I SERMONI DEL CURATO D’ARS: “SUL GIUDIZIO PARTICOLARE”

I SERMONI DEL CURATO D’ARS

(Discorsi di s. G. B. M. VIANNEY Curato d’Ars – vol. II, 4° ed. Torino, Roma; Ed. Marietti, 1933)

Sul giudizio particolare.

Redde rationem villicationis tuæ.

(Luc. XVI, 2).

Possiamo seriamente riflettere, Fratelli miei, sulla severità del giudizio di Dio, senza sentirci presi da vivo timore? Ecchè! F. M., i giorni delia nostra vita, sono contati; e per di più ignoriamo l’ora ed il momento in cui il nostro Giudice Supremo ci chiamerà al suo tribunale, e forse quel momento sarà quello in cui meno vi penseremo, e saremo meno disposti a rendere questo terribile conto!… Vi assicuro, F. M., che pensandovi bene, ci sarebbe da darsi alla disperazione, se la religione non ci insegnasse che possiamo render meno terribile questo momento con una vita la quale possa sempre farci sperare che il buon Dio avrà pietà di noi. Badiamo bene, F. M., di non trovarci imbarazzati in quel momento, come quel fattore di cui Gesù Cristo ci parla nell’Evangelo. Vi mostrerò dunque, F. M.:

1° che v’è un giudizio particolare in cui renderemo esattissimo conto del bene e del male che avremo fatto;

2° quali sono i mezzi che dobbiamo usare per prevenire il rigore di questo conto.

I. — Noi tutti sappiamo, F . M., che saremo giudicati due volte: una volta nel gran giorno delle vendette, cioè alla fine del mondo, quando davanti all’universo intero, le nostre azioni buone o cattive, saranno a tutti manifeste. Ma prima di quel giorno terribile e sventurato pei peccatori, avremo subito un giudizio al momento della nostra morte, dopo esalato l’ultimo respiro. Sì. F. M., la sorte dell’uomo sta tutta in queste tre parole: vivere, morire ed essere giudicato. È una legge fissa ed invariabile per tutti gli uomini. Noi nasciamo per morire, moriamo per essere giudicati, e questo giudizio deciderà della nostra felicità eterna o della nostra eterna sventura. – Il giudizio universale in cui tutti compariremo, non sarà che la pubblicazione della sentenza particolare pronunciata subito dopo la nostra morte. Voi tutti sapete che Dio ha contato i nostri anni (Breves dies hominis sunt; numerus mensium ejus apud te est – Job xiv, 5),ed in questo numero d’anni, che Egli ha fissato d’accordarci, ne ha segnato uno che sarà l’ultimo per noi; in quest’ultimo anno un ultimo mese; in quest’ultimo mese un ultimo giorno, ed in questo giorno un’ultima ora, dopo la quale non vi sarà più tempo per noi. Ahimè! che ne sarà di quel peccatore e di quell’empio che si promettono sempre una vita più lunga? Aspettino pure, poveri disgraziati, fin che vogliono; dopo quest’ultima ora non vi sarà più ritorno, non più speranza, non più rimedio! Nello stesso istante. M. F.; ascoltate bene voi che non temete di passare i vostri giorni nel peccato, nello stesso istante in cui l’anima si separerà dal vostro corpo, essa sarà giudicata. — Ma, mi direte, lo sappiamo. — Sì, ma non lo credete. Ditemi, se lo credeste seriamente, come potreste restare in uno stato che vi mette nel continuo pericolo di cadere nell’inferno? No, no, amico mio, voi non lo credete; perché se lo credeste, non v i esporreste ad una sì grande disgrazia. Verrà il momento che il buon Dio applicherà sul vostro debito l’impronta della sua immortalità ed il sigillo della sua eternità, e quel sigillo e quell’impronta non saranno levati mai più. O  momento terribile! eppure così poco meditato, così breve e così lungo, che vola con tanta rapidità, e che trascina con sé un susseguirsi spaventoso di secoli! Che cosa ci avverrà dunque in questo momento che tanto fa orrore? Ahimè. F. M., compariremo tutti, ciascuno in particolare, davanti al tribunale di Gesù Cristo, per esservi giudicati, e render conto del bene e del male che avremo fatto. Il giudizio particolare, F. M., è così certo, che il buon Dio per convincercene, ne ha fatto scorgere i segni a parecchi quand’erano ancor vivi, affinché noi vi ci preparassimo.Leggiamo nella storia che un giovane libertino si era dato ad ogni sorta di vizi; ma essendo stato istruito da una pia madre, una notte che teneva dietro al giorno in cui era caduto nei più gravi eccessi, fece un sogno. Si vide trasportato al tribunale di Dio. Non si può dire quale fu la sua vergogna, la sua confusione e l’amarezza della sua anima. Quando si svegliò aveva una febbre ardente, sudava ed era fuori di sé, i suoi capelli erano diventati bianchi. “Lasciatemi solo, diceva, sciogliendosi in lagrime, a quelli che pei primi lo videro in quello stato, lasciatemi solo; ho visto il mio Giudice. Ah! quanto è terribile! Perdono, Dio mio! perdono!„ I suoi compagni di stravizi, sentendo che il loro amico era ammalato e si desolava, vennero per confortarlo. “Ritiratevi da me, diceva loro, voi non siete più i miei amici, non vi voglio più. Ah! ho visto il mio Giudice. Ah! quant’è terribile! Di quanta maestà! di quanta gloria è rivestito! Ah! quante accuse e domande, alle quali non ho potuto rispondere! Tutti i miei delitti sono scritti; li ho letti tutti! Ah! quanto grande ne è il numero! Solo ora ne conosco tutta l’enormità! Ahimè! Ho visto una schiera di demoni, i quali non aspettavano che il segno per trascinarmi nell’inferno. Ritiratevi, falsi amici, non voglio più vedervi! Quanto sarei felice, se potessi, coi rigori della penitenza, placare un giudice così terribile! Ahimè! ben presto dovrò presentarmigli davvero! forse oggi stesso!… Dio mio, perdonatemi!… Dio mio, usatemi misericordia!… Ah! di grazia, non perdetemi, abbiate pietà di me!… Farò penitenza per tutta la mia vita. Oh! quanti peccati ho commesso! Quante grazie disprezzate!… quanto bene avrei potuto fare e non ho fatto!… Dio mio, non gettatemi nell’inferno!„ E non si fermò lì, F. M. Passò il resto della sua vita a piangere e far penitenza. Quanto sarà terribile questo momento, F. M., per chi non avrà fatto alcun bene e molto male. Sì, F. M., renderemo conto di tutte le nostre azioni, buone e cattive: tutto comparirà davanti al nostro giudice nel momento in cui l’anima si separerà dal nostro corpo. Sì, F. M., il buon Dio si farà render conto dei beni che abbiamo ricevuti. Vi sono i beni di natura, di fortuna e di grazia. Tutti questi beni entreranno nel conto. I beni di natura riguardano il corpo e l’anima; bisognerà render conto dell’uso che avremo fatto del nostro corpo. Domanderà il Giudice se avremo usate le nostre forze a render servizi al nostro prossimo, a lavorare per avere di che far elemosine, a far penitenza, a visitare i luoghi privilegiati dal buon Dio (come Nostra Signora di Fourvière, S. Francesco Regis ed altri). Ma, se invece, non abbiamo usato della nostra salute e del nostro corpo, che per correre ai divertimenti, alle osterie, per derubare il prossimo, per lavorare alla domenica , per viaggiare in questi santi giorni, invece di passarli nel pregare, onorare il buon Dio, istruire gli ignoranti, dar loro buoni consigli, condurli a Dio ed allontanarli dal male… Esaminerà poi se non ci siamo serviti della nostra intelligenza pel male: cioè per istruirci di cose cattive. Se abbiamo letto libri perversi, frequentato gli empi, insegnata la malizia agli altri. Se ce ne siamo serviti per ingannare nelle vendite e nelle compere, per giurare il falso, suscitare liti, indurre altri a vendicarsi, a parlar male della religione, a insegnar loro cose empie: come, per esempio, voler far loro credere che la religione non è buona, che tutto ciò che si dice non è vero, che i preti dicono ciò che vogliono. Ed esaminerà altresì se abbiamo usato la nostra intelligenza per comporre cattive canzoni contro la purità, contro l’onor del prossimo; se abbiamo comunicato ad altri le nostre cattive cognizioni. Ci domanderà se ci siamo serviti della nostra mente per istruirci; se ci siamo invaniti della bellezza del nostro corpo, invece d’ammirare in noi la sapienza e la potenza di Dio. Se ce ne siamo serviti per indurre gli altri al male; come per esempio, chi si veste in modo d’attirare su di sé gli occhi altrui. Dio ci domanderà se abbiamo bene usato di ciò che ci ha dato, ricordandoci che noi non siamo che amministratori, e che tutto ciò di cui avremo usato male ci verrà imputato a colpa. Allora il buon Dio farà vedere a quei padri ed a quelle madri tutti gli oggetti di vanità che essi hanno comperato ai loro figli, e che servirono soltanto a perdere la loro anima; mostrerà loro tutto quel denaro consumato nei divertimenti, nelle osterie, nelle danze ed in tutte le altre spese inutili. E poi tutto ciò che abbiamo lasciato andar a male e che avremmo potuto dare ai poveri. Ahimè! quanti peccati ai quali non avremmo mai pensato, e che ora non vogliamo riconoscere; ma che in quel momento riconosceremo, troppo tardi! Veniamo ora, F. M., ad un altro conto ben più terribile, quello della grazia. Il buon Dio comincerà a mostrarci i benefizi accordatici, facendoci nascere nel seno della Chiesa cattolica; mentre tanti altri sono nati e morti fuori di essa, Ci farà vedere che anche tra i Cristiani, un numero infinito sono morti senza aver ricevuta la grazia del Battesimo. Ci farà vedere per quant’anni, mesi, settimane, giorni, ci ha conservata la vita mentre eravamo nel peccato; e che se, in quel momento, ci avesse fatto morire, saremmo stati precipitati nell’inferno. Ci metterà davanti agli occhi tutti i buoni pensieri, tutte le buone ispirazioni, i buoni desideri che ci ha dato durante la nostra vita. Ahimè! quante grazie disprezzate! Ci ricorderà tutte le istruzioni ricevute e sentite; tutte le letture messe a nostra disposizione affinché ne approfittassimo. Tutte lo nostre confessioni, le comunioni, e tante altre grazie del cielo che abbiamo ricevuto. E quanti Cristiani non ne hanno ricevuto la centesima parte, eppure si sono santificati! Ma, che cosa è stato, F. M., di tutti questi benefizi e di tutte queste grazie? qual profitto ne abbiamo  ricavato? … Triste momento per un Cristiano che ha disprezzato tutto, e di nulla seppe approfittare! … Vedete che cosa ci dice S. Gregorio: “Ah! amico, osserva quella croce, e vedrai quanto ha costato ad un Dio il ridonarci la vita.„ E per questo che S. Agostino quando meditava sul conto da rendersi delle grazie ricevute e disprezzate; esclamava: “Ahimè! disgraziato, che diventerò dopo tante grazie ricevute? Ahimè! temo ancor più per le grazie ricevute, che per i peccati commessi, per quanto siano numerosi! Dio mio, quale sarà la mia sorte? „ Leggiamo nella vita di S. Teresa che, nell’ultima sua malattia, fu trasportata davanti al tribunale di Dio; ritornata in sé, le si domandò perché temesse dopo aver fatta tanta penitenza. “Ahimè! disse, temo molto.„ — “Avete paura della morte?„ le si domandò. — “No, „ rispose. ” Dell’inferno?„ — ” No. „ Che cosa dunque la faceva tremare? “Ahimè! bisogna che la mia vita sia confrontata con quella di Gesù Cristo; ah! guai a me, se ho la minima ombra di peccato! „ E che sarà di noi, F. M., quando Gesù Cristo ci rimprovererà il disprezzo e l’abuso che abbiamo fatto del suo Sangue prezioso e di tutti i suoi meriti? “Ahi ingrato peccatore, ci dirà, vigna infruttuosa, albero sterile, che avrei dovuto fare per la tua salute e non ho fatto? Non dovevo io attendere da te buoni frutti per la vita eterna? Dove sono le buone opere da te fatte? Dove sono le tue fervorose preghiere, che mi sieno piaciute, e che mi abbiano commosso? Dove sono le tue buone confessioni? Le buone Comunioni che m’abbiano fatto rinascere nella tua anima, e ricompensato, in qualche modo dei tormenti che ho sopportati per la tua salute? Ove sono le penitenze e le lagrime da te sparse per cancellare i peccati che hai commesso? Dove sono le buone opere che hai fatte, suggerite da tanti buoni pensieri e desiderii e da tante occasioni che ti ho presentato? Dove sono quelle Messe ben ascoltate, in cui avresti potuto soddisfarmi per i tuoi peccati? Va, disgraziato, non hai fatto che opere d’iniquità, non hai lavorato che a rinnovare i dolori della mia passione e della mia morte. Va, ritirati da me, io ti maledico per tutta 1’eternità! Va, nel giorno del giudizio universale, manifesterò il bene che avresti potuto fare e che non hai fatto, e tutte le grazie che ti ho accordate e che hai disprezzato.„ Ahimè! quanti rimproveri, e quanti peccati, ai quali non abbiamo mai pensato! Ahimè! quanto sarà terribile questo rendiconto! Eccone un esempio che ve lo proverà. Racconta S. Giovanni Climaco, (La scala santa, settimo gradino) che un anacoreta, chiamato Stefano, dopo aver condotto una vita delle più austere e delle più sante, essendo molto vecchio cadde ammalato e ne morì. La vigilia della sua morte, trovandosi improvvisamente fuor di sé, pure avendo gli occhi aperti, guardava a destra ed a sinistra, come se vedesse qualcheduno che gli faceva render conto delle sue azioni. Si sentiva una persona che l’interrogava, e l’ammalato rispondeva a voce così spiccata, che tutti quelli che erano nella stanza potevano sentire. Lo si sentiva dire: “Sì, è vero, ho commesso quel peccato, ma per questo ho digiunato tanti anni.„ Poi l’altra voce diceva che aveva commesso il tal altro peccato, ed il morente rispondeva: “No, non è vero, non l’ho commesso.„ Poco dopo lo si sentiva dire: “Sì, lo confesso, l’ho fatto; ma Dio è tanto misericordioso che me l’ha perdonato. „ Era, ci dice S. Giovanni Climaco, uno spettacolo spaventoso assistere al rendiconto così esatto che si chiedeva a quel solitario di tutte le sue azioni. Ma, ciò che spaventava ancor più era il sentire che lo si accusava anche di peccati, ch’egli non aveva mai commesso. Ecchè! F. M., un santo solitario, che aveva passato quarantanni nel deserto, che aveva versate tante lagrime, confessa egli stesso che non può giustificarsi di qualche accusa che gli è fatta!!… Egli ci lasciò, ci dice S. Giovanni Climaco, in una grande incertezza per la sua salute. Ma, che sarà di un peccatore che, in quel momento non vedrà che male e niente di bene? Momento terribile! momento di disperazione! E non aver nulla su che affidarsi! Voi sapete che quel giudizio avverrà fra tre testimoni: Dio che giudicherà, il nostro Angelo custode che mostrerà le buone opere che avremo fatte, ed il demonio che manifesterà tutto ciò che di cattivo avremo commesso durante la nostra vita. Dopo le loro deposizioni, Dio ci giudicherà e fisserà la nostra sorte per tutta l’eternità. Ahimè! M. F., quale deve essere il timore d’un povero Cristiano che aspetta il suo giudizio e che, tra qualche minuto, sarà nell’inferno o nel cielo! – Leggiamo nella storia (Vita dei Padri del deserto, t. II, p. 452)  che un santo abate, chiamato Agatone, al momento di spirare restò sempre cogli occhi fissi verso il cielo senza distaccarneli. I religiosi gli dissero: “Dove credete di essere ora, padre?„ — “Sono alla presenza di Dio, di cui aspetto il giudizio,, . — “Non lo temete ? „ — “Ahimè! non so se tutte le mie azioni saranno accette a Dio; credo di aver osservato i suoi comandamenti; ma i giudizi di Dio sono diversi da quelli degli uomini. „ In quel momento esclamò: “Ahimè! sono in giudizio.„ Ahimè! F. M., quanti rimorsi per aver perduto tanti mezzi di salvarci, e disprezzate tante grazie che il buon Dio ci ha fatte per aiutarci a guadagnare il cielo; e vedere che tutto ciò per noi è perduto, anzi, tutto torna a nostra condanna! Ma, se è già così terribile render conto delle grazie che il buon Dio ci ha fatte per preservarci dall’inferno, che cosa sarà dunque quando saremo esaminati e giudicati su tutti i peccati che avremo commesso? Forse, per consolarvi, dite che non avete commesso di quei peccati, che agli occhi del mondo sono mostruosi. Ma quei peccati interni, F. M. ?… Ahimè! quanti pensieri d’impurità, desideri! impuri, pensieri di odio, di vendetta e d’invidia sono passati per la vostra mente durante una vita di trenta o quarant’anni, o fors’anche di ottanta! Ahimè! quanti pensieri di superbia, gelosia, quanti desideri di vendetta, di far del male al proprio prossimo, di ingannare! E quando si verrà ai peccati di opere?… Ahimè! quando il buon Dio prenderà il libro dalle mani dei demoni, per esaminare tutte quelle azioni d’impurità quelle corruzioni, turpitudini, sguardi vergognosi, confessioni e comunioni sacrileghe: tutti quei raggiri e malizie usate per sedurre quella persona… Ahimè! che diverranno quelle vittime d’impurità! Oh! quanto sarebbero più felici se Dio le precipitasse nell’inferno prima della loro morte, per evitare ad esse di comparire davanti ad un Giudice così giusto! Secondo ogni apparenza questo giudizio avverrà al letto e nella camera del moribondo. Ahimè! quei poveri disgraziati che non furono più riservati degli animali, e forse meno, vedranno, al pari dell’empio Baldassarre (Dan. V), la loro condanna scritta sui muri o meglio in tutti gli angoli della loro casa. Potranno essi negare, quando Gesù Cristo, col libro in mano, mostrerà loro il luogo e l’ora in cui hanno peccato? “Va, disgraziato, dirà loro, ti condanno e ti maledico per sempre!„ Ahimè! quand’anche il buon Dio offrisse loro il perdono, è quasi certo che non lo vorrebbero, tanto il peccato avrà indurito il loro cuore. Ah! Gesù Cristo potrebbe far loro le stesse minacce che fece a quell’empio di cui si parla nella storia. Essendo ridotto a morire Gesù Cristo gli disse: “Se vuoi domandarmi perdono, io te lo darò. Ma no! quando si ha passata la vita immersi nel peccato, non se ne esce più. — “No,„ rispose il morente. — “Ebbene! gli disse Gesù Cristo, gettandogli una goccia del suo prezioso Sangue sulla fronte; va: nel gran giorno del giudizio questo Sangue adorabile, disprezzato e profanato per tutta la tua vita, sarà il marchio della tua riprovazione.„ Dopo queste parole il peccatore morì e fu precipitato nell’inferno. O terribile momento per un peccatore, il quale non vedrà più nulla che possa fargli sperare il cielo! Il povero peccatore, tutto tremante, non avendo nulla da rispondere, vorrebbe già essere nell’inferno. Egli muore e non può che dire: “Sì, ho meritato l’inferno, è giusto ch’io vi sia precipitato; poiché ho tante volte profanato quel Sangue adorabile, che voi avevate sparso sulla croce per la mia salute. „ Gesù Cristo, tenendo sempre dinanzi il libro nel quale sono scritti i suoi peccati, vedrà tutte le preghiere tralasciate o mal fatte, fors’anche fatte col sentimento dell’odio e della vendetta in cuore, e forse, che dico? col cuore arso dal fuoco dell’impurità. No, no, mio Dio, non esaminatelo più, gettatelo presto nell’inferno; è la grazia più grande che potreste fargli se, prima di gettarlo nel fuoco eterno, dovete fargliene ancora una. Sì, Gesù Cristo, volterà pagina, dove vedrà scritte tutte le bestemmie, le imprecazioni, le maledizioni che l’infelice non ha cessato di vomitare durante la sua vita, con una lingua ed una bocca, tante volte bagnate dal suo Sangue adorabile. Sì, F. M., Gesù Cristo volterà pagina, e vi troverà scritte tutte le profanazioni dei santi giorni della domenica. Ah! no, no, non vi saranno più pretesti, tutto sarà messo in evidenza. Vedrà tutte le ubriachezze perpetrate in quei santi giorni, gli stravizi, i giuochi e le danze che hanno profanato i giorni consacrati a Dio. Ahimè! quante Messe non ascoltate od ascoltate male! Quante Messe in cui non ci siamo quasi affatto occupati del buon Dio! o forse, vi avremo commesso più peccati che durante un’intera settimana! Sì, F. M., Gesù Cristo volterà pagina, e vedrà scritti tutti i delitti dei figli ingrati che hanno disprezzato il padre e la madre, che li hanno maledetti, che hanno loro augurata la morte per essere padroni delle loro sostanze, che li hanno fatto soffrire nella vecchiaia, che, coi loro cattivi trattamenti … Sì, F. M., Gesù Cristo volterà pagina e vedrà scritte tutte quelle ingiustizie ed usure nelle vendite e nei prestiti. Sì, tutte quelle rapine verranno manifestate. Ahimè! quel povero infelice sentirà leggere i particolari di tutta la sua vita, e senza poterne trovare una sola scusa. Ahimè! come sarà avvilito quel povero superbo che voleva sempre aver ragione, che disprezzava tutti, che si rideva di tutto? Dio mio. in quale stato di disperazione l’ha ridotto quell’esame! Sì, F. M., in questo mondo abbiamo sempre qualche pretesto per diminuire i nostri peccati, se non possiamo del tutto nasconderli. Ma, con Gesù Cristo, F. M., non sarà più possibile. Egli stesso ci farà riconoscere tutto ciò che avremo fatto, e saremo costretti ad ammettere che tale è stata la nostra vita, e che giustamente saremo condannati all’inferno ed esclusi per sempre dalla presenza del nostro Dio. O spaventosa disgrazia! E senza speranza di ripararla! Ah! chi vi pensasse seriamente, quanto più saggio sarebbe! Ma questo ancora non basta: il demonio, che ha lavorato per tutta la nostra vita a perderci, presenterà a Gesù Cristo un libro dove saranno scritti tutti i peccati che avremo fatto commettere agli altri. Ahimè! quanto ne sarà grande il numero; e solo in quel momento potremo conoscerlo.Ahimè! che cosa sarà allora di quei padri e di quelle madri, di quei padroni e di quelle padrone che hanno tante volte impedito la preghiera ai loro figli, ai loro servi, per non perdere un momento del loro lavoro? Quante Messe non hanno fatto perdere al loro mandriano? Quanti vespri, istruzioni, catechismi e sacramenti i loro dipendenti non hanno potuto frequentare, perché mancava ad essi il tempo! Quante volte li hanno fatti lavorare di festa, e si sono burlati di essi quand’adempivano qualche pratica religiosa! E quante volte li hanno impediti di farle! Quanti libertini colle loro sollecitazioni e promesse hanno indotto giovinette al peccato! E fra le giovani non ve ne sono che coi loro modi affettati e ricercati hanno indotto altri a cattivi pensieri, a sguardi impuri? Quanti ubriaconi sono stati causa che altri si siano dati al vino, ed abbiano passato la domenica nell’osteria mancando alle funzioni! Ahimè! quanti peccati hanno lasciato commettere gli osti dando da bere agli ubriaconi! Quante parole sconce ed azioni impure, perché tutto è permesso nelle osterie! Là si fa sgorgare dal proprio cuore il veleno dell’impurità, che inebria coi suoi infami piaceri quasi tutti quelli che si trovano nell’osteria. Ahimè! quale conto da rendere! Quanti giovani rubano ai loro genitori per aver di che andare all’osteria! e chi ne porta la colpa? Nessun altro se non l’oste. Ahimè! quanti dubbi questi empi hanno fatto nascere colle loro empietà, divulgando ogni sorta di invenzioni, per indebolire la fede nel cuore di quelli che erano in loro compagnia. Quante calunnie contro i preti! come se il difetto di uno rendesse colpevoli gli altri. Ahimè! quanti Cristiani hanno cessato di frequentare i Sacramenti, solo perché si sono trovati in compagnia di amici che hanno insegnato loro tante falsità contro la Religione, per cui l’hanno abbandonata del tutto. Chi potrebbe contare le anime ch’essi hanno perduto? Ed ora tutto questo sarà loro imputato, tutto sarà causa della loro condanna. Tutte le anime da essi rovinate verranno in quel momento a domandar vendetta… Ahimè! se il santo re Davide diceva di temer più per i peccati altrui che per i propri, che ne sarà di quei poveri disgraziati i quali non hanno passata la loro vita che a perdere delle povere anime coi loro cattivi esempi e coi loro cattivi discorsi? Ahimè! quale stupore quando vedranno tante anime da essi gettate nell’inferno! Chi di noi non tremerà, F. M., pensando che Dio non lascerà nulla senza esame, neanche le buone opere, per sapere se esse sono state ben fatte, e per Lui solo? Ahimè! quante azioni fatte unicamente per il mondo, per il desiderio d’esser notati e di passare come uomo dabbene! Quante buone azioni saranno senza valore davanti a Dio! Ahimè! quante ipocrisie, quanti rispetti umani ne hanno fatto perdere tutto il merito! Se i Santi, F. M., i quali non erano colpevoli che di qualche piccolo difetto, hanno tanto temuto questo momento, hanno fatto sì aspre e lunghe penitenze, come vogliamo sperare che Dio avrà pietà di noi? Ahimè! quanti ogni giorno cadono nell’inferno, e sono meno colpevoli di noi. Dio mio, non ci precipitate nell’inferno! Fateci piuttosto soffrire tutto ciò che vorrete durante la nostra vita. Per farvi ben sentire quanto rigorosamente Dio ci giudicherà,  il che non è difficile a credersi… Ecché! non è giusto che Dio esamini con un rigore spaventoso un cristiano colmato di tanti benefizi, che ha ricevute tante grazie per salvarsi, ed a cui nulla è mancato fuorché la volontà? Leggiamo nella storia un esempio raccontato da S. Giovanni Climaco, che sembra mostrarci in parte il rigore della giustizia di Dio verso il peccatore. Egli ci dice che uno dei suoi amici, chiamato Giovanni Sabaita, gli aveva detto che, in un convento dell’Asia, viveva un giovane il quale, vedendo che il superiore lo trattava con troppa bontà e dolcezza, pensava che ciò avrebbe potuto nuocergli, e domandò il permesso d’andare in un altro monastero. Partito che fu, la prima notte che passò nel nuovo monastero vide in sogno un personaggio che gli domandava conto delle sue azioni. Dopo un severissimo esame, si trovò debitore verso la giustizia divina di somme considerevoli, e Dio gli fece vedere che non aveva ancor fatto nulla per espiare i suoi peccati. Spaventato da quella visione, restò ancor tre anni in quel luogo, dove Dio, volendo fargli espiare i suoi peccati, permise che fosse disprezzato e maltrattato da tutti. Sembrava che ciascuno si prendesse spasso di farlo soffrire; eppure egli non si lamentò mai. Dio gli fece vedere in una seconda visione ch’egli non aveva pagato che un terzo di quanto doveva alla sua giustizia. Spaventato si finse pazzo, e continuò simil genere di vita per tredici anni: e poi il Signore gli disse che aveva pagato solo una metà. Non sapendo più come fare, per tutto il resto di sua vita non fece che implorare misericordia dal Signore. Non aveva più limite, né misura nelle sue penitenze. “Ah! Signore, non avrete pietà di me? fatemi soffrire tutto ciò che vorrete, ma perdonatemi. „ Finalmente, prima di morire, Dio gli disse che i suoi peccati gli erano perdonati. Ebbene! F. M., chi oserà sperare che i nostri peccati siano cancellati, quando li abbiamo solo confessati, e detto al buon Dio che gliene domandiamo perdono? Ahimè! quanti Cristiani sono ciechi, credendo d’aver fatto molto, mentre invece vedranno d’aver fatto nulla. Il buon Dio farà loro vedere ciò che meritavano i loro peccati, e le penitenze ch’essi hanno fatto. Ahimè! quanti Cristiani perduti! Ma nel giudizio particolare, F. M., si farà ancora un altro esame. Sebbene quanto vi ho detto sembri già rigoroso, questo non sarà meno terribile; voglio dire che Gesù Cristo ci giudicherà sul bene che avremmo potuto fare e che non avremo fatto. Gesù Cristo metterà davanti agli occhi del peccatore tutte le preghiere che non ha fatte, e che avrebbe potuto fare, tutti i Sacramenti che avrebbe potuto ricevere durante la sua vita. Quante volte di più, avrebbe potuto ricevere il suo Corpo ed il suo Sangue, se avesse voluto condurre una vita più santa! Gesù Cristo gli domanderà conto anche di tutte le volte che ebbe il pensiero di fare qualche buona azione e non l’ha fatta. Quante preghiere, quante Messe! Quante confessioni, quante penitenze! quanti atti di carità verso il prossimo! quante privazioni nei pasti, nelle visite! Quante visite di più al Ss. Sacramento nei giorni di festa! Ahimè! quante buone opere tralasciate delle quali saremo giudicati! Gesù Cristo domanderà anche conto di tutto il bene che i nostri buoni esempi avrebbero fatto fare agli altri. Ah! gran Dio! che ne sarà di noi?

II. — Ma, mi direte, che cosa dobbiamo dunque fare, per rassicurarci in un momento così disgraziato per chi avrà vissuto nel peccato, e senza pensare a placare la giustizia di Dio, che le sue colpe hanno sì grandemente irritata? Eccolo.

1° Dobbiamo rientrare in noi stessi, pensare seriamente che non abbiamo ancor fatto cosa che possa darci speranza per quel momento; e che tutti i nostri peccati sono scritti in un libro che il demonio presenterà a Dio affinché Egli ci giudichi, e conosca i nostri peccati anche i più nascosti.

2° Restituire, come Zaccheo, tutto ciò che non è nostro; altrimenti non potremo mai evitare l’inferno. Avere un gran dolore dei nostri peccati, piangerli come fece il santo re Davide, che pianse il suo peccato fino alla morte e non ne commise più. Umiliarsi profondamente davanti al buon Dio, ricevendo tutto ciò che Egli vorrà mandarci, non solo con sottomissione, ma con grande gioia: poiché non c’è via di mezzo: o piangere in questo mondo o piangere nell’altro, là dove le lagrime non servono a nulla, e la penitenza èsenza merito. Non dimenticarsi mai che nonsappiamo il giorno in cui saremo giudicati, e che se disgraziatamente siamo trovati in peccato, saremo perduti per tutta l’eternità. Che dobbiamo dunque concludere, F. M.? – Che siamo assolutamente ciechi; poiché esaminato bene tutto, nessuno potrebbe dire di esser pronto a comparire davanti a Gesù Cristo, e, malgrado questa certezza di non esser pronti, nessuno di noi farà un passo di più verso il buon Dio per assicurarsi una sentenza favorevole. Dio mio! quanto è cieco il peccatore! Ahimè! quanto è deplorevole la sua sorte! No, no, F. M., non viviamo più come insensati, poiché quando meno v i penseremo, Gesù Cristo batterà alla nostra porta. Beato chi non avrà atteso quel momento per prepararsi! Ciò che vi auguro…

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.