IL CATECHISMO CATTOLICO DEL CARDINAL GASPARRI (20)

CATECHISMO CATTOLICO A CURA DEL CARDINAL PIETRO GASPARRI (20)

PRIMA VERSIONE ITALIANA APPROVATA DALL’AUTORE 1932 COI TIPI DELLA SOC. ED. (LA SCUOLA) BRESCIA

Brixiæ, die 15 octobris 1931.

IMPRIMATUR

+ AEM. BONGIORNI, Vic. Gen

TESTIMONIANZE DEI CONCILI ECUMENICI DEI ROMANI PONTEFICI, DEI SANTI PADRI E DELLE SACRE CONGREGAZIONI ROMANE CHE SI CITANO NEL CATECHISMO

DOMANDA 2°

Concilio di Firenze: Vedi la Domanda 349; Concilio di Trento: D. 532.

Benedetto XV, Encicl. Ad Beatissimi, 1 nov. 1914:

« L’essenza e la natura della fede cattolica è siffatta, che nulla le si può aggiungere, nulla togliere: o si ritiene per intero, o per intero si respinge: « Tale è la fede cattolica, che nessuno, senza averla creduta con fedeltà e fermezza, potrà andar salvo (Simb. Atanas.). Non v’ha dunque necessità di aggiungere epiteti alla professione del Cattolicismo; basti a ciascuno di dire così: « Cristiano il mio nome e cattolico il mio cognome » (S. Paciano, Epist. prima; P. L., 13, 1055); soltanto si studi essere veramente tale, quale si denomina ». (Aeta Apostolicæ Sedis, VI, 577).

DOMANDA 4°

S. Agostino: In Joannem, CXVIII, 5:

« Qual è quel segno di Cristo che tutti conoscono se non la croce di Cristo? E se questo non è applicato o sulle fronti dei credenti, o all’acqua stessa con la quale sono rigenerati, o all’olio col quale sono unti per crisma, o al sacrificio dal quale son nutriti, nulla si compie secondo il rito ». ( P. L., 35, 1950).

DOMANDA 5°.

Innocenzo III, De sacro Altaris mysterio, I I , 45:

« Il segno poi della Croce si deve far con tre dita, giacché lo si compie invocando la Trinità…. così che discenda dall’alto in basso e dalla destra passi alla sinistra…. Alcuni tuttavia fanno il segno di Croce da sinistra a destra…. specialmente per segnare in un solo e identico modo se stessi ed altri ». (P. L., 217, 825).

DOMANDA 7°.

Concilio Vaticano, Constit. Dei Fìlius, cap. 4:

« Oltre quelle verità, che la ragione umana può raggiungere, ci si propongono da credere misteri nascosti in Dio, che, senza la divina rivelazione, non si possono conoscere…. I divini misteri, per loro stessa natura, superano talmente l’intelletto creato che, anche conosciuti per la rivelazione e creduti per la fede, rimangono tuttavia nascosti nel velo della fede stessa, e avvolti quasi come in una nebbia, fino a che in questa vita mortale siam pellegrini lontani da Dio ».

Pio IX, Epist. Tuas libenter, 21 dic. 1863, agli arcivescovi di Monaco e di Frisinga:

« Non vogliamo perciò nemmeno dubitare che i membri dell’Assemblea stessa, conoscendo e professando la ricordata verità, non abbian voluto a un tempo respingere e riprovare apertamente quello strano filosofar moderno che, pur ammettendo la divina rivelazione come fatto storico, tuttavia sottopone alle indagini della ragione umana le misteriose verità, dalla stessa divina rivelazione proposte, come se quelle verità fossero soggette alla ragione, o quasi che la ragione potesse, in forza de’ suoi principi, studiare e comprendere tutte le verità e i misteri soprannaturali della nostra santissima fede, i quali trascendono l’umana ragione talmente, che questa non potrà mai né comprenderli né dimostrarli colle sue sole forze e in base a principi meramente naturali ».

(Acta Pii IX, I, III, 641).

DOMANDA 12°.

Concilio Vaticano, Constit. Dei Filius, cap. 2:

« La stessa santa madre Chiesa crede e insegna che Dio, come principio e fine di tutte le cose, può certamente esser conosciuto col lume naturale dell’umana ragione dalle cose create; perché le cose invisibili di lui, da dopo la creazione del mondo, si sono rese, per mezzo delle creature, palesi all’intelligenza (Rom., I, 20); tuttavia piacque alla sapienza e alla bontà di Dio di rivelare, per altra via, cioè soprannaturale, se stesso e i decreti eterni della sua volontà, come dice l’Apostolo: – Dopo aver molte volte e in molti modi parlato anticamente ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi tempi Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio » (ad Hebr., I, I e segg.). 1

Idem., 1. c., canone I, De revelatione: 1

« Se alcuno dirà che il Dio uno e vero, Creatore e Signore nostro, non si può certamente conoscere col lume naturale della ragione umana, per mezzo delle creature, sia scomunicato ».

Pio X, Dal Motu proprio Sacrorum Antistitum, 1 settembre 1910, Giuramento contro gli errori del modernismo:

« Io…. accolgo e accetto fermamente tutte e singole le verità che furono definite, affermate, dichiarate dall’infallibile magistero della Chiesa, specialmente quei punti di dottrina, che direttamente s’oppongono agli errori contemporanei. E in primo luogo professo che Dio, come principio e fine di tutta le cose, può essere con certezza conosciuto e perciò anche dimostrato, col lume naturale della ragione per mezzo delle cose create, cioè delle opere visibili della creazione ».

(Acta Apost. Sedis, II, 669).

S. Ireneo, Adversus haereses, II, 9, 1:

« La stessa condizione (del mondo) mostra chi l’ha creato; e la creatura il suo Creatore; e il mondo proclama chi l’ha ordinato. Orbene, la Chiesa universale ricevette questa tradizione dagli Apostoli ».

(P. G., 7, 734).

S. Agostino, Sermo 141, 2:

« Donde questi empi (Rom., I , 18) appresero la verità? Iddio forse parlò a qualcuno di loro? Ricevettero forse la legge, come il popolo Israelita, per mezzo di Mosè? Donde dunque appresero il vero persino vivendo in mezzo all’iniquità? – Udite quel che segue ed è chiaro: « Perché ciò che può conoscersi di Dio, dice, è manifesto in essi: avendolo Dio loro manifestato » (ibid., 19). Lo manifestò a loro, ai quali non diede la legge? Senti come lo manifestò: « Perché le cose invisibili di Lui sono rese visibili all’intelligenza per mezzo delle creature » (ibid., 20). Interroga il mondo, la bellezza del cielo, lo splendore e l’ordine delle stelle…. interroga tutte le cose e rifletti se non ti rispondono con un loro linguaggio: ci ha fatto Iddio. Interrogarono tutto ciò anche celebri filosofi e dall’arte conobbero l’artefice ».

(P. L., 38, 776).

DOMANDA 13°

Concilio Vaticano: Vedi Domanda 12.

DOMANDA 17°.

Concilio Vaticano, 1. c., capo 2:

« È merito di questa divina rivelazione se le verità divine, che per sé non trascendono la umana ragione, anche nello stato presente del genere umano, da tutti si possono conoscere senza difficoltà, sicuramente, senza alcun errore ».

DOMANDA 18°.

Concilio Vaticano, 1. c, capo 3.

« Nondimeno, affinché l’ossequio della nostra fede fosse consentaneo alla ragione, Dio volle agli aiuti interni dello Spirito santo, aggiungere gli argomenti della sua rivelazione, cioè i fatti divini, e soprattutto i miracoli e le profezie che, siccome dimostrano magnificamente l’onnipotenza di Dio e la sua infinita sapienza, sono segni certissimi della divina rivelazione, e adatti all’intelligenza di tutti».

Origene, Contra Celsum, VI, 10:

« È una caratteristica propria della divinità predire il futuro in modo che la ragione della profezia superi le forze urnane e, dall’essersi avverata, si debba giudicare che l’autore è lo Spirito Santo ».

(P. G., II, 1306).

DOMANDA 21a.

S. Teofilo Antiocheno, Ad Autolycum, I I I , 12 :

« Le sentenze dei Profeti e degli Evangelisti sono concordi, perché tutti hanno parlato ispirati dall’unico Spirito di Dio ».

(P. G., 1138).

S. Epifanio, Adversus hæreses, Hær. 61, 6:

« Ma è necessaria anche la tradizione: perché non si può attinger tutto alle Scritture. Perciò i santissimi Apostoli consegnarono alcune cose allo scritto, altre alla tradizione ».

DOMANDA 23a.

Concilio Tridentino, sess. IV, Decretum de Canonicis Scripturis:

« Il sacrosanto ecumenico e generale Sinodo Tridentino… proponendosi continuamente di conservare nella Chiesa, tolti via gli errori, la purezza stessa del Vangelo, che, già promesso dai Profeti nelle Sacre Scritture, nostro Signore Gesù Cristo Figlio di Dio, dapprima promulgò di propria bocca, poi, per mezzo degli Apostoli, fece predicare a ogni creatura (Matth., XXVIII, 19 ss.; Marc. XVI, 15) come sorgente d’ogni verità salutare e della disciplina morale: osservando inoltre che tale verità e disciplina sono contenute ne’ libri santi, nelle tradizioni non scritte, le quali direttamente comunicate da Cristo agli Apostoli o da questi tramandate, per così dire, a mano sotto dettatura dello Spirito Santo, son giunte fino a noi; seguendo l’esempio de’ Padri ortodossi, accoglie e venera con pari amore e riverenza tutti i libri tanto del Vecchio quanto del Nuovo Testamento, essendone autore l’unico Dio, e le tradizioni stesse, riguardanti la fede e i costumi, come ricevute per bocca da Cristo, o per dettatura dallo Spirito Santo, e conservatesi con perpetua successione nella Chiesa Cattolica. Inoltre crede bene inserire a questo decreto un indice de’ libri sacri, affinché nessun dubbio possa sorgere quali sieno i libri che dal Sinodo stesso sono accettati. E precisamente: Del Vecchio Testamento i cinque di Mosè, vale a dire Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; il libro di Giosuè, de’ Giudici, di Ruth, i quattro dei Re, i due dei Paralipomeni, il primo di Esdra e il secondo detto Neemia, quel di Tobia, di Giuditta, di Esther, di Giobbe, il Salterio Davidico di 150 Salmi, le Parabole, l’Ecclesiaste, il Cantico dei Cantici, la Sapienza, l’Ecclesiastico, Isaia, Geremia con Baruch, Ezechiele, Daniele, i 12 Profeti minori, cioè Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Habacuc, Sofonia, Aggeo, Zacharia, Malachia; due de’ Maccabei, primo e secondo; del Nuovo Testamento i quattro Vangeli, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni; gli Atti degli Apostoli compilati dall’Evangelista Luca; 14 Lettere di Paolo Apostolo, quella ai Romani, 2 ai Corinti, quella ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, due ai Tessalonicesi, due a Timoteo, quella a Tito, a Filemone, agli Ebrei; dell’Apostolo Pietro due, di Giovanni Apostolo tre, una di Giacomo apostolo, una di Giuda Apostolo e l’Apocalisse di Giovanni Apostolo. – Anatema a chi non accoglierà come sacri e canonici que’ libri per intero con ogni lor parte, secondo che si soglion leggere nella Chiesa Cattolica e quali si hanno nell’antica edizione volgata latina; e a chi disprezzerà scientemente e a bello studio le predette tradizioni ».

Concilio Vaticano, Costit. Dei Filius, cap. 2:

« Orbene questa rivelazione soprannaturale, secondo la fede della Chiesa universale dichiarata dal santo Sinodo Tridentino, è contenuta « ne’ libri scritti e nelle tradizioni non scritte quali pervennero a noi, o accolte dagli Apostoli dalla bocca di Cristo stesso o comunicate quasi per mano agli Apostoli stessi per dettatura dello Spirito Santo » . Ora questi libri del Vecchio e Nuovo Testamento, per intero colle loro parti tutte, secondo che sono enumerati nel decreto del medesimo Concilio e si hanno nell’edizione antica volgata latina, sono da accogliersi come sacri e canonici non perché, messi insieme per solo studio umano, siano stati poi approvati autorevolmente da lei; e nemmeno soltanto perché contengono la rivelazione senza errore; ma perché, scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali furono consegnati alla Chiesa stessa ».

Leone XIII, Encicl. Providentissimus Deus, 18 nov. 1893:

« E difatti i libri tutti e per intero, raccolti dalla Chiesa come sacri e canonici, con ogni loro parte, furono scritti per ispirazione dello Spirito Santo; ed è talmente assurdo che nella divina ispirazione possa nascondersi un qualsiasi errore che non soltanto di per se stessa esclude ogni errore ma lo esclude e rifiuta per quella necessità stessa onde Dio, somma Verità, non può esser per nulla imputabile di qualsivoglia errore. Questa è l’antica e costante credenza della Chiesa, definita nei Concilii Fiorentino e Tridentino, anche con dichiarazione solenne, e confermata finalmente nel Concilio Vaticano, che dice perentoriamente: « I libri del Vecchio e del Nuovo Testamento…. hanno per autore Dio…. ». Non ha dunque importanza che lo Spirito Santo abbia adoperato uomini come strumento dello scrivere, quasi che qualche falsità sia potuta sfuggire, non dico all’autore primario, ma agli scrittori ispirati. Difatti Esso in persona con soprannalural potenza in tal modo li eccitò e mosse a scrivere, in tal modo li assistette mentre scrivevano che nella loro mente concepivano proprio e soltanto quelle cose, ch’Egli comandava, e intendevano di scriverle fedelmente e l’esprimevano esattamente con infallibile verità: altrimenti non Egli sarebbe l’autore di tutta la S. Scrittura…. E questa persuasione de’ Padri tutti e de’ Dottori che, cioè, le sacre Scritture, quali furon compilate dagli scrittori sacri, erano affatto scevre da qualsiasi errore, fu così perfetta che dedicarono tutto il loro acume e scrupolo a concordare e conciliare i non pochi passi, che parevano offrire qualche contrasto o dissomiglianza (que’ passi stessi che sono obiettati dalla cosidetta scienza moderna); dichiarando unanimemente che que’ libri per intero non meno che nelle parti derivano dalla divina ispirazione e che Dio, parlando in persona per mezzo degli scrittori sacri, non poteva lasciar correre o dire nulla assolutamente di diverso dalla verità ».

(Acta Leonis XIII, XIII, 357-59).

DOMANDA 25a.

Concilio Tridentino e Concilio Vaticano: Vedi Dom. 23.

DOMANDA 27a

Concilio Vaticano, Costit. Dei Filius, cap. 4:

« Né la dottrina della fede rivelata da Dio è stata, come un qualsiasi pensamento filosofico, offerta per essere perfezionata dall’ingegno degli uomini, ma consegnata come divino deposito alla Sposa di Cristo, per esser fedelmente custodita e infallibilmente interpretata, Perciò anche de’ sacri dogmi si deve sempre ritenere quel senso, una volta spiegato dalla santa Madre Chiesa, né si deve staccarsene mai sotto colore e a titolo di più alta comprensione. Cresca bensì e faccia molti e grandi progressi la comprensione, la scienza e la sapienza tanto di ciascuno quanto di tutti, tanto d’un sol individuo quanto di tutta la Chiesa col progredire del tempo e delle generazioni; ma unicamente nel suo genere, cioè nel medesimo dogma, secondo il medesimo senso e il medesimo pensiero ».

Idem, Costit. Pastor æternus, cap. 4 :

« Per adempiere a questo compito pastorale, i Nostri predecessori s’adoperarono indefessamente affinché la salutare dottrina di Cristo fosse propagata presso tutti i popoli della terra e con pari sollecitudine vigilarono a conservarla sincera e pura dov’era stata accolta. Perciò, seguendo una lunga consuetudine delle chiese e osservando la prescrizione d’un’antica regola, i prelati di tutto il mondo, sia singolarmente sia radunati ne’ Sinodi, riferirono a questa Sede Apostolica quei pericoli, soprattutto, che pullulavano in materia di fede, affinché i danni alla fede fossero riparati specialmente là dove la fede non può subir difetto (S. Bernardo, Epist. CXC). Dal canto loro i Pontefici romani, a norma de’ tempi e delle contingenze, ora colla convocazione di Concili ecumenici o diligentemente rilevato il pensiero della Chiesa sparsa per il mondo, ora per mezzo di Sinodi particolari, ora con altri mezzi offerti dalla divina Provvidenza, definirono doversi ritenere quelle verità che avevano, coll’aiuto di Dio, riconosciuto consentanee alle sacre Scritture e alla tradizione apostolica. E difatti ai successori di Pietro lo Spirito Santo fu promesso non perché proponessero, per sua rivelazione, una nuova dottrina, ma perché custodissero religiosamente e fedelmente dichiarassero, grazie alla sua assistenza, la rivelazione tramandata per mezzo degli Apostoli, ossia il deposito della fede. Orbene, tutti i venerabili Padri abbracciarono e i santi Dottori ortodossi venerarono e seguirono di quelli la dottrina apostolica, colla piena consapevolezza che questa Sede di S. Pietro rimane sempre intatta e immune da ogni errore, secondo la virtù, divina promessa del Signor nostro Salvatore, fatta alla persona del capo de’ suoi discepoli: Io ho pregato per te che non venga meno la tua fede; e tu convertito un giorno, conferma i tuoi fratelli (Luc., XXII, 32) » .

S. Ireneo, Adversus hæreses, III, 3, 1 s :

« Per chi vuole veder la verità, in ogni Chiesa è dato riconoscere la tradizione degli Apostoli predicata in tutto il mondo: e possiamo noverare quelli, che furono costituiti dagli Apostoli come Vescovi e loro successori fino a noi Ma, poiché sarebbe lungo enumerare in questo libro le successioni d’ogni Chiesa, ci basta indicare la tradizione ricevuta dagli Apostoli e la fede predicata della Chiesa più grande e antica e a tutti ben nota, fondata e stabilita in Roma dagli Apostoli Pietro e Paolo: fede e tradizione che, per ininterrotta successione di Vescovi, arriva fino a noi. Basta, dico, per confutare e confondere quelli tutti che razzolano in tutti i modi…. salvo che come conviene. — Difatti con questa Chiesa (la Romana), per il suo primato, bisogna pur che s’accordi ogni chiesa, vale a dire tutti e dappertutto i fedeli, se in essa è stata sempre conservata da parte de’ fedeli la tradizione apostolica (P. G., 7, 849) ».

DOMANDA 36a.

Concilio IV di Laterano (1215), cap. I:

« Crediamo fermamente e schiettamente affermiamo che unico e solo è il vero Dio, eterno, immenso e immutabile, incomprensibile, onnipotente e ineffabile, Padre, Figlio e Spirito Santo; tre Persone sì, ma unica essenza, sostanza ossia natura semplicissima; da nessuno il Padre, il Figlio soltanto dal Padre e da entrambi lo Spirito Santo: senza principio, sempre, e senza fine: generante il Padre, nascente il Figlio e pròcedente lo Spirito Santo; consustanziali e tra loro eguali nella onnipotenza e nell’eternità; unico principio d’ogni cosa; creatore d’ogni cosa visibile o invisibile, spirituale e corporale; che immediatamente dal principio del tempo, per sua onnipotente virtù, fece dal nulla la duplice creatura, la spirituale e la corporale, cioè l’angelica e la terrestre; e di poi la umana, commista, per così dire, di spirito e di corpo. Satana infatti e gli altri demonii furono ben creati buoni per natura da Dio, ma essi da sé stessi divennero cattivi. A sua volta l’uomo, per suggestione del diavolo, peccò.

« Questa santa Trinità, indivisa quanto alla comune essenza, distinta quanto alle proprietà personali, comunicò per la prima volta, osservando un ordine perfetto nella successione del tempo, la dottrina di salvezza al genere umano, servendosi di Mosè e de’ santi Profeti ».

(Mansi, XXII, 981 s.).

Concilio Vaticano, Costit. Dei Filius, cap. 1:

« La Chiesa Romana santa, cattolica, apostolica crede e professa che unico è il Dio vero e vivo, creatore e Signore del cielo e della terra, onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito d’intelligenza, di volontà, d’ogni perfezione. E siccome Egli è unica sostanza spirituale semplicissima e immutabile, dev’essere proclamato distinto di fatto e per natura dal mondo, felicissimo in sé e da sé stesso e in modo ineffabile sovrastante a tutte le cose, che sono e possono pensarsi al di fuori di lui.

« Quest’unico vero Dio, per sua bontà e virtù onnipotente, con liberissima decisione e non per aumentare la sua felicità, né per acquistarne, bensì per manifestare ne’ beni, che compartisce alle creature, la sua perfezione, creò subito al principio del tempo, l’una e l’altra creatura, la spirituale e la corporale, cioè l’angelica e la terrestre e di poi l’umana, commista, per così dire, di spirito e di corpo.

« Orbene, Dio colla sua provvidenza protegge e governa tutte quante le cose create, giungendo energicamente da limite a limite e tutto disponendo con soavità (Sap. VIII, I). Tutto infatti è nudo e scoperto alla sua vista (Hebr., IV, 13), anche ciò ch’è per accadere in dipendenza del libero agire delle creature ».

S. Cirillo di Gerusalemme, Catecheses, IV, 5 :

« Questo Padre del Signor nostro Gesù Cristo non è circoscritto in qualche luogo, né è minor del cielo; anzi son fattura delle sue mani appunto i cieli e tiene in pugno tutta quanta la terra; Egli è in tutte le cose e fuor da tutte;…. conosce il futuro ed è potente più di chicchessia, tutto sa e tutto fa secondo che vuole, non soggetto a qualsivoglia vicenda, né categoria di esseri, né sorte, né destino ineluttabile. È perfetto in tutto e possiede lo splendore d’ogni virtù parimenti. Non scema né  cresce, ma riman sempre il medesimo e al medesimo modo; e tien preparato per i peccatori il castigo e la corona per i giusti ».

( P . G , 33, 459).

DOMANDA 37a

Concilio Vaticano: V. Dom. 36.