IL SEGNO DELLA CROCE (6)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (6)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA QUINTA.

30 novembre.

Il segno della croce ci nobilita. — Desso è il segno del fiore della umanità. — Il blasone del cattolico. — Quel che sia un cattolico. — II segno della croce nobilitandoci c’insegna il rispetto di noi stessi. — Importanza di tale insegnamento. — Onta di chi non fа il segno della croce. — Quadro del disfreno ch’eglino hanno per se stessi.

Ho detto, mio caro Federico, che il segno della croce è un segno che nobilita, perché quanto è divino nobilita. Questa sola ragione basterebbe; ma nondimeno continuandomi dico, che questo segno ci nobilita perché desso è il segno del fiorе della umanità. V’hanno mai pensato i compagni tuoi? Chi non si segna, ed ancor più, chi ha onta di questo segno, resta misto e confuso con i pagani, i musulmani, i giudei, gli eretici, i cattivi cattolici, infine con le bestie; è quanto dire, con la feccia della creazione. Che ne pensi tu? Non dobbiamo andare superbi di un segno che ci distingue sì nobilmente da tutti quelli che non lo hanno?  Il figlio ascrive a gran ventura essere membro di una famiglia veneranda per l’antichità sua, illustre per le gesta, rispettabile per le virtù, potente per le ricchezze. Egli pensa parimente del suo blasone. Lo fa scolpire in pietra, in marmo, in argento, in oro, in agata, ed in rubini; lo pone sulla sua abitazione, lo fa modellare su la mobilia, designare sul vasellame, e sui pannilini, lo fa incidere sul suo suggello, dipingere sulla sua carrozza, orna di esso i fornimenti de’ suoi cavalli, vorrebbe scolpirlo sulla propria fronte. Se tu ne togli la vanità, egli ha ragione. La sua condotta proclama altamente la legge pereminenza sociale, la solidarietà. La gloria degli avi, ègloria dei figli, èun patrimonio di famiglia. – Come cattolico, il segno della croce èmio stemma. Esso dice a me ed a tutti la nobiltà della mia schiatta, la sua antichità, le sue gesta, le glorie e le virtù sue. Come non andarne superbo? Io rinunzierei al sangue illustre, che mi corre per le vene! Indegno di avere un gran nome, rigetterei vigliaccamente la legge della solidarietà gettando nel fango le mie insegne gentilizie, ed al vento la ricca eredità degli avi miei. Gli uomini sono lieti di appartenere ad una grande nazione aristocratica. Lo Spagnuolo d’essere Spagnuolo, l’Inglese d’essere Inglese, ed il Francese d’essere Francese, l’Italiano di essere Italiano, come tutte le altre grandi nazioni. Dimmi, amico mio, qual è la nazione più grande, e la più aristocratica del pianeta? V’ha una nazione che tutte vinca in antichità, che conti fra i suoi membri un numero, che avanzi quello delle nazioni testé nominate? Una nazione che per i suoi lumi brilli come il sole nel firmamento; che essenzialmente espansiva, a prezzo di proprio sangue abbia sottratto il genere umano alla barbarie, e gli dia modo da non ricadervi, e che la storia ed il mappamondo ne facciano fede? Una nazione che veda e sola, nel mezzo de’ suoi figli, quanto l’uomo ha conosciuto di meglio in fatto di genio e di virtù, di scienza e di coraggio, legioni intere di dottori, di vergini, di martiri, di oratori, filosofi, artisti, i grandi legislatori, i buoni re, i guerrieri illustri di tutte le parti del mondo; una nazione altrettanto più aristocratica, che tutte le altre da essa debbono ripetere la loro superiorità? Che che si dica, e che che si faccia, la storia ha nominato la grande NAZIONE CATTOLICA. IO le appartengo: il segno della croce è. il suo stemma: potrei averne onta? Dio stesso ha voluto mostrare con strepitosi miracoli, quanto sia in onore agli occhi suoi la persona ed il membro che fa il segno della croce. Santa Èdita figlia di Edgardo re d’Inghilterra sin dalla infanzia fu tenerissima del segno della croce. Questa giovane principessa, uno de’ più belli fiori olezzanti verginità, che abbia ornato l’antica isola dei santi, nulla operava senza che innanzi segnasse il fronte ed il petto dello stemma de’ cattolici. A sfogo di sua devozione fece edificare una chiesa in onore di S. Dionisio, e pregò S. Dunstan Arcivescovo di Cantorbery per la solenne dedicazione. Il santo consenti volentieri, e nelle diverse conversazioni che tenne seco lei, ammirò che la giovane principessa, come i primi Cristiani si segnava frequentemente col pollice la fronte. Tale divozione tornò si cara al santo, ch’egli fe’ voti a Dio perché benedicesse questo pollice, e Io preservasse dalla corruzione della tomba. La preghiera fu esaudita. Quinci a poco tempo la vergine moriva al 23″ anno dell’età sua ed apparsa al santo gli disse: disumate il mio corpo, desso è incorrotto, eccetto le parti di che feci mal uso nella leggerezza della mia infanzia. Queste parti erano gli occhi, i piedi e le mani, eccetto il pollice con che faceva in vita il segno della croce. – Al punto di vista dell’onore gli avi nostri aveano eglino torto di fare si soventemente il segno della croce? E noi; abbiamo noi ragione di non più farlo? Ah! ch’eglino aveano ben altrimenti da noi la coscienza di loro nobiltà, ed il sentimento della dignità loro. Così ripetendosi di continuo nobiltà obbliga, non mi meraviglio che abbiano formato una società unica negli annali del mondo per l’eroismo di sue virtù: fra poco l’intenderai.- II primo sentimento, che il segno della croce sviluppa in noi nobilitandoci agli occhi nostri istessi, èil rispetto di noi medesimi. Il rispetto di noi medesimi! io dico, caro amico, una grande parola. Volgo io sguardo all’intorno, e vedo un secolo, un mondo, una gioventù che non rifinisce di parlare di dignità umana, di emancipazione, di libertà. Queste parole vuote di senso, o che uno ne raccolgono cattivo, rende il secolo, il mondo, la gioventù insofferente d’ogni maniera di governo ed impaziente del giogo d’ogni autorità divina, civile e paterna, corre all’impazzata dicendo a quanti incontra: Rispettami!  Benissimo; ma se vuoi essere rispettato, comincia tu a rispettar te stesso. Il rispetto degli altri, a nostro riguardo, è in ragione di quello che noi stessi abbiamo per noi. La crudeltà, l’ipocrisia, il sensualismo, il vizio orpellato, nascosto, ricco, coronato, possono inspirare timore, ma ottenere rispetto giammai. Ora l’uomo attuale giovane o vecchio che sia, che non si segna dello stemma cattolico si rispetta? Facciamo un saggio di autopsia.  La parte più nobile dell’uomo è l’anima, e di questa la facoltà, che vince in dignità le altre, è l’intelligenza. Vaso prezioso, formato dalla mano di Dio a raccogliere la verità, e solo la verità, di modo, che quanto non è verità la rende immonda e profana. L’uomo attuale rispetta la intelligenza, le lascia libero il cammino alla verità? Egli non ha che disgusto per le sorgenti pure, dond’essa deriva; oracoli divini, sermoni, libri ascetici o di filosofia cristiana lo appenano ed annoiano. Se tu discendi al fondo di queste intelligenze battezzate, ti crederai in un bazar. Tu vi ritroverai un rimescolio d’ignoranze, di baje, di frivolezze, pregiudizii, menzogne, errori, dubbii, obbiezioni, negazioni, empietà, inezie. Triste spettacolo che mi ricorda lo struzzo morto ultimamente a Lione. Tu sai che l’autopsia del suo stomaco rivelò l’esistenza di un vero arsenale di pezzi di ferro, di legno, di corde ecc. Ecco di che nutrica la sua intelligenza l’uomo, che non fa più il segno della croce: ecco com’egli la rispetta! Ed il suo cuore? Dispensami, caro Federico, dal rivelartene le ignominie. I moti suoi in vece d’essere ascendenti, sono discendenti, non si eleva spaziandosi a volo di aquila, ma si striscia sulla terra; non si nutre, come l’ape, del profumo de’ fiori, ma, qual mosca schifosa, fa suo pasto ogni maniera di lordura. Non v’ha violazione di legge che lo spaventi, né immondizia che eviti. Tu puoi bene convincertene, che la bocca parlando per la pienezza del cuore, la sua gola è spiraglio di sepolcro in putrefazione. Ed il suo corpo? Giovane che trovi indegno di te fare il segno della croce, tu credi essere un grande spirito, ma tu fai pietà! Ti credi indipendente, e sei schiavo; tu non vuoi onorarti facendo quanto fa il fiore della umanità, e per giusto castigo, tu fai quanto esegue il rifiuto della umana famiglia. La tua mano non segna la fronte del segno divino, ed essa toccherà quanto non dovrebbe mai toccare. Tu non vuoi ornare del segno protettore i tuoi occhi, le labbra ed il petto, ed i tuoi occhi s’insozzeranno guardando quanto non dovrebbero guardare, le tue labbra mute ciarliere, loquaces muti, come dice un gran genio (S. Aug. Medit. XXXV, S), diranno quanto non dovrebbero dire, e diranno quello che dovrebbero tacere; il tuo petto, profano altare, brucerà di un fuoco, il cui solo nome fa onta. È questa la tua storia intima; potrai negarla, ma cancellarla giammai. Dessa è scritta su questa carta con inchiostro, ma è letta in tutte le parti del tuo essere, scrittavi con sanguigni caratteri di colpa, in sanguine peccati. – E la sua vita! L’uomo che non fa più il segno della croce perde la stima della sua vita. Egli la vilipende, ne fa spreco, e mai la prende sul serio. Fare della notte giorno, e del giorno notte; poco lavoro e molto sonno, cibi delicati, senza nulla negare al gusto; consumarsi pel tempo, senza alcuna considerazione per l’eternità, ciò è a dire, tessere della tela di ragno, fare de’ castelli di carta, prender mosche, in una parola: usar della vita come padrone, non è prenderla al serio. Prender la vita al serio è fare di essa l’uso voluto da Colui che ce l’ha confidata, e che ce ne domanderà conto non in confuso, ma dettagliatamente; non ad anni, ma per minuto.  – Quando il disprezzatore del segno divino, che doven nobilitarlo inspirandogli sentimenti di rispetto per l’anima ed il corpo suo, è stanco della iniquità e delle inezie, che cosa farà egli? Soventemente egli rigetta la vita come un peso insopportabile. Considerandosi qual bestia priva di timore e di speranza oltre la tomba, si uccide. – Qui, mio caro, come potrò io tutta esprimerti la pena dell’animo mio? Quanto diceva l’Apostolo delle meraviglie del cielo, che l’occhio non ha visto, né l’orecchio sentito, né lo spirito concepito nulla di simile, è mestieri dirlo al presente gemendo, arrossendo e tremando. No, in nessuna epoca, sotto nessun clima, nel mezzo di nessun popolo, ancorché pagano ed antropofago, l’occhio non ha visto, l’orecchio non ha sentito, lo spirito non ha concepito quello che noi vediamo, intendiamo e tocchiamo con mano; qual cosa? Il suicidio. Il suicidio è su di una scala senza paragone nell’istoria. In Francia solamente cento mila suicidi nel corso degli ultimi trentanni. Cento mila! ed il numero va sempre più crescendo. Ora, io son sicuro, benché senza prova, che di questi cento mila, novanta nove mila aveano perduto l’uso di fare il segno della croce seriamente, sovente, e con ogni religione. Credi ciò come tredicesimo articolo del simbolo. A dimani.

IL SEGNO DELLA CROCE (7)