LA DOTTRINA SPIRITUALE TRINITARIA (2)

M. M. PHILIPPON

LA DOTTRINA SPIRITUALE DI SUOR ELISABETTA DELLA TRINITÀ (2)

Prefazione del P. Garrigou-Lagrange

SESTA RISTAMPA

Morcelliana ed. Brescia, 1957.

INTRODUZIONE

«Uno sguardo di teologo sopra una anima e una dottrina ».

I Ricordi che contengono la narrazione della vita e numerosi scritti di suor Elisabetta della Trinità, appena pubblicati, si sono diffusi in Francia, pur senza chiassosa propaganda, con una rapidità straordinaria: più di novantamila copie in meno di trent’anni; senza contare una dozzina di traduzioni in lingue straniere. Se ne sta compiendo, ora, anche la versione in cinese. Inoltre, innumerevoli testimonianze di riconoscenza sono giunte al Carmelo di Digione, dopo la lettura dei Ricordi, da tutte le parti del mondo e dagli ambienti più diversi: da semplici Cristiani, da anime religiose e contemplative, soprattutto, da numerosi sacerdoti e seminaristi, da eminenti teologi, da membri notevoli dell’Episcopato.

Nota – Ecco la date più importanti della sua vita:

Nata a Bourges il 18 luglio 1880

Battezzata il 22 luglio 1880. 1903.

Prima Comunione: 19 aprile 1891.

Prime grazie mistiche: ritiro del  gennaio 1899,

Entrata al Carmelo: 2 agosto 1901.

Vestizione: 8 dicembre 1901.

Professione perpetua: Epifania 1903

Entrata nella infermeria: marzo 1906

Sua Eminenza il Cardinale Mercier, nel suo viaggio di ritorno da Roma dopo la canonizzazione di santa Giovanna d’Arco, volle fermarsi in pellegrinaggio al Carmelo di Digione. Quando gli fu mostrato, al capitolo, un ritratto di suor Elisabetta della Trinità, chiese:

— Quanto tempo trascorse al Carmelo?

— Cinque anni, Eminenza — rispose la Madre Priora. E il Cardinale, abbozzando un sorriso: — Si diventa sante in fretta, qui. Entrando poi nella celletta della giovane carmelitana, trasformata in oratorio, lo stesso pensiero tornò sulle sue labbra: — Ha fatto presto, lei, a diventar santa; mentre noi ci trasciniamo. E i Ricordi furono, a più riprese, per l’illustre e santo Prelato, il suo libro preferito. In una riunione sacerdotale, raccomandandolo vivamente, espresse il desiderio che esso si trovasse nella biblioteca di tutti i suoi sacerdoti. A quali cause va attribuita una tale irradiazione? Appartiene alla Chiesa — e ad essa sola — pronunciarsi intorno alla santità dei servi di Dio; e fin d’ora ci inchiniamo filialmente e senza riserva al suo giudizio. Quanto a noi, ci siamo posti in altro punto di vista. Esaminando, nel Carmelo di Digione, la corrispondenza ivi ricevuta dopo la pubblicazione dei Ricordi, e moltiplicando nelle comunità religiose le indagini sulla natura dell’influenza esercitata da suor Elisabetta della Trinità,  si è venuta delineando una conclusione che ci si impone come un’evidenza di fatto: ciò che maggiormente ha colpito negli scritti della santa carmelitana, è il loro carattere dottrinale. Il P. Sauvé aveva ragione e non faceva che esprimere un’impressione generale quando scriveva: « Forse proprio per questo i Ricordi faranno il più gran bene ». E si potrebbero moltiplicare le testimonianze analoghe che confluiscono da scuole delle più diverse spiritualità (I « Ricordi » citano: il R. P. Foch, S. J. — Dom Vandeur, O. S. B. — il Ch. Sauvé, S. S. — il R. P. Luigi della Trinità, C. D. — Il R. P. Vallée, O. P. — alcuni Certosini, ecc.); ma due, fra tante, ci sembrano specialmente rivelatrici. Il R. P. Arintero O. P. scriveva al Carmelo di Digione, il 16 giugno 1927: «  Questo libro (i Ricordi) mi incanta per la sua bella dottrina che è destinata a fare un bene immenso alle anime… Ciò che ammiro soprattutto in questa Serva di Dio è il suo senso profondo dei grandi misteri della vita cristiana: della nostra incorporazione al Cristo del quale dobbiamo continuare la missione, dell’abitazione della Trinità nei nostri cuori… Questo senso dei grandi misteri, identico a quello dell’Apostolo, le ha dato di poter interpretare fedelmente i punti più belli delle grandi epistole di san Paolo. Quando suor Elisabetta le spiega nelle sue lettere familiari — sia pure soltanto di passaggio — spande torrenti di viva luce, attirando innumerevoli anime alla vita interiore… ». – S. E. Mons. Sagot, a sua volta, scriveva: « Ciò che mi sembra più notevole nella vita di suor Elisabetta è l’esatta conformità delle sue vedute, delle sue attrattive, della sua vita interiore, delle sue parole, coi principî più sicuri della teologia mistica. Ella non sa sottilizzare; non si lascia trasportare dall’immaginazione al di là degli spazi dove risiede la sana ragione illuminata dalla fede e vivificata dall’amore. Le considerazioni sottili, vaghe o nebulose, le sono estranee; poiché, essendo il suo pensiero sempre preciso, così è precisa l’espressione che spontaneamente le scorre dalla penna. Come bene conosce e penetra il senso delle sacre Scritture, e particolarmente delle Epistole del grande san Paolo, per il quale il suo cuore ardente nutre una predilezione che non ci sorprende! E come interessanti e giusti i commenti coi quali illumina gl’insegnamenti più sublimi di san Giovanni della Croce! Ma di chi sono queste dissertazioni condotte con tanta elevatezza e fermezza di spirito? Forse di un sacerdote abituato da lungo tempo allo studio della teologia e all’orazione mentale? In queste soluzioni semplici e luminose, ma insieme di una logica virile, si esiterebbe a riconoscere l’anima di una fanciulla, se il calore e la grazia di uno stile sempre delicato e puro, spesso gaio e vivace, non effondesse una soavità incomparabile su tutti gli scritti di Elisabetta. Questa cara giovane amava anzitutto, ad esempio, di santa Teresa, la vera, la forte, la bella dottrina » (da Ricordi). Questa « esatta conformità di vedute coi principî più sicuri della teologia mistica » è davvero la nota più caratteristica di tale spiritualità essenzialmente dottrinale. Ed è questa l’impressione dominante che sempre ci accompagnava nell’esame dei testi e dei documenti lasciati da suor Elisabetta della Trinità, impressione che ci ha determinato a tentare di scoprirne ed esplicarne il significato profondo. Vorremmo poter definire così questo nostro lavoro: uno sguardo di teologo sopra un’anima e una dottrina. Benché il nostro scopo principale non fosse di compiere un lavoro di storiografo, pure abbiamo cercato di mantenerci rigorosamente oggettivi nella interpretazione dei fatti. Non si trattava di costruire a priori una tesi mistica e di farvi entrare per forza delle testimonianze e dei documenti; ma piuttosto di rintracciare, con le leggi del metodo storico, il loro senso autentico, secondo le circostanze di tempo, di luogo, di destinazione, di ambiente religioso e sociale, e determinarne quindi l’integro significato in relazione alle condizioni psicologiche, alle influenze ricevute, umane o divine. Per garantire l’oggettività di questo sguardo, un lungo lavoro si imponeva, di documentazione e di ricerca positiva. Abbiamo confrontato tutti gli scritti sugli stessi autografi, eccettuata qualche rara lettera di cui, però, abbiamo potuto avere una copia che ci è stata accertata conforme all’originale. Abbiamo utilizzato numerosi testi che compaiono qui per la prima volta. Con la penna alla mano, abbiamo interrogato il maggior numero possibile di testimoni, particolarmente le tre amiche più intime di Elisabetta Catez prima della sua entrata in Convento; la sua stessa sorella, a lungo; alcune Religiose sue contemporanee al Carmelo, una delle quali le era unita da profonda amicizia; il suo confessore che la diresse dai 15 ai 21 anni; altre persone che la conobbero; un sacerdote della sua famiglia che l’aveva avvicinata molte volte; finalmente e sopra tutti, il testimonio più autorevole della sua vita: la madre Germana di Gesù, che durante tutto il soggiorno di suor Elisabetta al Carmelo di Digione, fu per lei Maestra delle novizie, prima, quindi Superiora. Quest’ultimo testimonio è di così straordinario valore, che merita una speciale menzione. Ora che una morte santa l’ha richiamata a Dio, sentiamo come un dovere di riconoscenza il bisogno di dire che nulla poteva esserci di più prezioso, per l’elaborazione di quest’opera, delle confidenze ricevute e delle lunghe ore d’intimità con madre Germana intorno a colei che fu veramente « la sua figliola ». L’abbiamo consultata su tutti i punti con la massima cura; e più volte abbiamo avuto l’inapprezzabile consolazione di trovare in lei conferma piena alle conclusioni che ci sembravano scaturire dalla attenta analisi dei documenti. Tutti i punti essenziali di questo libro furono fissati perfettamente d’accordo con lei. Terminato questo lavoro critico di discernimento, restava quello che era lo scopo primo, fondamentale dell’opera: rilevare, alla luce dei fatti e delle confidenze ricevute, il senso dottrinale della vita e degli scritti di suor Elisabetta della Trinità. Per rispettare anche qui una perfetta oggettività, bisognava sorprendere la dottrina di suor Elisabetta alla sua viva sorgente e seguirne lo svolgimento, il progresso. Bisognava cioè, secondo il buon metodo giungere a spiegare la dottrina attraverso la psicologia concreta di cui quella è il frutto. La dottrina mistica di suor Elisabetta della Trinità non è infatti l’esposizione astratta e didattica di un professore di teologia, ma è, prima di tutto, onda che zampilla da un’anima contemplativa. Il compito di una carmelitana non è di insegnare dottrinalmente le vie spirituali, ma di viverle nel silenzio di un’anima « tutta nascosta in Dio col Cristo » (Coloss. III, 3). Libero poi Lui, il Maestro, di far risplendere, quando gli piaccia, per l’utilità della sua Chiesa, le ricchezze dottrinali di una tale testimonianza. È così che irradia viva luce il messaggio dottrinale di santa Teresa di Gesù Bambino e, quantunque in altra maniera, senza magnificenza, ma con profondità, come addice ad un apostolo della vita interiore, anche quello di suor Elisabetta della Trinità. « Divisiones gratiarum, idem Spiritus » (I Cor., XII, 4). Ecco, quindi, la necessità di iniziare questo lavoro dottrinale, con un lungo capitolo preliminare che si presenti come lo schizzo di un’anima e ne segni le ascensioni, dai primi tocchi mistici all’età di 19 anni, fino alla consumazione dell’unione trasformante sulla croce. Esso mostra l’evolversi della sua dottrina mistica parallelamente al suo progresso. Senza un tale sguardo in quest’anima, sarebbe impossibile comprendere bene come la dottrina del silenzio non assuma in lei un valore di ascesi universale che dopo la sua entrata nella solitudine del Carmelo e dopo le purificazioni passive del noviziato; né si potrebbe capire come il mistero dell’inabitazione divina divenga, con un crescendo continuo, il punto centrico che tutto illumina nella sua vita, al quale ella fa risalire la sua vocazione suprema di « lode di gloria alla Trinità » ma nell’intimo, « nel cielo dell’anima sua ». – Dopo tutto questo, sempre rispettando con la massima cura gli aspetti storici dello svolgimento del suo pensiero, si rendeva possibile stabilire con certezza e precisione, su ogni punto di dottrina da analizzare, a quali principî della teologia mistica si riallacciassero i movimenti di quest’anima privilegiata, e quali aspetti del dogma avessero più profondamente alimentata la sua vita interiore (Lo stesso metodo teologico, misto, storico e dottrinale insieme, potrebbe essere applicato allo studio di tutte le vite dei Santi. Un lavoro di questo genere recherebbe, mi sembra, una sorgente di grandi tesori e una conferma preziosa alla teologia mistica. Con lo stesso procedimento — alla luce, cioè, dei princìpi direttivi della teologia mistica — sarebbe facile rilevare i grandi pensieri dottrinali di cui viveva l’anima di una S. Teresa d’Avila, di una S. Teresa di Gesù Bambino, di una S. Bernardetta, ecc., ecc…. I grandi mistici fornirebbero i casi di privilegio: una S. Caterina da Siena, una S. Margherita Maria, una Maria dell’Incarnazione. Un caso più complesso, particolarmente ricco, sarebbe quello di un Santo mistico e teologo insieme: un S. Giovanni della Croce. È tutto un mondo da esplorare; profitto immenso per il discernimento. Delle diverse correnti di spiritualità nella vita della Chiesa e per la storia della teologia mistica.). – Elevata dalla grazia nel ciclo della vita trinitaria, suor Elisabetta della Trinità ha vissuto sino in fondo il suo battesimo, secondo la forma propria della sua vocazione carmelitana. Tra le umane influenze ricevute, domina quella di san Giovanni della Croce; aveva assimilato i principî più elevati della sua teologia mistica nella lettura assidua del « Cantico » e della « viva fiamma ». Giovinetta e novizia, si era appassionata per le formule spirituali, un po’ oratorie, del Padre Vallée; ma presto le sorpassò per stabilirsi in Dio, al di sopra di tutte le formule umane, nella nudità della fede. Come in tutti i grandi artisti, si riscontra in lei una prima fase di imitazione un po’ servile dei modelli; poi una seconda di una specie di incertezza che corrisponde ai primi tre anni, durante il Noviziato, e sfocia d’un tratto nel magnifico periodo di creazione personale che stupendamente si annunzia con la sua sublime preghiera alla Trinità, scritta tutta di getto e senza correzioni. Ormai, lo Spirito Santo possiede in lei uno strumento perfetto. Ella canta l’inabitazione divina e la lode di gloria in uno stile che ha un’impronta inimitabile, definitiva, e la costituisce uno dei maestri spirituali della Francia. La meditazione delle Epistole di un san Paolo e delle opere mistiche di san Giovanni della Croce, le lunghe ore di silenzio contemplativo, hanno compiuto questo miracolo. Ma, sopra tutto, il Verbo è divenuto il Maestro interiore della sua vita; lo dice ella stessa: « Ciò che mi insegna nell’intimo, è ineffabile ». E nell’intimo, si cela la vera sorgente della sua dottrina e della sua vita. Fu l’ora del trionfo supremo della grazia nell’anima sua, fu il pieno fiorire in lei delle ricchezze trinitarie della sua vocazione battesimale. Il ritmo soave di questa vita « consumata nell’unità » (S. Giov. XVII, 26) si riduce ormai ad alcuni movimenti essenziali, sempre gli stessi, ma di un’estrema profondità. Ascesi del silenzio, inabitazione della Trinità e preoccupazione unica di lavorare « alla lode della Sua gloria », immedesimazione col Cristo e conformità alla sua morte, imitazione della vita silenziosa e adoratrice della Vergine dell’Incarnazione: questi furono i grandi pensieri dottrinali che avviarono rapidamente questa vita semplicissima, ma fedele, ai più alti gradi dell’unione divina. Sono le verità più fondamentali del Cristianesimo; e come è bello incontrare un’anima santa che si eleva fino a Dio senza miracoli, senza mortificazioni straordinarie (Questi particolari mi sono strati riferiti dalla sua stessa superiora), ma nella pura linea del battesimo e dell’obbedienza perfetta alla volontà divina, attraverso la banalità degli avvenimenti quotidiani! – Un monaco di Solesmes scriveva all’amica più intima di suor Elisabetta della Trinità: « Mi piacerebbe, ai suoi scritti il commento di un teologo ». Ed è proprio l’intento di questo libro, scritto per la gloria della Trinità.

S. Maximin, il 7 marzo 1937 –

Festa di san Tommaso d’Aquino.

Fr. Maria-Michele PHILIPON, O; P.

LA DOTTRINA SPIRITUALE TRINITARIA (3)

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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