IL SENSO MISTICO DELL’APOCALISSE (9)

G Dom. Jean de MONLÉON Monaco Benedettino

Il Senso Mistico dell’APOCALYSSE (9)

Commentario testuale secondo la Tradizione dei Padri della Chiesa

LES ÉDITIONS NOUVELLES 97, Boulevard Arago – PARIS XIVe

Nihil Obstat: Elie Maire Can. Cens. Ex. Off.

Imprimi potest:  Fr. Jean OLPHE-GALLIARD Abbé de Sainte-Marie

Imprimatur: LECLERC.

Lutetiæ Parisiorum die II nov. 1947

Copyright by Les Editions Nouvelles, Paris 1948

Quinta Visione

I CASTIGHI DEGI ULTIMI TEMPI

PRIMA PARTE

LA MINACCIA DELLE SETTE PIAGHE

Capitolo XV. — (1- 7)

“E vidi nel cielo un altro segno grande e mirabile: sette Angeli che portavano le sette ultime piaghe: perché con queste si sazia l’ira di Dio. E vidi come un mare di vetro misto di fuoco, e quelli che avevano vinto la bestia, e la sua immagine, e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di vetro, tenendo cetre divine: e cantavano il canto di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello, dicendo: Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore Dio onnipotente: giuste e vere sono le tue vie,  Re dei secoli. Chi non ti temerà, o Signore, e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei pio: onde tutte le nazioni verranno, e si incurveranno davanti a te, perché i tuoi giudizi sono stati manifestati. Dopo di ciò mirai, ed ecco si apri il tempio del tabernacolo del testimonio nel cielo: e i sette Angeli che portavano le sette piaghe, uscirono dal tempio, vestiti di lino puro e candido, e cinti intorno al petto con fasce d’oro. E uno dei quattro animali diede ai sette Angeli sette coppe d’oro, piene dell’ira di Dio vivente nei secoli dei secoli. E il tempio si empì di fumo per la maestà di Dio e per la sua virtù: e nessuno poteva entrare nel tempio, finché non fossero compiute le sette piaghe dei sette Angeli.”

§ 1 – L’apparizione dei sette Angeli.

Io vidi – dice San Giovanni – un altro segno nel cielo, un segno che era grandioso nello spettacolo che offriva e meraviglioso negli insegnamenti in esso contenuti. C’erano sette Angeli che rappresentavano tutti i predicatori del Vangelo nel corso dei secoli. Questi sono paragonati agli Angeli perché sono, come questi spiriti benedetti, messaggeri della verità celeste; e sono numerati essere sette perché questo è il numero della Chiesa, come abbiamo spiegato sopra. Questi personaggi simbolici tenevano tra le mani sette piaghe, che rappresentano i castighi che essi annunciano ai peccatori per la fine della loro vita e che si possono enumerare come segue: il castigo della dannazione, o privazione della visione di Dio; il verme, o il rimorso di coscienza, che roderà l’anima del reprobo; il castigo del fuoco, combinato con un freddo che supera ogni immaginazione; l’orrore delle tenebre perpetue; l’odore spaventoso dell’inferno; e infine la compagnia dei demoni. Questi castighi sono chiamati ultimi, perché non può accadere niente di più terribile a nessuno, e perché appagano, per così dire, la misericordia di Dio.

§ 2 – Modo per evitare le sette piaghe.

Ecco ora la via, l’unica via, per sfuggire a questi terribili castighi, così spesso predetti dal Vangelo e dai Santi: essa è seguire la via tracciata da Gesù Cristo, condurre cioè una vita cristiana. Ora, la vita cristiana è come tre stati sovrapposti, che richiedono ai fedeli un fervore sempre maggiore: lo stato degli incipienti, quello dei proficienti e quello dei perfetti. Questa distinzione è vecchia quanto il Cristianesimo stesso, e la ritroveremo nelle misteriose figure usate dall’Apostolo. Ho visto – continua – un mare di vetro misto a fuoco. Abbiamo già visto questo mare di vetro nel capitolo IV, e abbiamo detto allora che era il simbolo del Battesimo. Il Battesimo libera l’anima da tutti i peccati che la perseguono e che vogliono impedirle di entrare nel regno dei cieli, così come il Mar Rosso inghiottì, senza lasciarne neanche uno, i soldati del Faraone che seguivano i passi di Israele nel loro cammino verso la Terra Promessa. La libera dall’ombra opaca con cui il peccato originale l’aveva coperta, rendendola così penetrabile alla luce divina e traslucida come il vetro; infine accende in essa la torcia divina della vita dello Spirito, qui rappresentata dal fuoco.  Coloro che stanno sul mare sono coloro che, saldamente sostenuti dalla grazia del loro Battesimo, si oppongono alle seduzioni del mondo. Essi hanno vinto la bestia, disprezzando le minacce dell’Anticristo, contrastando la sua ipocrisia, sopportando i suoi maltrattamenti; hanno vinto la sua immagine, astenendosi dall’imitare i suoi seguaci, e il numero del suo nome, riconoscendo, come abbiamo spiegato nel capitolo XIII, che questo era il numero di un uomo, e non quello di un Angelo, né quello di un Dio. Questa fedeltà alla legge divina costituisce la nota specifica dello stato dei principianti o incipienti: è con essa che devono cominciare tutti coloro che vogliono andare a Dio. Lo stato successivo, quello dei “proficienti”, è caratterizzato dalla lotta contro i vizi, una lotta la cui arma essenziale è la mortificazione, simboleggiata qui dalle cetre, che i fedeli detengono. Conosciamo già il significato mistico di questo strumento: è questa cetra che Davide afferrò quando volle mettere in fuga lo spirito maligno da cui era tormentato Saul (I Reg., XVI, 23.), poiché è attraverso la penitenza che gli uomini di Dio trionfano sul diavolo. L’autore dice: le cetre, al plurale, perché ci sono molti modi di mortificarsi, e croci di ogni tipo. E le chiama “le croci di Dio” perché questi dolori, volontari o subiti, sono abbracciati solo per amore di Dio. – Infine, c’è lo stato dei “perfetti”, i Santi che Dio ammette nella sua intimità e ai quali rivela i segreti del suo amore. Questi, illuminati sull’infinita saggezza e sull’ineffabile bontà del loro Creatore, riconoscono, sotto l’apparente disordine del mondo, la Volontà misericordiosa che persegue instancabilmente la salvezza dell’umanità: per questo, essi vivono in un perpetuo stato di azioni di grazie. Essi non possono che lodare, e lodare ancora, questo Dio che è così profondamente misconosciuto dagli uomini, e che tuttavia ha così tanti diritti al loro amore! Questi cantano il cantico di Mosè e quello dell’Agnello, prendendo in prestito a turno gli accenti dell’Antico Testamento e quelli del Nuovo, per esprimere la loro gioia e gratitudine. Dicono: « Grandi e degne di ammirazione sono le tue opere, o Signore Dio Onnipotente. Sono grandi nella potenza che si manifesta in loro, e meravigliose nella saggezza che si manifesta nel loro ordine. Le vostre vie, cioè i mezzi che usate per condurre gli uomini al loro fine, i precetti che date loro, le necessità a cui li sottoponete, le prove che date loro; le vostre vie sono giuste, perché dirigono tutte le cose secondo la più stretta equità, premiando ciascuno in proporzione ai suoi meriti; e sono vere perché portano veramente dove esse dicono; perché Voi siete fedele nelle vostre promesse, o Re dei secoli, Re che governate non solo il tempo presente ma anche le età future, e che disponete di tutto ciò che fate in funzione di questa eternità. Chi sarebbe così insensato da non temervi, o Signore, e da non darsi interamente al vostro servizio, quando la vostra saggezza e la vostra potenza risplendono in tutte le vostre opere? E chi sarà così indurito da non glorificare il vostro Nome davanti allo spettacolo universale della vostra bontà? Voi siete degno di ogni lode per la vostra misericordia, che è così grande e che, paragonata ad essa, la nostra sembra inesistente, e possiamo veramente dire che solo Voi siete misericordioso, Voi che solo prendete tra le mani l’affare della nostra salvezza. Voi siete degno di ogni lode, perché chiamate tutti gli uomini alla vita: non ai soli Giudei, ma a tutta la terra sarà predicato il Vangelo, e tutte le nazioni verranno a Voi, e tutti adoreranno alla vostra presenza, cioè illuminati dalla luce del vostro sguardo. Infine, Voi ne siete degno, infine, perché i vostri giudizi sono manifesti a tutti coloro che cercano sinceramente la verità: non è difficile per loro discernere che, se Voi doveste mettere alcuni alla vostra destra ed altri alla vostra sinistra nel giorno del giudizio, non è per capriccio che lo farete, ma perché avete ragioni profonde per fare ciò che fate.

§ 3 – La punizione degli ostinati.

Così sfuggiranno ai tormenti annunciati dai sette Angeli coloro che sono rimasti fedeli alle leggi della vita cristiana in uno dei tre stati segnati sopra. San Giovanni mostra poi, per contrasto, coloro che cadranno sotto i colpi della Giustizia divina. Questi sono gli ostinati che rifiuteranno di credere nei misteri della vita del Salvatore, predicati dagli Apostoli, e questo nonostante l’abbagliante santità di questi messaggi, nonostante i terrificanti castighi promessi loro. Dopo questo – egli dice – io vidi, ed ecco, il tempio del tabernacolo della testimonianza era aperto nel cielo. Il tabernacolo della testimonianza si riferisce alla Chiesa. Essa è paragonata ad un tabernacolo, cioè ad una tenda, perché è la dimora temporanea di coloro che combattono sulla terra prima di andare in cielo a godere dei frutti delle loro vittorie; e poiché la loro lotta consiste essenzialmente nel testimoniare la verità in ogni circostanza, è chiamata il tabernacolo della testimonianza. Inoltre, la Chiesa ha al suo centro un tempio, che non è altro che l’Umanità di Gesù Cristo, dove si celebra perpetuamente il mistero dell’Incarnazione. Nell’antica Legge, questo Tempio Mistico era rappresentato da quello che era la gloria di Gerusalemme; ma quest’ultimo era allora, spiritualmente parlando, chiuso: era, infatti, proibito ai Gentili e riservato ad una piccolissima parte del genere umano. Fu chiuso soprattutto perché le cerimonie che vi si celebravano erano incomprensibili a tutti coloro che non ne avevano la chiave, e che non capivano che Cristo ne era il nerbo, la realtà, il « tipo ». Al momento della morte del Salvatore, il velo che proteggeva i misteri della liturgia mosaica fu lacerato da cima a fondo (Matth. XXVII. 51); e Gesù, apparendo ai suoi discepoli poco dopo, cominciò ad aprire le loro menti, affinché comprendessero le Scritture (Luc. XXIV, 45). È questa rivelazione dei dati della vera fede agli Apostoli prima, e poi, attraverso di loro, a tutta l’umanità, che San Giovanni indica qui con il tempio che si apre. Dal momento della sua fondazione, in effetti, la Chiesa ha brillato sulla terra come un faro nella notte, gettando una tale luce che è impossibile disconoscerla o ignorarla. O piuttosto, come dice l’autore, brilla nel cielo, perché chi alza gli occhi verso l’infinito, chi si eleva al di sopra delle contingenze materiali della vita quotidiana per pensare all’eternità, non può non vederla. Quando le sante verità furono così rivelate, i sette Angeli, cioè gli Apostoli, lasciarono il Tempio. Essi lasciarono l’antica Legge per diffondersi in tutto il mondo, avendo in mano le sette piaghe, cioè annunciando agli uomini il giudizio da venire e predicando loro la penitenza. Erano vestiti di lino bianco scintillante: le loro anime, lavate nelle fresche acque del Battesimo, erano uscite purificate da tutti i loro peccati, raggianti di innocenza, irradiate dal fuoco delle grazie. Questa luce interiore brillava dalle loro anime ai loro corpi e si rifletteva in tutte le loro azioni, e la loro santità era tale che era impossibile non esserne colpiti. Inoltre, portavano cinture d’oro sul petto; Cristo aveva legato intorno ai loro cuori la cintura della carità, che frenava tutte le loro divagazioni, frenava tutte le loro passioni e raddrizzava tutti i loro pensieri. Nei versetti 6 e 7, San Giovanni insinua successivamente tre ragioni che dovrebbero toccare i peccatori, eccitarli a riflettere e convincerli della verità dell’insegnamento cattolico. La prima, come abbiamo appena inteso, è la santità della Chiesa, la purezza della vita che risplende nei Santi che essa offre come esempio al mondo, e l’ardente carità di cui sono animati. La seconda è l’unità della sua dottrina, un’unità che rimane immutata sotto i molti interpreti e attraverso le generazioni. Questa unità è indicata dalle seguenti parole: è l’uno dei quattro animali; cioè, è l’unica voce che veniva dai quattro animali. Questa voce “una”, dunque, diede ai sette Angeli sette coppe d’oro. I quattro animali rappresentano i quattro Evangelisti, che sono le fonti essenziali di tutta la dottrina cristiana. Ma ognuno di loro non parla da solo: dal mezzo della loro quadriga, e dalla processione di Padri, Dottori e Pontefici che li hanno spiegati, si alza una voce, una sola, quella della Tradizione, che li armonizza in perfetta armonia, e che sola ha il potere di esprimere il pensiero della Chiesa. È questa Tradizione cattolica che dà ai sette Angeli, cioè agli Apostoli ed ai loro successori, ai predicatori di tutti i tempi, gli insegnamenti che devono far ascoltare al popolo cristiano. Dà loro delle coppe d’oro piene dell’ira di Dio; insegna loro ad avere un cuore fatto a immagine di quello di Cristo, un cuore largamente aperto come una coppa, cioè dilatato dalla carità e splendente dell’oro della divina Sapienza. Eppure questi cuori traboccanti di luce e misericordia sono pieni dell’ira di Dio! Cosa vuol dire questo, se non che la vera carità, che arde del desiderio di salvare le anime, lungi dall’ammorbidire la giustizia divina e dal velare i suoi rigori, non cessa, al contrario, di mostrare il suo carattere terribile, per eccitare gli uomini ad abbandonare la via del peccato e a prepararsi al giudizio finale? – Il ripetuto annuncio dell’ira del Dio che vive nei secoli dei secoli, di quell’ira che deve essere anche eterna e non deve mai allentare la sua indignazione contro i dannati, è la terza ragione che dovrebbe portare i peccatori ad ascoltare gli apostoli. Perché non è scusabile non prestare attenzione alle parole di qualcuno che ci avverte con insistenza di un pericolo molto grave, e non prendere precauzioni per evitarlo. È impossibile per qualsiasi persona riflessiva non sentire la voce della Chiesa e continuare a correre un rischio così grave a cuor leggero. Eppure è questo il caso di troppi: invece di accettare la luce e adorare la maestà di Dio e la sua potenza, si ostinano a chiudere gli occhi, e il tempio per loro si riempie di fumo. – In senso storico, queste parole significano che quando gli Apostoli cominciarono a predicare il Vangelo, quando cominciarono ad annunciare al mondo la maestà e la potenza del Dio che Gesù Cristo aveva fatto loro conoscere, il tempio di Gerusalemme si oscurò e l’atmosfera divenne irrespirabile, perché la religione giudaica, di cui esso era il centro, perse l’insigne monopolio che aveva fino ad allora di essere l’unico sulla terra ad assicurare il servizio del vero Dio. Gli altri, perché hanno rifiutato il Salvatore, perché hanno voluto soffocare la vera luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, sono caduti in una cecità che si trasmette di generazione in generazione, e persisteranno nel loro errore finché le sette piaghe dei sette Angeli saranno consumate, finché la predicazione della Chiesa sarà completata, cioè fino alla fine del mondo. Seguendo il loro esempio, vediamo i peccatori di tutti i tempi che rifiutano di arrendersi agli insegnamenti dei pastori e di credere nella Verità. Quando gli Angeli versano le loro coppe davanti a loro, quando i ministri della Chiesa annunciano loro i rigori del giudizio e i castighi dell’inferno, il tempio si riempie di fumo per essi; essi addensano le loro tenebre interiori, sprofondano sempre più nella loro cecità; dichiarano di non capire nulla di una religione così severa, non vogliono ammettere che Dio possa imporre delle formalità nella loro condotta, e si convincono che la sua misericordia li mette interamente al riparo dalle esigenze della sua giustizia. E rimangono in questo stato finché non è troppo tardi, finché la morte non si abbatte su di loro: allora il velo che nasconde loro la verità si dissolverà; allora vedranno il tempio della gloria celeste illuminato con gli splendori della luce divina; ma ne saranno esclusi finché le piaghe predette dai sette Angeli non saranno consumate, e, poiché queste piaghe sono eterne, non vi entreranno mai.

SECONDA PARTE

L’EFFUSIONE DELLE SETTE COPPE

Capitolo XVI, 1-2

“E udii una gran voce dai tempio, che diceva ai sette Angeli: Andate, e versate le sette coppe dell’ira di Dio sulla terra. E andò il primo, e versò la sua coppa sulla terra, e ne venne un’ulcera maligna e pessima agli uomini che avevano il carattere della bestia, e a quelli che adorarono la sua immagine. E il secondo Angelo versò la sua coppa nel mare, e divenne come sangue di cadavere: e tutti gli animali viventi nel mare perirono. E il terzo Angelo versò la sua coppa nei fiumi e nelle fontane d’acque, e diventarono sangue. E udii l’Angelo delle acque che diceva: Sei giusto, Signore, che sei e che eri, (che sei) santo, tu che hai giudicato così: perché hanno sparso il sangue dei santi e dei profeti, e hai dato loro a bere sangue: perocché ne sono degni. E ne udii un altro dall’altare che diceva: Sì certo, Signore Dio onnipotente, i tuoi giudizi (sono) giusti e veri. E il quarto Angelo versò la sua coppa nel sole, e gli fu dato di affliggere gli uomini col calore e col fuoco: e gli uomini bruciarono pel gran calore, e bestemmiarono il nome di Dio, che ha potestà sopra di queste piaghe, e non fecero penitenza per dare gloria a lui. E il quinto Angelo versò la sua coppa sul trono della bestia: e il suo regno diventò tenebroso, e pel dolore si mordeva o le loro proprie lingue: E bestemmiarono il Dio del cielo a motivo dei dolori e delle loro ulceri, e non si convertirono dalle loro opere. E il sesto Angelo versò la sua coppa nel gran fiume Eufrate, e si asciugarono le sue acque, affinché si preparasse la strada ai, re d’Oriente. E vidi (uscire) dalla bocca del dragone e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta tre spiriti immondi simili alle rane. Poiché sono spiriti di demoni, che fanno prodigi, e se ne vanno ai re di tutta la terra per congregarli a battaglia nel gran giorno di Dio onnipotente. Ecco che io vengo come un ladro. Beato chi veglia e tiene cura delle sue vesti, per non andare ignudo, onde vedano la sua bruttezza. E lì radunerà nel luogo chiamato in ebraico Armagedon. E il settimo Angelo versò la sua coppa nell’aria, e dal tempio uscì una gran voce dal trono, che diceva: È fatto. E ne seguirono folgori, e voci, e tuoni, e successe un gran terremoto, quale, dacché uomini furono sulla terra, non fu mai terremoto così grande. E la grande città sì squarciò in tre parti: e le città delle genti caddero a terra: e venne in memoria dinanzi a Dio la grande Babilonia, per darle il calice del vino dell’indignazione della sua ira. E tutte le isole fuggirono, e sparirono i monti. E cadde dal cielo sugli uomini una grandine grossa come un talento: e gli uomini bestemmiarono Dio per la piaga della grandine: poiché fu sommamente grande.”

Il capitolo precedente ci ha mostrato i predicatori delle varie epoche della Chiesa che ricevono dal cielo il potere di versare le coppe dell’ira divina su tutti i precursori o sostenitori dell’Anticristo. Stiamo ora per assistere al compimento di questa missione, per un comando di Dio; i reprobi sono classificati in sette categorie, secondo una classificazione stabilita in funzione dell’Anticristo, di cui sono tutti, a qualche titolo, i precursori, servi o membri. Essa distingue: (1) i Giudei non convertiti; (2) i pagani; (3) gli eretici e coloro che pervertono il significato delle Scritture; (4) l’Anticristo stesso; (5) i suoi sostenitori convinti; (6) la massa dei falsi Cristiani; (7) i demoni. In senso morale, questo stesso capitolo descrive l’effetto della predicazione apostolica sui sette peccati capitali. Diremo qualcosa su questo dopo averne spiegato il significato allegorico. E udii una voce forte che veniva dal tempio. Questa voce era quella dell’Onnipotente stesso, che si sentiva dal tempio, cioè dalla Chiesa, perché è solo da lì che parla, come nell’Antico Testamento, dava i suoi ordini a Mosè solo dalla sede della misericordia, tra i due Cherubini. (Ex. XXV, 22) E disse ai sette Angeli, cioè a tutti i predicatori: “Andate avanti, mostrando che nessuno deve cominciare a predicare finché non abbia ricevuto l’ordine dall’autorità legittima, e versate le sette coppe dell’ira di Dio sulla terra, e annunciate ai peccatori i castighi che stanno per cadere su di loro.”

§ 1 – La prima e la seconda piaga.

E il primo Angelo, cioè il collegio apostolico, uscì per ordine di Nostro Signore stesso. Ha versato la sua coppa sulla terra, cioè sui Giudei, che qui sono chiamati terra, perché Dio li aveva circondati, coltivati, curati come un giardino scelto, mentre i gentili saranno chiamati mare, per la loro sterilità, la loro instabilità, la loro violenza. E ci fu una ferita grave e dolorosissima per gli uomini che portavano il segno della Bestia e per tutti quelli che adoravano la sua immagine. Questa ferita, per la quale i Giudei dovevano morire come popolo libero e indipendente, fu letteralmente l’invasione romana che, con Tito e Vespasiano, distrusse Gerusalemme da cima a fondo e disperse la sua popolazione in tutto il mondo. Tuttavia, questa catastrofe fu fatale solo a coloro che portavano il segno della Bestia, a coloro che, con il loro odio per il nome Cristiano, si mostravano già come seguaci dell’Anticristo, e che adoravano la sua immagine, che davano fede ai cattivi pastori, la cui vita era già come un’immagine, un primo schizzo, un primo disegno di quella che sarà un giorno quella dell’Anticristo: Per quelli, invece, che avevano aderito al Cristianesimo, sappiamo dallo storico Eusebio che, ricordando le profezie del Salvatore sulla rovina della città, ebbero il tempo di fuggire e mettersi al riparo. – Ed il secondo Angelo sparse la sua coppa sul mare: gli Apostoli, nella seconda fase della loro predicazione, e i loro immediati successori andarono a portare l’annuncio dei castighi dell’ira divina ai gentili. Ma i gentili, invece di credervi, il più delle volte li hanno perseguitati, torturati e uccisi. Questa era l’epoca dei martiri, dove il sangue veniva versato, non come il sangue di un uomo ferito che può essere guarito e riportato in salute, ma come il sangue di un morto che non tornerà mai più in vita. Così fu per l’Impero Romano, che fu sempre distrutto dalle invasioni barbariche. Così fu soprattutto per i persecutori del Cristianesimo che, in cambio della morte temporale da loro inflitta ai martiri, ricevettero da Dio il colpo di grazia della morte eterna. E ogni anima viva morì nel mare: infatti, in questa rivolta del mare, cioè del paganesimo, contro la Chiesa nascente, nessuna anima viva poté resistere: Tutti coloro tra i pagani che, con la loro intelligenza, con la purezza dei loro costumi, mostravano di avere un’anima umana, un’anima che viveva una vera vita morale, o si convertivano al Cristianesimo, come San Giustino, e, così facendo, uscivano, per così dire, dal mare; o, al contrario, diventando crudeli come i persecutori, assecondavano la furia delle sue onde, e meritarono di essere inghiottiti nella dannazione eterna.

§ 2 – La terza piaga.

E il terzo Angelo versò la sua coppa sui fiumi e sulle sorgenti d’acqua: Il terzo Angelo designa il coro dei grandi Dottori che succedettero ai Martiri, e che difesero la fede contro gli errori cristologici dei secoli III e IV. I fiumi qui rappresentano gli eretici, perché questi, invece di prendere lo stretto sentiero della rinuncia che sale al cielo, preferiscono seguire l’inclinazione della natura, scendendo sempre più in basso, sempre più instabili, sempre più fluenti, finché alla fine si perdono nel mare di fuoco, cioè nell’inferno. Le sorgenti delle acque sono i loro capi, i grandi eresiarchi, come Ario, Nestorio, Eutyche, ecc., o più tardi Lutero, Calvino, Huss, Wicleff, ecc. dai quali errori si alimentano, come i fiumi dalla loro sorgente. E se ne fece del sangue, cioè questi fiumi e sorgenti furono trasformati in sangue, perché Dio colpì questi rinnegati con un terribile castigo. E udii l’Angelo delle acque, ma non più le acque avvelenate alle quali si alludeva nel versetto precedente; piuttosto, l’Angelo delle acque vive che sgorgano dal trono di Dio e offrono alle anime fedeli di che dissetarsi; l’Angelo Custode delle Scritture, personificante tutto il coro dei Dottori, l’ho sentito dire: «Voi siete giusto, Signore, nei giudizi che emettete, Voi che siete, perché possedete immutabilmente la pienezza dell’Essere;  che siete sempre Santo, anche quando le apparenze vi sono avverse. Le condanne che avete pronunciato contro questi maestri di errore erano pienamente meritate. Infatti hanno suscitato l’odio dei principi secolari contro la vostra Chiesa; ed hanno versato il sangue dei Santi – cioè dei Cristiani e quello dei profeti – cioè dei ministri che parlano a vostro nome: Voi, in cambio, avete dato loro da bere del sangue, li ave te immersi di tutto cuore nei tormenti dell’inferno, li hai inebriati di sofferenza e di morte: sono degni, infatti, perché è giusto che chi non si è sottratto all’orrore di versare il sangue del suo prossimo, beva per sempre l’orrore della dannazione. » E ho sentito un’altra voce che diceva dall’altare. Quest’altra voce era la voce di tutti i Santi, che riecheggiava quella dei Dottori. Essi dicevano questo non con le labbra, come il popolo di cui parla il Signore, che « mi onorano con le labbra, ma il cui cuore è lontano da me »; come troppi Cristiani che cantano o recitano preghiere nelle assemblee, per rispondere alle esortazioni dei loro pastori, ma senza pensare a quello che dicono; hanno parlato dall’altare, cioè dal profondo del loro essere, da quel santuario intimo in cui stanno alla presenza del Signore, offrendogli senza sosta le loro preghiere e i sacrifici. Sì, infatti – dicevano – Signore Dio Onnipotente, i vostri giudizi sono veri e giusti.

§ 3. La quarta e la quinta piaga.

E il quarto Angelo versò la sua coppa sul sole, cioè sull’Anticristo, che è chiamato il sole perché pensa di essere la luce del mondo. Questo quarto Angelo rappresenta i predicatori che Dio metterà in guardia contro di lui, e che gli ricorderanno con forza i castighi che egli sta accumulando sulla sua testa con la sua empietà. Ma non cambierà i suoi modi: al contrario, Dio glielo permetterà, e affliggerà gli uomini in mille modi, anche usando il fuoco, che è considerato il più crudele dei tormenti. Allora verrà quella grande tribolazione di cui parla il Vangelo, come non c’è stata dall’inizio del mondo e come non ci sarà mai più (Mt. XXIV, 21). Ma gli uomini, invece di vedere in questa persecuzione una giusta punizione per i loro peccati, lasceranno che tutto il bene spirituale che avrebbero potuto ottenere da essa sia sciupato dall’amarezza della loro impazienza; bestemmieranno il nome del Dio che ha potere su queste piaghe, Lo rimprovereranno di insolenza per non averli preservati da esse quando avrebbe potuto facilmente farlo, e non faranno penitenza, negando così a Dio la gloria che avrebbe tratto dalla loro conversione. – E il quinto Angelo versò la sua coppa sul trono della bestia, cioè sui seguaci dell’Anticristo, così chiamati perché i loro cuori saranno un luogo di riposo per questa bestia feroce. E il suo regno divenne tutto pieno di tenebre: lungi dall’essere illuminata da questa predicazione, la folla di persone che formano il suo impero persisterà nelle tenebre di una cecità voluta; si morderanno di dolore la lingua a vicenda, si lacereranno tra loro con parole velenose, sotto l’azione del dispetto che proveranno nel vedersi confusi dai testimoni del Cristo. Allora si verificherà la promessa del Salvatore: « Vi darò un’eloquenza e una saggezza a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere o opporsi » (Luc. XXI, 15). I settari dell’Anticristo, furiosi per la loro impotenza, si rigetteranno a vicenda la colpa dei loro fallimenti. Bestemmieranno il Dio del cielo, cioè il Cristo, dicendo che non è Dio la causa del dolore che la costanza dei Santi causerà loro, e delle ferite che questi, con i loro discorsi, infliggeranno al loro orgoglio. E non faranno penitenza per le loro azioni malvagie; e poiché non hanno combattuto contro la verità per una convinzione intima, ma solo per soddisfare le proprie passioni, moriranno nell’impenitenza finale, perché questo è il vero peccato contro lo Spirito Santo.

§ 4 – La sesta coppa e gli spiriti sotto forma di rane

E il sesto Angelo versò la sua coppa sul grande fiume Eufrate. L’Eufrate, il cui nome significa: fertilità o abbondanza, rappresenta l’immensa folla di persone senza convinzioni personali, che non hanno altra regola di vita che la ricerca del denaro e dei piaceri di questo mondo. Finché il Cristianesimo è in onore, vi aderiscono volentieri e ne praticano persino le virtù. Ma quando arriva il regno di qualche Anticristo, essi seguono la corrente che li porta invincibilmente verso la ricerca del piacere terreno, e passano spudoratamente dalla parte del più forte. I predicatori del Vangelo versano la loro coppa sul fiume Eufrate e lo prosciugano, quando mostrano la vanità dei beni terreni e il destino di coloro che ne fanno cattivo uso, come il ricco della parabola. Predicano così non solo per spaventare i malvagi, ma anche per preparare la strada ai re, cioè ai Cristiani che, fedeli alla loro promessa battesimale, vogliono regnare con Cristo: perché questi, troppo spesso trattenuti dal loro attaccamento ai beni di questo mondo, non sanno mettersi sotto l’azione del Sole nascente, il Sole di giustizia, Cristo, la cui grazia illumina e riscalda chi lo segue nella via della rinuncia. Ma il demone non lascia fare senza resistenza: egli mette in opera ha usato tutte le sue risorse per annientare l’effetto di questa predicazione. Ecco perché San Giovanni vide tre spiriti immondi in forma di rane che uscivano dalla bocca del drago, dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta. Il drago rappresenta il diavolo; la bestia, l’Anticristo; il falso profeta, i suoi araldi. I tre si uniranno così per suscitare nella massa dei Cristiani delle correnti che si opporranno alla sana dottrina. I tre spiriti che escono dalla loro bocca, cioè che procedono dalle suggestioni del demonio e dai discorsi dei suoi adepti, l’Anticristo o i falsi profeti, rappresentano: 1° le arti magiche o le scienze occulte, la stregoneria, lo spiritismo, ecc. 2° tutte le favole della mitologia, o tutte le forme di propaganda che portano l’uomo a rendere ad altri uomini, o a demoni, un onore che appartiene solo a Dio. Queste favole e culti idolatri nascono, come ci insegna il libro della Sapienza, dall’orgoglio dei grandi e dalle adulazioni della moltitudine nei loro confronti (Sap., XIV, 15-21): nessuno spingerà la iattanza più in là in questo campo  che l’Anticristo, in quale tenderà a prendere il posto di Dio stesso nei suoi propri templi; – infine, 3° tutti i falsi sistemi filosofici, proposti dai profeti della menzogna per distogliere l’uomo dal culto della verità. – Gli uomini che sostengono queste invenzioni perniciose sono paragonati a delle rane, perché siedono nel pantano del peccato, come rane nel fango; perché gracchiano incessantemente, ripetendo invariabilmente e forzatamente le stesse affermazioni, la stessa retorica, gli stessi slogan, senza dire nulla di ragionevole, senza ascoltare alcuna argomentazione contraria. Sono questi spiriti di demoni, cioè ispirati e guidati dal diavolo. Per questo faranno miracoli: non dei veri miracoli, nel senso in cui i teologi intendono questa parola; ma prodigi, cose mirabili, atti che superano la potenza della natura corporea. Che il diavolo abbia il potere di compiere tali atti, che sia in grado di comunicare questo potere agli uomini, è chiaramente dimostrato nella Scrittura dall’esempio dei magi di Faraone, i quali, per tenere in scacco Mosè, compirono prodigi apparentemente meravigliosi quanto i suoi (Ex., VII, 22; VIII, 7.). E la teologia lo conferma: Si dà, dice San Tommaso, il nome di miracolo a tutto ciò che deroga all’ordine di tutta la natura creata. Ma poiché non conosciamo tutte le virtù delle creature, ogni volta che, per un potere a noi sconosciuto, un essere creato produce un effetto che va oltre le leggi ordinarie della natura, questo effetto è un miracolo nei nostri confronti. Così, quando i demoni fanno, con il loro potere naturale, qualcosa di straordinario, questi fenomeni non sono miracoli, in assoluto, ma passano essere tali ai nostri occhi. È in questo modo che i maghi compiono miracoli per mezzo di demoni (Summa Theologica, I p., qu. CX, a. 4, ad. 2). Senza conoscere questi princìpi, ci si espone a dare falsi giudizi ogni volta che si tratta di fatti meravigliosi o che si pretende che siano tali. Troppo spesso si ragiona in questi casi come se ci fossero solo due ipotesi possibili: la sovrumana o l’intervento divino. Dimentichiamo che tra i due, c’è spazio per un terzo: ci può essere, e a volte c’è, l’intervento di una potenza che non è quella di Dio, e che però, realmente, oggettivamente, compiere cose impossibili all’uomo. Questo è il potere di colui che Sant’Agostino chiama la scimmia di Dio, e che è il padre della menzogna; egli cerca di operare un cambio, per spacciarsi come Dio agli occhi degli uomini, perché questa è la sua suprema ambizione. Per dare un’idea del tipo di prodigi che è in grado di compiere, lo stesso Dottore riporta, secondo gli storici di Roma, il caso di immagini di divinità che si spostano da sole da un luogo all’altro; il caso di Tarquinio che taglia una pietra con un rasoio; quello di una donna che, per provare la sua castità, tirò con la sua sola cintura una nave che portava la statua di Giunone, quando un gran numero di uomini e di animali non era riuscito a romperla; quello di una Vestale che, accusata di essere venuta meno ai suoi impegni, andò ad attingere acqua dal Tevere con un setaccio, e la portò ai suoi giudici (Città di Dio, L. X, cap. 16.). Molti tratti simili potrebbero essere citati nel caso delle false religioni, specialmente le religioni indù, che sono così popolari oggi. È quindi utile essere avvertiti per non lasciarsi fuorviare o scuotere nella propria fede. La dottrina della Chiesa ha stabilito da tempo i criteri per distinguere i veri miracoli dai fatti che hanno solo l’apparenza di miracoli. Senza entrare nei dettagli, diciamo semplicemente, seguendo il Dottore Angelico, che i cosiddetti miracoli impropriamente detti rimangono soggetti alle leggi della natura, anche se fanno appello a forze segrete della natura, sconosciute agli uomini. Al contrario, i veri miracoli implicano necessariamente un allontanamento dalle leggi della natura, un allontanamento che può essere solo opera di Dio. Perciò, quando siamo in grado di stabilire questo con certezza, dobbiamo inchinarci con i Magi di Faraone menzionati sopra e dire, come loro, quando si sentirono impotenti a continuare il loro duello con Mosè: « Il dito di Dio è qui ». (Ex. VIII, 19). Torniamo ora al testo dell’Apocalisse. -Così gli spiriti immondi inviati dal diavolo faranno miracoli e andranno dai re di tutta la terra per radunarli contro la Chiesa. Tutte le forze del Male si coalizzeranno così al tempo dell’Anticristo, per un combattimento decisivo. Ma mentre penseranno di camminare nella vittoria, e si lusingheranno di distruggere il nome del Salvatore, andranno in realtà al grande giorno di Dio Onnipotente, cioè al giorno in cui sentiranno per bene e in modo irresistibile qual è la potenza di Dio, nel giorno del Giudizio Universale. Perché quel giorno è molto vicino e certo. « Preparatevi senza tregua a vederlo venire all’improvviso, perché ecco, io vengo come un ladro, ve l’ho detto nel Vangelo, e voi non sapete quando sarà. Beato colui che sta in guardia, che sorveglia le sue parole, le sue azioni, i suoi pensieri; che custodisce le sue vesti, che conserva con cura l’innocenza ricevuta nel Battesimo e le virtù che sono l’ornamento della sua anima; affinché non si esponga a passare nudo dalla vita presente alla vita eterna, e a vedere la sua ignominia esposta davanti a tutti i Santi. » Il diavolo radunerà tutti i suoi seguaci in un luogo che si chiama in ebraico Armagedon. Gli autori moderni hanno spesso cercato di localizzare questo punto di raduno da qualche parte in Palestina. Alcuni, seguendo Bossuet, privilegiano la città di Mageddo, nella pianura di Esdrelon, che era già stata insanguinata da numerosi disastri nel corso della storia. La morte di Giosia, in particolare (II Reg. XXIII, 29), « aveva reso il suo nome sinistro alle orecchie dei Giudei » (R. P. Allô, op. cit., p. 239). Questa ipotesi non si impone, né nessun’altra dello stesso tipo. La cosa migliore, fino a nuove meglio informate, è attenersi con i Padri al significato allegorico della parola. Armageddon significa: monte dei ladri, o monte delle tenebre. Come tale, esso designa misticamente l’Anticristo, poiché costui, per la sua potenza ed il suo orgoglio, si ergerà in mezzo agli altri uomini come un monte in mezzo alla pianura; un monte sul quale si raduneranno tutti coloro che cercano di rubare le anime a Dio; un monte oscuro, perché non riceve la luce di Colui che si definisce il fiore della pianura e il giglio delle valli. (Cant., Il, 1).

§ 5 – La settima coppa e la fine del mondo.

Ed il settimo Angelo versò la sua coppa sull’aria. Ciò che è chiamato qui: aria, sono i demoni, per analogia con l’espressione di San Paolo che nomina il loro capo: il principe delle potenze dell’aria (Ephes. II, 2). Il settimo Angelo rappresenta i predicatori degli ultimi tempi che annunceranno la punizione definitiva di questi nemici di Dio. Attualmente, secondo un’opinione comune tra i teologi, è permesso infettare l’aria in cui viviamo, per poter torturare gli uomini. Questo è il sentimento di Pietro Lombardo, il famoso Maestro delle Sentenze, così spesso citato da San Tommaso: [Lucifero e i suoi satelliti], egli dice, hanno ricevuto come loro dimora, cadendo dal cielo, l’aria oscura (che circonda la terra). E questo è stato fatto per metterci alla prova, affinché diventino per noi motivo di esercizio, come ci dice l’Apostolo: Noi non dobbiamo lottare contro la carne ed il sangue, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo oscuro, con gli spiriti di malvagità diffusi nell’aria. (Ephes. VI, 12). Non fu loro permesso di abitare in cielo, perché è un luogo luminoso e delizioso; né sulla terra, per non fare troppo male agli uomini; ma quest’aria oscura fu designata per loro come una prigione, fino al tempo del giudizio. Allora saranno gettati nell’abisso dell’inferno, secondo questo testo di San Matteo: “Andate, maledetti, al fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli” (XXV, 41 — Libro delle Sentenze, dist. VI.). Alcuni dottori pensano addirittura che essi evitino così momentaneamente il tormento di questo fuoco che, benché materiale, ha tuttavia il potere di torturare gli spiriti (S. Bonaventura, in particolare, si mostra favorevole a questa opinione. – Come, sul secondo libro delle Sentenze, dist. VI, art. 2, qu. 2.). Ecco perché quelli che Nostro-Signore aveva cacciati dal corpo del posseduto implorarono con tale insistenza che fosse permesso loro di entrare nel branco di porci: temevano che il Salvatore li costringesse a scendere immediatamente nella gehenna (Mc., V, 12). Ma dopo il Giudizio Universale, essendo terminata la loro missione sulla terra, saranno rinchiusi per sempre con i dannati nelle prigioni di fuoco. – San Giovanni vede dunque i predicatori degli ultimi tempi che annunciano l’imminente punizione del diavolo. E una voce potente, la voce di Colui che sedeva sul trono, la voce di Dio stesso, fu udita fuori del tempio, dicendo: È finita; il potere dell’Anticristo è giunto alla fine, la fine del mondo è arrivata. Allora cominciarono a manifestarsi i segni predetti nel Vangelo, che devono precedere il Giudizio Universale: ci furono lampi, grida di terrore, tuoni ed un terremoto così violento che non se n’è mai verificato uno simile da quando ci sono uomini sulla terra. In senso figurato, queste stesse parole segnano gli ultimi assalti della Bestia, gli sforzi supremi dell’Anticristo e dei suoi satelliti per stabilire il loro impero: I lampi rappresentano gli pseudo-miracoli che essi moltiplicheranno per abbagliare la folla; le grida, lo scatenarsi delle loro predizioni; i tuoni, le minacce che faranno a chiunque pretenda di resistere loro; il terremoto, infine, l’ultima persecuzione, che sarà la più terribile di tutte quelle che hanno mai decimato la Chiesa, come ci attesta Nostro Signore stesso (Matteo, XXIV, 21). – E la grande città, cioè la città del mondo, che abbraccia l’universalità del genere umano, vedrà i suoi abitanti dividersi in tre parti, e cioè: i giusti che avranno sempre osservata la legge di Dio; i peccatori che avranno fatto penitenza, ed i peccatori ostinati. E le città delle nazioni crolleranno: allora spariranno tutte le istituzioni, tutte le società che non hanno che un valore umano. E la grande Babilonia verrà alla memoria davanti a Dio: Dio che per tanti anni sembrava essere così ignaro dei crimini commessi sulla terra, o così disinteressato ad essi, che gli empi potevano alleggerirsi la coscienza, e dire a se stessi: « Egli non ce ne renderà conto » (Ps. IX, 13); Dio allora, uscendo finalmente dal suo silenzio, evocherà al suo tribunale, uno per uno, con estrema precisione, senza lasciare nell’ombra alcun dettaglio, tutti i peccati della grande Babilonia, tutti i disordini, tutte le turpitudini, tutte le ingiustizie della città del Male. E gli darà il calice del vino dell’indignazione della sua ira, distribuirà a ciascuno, in proporzione ai suoi crimini, la misura che gli spetta dei castighi reclamati dalla sua ira; ira generata dalla sua indignazione alla vista di tanti oltraggi fatti al suo Amore. Allora tutte le isole fuggirono via, tutti i gruppi di uomini che, in qualche forma, si erano tenuti fermi in mezzo alla corruzione generale, come isole in mezzo al mare, si separeranno dalla società dei malvagi, sfuggendo così alla rovina universale; e le montagne non furono trovate: vale a dire, i Santi, la cui virtù li solleva sopra la folla come le montagne sopra una pianura, non saranno avvolti nella catastrofe. E una grandine discese dal cielo sugli uomini, e il castigo predetto dai predicatori cadde sui peccatori; e i chicchi di grandine erano ciascuno grande come un talento, perché il castigo per ogni peccato sarà pesato esattamente secondo la gravità di esso; e gli uomini, che furono così gettati nell’inferno, bestemmiarono Dio che li aveva così puniti, ed infatti la grandine divenne estremamente violenta, perché la gravità dei tormenti dell’inferno supera tutto ciò che si possa immaginare.

§ 6 – Spiegazione morale delle sette coppe o sette piaghe.

Le coppe dei sette angeli, di cui abbiamo appena spiegato il significato allegorico, secondo la storia della Chiesa, hanno anche un significato morale, e in questo senso rappresentano le punizioni per i sette peccati capitali. I predicatori sono simboleggiati dagli Angeli, perché come questi spiriti benedetti sono impegnati nella cura delle anime, che devono proteggere contro tutti i mali da cui sono minacciate. – La prima coppa che devono versare, il primo peccato che devono indicare è quello della gola: questo vizio infatti è come la terra in cui crescono tutti gli altri, e, se non viene vinto per primo, rende sterili gli sforzi che si fanno contro i successivi. Inoltre, i golosi sono paragonati alla terra, perché sono insaziabili come essa; hanno il carattere della Bestia, perché vivono come animali, occupati solo a soddisfare i loro appetiti più grossolani, e ne adorano l’immagine, perché il loro Dio è il loro ventre, come dice San Paolo (Filippesi III, 19). Questo vizio prepara una terribile ferita per l’anima, perché i dannati soffriranno tanto più all’inferno per non avere nulla per soddisfare la loro fame e la loro sete, in quanto avranno cercato più avidamente i piaceri della tavola quaggiù. – La coppa del secondo Angelo rappresenta la punizione della lussuria. Gli uomini dediti a questo vizio sono paragonati al mare, a causa dei movimenti tumultuosi, delle violente tempeste che questa passione suscita nelle loro anime, e dell’amarezza di cui le riempie. Il sangue che scorre dalle loro ferite è come quello di un morto, non come quello di un ferito, perché, umanamente parlando, non lascia spazio alla speranza di recupero; chi cade sotto l’influenza di questa passione avrà infinite difficoltà ad uscirne. Ci vorrà un vero miracolo, come per resuscitare un morto. Questo è ciò che l’autore dell’Ecclesiaste vuole farci capire quando dice: « Ho incontrato una donna più amara della morte: è come il laccio dei cacciatori, il suo cuore è una rete, le sue mani sono catene ». (VII, 27). E quello dei Proverbi aggiunge che la cortigiana è un pozzo profondo (XXIII, 27). La terza fiala è l’annuncio del castigo a cui l’ira espone; e poiché questo vizio, a volte dimora sordamente nelle profondità del cuore, a volte si diffonde con forza all’esterno, viene qui paragonato successivamente alle sorgenti delle acque e a un fiume. I due Angeli che entrano in scena per rendere testimonianza alla giustizia di Dio rappresentano i due Testamenti, che garantiscono solennemente che Dio esigerà una resa dei conti rigorosa da chiunque abbia versato il sangue dei suoi simili. – Il quarto vizio è quello della vanagloria, rappresentato dal sole, perché chi ne è afflitto pensa di essere il centro dell’universo. Lungi dal nascondere le loro buone azioni, come consiglia il Vangelo, cercano di renderle visibili, e si lusingano che le loro virtù diffondano una luce meravigliosa intorno a loro. Ecco perché Giobbe si congratulava con se stesso per non aver visto lo splendore del sole: con questo voleva dire che non aveva notato che la sua vita potesse essere un esempio per gli altri. (XXXI, 26). E, continua l’autore sacro, all’Angelo fu dato il potere di affliggere gli uomini, cioè i superbi e i vanitosi, con calore e fuoco: con il calore dell’ambizione, quando i loro affari sono prosperi; con il fuoco dell’ira, al contrario, quando incontrano avversità. Questo è davvero un doppio frutto dell’orgoglio. Infatti, quando avevano successo, erano consumati dall’ambizione; quando fallivano, bestemmiavano il nome di Dio, rimproverandolo di non aver usato il suo potere per risparmiarli dai mali che li colpivano. E rifiutarono di fare penitenza, perché anche questo è uno degli effetti più dannosi dell’orgoglio; tuttavia, questa penitenza sarebbe stata un mezzo di salvezza per loro e di gloria per Dio. – Il quinto Angelo versò la sua coppa sulla sede della Bestia, cioè predicò contro il vizio della gelosia e mostrò le sue devastazioni: coloro che si lasciano soggiogare da essa diventano un regno di tenebre, mettono le loro anime sotto l’impero particolare del diavolo. È infatti per la gelosia del diavolo che la morte è entrata nel mondo, dice il libro della Sapienza (II, 24). Sono immersi nella cecità più perniciosa: le gioie e i successi del loro vicino sono per loro motivo di dolore, e il suo progresso nel bene li spinge ancora di più nel male, attraverso l’odio che ne concepiscono. Si mangiano la lingua nella maldicenza e nella calunnia, che indulgono a causa del dolore causato dalla felicità degli altri, dilaniandosi a vicenda e bestemmiando il Dio del cielo a causa delle ferite che si infliggono con le loro detrazioni. Perché « la detrazione – dice San Bernardo – è una vipera che ferisce tre persone in una volta sola: colui che la fa, colui che l’ascolta volentieri, e colui che ne è oggetto, quando ne viene a conoscenza. E non hanno fatto penitenza per le loro azioni, perché anche qui, l’uomo abituato a questo peccato trova molto difficile correggersi. – Il sesto Angelo, che versa la sua coppa sull’Eufrate, rappresenta i predicatori che denunciano il male dell’avarizia. Questo è simboleggiato dall’Eufrate, perché questo fiume, le cui onde impetuose sembrano voler montare e diffondersi, lascia dietro di sé solo fango: così l’avarizia, mentre si sforza di aumentare la sua ricchezza, lascia dietro di sé solo il fango del peccato. Seccare l’acqua, come fa qui l’Angelo, per preparare la strada ai re, è mostrare la natura volubile e transitoria dell’abbondanza temporale, in modo che i re, cioè i predicatori, possano facilmente cedere al cuore dei loro ascoltatori, sotto l’azione del sole nascente, cioè della grazia di Cristo. Ma contro questa predicazione, sono unite le forze del mondo, cioè la concupiscenza degli occhi, la concupiscenza della carne e l’orgoglio della vita, (I Giov., II, 16.). Essi sono rappresentati qui dal drago, dalla Bestia e dallo pseudo-profeta. La concupiscenza degli occhi, poiché non è mai soddisfatta, è rappresentata dal drago, un animale che è sempre alterato. I tre spiriti ripugnanti che escono dalla sua bocca sono le tre tendenze che promuove nell’uomo: l’avidità di guadagno, la parsimonia quando si tratta di dare e l’accumulo di riserve. La Bestia rappresenta l’orgoglio, che devasta tutte le cose: i tre spiriti immondi che ne derivano sono: l’irriverenza verso i superiori, il desiderio di dominare gli uguali e la durezza verso gli inferiori. Queste sono le tre lance con cui Joab trafisse Assalonne (II Reg., XVIII. 14), i tre colpi con cui l’orgoglio distrugge la sua vittima. Infine, lo pseudo-profeta rappresenta la concupiscenza della carne; i tre spiriti che procedono da essa sono: la gola, la ricercatezza nell’abbigliamento e l’ozio. Questi, dunque, sono gli spiriti di cui il diavolo si serve per turbare gli uomini e portarli alla grande battaglia che vuole condurre contro il suo Creatore. Beato colui che veglia, colui che sta in guardia, sforzandosi di vivere in obbedienza, di rimanere sotto lo sguardo di Dio e di agire sempre con purezza di intenzione. – La coppa del settimo Angelo rappresenta la punizione dei pigri (accidiosi), che vanno avanti e indietro come l’aria, senza fare nulla. Che vergogna per l’uomo pensare di sprecare il tempo di questa vita, quando tutta la natura gli dà l’esempio di un’attività che non si stanca mai … quando gli astri corrono senza tregua e con tutta la loro velocità, sulla sfera che Dio ha tracciato per loro, … quando tanti animali si applicano senza tregua a un lavoro dal quale non hanno alcuna ricompensa da aspettarsi. Perciò Salomone ci esorta a contemplare le formiche: «Vai a vedere la formica, o pigro – ci dice – e considera le sue vie, e vedi la fatica che fa per portare un chicco di grano a casa sua, e prendi saggezza da lui! » (Prov., VI, 6).

IL SENSO MISTICO DELL’APOCALISSE (10)