GREGORIO XVII – IL MAGISTERO IMPEDITO: 3° Corso di Esercizi Spirituali (5)

S. S. GREGORIO XVII:IL MAGISTERO IMPEDITO:

III CORSO DI ESERCIZI SPIRITUALI (5)

[G. Siri: Esercizi Spirituali; Ed. Pro Civitate Christiana – Assisi, 1962]

IL NOSTRO ITINERARIO CON GESÙ’ CRISTO

5. Il Giudizio di Dio

È necessario parlare del giudizio di Dio. Abbiamo due giudizi: quello particolare, che segue alla morte di ciascun uomo, e quello universale, che riprende il giudizio di tutti gli uomini, di tutti i singoli, e lo riprende sul piano dell’umana famiglia e della storia. Siccome a noi interessa piuttosto conoscere il criterio del giudizio del Signore e siccome questo è lo stesso, sia che si tratti del giudizio particolare sia che si tratti del giudizio universale, possiamo porre la nostra attenzione piuttosto a questo. E così ci incontreremo un’altra volta con Gesù Cristo. – Prendiamo il cap. XXV dell’Evangelo di S. Matteo, versetto 31 e seguenti, dove si parla del giudizio universale. Gesù prospetta la scena ai suoi uditori: « Dio separerà i buoni dai cattivi come un pastore separa i capri dalle pecore. Metterà questi a sinistra e gli altri a destra, disposizione reale e disposizione simbolica. Dirà a quelli che sono a destra: Io ebbi fame e mi avete dato da mangiare; ebbi sete e mi avete dato da bere; fui ignudo e mi avete ricoperto; fui infermo, carcerato, e mi avete visitato. Quelli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo dato da mangiare, da bere, ricoperto, visitato? Risponderà il giudice: Quello che avete fatto a ciascuno di questi piccoli lo avete fatto a me! ». Queste ultime parole sono rivelatrici perché anzitutto rivelano il fine cristologico della carità. La si fa per Lui. E qui ritroviamo nuovamente l’asse, il filone dei nostri Esercizi. Vediamo le due leggi che ci vengono rivelate da questo tratto che riguarda il giudizio universale, ma che rivela un criterio valevole tanto per il giudizio universale come per il giudizio particolare. La prima legge è quella dell’alterità, ossia: Dio chiede agli uomini che si ricordino bene di non essere soli, e pertanto l’impegno della loro vita è perfettamente errato se pensano soltanto a sé stessi. Notate bene che il modo col quale si esprime N. S. Gesù Cristo nel giudizio universale, e che riflette pure quello del giudizio particolare, è quello di fare una selezione. Egli avrebbe potuto dire: Perché non siete stati chiari con voi stessi? Non è che Egli non voglia che non si sia chiari con noi stessi. Perché non siete stati sinceri con gli altri? Non è che Egli non voglia che non si sia sinceri con gli altri. Ha scelto questo punto, il che vuol dire che lo ritiene discriminante ed equilibrante l’uomo. È la legge dell’alterità: ci sono gli altri; e si sbaglia tutto quando si crede di essere soli e quando si agisce come se si fosse soli; e quando ci si diporta come se noi non dovessimo nulla agli altri. Agli altri si deve tutto. Gesù aveva detto, e più di una volta: « Ama il tuo prossimo come te stesso ». Gli altri pertanto, nel pensiero di N. S. Gesù Cristo, compaiono tanto quanto compariamo noi, cioè ciascun uomo sa che nella vita gli altri non hanno meno peso di quello che lui stesso ha di fronte a sé stesso. Questa è la legge. – Vi prego di osservare questa divina armonia della legge. L’uomo non si è creato da sé, l’ha creato Iddio. Ed ecco la prima alterità, fondamentale di tutto. Pertanto non ha niente di cui possa dire: questo è soltanto mio. No, in un senso proprio, definitivo e originale, non lo può dire. Creato da Dio, messo in questo mondo, lasciando sempre al di sopra delle cause seconde la causa prima, l’uomo ha ricevuto tutto: la vita da suo padre e da sua madre, e poi riceve continuamente tutto dalla società. Guardate. Ma ci vuol tanto a capire certe cose? Credo che nessuno di noi abbia coltivato le materie prime delle quali è vestito, abbia filato i tessuti dei quali è ricoperto. Capisco: ci può essere qualche lavoro fatto così, da mani femminili, ma si tratta di qualche cosa di secondario. Nessuno di noi che siamo qui dentro va a seminare il grano per farsi il pane, nessuno di noi va a coltivare le uve dalle quali viene spremuto il vino. E così in tutto. Nessuno di noi è stato l’autore dei libri e degli altri strumenti di cultura coi quali si è fatto meno ignorante o addirittura sapiente. Abbiamo ricevuto da tutti. E questa legge dell’alteritas è tanto evidente, è talmente quotidiana, è talmente grande e universale, si afferma talmente in tutto, che non la vediamo più. Ecco, succede di questa legge quello che succede un po’ del cielo che, siccome l’abbiamo sopra la testa, è abituale, ai più non dice niente. E così questa legge, proprio perché è universale. Ma essa ricorda a noi che se nella vita nostra non facciamo posto agli altri, tanto quanto almeno ne facciamo a noi stessi, noi sbagliamo tutto. Ecco la prima legge sulla quale Nostro Signore Gesù Cristo dice chiaro che saremo giudicati. – Poi c’è l’altra legge che viene rivelata da queste parole, specialmente le ultime: « Quello che avete fatto a uno di questi piccoli, l’avete fatto a me ». E l’altra legge consiste nel carattere medio che rispetto a Dio assumono tutte le cose. Carattere medio che ha infinite e universali conseguenze. Osserviamo bene. Gesù Cristo cosa dice qui? Cerchiamo di tradurre in modo meno stringato e più accessibile alla nostra povera intelligenza. Gesù Cristo dice questo: guardate che per amare me, voi dovete amare gli altri. Il vostro amore per me non è autentico, anzi sostanzialmente finisce col non esistere, se voi non amate gli altri. Questo è quanto dice Gesù Cristo. E mentre dice questo, fa intendere un’altra cosa: che amando gli altri, noi possiamo ottenere per questa via quello che altrimenti non potremmo mai ottenere, perché a Dio noi non possiamo dare nulla. Invece arrivando all’amore di Dio amando gli altri, i nostri fratelli, è come se noi a Dio potessimo dare tutto: in effetti è la stessa cosa. Cioè a Dio bisogna arrivare attraverso gli altri. È qui che si ha la spiegazione vera delle parole di Gesù: « Il massimo comandamento è questo: ama Dio con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze; e il secondo è simile al primo: ama il tuo prossimo come te stesso ». È  qui che si capisce perché Egli abbia sempre insistentemente, sistematicamente unito i due oggetti dello stesso amore: Dio e il prossimo. Vi prego di riflettere: che cosa noi potremmo dare a Dio direttamente, che a lui serva? Nulla. perché Dio è perfetto, è infinito, non patisce d’aggiunte, non è passivo, e pertanto non riceve. Essendoci tra noi e Lui i fratelli, noi possiamo dare a Dio tutto, ed è veramente come se lo avessimo fatto; a Lui. Perché è come se l’avessimo veramente fatto a Lui? Perché sono sue creature e, possiamo aggiungere, sono suoi redenti, ricomprati, creati una seconda volta, sono suoi, Egli li ama. E allora quello che è fatto a loro, per il rapporto di creazione e di redenzione, è fatto a Lui. Succede anche in questo mondo: chi fa bene ai nostri amici, fa bene a noi; chi fa bene ai figli, fa bene ai genitori e viceversa. Ma questi rapporti, che hanno un carattere certo sostanziale ma in termini umani, tra gli uomini, e che danno un certo carattere almedio, questi rapporti sono infinitamente più grandi quando c’entra come termine Iddio. E allora qui la funzione del medio che hanno le creature rispetto a Lui, per noi è chiaro che viene enormemente innalzata e rafforzata. E così in tutto. Ma vedete come le ragioni si allungano e vanno all’infinito! È facile amare Iddio quando non ci sono le complicazioni di qualcheduno che sta in mezzo. Sarà, non dico facile ma necessario, quando lo vedremo, Dio, perché quando noi saremo con Dio un giorno nell’eternità, lo dovremo amare di necessità. Lo ameremo liberamente ma nello stesso tempo ne saremo necessitati, perché non si può non amare Iddio. Quaggiù lo si può dimenticare: di là non lo potremo dimenticare, perché non ci saranno le cose distraenti, e allora potremo veramente dare forza al nostro atto d’amore. Questa legge è costante: guardate com’è costante questa legge del medio e che spiega tante cose dell’essere e della vita, la obbedienza per esempio. Che carattere ha la obbedienza? Chi di noi si sentirebbe di disobbedire a Dio, se Dio venisse a comandare? Questo non ci passerebbe neppure per l’anticamera del cervello; non ci se ne affaccerebbe neppure la più lontana ipotesi. Ma quanto fosse esclusa la ipotesi del poter non obbedire, altrettanto diminuirebbe il merito. Il merito dell’obbedienza è questo: che si obbedisce a Dio mentre Dio non lo si vede, mentre dinanzi a noi abbiamo la faccia degli altri, bella o brutta, simpatica o antipatica che sia, meritevole o immeritevole che sia, ragguardevole o non ragguardevole che sia, non ha importanza; sta in questo: che noi obbediamo a messaggeri che non portano affatto sul volto il suggello divino perché, nella migliore delle ipotesi, sono uomini come noi. Oppure saranno leggi, ma le leggi sono emanazione degli uomini, saranno leggi scritte, regolamenti, non ha importanza. Se non ci fosse questo medio, a che cosa varrebbe la nostra obbedienza? – Quelli che pretendono di obbedire soltanto agli ordini di Dio, non hanno capito nulla. Dio ha messo tutte queste cose in mezzo come si aumenta l’avvolgibile per aumentare la resistenza, per moltiplicare la capacità delle nostre azioni. Lo capite che cosa ci sta a fare il medio, legge fondamentale della vita? Vedete come ritorna a proposito del giudizio, sia particolare che universale. Rispettare Iddio: già! Bel merito trovarsi al cospetto dell’Eterno e fargli una riverenza. Ma bisogna rispettare tutto in questo mondo per rispettare Iddio. È la legge del medio cui honor = amor. Voi vedete che c ‘è un certo vento, che spira dal deserto, vento inaridente, che pare voglia bruciare autorità, distinzioni, superiorità, tutto! Voi capite che è contro Dio questo vento, perché distrugge il medio. Bella pretesa: ci sono io e poi c’è Iddio. No! Per te Iddio non c’è, se non c’è quello che sta in mezzo. Ce l’ha messo Iddio. Voi capite la ragione per cui la Chiesa ha sempre condannato sistematicamente tutti questi movimenti misticoidi. Siamo in Assisi e ad Assisi si può ricordare la prima origine della storia di coloro che diventarono poi i Fraticelli, che finirono col fare alleanza anche col diavolo, non solo con l’Imperatore contro il Papa, con Filippo il Bello contro il Papa, ma perfino col diavolo. E oggi ci sono dei movimenti risorgenti. Mettiamoci subito in rapporto con Dio, dicono i Pentecostali, come se avessero il filo diretto. No! È la legge del medio, che è affermata da Gesù Cristo. Qui Egli lo dice per il giudizio. Egli accetta, ma quello che è andato sul medio. È per questo che Gesù Cristo ha messo la Chiesa tra noi e Lui. Molti non la vogliono, ma è legge di tutto. O si passa di là, o non si arriva a Lui. Ecco la radice per cui la Chiesa est societas necessaria. – Comodo, vero, aver da fare soltanto col Perfettissimo, con l’Eterno, con l’Infinito, che non ha nessun lineamento di antipatia sulla faccia, perché è il principio della Verità, è il principio del Bene, è il principio della Bellezza, come è il principio dell’Essere e di ogni distinzione. È comodo. No, appunto perché è comodo, vale poco, appunto perché sarebbe facilissimo, appunto perché priverebbe noi, poveri uomini, del valore di essere qualche cosa, appunto perché non ci sarebbe più il merito. La legge del medio la vedete riflessa nel giudizio universale? Non stiamo a badare a questo vento che spira dal deserto, vento che brucia, che fa disseccare tutta la vegetazione, vento che non dà alcun respiro alle erbe, alle piante, agli alberi, che liscia anche le pietre e le lascia, esse sole, così aride, bruciate, brucianti, abbaglianti, e fa il deserto. Stiamoci attenti! C’è la legge del medio. Bisogna accettarla, perché così vuole Iddio. E’ facile — e qui s’introduce il discorso alla fede e alla fede nell’Eucaristia — è facile aderire a Dio quando lo si vede. Ma la grandezza sta nell’aderire a Lui quando non lo si vede, ossia quando c’è il medio. La vedete la legge del medio che entra a dare la ragione della fede. Sarebbe facile tendere le mani verso di Lui quando — lasciatemi parlare antropomorficamente — lo si potesse palpare. Dio non è materia, non si palperà mai con le mani, ma per esprimerci diciamo così. Invece è grande quando si aderisce a Lui e non lo si può palpare. È il medio quello che aumenta tutto. Il medio è come l’esponente nei numeri, è quello che alza di potenza. Questa è la legge che ci viene rivelata. È quella che ci spiega perché dobbiamo essere umili coi nostri fratelli. Tutti capiscono che bisogna essere umili con Dio. Siamo fatti in modo tale che se qualcheduno fa paura, ci precipitiamo tutti nella polvere o quasi tutti; immaginatevi che cosa costerebbe essere umili davanti a Dio! Se c’è qualche manifestazione esterna, piccolissima dinanzi all’Eterno, grandissima per noi — come quella che ebbe il popolo d’Israele quando Dio promulgò la legge sul monte Sinai, che si pigliarono una tale paura da dire: « Per carità, Signore, non manifestarti mai più, altrimenti moriamo tutti » — è facile essere umili con Dio quando si è direttamente con Lui. Ma lo capite che l’umiltà acquista concretezza e valore quando è dinanzi agli altri? Dinanzi a coloro che non la meritano, questo è il bello! Allora si capisce perché si debbano amare coloro che non lo meritano, non soltanto coloro che lo meritano. Gesù un giorno l’ha detto chiaro e tondo: « Se salutate soltanto quelli che vi salutano, che cosa fate di diverso dai pagani? ». Allora si capisce perché a nessuno di coloro ai quali dobbiamo umiltà, rispetto, obbedienza, noi dobbiamo chiedere il loro valore, perché non è per il loro valore che noi facciamo questo. È perché essi sono un medio tra noi e Dio. Ed ecco come tutta la vita si dispiega con chiarezza. La legge del medio guardate come ci riporta all’Eucaristia! Perché ci spiega come mai, rimanendo Gesù qui in Corpo Sangue Anima e Divinità, noi non lo possiamo vedere con gli occhi. È per fortuna nostra che non lo possiamo vedere con gli occhi. Intanto se vedessimo qualche cosa con gli occhi, moriremmo subito. E sarebbe finita col rimanente ogni possibilità di merito, perché noi siamo adeguati a quest’ordine, per cui anche nel campo puramente materiale, tridimensionale, non siamo in grado di sopportare nulla che lo ecceda. Si rimarrebbe immediatamente schiacciati sotto. Tutti i fenomeni della mistica, fenomeni autentici e reali, non dei matti o degli isterici, parlo della mistica vera, stanno a dare la dimostrazione, che del resto non è neanche necessaria perché troppo ovvia la ragione, che se qualche cosa supera, schiaccia. Allora noi proprio qui, mentre stiamo discorrendo del giudizio di Dio e ci si rivela in questo giudizio di Dio la legge del medio, comprendiamo perché ci sono i veli eucaristici. Sono un atto d’amore anch’essi per noi. Quando Gesù fu in terra vestì sé stesso con l’umanità e un’umanità come la nostra, assunse i cosiddetti difetti comuni dell’umanità, cioè quelli della natura, quelli legati al divenire biologico, al metabolismo, quelli legati alla situazione strutturale della psiche umana, e di questi evitò soltanto quello che era antecedente o conseguente al peccato, nient’altro. Egli vestì sé stesso di tutta questa realtà, che era la realtà della terra, la realtà della storia, la realtà della psicologia comune, e pertanto poté passare, per molti, come un uomo assolutamente comune, persino come un nemico. E per altri poté passare come Colui che, a tratti, rivelava qualche cosa dallo sguardo, dall’atteggiamento, dal comportamento, dalla vibrazione della voce. Quella volta in cui Gesù Cristo lasciò trasparire qualche cosa di più, e fu sul Monte Tabor, quei tre che erano con Lui non andarono lungi dal perdere anche l’uso della ragione. Capite la legge del medio che vien fuori, e come questa legge serva a riflettere una luce sull’Eucaristia? Però ritorniamo al punto da cui siamo partiti. E per il momento finiamo la nostra meditazione. Voi, amando loro, avete amato me. La ragione finalistica della carità è amare Dio in Cristo, perché Dio lo troviamo in Cristo. Voi vedete che qui non c’è posto per un amore cerebrale del genere umano, com’è quello proclamato dagli umanitaristi. Basta arrivare alla corruzione della tomba per capire che scappa tutta la poesia per amare gli uomini per sé soli, se non c’è una ragione che sta al di là degli uomini. Basta arrivare alla costatazione di un atto d’egoismo da parte degli altri perché, ancora una volta, scappi tutta la poesia per amare gli uomini. Difatti, se non è per il motivo divino, non si resiste ad amare nessuno. Sì, gli impulsi del sangue. Certo. Ma gli impulsi del sangue mandano spesso una buona parte dei genitori al ricovero. Eccovelo, l’impulso del sangue. No. È Lui il motivo, Gesù Cristo. Guardate bene quali sono i motivi dominanti di tutte le cose. Noi li vediamo nel criterio che ci è stato rivelato per il giudizio di Dio.

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Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.