LIBERTA’

[da: E. Barbier, I tesori di Cornelio Alapide]

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LIBERTA’

.1. La libertà e l’uomo libero. — 2. In che consiste la vera libertà. — 3. Da chi ci viene la libertà. — 4. Tutti siamo chiamati alla libertà, e uguali dinanzi a Dio. — 5. La libertà vera e durevole è nel cielo. — 6. Falsa libertà. — 7. I santi si adoprarono per la libertà degli uomini.

1.- La libertà e l’uomo libero. — Un uomo celebre, interrogato che cosa fosse la libertà, rispose: È la retta coscienza. Un figliuolo di Carlomagno, avendo fatto la medesima interrogazione ad Alcuino, n’ebbe per risposta: L’innocenza. Difficilmente si sarebbe potuto dare più bella, più esatta, più vera definizione. Cicerone poi chiama la libertà: La potestà di vivere come l’uomo vuole; le quali parole se a primo aspetto suonano un po’ equivoche e paradossali, considerate bene e confrontate con le seguenti, apparranno profonde e chiarissime. Infatti soggiunge subito dopo: « Ora chi è che vive come vuole, se non chi segue la retta ragione? Solo il saggio non fa nulla suo malgrado o a malincuore o sforzato. Chi porrà in dubbio che le persone leggere o cupide o cattive non siano schiave? ». Solo l’uomo virtuoso è libero… Solo i veri figli di Dio sono liberi. Che cosa è infatti la libertà dei figli di Dio? non altra cosa se non la dilatazione e l’ingrandimento del loro cuore che si libera da tutto ciò che è finito. Finita è la volontà nostra, e finché essa rimane in se stessa, si confina; desiderate essere liberi? spogliatevi della vostra volontà e non ne abbiate più altra che quella di Dio. E siccome Dio è la libertà e la potenza per natura, che fa tutto quello che gli aggrada, così anche voi parteciperete alla sua libertà, alla sua potenza, alla sua volontà. Non è conveniente all’uomo il non vedere nulla al di sopra di sé; una pronta schiavitù tien dietro a questo pensiero di orgoglio. La condizione della creatura non comporta una tale indipendenza; bisogna che sia soggetta a Dio… « Il Signore poi farà la volontà di coloro che lo temono » dice il Salmista (CXLIV, 19). Al contrario, permette che quelli i quali non si curano del volere di lui e fanno soltanto il loro proprio, non possano giammai fare quello che vogliono e diventano i più schiavi degli uomini…

2. In che consiste la vera libertà. — L’uomo veramente libero è quello che sta sottomesso a Dio, che soggioga le passioni, che evita il peccato e pratica la virtù… La libertà cristiana che fu predicata dagli Apostoli e che è la sola vera, sta in una esenzione dataci da Gesù Cristo; ma non è l’esenzione del servo dal fare quello che gli impone il padrone; non l’esenzione dall’obbedienza al decalogo, alle leggi, ai prìncipi, ai prelati, ai superiori; non l’esenzione dalle opere di penitenza e di soddisfazione; non l’esenzione dall’adempimento dei voti e delle promesse che si siano fatte, perché la libertà di sottrarsi a tutte queste obbligazioni è una libertà sragionevole, animalesca, carnale, vergognosa, ingiusta, contraria alla natura ed alla sana ragione. Non è dunque una libertà di tal fatta, la quale non sarebbe in realtà che una formale ribellione, quella che Gesù Cristo ci ha procurato; ma la libertà cristiana consiste nell’esenzione dalle molteplici cerimonie dell’antica legge, dal giogo del peccato, del demonio, della morte, come anche della dannazione eterna. « L’uomo, dice S. Leone, gode vera pace e libertà, quando la carne è governata dallo spirito e lo sprito da Dio ». Perché, come osserva S. Agostino, « l’uomo dabbene, ancorché serva, è libero e l’uomo malvagio, benché comandi, è schiavo ». L’uomo fa buon uso della sua libertà, quando sceglie di fare quello che è conforme alle leggi ed al volere di Dio; così diportandosi, egli si sottomette al suo vero e legittimo padrone. Ma servire a Dio è un regnare : la qual cosa è sodamente provata da ciò, che il servire Dio è fare della ragione un santo uso; servire Dio è un procurarci una libertà veramente reale, giacché in Dio si trova la libertà suprema; servir Dio è unirci al Re dei re e per conseguenza un regnare con lui. Al contrario se ci uniamo con gli schiavi, diventiamo schiavi con loro. Non è forse vergognosa schiavitù sottostare ai propri inferiori? Ora siccome non vi è cosa più vergognosa che le passioni, ne segue che chi serve alle passioni è il più vile degli schiavi. Il servizio più nobile sta nel sottomettersi a Dio, perché Dio solleva, come dice l’Apocalisse, coloro che lo servono; li glorifica e beatifica, li corona re e sacerdoti (Apoc. V, 10). In quattro cose consiste il servizio di Dio : 1° nel conoscere Dio e quello che conduce a lui: e qui sta veramente il fondamento del servizio divino… 2° Nel fare opere di carità e di beneficenza: mentre godiamo dei benefizi fattici da Dio, è nostro debito ringraziarlo e adoperarci a celebrare in tutto la sua bontà e la sua gloria; offerirGli e consacrarGli il nostro cuore, la nostra anima, i nostri pensieri, le nostre sollecitudini. Questo è ciò che fanno verso il loro principe i cortigiani fedeli e devoti; essi ne encomiano dappertutto e in ogni tempo le qualità e la potenza, per attirare gli uomini ad amarlo e servirlo; e guai se odono chi ne parla male… 3° Nell’attendere al culto, porgendogli i doverosi nostri omaggi con l’offerta del santo Sacrificio, con le cerimonie, coi riti, con gli inni, con le preghiere, coi voti. È questo l’uffizio degli angeli e dei santi che nel cielo vivono in Dio, l’onorano, lo lodano, lo benedicono, lo amano e lo adorano. Perciò il perfetto servizio di Dio formerà la nostra beatitudine e la vita eterna… 4° Nell’osservare i comandamenti di Dio e nel praticare la virtù… Sottomettersi a Dio e servirlo vuol dire imporsi la fortunata necessità di obbedire alle sue leggi; togliersi, per quanto si può, la triste e crudele libertà di mal fare e di perdersi. La libertà dei figli di Dio sta nel liberarsi dal peccato; ora il servizio di Dio produce questo grande e fortunato effetto e perciò ci dà la vera liberta. Notate, dice Bossuet, tre sorta di libertà che noi possiamo immaginare nelle creature. La prima è quella degli animali, la seconda è la libertà dei ribelli, la terza è la libertà dei figli di Dio. Gli animali sembrano liberi, perché non è loro prescritta nessuna legge; i ribelli si figurano di esserlo, perché scuotono da sé e disprezzano l’autorità delle leggi; i figli di Dio lo sono in fatti, sottoponendosi umilmente alle leggi; tale è la libertà vera; le altre due non sono che immaginarie… Infatti, in quanto alla libertà di cui godono le bestie, io arrossisco di chiamarla con tal nome; è vero che esse non hanno leggi le quali frenano i loro appetiti o dirigano i loro movimenti, ma questo avviene perché sono prive d’intelligenza che li renda capaci di essere governati dalla savia direzione delle leggi; esse vanno senza norma e senza giudizio là ove le trascina un cieco istinto. E chiameremo noi libertà questo istinto bruto e indocile, incapace di ragione e di disciplina? Dio non permetta, o figli degli uomini che mai vi piaccia tale libertà e che mai vogliate essere liberi in modo così vile ed indegno!… Che cosa diremo poi a quegli uomini animaleschi per i quali ogni legge è una spina e che vorrebbero vederle abolite tutte quante, per non ricevere se non quelle che dettano loro gli sregolati appetiti? Dirò loro che ricordino almeno che sono uomini e non si vantino di una libertà che li mette tra le bestie. Ponderino quella stupenda osservazione di Tertulliano. Convenne che Dio assegnasse una legge all’uomo : forse per incatenarne la libertà? No, ma perché non paresse posto nell’abbietta condizione delle bestie. Questa libertà di vivere senza leggi, sarebbe stata un’ingiuria alla natura umana. Dio avrebbe mostrato di disprezzare l’uomo se non si fosse degnato di dirigerlo e di prescrivergli l’ordine di vita: ne avrebbe fatto il conto che fa degli animali irragionevoli ai quali permette vivere senza leggi perché non ne fa stima e li lascia liberi per disprezzo. Se egli ha dunque tracciato delle leggi, se ha imposto dei doveri all’uomo, non fu per togliergli la libertà, ma per dirigerla e per mostrarci la stima in cui lo tiene. « Stabilisci, o Signore, diceva Davide a Dio, un legislatore su le genti, affinché sappiano che sono uomini »; cioè, esseri dotati di ragione e d’intelligenza e degni di essere governati da una condotta savia e regolata (Psalm. IX, 20). Da ciò risulta chiaramente che riesce a disonore, e non a vanto dell’uomo, la sua pretesa di vivere senza leggi. E cosa giusta che Dio ce ne imponga e non meno giusta che la nostra volontà loro si sottometta; perché negare obbedienza all’autorità legittima non è libertà, ma rivolta; non è franchezza, ma insolenza. Chi abusa della propria volontà fino al punto di mancare di rispetto, merita di perderla e così infatti avvenne. Perché l’uomo, scrive S. Agostino, avendo usato male della sua libertà, perdette insieme se stesso e la sua libertà. E ciò, perché ebbe l’ardire di misurare la sua libertà contro Dio; egli pensò che sarebbe stato più libero, se avesse scosso il giogo della legge divina e non conobbe, lo sventurato, qual era la natura della sua libertà; non badò che era libertà, non indipendenza; era libertà, non sbrigliamento; era libertà, non immunità della soggezione che è essenziale alla creatura. Il papa Innocenzo I dice che Adamo fu ingannato dalla sua libertà, cioè non seppe distinguere tra libertà e indipendenza; pretese di essere libero più di quanto potesse un uomo nato sotto Impero sovrano di Dio. Egli era libero come un buon figlio sotto l’autorità paterna; volle essere libero fino al punto di valicare i termini della soggezione figliale, di mancare di rispetto. Questa non è liberta, ma ribellione. La vera libertà è dipendere da Dio e occuparsi della propria salute… È un segreto di Dio il saper congiungere insieme l’affrancamento e la servitù e S. Paolo ce ne dà la chiave in quelle parole: « Chi, essendo servo, è stato chiamato al Signore, è liberto del Signore; parimente, chi è stato chiamato essendo libero, è servo di Cristo » (I Cor. VII, 22). Non ci sia cara la liberta se non per sottometterla a Dio e non abbiamo paura che la sua legge ce la involi. Chi dirà che sia un opporsi a un fiume, o chiamerà inceppamento alla libertà del suo corso, il sollevamento delle rive e lo sgombramento dell’alveo, perché le acque non straripino e inondino la circostante campagna? anzi è questo un aiutarne e renderne più regolare, più sicuro, più maestoso il sue corso naturale. Similmente non è un perdere la libertà l’imporle delle leggi, assegnarle dei limiti, affinché non devii; è al contrario un’indirizzarla più sicuramente per la via che deve tenere; con tale provvedimento non si costringe, ma si conduce; non si inceppa, ma si dirige. Sapete chi la perde, chi la distrugge? quelli che la deviano dal suo corso naturale, cioè dalla sua tendenza al sommo bene… Se vi è un mezzo di rendere libero un cuore, è il perfetto, assoluto abbandono nelle mani di Dio e della sua santissima volontà.

3. Da chi ci viene la libertà. — Disse Gesù Cristo ai Giudei: « Se voi vi manterrete saldi alla mia parola, sarete veramente miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi » (Ioann. VIII, 31-32). Ora chi è la verità? Gesù Cristo (Ioann. XIV, 6). Gesù Cristo è dunque Colui che ci procura la vera libertà come egli stesso affermò : « Se il Figlio vi libererà, sarete veramente liberi » (Ioann. Vili, 36). Gesù Cristo distrusse quattro sorta di servitù e ci portò quattro sorta d libertà: 1° ruppe il giogo dell’antica legge e ci diede la libertà del Vangelo… 2° Infranse le catene della schiavitù in cui ci teneva il peccato e ci chiamò alla libertà della giustificazione… 3° Abbatté l’impero della concupiscenza e stabilì la sovranità della carità e della grazia… 4° Distrusse la morte e diede la vita… Ce ne assicura San Paolo che scriveva ai Galati : « Cristo ci ha liberati » (Gal. IV, 31), ed ai Corinzi diceva che, « dove è lo spirito di Dio, ivi è la libertà» (II Cor. III, 17). » Chi mirerà addentro nella perfetta legge della libertà ed in essa persevererà, costui sarà fortunato nelle opere sue », dice S. Giacomo (Iacob. I, 25). Questa legge perfetta di libertà è la legge evangelica. 1° È legge di libertà, perché ci ha sciolti dai precetti giudiziali e cerimoniali dell’antica legge; non però dal Decalogo, poiché il Decalogo obbliga non già perché fu promulgato da Mosè, ma perché è la legge medesima naturale sanzionata da Dio e rinnovata da Gesù Cristo il quale diceva: «Non sono venuto per abolire la legge, ma per adempirla », cioè perfezionarla (Matth. V, 17). 2° È legge di libertà, perché ci ha fatti liberi dal peccato, riscattati dalla potestà del demonio e dell’inferno… Ora non v’è altra libertà vera presso Dio, scrive San Gerolamo, fuorché l’esenzione dal peccato. 3° È legge di libertà, perché ci libera dalla costrizione e dal timore; dovendo noi osservare i precetti di Dio non per paura della vendetta, ma per amore della giustizia. I cristiani non sono servi come i giudei, ma sono figli. « Noi non sottostiamo, osserva S. Agostino, a una legge che ordini il bene ma che non ci dia potere di farlo; bensì viviamo sotto la legge di grazia, la quale portandoci ad adempire per amore quello che la legge comanda, può esercitare il suo impero senza ledere la libertà di chi obbedisce… Non abusiamo della nostra libertà per peccare liberamente, ma serviamocene per non peccare. Poiché la nostra volontà è libera, se è pia; saremo liberi, se saremo servi: liberi dal peccato, soggetti alla giustizia ». Qui si adatta quel detto di Seneca: « Noi siamo nati per regnare; obbedire a Dio è libertà ». 4° Finalmente, la legge evangelica è libertà, perché nel giorno della risurrezione saremo liberati dalla morte e da ogni miseria… Dice ancora S. Agostino: « Ci libera da ogni servitù Colui la cui servitù è utilissima a tutti e al cui servizio chi attende con amore trova la sola vera libertà, la libertà regale, poiché essere servo di Dio è essere re ». « O Signore, esclamava il profeta, voi avete rotto le mie catene, perché io sono vostro servo, vostro servitore devoto e figlio della vostra serva » (Psalm. CXV, 6) « L’anima nostra, invischiata come passero nella pania, ne fu strappata; il laccio fu tagliato e noi fummo rimessi in libertà» (Psalm. CXXIII, 6-7). « Quando il Signore che scioglie gli incatenati liberò Sion dalla sua schiavitù, ci siamo rallegrati » (Psalm. CXLV, 6)-(Psalm. CXXV, 1). « Noi speriamo, scrive S. Agostino, di essere fatti liberi dal principe della libertà, il quale liberandoci ci salverà. Noi eravamo schiavi delle passioni; resi alla libertà, diventiamo servi della carità ». Sì, Gesù Cristo ci ha liberati dalla servitù del peccato, del demonio e dell’inferno. Questa libertà, da lui procurataci, è la libertà dell’anima; libertà somma, preziosissima, eterna, per ottenere la quale dovremmo contare per nulla tutte le cose anche se ci dovesse costare la schiavitù per tutta la vita presente… Ma per fortuna anche da quest’ultima servitù Gesù Cristo ci ha liberati : 1° perché venendo al mondo, principe della pace, ha portato con sé la pace al mondo; 2° perché ha cambiato la servitù, da castigo della colpa, in semplice condizione di nostra natura, o meglio ne ha fatto un esercizio di pazienza e di virtù, il principio e la causa della libertà e della gloria celeste; 3° perché mediante la sua grazia ha reso la servitù dei cristiani volontaria, dolce, cara, non più dura e forzata come quella dei Giudei; 4° perché alla risurrezione, annienterà per i santi ogni virtù, darà loro non solamente la libertà, ma il regno dei cieli, affinché siano re e re in eterno. Aveva dunque ben ragione S. Paolo di dire ai cristiani: « Voi tutti siete chiamati da Gesù Cristo alla vera libertà » (Gal. V, 13). Ma se questo c’importa e ci rallegra, ricordiamoci che il nostro riscatto costò il sangue di un Dio, e redenti a prezzo così grande, non avviliamoci più a farci schiavi: (I Cor. VII, 23).

4. Tutti siamo chiamati alla libertà, e uguali dinanzi a Dio. « Voi tutti, proclama il grande Apostolo, siete figli di Dio per la fede in Gesù Cristo. Non vi è più né giudeo, né greco, né servo, né libero, né maschio, né femmina, perché tutti siete una cosa sola in Gesù Cristo» (Gal. III, 26, 28). « Non siete più servi, ma figli; e se figli, certamente anche eredi di Dio per Gesù Cristo» (Gal. IV, 7). Ed agli Efesini scriveva: «Voi non siete più pellegrini e stranieri, ma concittadini dei santi e familiari della casa di Dio » (Eph. II, 19). Noi, cristiani, apparteniamo tutti alla città degli angeli, dei patriarchi, dei profeti, alla casa, alla gente di Dio; siamo della famiglia del re Messia, abbiamo diritto ai Sacramenti ed a tutti i beni di Gesù Cristo e dei cristiani; noi siamo registrati tra gli eredi del regno celeste… Noi abbiamo tutti un solo e il medesimo maestro e padrone nel cielo; e questo padrone non guarda in faccia a persona.

5. La libertà vera e durevole è nel cielo. — Noi che abbiamo creduto entreremo nel riposo, dice S. Paolo (Hebr. IV, 31. Quanta pace, gioia, riposo, libertà voi godreste, o uomini del mondo, se poteste essere assicurati che le vostre ricchezze non subiranno mai nessuna perdita, che la vostra fortuna non sarà mai in pericolo, che le vostre forze e la vostra sanità non soffriranno mai acciacco né malattia! Il vostro stato vi sembrerebbe il più lieto, il più invidiabile! Quanto adunque non sarete voi liberi e felici, quanta non sarà la dignità e la gloria della vostra libertà quando non potrete più essere ingiusti, non più impuri, non più peccatori; quando non potrete più perdere Iddio, non più decadere dalla vostra giustizia e per conseguenza dalla vostra felicità! Ma tale pace e tale libertà non si trovano che in cielo. – Facciamo dunque quaggiù buon uso della libertà e la libertà ci sarà data pienissima, intera, potentissima; noi non potremo più soggiacere a nessuna servitù, né interiore, né esteriore, né fisica, né morale; noi saremo eternamente liberi ed eternamente consacreremo la nostra libertà ad amare, lodare, benedire la libertà, che è Dio…

6. Falsa libertà. — Quando Gesù disse ai Giudei che la verità li avrebbe liberati, essi quasi offesi risposero bruscamente: Forse che noi, stirpe di Abramo, fummo giammai schiavi? E Gesù riprese: « Vi assicuro, in fede mia, che chiunque pecca, è schiavo del peccato » (Ioann. VIII, 34). Ecco dove si trova, per testimonianza di Gesù Cristo, la schiavitù veramente spaventosa: nel peccato e non altrove che nel peccato. « L’uomo virtuoso, dice S. Agostino, anche schiavo, è libero; il malvagio, invece, foss’anche re, è schiavo; né schiavo di un solo uomo, ma, quel che è peggio, di tanti padroni quanti sono i suoi vizi ». Gli increduli, gli empi, i peccatori, i ribelli, gli uomini perversi e corrotti, vivendo senza freno, senza legge, senza principi, senza religione, senza coscienza, senza Dio, non sono liberi, ma interamente schiavi, perché venduti al peccato secondo la frase di S. Paolo(Rom. VII, 14). Essi vogliono una perfetta libertà e cadono in una completa schiavitù; quindi la loro libertà perisce appunto perché la vogliono troppo estesa. Cercandola assoluta, la distruggono, perché lasciati in loro balia, si gettano ciecamente in ogni eccesso, e tanti tiranni incontrano quante passioni accarezzano. L’esempio del prodigo attesta questa triste e terribile verità. Quel giovane abbindolato non si crede abbastanza libero nella casa paterna, dove gode l’abbondanza di tutto; gli viene il capriccio di uscirne e cerca modo di soddisfarlo; vuole schermirsi dagli sguardi e dai caritatevoli ammonimenti del padre che gli rimprovera con dolcezza le prime sregolatezze. Egli parte, si allontana e penetra in un paese lontano… Troverà egli la libertà? Ahimè! quanto più affannosamente le corre dietro, tanto più essa gli sfugge. In breve tempo egli dà fondo ad ogni suo avere, abbandonandosi con falsi amici all’impeto delle malnate sue inclinazioni. Fortuna, onore, sanità, pace e gioia, tutto perde a un tratto e cade nell’indigenza torturato dalla fame, dalla sete, dal freddo. Disprezzato, abbandonato da tutti, si vede costretto a mettersi al servizio di un padrone spietato che lo manda alla campagna a guardare una mandra di maiali. Là divorato dalla fame, vorrebbe cibarsi delle ghiande e non ha chi gliene dia. O prodigo, hai tu trovato la libertà, la felice libertà? La libertà del prodigo è l’immagine della libertà che godono gli impudichi, gli avari, i golosi, tutti quelli insomma che si sono venduti al peccato e portano il ferreo giogo del demonio e delle passioni. Di costoro (cioè degli empi, degli eretici, dei dissoluti) parla San Pietro, quando dice che vi sono certuni i quali « promettono la libertà, mentre sono essi medesimi schiavi della corruzione; poiché il vinto è schiavo di colui che lo ha vinto » (II Petr. II, 19). « Infatti, dice S. Cirillo, la troppa libertà porta la perdita della libertà; perciò i governi che non frenano la troppa libertà dei malvagi, rovinano per questa libertà, che si cambia in licenza, in ribellione, in ingiustizia, in misfatti » (Catech.). Finché il corpo sta soggetto all’anima, vive; se vuole liberarsene, muore. Una nave che obbedisce al pilota, scampa al naufragio; lasciata a se stessa, diventa zimbello delle tempeste, rompe negli scogli, si sprofonda nell’abisso per non più comparire. La formica che mette le ali è più libera, perché può volare, ma allora appunto va alla prigione e alla morte. Similmente la libertà dei malviventi diventa per loro principio di schiavitù e di morte… I cattivi, non volendo dipendere da Dio, si rifiutano di essere quello che dovrebbero essere, cioè creature ragionevoli, intelligenti, create da Dio e per conseguenza dipendenti da lui. Combattono dentro se medesimi i primi principi e il fondamento del loro essere; corrompono la naturale loro equità, si inimicano Dio e si attirano perciò la sua collera. Il peccatore adopera la sua libertà per muovere guerra a Dio e se ne serve per trasgredire tutte le sue leggi… In pena di non aver riconosciuto il possesso dei veraci beni datigli dal Creatore, l’uomo viene abbandonato all’illusione dei beni apparenti. Ebbe a nausea i piaceri del cielo e diventa ludibrio dei piaceri terreni che menano le anime alla perdizione. Non volle la libertà ricevuta dal Signore e gode la libertà immaginaria che gli presenta la sua ragione bisbetica e viziata. Noi siamo liberi, dicono i peccatori, noi possiamo fare quello che ci piace. Come, voi potete fare ciò che vi piace? risponde loro Bossuet; ed io invece vi assicuro che voi non potete fare quel che vi piace e se anche lo poteste, non perciò sareste liberi. Voi non potete fare quello che volete, poiché non sta in voi l’impedire che la vostra fortuna non sia incostante, che la vostra felicità non sia fragile, che l’oggetto dei vostri amori non vi sfugga, che la vita non vi manchi nel bel mezzo delle vostre imprese, che la morte non tronchi il filo di tutti i vostri disegni. Voi non potete quel che volete, poiché non potete impedire di vedervi delusi nelle vane vostre pretese: o voi mancate a loro, o esse mancano a voi; voi mancate a loro quando non raggiungete la vostra méta, esse mancano a voi, quando dopo di averla raggiunta, non vi trovate quello che vi cercavate. Voi non potete fare ciò che più vi sta sul cuore, voi desiderate i piaceri, la felicità e invece dovete subire ciò che più vi dispiace e vi ripugna, cioè la giustizia divina e i suoi castighi… Facendo quello che volevo, confessa di sé S. Agostino, io arrivavo dove non volevo. La falsa libertà consiste nel voler fare il proprio volere. Questa vana mostra d’indipendenza è la libertà di Satana e dei ribelli suoi complici… Quali sono i vostri sentimenti, o peccatori accecati, quando pretendendo di essere liberi, prendete per norma di condotta il vostro umore, la vostra passione, la collera, il vostro capriccio? Quando rigettate ogni freno, ricalcitrate contro ogni legge, non soffrendo né ritegno, né rimprovero, né ammaestramento, né guida? Voi volete la libertà dei cavalli sfrenati, dei leoni, delle tigri… Il nome di libertà è il più dolce, il più lusinghiero, ma è anche il più fallace, il più ingannatore dei nomi. I tumulti, le sedizioni, il disprezzo delle leggi, hanno sempre la loro causa o il pretesto nell’amore di una libertà male intesa. Non vi è bene naturale di cui tanto abusino gli uomini, quanto della libertà…

7. I santi si adoperarono per la libertà degli uomini. — S. Epifanio, vescovo di Pavia, fece nell’anno 493 un viaggio in Borgogna per riscattare i prigionieri ritenuti dal re Gondebaldo (In Vita). S. Poppone, abate di Stavèlo nella terra di Liegi, si adoperò a tutto potere presso il re Enrico, per ottenere l’abolizione della barbara usanza di far combattere gli uomini con gli orsi (In Vita), S. Batilde, regina di; Francia, abolì la schiavitù. La regina Bianca ed il santo re Luigi confinarono in ristrettissimi limiti il diritto di vassallaggio (In Vita). S. Pier Nolasco, S. Giovanni di Matha consacrarono tutti i loro averi e le persone loro alla redenzione degli schiavi (In Vita). La storia della Chiesa e la vita dei Santi, segnano in ogni pagina gli sforzi e le fatiche che fecero in ogni tempo i figli di Gesù Cristo, per procurare agli uomini la vera libertà e distruggere la schiavitù. In ciò risplendono particolarmente i Sommi Pontefici i quali non cessarono mai, fino a questi ultimi giorni, di fulminare ogni maniera di schiavitù, con qualunque nome l’umana cupidigia la nasconda e di proteggere ogni vera, ogni sana libertà e politica e civile.