi si possano tranquillamente applicare al nostro cavaliere e ai suoi figliocci”. L’unica sottolineatura è quella che riguarda il canone 2343, nel quale è detto: “Chi usa violenza contro il Papa, incorre la scomunica in modo specialissimo riservata alla Sede Apostolica; è infame e se chierico, deve degradarsi; ( … ) sarà privato di benefici, uffici, dignità, pensioni o incarichi … Ora è lecito chiedersi: “ma uno che giura morte solennemente al Papa, con patto di sangue con lucifero, è o non è uno che usa violenza contro il Papa? Qui non stiamo parlando di un massone muratore apprendista di basso grado, bensì di un “cavaliere kadosh” 30° grado, che ha giurato fedeltà eterna a lucifero, e di cui abbiamo potuto costatare il grado di infamia che raggiunto con l’investitura, non c’è alcuna scappatoia, replica, mancata consapevolezza, ignoranze o inganni, qui è tutto alla luce del sole. Calpestare la tiara Papale, colpire con un pugnale un cranio ricoperto dalla tiara, è forse onorare il Cristo in terra? … fargli i complimenti, augurargli ogni bene? Oppure formalmente è violenza e della peggiore, partorita da un odio feroce contro il successore di Pietro, e pronto a tutto anche materialmente? Lasciamo il giudizio a chi ha lumi maggiori dei nostri, in modo da darci spiegazioni convincenti, argomentando magari dal Magistero cattolico. Può darsi che ci sia qualche bolla o enciclica sfuggita al nostro esame … chissà i soloni pseudo teologi forse l’hanno salvata dalle sforbiciate e occultamenti operati dal magistero gallicano, fallibilista, sedevacantista e … chi più ne ha più ne metta! – Una volta assodato questo punto ci chiediamo se il continuare ad esercitare “in sacris” pur essendo “ipso facto” censurato, scomunicato etc. etc., non sia per caso un sacrilegio? Nel dubbio atroce che ci assale, cambiamo volume della succitata Enciclopedia e andiamo alla voce: SACRILEGIO. [col. 1598, 1599, vol X]: È il trattamento irriverente o la profanazione di una cosa sacra. Nella definizione data, si intende per “cosa sacra” non solo quanto di materiale viene messo in relazione con Dio, come oggetti e luoghi, ma anche le stesse persone consacrate a Dio. (…. ). È noto infatti che Gesù Cristo stesso rese sacre alcune cose, quali, ad esempio i Sacramenti e i ministri dell’altare; altre invece le rese sacre la Chiesa. È evidente che il carattere sacro è più intrinseco nelle prime che nelle seconde. (…) il sacrilegio è peccato ex genere suo, grave. Esso ha una propria e intrinseca malizia distinta dalla malizia di ogni altro peccato e pertanto chi, ad es. ruba oggetti sacri commette un doppio peccato, ossia di furto e di sacrilegio. Parimenti che uccide una persona consacrata commette un omicidio ed un sacrilegio. [chi fa sacrilegio perché riceve illecitamente una consacrazione, commette peccato di furto-usurpazione, e sacrilegio –ndr.-]. Il sacrilegio stesso però ammette tre forme specificamente distinte secondo l’oggetto diverso a cui si dirige la profanazione in: s. personale, s. locale e s. reale. [qui a noi interessa in particolare l’ultima tipologia]; (…) IV. Sacrilegio REALE. – Si ha per profanazione di cose sacre diverse dalle persone e dai luoghi. La gravità dei vari sacrilegi reali ha molte gradazioni: altro è una grave profanazione dell’Eucarestia, altro il ridurre a uso profano per breve tempo una veste benedetta, ad es. un manipolo. I modi principali con i quali si commette sacrilegio reale sono l’indegna amministrazione dei Sacramenti, l’indegno accostarsi ad essi, la profanazione delle reliquie o immagini di santi, (etc. … ). – Vediamo cosa ne pensa il Dottore Angelico. Nella Summa c’è un’ampia trattazione della materia: II-II Q. 99: ARGOMENTO 99 IL SACRILEGIO. In particolare si evince che: “… E così tutte le mancanze di rispetto verso le cose sacre costituiscono un‘ingiuria verso Dio, e hanno natura di sacrilegio. [II-II, Q. 99 Art. 1-3]. – “In contrario: Il sacrilegio si contrappone a una virtù specificamente distinta, cioè alla religione, la quale ha il compito di rendere a Dio e alle cose divine l‘onore dovuto. Quindi il sacrilegio è un peccato specifico”. [ibid. a. 2, 3,) – “E così con qualsiasi genere di peccato uno agisca contro l‘onore dovuto alle cose sacre, commette formalmente un sacrilegio, anche se materialmente si tratta di peccati di genere diverso”. [ibid. a2, 2] “E anche la terza specie del sacrilegio, cioè la violazione delle cose sacre, presenta gradi diversi, secondo la differenza delle cose sacre. Tra queste occupano il primo posto i sacramenti, che servono a santificare gli uomini: e il principale dei sacramenti è il sacramento dell‘Eucaristia, che contiene Cristo medesimo”. [II-II, Q.99 a.3, 3]. Da par suo l’Aquinate tratta l’argomento in modo esauriente e chiaro, per cui, quanto per brevità non abbiamo riportato qui, può essere facilmente consultato da ognuno. Quello che a noi interessa però in particolare è questo: un illecito, che in giurisprudenza si chiama “delitto” o “reato”, in materia religiosa si chiama “sacrilegio”, e per questo, come per tutti i reati, la Chiesa dispone delle pene, la principale delle quali è come visto la scomunica. Pertanto una consacrazione illecita, o qualunque altro Sacramento illecitamente conferito, ancor più se validamente, è un atto sacrilego, che produce materia o persona altrettanto sacrilega, che a sua volta opera in modo sacrilego con atti non più santificanti, benzì offensivi della Maestà divina, a Dio sommamente sgraditi, che non conferiscono la grazia santificante, anzi la impediscono. Ecco allora che il cardinale cavaliere kadosh Lienart, nella ordinazione sacrilega di sacerdoti e vescovi ha realizzato la profezia di Malachia:
et maledicam benedictionibus vestris, et maledicam illis
Cambierò in maledizioni le vostre benedizioni! LE MALEDIRO’!!!
Quindi, anche se lo pseudo-cardinale Achille Lienart non era stato canonicamente sancito, e non appariva un “vitando” esternamente; in foro interno era ben scomunicato, perché oltretutto agente dell’anti-Chiesa Cattolica, per cui non poteva ricevere l’ordine, essendo già maestro massone e 18° livello cavaliere “Rosa Croce” ed ancora peggio, 30° livello cavaliere kadosh [cosa ben risaputa da Lefebvre e associazioni a lui ispirate], e ovviamente non poteva trasmetterlo a nessun altro, anche se la cerimonia veniva fatta materialmente con tutti i canoni previsti. “Nessuno può dare ad un altro ciò che non possiede”: non possedendo l’ordine, Lienart non poteva naturalmente trasmetterlo, ed il suo “episcopato usurpato”, non era valido né trasmissibile, ad essere benevoli, semplicemente sacrilego! – Ma finiamo, se qualcuno avesse ancora dei dubbi, con la bolla “Cum ex Apostolatus Officio”(1559), documento inoppugnabile ed irreformabile del Magistero della Chiesa, di S.S. Papa Paolo IV, che non si è inventato nulla di nuovo, confermando le bolle di Niccolò III (Noverim), Bonifacio VIII (Felicis) Giulio III (lettera dell’8.3.1554) ed i decreti del Concilio di Costanza, e confermato successivamente a sua volta, rincarando la dose per gli irriducibili che si servono del Magistero a loro uso e consumo, da S.S. Papa S. Pio V nella bolla “Inter multiplices curas”del 21-XII-1566, a sottolinearne la reale PERPETUA efficacia, vera “mina vagante” ad effetto dirompente per eretici modernisti di ogni risma, compresi i “falsi” tradizionalisti (in realtà modernisti a “marcia ridotta”), che non sanno più che cosa inventarsi per boicottarla ed occultarla: a noi, forse perché “naif” o semplici come colombe, sembra chiarissima! Ne diamo uno stralcio: Papa Paolo IV, Cum Ex Apostolatus Officio”, 1559 Ex Cathedra: “Emaniamo, determiniamo, decretiamo e definiamo e “ … Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se agisce in qualità di arcivescovo o di patriarca o primate od un Cardinale di Romana Chiesa, come detto, od un legato, oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a Cardinale od alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia (o fosse incorso in uno scisma o lo abbia suscitato), sia nulla, non valida e senza alcun valore (“nulla, irrita et inanis esista”), la sua promozione od elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i Cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del governo e dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione (adoratio) dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza a lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica, né essa potrebbe in alcuna sua parte essere ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire una facoltà nulla, per amministrare (“nullam … facultatem”) a tali persone promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come Cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma difettino di qualsiasi forza (“viribus careant”) tutte e ciascuna (omnia et singula) di qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto (nullam prorsus firmitatem nec ius), e le persone stesse che fossero state così promosse od elevate, siano per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di una ulteriore dichiarazione (absque aliqua desuper facienda declaratione), private (sint privati) di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere (auctoritate, officio et potestate)”. – Al punto 3 della bolla di S. Pio V si dice ancora in modo chiaro, esplicito ed inconfutabile: “ … 3) ed inoltre rifacendosi al felice esempio del nostro predecessore Papa Paolo IV, rinnoviamo e confermiamo un’altra volta il decreto contro gli eretici e gli scismatici, pubblicato a Roma presso S. Pietro dallo stesso Paolo nostro predecessore nell’anno 1558 dell’incarnazione del Signore, il 15 febbraio, anno quarto del suo pontificato. Tale decreto rinnoviamo e confermiamo e vogliamo e comandiamo che sia osservato in maniera precisa e inviolabile! . (Et insuper, vestigiis felicis recordationis Pauli Papae IV, praedecessoris nostri, inhaerendo, constitutionem alias contra haereticos et schismaticos per eumdem Paulum praedecessorem, sub data vide licet Romaese apud Sanctum Petrum, anno incarnationis dominicae millesimo quingentesimo quinquagesimo octavo, quinto decimo kalendas martii, pontificatus sui anno IV, editam, tenore praesentium renovamus et etiam confirmamus, illamque inviolabiter et ad unguem observari volumus et mandamus, iuxta illius seriem atque tenorem.)
La faccenda, per quanto ci riguarda è così definitivamente chiusa, proprio perché è contemplato il caso specifico qui preso in esame: “ … se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se agisce in qualità di “Arcivescovo” (manca solo: “in qualità di Arcivescovo di Lille”!- n.d.r. -) ( …) avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia (nel caso esaminato ce n’è abbastanza in tema di deviazioni, eresie, anatemi e via discorrendo, per uno che aderiva alla Massoneria già al 18° livello – [uno dei più nefandi e satanici, ove si insegna che la parola persa e ritrovata è INRI: Igne Renovatur Natura Integra, – la Natura intera è rinnovata con il fuoco –, ove le agapi rosacrociane sono accompagnate da numerosi sacrilegi, e si compiono sacrifici cruenti a lucifero, tra cui quello di un agnello coronato di spine e con le zampe perforate da chiodi, immagine del Signore Gesù Cristo, agnello a cui viene mozzata la testa e gli arti che vengono poi bruciati ed offerti a lucifero – quindi in piena consapevolezza! alla “consacrazione sacerdotale”, e addirittura al 30° – quello del Cavaliere Kadosh, [nel quale si giura odio e morte al re e al Papa, si adora il baphomet con l’incenso offerto a lucifero, livello quindi di assoluta consapevolezza dei veri scopi della massoneria, e che prelude al “passaggio in astrale”(*) – prima della “pseudo-consacrazione” episcopale) …. neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del governo e dell’amministrazione, (….) o per l’obbedienza a lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica, né essa potrebbe in alcuna sua parte essere ritenuta legittima (….) e si giudichi aver attribuito od attribuire una “facoltà nulla, per amministrare” (“nullam … facultatem”) a tali persone promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come Cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma difettino di qualsiasi forza (“viribus careant”) tutte e ciascuna (omnia et singula) di qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto (nullam prorsus firmitatem nec ius), e le persone stesse che fossero state così promosse od elevate, siano per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di una ulteriore dichiarazione (absque aliqua desuper facienda declaratione), private (sint privati) di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere (auctoritate, officio et potestate). – L’operato anche sacramentale della Fraternità o di altre chiesuole abusive scismatiche, ad essere indulgenti ed infantili, diventa quantomeno dubbio o comunque di “probabilità”, ma … l’orologio svizzero del Magistero anche per questo ha una regola …
Punto chiave della teologia morale è: “In caso di dubbio, ASTENERSI”.
[Henry Davis, S.J.: “Teologia morale e pastorale”; Londra: Sheed & Ward, 1935 Volume III, pag. 27]
L’UTILIZZO DEI PARERI PROBABILI [CAPO VII, SEZIONE I: Opinioni probabili di Validità]. – Nel conferire i Sacramenti (così come anche nella consacrazione nella Messa) non è mai permesso adottare una probabile linea di condotta per la validità, ed abbandonare il corso più sicuro. Il contrario è stato esplicitamente condannato da Papa Innocenzo XI. Fare ciò sarebbe un grave peccato contro la religione, cioè un atto di irriverenza verso ciò che Cristo nostro Signore ha istituito, sarebbe un grave peccato contro la carità, quindi il destinatario sarebbe probabilmente privato delle grazie e dell’effetto del Sacramento; sarebbe un grave peccato contro la giustizia, poiché il destinatario ha diritto a Sacramenti validi, ogni volta che il ministro, sia d’ufficio o no, si impegna a conferire un sacramento. Nei Sacramenti necessari non vi è alcun dubbio circa il triplo peccato; nei Sacramenti che non sono indispensabili ci sarà comunque sempre il sacrilegio grave contro la religione!
“E’ una grave responsabilità di tutti i cattolici dimostrare a se stessi che i sacramenti che frequentano siano leciti [legale] agli occhi della Chiesa di Cristo, perché se i cattolici si avvicinano ai Sacramenti senza sapere per certo che i ministri hanno sia validi ordini sacri, sia ordini che sono stati dati con approvazione canonica [autorizzazioni alla pratica], si mettono fuori della Chiesa. ”
Il Magistero espressamente dichiara: che [Il seguente errore è] condannato da un decreto del Sant’Uffizio, del 4 marzo 1679: “Non è lecito nel conferire sacramenti seguire un parere probabile per quanto riguarda il valore del sacramento, abbandonando il parere più sicuro, a meno che non lo vieti la legge, le convenzioni o il pericolo di incorrere in danni gravi. Pertanto non si dovrebbe fare uso di pareri probabili nel conferimento del battesimo, degli ordini sacerdotali, o episcopali.” (Denzinger n.1151). Innocenzo XI (1676-1689). – Se poi qualcuno dovesse dire che queste bolle sono stagionate (ammesso che ciò che lega e scioglie un Papa non abbia carattere definitivo ed eterno!) ci conforta la Enciclica di Pio IX, “Graves ac diuturnae” (23 marzo 1875) emessa come condanna per i veterocattolici, ma estesa anche a tutti “coloro che operano senza missione e giurisdizione”: … Siccome poi fu sempre proprio e peculiare degli eretici e degli scismatici l’usare simulazione ed inganni; così questi Figli delle tenebre (…) nulla hanno maggiormente a cuore che d’ingannare gl’incauti e gl’ignoranti, e trarli negli errori con la simulazione e l’ipocrisia, ripetendo pubblicamente che non respingono la Chiesa cattolica e il suo Capo visibile, ma anzi desiderano la purezza della dottrina cattolica, e sono essi soli cattolici ed eredi dell’antica fede. Di fatto essi non vogliono riconoscere tutte le prerogative del Vicario di Cristo in terra, né sono ossequienti al supremo magistero di Lui. ( …) che dal vecchio sacco degli eretici ha estratto tanti errori contro i sovrani principi della fede cattolica, rovescia i fondamenti della religione cattolica, impudentemente respinge le dogmatiche definizioni del Concilio Ecumenico Vaticano, e in tanti modi lavora per la rovina delle anime ( …) sono segregati dalla comunione della Chiesa e devono ritenersi scismatici ( …) che si guardino con ogni attenzione da quegl’insidiosi nemici del gregge di Cristo e dai loro pascoli velenosi; rifuggano assolutamente dai loro riti religiosi, dalle istruzioni, dalle cattedre di pestilenza, erette per insegnare impunemente le sacre dottrine; dai loro scritti e da qualunque contatto; non sopportino alcuna convivenza e relazione coi preti intrusi ed apostati dalla fede, i quali osano esercitare gli uffici del ministero ecclesiastico, e sono privi di legittima missione e di qualsiasi giurisdizione; aborriscano dai medesimi come da estranei e da ladri, i quali vengono solo per rubare, per uccidere, per rovinare. Infatti i Figli della Chiesa debbono pensare che si tratta di custodire il preziosissimo tesoro della fede, senza la quale è impossibile piacere a Dio, ed insieme di conseguire il fine della fede, la salvezza delle anime proprie, seguendo la retta via della giustizia. Ed a chi invoca uno “stato di necessità ha risposto bene Pio XII in “Ad apostolorum principis” : “… quando vorrebbero giustificarsi invocando la necessità di provvedere alla cura delle anime nelle diocesi prive della presenza del loro vescovo? (…) È evidente, anzitutto, che non si provvede ai bisogni spirituali dei fedeli con la violazione delle leggi della Chiesa. In secondo luogo, non si tratta – come si vorrebbe far credere – di diocesi vacanti…
Considerazioni finali
I “nemici di tutti gli uomini”, quelli che hanno per padre il diavolo, gnostici-marrani, nel tentativo di distruggere la Chiesa Cattolica, hanno progettato da secoli una tenaglia a due ganasce, sapendo che le novità dei novatori para- e post-conciliari avrebbero prodotto una scissione nei fedeli, generando così due “anelli”: quello dei progrediti – a loro dire – (modernisti), e quello dei “retrogradi”, tradizionalisti. La ganascia dei “progrediti”, che è la setta apostatica conciliare-modernista, ha occupato quasi tutte le posizioni della Chiesa Cattolica, dalla carica più alta a quella più infima, e praticamente tutte le giurisdizioni territoriali dell’orbe. Ma sarebbero pur sempre rimasti i “retrogradi”, i cattolici integrali, i “fanatici” reazionari legati alla tradizione apostolica, al Magistero millenario della Chiesa, ed alla Messa di sempre, sancita dal Concilio Tridentino e da S.S. il Papa S. Pio V. Nessun problema signori, basta mettere un po’ la testa sotto terra, come gli struzzi, e voilà … il gioco è fatto: si è provveduto a “generare” una piccola serie di chiesuole o movimenti tradizionalisti e formalmente sedevacantisti, anche se fintamente sedeplenisti, ( … obbediscono infatti solo a se stessi), che fanno capo alla più numerosa, foraggiata e trainante tra esse: la FSSPX alla cui testa ci sono non-vescovi invalidamente e sacrilegamente consacrati senza giurisdizione e missione manco a parlarne.
Per distruggere la Chiesa (ove mai fosse possibile!) occorreva abbattere sì, la Messa, ma pure i Sacramenti, e soprattutto la Gerarchia dispensatrice dei Sacramenti ed officiante il Culto divino. Così i modernisti-conciliari, dopo aver sostituito la Santa Messa con un abominevole culto del baphomet (il cabalistico “signore dell’universo”), hanno attuato il progetto abbatti-Gerarchia), modificando la forma della consacrazione episcopale che, resa così invalida, ha impedito dal 1968 la formazione di nuovi “veri” vescovi, e di conseguenza di “veri” sacerdoti. Attualmente nelle chiese cattoliche moderniste viene praticato un culto falso da chierici totalmente “falsi”, con sacramenti fasulli e sacrileghi, fatto salvo qualche stagionato ottuagenario, consacrato nel lontano passato da un vero Vescovo. Restava però il problema di come fare per convincere i retrogradi legati a doppio filo al precetto domenicale, alla Messa di sempre, quella del Messale Romano tradizionale. Qui, non potendo ovviamente taroccare apportando modifiche alla Messa, le “ruspe” di demolizione, hanno pianificato una “gerarchia” nata da un massone di alto grado, un cavaliere kadosh, appunto, tale già prima della sua invalida consacrazione, gerarchia “rigenerantesi” e perpetuantesi invalidamente e sacrilegamente. Quindi agli sventurati ignari fedeli viene propinata una Messa vera nel testo, ma officiata da sacerdoti invalidamente consacrati, e sacrileghi che conferiscono sacramenti sacrileghi, che tolgono la grazia santificante. In tal modo sono state approntate, nel silenzio, nella ignoranza o (che Iddio non voglia) nella connivenza più o meno consapevole, le due ganasce della tenaglia capace di strozzare anche il Cattolico più “ostinato”. A questo punto non ci resta che invocare la Vergine Maria, ed il Signore Nostro Gesù Cristo:
“Exsurgat Deus et dissipentur inimici eius”!