DEVOZIONE AL CUORE DI GESÙ (13): tre prime promesse del Sacro Cuore di Gesù.

DISCORSO XII.

[A. Carmagnola: Il Sacro Cuore di Gesù – S. E. I. Ed., Torino, 1920 – imprim.]

Tre prime promesse del Sacro Cuore di Gesù.

Uno dei più validi mezzi, di cui si servono gli uomini per eccitarsi gli uni gli altri a compiere opere di vicendevole gradimento, è senza dubbio quello delle promesse. Il padre ad ottenere dal figlio, che sia virtuoso, che si applichi seriamente allo studio, al lavoro, gli promette un qualche regalo. Il  maestro ad ottenere dal discepolo, che compia esattamente i suoi doveri, che gli presti la dovuta attenzione, che lo segua con diligenza nelle sue lezioni, gli promette la promozione negli esami e il premio. Il capitano ad ottenere dai soldati il coraggio e ben anche l’eroismo nella battaglia, promette loro i vantaggi e gli onori della vittoria. E persino l’uomo perverso, ad ottenere, che alcun altro compia in suo pro una scellerata azione gli promette qualche gran somma di denaro o qualche altra ricompensa. È bensì vero, che la maggior parte degli uomini dopo aver fatto altrui delle magnifiche promesse, in seguito non vi attende, ma quando le promesse partono da un cuore reputato sincero, chi sa dire di quanta efficacia riescano? Allora il figlio non risparmia sacrifici per domare le male inclinazioni, il discepolo non la perdona a fatiche per profittare nello studio, il soldato diventa leone contro i nemici della patria, e financo l’assassino va a tingere la sua mano di un sangue innocente. – Se pertanto le promesse riescono al cuore umano di tanta virtù e gli infondono tanto coraggio sia per praticare il bene, come pur troppo anche per compiere il male, il Sacratissimo Cuore di Gesù, desiderando di avere il maggior numero possibile di devoti, perché nel mondo si abbia a compiere per mezzo della sua divozione il maggior bene, non volle lasciare di valersi di un tanto mezzo per ottenerlo. E perciò parlando a Santa Margherita, le diceva un giorno: « Io ti prometto, che il mio «Cuore si dilaterà per diffondere in copia le fiamme del divino amore sopra coloro, che gli renderanno o procureranno che gli sia reso dagli altri onore e gloria. Io ho manifestato agli uomini il mio Cuore, dando ad essi in questi ultimi tempi tale estremo sforzo del mio amore, per aprir loro con tal mezzo tutti i tesori di amore, di grazia, di misericordia, di salute e di santificazione. » Ma non contento il Sacro Cuore di Gesù di queste promesse generali, con la stessa Santa Margherita discese a far promesse al tutto speciali, siccome quelle che avrebbero maggiormente toccato i nostri cuori. Ed è appunto intorno a queste speciali promesse che desidero prendere oggi ad intrattenervi. Già abbiamo riconosciuto la saldezza e l’eccellenza della divozione al Sacro Cuore di Gesù, l’oggetto, i fini e le pratiche di questa stessa divozione. Ora per animarci sempre più ad esercitarla dobbiamo considerarne i vantaggi. E questi noi li conosceremo appunto con lo svolgere le grandi promesse del Sacratissimo Cuore. Cominciamo oggi da quelle per cui furono assicurate ai devoti del Sacro Cuore: tutte le grazie spirituali e temporali di cui avranno bisogno nel loro stato; la pace nel seno delle loro famiglie; la consolazione nei loro patimenti.

I. — L’Apostolo S. Paolo ha scritto, che ciascuno ha il suo dono da Dio: unusquisque proprium donum habet ex Deo; (I Cor. VII, 7) vale a dire, come spiegano i sacri dottori, a ciascuno Iddio elegge quaggiù uno stato, in cui deve passar la sua vita. E così chiama taluni a seguirlo più davvicino nello stato religioso, chiama altri a dedicarsi al ministero del sacerdozio e dell’apostolato, chiama altri a vivere in mezzo al mondo nella vita pubblica per giovare ai loro fratelli nell’esercizio delle diverse arti e professioni, chiama altri a mantenersi nello stato di verginità, ed altri ad abbracciare lo stato coniugale per moltiplicare i figliuoli della Chiesa e i Santi del paradiso. Sì, ognuno ha da Dio la sua speciale vocazione. Ma qualunque sia lo stato, a cui Iddio chiami nei disegni della sua Provvidenza, sempre vuole che gli uomini in qualsiasi stato si facciano santi: Hæc est voluntas Dei, sanctificatio vestra. (I Tess. IV, 3) No, non è soltanto a qualche ceto particolare di persone, che Iddio imponga la santità, ma a tutti indistintamente. Egli la impone ai religiosi ed ai sacerdoti, e più a loro che agli altri, perché essi hanno da essere il sale della terra, la luce del mondo; ma la impone parimente ai secolari, ai coniugati, agli uomini della vita pubblica, a quelli che esercitano nobilissime arti e a chi lavora nell’officina o bagna dei suoi sudori la terra: a tutti Egli disse: Siate santi: Estote perfecti (Matth. V, 48) Né crediate perciò che Iddio imponga a taluni l’impossibile. Certamente se la santità, come taluni si danno facilmente a credere, consistesse soltanto in digiuni, in austerità, in flagellazioni, in portar vesti di sacco e cilici al fianco, in far miracoli, in aver contemplazioni ed estasi, allora non a tutti, in qualsiasi stato, sarebbe né facile, né possibile. Ma se tutto ciò può far parte e può essere dono della santità, non è propriamente ciò, in cui la santità consista; anzi, ciò potrebbe essere ben anche vanità ed ipocrisia, quando mancasse la santità vera e sostanziale, che consiste nell’amare Iddio con tutte le forze, e nell’osservare perciò la sua legge. Il che, o miei cari, è forse impossibile, od anche difficile? Lo stesso divino Maestro Gesù ci ha appreso che se l’osservanza de’ suoi santi precetti è un peso, non è tuttavia che un peso molto soave e leggiero: Iugum enim meum meum est, onus meum leve. (Matth.. XI, 30) E l’apostolo ed evangelista S. Giovanni ha detto chiaramente, che i comandi del Signore non sono gravi: Mandata eius gravia non sunt. (I Io., V, 3). Ed in vero qual cosa più conforme a giustizia poteva imporci Iddio che di amarlo e servirlo? E nel tempo stesso cosa più dolce e più cara? Non è questo amore e questa servitù che apporta la pace più gioconda alle anime nostre, secondo la bella osservazione del reale salmista: Pax multa diligentibus legem tuam? (Ps. CXVIII, 165) E non è al contrario cosa, che importa fatiche, affanni e tormenti il non amare Iddio e l’offenderlo? Ah! checché si pensi dal mondo, la verità è questa, che gli uomini che vivono lontani da Dio sono sempre costretti ad esclamare: Ci stancammo nelle vie di iniquità e di perdizione, e camminammo per vie difficili: Lassati sumus in via iniquitatis et perditionis, et ambulamus vias difficiles! (Sap. V, 7) Sì, il dannarsi importa penosissimi aggravi, mentre invece il santificarsi è cosa facile e soave. Ma sebbene la santificazione nostra sia soave e facile, è certo tuttavia, che noi con le sole, nostre forze naturali non possiamo operarla. È dottrina di fede, insegnataci dalla Chiesa e ripetutamente scritta nei Santi libri che noi, da noi medesimi,non possiamo far nulla in ordine alla nostra eterna salute, neppure concepire nell’anima un buon pensiero. Ma sia ringraziato Iddio! Egli che vuole la nostra santificazione, pieno di amore e di bontà, non lascia di darci i mezzi necessari ad operarla, ed il mezzo che tutti gli altri comprende, è quello della sua grazia. Sì certamente, Iddio dà a tutti gli uomini quella grazia, per mezzo della quale, in qualsiasi stato Dio li abbia chiamati, se essi risolutamente il vogliono, possono salvarsi ed essere un giorno nel novero dei Santi. E sevi hanno pur troppo di quelli, i quali si dannano, ciò non avviene perché sia loro mancato l’aiuto della grazia di Dio, ma bensì perché a questo aiuto della grazia essi non hanno corrisposto; sicché se le anime dannate dal fondo dell’inferno, ove si trovano, osassero muovere lamento contro la divina giustizia,il Signore potrebbe bene rispondere a ciascuna di esse:Taci là, che la tua perdizione è opera tua: Perditio tua ex te.(Os. XIII, 9) Ma come mai la grazia di Dio rende non solo possibile, ma facile eziandio la santità in qualsiasi stato? Ah! egli è perché la grazia è dotata di un prodigioso carattere, diun’ammirabile proprietà, di quella cioè di adattarsi e contemperarsialla condizione ed ai bisogni particolari di ciascuno. Nelle Sacre Scritture tante volte è chiamata col nome di rugiadae di pioggia, e tale essa è veramente, dice S. Agostino: Gratia pluvia est. La pioggia cadendo e penetrando nel terrenoassume poi il colore di ciascun fiore, e il sapore di ciascun frutto, in cui segretissimamente e per sottilissime vie si spandee s’insinua, e così nei prati si tinge di bellissimo verde, nei campi biancheggia con le spighe, nei giardini si smalta di nevenei gigli, fiammeggia di porpora nella rosa, si veste di azzurro nel giacinto, e nei frutteti si fa or agra or dolce, secondo ladiversità dei frutti. Or ecco il lavorio misterioso e molteplice che va facendo la grazia nei cuori umani. Essa si adatta a tutti gli stati, si accomoda a tutti i temperamenti, si congiunge a tutte leetà. Gettate lo sguardo sopra i fasti gloriosi della Chiesa, considerate la varietà dei Santi, che l’adornano, e toccherete con mano sì bella verità. Voi vedrete la grazia aver fatto dei Santi fra i Pontefici e fra i semplici sacerdoti, aver fatto dei Santi fra i religiosi del chiostro e fra i secolari del mondo, aver fatto dei Santi fra i vergini, fra i coniugati edi vedovi, aver fatto dei Santi fra i re e fra i sudditi, averfatto Santi fra i capitani e fra i soldati, averne fatto frai letterati e fra gli idioti, fra i ricchi e fra i poveri, fra i geni e tra i meschini, fra i vecchi e fra i giovani, fra tutti di qualsiasi stato, di qualsiasi età e condizione, senza eccezioni. Ma quei mirabili effetti, che la grazia ha operato nei Santi, sono sempre gli stessi che va operando in noi, sicchéin alcuno fra di noi, in qualsiasi stato si trovi, che per opera della grazia e per la fedele corrispondenza alla stessa non possa farsi Santo e gran Santo.Che se questa consolantissima verità è in pro di tutti gliuomini in generale, la è tuttavia in modo specialissimo per devoti al Sacro Cuore di Gesù. Giacche è ai suoi devoti che il Sacratissimo Cuore promise peculiarmente di dare tutte le grazie necessarie al loro stato. Oh bella felicità adunque che è questa! Sia pure che nell’adempimento delle loro obbligazioni idevoti del Sacro Cuore di Gesù incontrino ancor essi delle difficoltà, questo Cuore Sacratissimo con la sua grazia si farà loro a spianarle; sia pure che la loro volontà si infiacchisca nell’operare il bene, il Cuore di Gesù con la sua grazia si farà loro a fortificarla; sia pure che il demonio, le passioni, gli uomini del mondo si travaglino per indurli a tradire i loro doveri, il Cuore di Gesù con la sua grazia si farà a renderli vittoriosi. Pertanto volete voi, o giovani, che il Signore vi difenda dagli agguati del mondo, dalle lusinghe della carne e dagli assalti del demonio, sicché possiate mantenere intatta l’innocenza fra i pericoli, che ad ogni passo incontrate? Siate devoti al Sacro Cuore di Gesù. E voi, o coniugati, desideratevivere in santo amore, in incessante fedeltà fra di voi, allevare cristianamente la vostra prole, eseguire, esattamente i vostri obblighi che non sono né sì pochi né sì lievi? Siate devoti del Sacro Cuore di Gesù. O padri e madri, voi siete in trepidazioneed affanno sulla riuscita dei vostri figliuoli, e ben a ragione, perché innumerevoli seduttori si aggirano intorno agl’incauti, e con infiniti artifizi si adoprano a trascinarli lontani dall’amoredi Dio e vostro. Ma voi non cessate dal raccomandarlial Sacro Cuore di Gesù, e benedetti da Lui, essi formeranno conla lor buona condotta la vostra maggior consolazione in terra,la vostra più bella corona in cielo. E voi, o maestri, che nellascuola attendete ad erudire le menti ed a formare i cuori dei fanciulli e dei giovanetti, volete degnamente corrispondere allasublimità della vostra missione, ed ottenere efficacemente che la scuola sia chiesa e non tana? Siate devoti anche voi del Sacro Cuore di Gesù. E voi, padroni, voi elevati in dignitàe potere, voi amministratori delle cose pubbliche, voi magistrati, voi principi e sovrani, che desiderate esercitare con giustiziae con vero vantaggio dei vostri sudditi gli uffici vostri, amateanche voi quel Cuore, per cui: Reges regnant et legum conditores insta decernunt. (Prov. VIII, 15) E così voi operai, voi sudditi, voi servitori, nella divozione al Sacro Cuore di Gesù, troverete il mezzo per tollerare la condizione vostra ed esercitarecon amore i vostri doveri. Finalmente se voi siete persone viventi in Religione, ricordate che il Sacro Cuore di Gesù:ha detto a Santa Margherita: « Le persone religiose dalla devozione al Cuor mio caveranno tanti aiuti che non abbisogneranno più di altro mezzo per ristabilire il primitivo fervore e la più esatta osservanza nelle comunità meno regolate. E per condurre le altre alla più grande perfezione. » E se siete Sacerdoti, intenti a lavorare non solo per la salvezza vostra,ma ancora per la salvezza altrui, non dimenticate che lo stesso Sacro Cuore di Gesù ha pur detto: « I sacerdoti e gli uomini apostolici avranno l’arte di commuovere i cuori più indurati enelle loro fatiche avranno un esito ammirabile. » Dunque in qualsiasi stato, di qualsiasi condizione di vita, per quanto difficile, accostiamoci tutti con la massima confidenza a questo Cuore, fonte inesauribile di grazie, domandiamogli quelle cheabbiamo bisogno, per santificarci nel nostro stato; Egli ha promesso di darcele e la sua parola non verrà meno giammai. –  Ma sebbene l’affare più importante, il primo a cui dobbiamo attendere sia l’acquisto della nostra eterna salute mediante la nostra santificazione in qualsiasi stato ci troviamo, è certo tuttavia, che dobbiamo pure, per ragione della condizione cui Iddio ci ha posti quaggiù, mettere mano ad intraprese ed affari temporali, sia per acquistarci col lavoro il nutrimento per la vita, sia per procurarci un’onesta agiatezza, sia per arricchire la nostra mente di utili cognizioni, sia per esercitare le arti e compiere opere di comune vantaggio alla società, sia per non pochi altri giusti motivi. Ora a questo riguardo disse già assai bene un nostro poeta: A compir le belle imprese| L’arte giova, il senno ha parte,| ma vaneggia il senno e l’arte,| Quando amico il ciel non è. Il che non è altro se non la libera versione di quel pensiero delle Sante Scritture, che « se il Signore non edifica egli la casa, lavorano invano quelli, che la edificano, e se non custodisce la città, indarno veglia il soldato, che la custodisce. » Si, senza la benedizione del cielo amico, fallisce anche il meschino dei nostri affari. Ma non falliranno certamente neppure i più gravi ed importanti, se noi saremo devoti del Sacro Cuore di Gesù. Perciocché non si contentò di promettere ai suoi devoti le grazie necessarie a santificarsi e a raggiungere così il buon esito dell’affare supremo, dell’eterna salute, ma promise ancora, che li avrebbe benedetti negli altri affari. E così essendo, o carissimi, cerchiamo pure anzitutto il regno di Dio, come Gesù Cristo ci ha appreso, ma ponendo pur mano a quegli interessi, che sono richiesti dal nostro stato, e per nulla contrari all’acquisto del regno di Dio, ricordiamoci che, secondo la parola data da Dio medesimo, nella divozione al Sacro Cuore abbiamo l’assicurazione di essere da questo Cuore Santissimo benedetti e prosperati.

II. — Ma se già così grandi sono questi vantaggi promessi dal Cuore di Gesù ai suoi devoti, non lo è meno quello, di cui entro ora a parlarvi: la pace cioè nelle loro famiglie. Famiglia! E chi è mai, che a questo nome non si senta intenerire il cuore? Dopo la Religione la famiglia è quanto vi è di più bello, di più caro, di più. dolce, di più attraente sulla terra. Iddio, che sebbene uno nella essenza, per essere trino nelle Persone costituisce in cielo la Famiglia più perfetta, ha voluto nel suo amore per noi riprodurla quaggiù sulla terra. E per questo, dopo aver creato il cielo e la terra con tutte le meraviglie che l’adornano, dopo aver compiuto il capolavoro della creazione, l’uomo, volle coronare l’opera sua, creando la famiglia. Egli mandava un dolce sonno ad Adamo, e mentre questi dormiva gli traeva dal fianco la donna facendogliene un aiuto simile a lui, e dopo d’avergliela condotta innanzi, benediceva all’uno e all’altra, dicendo: Crescete e moltiplicatevi, e riempite la terra: Crescite et multiplicamini, et replete terram. (Gen. I, 28) Ed è lì, nella famiglia creata e benedetta da Dio, che due cuori vivono dolcemente incatenati fra di loro, dividendo le gioie e le sofferenze, le fatiche ed i riposi, gli abbattimenti ed i conforti, le pene e le consolazioni. È lì, che lo sposo pur essendo superiore alla sposa, non fa altro tuttavia che riguardarla come dolce consorte; ed è dove la donna forte, saggia, operosa, prudente, sottomessa affettuosa riempie di gioia il cuore del marito e raddoppia numero dei suoi anni. È lì ancora dove un padre ed una madre vedendo i loro figliuoli, come novelli virgulti di olivi circondare la loro mensa, posano sopra di essi le più belle speranze, e in essi si allietano delle più pure consolazioni; ed è lì alla loro volta, dove i figliuoli vivono beati nell’amore così intenso e così sicuro dei loro genitori! No, non vi ha felicità più bella, più pura, più grande di quella, che si gode  in seno della famiglia; essa è l’immagine più viva della felicità che si gode per sempre in cielo nella famiglia dei Santi. Se non che è egli vero, che in tutte le famiglie regni tal felicità? Ahimè! tutt’altro. In molte famiglie regna invece l’infelicità, e così grande da rendere immagine dell’infelicità dell’inferno. E qual è mai la ragione di ciò? Se a rendere felice una famiglia fossero necessarie le ricchezze, ben si comprenderebbe, come non mai lo possano essere le famiglie dei poveri. Se la felicità andasse compagna ai titoli ed agli onori, neppur vi sarebbe a stupire, che manchi nelle case degli umili e dei meschini. Così se ad essere felici bastasse esser sani e robusti, si vedrebbe il perché non lo siano le famiglie in cui vi hanno dei deboli e degli infermi. Ma come mai vi hanno pure infelici nelle famiglie di sani, di ricchi, di gente colma di titoli e di onori? La ragione si è, che la base della felicità domestica non è altro se non la pace, quella pace, che Gesù Cristo, nascendo faceva cantare dagli Angeli agli uomini di buona volontà, quella pace, che Egli stesso annunziava agli Apostoli non appena risuscitato da morte, quella pace, che agli stessi lasciava prima di salire al cielo, quella pace infine, che Egli loro ordinava di portar nelle famiglie, ogni volta che vi mettessero piede. Ed è la pace appunto, che in molte famiglie manca. Qua, distruggitori della pace domestica sono mariti inumani, che violando le più sante promesse fatte appiè degli altari, mentre per la compagna avuta da Dio non hanno che odio, disprezzo, fastidio ed abbandono, gettano negli amori più infami sanità, sostanze, onore ed anima. Là, distruggitrici della pace sono mogli implacabili, le quali tengono sempre le loro lingue armate di finissima punta per ribattere le osservazioni dei loro mariti e per ferire al vivo chi alla fin fine è il capo della casa e può e deve comandare. Altrove sono padri crudeli, che senza alcun giusto motivo trattano spietatamente i loro figliuoli o li lasciano nel più barbaro abbandono; ed altrove sono figliuoli, che appena arrivati ai primi anni dell’adolescenza più non piegano la fronte ad alcun comando di padre e di madre, insorgono anzi riottosi contro di loro e fanno a dispetto quel che ad essi è proibito. Insomma qua per un membro, altrove per un altro, in non poche famiglie invece della pace regnano sovrani il disamore, la gelosia, l’odio, la lite, la discordia, e per conseguenza l’infelicità. – Or bene, o carissimi, vogliamo noi tenere lontani dalle nostre famiglie questi mali, che distruggono la pace e la felicità? Siamo sinceramente devoti del Sacratissimo Cuore di Gesù. Questo è il secondo vantaggio, che egli promise ai cultori della sua devozione. Ed Egli senza dubbio farà onore alla sua parola. Se la pace non è mancata mai, Egli continuerà tenerla; se è venuta meno Egli non tarderà a ristabilirla. Questo Cuore Santissimo da noi amato, risarcito, imitato, invocato, non lascerà di toccare il cuore di chi è la causa dell’infelicità di nostra famiglia; egli arresterà quel marito sulle vie delle sue infedeltà e de’ suoi disordini, ammansirà quella moglie così superba ed iraconda, ammollirà quel padre sì duro e spietato, infrenerà quel figlio così caparbio e ribelle, richiamerà alla virtù ed alla fede chi se n’è allontanato, e cessata ogni burrasca, ricomparirà in ognuna delle nostre famiglie l’iride della serenità e della pace. Non dubitiamone punto; Gesù lo ha detto: « Io metterò la pace nelle famiglie dei miei devoti. »

III. — Adunque grazie spirituali e benedizioni temporali secondo le diversità dello stato in cui si vive, pace nel seno delle famiglie, ecco i bei vantaggi, che già abbiamo riconosciuto trovarsi nella divozione al Sacro Cuore. Ci rimane oggi a riconoscerne un altro ancora, così espresso da Gesù Cristo: « Io consolerò i devoti del mio Cuore nei loro patimenti. » Nessuno ignora, perché tutti tardi o tosto vengono a conoscerlo per esperienza, che sono senza numero le pene e le afflizioni che travagliano la nostra misera esistenza sia nel corpo che nell’anima; e queste pene accumulandosi le une sopra le altre finiscono talora per opprimere il nostro cuore. Allora noi con istinto irrefrenabile andiamo cercando un altro cuore per versarvi entro la piena del nostro; ma lo troviamo noi? Noi troviamo dei cuori chiusi ed insensibili; noi troviamo dei cuori, o già ricolmi delle afflizioni loro, o sì deboli da restar soffocati all’apprendimento delle afflizioni nostre; noi troviamo dei cuori ipocriti, che sembrano commuoversi per noi, ma che in fondo non sentono per noi compassione di sorta; noi troviamo dei cuori egoisti, che dopo aver ricevuto una volta le nostre confidenze ci fanno subire il martirio delle loro incessanti lamentele; noi troviamo dei cuori traditori, che delle nostre confidenze si valgono per mettere in piazza le nostre miserie; ecco ciò che noi troviamo. Eppure abbiam bisogno di effonderci, di sfogarci! Allora, andremo noi, come certe anime sventurate, ad affidar le nostre pene alle creature irragionevoli, alle stelle del cielo, alle onde del mare, alle piante della foresta, alle rocce d’un monte? Ma quale conforto ne trarremmo noi?… Miei cari! Vi è un cuore sempre aperto, sempre potente, sempre amico, sempre infinito, che sempre senza stanchezza, senza noia, anzi con piacere, con amore è disposto ad accogliere le espansioni del cuor nostro, le nostre lagrime, le nostre afflizioni, e questo cuore è il Cuore Sacratissimo di Gesù. –  Uno dei motivi, per cui Gesù Cristo volle assumere la nostra povera natura e assoggettarsi alle nostre miserie, come osserva San Paolo, è stato questo appunto di farsi a sentire più vivamente le afflizioni nostre per compatirle e recarcene consolazione! Non enim habemus Pontificem, qui non possit compati infirmitatibus nostris, tentatum autem per omnia prò similitudine, absque peccato. (Hebr. IV, 15) Sì, all’infuori del peccato, egli volle provare tutte le pene interiori ed esteriori, che possono squarciare un corpo o straziare un’anima, ed assomigliarsi ai suoifratelli per essere misericordioso: Unde debuit per omnia fratribus assimilari, ut misericors fieret. (Hebr. II, 17). Egli conosceva bene come il suo Cuore meglio si sarebbe impietosito dei patimenti nostri e più prontamente ci avrebbe confortati nei medesimi, sopportandoli Egli stesso; e per ciò Eglipiange appena nato nella capanna di Betlemme, piange nel prendere la via dell’esilio, soffre e piangenel ritiro misterioso della casa di Nazaret, soffre e piange nelle veglie solitarie della sua vita pubblica, soffre e piange sulla tomba di un amico, soffre e piange sull’ostinazione ed ingratitudine di Gerusalemme, soffre e piange nell’agonia del Getsemani, soffre e piange sulla Croce. Ah! Egli è veramente l’uomo dei patimenti: vir dolorum (Is. LIII, 3) E che altro mai lo ha fatto soffrire e piangere, se non l’amore per noi, ela brama di essere con noi pietoso? Unde debuit fratribus assimilari ut misericors fieret. Né solamente volle provare tutte le pene, ma ciò che è più volle sottostare alla massima desolazione. Con le parole del profeta ei poté dire: Il mio Cuore andò incontro agli obbrobri ad alle miserie, ed io cercando chi entrasse a parte della mia tristezza e mi consolassenon lotrovai: Improperium expectavit cor meum et miseriam, et sostinuit qui simul contristaretur, et non fuit, et qui consolati non inveni. (Ps. LXVIII, 21) Or dunque avendo Gesùsperimentato tutte le pene, e fra le altre anche quella desolazione, conosce per contrario quanto balsamo arrechi alle piaghe di un’anima afflitta la consolazione, e ciò conoscendo con un Cuore così ricco di amore e di compassione, tuttici invita, quando siamo afflitti, ad appressarci a Lui, per essere consolati: Venite ad me omnes, qui laboratis et onerati estis et ego reficiam vos. (Matth. XI, 28) Oh sì! il Cuore di Gesù si commuove ad ogni nostra lagrima, ed essendone in pieno potere, è pronto sempre a consolare efficacemente gli afflitti, a lenire le loro pene, a versare nel loro cuore ulcerato, siccome pietoso Samaritano, il balsamo di ogni migliore conforto.E non faceva così durante la sua mortal vita? Alla preghiera ed alle lagrime di Giairo si mette tosto in cammino per sanare la sua figlia, e trovatala già morta, a consolazione di quel padre, la risuscita. Portandosi alla sepoltura il figliuolo unico della vedova di Naim, questa sventurata madre gli teneva dietro con tale profluvio di lagrime, che avrebbe intenerito le pietre. E Gesù alla vista di quella madre piangente,tocco nel più intimo del suo Cuore, comanda ai portatori della bara di fermarsi, e consola lei pure col miracolo della risurrezionedel suo figlio. La Cananea ha una figlia invasata dal demonioe non reggendole il cuore di vederla in sì misero stato ricorre a Gesù. E Gesù, sebbene dapprima sembri non far conto della sua afflizione per far meglio spiccar la sua fede,lascia alfine libero corso alla piena del suo tenero afflitto e la consola concedendole quel che chiedeva, cioè la guarigione della figlia sua. Infelici ed infermi d’ogni maniera travagliati dai loro dolori si presentavano od erano presentati a Lui, ed Egli, eccolo qui a ridonare l’uso delle membra ai paralitici; là ristagnare il sangue della povera emorroissa, ove rendere la sanità al servo del centurione, ove guarir dalla febbre la suoceradi Pietro, ove raddrizzare gli storpi, illuminare i ciechi, dar l’udito ai sordi, la loquela ai muti, insomma segnare ogni suo passo con un nuovo tratto di sua bontà, con una novella consolazione ai miseri afflitti. Ma quanto Egli faceva nel corso di sua vita mortale, è quello che è pronto a fate, che fa tuttora dall’altezza dei cieli, ove si trova ammantato di gloria, e dall’umiltà del tabernacolo, ove trovasi nascosto sotto le specie dell’Eucaristico Sacramento. E per ciò se tanti e tanti, chemenano al mondo una vita misera e travagliosa e, come il feritodi Gerico, si vedono passar vicino più d’uno che non li cura, che non li mira, si facessero a raccontare a Lui le loro pene, a Lui mettessero innanzi le piaghe, che si vergognano di far conoscere a chicchessia, oh quale consolazione sentirebberospargersi sul cuore afflitto! Ma intanto, perché non si curanodi cercare la consolazione, dov’è di fatti, vivono i giornipiù desolati, e quando non si abbandonano alla più orribile disperazione, consumano di crepacuore, vengono meno di malinconia. Altri poi vivendo nella massima cecità, per essere sollevati dalle loro miserie, invece di accostarsi a questa consolazione, vanno in cerca di conversazioni mondane, di passatempi e piaceri terreni. Infelici! respirino pure un’aria libera in amena campagna, ricreino pure l’orecchio con la soavità delle musiche più scelte, pascan pure l’occhio con la varietà dei teatri, passinopure le ore tra le allegrie dei convitti, o tra gli scherzi di compagnie geniali; per un’ora, per un giorno entrerà loro in cuore una pace apparente; ma tosto vi ricomincerà la guerra, vi rinascerà il tormento, ed in mezzo alle feste del mondo si troveranno soli! No, la consolazione nei patimenti non può trovarsi che nel cuore di quel Gesù, che è: Deus totius consolationis, Dio di ogni consolazione, e che ciconsola realmente in ogni nostra tribolazione, qui consolatur nos in omni tribulatione nostra. (II Cor. I, 3-4)Ma se ciò è verissimo di tutti gli uomini, che sono nell’afflizione, lo è massimamente per i suoi devoti. Questa è pur una delle promesse da Lui fatte: « I miei devoti, li consolerò nei loro patimenti. » Epperò come una madre vedendo afflitto tra i suoi figliuoli chi maggiormente l’ama, si getta al suocollo, lo stringe al petto, lo copre di baci, lo inonda di lagrime, e solamente allora che è sicura d’averlo tornato in pace, respira e riposa, così il Cuore Sacratissimo di Gesù, quando vede travagliato un suo devoto, non tarda un istante a consolarlo con le finezze del suo amore e con la soavità delle sue grazie. E non faceva così durante la sua vita mortale? Amato di un amore singolare da taluni fra molti che lo conoscevano e lo seguivano, alla sua volta senza lasciare di consolare gli altri afflitti, si affrettava tuttavia a consolare questi suoi amici, e alle lagrime di Marta e di Maddalena piangeEglistesso e restituisce la vita al suo caro Lazzaro, ed a Giovanni oppresso dal dolore appiè della sua croce dà la consolazione dell’amor materno di Maria, ed agli Apostoli afflitti per la sua morte, appena risorto dà. con prestezza il confortodelle sue apparizioni. Ora quel costume che Egli ebbe quaggiù, non solo possiamo sperare, ma dobbiamo credere, checontinuerà a mantenerlo, avendocene datala sua indefettibileparola. Animo adunque, continuiamo in questa così utile devozione,accresciamone anzi ogni giorno il fervore, ed allora avremo con certezza tutte le grazie necessarie al nostrostato, godremo sempre la bella pace nel seno delle nostre famiglie, e potremo sempre ripetere col santo re Davide: Ad Dominum, cum tribularer, clamavi, et exaudivit me; (Ps. CXIX, 1), essendo tribolato sono ricorso al Cuore di Gesù, ed esso miha esaudito e consolato.Sì, o liberalissimo Gesù, è questo il santo proposito, che facciamo in questo giorno genuflessi ai piedi vostri, di volere praticare ed accrescere sempre più in noi la divozione al vostroSacratissimo Cuore. E Voi, nella infinita bontà e generosità vostra, degnatevi di spargere pur sempre sopra di noiquei grandi beni, che ne avete promesso. Dateci la grazia diadempiere esattamente le obbligazioni del nostro stato; donatealle nostre famiglie quella pace, che il mondo non può dare; e nelle nostre afflizioni consolateci e dateci la forza per soffrirle con piena rassegnazione alla vostra divina volontà; e così ci sia dato altresì di benedire mai sempre la divozione vostra, che è stata per noi fonte copiosa dei più salutevoli vantaggi”.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.