Monsignor Tihamér Tóth
VESCOVO DI VESZPRÉM
“Tu sei Pietro
STORIA E ATTUALITÀ DEL PONTEFICE ROMANO (IV)
1956
CENSURA ECLESIASTICA
Nihil obstat: Dr. Vicente Serrano, Censore
IMPRIMATUR: † JOSE MARIA. Ob. Ausiliario e Vicario Generale
Madrid, 2 marzo 1956
Capitolo IV
IL PAPATO NELLA BILANCIA DELLA STORIA
Se un acattolico vuole offendere un Cattolico, e gli sembra che sia giunto il momento di affondare un pugnale doloroso ed offensivo nel suo cuore, è quando gli dice con tono sprezzante e con un ghigno di disprezzo: “Papista!”. È pienamente convinto di aver fatto centro con i più, perché secondo lui, non c’è vergogna, umiliazione e offesa più grande che sputare su un Cattolico con l’aggettivo “papista”, cioè definirlo dipendente dal Papa. Questi sono gli uomini dalla testa vuota, coloro che non hanno nemmeno un’idea della Storia, perché chi conosce – anche a grandi linee – la storia universale, qualunque sia la sua religione, che sia ebreo o maomettano, non potrà negare il suo rispetto per il Pontificato, per questa istituzione sovrana che ha lavorato come nessun’altra per la cultura spirituale e materiale, per la giustizia ed il diritto. È vero che noi Cattolici credenti non vediamo in questo il più grande merito dei Papi. La nostra gratitudine ed il nostro amore per il Pontificato sono, in primo luogo, per avere conservato pura e trasmessa senza adulterazioni la dottrina di Gesù Cristo, e per essere la “roccia” su cui poggia incrollabile la vera Chiesa. Sì, questi sono i principali motivi di entusiasmo e di gratitudine. – Tuttavia, non sarebbe superfluo esaminare anche i grandi meriti del Pontificato che la Storia riconosce, a vantaggio della cultura e del benessere umano, per rendere il nostro amore ed il nostro rispetto per la persona del Pontefice. Non sarà superfluo, nel presente capitolo, guardare al Papa con occhi meramente umani, soppesando i suoi meriti o demeriti nella bilancia della storia, e che ci si ponga questa domanda: da un punto di vista puramente umano, è davvero vergognoso essere chiamati “papisti”, o possiamo piuttosto dire con santo orgoglio: “Grazie a Dio, sono un papista! In questa esclamazione dobbiamo certamente esplodere se esaminiamo con attenzione i meriti che i Papi si sono guadagnati nel propagare il Cristianesimo: in primo luogo, il Cristianesimo e, in secondo luogo, la cultura.
I Papi ed il Cristianesimo.
A) A cosa servono i Papi? Questa è la domanda che intendiamo delucidare. I malintenzionati osano rispondere in questo modo: “I Papi servono solo a tiranneggiare e a schiavizzare il mondo, sottomettendolo ai ai loro capricci”. Non hanno ragione nell’affermare una cosa del genere. Se il Pontificato esiste, è per darci Cristo, per annunciare al mondo la lieta novella del Vangelo e di comunicare agli uomini la grazia redentrice. Per questo Pietro andò a Roma, per predicare Cristo; per questo morì. Per questo i Papi hanno inviato missionari in tutto il mondo per predicare Cristo. Per questo vennero ad affrontare le potenze della terra e a combattere con loro, ed hanno dovuto essere tagliati fuori ed espulsi dalla Chiesa, solo per questo, per difendere la dottrina di Gesù Cristo. Per questo consentirono il luccichio esteriore che li circonda, e l’omaggio reso alle loro persona, per meglio servire la propaganda del regno di Gesù Cristo. I Papi hanno sempre ricordato con commozione la triplice confessione di amore di Pietro, secondo dopo la quale fu investito da Cristo di un potere sovrano: Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu più di questi? È stata la domanda del Signore. E Pietro rispose: “Sì, Signore, tu sai che ti amo”. Poi Cristo gli disse: “Pasci i miei agnelli” (Gv XXI,15). Una seconda ed una terza volta Cristo ha richiesto questa confessione d’amore a Pietro, e per la seconda e terza volta ha ripetuto il suo incarico. Come potrebbero i Papi dimenticare che è proprio dall’amore che hanno ricevuto il loro potere trionfale nel mondo? … che devono proclamare l’amore, la pace, la benedizione, la buona novella di Cristo a tutta l’umanità: che al di sopra di ogni malvagità, di ogni male, di ogni odio e inimicizia umana, devono far trionfare l’amore intenso e autosacrificante, eroico di Gesù Cristo?
B) Se vogliamo riassumere in un’unica frase la storia ventennale e secolare dei 263 Papi, potremmo farlo con queste parole del divino Salvatore: “Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore”. Tutti i Papi, Vicari di Gesù Cristo, hanno fatto di queste parole il loro dovere. E quanto hanno fatto e sofferto i Papi per il gregge di Cristo! Le persecuzioni del primo secolo si abbattono sul gregge per distruggerlo. Dov’è il pastore? Il pastore mercenario sarebbe fuggito; ma il buon pastore è con il suo gregge. I Papi stanno con il loro gregge nelle catacombe sotterranee, confermandoli nella fede e andando con i martiri al supplizio, per testimoniare Cristo con il sangue del loro cuore. Leggiamo l’elenco dei Papi, che certamente ci sorprenderà: “Pietro, Pietro, Lino, Clemente, Clemente, Evaristo”…, dopo i nomi di tutti loro la parola “martire”, “martire”, “martire”, “martire”, “martire”. Continuiamo a leggere: “Alessandro, Igino, Pio, Aniceto, Sotero, Eleuterio, Vittore”…, e dopo il nome di tutti loro la parola “martire”, “martire”, martire”… Per ventinove volte viene ripetuto il sorprendente ritornello: “martire”, “martire”. Veramente il Pontificato è sempre stato la forza, l’incoraggiamento e la forza, il respiro e il cuore del Cristianesimo.
b) E sempre, fin dai primi anni della nostra fede, il Pontificato è stato lo splendido faro della nostra fede. Il Pontificato è sempre stato uno splendido faro che ha indicato le rotte, e la piccola nave di Pietro ha lasciato una scia di benedizioni. Questo è quanto affermano diciannove secoli. Roma è il punto di partenza ed il centro della fede e della cultura cristiana. Quante volte, nella storia dei Papi, si è ripetuta la scena di San Pietro che cammina sulla superficie del mare e comincia ad immergersi! La storia registra molti momenti che sono stati allarmanti per la Chiesa. Ricordiamo un periodo nero: il tempo dell’eresia ariana, quando solo il Papa e pochi credenti rimasero fedeli alla fede nella divinità di Gesù Cristo; quasi tutto il mondo divenne ariano. Leggiamo le atroci persecuzioni di Giuliano l’Apostata. Ripercorriamo la storia degli scismi, delle rivoluzioni, il dispotismo di Napoleone… Sempre, quando sembra che le onde stiano per chiudersi sulla testa del Pontefice, si è sempre ripetuto alla fine della scena di la scena di Gesù Cristo con Pietro: E subito Gesù stese la mano, lo prese e gli disse: “Tu, uomo di poca fede, perché esiti?” (Mt XIV, 31). Il fatto che la dottrina di Gesù Cristo si sia mantenuta intatta per mille e novecento anni deve essere ascritto al merito dei Papi. Il fatto che l’incessante lavoro dei missionari abbia conquistato i continenti ed il mondo intero per Gesù Cristo è merito dei Papi. “Se la propagazione del Cristianesimo è un merito”, scrive il protestante Herder (Ideen zur Philosophie der Geschichte, II, 350 (Idee per la filosofia della storia), “i Papi hanno una grande parte di questo merito”. Il fatto che l’Europa non sia caduta davanti agli Unni, i Saraceni, i Tartari e i Turchi, è innanzitutto merito dei Papi.
C) Ci viene in mente uno strano pensiero: cosa succederebbe se Cristo apparisse di nuovo sul monte e andasse in Vaticano? Ah, sì, cosa succederebbe, cosa farebbe Cristo? Se passasse in rassegna con il suo sguardo onniveggente la vita dei 263 Papi, troverebbe anche ombre e debolezze umane in coloro che, pur essendo stati esaltati alla più alta dignità ecclesiastica, erano tuttavia uomini? Li troverebbe? Ah, sì! O il suo sguardo divino non si rattristerebbe a volte, e non brillerebbe forse con con lampi di luce? Ah, sì! Eppure… Anche con la misura più ristretta, a quanti dei 263 Papi si può rimproverare la negligenza del proprio dovere, l’eccessiva mondanità o la mondanità o gravi difetti morali? Forse, al massimo, sei o sette Papi. Tutti gli altri sono stati integri, di grande carattere; molti di loro martiri e santi canonizzati. Se il Signore – che conosce così a fondo le debolezze della natura umana, come nessun filosofo o storico potrà mai conoscerle, e penetra fino in fondo le leggi che presiedono allo sviluppo della storia – passasse il suo sguardo divino attraverso l’intera successione dei Papi, vedendo che l’energia vitale di quel piccolo granello di senape, seminato da Lui, ha portato tante foglie e fiori e magnifici rami sul robusto albero della Chiesa, e rivolgesse all’attuale Pontefice Pio XII – il “Pietro” di oggi – quella domanda che rivolse a San Pietro, chi lo considerano gli uomini, il Papa, prostrandosi in ginocchio, gli ripeterebbe le immortali parole: “Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivente”… Certamente, ripeto, non pronuncerebbe parole di condanna contro il Pontificato, né avrebbe gravi obiezioni da rivolgere ad esso, ma avrebbe certamente ripetuto le parole che disse a Pietro: “Beato te, Pio, perché la mia Chiesa poggia saldamente su di te…”. Questo è il grande valore storico dei Papi: su di loro poggia la Chiesa di Gesù Cristo.
I Papi e la cultura
Tutto ciò che è stato detto finora sui meriti del Pontificato è citato solo tra coloro che amano il Cristianesimo. tra coloro che amano il Cristianesimo, ne apprezzano il valore e lo considerano la più grande benedizione dell’umanità. Ma nella bilancia della storia ci sono altri meriti che costringono anche i non Cristiani a guardare al Papa con il più profondo rispetto. Solo gli analfabeti, che disprezzano la storia della cultura, possono facilmente esprimere giudizi e sentenze di condanna sull’indegnità di questo o quel Sommo Pontefice. Mi sembra meglio dare credito al famoso storico a-cattolico Gregorovius, che così scriveva: “La storia non ha abbastanza titoli distintivi per delimitare anche solo approssimativamente le imprese e la gloria imperitura dei Papi…”. Quali sono i grandi meriti culturali dei Papi?
Quelli che si sono guadagnati A) nel campo della cultura, B) nel campo della verità e C) nella propagazione e nella difesa del diritto. Insisto ancora una volta sul fatto che per noi Cattolici questi non sono i loro meriti principali. Il merito principale risiede nel fatto che essi sono il fondamento roccioso della Chiesa di Gesù Cristo. Ma non ho ritenuto superfluo passare brevemente in rassegna i loro meriti storici, per renderci sempre più consapevoli del nostro rispetto per il vicario di Gesù Cristo in terra.
A) Avremmo bisogno di molti volumi per delineare anche solo ciò che è dovuto alla cultura – sia spirituale che materiale – ai Pontefici di Roma.
a) Innanzitutto, dovremmo fare riferimento a tutta la storia della conversione dei popoli. Il Pontificato è una grande potenza che si estende su tutto il mondo, eppure non ha cannoni o mitragliatrici. E con quanta rapidità ha conquistato il mondo! Ha parlato all’altezzoso romano, dominatore di cento popoli, ed egli ha chinato il capo davanti a Gesù Cristo. Ha parlato al popolo greco, educato con la filosofia di Platone e Aristotele, ed il popolo greco ha chinato il capo davanti a Gesù Cristo. Aristotele, e il popolo greco chinò il capo ed ha abbracciato la nuova ideologia e le nuove norme di vita cristiana. – Parlò alle tribù barbariche che devastavano l’Europa, e anch’esse piegarono il loro collo rigido al giogo di Gesù Cristo. E ovunque apparve la croce, un nuovo mondo morale, sociale e politico sorse sulla mappa dei popoli: sparpagliati, si trovavano in un’unica città. Popoli nomadi e animosi si trasformarono in pacifici coltivatori della terra, delle scienze e delle arti. Solo il Pontificato, attraverso l’unità di fede e di morale, ha potuto realizzare questa unità di pensiero e di morale, questa nobilitazione dei cuori e degli spiriti, che è stato il fondamento, più solido della nostra cultura occidentale, di cui siamo così orgogliosi.
b) Ma, oltre a questa conversione dei popoli, dobbiamo anche menzionare quell’impareggiabile magnificenza e quel gesto di mecenatismo, insuperato da qualsiasi istituzione, con la quale i Papi riuscirono a dare impulso alle scienze e alle arti. Chiunque visiti Roma si trova ad ogni passo davanti a edifici, statue e magnifiche fontane erette dai Papi. Chi abbia visto le mirabili sale del Vaticano ed i suoi mausolei pieni di incomparabili tesori artistici, ed ha trascorso qualche ora nell’immensa biblioteca o nell’archivio vaticano, non ha bisogno di molte spiegazioni per rendersi conto di ciò che debba al Papato la più nobile cultura umana. Qualsiasi semplice manuale di storia dell’arte proclama eloquentemente le lodi dei grandi protettori di Bramante, Raffaello, Michelangelo, Bernini, Maderna, in altre parole, le lodi dei Papi. Chiunque visiti il museo di antichità in Vaticano noterà con sorpresa che le fondamenta di tutto il nostro sapere e della nostra educazione classica sono state salvate dalla distruzione dai musei vaticani. Ciò che tutti noi conosciamo in una semplice riproduzione dai libri di testo di seconda elementare, possiamo vederlo lì nella sua forma originale: il gruppo di Laocoonte, Arianna che dorme coperta da una magnifica veste dalle bellissime pieghe, l’Apollo del Belvedere, la statua di Zeus di Otricolo e molte altre opere di arte antica di altissimo livello. Pio XI ha giustamente elencato nella sua Enciclica “Deus scientiarum Dominus”, pubblicata nel 1931, tutta una serie di Università che devono la loro esistenza al Papato. Molti saranno sorpresi di sapere che le seguenti Università sono state fondate dai Papi: quelle di Bologna, Parigi, Oxford, Salamanca, Tolosa, Roma, Padova, Cambridge, Pisa, Perugia, Colonia, Heidelberg, Lipsia, Montpellier, Ferrara, Lovanio, Basilea, Cracovia, Vilnius, Graz, Valladolid, Messico, Alcalá, Manila, Santa Fe, Lima, Guatemala, Cagliari, Lemberg, Varsavia.
B) E non minore è il merito dei Papi nella propagazione e nella difesa della verità.
a) La soluzione dei problemi temporali e terreni dipende sempre dalla concezione che abbiamo delle cose eterne. La politica, l’educazione, la vita sociale, la vita giuridica e morale sono legate alla risposta che diamo alle domande ultime. Il merito imperituro dei Papi è quello di aver educato l’Occidente cristiano ad una tradizione culturale forte, sicura e unitaria, attraverso la conservazione intatta delle verità religiose. – Sono sempre stati i Papi a proclamare e difendere in questo mondo il primato dello spirito sulla materia, dell’anima sul corpo, quello della moralità sull’interesse, quello del diritto sul potere, quello della giustizia sull’acquiescenza. A chi può sfuggire il fatto che nel rispetto di queste verità, la vita umana, sociale e collettiva, come pure quella personale, sia diventato il primo fattore culturale dell’umanità?
b) A causa delle grida di aiuto che l’umanità lancia nella sua sfrenata ricerca delle fallacie delle idee sbagliate, abbiamo conosciuto il valore culturale del Pontificato nella propagazione della verità. Tutti i progetti, i desideri e l’essere dell’uomo antico erano strettamente uniti al soprannaturale. L’uomo moderno ha voluto rompere i legami di questa unione, ha creduto di essere autosufficiente e di potersi redimere da solo. Tuttavia, dopo incessanti sconvolgimenti sociali e continue rivoluzioni, oggi sta di nuovo riconoscendo che anche per il giusto ordinamento della vita naturale e terrena, l’unica solida garanzia è l’umile sottomissione all’ordine soprannaturale. Solo la concezione del mondo, proclamata dai Papi fin da mille e novecento anni fa, può appianare i contrasti e porre fine alle incertezze, e dare risposte soddisfacenti ai molteplici problemi della vita. Se i Papi non avessero fatto altro che innalzare la fiaccola della verità, solo questo sarebbe bastato per considerarli i più grandi benefattori dell’umanità.
C) Ma si sono anche guadagnati meriti illustri nella difesa del diritto.
a) Raffaello, il grande pittore famoso in tutto il mondo, ha lasciato, tra i suoi affreschi in Vaticano, uno splendido sull’incontro tra Attila e Papa Leone I. L’esercito devastante degli Unni sta avanzando da Venezia verso Roma e minaccia di travolgere l’intero mondo civilizzato. In una situazione di urgenza, Papa Leone va ad incontrare Attila per chiedergli un po’ di pietà. Questo incontro di alto profilo si svolse a Mantova nell’anno 452. Nell’affresco di Raffaello, si vede un vecchio dai capelli grigi (San Pietro) accanto al Papa, che minaccia il principe distruttore con una spada sguainata in un’immagine simbolica, che ben illustra l’incrollabile coraggio con cui i Papi hanno sempre alzato la voce in difesa del diritto. Questa difesa del diritto era certamente ciò che pensava il famoso Veuillot, pubblicista francese, quando scrisse: “Privando il mondo di Pietro, verrà la notte, una notte in cui si formerà, crescerà e salirà sul trono …. Nerone”. – I Papi non solo pubblicarono la dottrina di San Paolo, Paolo, secondo il quale il potere legale dello Stato è mantenuto dalla grazia di Dio (Rm XIII,1), ma si sforzarono di pubblicarla di fronte agli eccessi dello Stato. I Papi condannarono, da un lato, quella forma di sovranità popolare che che deriva tutto il potere dal popolo; ma condannarono anche la dottrina dell’onnipotenza statale, che fa derivare tutto il potere dallo Stato. I Papi non hanno mai smesso di insegnare la relazione tra diritto e morale, impedendo così che le questioni giuridiche si trasformassero in questioni di potere. Il diritto è ciò che è giusto; ma ciò che è giusto è prescritto dalle leggi eterne di Dio e non dal capriccio umano. Pertanto, chi ama Dio rispetterà anche la legge; l’uomo religioso è, quindi, il miglior cittadino. Proclamando e difendendo questo modo di pensare, il Papa rendeva un importante servizio al diritto. Nelle più grandi crisi della vita dei popoli, i Papi non trascurarono di alzare la voce in difesa di un’autorità superiore, dell’autorità sociale, dei doveri sociali e dell’ordine giuridico, gettando le basi di una vita sociale degna dell’uomo. “Nel Medioevo dice il noto storico Leo Henkik, – che non è cattolico (Geschichte des Mittelalters, II, 19 – Storia del Medioevo) – i veri baluardi della libertà politica erano i Papi”. Eppure, questa fiera posizione è costata loro così tanti sacrifici e sofferenze che quasi tutti i Papi avrebbero potuto dire ciò che Gregorio VII disse prima di morire: “Ho amato la verità e odiato l’iniquità; perciò muoio in esilio”. Pertanto, se Gregorovius, il famoso storico di Roma, che non è un cattolico, ha potuto scrivere: “La religione cristiana è stata l’unico baluardo contro il quale si è schiantata la marea dei popoli barbari”, non sarà certo difficile comprendere quest’altra sua affermazione: “Il rispetto che i popoli del Medioevo mostravano nei confronti della città di Roma era illimitato”. Sì, era illimitato perché l’umanità trovava nel Pontefice la migliore garanzia di un giudizio sereno e giusto.
b) Anche oggi ci sono molti che attaccano il Papa: perché? Sono feriti dalla fede cristiana? No. Lo attaccano perché il Pontificato è il principale rappresentante dei principi dell’autorità. Questo è sempre stato il motivo principale degli attacchi al Papa. – Le scuole di pensiero dissolute sono state ben consapevoli che il pontificato stesso è l’unico baluardo che debba essere seriamente preso in considerazione. – Per capire bene cosa significhi il Papato per la cultura e per l’umanità, bisogna considerare dove saremmo arrivati senza il suo aiuto, che ne sarebbe stato dell’Europa se fosse mancata questa potente difesa della cultura, della verità e del diritto? Se fosse mancato questo araldo del primato dello spirito e questo più vigoroso rappresentante del rispetto dell’autorità? Non sono io ad affermarlo, ma il famoso discepolo di Kant, Herder, che nel suo libro intitolato “Ideen zur Philosophie Geschichte der Menschheit”, “Ideas zur Philosophie Geschichte der Menschheit”, “Idee per la filosofia della storia dell’umanità”, scrive: “Il fatto che gli Unni, i Saraceni, i Tartari, i Turchi e i Mongoli non abbiano inghiottita per sempre l’Europa, è opera del Pontificato. Senza la gerarchia romana, l’Europa sarebbe probabilmente diventata preda dei despoti, teatro di continui litigi, o un deserto mongolo”.
* * *
Permettetemi, amati lettori, di ripetere alla domanda: dobbiamo vergognarci se uomini incolti ci chiamano sprezzantemente “papisti”? “È forse motivo di vergogna per noi che la nostra fede poggi sulla roccia di un’istituzione così incomparabile? O è piuttosto fonte di vergogna che alcuni non siano nemmeno a conoscenza dei fatti storici, che sono per sempre memorabili, per i quali il Pontificato si è guadagnato l’eterna gratitudine del di ogni uomo colto?
Sarebbe difficile riassumere ciò che l’umanità deve al Pontificato. Gli deve il fatto che la fede di Cristo sia giunta a noi indenne, intatta. Deve ad esso il fatto che la morale cristiana sia proclamata nella sua interezza ed incolume. Deve ad esso l’estensione del regno di Cristo. Gli deve tutta la cultura cristiana, le arti e le scienze. Gli deve gratitudine per la sua vigilanza e la sua tenacia nel custodire i tesori più preziosi, che sono la sua ricchezza ed il suo ornamento: la vita familiare, l’educazione, la giustizia reciproca. È proprio negli ultimi decenni che gli occhi dell’umanità si sono spesso rivolti a Roma: nel fiume di sangue della guerra e nel mare di miseria del dopoguerra. Come una roccia sopra le onde, il Trono pontificio si erge in alto, rafforzato da un’autorità raddoppiata, in mezzo ad una autorità, in mezzo ad un mondo in cui i troni secolari sono stati frantumati in schegge e sembra avviarsi a perire in assenza di autorità o per il dispotismo dei forti. La tiara papale brilla, quando accanto ad essa decine di corone reali sono cadute nella polvere.
E se l’umanità è così sciocca da continuare a suicidarsi e ad inseguire il fuoco fatuo delle filosofie seducenti e delle monete fallaci, continua a dissipare follemente i migliori tesori e i valori spirituali raccolti nell’antichità, anche così, in mezzo alle macerie caotiche di una società e di culture in disfacimento, l’istituzione del Pontificato resterà in piedi e svetterà, così come le piramidi d’Egitto si ergono e si stagliano ancora sull’Egitto, sugli strati di sabbia con cui i secoli le hanno ricoperte una dopo l’altra.
* * *
Amico lettore: ringraziamo il Signore che siamo “papisti”… anche noi!
Ave, Santa Roma!
La città eterna attira i pellegrini con un’attrazione incessante. Non si può visitare Roma senza incontrare pellegrini provenienti da tutto il mondo. Al di fuori della Terra Santa, calpestata dalle divine suole di Gesù Cristo, e al di fuori della patria in cui sono sepolti i nostri antenati, non c’è luogo in tutto il mondo così caro ai Cristiani come questa città santa. Ma ciò che amiamo non è la capitale di un antico impero mondiale. Né amiamo la città, museo di tesori artistici incomparabili. Ciò che amiamo è la “pietra” di Roma, la roccia su cui Cristo ha costruito la sua Chiesa. Amiamo il cuore che vi batte e che trasmette il sangue della vita cristiana a tutti i membri della Chiesa universale, che si estende in tutto il mondo. Amiamo il capo che comanda e e ordina a Roma e che proclama la dottrina di Cristo. Amiamo la mano paterna che si leva a Roma per benedire il mondo intero. In questo sta il fascino misterioso e attraente della “Roma eterna”.
“Ave, Ave, Santa Roma”, gridavano entusiasti i pellegrini nell’anno 1300, durante il Giubileo del primo Anno Santo, dopo una lunga e faticosa marcia, quando, finalmente, sotto i raggi del sole al tramonto, intravidero dal sole al tramonto, la città santa dall’alto del monte Mario. Ave, Roma santa”, esclama oggi ogni credente che medita su ciò che le anime cristiane devono a Roma. La caratteristica dei fedeli Cattolici è sempre stata, in tutto il mondo, il loro fervente e amorevole attaccamento alla Città Eterna. Questo è un fatto così noto che non è necessario soffermarsi su di esso. Sarà invece più istruttivo studiare le cause di tale fatto e porsi questa domanda. Perché ci chiamiamo Cattolici romani, cioè perché amiamo la Città Eterna? Ovvero, perché amiamo Roma con tanto fervore? La nostra risposta sarà duplice: in primo luogo, amiamo Roma perché è lì che batte il cuore della Chiesa e, in secondo luogo, perché è lì che vive il capo della Chiesa.
La Chiesa vive lì!
A Roma batte il cuore della Chiesa
Diciamo, innanzitutto, che siamo Cattolici romani e che amiamo Roma perché lì batte il cuore della Chiesa; perché: a) come questa città è stata lo scenario del glorioso passato del Cristianesimo, così b) in modo analogo, rimane oggi il luogo di culto del Cristianesimo.
A) Il passato glorioso del Cristianesimo era indissolubilmente legato al nome di Roma.
a) L’antica Roma pagana doveva anche essere bella; ma quanto era misera l’anima umana lì! I Romani illustri vivevano in palazzi di marmo ornati d’oro. d’oro: leggevano Omero, Orazio, Virgilio. Nel Foro la vita traboccava di febbri d’agitazione; un tempio si scontrava con l’altro…: ma anche le porte del Colosseo si aprirono, e l’imperatore, il politico, il guerriero, lo scrittore, il poeta, il sacerdote e le vestali guardavano con l’avidità di occhi che saltavano fuori dalle orbite per la lotta tra la vita e la morte dei gladiatori. E la folla – circa 90.000 uomini – riunita nel Colosseo ululava e ruggiva. Il Colosseo ululava e ruggiva di indignazione quando i gladiatori si trattavano con delicatezza o finivano di combattere rapidamente. Quegli spettatori volevano vedere sangue, sangue umano che colava a lungo. Loro, i sacerdoti, le sacerdotesse! Loro, i grandi statisti! E se il vincitore guardava verso il palco imperiale implorando la vita del suo avversario, che rotolava a terra, pieno di ferite mortali, il pollice della mano dell’imperatore si girava verso il basso, con un gesto sanguinario: nessuna pietà, uccidetelo, uccidetelo, uccidetelo!
Questa era la Roma pagana.
b) Ma un giorno un pescatore di Betsaida venne a Roma per una delle strade magnifiche; il suo nome antico era Simone, ma a quel tempo si chiamava Pietro. Su un’altra strada regale i soldati romani conducevano un prigioniero inviato da Festo, procuratore della Giudea; il suo nome era Paolo di Tarso. E mentre Pietro e Paolo varcavano le porte della grande città pagana, la storia la storia del mondo si capovolse. La Roma che un tempo era stata un nido e un semenzaio di sensualismo, di giochi gladiatori, di idoli pagani, divenne da quel momento in poi il punto di partenza e il propagatore di una nuova cultura, nobile e santa come lo era e lo è lo spiritualismo cristiano: Roma fu da allora in poi il cuore della Chiesa. E poiché tutto il sangue va al cuore, il mondo intero iniziò il suo pellegrinaggio a Roma. È la città più antica che ha visto la gente affluire a frotte quando ancora non si parlava di traffico turistico. Era il cuore della Chiesa! Per questo motivo Roma è diventata la “Città eterna”. Sì, è eterna. Ma ciò che è eterno in essa è solo quello che proviene da Pietro e Paolo. Da allora Roma è stata un luogo sacro per noi. Migliaia e migliaia di compagni Cristiane sono morte nel suo Colosseo, dilaniati dai denti di leoni, tigri, pantere e orsi. Migliaia di Sacerdoti, Vescovi, madri, fanciulle, bambini e vecchi sono morti per la vittoria della croce, per la causa di Cristo. Dalle loro tombe la nuova Roma, la Roma santa, la Roma eterna.
B) Roma è stata la scena dei primi secoli del Cristianesimo. è la fonte più abbondante delle energie che sono all’origine della sua attuale fioritura.
a) L’Italia, e all’interno dell’Italia Roma, hanno esercitato per secoli una forza attrattiva su popoli e individui. È possibile che i Cimbri, i Teutoni e i Celti siano stati attratti dalla loro patria settentrionale, nebbiosa e fredda, solo dal calore del cielo del sud pieno di sole; ed è possibile che molti viaggiatori moderni visitino l’Italia per i suoi tesori artistici. Ma è possibile affermare che la maggior parte dei treni espressi e dei lunghi convogli di pellegrini che si precipitano a Roma non vanno nella Città Eterna per godere del suo sole ed ammirare i suoi tesori artistici, ma, piuttosto, proprio come nell’antichità, la gente veniva a Roma per ricevere norme giuridiche, politiche, artistiche ed economiche, per poi tornare nella loro patria lontana con un nuovo spirito di lavoro, in un modo simile a quello di Roma, che è il centro della cristianità, così che, in modo simile, i Cristiani di oggi si recano a Roma in modo che, risvegliati spiritualmente dal cuore della Chiesa, possano poi tornare con nuova energia alle faccende e alle lotte quotidiane della vita! – Si dice che Goethe, quando fece il suo famoso viaggio in Italia, andò a Roma in fretta, quasi senza fermarsi. In realtà non si trattava di un viaggio, ma di una fuga; fuggire dall’atmosfera angusta e meschina, carica di nebbie dell’incertezza, verso la luce di una concezione risoluta e ampia del mondo. – Questo è ciò che sente il pellegrino romano. Sente come sia ringiovanito spiritualmente; come la sua anima si riempia di pensieri grandiosi ed edificanti quando contempla da vicino i valori e le misure assolute di eterna validità. I fedeli non vanno a Roma come turisti, ma come pellegrini pentiti, come pellegrini assetati, come esseri deboli in cerca di un rafforzamento spirituale. Perché chi andasse a Roma solo per vedere l’arte, andrebbe con gli occhi bendati e vagherebbe con l’anima chiusa. Cosa significano i tesori deperibili di una Roma artistica rispetto ai problemi eterni dell’esistenza, ai quali l’altra Roma dà risposte, la Roma santa, la Roma eterna?
b) Non è possibile descrivere, bisogna vivere le sensazioni che lì si impadroniscono della nostra anima. Siete davanti alla tomba di colui che che ha parlato con Gesù Cristo. Siete nella città dove il Vangelo è stato predicato incessantemente da quando il primo Papa vi ha messo piede. Vi trovate nella Roma cristiana, fondata non da Romolo e Remo, come si dice della Roma pagana, ma da Pietro e Paolo. Lì si respira l’aria di Cristo e si è impregnati dell’azione vivificante del Vangelo, il lievito divino che ha reso cristiana l’anima pagana, come ha trasformato il pantheon degli dei in un tempio dei martiri, in Santa Maria sopra Minerva. il tempio pagano di Minerva, ed in Santa Sabina il tempio pagano di Diana.
c) E a questo punto vorrei sottolineare un pensiero: Roma è diventata la madre comune di tutti i Cristiani, senza che nessuno di loro debba rinnegare la propria nazione.
Sì, perché quando andiamo a Roma, non andiamo con l’intenzione di visitare la capitale d’Italia, ma per raggiungere il cuore del mondo cristiano. Questo è l’unico modo per capire che i pellegrini che si trovano a Roma, lungi dal dimenticare la propria patria, da nessuna parte pensano ad essa con tanta pietà, e in nessun luogo cantano il loro inno nazionale con più fuoco come lì, nella città santa ed eterna della cristianità.
Sottoscriviamo, dunque, tutte le parole del grande scrittore francese De Maistre, che mette questo paragrafo nel suo libro intitolato Du Pape, Del Papa: “O santa Chiesa romana! Finché potrò fare uso della mia lingua, Dio ti salvi, madre immortale della scienza e della santità, e madre immortale di, salve magna parens! Tu hai diffuso la luce fino agli estremi confini della terra, dove ogni potere ostinato non ha posto alcun ostacolo alla tua influenza, e spesso anche a dispetto di esso. Sei stato Tu a porre fine ai sacrifici umani, alle usanze barbare ed ignominiose, alla notte dell’ignoranza; e dove i tuoi inviati non sono riusciti a giungere, là manca la cultura umana. I vostri sono gli uomini eccelsi. I vostri insegnamenti purificano la scienza dal veleno dell’indipendenza e dell’orgoglio, che la rendono sempre pericolosa e spesso dannosa. I tuoi Papi saranno presto riconosciuti come i primi fattori della cultura umana, i creatori della cultura umana, i creatori della cultura umana, i creatori della cultura umana creatori della monarchia e dell’unità europea, guardiani dell’unità europea, guardiani della monarchia e dell’unità europea, guardiani delle arti, fondatori e difensori nati della libertà civica, distruttori della schiavitù, nemici della tirannia, benefattori del genere umano”.
A Roma vive il Capo della Chiesa
Amiamo Roma non solo perché in essa batte il cuore della cristianità, ma anche perché in essa vive il Capo della Chiesa; in essa vive: A), il Papa; B), il nostro Santo Padre.
A) Amiamo Roma perché a Roma vive il Papa.
a) E chi è il Papa? Cosa pensa di lui la Chiesa cattolica? Perché quello che il mondo pensa di lui lo vediamo ad ogni elezione del Papa. La stampa di tutto il mondo pubblica grandi articoli, fa delle combinazioni per indovinare chi sarà il nuovo Papa, cosa ci si possa aspettare da lui, quale orientamento politico seguirà… Questo è ciò che pensa il mondo. E la Chiesa?
Ordina una messa speciale da celebrare al momento dell’elezione:
Missa pro eligendo Summo Pontifice“, “Messa per l’elezione del Sommo Pontefice”; e la preghiera di questa santa Messa dimostra in modo magnifico ciò che la Chiesa si aspetta dal Papa. Rivediamo questa preghiera: che Papa chiede la Chiesa? Uno spirito ardente di artista, un grande costruttore, un grande politico, un diplomatico? Un grande politico, un diplomatico? Nessuno di questi, ma un Papa che, attraverso la sua fervente sollecitudine per le nostre anime – “pio in nos studio” – sia sempre accettabile agli occhi della divina deferenza e degno di rispetto agli occhi del popolo. È così che la Chiesa prega per il Papa. E abbiamo imparato questa preghiera da Gesù Cristo stesso, che una volta disse a San Pietro: “Simone, Simone! ecco, satana ti insegue per vagliarti come il grano”. Ma Io ho pregato per te, affinché la tua fede non perisca; e tu, quando ti sarai convertito, rafforza i tuoi fratelli.” (Lc XXII,31-32). – Che parole incomparabili, Cristo ha pregato per Pietro! Cristo prega per il Papa, perché conosce il suo immenso valore: il destino eterno di milioni e milioni di anime immortali dipende dalla sua infallibilità, dalla sua fede incrollabile. Da Cristo i fedeli cristiani hanno imparato a pregare anche per il Papa.. Si racconta che, quando Pietro soffriva in prigione, la Chiesa incessantemente Dio per lui (Atti XII, 5).
b) Ma dalle parole di Cristo ricaviamo un’altra cosa: l’obbedienza al Papa, incomparabilmente più sottomessa e traboccante di pietà filiale, che ha sempre caratterizzato i popoli in cui c’è una vita veramente cristiana. Infatti, se Cristo ha incaricato il Papa di confermare i suoi fratelli nella fede, è giusto che a noi venga comandato di essere figli obbedienti del Papa, la cui missione divina è quella di guidarci ed orientarci nella nostra fede.
Che “obbediamo ciecamente al Papa“? Sì, signore! Così così come ogni uomo che non è pazzo è abituato ad obbedire ciecamente alla sua testa, e non alla sua mano o alla sua lingua. Perché le mani, i piedi e il corpo della Chiesa siamo noi, i fedeli. Il Capo è Cristo e il suo Vicario è il Papa. – Rivedete ciò che la Lettera agli Efesini dice di Gesù Cristo: ” Tutto infatti (il Padre) ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa,la quale è il suo corpo,la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose.” (Efesini 1, 22-23). Chi non sa che il Capo della Chiesa è Cristo e che il Vicario di Gesù Cristo in terra è il Papa? Noi amiamo Roma perché in essa abita il Papa, il Vicario di Gesù Cristo.
B) Ma il nostro amore ha radici molto più profonde. Non solo il Papa è il capo visibile della Chiesa, il suo governatore, ma anche il Padre amoroso di tutta la cristianità, il nostro Santo Padre; ed è proprio questa espressione che spiega appieno tutto il nostro tenero amore che i fedeli ferventi fedeli hanno sempre professato per Roma.
a) Gli stessi Cattolici sono pervasi da un profondo rispetto e da un’emozione del tutto particolare quando incontrano il Santo Padre in udienza. Quanti hanno vissuto un’esperienza simile a quella del potente ministro di Luigi Filippo re di Francia, Thiers, che durante la sua permanenza a Roma a Roma chiese un’udienza al Papa, ma a condizione che, essendo un protestante, non dovesse inginocchiarsi davanti al Pontefice e baciargli la mano. Quando questa richiesta fu comunicata a Gregorio XVI, questi rispose sorridendo: “Fate come piace a Thiers”. Il presidente del Consiglio dei ministri francese entrò e, trovandosi di fronte al Papa, sentì un forte richiamo, un sentimento forte e indefinibile invadere la sua anima. Si inginocchiò davanti a lui e gli baciò il piede. Il Papa gli chiese in tono di grande dolcezza: “Signor Ministro, è inciampato in qualcosa?”. E il ministro francese rispose con grande arguzia: “Veramente, siamo tutti ad inciampare nella grandezza del Papato”. Questo è ciò che provano anche i non Cattolici quando si trovano faccia a faccia con il Papa.
b) Cosa devono provare i fedeli quando pronunciano queste parole: “Nostro Santissimo Padre”? “Che nome sublime e piissimo! Quante cose dicono queste tre parole: “Padre nostro santissimo”! Prima di tutto, sono parole di fiducia. Tu sei è la roccia su cui poggia la nostra fede. Tu sei il fondamento su cui è costruita la nostra casa familiare, la Chiesa cattolica. Tu sei l’uomo su cui poggia la nostra Chiesa, l’arco della Chiesa universale. Tu sei il pastore che guida il cammino della nostra anima. Tu sei il cuore che batte in noi. Ma queste parole sono anche un segno di profondo amore. Tu sei il capo della grande famiglia, e tutti noi ci sentiamo a casa con te. Tu sei il padre, e i tuoi figli vengono da te da tutto il mondo. Accanto a te c’è “la patria delle anime”, come Sienkiewtcz chiamava Roma. Non c’è stato nessun altro regno al mondo con una tale varietà di lingue e una storia così ricca; i cui membri erano così diversi sia esteriormente che nella loro formazione culturale interiore, come la Chiesa cattolica. E tutta questa varietà è mirabilmente unita in un unico punto centrale della Chiesa: il Papa. Egli è il supremo legislatore, la guida, la roccia, il fondamento, il centro, il Vicario di Cristo!
c) Leggiamo la descrizione di quella visione sublime di cui al capitolo LX del profeta Isaia: Alzati Gerusalemme, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. (Is LX,1-4) Sembra di assistere alla scena di un’udienza generale dei pellegrini che il Santo Padre concede in occasione di un Anno Santo. Come se i colori vividi di Isaia fossero stati ispirati da essa! Migliaia e migliaia di persone riempiono con nervosa attesa le magnifiche sale secolari del Vaticano; persone provenienti da tutti gli angoli della Chiesa universale, e come fratelli in Gesù Cristo, con le loro anime immerse nella preghiera, sono fianco a fianco e attendono il Padre comune di tutti, il Papa. Bianchi e gialli, europei, asiatici, Egiziani, pellegrini dell’India orientale, tutti insieme. La loro lingua è diversa, il loro vestito, diversa è la forma dei loro occhi, diversa è la cultura, ma una è la loro fede, uno è il loro Cristo, e uno è il loro Vicario, che sta già venendo nella sua veste bianca, che già risplende da lontano…; tutti si inginocchiano e baciano la mano del padre che benedice; non c’è quasi nessuno che non abbia le lacrime agli occhi. Ora tutti sentono la gioia di essere Cattolici. Che orgoglio santo appartenere a questa Chiesa universale! Che serenità sapere che la mia fede poggia sulla Chiesa universale, sulla “pietra”, su quella pietra sulla quale Gesù Cristo ha posto le fondamenta della sua Chiesa e ha promesso che “le potenze dell’inferno non prevarranno mai contro di essa”!
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Una delle strade più famose di Roma si chiama Via Appia. È una strada triste, fiancheggiata da tombe che sorgono sotto pini e cipressi. Ad un incrocio, una piccola cappella segna il luogo in cui, secondo la tradizione, Pietro, fuggito da un’isola, si sarebbe rifugiato. Pietro, che era fuggito dalla prigione mamertina e intendeva lasciare Roma, incontrò il Signore Gesù Cristo macchiato di sangue e gli chiese, con l’animo commosso: Quo vadis, Domine, “Dove vai, Signore?”. Al che Gesù Cristo rispose queste bellissime e indimenticabili parole: “Vado a Roma, per farmi crocifiggere una seconda volta”. Pietro allora capì Gesù Cristo e tornò in città e, disprezzando la morte, lavorò per Cristo, fino al giorno in cui fu crocifisso il 29 giugno dell’anno 67, con la testa rivolta verso il basso, nel circo di Nerone, non lontano dalla sua tomba attuale, nella Basilica del suo nome. Il primo Papa diede la vita per Cristo nella città di Roma. A Roma vive ancora oggi il 263° successore di Pietro. E da allora, ubi Petrus, ibi Ecclesia; ubi Ecclesia, ibi Vita aeterna, “dove c’è Pietro, c’è la Chiesa, e dove c’è la Chiesa, c’è la vita eterna”. Queste parole sempre belle del grande vescovo di Milano, Sant’Ambrogio, non solo risplendono sulla cupola del Duomo di Milano, iscritte in lettere d’oro, ma vivono anche in lettere d’oro, ma vivono anche, in modo prodigioso e indelebile, in tutte le anime cristiane. Come non capire perché una tale moltitudine di pellegrini cristiani affluisca a Roma e perché, al primo sguardo sulla cupola della grande Basilica di San Pietro, scoppiano in questo grido entusiasta: “Ave, santa Roma“? Ave, Roma santa! Sotto il tuo pavimento attraversano i corridoi sotterranei, le catacombe sotterranee, le catacombe che custodiscono le tombe dei martiri cristiani che hanno dato la loro vita per Gesù Cristo. Santi sono questi corridoi, perché proclamano forte e chiaro con le loro immagini bibliche e le loro scene liturgiche, dipinte con linee crude, primitive e spigolose, che la nostra fede è la stessa di quella del popolo cristiano, che la nostra fede è la stessa di quei martiri e di quei primi fedeli, e perché è in questi corridoi, intrisi di sangue di martiri, che la nostra religione affonda le sue radici. Ave, Roma santa! In te sorge, sopra la tomba di San Pietro, la sua Basilica.
Ave, Roma santa! In te c’è la Basilica di San Giovanni con l’iscrizione cattolica sulla facciata. L’iscrizione cattolica sulla sua facciata: “Madre e capo di tutte le chiese.”.
Ave, Roma santa! In te si erge l’enorme obelisco di Piazza San Pietro, che proclama al mondo intero: Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat“, “Cristo vince, Cristo regna, Cristo regna”.
Ave, Roma santa! In te batte il cuore della Chiesa e in te vive il capo di questa stessa Chiesa. Ecco perché dal profondo della nostra anima scaturisce sempre la preghiera, che sulle ali di una melodia che inviamo al cielo: “Dove giace la tomba di San Pietro e dove batte il cuore di Roma, da mille labbra, su mille lingue, dolcemente e fervidamente una preghiera: Custodisci, o Signore, il nostro santo Padre, il Vicario di Gesù Cristo”.
VIVA IL SANTO PADRE IMPEDITO!!