Lo strana sindrome di nonno Basilio: 29

Lo strana sindrome di nonno Basilio 29

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     Esimio direttore, eccomi ancora alla sua cortese attenzione per renderla partecipe delle mie strane vicende che si susseguono ininterrottamente creandomi non poche perplessità che voglio sottoporre a lei perché possa aiutarmi, magari con la collaborazione di qualche suo lettore, a dipanare una matassa sempre più complicata. Mi trovavo nel mio studiolo con nelle mani la mia “Vulgata”, la Bibbia tradotta da S. Girolamo in latino ed approvata solennemente dal Concilio Tridentino, l’unica della quale mi fido, viste le recenti “papocchiate” ecumeniche, zeppe di errori teologici e sviste di ogni genere, letterali, grammaticali ed interpretative ad uso e consumo postconciliare, spesso ridicole e fuorvianti nell’emulare le libere fantasie protestanti. Leggevo per la cronaca il terzo capitolo del Deuteronomio, al versetto 11: “solus quippe Og rex Basan restiterat de stirpe gigantum monstratur lectus ejus ferreus qui est in Rabbath filiorum Ammon novem cubitos habens longitudinis et quattuor latitudinis ad mensuram cubiti virilis manus” (perché Og, re di Basan, era rimasto l’unico superstite della stirpe dei giganti (i refaim). Ecco, il suo letto, un letto di ferro, non è forse a Rabbath degli Ammoniti? Ha nove cubiti di longitudine e quattro di latitudine, secondo il cubito di un uomo). Nella Bibbia vernacolare attuale, non c’è il riferimento ai quattro cubiti di longitudine, (chissà perché le menti eccelse che l’hanno tradotta nella versione CEI l’hanno omessa?… un altro mistero ecumenico?). La cosa mi appassiona, (io sono un tipo curioso, penso che se ne sia già accorto …), e vado a controllare il testo ebraico e, come dice S. Agostino quando c’è qualche cosa che non convince, a consultare il testo greco dei “Settanta”, e trovo in entrambi i casi l’espressione ben tradotta da S. Gerolamo. Ora mi chiedo, che bisogno c’era di precisare questo particolare, apparentemente insignificante, circa le dimensioni di un letto di ferro di un re peraltro sconosciuto e di scarso interesse storico e teologico? E data la mia curiosità, vado a documentarmi subito sul “cubito” sulla mia inseparabile “Enciclopedia cattolica”, che non mi tradisce mai, un’opera ineguagliabile per chiarezza e dottrina, monumento alla verità, di cui i “modernisti” … ed i falsi tradizionalisti, per non essere colti in fallo, impediscono la ristampa e tengono ben occultati i pochi esemplari esistenti nei bassi delle biblioteche diocesane, come mi dice sempre mia nipote Caterna, una ragazza che di me ha ereditato la curiosità e la tenacia nella ricerca (… modestamente … mi perdoni la auto-sviolinata!). Alla colonna 1032 del III volume, leggo che il cubito ebraico (‘ammah) comune era di 6 palmi e 24 dita (458 mm.), mentre per le costruzioni sacre si usava il cubito grande di 7 palmi che corrispondeva a 525-530 mm.; analogo riferimento alle misure in cubiti si trova nei capitoli 40 e 43 di Ezechiele. Questo significa quindi che questo letto di ferro, misurava (mi faccio aiutare dalla mia calcolatrice … sa, l’età e la mia squassata memoria potrebbe fare brutti scherzi …!): 2 metri e 10 cm. in larghezza e 4 metri 70 cm. in altezza. Così soddisfatta la mia curiosità sfoglio un po’ a caso questo terzo volume della citata Enciclopedia, e l’occhio cade sulla colonna 955: “dimensioni della croce” ove si dice tra l’altro che la croce usata nella crocifissione per un uomo di 1 metro e 70 cm. di altezza, era alta “complessivamente” 4 metri e ½. Resto sbigottito!, direttore … ma questa è la misura longitudinale del letto di Gog re di Basan, e si intuisce che anche l’altra misura si adatta bene alle dimensioni di un uomo crocifisso di circa 1 metro e 80; ovverosia le misure riportate nel testo del Deuteronomio sono quelle della croce di Cristo, letto durissimo, altro che ferro, sul quale ha patito ed è morto Nostro Signore Gesù Cristo. Nel Pentateuco, quindi, già erano state già fissate, millenni prima, le misure del patibolo del Messia, di modo che, ed in particolare il popolo eletto, si potesse riconoscere facilmente il proprio Salvatore e Re, così come Pilato aveva fatto scrivere sulla croce, le cui dimensioni sono esattamente quelle del letto di ferro minuziosamente riportate. Come è allora possibile che proprio chi possedeva le chiavi appropriate per la comprensione del mistero redentivo, non abbia e non voglia nemmeno oggi comprendere la verità, alla quale invece cerca ostinatamente di resistere opponendo un rifiuto incoerente, cocciuto, assurdo, che sfida apertamente Dio e tutta la tradizione mosaica dell’antica e vera Sinagoga? Pensi, caro direttore, che si arriva oggi finanche a negare la lettura del capitolo LIII di Isaia, tacciandolo di esoterismo (!?!), per cui nella lettura dei sacri testi si salta dal capitolo 52 al 54 omettendo il capitolo in cui, tanto per ricordarlo a qualche lettore distratto, si legge: “Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci da’ salvezza si è abbattuto su di Lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti”. (Isaia LIII,5). Ma chi è allora, mi, e le chiedo, “Chi ci ha guarito con le sue piaghe?” Noi Cristiani lo sappiamo molto bene, a differenza di quelli che ci perseguitano a causa della “croce di Cristo”. Il mio pensiero va subito a San Paolo, che in un impeto di gioia, impeto che ci dovrebbe accomunare tutti, esplode in “Galati VI” nel celeberrimo versetto 14: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”. In questo momento arriva Mimmo, mio nipote, che mi chiede come mai sia diventato rosso come un pomodoro! “Mimmo, ma è la croce di Cristo che mi infiamma! Vedi, caro nipote, è la Croce che dà forma alla Chiesa, lo spargimento del Sangue di Nostro Signore, con la sua morte in Croce, costituisce la causa meritoria della nostra salvezza eterna. È dalla Croce che ci viene ogni beneficio spirituale, ogni grazia e l’efficacia dei Sacramenti. Per questa ragione, la Chiesa, da sempre, ha voluto esaltare il Crocifisso, offrendolo continuamente alla contemplazione dei suoi fedeli. Dunque, tutta la spiritualità cattolica è basata sulla Croce! Ma Gesù Cristo crocifisso non è solo la causa meritoria della nostra Redenzione, Egli è anche la causa esemplare della nostra vita. Egli è obbligatoriamente modello per ogni anima che vuole salvarsi e santificarsi. Togliere dai nostri occhi il Crocifisso significa perdere il senso del dolore, significa perdere il senso della vita. Ecco perché il Crocifisso, forma simbolica della nostra Religione, ha improntato la stessa “pianta” della chiesa, racchiudendo in essa un universo simbolico che ha conferito al suo edificio il carattere di luogo sacro”. E mi sovviene l’insegnamento dello zio Tommaso, che si intendeva anche di un po’ di architettura sacra, com’è logico per un ministro della Chiesa di Cristo; ci ricordava che“tra l’VIII e il XI secolo si impose, nell’edilizia ecclesiastica occidentale, la pianta a forma di croce (croce “latina”, cioè con assi di lunghezza diversa), che riprendeva la forma simbolica per eccellenza della Religione cristiana. Il braccio corto della croce (transetto) distingue nettamente il presbiterio dalla navata centrale” .Egli ci ricordava spesso che nella maggior parte delle “piante” delle chiese del Medio Evo, dal XI al XIV secolo, si osserva che l’asse della navata e quello del Coro formano una linea spezzata al transetto. È un simbolismo commovente; è un atto di fede sublime agli occhi di un architetto cristiano!” “Ma che volevano veramente gli architetti di quei tempi di Fede?” mi chiede il povero Mimmo, la cui cultura in materia è molto scarsa … “Ma è ovvio – rispondo – innalzare Basiliche, Templi, ove poter rinnovare degnamente il “Sacrificio” della Messa, memoriale vivente del Sacrificio di Cristo sul Calvario. Per questo, volevano ricordare la Vittima del Golgota, attaccata alla Croce. Ed ecco là, la Croce, sola, immensa, la navata e il transetto rappresentare il corpo e le braccia allargate. L’altare centrale rappresenta la testa augusta del Dio immolato, e le cappelle, a raggiera attorno all’abside, formano la corona gloriosa che cinge la fronte del Salvatore del mondo. Memori, poi, che l’Evangelista ha scritto che Gesù “inclinato capite, tradidit spiritum” (inclinato il capo, rese il Suo Spirito), i costruttori di cattedrali hanno volontariamente inclinato il coro sulle braccia del transetto e la testa verso le spalle”. Ecco perché entrando in una chiesa antica ci si sente immediatamente immersi in un’atmosfera spirituale che innalza l’animo a Dio Trino. In questo frangente entra pure Caterina, che sentendoci parlare di crocefisso dice: “Che ne pensi nonno di questa sentenza di un tribunale padano che per mantenere il crocifisso nelle aule scolastiche afferma: “Non si può pensare al crocifisso esposto nelle aule scolastiche come ad una suppellettile, oggetto di arredo, e neppure come ad un oggetto di culto; si deve pensare piuttosto come ad un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello stato.” “Ne deriverebbe allora che, nientemeno, il Crocifisso può essere esposto nelle aule scolastiche in quanto simbolo della “laicità?” Direttore, ma io resto sconcertato, come è possibile tale ipocrisia? Leggo e vedo che tutta la sentenza è argomentata in questo modo, così che il Crocifisso deve restare al proprio posto, non perché non si può imporre alla maggioranza dei Cattolici presenti in aula e a scuola un punto di vista esclusivo e di parte, non perché si offende la sensibilità religiosa dei Cattolici, non perché il Crocifisso è “il” simbolo dei cristiani, non perché la pretesa di rimozione addotta è blasfema: ma perché,- ascolti bene – in uno Stato laico, il Crocifisso èsimbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato.” Ed è tale ancor di più, sembra, proprio per la sua presenza nelle aule scolastiche! E senti questa, dice ancora Caterina, l’UNESCO, vuole inserire il crocifisso nel patrimonio dell’umanità! … come le pietre disastrate degli antichi monumenti, gli edifici diroccati del paganesimo più abietto, amenità turistiche varie, luoghi caratteristici di eventi storici … “Incredibile, inaccettabile, ma stiamo scherzando? – sbotta Caterina all’improvviso, presa quasi da un raptus di zelo ardente … E basta! Non se ne può più di questi trucchi imposti dalle conventicole giudaizzanti, sostenute vigliaccamente dagli adepti ipocriti della quinta colonna di una gerarchia ridicola ed oramai ampiamente discreditata! Basta con l’offesa alla Religione Cattolica! Basta con l’equiparazione di Cristo ad un qualsiasi politicante moderno, a quattro pietre diroccate, a qualche barbaro di storica memoria! Basta con la riduzione al minimo di ogni sacrosanto sentire dei credenti!  Di questo “crocifisso” con la lettera minuscola, mantenuto a scuola per fare da sostegno alla massoneggiante Costituzione della Repubblica Italiana oramai diluita in una delle unioni che confluiranno nell’ordine mondiale dittatoriale planetario [questa poi l’avrà presa dallo zio Pierre, … si capisce, no?], si, quella che ha come vessillo il satanico pentacolo in una ruota dentata, di questo simbolo messo lì per dileggio, non ce ne importa niente! Tenetevelo, egregi signori, mettetelo pure tra le tante ridicole idiozie del patrimonio dell’umanità, di quell’umanità dominata dal “signore dell’universo”, dallo spirito malvagio del “principe di questo mondo”. “E non pensino, caro direttore, aggiungo io, di poterci prendere per i fondelli con trucchi del genere!” – Noi gridiamo: “… e no, noi non ci stiamo!”, No ai “nemici di tutti gli uomini” ed ai loro lecchini sciocchi, che quando non serviranno più saranno buttati nella fogna, ai “decorati” con medaglioni e grembiulini colorati, imboscati in ridicole conventicole, … no ai pastori infingardi, finti e marrani che non si curano del gregge, anzi lo divorano con avidità!! Lo comprendiamo bene: questi reprobi delle razza degli ofidi, quando vedono il crocifisso, dai loro geni, dai cromosomi di tutte le loro cellule si ravviva la memoria del “… non costui, ma Barabba!…crocifiggilo, crocifiggilo” e del “… il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli” (Matth. XXVII-25) … e il dolore della loro anima è intenso, insopportabile, insopprimibile, incurabile! E allora, direttore, suggeriamo loro l’unica terapia efficace: “Le parole che i vostri padri hanno pronunciato: «Sanguis ejus super nos et super filios nostros», ripetetele anche voi, però non in tono di sfida audace come duemila anni fa, ma con un rispetto religioso; con tutta la fiducia che si deve alla misericordia divina, e vedrete compirsi la profezia di Zaccaria…:“Effonderò sulla casa di David e sugli abitanti di Gerusalemme lo spirito di misericordia e di preghiera: Allora ESSI MIRERANNO A COLUI CHE HANNO TRAFITTO e faranno su di Lui il lamento che si fa per la morte di un figlio unico… In quel tempo invocherà il mio nome ed io lo esaudirò… Allora MI CHIAMERANNO COL MIO NOME… IL SIGNORE È MIO DIO!” (Zacc. XII,10 e XIII,9)». La mia pressione è alle stelle, la lascio: saluti vivissimi da tutti noi!

 

MADONNA DEL CARMELO

MADONNA DEL CARMELO

Istruzione sull’Abitino del Carmine.

[Manuale di Filotea, del sac. Giuseppe Riva – Milano, 1888]

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 Sul monte Carmelo, ove sta la spelonca del profeta Elia, ed ove ad Elia si mostrò in cielo quella nuvoletta che era figura di Maria SS. perché, piccolissima nel principio, si dilatò poi in maniera da coprir tutto l’orizzonte, e da mandare pioggia la più dirotta sopra dell’arsa Samaria, che da tre anni e mezzo era tormentata dalla siccità, e quindi dalla più desolante carestia, verso il secolo X, un vecchio sacerdote d’Italia, amante della vita eremitica, stabilì la propria dimora: e fabbricata ivi una chiesa, vi raccolse vari compagni, i quali pel loro impegno ad onorare la SS. Vergine, si denominarono Fratelli di Maria SS. del Carmelo. Alberto, Vescovo di Vercelli, divenuto Patriarca di Gerusalemme verso l’anno 1200, diede a quei Romiti una regola che fu poi approvala da Onorio III 30 gennaio 1230. Conosciuto quest’ Ordine da S Luigi IX Re di Francia, quando fu in Oriente per la Crociata, condusse seco alcuni di quei religiosi, che si stabilirono presso Parigi, e poi si diffusero i n tutto l’Occidente. Aggregatosi a quest’Ordine un penitentissimo inglese, S, Simone Stok, vi fu nell’anno 1245 a pieni voti nominato Superiore Generale. Supplicando egli Maria ss. a dargli qualche segno della sua predilezione e a suggerirgli il mezzo più atto a propagare la sua devozione, Maria gli comparve il 10 Luglio 1251, e consegnandogli uno scapolare, ossia abitino di lana, color tanè, cioè oscuro come il caffè tostato, gli impose di portarlo appeso al collo, e di suggerire tal pratica a chiunque bramasse il suo special patrocinio: dichiarando quest’abito per 1). Veste privilegiata di onore; 2) Insegna di sua fratellanza; 3). Caparra di sua materna predilezione; 4). Scudo di difesa nei pericoli; 5). Pegno di pace con Dio; 6). Presagio di eterna predestinazione. – E siccome tale fu subito sperimentato da quanti lo portarono così tal devozione dilatossi ben presto in ogni terra del Cristianesimo; e i Principi, e gli stessi Papi, non contenti di mettersi fra i nuovi Confratelli, si adoperarono con ogni impegno per sempre più dilatare sì benemerita istituzione. – Luigi IX Re di Francia fu uno dei primi a professarla, e il Papa Leone XI ne era così affezionato che non volle spogliarsi del santo abito nemmeno allora che, nominato Pontefice nel 1605, dovette assumere tutte le divise proprie della sua dignità. Siccome poi 1’apparizione di Maria a San Simone Stok era avvenuta il 10 Luglio, così la Chiesa ha in tal giorno fissata la festa del Carmine divenuta universale in tutto il mondo con Ufficiatura tutta speciale. – Fra i tanti vantaggi da Maria assicurati ai suoi devoti del Carmine merita la speciale menzione la promessa che loro fece di abbreviar loro le pene del Purgatorio fin dal primo sabato successivo alla loro morte. Questo privilegio che chiamasi Sabbatino, fu per ordine della stessa ss. Vergine, pubblicato dal Papa Giovanni XXII in una apposita Colla del 1322, che fu confermata da altre di Alessandro V nel 1409, di Paolo V nel 1620, non che dal decreto della Sacra Inquisizione nel 1613. È vero che per godere di tal privilegio, oltre il conservare la castità conveniente al proprio stato, che è dovere d’ogni cristiano, si richiede la recita quotidiana dell’ufficio della Madonna; ma è vero ancora ché, per chi non sa leggere basta l’astenersi dalle carni il mercoledì, oltre le astinenze e i digiuni già comandali; e non potendo né l’uno, né l’altro, a ricorrere al proprio confessore, il quale, in caso di impedimento, può commutare e l’Ufficio e l’astinenza in altra opera pia, come ha deciso la Sacra Congreg. delle Indulgenze il 12 Agosto 1840. Il surrogato più in uso è l’ingiungere 7 Pater e 7 Ave in memoria delle 7 Allegrezze di Maria SS. L’obbligo indispensabile per tutti gli ascritti è: 1° – di essere rivestito dell’abitino benedetto da un sacerdote a ciò autorizzato, 2°-  di essere iscritto nei Registri della Confraternita del Carmine, 3°- di portar sempre al collo il santo abitino di lana color “suboscuro”, od anche nero. Se per qualche tempo si lasciasse di portare lo scapolare, non è necessario di farsi iscrivere un’altra volta, ma basta ripigliare l’uso intermesso per goderne ancora tutti ì vantaggi, come ha deciso la S. Congregazione. delle Indulg. il 26 Maggio 1857. L’abitino che si indossa nell’atto dell’iscrizione deve essere benedetto da chi ne ha la facoltà. Quando però divenuto logoro, occorre di cambiarlo, non è necessario che sia benedetto di nuovo, supponendosi estesa a tutti gli abitini successivi la benedizione data al primo. La recita quotidiana delle 7 allegrezze è consigliata a tutti gli ascritti, ma non è di stretta obbligazione. Ogni fedele dovrebbe darsi grande premura di regolarmente ascriversi a sì santa Confraternita, e di praticare fedelmente quanto ai suoi ascritti è imposto e suggerito, dacché niun sacrificio sarà mai soverchio per assicurarci speciale la predilezione di Maria in questa vita, e la sollecita liberazione dalle pene acerbissime del purgatorio nell’altra.

PER LA FESTA DEL CARMINE (16 Luglio)

I. Vergine pietosissima, che per solo effetto di vostra benignità, colla vostra specialissima apparizione al gran luminare dell’ordine Carmelitano, S. Simone Stok, vi degnaste portare dal cielo in terra il vostro sant’abito, che come Veste privilegiata d’onore servisse di divisa a’vostri servi, deh! Per quell’allegrezza che voi provaste nell’essere dall’Angelo annunziata per Madre di Dio, degnatevi di accogliere noi tutti nel novero dei vostri devoti, onde meniamo una vita sempre conforme a dignità così eccelsa, Ave.

II . Vergine sacratissima,che vi degnaste dichiarare per vostri fratelli tutti coloro che vestissero il vostro sant’abito, deh! per quell’allegrezza che voi provaste nel visitare la vostra santa cugina Elisabetta, impetrate a noi tutti la grazia di viver sempre in un modo degno di una tal fratellanza, affine di meritare il favore della vostra visita al punto della morte. Ave.

III. Vergine amabilissima, che onoraste più volte col nome di vostri figli quelli che portavano degnamente il vostro sant’abito, da voi stessa dichiarato: Caparra dì vostra materna predilezione, deh! Per quell’allegrezza che provaste nel dare alla luce del mondo il divin Verbo incarnato, impetrate a noi tutti la grazia di viver sempre in un modo degno di tal fìgliuolanza, ond’essere sempre favoriti del vostro validissimo patrocinio. Ave.

IV. Vergine amabilissima, che vi degnaste intitolare il vostro sant’abito Pegno di Pace con Dio, deh! per quell’allegrezza che voi provaste nel veder dai Magi adorato e riconosciuto per Dio il vostro divin Figliuolo, degnatevi di assistere noi tutti negli ostacoli che si frappongono alla nostra eterna salute onde, godendo sempre di quella paco che solo è propria dei veri adoratori di Dio, meritiamo partecipare con voi alla eterna gloria nel cielo. Ave.

V. Vergine clementissima, che vi degnaste di protestare che il vostro sant’abito sarebbe stato di Difesa e di scampo in ogni pericolo, deh! per quell’allegrezza che voi provaste nella gloriosa risurrezione del vostro figlio Gesù difendeteci dagli assalti dell’infernale nemico, affinché, non decadendo mai dalla grazia di Dio, meritiamo nella finale risurrezione di essere colle anime elette chiamati dal Giudice eterno alla partecipazione della vostra gloria. Ave.

VI. Vergine potentissima, che vi degnaste di qualificare il vostro sant’abito per Presagio di eterna predestinazione, deh! per quell’allegrezza che voi provaste nell’esser in anima e in corpo Assunta al cielo, impetrate a noi tutti la grazia di goder sempre quel gaudio che è frutto dello Spirito Santo, onde, aborrendo noi sempre i falsi gaudi del mondo non aspiriamo giammai che ai gaudi veri ed eterni che ci sono preparati nel cielo. Ave.

VII. Vergine gloriosissima, che prometteste di preservare dal fuoco eterno, e presto ancor liberare dalle fiamme del Purgatorio, chiunque morisse devotamente col vostro sant’ abito, deh! per quella grande allegrezza che voi provaste nell’essere esaltata al disopra di tutti gli angelici cori, e collocata alla destra del vostro divin Figliuolo, degnatevi di effettuare in noi pienamente così consolanti promesse, onde, sciolti da ogni colpa o da ogni reato di pena, possiamo lodare perpetuamente quel Dio che vi fece sì grande e sì potente nella beata patria del Paradiso. Ave, Gloria.

Oremus

Deus, qui beatissima semper virginis et genitricis tuae Mariae, singulari titolo Carmeli Ordinem decorasti, concede propitius, ut cujus hodie commemorationem solemni celebramus officio, ejus muniti praesidiis, ad gaudia sempiterna pervenire valeamus. Qui vivis et regnas cum Deo Patre, etc.