IL SENSO MISTICO DELL’APOCALISSE (3)

G.  Dom. Jean de MONLÉON

Monaco Benedettino

Il Senso Mistico

dell’APOCALYSSE (3)

Commentario testuale secondo la Tradizione dei Padri della Chiesa

LES ÉDITIONS NOUVELLES 97, Boulevard Arago – PARIS XIVe

Nihil Obstat: Elie Maire Can. Cens. ex. off.

Imprimi potest: t Fr. Jean OLPHE-GALLIARD Abbé de Sainte-Marie

Imprimatur: A. LECLERC. Lutetiæ Parisiorum die II nov. 1947

Copyright by Les Editions Nouvelles, Paris 1948

Prima Visione

LA REFORME DELLE CHIESE

TERZA PARTE

LA LETTERA ALLE SETTE CHIESE (Seguito)

Capitolo III, 1- 22

“E all’Angelo della Chiesa di Sardi scrivi: Queste cose dice colui che ha i sette Spiriti di Dio e le sette stelle: Mi sono note le tue opere, e come hai il nome di vivo, e sei morto. Sii vigilante, e rafferma il resto che sta per morire. Poiché non ho trovato le tue opere perfette dinanzi al mio Dio. Abbi adunque in memoria quel che ricevesti, e udisti, e osservalo, e fa penitenza. Che se non veglierà! verrò a te come un ladro, né saprai in qual ora verrò a te. Hai però in Sardi alcune poche persone, le quali non hanno macchiate le loro vesti: e cammineranno con me vestiti di bianco, perché ne sono degni. Chi sarà vincitore, sarà così rivestito di bianche vesti, né cancellerò il suo nome dal libro della vita, e confesserò il suo nome dinanzi al Padre mio e dinanzi ai suoi Angeli. Chi ha orecchio, oda quello che dice lo Spirito alle Chiese.

E all’Angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi: Così dice il Santo e il Verace, che ha la chiave di David: che apre, e nessuno chiude: che chiude, e nessuno apre: Mi sono note le tue opere. Ecco io ti ho messo davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere: perché hai poco di forza, ed hai osservata la mia parola e non hai negato il mio nome. Ecco io (ti) darò di quelli della sinagoga di satana, che dicono d’essere Giudei, e non lo sono, ma dicono il falso: ecco io farò sì che vengano e s’incurvino dinanzi ai tuoi piedi: e sapranno che io ti ho amato. “Poiché hai osservato la parola della mia pazienza, io ancora ti salverò dall’ora della tentazione, che sta per sopravvenire a tutto il mondo per provare gli abitatori della terra. Ecco che io vengo tosto: conserva quello che hai, affinché niuno prenda la tua corona. Chi sarà vincitore, lo farò una colonna nel tempio del mio Dio, e non ne uscirà più fuori: e scriverò sopra di lui il nome del mio Dio, e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme, la quale discende dal cielo dal mio Dio, e il mio nuovo nome. Chi ha orecchio, oda quel che lo Spirito dice alle Chiese. –

E all’Angelo della Chiesa di Laodicea scrivi: Queste cose dice l’amen, il testimone fedele e verace, il principio delle cose create da Dio. “Mi sono note le tue opere, come non sei né freddo, né caldo : oh fossi tu freddo, o caldo: ma perché sei tiepido, e né freddo, né caldo, comincerò a vomitarti dalla mia bocca. Perciocché vai dicendo: Sono ricco, e dovizioso, e non mi manca niente: e non sai che tu sei un meschino, e miserabile, e povero e cieco, e nudo. Ti consiglio a comperare da me dell’oro passato e provato nel fuoco, onde tu arricchisca, e sia vestito delle vesti bianche, affinché non comparisca la vergogna della tua nudità, e ungi con un collirio i tuoi occhi acciò tu vegga. Io, quelli che amo, li riprendo e li castigo. Abbi adunque zelo, e fa penitenza. Ecco che io sto alla porta, e picchio: se alcuno udirà la mia voce, e mi aprirà la porta, entrerò a lui, e cenerò con lui, ed egli con me. Chi sarà vincitore, gli darò di sedere con me sul mio trono: come io ancora fui vincitore, e sedei col Padre mio sul trono. Chi ha orecchio, oda quel che lo Spirito dice alle Chiese.”

§ 1. — Lettera alla Chiesa di Sardi.

E all’Angelo della Chiesa di Sardi, scrivi: Questo è ciò che dice Colui che ha i sette Spiriti di Dio e le sette stelle: il Cristo, che dispone a suo piacimento dei doni dello Spirito Santo e che tiene sotto la sua autorità i prelati delle sette chiese, che rappresentano tutta la gerarchia ecclesiastica: « Io conosco le tue opere; so che hai un nome, – cioè un’apparenza esteriore, – che lascia credere agli uomini che vivete, profondamente, intensamente, la vostra vita cristiana; mentre in realtà siete morti, perché siete privi della vera vita, quella della mia grazia. »  Il tono di questa lettera, come potete vedere, prende immediatamente la forma di un rimprovero. Cristo non fa qui uso di argomentazioni preliminari, come ha fatto nelle precedenti ammonizioni. È perché il peccato di cui vuole occuparsi con il Vescovo di Sardi è più grave, perché è segreto e difficile da scoprire. Forse questo prelato, senza saperlo, si dà l’apparenza della santità; compie le opere esterne della santità: ma il motivo segreto a cui obbedisce è la vanagloria, non l’amore di Dio. Lo spirito che ispira questa quinta epistola è lo spirito di Consiglio: perché il vizio dell’ipocrisia, che qui si tratta di riprendere, sfugge alla perspicacia degli uomini comuni. Essi, come dice la Scrittura, vedono la faccia; ma Dio legge nelle profondità del cuore, (Cf. I Reg., XVI, 7.1) e lo spirito di consiglio ha precisamente come primo effetto il comunicare all’uomo qualcosa di questa penetrazione divina; di rendere più acuto lo sguardo della sua ragione, e di permettergli di vedere ciò che non vedrebbe con le sue sole luci naturali, nell’ordine morale. – Forse c’è un certo parallelismo tra il caso del vescovo di Sardi e la storia di quella città. « Il sito di Sardi – scrive il P. Allô – su una collina che si staglia dal Tmolus verso l’Hermus, ed è accessibile solo da sud, sembrava renderlo un luogo inespugnabile; tuttavia, poiché contava troppo sulla sua forza naturale, era stato sorpreso due volte: da Ciro, nella sua guerra contro Creso, e tre secoli dopo, da Antioco il Grande; il nemico era salito come un ladro nella notte, il suo bastione di rocce ripide ma fatiscenti. La chiesa di Sardi, che manca di zelo e di vigilanza, è in pericolo di essere sorpresa allo stesso modo, ma questa volta da Cristo, il giudice. » – In ogni caso, il peccato di questo Vescovo è certamente grave, poiché Nostro Signore non ha paura di dirgli: Sei morto. Egli è morto, eppure, grazie al ministero che esercita, grazie alle buone azioni che compie per abitudine, rimane in lui una scintilla di vita che può essere riaccesa: lo stoppino è ancora fumante. Egli è morto, ma può risorgere, come Lazzaro, come il figlio della vedova di Naim, come la figlia di Giairo, che sono, in gradi diversi, peccatori per cui non dobbiamo disperare. Ecco perché Nostro Signore parla ai morti come ad un vivo: « Esci dal tuo sonno, diventa vigilante, impara a custodire sia il tuo cuore che il tuo gregge. D’ora in poi, preserva dal vento della vana gloria, tutte le opere che ancora farai; altrimenti andranno perdute, come sono andate perdute quelle che hai fatto finora; perché agli occhi del mio Dio non sono piene. Possono apparire tali agli occhi degli uomini, che si lasciano facilmente ingannare dalle apparenze; ma davanti al Dio, davanti a quel Dio che Io stesso ho avuto tanta cura di compiacere, quando ero tra voi, sono vuote: mancano della purezza dell’intenzione, mancano di quell’impulso d’amore che solo darebbe loro valore ai suoi occhi. – Ricordati poi di ciò che hai, ricevuto, di ciò che hai compreso. Ricordati degli esempi che hai ricevuto dagli Apostoli: San Paolo scriveva al suo discepolo Tito: “Il Vescovo deve essere irreprensibile, come si addice a colui che è dispensatore di Dio, che non deve essere né orgoglioso, né collerico, né incline al bere, né brutale, né avido di guadagni vergognosi; ma che sia ospitale, buono, sobrio, retto, santo, continente, fortemente attaccato nelle verità della fede, che sono secondo la dottrina (degli Apostoli), affinché possa esortare secondo la sana dottrina e confondere coloro che la contraddicono (Tit. I, 7). Ricordati di ciò che hai imparato nella Legge di Mosè: Chiunque della stirpe sacerdotale di Aronne sarà contaminato, non si avvicinerà all’altare per offrire ostie al Signore, né pane al suo Dio. E ancora: Ogni uomo della vostra razza che si avvicina alle cose sante… ma in cui c’è contaminazione, perirà davanti al Signore. (Lévit., XXI, 21; XXII, 3). Questo è ciò che dovete ricordare e osservare. Se non vegli, se non ti applichi a correggere te stesso e a raddrizzare la tua intenzione verso Dio, Io verrò da te, non come un amico o come lo sposo della tua anima, ma come un giudice, per chiamarti a rispondere e punirti di conseguenza. Io apparirò all’improvviso come un ladro, e tu non avrai il tempo di metterti in regola, perché non saprai a che ora apparirò, se alla sera, o al mattino, o al canto del gallo, o in pieno giorno (Marc. XIII, 35). – Tuttavia, voglio aspettare ancora un po’. C’è un argomento che depone a tuo favore e che ferma il corso della mia giustizia: è che tu hai in Sardi alcune anime fedeli, di cui conosco i nomi. » Quest’ultima espressione sulla bocca di Dio significa che egli conta tra i suoi amici coloro di cui parla. In questo senso disse a Mosè: Io ti conosco per nome (Es., XXXIII, 17); e nel Vangelo: Io conosco le mie pecore ed esse conoscono me (Jo., X, 14). « Questi – continua – non hanno contaminato le loro vesti; hanno saputo mantenere intatta la veste della loro innocenza, evitando le colpe gravi, purificandosi attentamente dalle colpe leggere, praticando le virtù. Anche loro cammineranno con me in vesti bianche, mi seguiranno ovunque io vada, Io che sono l’Agnello senza macchia, il giglio delle valli e la corona delle vergini; saliranno sulle mie tracce di virtù in virtù, finché non li introduca nel Paradiso. Perché ne sono degni: perché la fedeltà di cui fanno prova, avrà meritato loro la grazia di avanzare nella virtù. » Le vesti bianche rappresentano sia l’innocenza conservata qui sulla terra che la gloria promessa ai corpi risorti. « Prendili come modello. Colui che saprà vincere le vanità del mondo, i desideri della carne, le suggestioni del diavolo, sarà rivestito di vesti bianche come loro, e Io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, non lo cancellerò dalla lista degli eletti. E confesserò il suo nome davanti al Padre mio e ai suoi Angeli. Nell’ora del suo giudizio particolare, come nel giorno del giudizio universale, lo reclamerò per uno dei miei; lo porrò tra coloro ai quali dirò: Venite, benedetti del Padre mio… perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e mi avete dato da bere, ecc…. (Mt. XXV, 34, 35). » E questo riconoscimento ufficiale fatto da Cristo, davanti alla Sovrana Maestà di Dio, davanti alla Santissima Vergine, davanti all’assemblea universale degli Angeli e degli uomini, è l’onore supremo al quale possiamo aspirare, e per il quale dobbiamo disprezzare tutte le glorie di questo mondo. – « Chi ha un orecchio attento, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese; non faccia nulla senza ascoltare lo spirito di consiglio, che gli parlerà o per ispirazione interiore o per bocca dei saggi; e torni a Dio con la penitenza, se ha avuto la sventura di cadere. »

§ 2. – Lettera alla Chiesa di Filadelfia.

E all’Angelo della Chiesa di Filadelfia, scrivi: Lo spirito che sta per parlare ora è lo spirito di Intelletto. La virtù propria è quella di rivelare ai piccoli, agli umili di cuore, i misteri della Sapienza divina e le profondità della Scrittura, che i sapienti e i prudenti di questo mondo non possono penetrare. (Mt., XI, 25). Esso sarà diffuso in abbondanza sulla Chiesa di Filadelfia, perché la Chiesa di Filadelfia, se crediamo all’etimologia del suo nome, si distingueva per la sua carità fraterna, che riassume tutta la perfezione del Vangelo. Questo è ciò che dice il Santo e il Veritiero: Colui che ha la chiave di Davide, che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre. Questi epiteti designano chiaramente il Cristo. È Lui il Santo per eccellenza: è l’unico, per essenza, ed è allo stesso tempo l’unica fonte da cui procede la santità di tutti gli altri; è Lui il Veritiero: tutto ciò che ha detto, tutto ciò che ha promesso si realizzerà infallibilmente; Egli ha la chiave di Davide, perché è la sua vita e la sua morte che ci permette di decifrare il significato misterioso dei Salmi, e di tutta la Scrittura. È Lui che apre la mente alla comprensione di questi Libri santi ed il cuore alla grazia: e nessuno chiude, nessun argomento, nessun artificio può sviare coloro che aderiscono a Lui per fede e amore; è anche Lui che chiude, che rende questi Libri impenetrabili alle luci della ragione umana lasciata a se stessa: e nessuno può aprire, perché nessuno, per quanto paziente possa essere nel suo lavoro, per quanto erudito possa essere nelle scienze umane, può capire qualcosa del significato profondo della Scrittura senza il Suo aiuto. « Conosco le tue opere, le approvo, le amo ». Queste sono opere di carità, fatte in umiltà e pazienza, come dirà tra poco. Ma prima di tutto si affretta a mostrare la ricompensa che intende destinare al Vescovo di Filadelfia: Ecco, io ti ho concesso, – cioè ho deciso di concederti, – una porta aperta davanti a te, cioè la comprensione del significato delle Scritture, che di per sé aprirà la porta dei cuori alla verità, e inoltre ti introdurrà personalmente nella mia intimità. E nessuno potrà chiuderti questa porta, nessuno potrà portarti via questo dono. Te lo concedo, perché sei umile: conosci la tua debolezza, sai di avere poca virtù, eppure hai conservato fedelmente la mia parola, hai osservato la dottrina del Vangelo, soprattutto sul punto della carità, e quando è arrivata la prova, non hai rinnegato il mio nome. Per questo motivo, ecco, io ti darò la grazia di convertire alcuni di quelli che appartengono alla sinagoga di satana, che si dicono Giudei e mentono, perché non lo sono: sono circoncisi, è vero, ma solo secondo la carne. Perciò non tormentarti, visto che molti sono insorti contro di te per il modo in cui causa insegni la Scrittura. La stessa cosa è successa a me; quando ho spiegato le profezie ai miei concittadini, essi dicevano: « Come fa costui a conoscere le lettere? Dove le ha imparate? In cosa si mischia il figlio del carpentiere? » – (Jo., VII, 15; — Matt., XIII, 55). Anche quelli erano della sinagoga di satana, sostenevano di essere discendenti di Abramo, mentre in realtà non erano che figli del diavolo. (Jo., VII, 33, 34).  Non lasciarti smuovere dal loro atteggiamento ostile. Io farò in modo che essi vengano a te; un giorno riconosceranno il loro errore, si prostreranno ai tuoi piedi e sapranno che Io ti ho amato e per questo ho permesso che tu fossi perseguitato. – Perché avete osservato fedelmente la parola della mia pazienza… cioè, perché hai cercato di imitare l’esempio che ho dato sulla croce, quando, lungi dall’irritarmi con loro che mi facevano sottoponevano a sofferenze così terribili, ho pregato per loro ed ho detto: « Padre, perdona loro, non sanno quello che fanno. (Luc. XXIII, 34). Poiché dunque tu hai osservato questa parola, Io ti preserverò dall’ora della tentazione che deve venire su tutto l’universo, per provare quelli che abitano sulla terra. » – Qual è la tentazione di cui il Salvatore vuole parlare qui? I commentatori hanno pensato a volte alla persecuzione di Nerone, a volte a tutti quelli che hanno insanguinato i primi secoli, e a volte a quella che dovrà accompagnare il regno dell’Anticristo. Queste spiegazioni possono essere accettate e contengono senza dubbio una parte di verità; tuttavia, in modo più generale, dobbiamo vedere in questa parola un’allusione alle prove di ogni genere che non cessano mai nella Chiesa, e che affliggono specialmente i giusti, avendo Dio voluto così perché si manifestassero le loro virtù. Perciò non è detto qui che la Chiesa di Filadelfia sarà preservata dalla persecuzione esterna, perché ciò sarebbe privarla di un’abbondante fonte di merito e di gloria: il Figlio di Dio le promette solo un aiuto speciale per evitare che venga meno sotto questa prova. Il Figlio di Dio promette solo un aiuto speciale per impedirle di fallire in questa prova: « Ecco, Io vengo presto; ecco, presto farò conoscere la mia assistenza a coloro che combattono, a coloro che soffrono, che meritano.  Tenete fermo ciò che hai, perseverate nelle tue attuali disposizioni ed opere, affinché nessuno riceva la corona che ti è destinata. Non fare come Giuda, che per il suo crimine e la sua disperazione ha perso le insegne di Apostolo di Cristo, di cui era rivestito e che San Mattia ha ereditato (Cf. Ps. CVIII, 8. et episcopatum ejus accipiat alter.). – Né come il quarantesimo martire di Sebaste, che non ebbe il coraggio di sopportare fino alla fine il tormento del lago ghiacciato: rinunciò alla lotta, ma uno dei suoi guardiani, vedendo brillare in cielo quaranta corone, quando erano rimasti nella lizza solo trentanove atleti di Cristo, si affrettò a prendere il posto del disertore ed ereditò la ricompensa (Bollandisti, 10 Marzo). « Colui che avrà riportato la vittoria, Io lo farò diventare una colonna nel tempio del mio Dio. » Questa comparazione è rivolta ai Santi ed ai perfetti, a causa del solido fondamento della loro fede e della loro pazienza; essi sopportano senza vacillare tutti gli assalti del diavolo e del mondo e, lungi dal vacillare davanti alle colpe dei loro fratelli, li sostengono con le loro esortazioni ed i loro esempi. È in questo senso che San Paolo ha paragonato Giacomo, Cefa e Giovanni a delle colonne (Gal., II, 9), e che Dio ha chiamato Geremia una colonna di ferro (Ez., II, 18). « Quest’uomo dunque non uscirà più fuori », non si allontanerà più dalla retta via, ma continuerà nelle opere buone, senza essere sviato da alcuna tentazione o minaccia. « E scriverò su di lui in modo indelebile il nome del mio Dio, quel nome che era inciso sulla tiara del sommo sacerdote (Ex. XXVIII, 36); cioè: lo farò figlio di Dio per adozione, come Io stesso lo sono per natura. E scriverò anche il nome della città del mio Dio, la Nuova Gerusalemme: lo contrassegnerò con il titolo di cittadino della Gerusalemme celeste, e ne farò un uomo di pace – perché il nome di Gerusalemme significa: Visione di pace – e un uomo nuovo, rigenerato nella grazia. Stabilirò in lui il regno della carità, e tutti potranno vedere che egli non è più della terra, che appartiene a questa meravigliosa Città che non è opera dell’uomo, ma che scende dal cielo, perché, venendo con Cristo, porta quaggiù i costumi della corte celeste, e perché trae tutta la sua vitalità, tutta la sua organizzazione, tutta la sua bellezza, dal mio Dio, e scriverò su di lui il mio nuovo nome, questo nome di Cristo che ho preso quando sono venuto sulla terra e che significa: Unto; Io verserò su di lui questo olio misterioso che lo farà a mia immagine, sacerdote e re. Chi ha orecchio, comprenda ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Che si avvicini al fiume della dottrina della vita e ne beva; che applichi il suo spirito, come Maria, per ascoltare la voce del Maestro, affinché l’occhio della sua intelligenza possa scoprire la verità nascosta sotto le figure. »

§ 3.  – Lettera alla Chiesa di Laodicea.

E all’Angelo della chiesa di Laodicea scrivi. Lo spirito che ascolteremo in questa lettera è lo spirito della sapienza. È indirizzata ad un’anima piena di auto-illusione, e impantanata da essa nella tiepidezza, nemico mortale dell’avanzamento spirituale: così Egli sarà particolarmente severo, ricordando al suo corrispondente l’umiltà, e predicandogli la necessità di conoscere se stesso per elevarsi alla vera saggezza. Tuttavia, non dimentica i diritti della misericordia e incalza il colpevole con sollecitazioni in cui si tradisce la tenerezza del suo Cuore e la costanza del suo Amore. « Questo è ciò che dice l’Amen, il testimone fedele e vero, il principio della creazione di Dio. » La parola Amen, usata qui come sostantivo, esprime la Verità assoluta, infallibile, immutabile, che si identifica con l’Essere, e alla quale si deve aderire ad occhi chiusi, senza discussioni o riserve. Questa Verità è personificata in Gesù Cristo Nostro Signore, testimone fedele perché compie tutto ciò che promette; testimone veritiero perché le sue affermazioni non possono essere messe in dubbio, sia quando parla delle realtà divine che è venuto ad annunciare al mondo, sia quando accusa i peccati degli uomini o proclama i loro meriti. Egli è il principio della creazione di Dio, in quanto tutte le cose sono state create da Lui, e nulla è stato fatto senza di Lui (Jo, I, 3); soprattutto in questo senso, qui, che è per mezzo di Lui che si opera il nostro rinnovamento in Dio: tutti noi abbiamo cominciato, con San Paolo, come figli dell’ira, vivendo nei desideri della carne, facendo la volontà della carne, sepolti nella morte del peccato: ma Dio, che è ricco di misericordia, a causa dell’eccessiva carità con cui ci ha amati, ci ha risuscitato e stabilito nelle cose celesti con il suo Figlio Gesù. Questo è puro dono della Sua grazia, e non saremo mai abbastanza persuasi che noi non siamo « frutto delle nostre opere, ma opera Sua, creati di nuovo in Cristo Gesù » (Ephes., II, 1-11, passim.). « Conosco le tue opere. So che non sei né freddo né caldo: non sei completamente freddo, perché la tua fede non è morta; perché, come il fariseo del Vangelo, che digiunava due volte alla settimana e distribuiva ai poveri la decima dei suoi beni, rimani attaccato a certe pratiche esteriori. Ma tu non sei nemmeno caldo: non hai nessuna preoccupazione di imparare ad amare Dio ed il tuo prossimo, non hai zelo per la salvezza delle anime, né per il tuo avanzamento nella virtù. Vorrei tanto che tu fossi freddo, che non avessi questa osservanza esteriore, che ti dà l’impressione di essere giusto, perché allora sarebbe facile farti capire la tua miseria e condurti alla conversione. – O se tu fossi caldo, se tu avessi davvero la carità, che ti porterebbe alla pratica del bene e alla ricerca della perfezione! Ma poiché sei tiepido, poiché siete inerte e languido nelle vie del bene, comincerò a vomitarvi dalla mia bocca. » Il Signore procede, come sempre, con moderazione e dolcezza. Non colpisce subito il colpevole: semplicemente lo minaccia, se non cambia la sua condotta, di cominciare a ritirare la sua grazia, il che lo getterà gradualmente fuori dalla comunione dei Santi, e cioè, come se fosse fuori da Dio. La parola “vomito” che è usata qui per rappresentare la scomunica, ha lo scopo con la sua stessa eccessività di farci capire il dolore che Dio prova nell’usare questa punizione, e tuttavia questo è l’unico mezzo che può usare per eliminare dal suo Corpo mistico gli elementi che sono resistenti ad ogni assimilazione. Questa espressione segna anche il disgusto che Dio ispira a coloro che pretendono di tenere una giusta via di mezzo tra il servizio a Lui, e quello del mondo. E qual è la causa di questa tiepidezza? – È la buona opinione che il Vescovo di Laodicea ha di se stesso; egli si dice nel segreto del suo cuore: « Sono ricco di vantaggi temporali e spirituali, e sono ancora più ricco per tutte le opere buone che ho fatto; non ho bisogno dell’insegnamento o dell’aiuto di nessuno. – « E tu ignori – gli risponde Dio – e di un’ignoranza colpevole, un’ignoranza che proviene dalla cecità in cui ti immerge il tuo orgoglio; tu ignori di essere un miserabile, un infelice nato nel peccato e del tutto incapace di uscirne con le tue forze; sei un povero uomo, non hai alcun merito dal tuo fondo; un cieco, perché non ti conosci; e sei nudo, avendo perso la veste della tua innocenza. » Il testo greco accentua la forza di queste espressioni aggiungendo l’articolo prima di esse: tu non sai di essere lo che sventurato, il povero, ecc. … Ti invito dunque a comprare da me l’oro di una carità ardente di fervore e sincera, purificata da ogni ricerca di sé, attraverso la prova e la tribolazione. Io voglio che tu lo compri da me, perché non lo troverai nei libri, né nel commercio delle creature, né nell’azione esterna: lo troverai solo chiedendomelo nella preghiera. Ma sebbene questo sia un dono gratuito della mia misericordia, voglio che tu lo compri con i tuoi sforzi, le tue buone opere e le tue penitenze. Allora diventerai veramente ricco di beni spirituali; ti rivestirai delle bianche vesti di una vita pura, e la confusione della tua nudità, delle tue deformità, sarà cancellata dalla mia presenza. – « E ungi i tuoi occhi con il collirio, perché tu possa recuperare la vista ». Questo meraviglioso collirio, che restituisce così la vista ai ciechi, è la Passione di Cristo, che apre gli occhi dell’anima, cioè l’intelletto e la volontà, alla comprensione e all’amore di ciò che è il vero bene dell’uomo. Esso getta la luce della verità su tutte le cose e rende manifesto l’errore e la follia di coloro che corrono dietro alle soddisfazioni della carne o all’amor proprio, mostra il percorso che Cristo ha fatto per tornare in cielo, e che noi dobbiamo fare dopo di Lui. Come il collirio punge gli occhi, facendoli piangere ed espellendo così le impurità che li accecavano, così punge l’anima – questo è il significato originale della parola: compunzione – facendole sentire il dolore dei peccati commessi, il senso di ingratitudine che ha mostrato verso Dio, e così purificandola. Lo stesso simbolismo si trova nel libro di Tobia, quando l’Arcangelo Raffaele ordina al suo giovane protetto di strofinare gli occhi del padre con il fiele del pesce, per ridargli la vista: il pesce, come sappiamo, è la figura di Cristo, ed il fiele rappresenta la parte amara della sua vita, cioè la sua Passione. Dopo questo severo avvertimento, il divin Maestro, unendo come sempre la giustizia e la misericordia, lascia spazio alla tenerezza del suo Cuore: « Sono coloro che amo che Io castigo, aggiunge, cioè, non ribellarti, non prendere i miei ammonimenti nel modo sbagliato. Io non faccio come i servi del mondo, che lusingano solo i loro amici e riservano tutto il loro rigore a coloro che li dispiacciono; al contrario, Io rimprovero e colpisco coloro che amo. Con questo desidero mantenerli sulla strada giusta ed insegnare loro a conoscere se stessi. Esci dal tuo torpore, rispondi al mio amore con l’amore, imita i miei Santi e fa’ penitenza. Se questo sforzo sembra al di sopra delle tue forze, non scoraggiarti; Io sono qui per aiutarti. Ecco, Io sto alla porta del tuo cuore, faccio appello al tuo libero arbitrio – perché questa è l’unica porta attraverso la quale Cristo entra nelle nostre anime – e busso. Cerco di provocare in te dei sentimenti di compunzione, a volte con ispirazioni interiori, a volte per mezzo di circostanze esterne, affinché tu ti apra a Me. Vorrei entrare e sedermi alla tua tavola, a quella tavola interiore dove il tuo spirito banchetta solitamente di vana gloria; vorrei sedermi lì con te, e condividere insieme ciò che ognuno ha portato: tu mi daresti le tue opere, e Io darei la mia gloria. Se qualcuno ascolta la mia voce ed apre la porta del suo cuore con la sua fede, con l’acquiescenza della sua volontà, Io entrerò in lui con la mia grazia e le mie consolazioni; penetrerò nel suo profondo, lo trasformerò, e cenerò con lui e lui con Me: Io gli farò gustare la dolcezza del mio amore, in attesa che venga a sua volta a cenare con Me, nel mio Paradiso. » Si noti che l’autore dice “cena” e non “pranzo” perché dopo la cena, la giornata è finita: non c’è più bisogno di tornare al lavoro, e la conversazione intima può continuare finché gli amici lo desiderano. “Colui che riporterà la vittoria sui nemici della sua salvezza, sul diavolo, sulla carne e sul mondo, gli darò di sedere con me sul mio trono, come ho promesso ai miei dodici Apostoli. Ma questi posti si conquistano solo con una dura lotta; ed Io stesso, solo dopo aver combattuto e vinto, dopo essermi fatto obbediente fino alla morte ed alla morte di croce, ho preso posto con il Padre mio sul mio trono. Chi ha l’orecchio del cuore attento, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. »