CONOSCERE LO SPIRITO SANTO (V)

IL TRATTATO DELLO SPIRITO SANTO 

Mons. J. J. Gaume:  

[vers. Ital. A. Carraresi, vol. I. , Tip. Ed. Ciardi, Firenze, 1887; impr.]

CAPITOLO III

Dogma che ha cagionato la divisione del mondo soprannaturale.

L’Incarnazione del Verbo, causa della caduta degli angeli — Prove: dottrina dei Teologi — San Tommaso — Viguier — Suarez — Catharin.

Decretato sino ab æterno il dogma dell’Incarnazione del Verbo, fu a suo tempo proposto all’adorazione degli Angeli. Alcuni accettarono umilmente la superiorità ch’esso creava in favore dell’uomo; altri, ribellatisi per la preferenza data all’umana natura, protestarono contro il divino consiglio. Tale essendo l’opinione della maggior parte degli illustri dottori, essa merita per ogni rispetto l’attenzione del teologo e del filosofo. Il primo vi trova la soluzione delle più alte questioni della scienza divina. Al secondo spiega essa unicamente il carattere intimo dell’eterna lotta del bene e del male. Comunque siasi, tre incontrovertibili proposizioni ci sembrano dimostrarne la giustezza. Il mistero dell’Incarnazione fu la prova degli Angeli: 1° se essi hanno avuto cognizione di questo mistero; se questo mistero era di natura da ferire l’orgoglio loro e da eccitare gelosia; 3° se il Verbo incarnato è l’unico oggetto dell’odio di satana e dei suoi angeli. – Sentiamo i dottori che stabiliscono questa triplice verità: « Sin dal principio della loro esistenza, dice san Tommaso, tutti gli Angeli conobbero in qualche maniera il mistero del regno di Dio adempito mediante il Cristo; ma soprattutto partendo dal momento in cui essi furono beatificati con la visione del Verbo: visione che non ebbero mai i demonii, imperocché fu essa la ricompensa della fede degli angeli buoni. (Mysterium regni Dei, quod est impletum per Christum, omnes quidem angeli a principio aliquo modo cognoverunt; sed maxime ex quo beatificati sunt visione Verbi, quam dæmones nunquam habuerunt. – P. I, q. LXIV, art. 1, ad. 4) » – Che tutti gli Angeli, senza eccezione, abbiano avuto sin dal primo istante della loro creazione una certa conoscenza del Verbo eterno, la ragione si eleva sino a capirlo. Il Verbo è il sole di verità che illumina ogni intelletto che esce dalla notte del nulla; non ve ne sono però altri. Gli Angeli come specchi di una rara perfezione non poterono non riverberare qualche raggio di quel sole divino, del quale essi erano le più perfette immagini. Ma, quantunque essi avessero la coscienza di se medesimi, e delle verità che possedevano, quei raggi erano ancora velati e dovevano esserlo. Creati gli Angeli nello stato di grazia, non godettero però sin dall’origine della visione beatifica. Essi non conobbero dunque che imperfettamente il regno di Dio mediante il Verbo. Le cognizioni preliminari degli spiriti angelici furono, che questo Verbo adorabile, pel quale tutto è stato fatto, sarebbe il punto d’unione tra il finito e l’infinito, tra il Creatore e la creazione tutta quanta, e che in tal modo stabilirebbe gloriosamente il regno di Dio sopra l’universalità delle sue opere. Era insomma il mistero in germe dell’Incarnazione, o della unione ipostatica del Verbo con la creatura; ma nulla di più. (Fa d’uopo dire altrettanto dello stesso Adamo, e per le stesse ragioni. S. Th. II. 2a, q. n, art. 7. corp., ec.; e q. I, p. XCIV, art. 1, corp). – Spiegando le parole del maestro: « Gli Angeli, dice un dotto discepolo di san Tommaso, hanno una duplice cognizione del Verbo, cognizione naturale e soprannaturale. » – « Una cognizione naturale, con cui essi conoscono il Verbo nella sua immagine, risplendente nella loro propria natura. Questa prima cognizione, illuminata dalla luce della grazia e riferita alla gloria di Dio e del Verbo, costituiva quella beatitudine naturale nella quale essi furono creati. Pur tuttavia essi non erano ancora perfettamente beati, poiché essi erano capaci di una maggior perfezione, e che potevano perderla, il che infatti ebbe luogo per un gran numero. « Una cognizione soprannaturale o gratuita, in virtù della quale gli Angeli conoscono il Verbo per essenza e non per immagine. Essa non fu data loro al primo istante della loro creazione, ma al secondo, dopo una libera elezione per parte loro. » – Ascoltiamo adesso Suarez, per la cui bocca, dice Bossuet, parla tutta la scuola: « Bisogna tenere per molto probabile l’opinione che crede, che il peccato originale commesso da lucifero, sia stato il desiderio dell’unione ipostatica: ciò che l’ha reso sin da principio il nemico mortale di Gesù Cristo. Ho detto che questa opinione è molto verosimile, e continuo a dirlo. Abbiamo dimostrato che tutti gli Angeli, nello stato di prova, avevano avuto rivelazione del mistero dell’unione ipostatica che doveva compiersi nella natura umana. È dunque credibilissimo che lucifero abbia trovato in ciò l’occasione del suo peccato e della sua caduta. » (Viguier, cap. III, § 11, vers. 6, p. 79) – Una delle glorie teologiche del concilio di Trento, Catharin, sostiene altamente la stessa opinione, e con altri commentatori spiega egli così il testo di san Paolo: E allorquando lo introdusse di nuovo nel mondo, Egli disse: che tutti gli angeli l’adorino. (Hebr. I, 6). Perché questa parola di nuovo, una seconda volta? « Perchè il Padre eterno aveva già introdotto una prima volta il suo Figliuolo nel mondo, allorché, sin dal principio, Egli lo propose all’adorazione degli Angeli e rivelò loro il mistero dell’incarnazione. Lo introdusse una seconda volta, allorquando lo mandò sulla terra per incarnarsi effettivamente. Ora, a questa prima introduzione e rivelazione, lucifero ed i suoi angeli rifiutarono a Gesù Cristo di adorarlo ed obbedirlo. Tale fu il loro peccato. « Difatti, secondo la dottrina comune dei Padri, il demonio ha peccato per invidia contro l’uomo, ed è più probabile ch’egli abbia peccato prima che l’uomo fosse creato. Ora, non bisogna credere che gli angeli abbiano invidiato la perfezione naturale dell’uomo, in tanto che creata ad immagine e similitudine di Dio. In questa supposizione, ogni Angelo avrebbe avuto la stessa ragione, ed anche una più forte, quella d’ingelosire gli altri Angeli. È dunque più verosimile che il demonio abbia peccato per l’invidia della dignità con cui ha visto innalzare la umana natura nel mistero dell’Incarnazione. » (Opusc. de gloria Beator. apud Vasquez, pars I, q. LXIII, disp. 233). – Nel capitolo seguente verranno nuove autorità a confermare l’opinione dell’illustre teologo.

CAPITOLO IV.

(continuazione del precedente.)

Naclanto — Nuovo passo di Viguier — Ruperto — Ragionamento —

Testimonianza di san Cipriano, di sant’Ireneo, di Cornelio a Lapide

— Conclusione.

Un altro membro del concilio di Trento, il dottissimo vescovo di Foggia, Naclanto, così si esprime: « Sin dal principio, lucifero e lo stesso Adamo conobbero il Cristo, almeno per il lume della fede e di una rivelazione particolare, come il Creatore, il Signore e l’Oceano di tutti i beni. Ma, traviati per propria loro colpa, rimossero gli occhi dalla luce, e come se non l’avessero conosciuto per il Signore e per l’autore di ogni grazia e di ogni felicità, rifiutarono di sottometterglisi. Essi lo disprezzarono altresì nel modo il più empio: cosi la Scrittura spiega il non conoscerlo. Quanto a lucifero, la cosa è evidente. Non solo egli pretese innalzarsi da sé medesimo nel cielo, ma di più uccidere Cristo, invadere il suo trono e costituirsi in suo luogo. » (Enarrat, in epist ad Eph., cap. I, p. 49, in-fol.). –  Per stabilire che l’odio verso il Verbo incarnato fu il peccato di lucifero, e che non ha altro scopo che di combatterlo, Naclanto dimostra dal canto suo che il Verbo incarnato non ha altro pensiero che di combattere satana e di distruggere l’opera sua, « Cristo è venuto per distruggere le opere del diavolo. Infatti, muore Cristo, e il capo di satana è schiacciato, e cacciato egli stesso dal suo impero. Cristo scende all’inferno, e satana è spogliato; le armi ed i trofei nei quali riponeva egli la sua fiducia gli son tolti. Cristo trionfa, e satana, nudo e prigioniero, è consegnato e lasciato in balìa del disprezzo del mondo, e lasciato in. Esempio ai suoi partigiani. » (Venit Christus ut dissolvat opera diaboli. Cliristo moriente, contritum est caput ejus; et ipse foras est a principatu dejectus. Christo descendente, Tartarus est spoliatus, et arma et trophaea in quibus confidebat sunt direpta. Christo triumphante, nudus et captivus palam est ostentatus, et reliquia ejus membris in exemplum traductus. Enarr. In Epist. ad Eph., XI, p. 100).  – La stessa dottrina trovasi, ma in una maniera più esplicita, nel gran teologo spagnolo Viguiero. Parlando del testo di san Tommaso (Part. I, q. LXIII, art. 3; et De malo, q. XVIII, art. 8, ad 4) egli dice: « lucifero, considerando la bellezza, la nobiltà e la dignità della sua natura e della sua superiorità su tutte le creature, dimenticò la grazia di Dio, a cui tutto doveva. Disconobbe inoltre i mezzi di giungere alla perfetta felicità che Dio riserba ai suoi amici. Pieno d’orgoglio, ambì quella felicità suprema, e il cielo dei cieli, retaggio della natura umana, che doveva essere unita ipostaticamente al Figlio di Dio. Egli invidiò quel posto, il quale, nella Scrittura è chiamato la destra di Dio, s’ingelosì dell’umana natura, e comunicò il suo desiderio a tutti gli Angeli, dei quali egli era naturalmente il capo. – « Siccome egli era superiore agli Angeli nei doni naturali, cosi volle esserlo pure nell’ordine soprannaturale. Insinuò loro dunque di sceglierlo per mediatore o mezzo di giungere alla beatitudine soprannaturale, in luogo del Verbo incarnato, predestinato da tutta la eternità a questa missione. Tale è il significato dèlle sue parole: Io salirò al cielo; sopra le stelle di Dio innalzerò il mio trono, salirò sul monte del testamento al lato di settentrione. Sormonterò l’altezza delle nuvole, sarò simile all’Altissimo.  (Is., XIV, 13, 14) « Risovvenendosi i buoni Angeli allo stesso istante della grazia di Dio, come principio di tutti, i beni, e conoscendo per via della fede la passione del vero mediatore, il Verbo incarnato, cui gli eterni decreti avevano riserbato il posto e l’ufficio di mediatore del quale Lucifero voleva impadronirsi, non vollero per niente associarsi alla sua rapina. Essi gli seppero resistere; e grazie al merito della passione preveduta del Cristo, vinsero mediante il sangue dell’Agnello. In cotal modo quella gravitazione verso Dio che fin dal primo istante di loro creazione avevano essi incominciata, parte per inclinazione naturale, parte per impulso della grazia, liberamente, ma imperfettamente, la continuarono poi in piena e perfetta libertà. « In quanto agli angeli cattivi, ve ne furono di tutte le gerarchie e di tutti gli ordini, in tutto formanti la terza parte del cielo. Abbagliati essi, come Lucifero, dalla nobiltà e dalla bellezza della loro natura, si lasciarono adescare dalla brama di ottenere la bellezza soprannaturale, mediante le proprie loro forze e col soccorso di Lucifero; se ne stettero alle di lui suggestioni, applaudirono al suo progetto, portarono invidia alla natura umana, e giudicarono che l’unione ipostatica, l’ufficio di mediatore e la destra di Dio, si addicevano meglio a Lucifero che alla natura umana, inferiore alla natura angelica. « Dopo quell’istante, la cui durata ci è ignota, di libera e completa elezione, l’Iddio onnipotente comunicò ai buoni Angeli la chiara visione della sua essenza, e condannò al fuoco eterno i cattivi, con lucifero, loro capo, a cui disse: Tu non salirai, ma scenderai, e sarai trascinato nell’inferno.(Isa. XIV, 1). Gli Angeli buoni, avendo Michele e Gabriele alla loro testa, tosto eseguirono l’ordine di Dio, e comandarono a lucifero ed ai partigiani suoi di uscire dal cielo, dove pretendevano rimanere. – Bisognò loro malgrado obbedire. « In conseguenza di quanto abbiamo visto, risulta chiaro:

1° Che lucifero non ha peccato per avere ambito di essere uguale a Dio; era egli troppo illuminato da ignorare ch’è impossibile uguagliare Dio, essendo impossibile che vi fossero due infiniti. Inoltre è impossibile che una natura di un ordine inferiore diventi una natura d’un ordine superiore; attesoché bisognerebbe, perciò, ch’ella si annientasse. Egli non poté concepire un tal desiderio, conciossiachè ogni creatura desidera altresì, innanzi tutto e invincibilmente, la sua conservazione. Perciò il Profeta Isaia non gli fa dire: Io sarò uguale, sarò simile a Dio.

2° É evidente che Lucifero ha peccato desiderando in un modo colpevole la rassomiglianza con Dio. Ambì egli d’essere il capo degli Angeli, non solamente per l’eccellenza della sua natura, privilegio di cui godeva, ma volendone esser loro mediatore per ottenere la beatitudine soprannaturale: beatitudine che voleva acquistare egli stesso con le sue proprie forze. Cosi è che egli desiderò l’unione ipostatica, l’ufficiò di mediatore ed il posto riserbato all’umanità del Verbo, come ad esso conveniente meglio che alla natura umana, alla quale sapeva che il Verbo doveva unirsi. Il volere impadronirsene era dunque per parte sua, un atto di rapina. Perciò Nostro Signore Gesù Cristo lo chiama ladro. » (Viguier, cap. m, § 11, vers. 15, p. 96, 97). – Ruard, Molina e altri sommi teologi professano la stessa dottrina in un modo non meno assoluto: assolute. Molto prima di costoro il celebre Ruperto area espresso la stessa sentenza. Intorno a quelle parole del Salvatore: Egli fu omicida sino da principio, e voi volete compiere i desideri del Padre vostro, egli dice: Il Figliuolo di Dio parla qui della sua morte. Cosi, niente impedisce d’intendere per questo primitivo omicidio, l’antico odio di satana contro il Verbo. Quest’odio, anteriore alla nascita dell’uomo, satana arde di soddisfarlo. Per giungere al suo intento, adopra tutti i mezzi di far porre a morte quello stesso Verbo di Dio, attualmente rivestito dell’umana natura. « Ciò è tanto più vero, in quanto che Nostro Signore aggiunge: Ed egli non fu fedele al vero; il che ebbe luogo avanti la creazione dell’uomo. Infatti, nel momento in cui sollevandosi contro il Figliuolo, che solo è l’immagine del Padre, egli disse nel suo orgoglio: Io sarò simile all’Altissimo, divenne omicida dinanzi a Dio, salvo a divenirlo dinanzi agli uomini, facendo morire per mano dei Giudei l’eterno oggetto dell’odio suo…. Queste parole, egli non rimase fedele alla verità, significano che egli non ha continuato ad amare Colui il quale è la verità, il Figlio di Dio. Difatti rimanere nella verità è lo stesso che amare la verità; e rimanere o tenersi a Cristo è la stessa cosa che amare Cristo. Satana è dunque omicida sin dal principio, perché ha sempre tenuto per la verità, che è il Verbo, un odio indicibile.1 » (Comment. in Joan., lib. VII, ad illa: Ille erat homicida, n° 242 a 224).  Questa notevole testimonianza può riassumersi cosi: lucifero, avanti la sua caduta, conosceva le adorabili persone della SS. Trinità, e le amava. Troppo grandi erano i suoi splendori per permettergli d’essere geloso di Dio, tanto meno ancora di avere la pretensione di divenirlo. Allora egli tenevasi nel vero. Ma quando seppe che il Verbo doveva unirsi alla natura umana, a fine di divinizzarla, e, divinizzandola, innalzarla al disopra degli Angeli, al disopra del medesimo lucifero, allora non stette più nel vero. L’orgoglio entrò in lui, questo lo condusse alla ribellione; dalla ribellione all’odio, dall’odio alla caduta. – La stessa ragione dall’altra parte, per poco che essa rifletta, si persuade facilmente che la prova degli Angeli ha dovuto consistere nel credere al mistero dell’Incarnazione. Prima di tutto, il peccato degli Angeli è stato un peccato d’invidia; questo è un punto indiscutibile della dottrina cattolica. Fra tutti i Padri ascoltiamo solamente san Cipriano, parlando dell’invidia: « Come è grande, o miei dilettissimi figli, esclama egli, quel peccato che ha fatto cadere gli Angeli; che ha offuscato quelle alte intelligenze, e rovesciato dai troni loro quelle potenze sublimi; che ha ingannato lo stesso ingannatore! Di qui appunto è discesa sulla terra l’invidia. Per cagion sua perì colui che, pigliando a modello il maestro della perdizione, obbedì alle sue ispirazioni, come sta scritto: Per invidia del demonio la morte entrò nel mondo. » (Invidia diaboli mors introivit in orbem terrarum. – Opusc. de zelo et livore.) In conseguenza, l’invidia degli angeli non ha potuto avere che due oggetti: Dio o l’uomo. Rispetto a Dio, il volere essere simile a Dio, uguale a Dio, considerato in se medesimo, e fatta astrazione dal mistero della Incarnazione, è un desiderio che l’angelo non ha potuto avere: « Questo desiderio, dice san Tommaso, è assurdo e contro natura; e l’angelo lo sapeva. » (Scivit hoc esse impossibile, naturali cognitione…. et dato quod esset possibile, hoc esset contra naturale desiderium. Pars I; q. LXIII, art. 3, corp.; id Petav. de Ang. cap. XI, n° 22) – L’uomo è stato dunque l’oggetto della gelosia di lucifero. « Per la gelosia concepita contro l’uomo, dice sant’Ireneo, l’angelo divenne apostata e nemico dell’uman genere. » (Ex tunc enim apostata est angelus et ininnicus, ex quo zelavit plasma Dei et inimicum illum Deo facere agressus est. Lib. IV”, Adv. hæres., cap. LXXVIII). – Ma come noi abbiamo già visto, l’angelo non aveva nessuna ragione d’invidiare la dignità naturale dell’uomo. Questa dignità consiste nella creazione ad immagine ed a somiglianza di Dio. Ora, l’Angelo stesso è fatto ad immagine di Dio, ed anche in un modo più perfetto dell’uomo. (S. Aug.: De Trinit, lib. XII, cap. VII). Una sola cosa innalzava l’uomo al disopra dell’Angelo e poteva eccitare la sua gelosia, cioè l’unione ipostatica. – Se il dogma dell’Incarnazione, considerato in sé medesimo, basta per spiegare la caduta di lucifero; lo spiega ancor meglio riguardato nelle sue relazioni e ne’suoi effetti. Da un lato, questo mistero è il fondamento e la chiave di tutto il disegno divino, tanto nell’ordine della natura che in quello della grazia. Dall’altro esigeva dagli Angeli, per essere accettato, il più grande atto di abnegazione: atto sublime relativamente alla sublime ricompensa che doveva coronarlo. Tutta la creazione, materiale, umana, ed angelica, come discesa da Dio, a Dio deve risalire; imperocché il Signore ha fatto tutto per sé e per sé solo. (Universa propter semetipsum operatus est Dominus. Prov., XVI, 4. — Ego Dominus, hoc est nomen meum, et gloriam meam alteri non dabo. Is. XLII, 8). Ma una distanza infinita separa il creato dall’increato. Per colmarla, è necessario un mediatore; e poiché è necessario, si troverà. Formando il punto di congiunzione, e come la saldatura del finito con l’infinito, questo mediatore sarà il legame misterioso che unirà tutte le creazioni tra di esse e con Dio. (S. Aug. Soliloq. cap. VI. Chi sarà egli? Evidentemente Colui il quale, avendo fatte tutte le cose, non può lasciare l’opera sua imperfetta: sarà dunque il Verbo eterno. Alla natura divina unirà ipostaticamente la natura umana, nella quale si danno convegno la creazione materiale e la creazione spirituale. Mercé di questa unione in una medesima Persona, dell’Essere divino e dell’essere umano, del finito e dell’infìnito, Dio sarà uomo, e l’uomo sarà Dio. Questo Dio-uomo diventerà la deificazione di tutte le cose, principio di grazia e condizione di gloria, anco per gli Angeli, i quali dovranno adorarlo come loro Signore e loro padrone. (S. Iren. Adv. hæres., lib. III, cap. VIII, et Corn. a Lap., in Epist. ad Eph. ap. I, 10).Un uomo-Dio, una Vergine-Madre, l’innalzamento più smisurato dell’essere il più umile, la natura umana preferita alla natura angelica, l’obbligo d’adorare, in un uomo-Dio, il loro inferiore divenuto loro superiore! A questa rivelazione, l’orgoglio di Lucifero si rivolta, e si manifesta la sua invidia. Iddio l’ha visto. La giustizia, rapida come la folgore, colpisce il ribelle ed i complici suoi, in quelle colpevoli disposizioni, le quali, facendo eterno il loro delitto, eternizzano il loro castigo. Tale è la grande battaglia della quale parla san Giovanni.Il Cielo ne fu il primo teatro: la terra sarà il secondo.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.