UN’ENCICLICA AL GIORNO TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNO: GREGORIO XVI – “INTER EA”

Eccoci qui a leggere l’ennesima Lettera Enciclica scritta da un Sommo Pontefice per protestare contro l’indebita appropriazione di beni ecclesiastici sottratti vilmente ad enti monastici e strutture cattoliche senza nessun valido motivo, se non quello della distruzione del culto divino che tanto fastidio provocava presso i settari dell’epoca, ed i loro burattini, i politici opportunamente pilotati e manovrati da empi burattinai servi del demonio. È la solita storia degli attacchi e delle persecuzioni, oggi ancor più in piena attuazione, che l’antico serpente, spodestato dalla venuta di Cristo e dalla istituzione della sua santa Chiesa, muove verso i seguaci fedeli Cristiani, ed in particolare nei confronti dei legittimi rappresentanti dell’Autorità apostolica e, quando possibile, direttamente verso il suo Capo, il Vicario di Cristo in terra. Attualmente il problema non si pone neanche più, perché i “grembiulini” hanno infiltrato e demolito dall’interno quasi tutto ciò che era possibile – e dalla base – per cui non c’è bisogno di farsi notare con azioni clamorose come all’epoca; il lavoro “perfetto” è stato già portato a termine il 26 ottobre del 1958, – con l’insediamento di un massone 33° al posto del Santo Padre canonicamente eletto (Simon Mago al posto di Simon Pietro!) – e da qui in poi il “serpentone maledetto”, tramite i suoi accoliti servi in talare o glergymen che si voglia,  sta vomitando un torrente di eresie e di abomini antidottrinali, antiliturgici, anticanonici, tutti miranti alla distruzione delle società e delle nazioni cattoliche, ed alla dannazione eterna delle singole anime. Leggiamo dunque questo breve documento anche per avere un’idea sull’inizio della “ruspa” diabolica che vorrebbe, si fieri potest, distruggere, eliminandola, la Chiesa di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato. Peccato per loro, che non abbiano messo in conto …

l’Ipsa conteret caput tuum!

Gregorio XVI

Inter ea

Tra i motivi che da tempo Ci rendono ansiosi e solleciti (mentre incombono i doveri del supremo apostolato) non occupano certamente l’ultimo posto i decreti promulgati da diversi governi di codeste regioni a danno dei conventi, di cui alcuni sono stati addirittura aboliti, dopo aver aggiudicato alla Repubblica i beni ad essi appartenenti o averli svenduti all’asta o averli temerariamente destinati ad altri usi. E accadde un fatto ancor più penoso per il nostro cuore: nel compiere, o piuttosto nel perpetrare, tali abusi, ebbero parte anche uomini cattolici, senza tenere in alcun conto i diritti dell’autorità ecclesiastica e di questa Santa Sede e disdegnando le pene e le censure che le Costituzioni Apostoliche e i Concili Ecumenici, soprattutto il Concilio Tridentino infliggono ipso facto a coloro che non si peritano di compiere tali azioni. Inoltre non è necessario spiegare a molti quanto gravemente si sia peccato contro la Religione e contro lo stesso interesse temporale dei popoli procedendo in tal modo. Nessuno infatti ignora quanto ovunque, e quanto soprattutto in Svizzera, siano grandi i meriti monastici, fondati sia sulla promozione del culto divino, sia sulla cura delle anime, sia sulla educazione della gioventù alla pietà e alle buone opere, sia infine sull’instancabile soccorso dei poveri con ogni genere di aiuto. Invero, Noi, non appena conoscemmo il fatto con grande sofferenza dell’animo, non indugiammo affatto nel protestare, attraverso il Nunzio Nostro e di questa Sede Apostolica, sostenendo l’inviolabilità dei monasteri, dei diritti e dei beni dei quali essi godono: inviolabilità peraltro sancita con pubblico patto. Tuttavia non poco sollievo al Nostro dolore recò il comportamento adottato da numerose amministrazioni di codesti villaggi che, ottimamente disposti verso la Religione, la Chiesa e le istituzioni monastiche, non solo si opposero tosto ad ogni funesta decisione, ma per di più, collegandosi nello zelo, non mancarono di resistere apertamente alla vendita dei beni spettanti a quelle istituzioni. Perciò non tralasciamo di compensare con meritate lodi la loro virtù, esortandole contemporaneamente a che, nel nome dell’avita devozione e fedeltà alla Chiesa e a questa Apostolica Sede, siano tenacemente coerenti col santo proposito e insistano con il più ardente zelo a favorire e a patrocinare la sacra causa. -Per la verità le richieste avanzate a Nostro nome non conseguirono lo stesso risultato presso le amministrazioni di altri villaggi, assiduamente impegnate (come è stato riferito) a condurre a termine l’intrapresa, scellerata azione contro le dimore religiose, i loro diritti e le loro proprietà. – Questa è stata la causa, Venerabili Fratelli, per la quale vorremmo rivolgerci a Voi con questa lettera. Pur non dubitando affatto, e anzi avendo appurato che Voi, in tale affare, non siete mai venuti meno ai doveri del vostro ministero, tuttavia, memori del compito che per ispirazione divina Ci induce a dirigere e ad infiammare i fratelli, perché siano tutelati i beni che sono di Dio e della Chiesa, manifestiamo più apertamente a Voi il Nostro pensiero circa la stessa gravissima questione. Pertanto, di nuovo riprovando e vivamente deplorando i predetti decreti promulgati dal potere laico per sopprimere costà non pochi monasteri e relative comunità religiose, richiamiamo alla memoria di ciascuno che le alienazioni di beni e di diritti ad essi pertinenti (sia avvenute finora, sia che avverranno in futuro) senza il consenso della Nostra autorità e della Santa Sede, sono da considerare nulle e vane al cospetto della Chiesa in base alle sanzioni canoniche; pertanto decretiamo che tali debbano essere tassativamente considerate. Di conseguenza sarà vostro compito rifiutare ad essi ogni aiuto o condiscendenza e insieme, con quella singolare prudenza per la quale siete tanto accreditati, avvertire sollecitamente coloro ai quali, in forza delle illegittime alienazioni suddette, siano pervenuti o stiano per pervenire quegli stessi beni, che nessuno di essi può con tranquilla coscienza conservare la proprietà ricevuta, né riceverla in seguito. D’altra parte viviamo nella ferma speranza che soprattutto i Cattolici che hanno cooperato a proporre e ad applicare i decreti più volte ricordati, esaminata attentamente la questione al cospetto di Dio, tosto recedano (come giova crederlo) dalla via temeraria che hanno imboccato. E più e più Ci affidiamo al Signore affinché voi, Venerabili Fratelli, vi dedichiate per parte vostra a questo scopo con tutto l’impegno di pazienza e di carità pastorale. – Infine, invocando dal Signore gran copia di aiuto celeste per voi tutti, e che Egli sia auspice del desiderato evento e testimone della Nostra paterna benevolenza, impartiamo amorosamente l’Apostolica Benedizione a ciascuno di voi, da trasmettere al gregge affidatovi.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 1 aprile 1842, anno dodicesimo del Nostro Pontificato.