SALMI BIBLICI: “INCLINA, DOMINE, AUREM TUAM” (LXXXV)

Salmo 85: “Inclina, Domine, aurem tuam”

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 85

Oratio ipsi David.

[1] Inclina, Domine, aurem tuam

et exaudi me, quoniam inops et pauper sum ego.

[2] Custodi animam meam, quoniam sanctus sum; salvum fac servum tuum, Deus meus, sperantem in te.

[3] Miserere mei, Domine, quoniam ad te clamavi tota die;

[4] lætifica animam servi tui, quoniam ad te, Domine, animam meam levavi.

[5] Quoniam tu, Domine, suavis et mitis, et multæ misericordiæ omnibus invocantibus te.

[6] Auribus percipe, Domine, orationem meam, et intende voci deprecationis meæ .

[7] In die tribulationis meæ clamavi ad te, quia exaudisti me.

[8] Non est similis tui in diis, Domine, et non est secundum opera tua.

[9] Omnes gentes quascumque fecisti venient, et adorabunt coram te, Domine, et glorificabunt nomen tuum.

[10] Quoniam magnus es tu, et faciens mirabilia; tu es Deus solus.

[11] Deduc me, Domine, in via tua, et ingrediar in veritate tua; lætetur cor meum, ut timeat nomen tuum.

[12] Confitebor tibi, Domine Deus meus, in toto corde meo, et glorificabo nomen tuum in æternum;

[13] quia misericordia tua magna est super me, et eruisti animam meam ex inferno inferiori.

[14] Deus, iniqui insurrexerunt super me, et synagoga potentium quæsierunt animam meam, et non proposuerunt te in conspectu suo.

[15] Et tu, Domine Deus, miserator et misericors; patiens, et multae misericordiæ, et verax.

[16] Respice in me, et miserere mei; da imperium tuum puero tuo, et salvum fac filium ancillæ tuæ.

[17] Fac mecum signum in bonum, ut videant qui oderunt me, et confundantur, quoniam tu, Domine, adjuvisti me, et consolatus es me.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO LXXXV.

Davide nelle varie tribolazioni ricorre a Dio, fonte di vera consolazione, con umile preghiera.

Orazione dello stesso David.

1. Porgi, o Signore, le tue orecchie, ed esaudiscimi; perocché afflitto son io e in povertà.

2. Custodisci l’anima mia, perché io sono a te consacrata, salva il tuo servo, o Dio il quale in te spera.

3. Abbi pietà di me, o Signore, perché tutto il giorno ho alzate a te le mie grida:

4. consola l’anima del tuo servo, perché a te, o Signore, ho innalzata l’anima mia.

5. Perocchè soave se’ tu, o Signore, e benigno e di molti misericordia per quei che t’invocano.

6. Odi propizio, o Dio, la mia orazione, e presta attenzione alta voce delle mie suppliche.

7. A te alzai le mie grida nel giorno di mia tribolazione, perché tu mi esaudisci.

8. Niuno è simile a te tra gli dei, o Signore, e niuno, che imitar possa le opere tue.

9. Le nazioni tutte, quante ne sono state fatte da te,  varranno, e te adoreranno, o Signore, e daran gloria al nome tuo.

10. Perché tu se’ grande, e fai opere meravigliose; tu solo se’ Dio.

11. Conducimi nella tua via, o Signore, e io camminerò nella tua verità si rallegri il mio cuore in temendo il tuo nome.

12. A te io darò laude, o Signore Dio mio, con tutto il mio cuore: e in eterno glorificherò il nome tuo;

13. Perocchè grande ell’è la misericordia tua sopra di me, e l’anima mia hai tratta fuori dell’inferno profondo.

14. O Dio, gl’iniqui han cospirato contro di me, e una turba di potenti ha assalito l’anima mia, ed eglino non si figurano, che tu sii ad essi presente.

15. Ma tu, Signore Dio buono, e benefico, e paziente, e di molta misericordia, e verace.

16. Volgi il tuo sguardo a me, e abbi di me pietà, dà il tuo impero al tuo servo, e salva il figliuolo di tua ancella.

17. Fa un segno buono per me, affinché color che mi odiano, veggano per loro come tu, o Signore, mi hai dato aiuto, e mi hai consolato.

Sommario analitico

Davide, perseguitato da Saul, rappresenta qui Gesù-Cristo che parla tanto nel suo Nome, che a nome del suo Corpo mistico, il giusto che si mette sotto la protezione del cielo, soprattutto in tempi di avversità.

I. Egli domanda a Dio di esaudire la sua preghiera.

1° Il primo motivo è tratto da se stesso: a) egli è sprovvisto dei beni di fortuna (1); b) è compartecipe dei beni dell’anima, la grazia, una ferma speranza, il fervore e la costanza della preghiera, un’anima elevata al di sopra di tutte le cose della terra (2-4); 2° Il secondo motivo è tratto da Dio, a) la cui clemenza è piena di dolcezza e di bontà e la cui misericordia è grande su tutti coloro che Lo invocano nella tribolazione (5-7); b) la cui eccellenza è incomparabile. – Egli sorpassa tutti gli esseri con la sua essenza. – Nessuno può essere a Lui comparato per potenza. – Egli è mirabile per la conversione di tutte le nazioni, grande per maestà, incomparabile per potenza, ed è il sovrano Padrone e Signore dell’universo (8-10).

II. – Egli fa conoscere l’oggetto della sua preghiera; chiede a Dio:

1° di condurlo e dirigerlo nella sua via, dargli la gioia del cuore e il timore del suo nome; promette di rendere grazie a Dio con tutto il suo cuore, e di glorificare eternamente il suo Nome a causa della misericordia che gli ha fatto sentire in tutte le circostanze della sua vita e dopo la sua morte (12, 13);

2° di aiutarlo e sostenerlo nel momento della morte, a) a causa dei suoi nemici che si levano ingiustamente contro di lui cercando di togliergli la vita e nella loro malizia allontanarlo dagli occhi di Dio (14); b) a causa della misericordia e la veracità di Dio (15);

3° di glorificarlo dopo la sua morte, a) dandogli la potenza e l’impero (16); b) colpendo con il terrore i suoi nemici con lo spettacolo della sua resurrezione e confondendoli con il potente soccorso che gli ha dato (17). 

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-9.

ff. 1. – Il Profeta comincia la sua preghiera presentando la grandezza di Dio e la propria bassezza. È questa la migliore delle preghiera, « perché la preghiera di colui che si umilia, penetrerà i cieli » (Eccli. XXXIII). Dio abbasserà le sue orecchie se non alzate orgogliosamente la testa; perché Egli si avvicina a chi è nell’umiltà, e si allontana da chi è elevato. Dio abbassa dunque le sue orecchie verso di noi. In effetti, Egli è in alto e noi siamo in basso; Egli è al culmine della grandezza, noi siamo nella bassezza, ma non siamo destinati all’abbandono. Egli abbassa il suo orecchio verso il ricco; lo inclina verso il povero, verso colui che manca di tutto, vale a dire verso colui che è umile, che confessa i suoi peccati e che ha bisogno della misericordia divina; ma non si inclina verso colui che è sazio, che si eleva e si vanta come se non avesse bisogno di niente (S. Agost.).

ff. 2. – «Custodite l’anima mia, perché io sono santo ». Io non so chi potrebbe pronunciare queste parole: « … perché Io sono santo », se non chi era senza peccato nel mondo; … che non ha commesso nulla, ma che ha rimesso i peccati di tutti .. Ma se io qui riconosco la voce del Cristo, devo dunque separare la mia dalla sua? No, perché Egli parla senza che dovremmo separarla dal suo corpo, quando si esprime in questo modo. Io oserei dirvi anche: « Perché io sono santo ». Se io volessi dire santo, come potrei santificare me stesso non avendo bisogno di essere santificato, stante queste parole « … siate santo, perché Io sono santo » (Lev. XIX, 2), in questo senso il Corpo di Cristo osa dire con il suo Capo, ed alle dipendenze del suo Capo: « … perché io sono santo ». Questo Corpo ha ricevuto in effetti la grazia della santificazione, la grazia del Battesimo e della remissione dai peccati. « … Ecco ciò che siete stato », dice l’Apostolo, dopo avere enumerato diversi peccati, « ma voi siete stati lavati, siete stati santificati » (I Cor., VI, 11). Se dunque l’Apostolo dice che i fedeli sono stati santificati, ogni fedele può dire: « io sono santo ». Non è questo l’orgoglio di un uomo che si eleva, bensì la confessione di un uomo che non è ingrato (S. Agost.). 

ff. 3, 4. – Due sono le qualità principali della preghiera: l’ardore della preghiera, « Io ho gridato », e la sua perseveranza, « … tutto il giorno ». – Riempite di gioia l’anima del vostro servo, perché io l’ho elevata verso di Voi. In effetti, essa era sulla terra, e sulla terra non sentiva che amarezza. Poiché non venga a disseccarsi nella sua amarezza e perdere tutta la dolcezza della vostra grazia, rallegratevi in Voi stesso,  perché solo Voi siete gioia e dolcezza, il mondo è pieno di amarezza. Certo il Cristo ha buone ragioni nell’avvertire i suoi membri, nel tenere elevati i loro cuori. Che lo ascoltino dunque e gli obbediscano, che elevino verso di Lui tutto ciò che si soffre sulla terra; perché il cuore sulla terra non potrebbe marcire quando si elevasse verso Dio. Se avete del grano depositato a casa vostra, in qualche locale sotterraneo, per impedire che marcisca, lo farete mettere nei locali più elevati della casa. Voi cambiereste posto al vostro grano, e lascereste il vostro cuore marcire sulla terra?  Voi che mettereste il vostro grano nel locale più alto della vostra casa, elevate dunque ugualmente il vostro cuore al cielo. E come posso, vi chiederete? Quali corde, quali macchine, quali scale sarebbero sufficienti? I gradini sono i vostri sentimenti; il cammino è la vostra volontà. Con la carità voi salite, con la negligenza scendete. Restando sulla terra, voi siete in cielo se amate Dio: il cuore non si eleva allo stesso modo del corpo. Il corpo per elevarsi, cambia posto, il cuore per elevarsi, cambia volontà: « io ho elevato la mia anima a Voi ». (S. Agost.).

ff. 5. – « Perché Voi siete dolce e soave ». Oppresso dal disgusto, per così dire, in ragione dell’amarezza delle cose della terra, egli ha desiderato qualche raddolcimento, ha cercato la fonte della dolcezza e non l’ha trovata sulla terra, perché, da qualunque parte si volga, trova scandali, soggetti di terrore, afflizioni, tentazioni. – In quale uomo si può trovare una intera sicurezza? Da chi si può  ricevere una gioia certa? Ciò che non trovava in se stesso, come trovarlo in un altro? … Di conseguenza, ovunque si volga, l’uomo trova amarezza nelle cose della terra, e non c’è per lui alcun raddolcimento se non si eleva a Dio (S. Agost.). –  « Perché siete così misericordioso con coloro che vi invocano », cosa vuol dire ciò che noi leggiamo in diversi passi della Scrittura?  « … essi invocheranno ed Io non li esaudirò? » (Prov. I, 28) se non è qualcuno di coloro che invocano, ma non invocano Dio? Di essi è detto: « Essi non hanno invocato Dio » (Ps. LII, 6). Essi invocano, ma non invocano Dio. Voi invocate tutto ciò che amate; voi invocate tutto ciò che volete venga a voi. Ora, se invocate Dio perché vi arrivi una somma di denaro, una eredità, una dignità del mondo, invocate realmente questi beni che voi volete veder venire a voi, e si domanda a Dio, non di esaudire dei giusti desideri, ma di venire in aiuto alle vostre cupidigie (S. Agost.).

ff. 6. 7. – Quale ardente desiderio in questa preghiera: « Signore fate entrare profondamente la mia preghiera nelle vostre orecchie; » cioè che la preghiera mia non esca dalle vostra orecchie; fatela penetrare, sprofondatela nelle vostre orecchie. Come mai il profeta ha questo pensiero di far penetrare la sua preghiera nelle orecchie di Dio? Dio risponde e ci dica: volete che la vostra preghiera penetri nelle mie orecchie? Fate penetrare la mia legge nel vostro cuore! – La causa per la quale mi avete esaudito è che nel giorno della mia tribolazione io « ho gridato verso di voi ». Poco innanzi il profeta aveva detto: io ho gridato tutto il giorno, ho sofferto la tribolazione tutto il giorno. Che nessun Cristiano dica dunque che c’è un solo giorno nel quale non abbia subito alcuna tribolazione. « Tutto il giorno » vuol dire in ogni tempo. Tutto il giorno è nella tribolazione. Che dunque, si soffre la tribolazione anche quando tutto per noi va bene? Si, in ogni tempo, si soffre la tribolazione. Da dove viene la tribolazione? Perché « finché noi siamo sottomessi al nostro corpo, noi siamo esiliati lontano da Dio … » Colui al quale l’esilio è dolce, non ama la sua patria: se la patria gli è dolce, l’esilio gli è amaro, e se l’esilio gli è amaro, egli è tutto il giorno nella tribolazione (S. Agost.).

ff. 8. – Qualunque cosa l’uomo possa inventare, ciò che è stato fatto non è simile a colui che l’ha fatto. Ora, eccetto Io, tutto ciò che esiste in natura è stata fatta da Dio. E chi potrà mai concepire la distanza tra il Creatore e ciò che ha creato? Dio è ineffabile; noi diremmo più facilmente ciò che non è, che ciò che è … Voi domandate ciò che è? … E ciò che l’occhio non vede, ciò che l’orecchio non ha inteso, ciò che non è salito nel cuore dell’uomo (I Cor. II, 9), – (S. Agost.).

ff. 9, 10. – Questa è la predizione che annuncia la fondazione della Chiesa; tal predizione è in parte compiuta, e continua a compiersi tutti i giorni, con la conversione alla fede delle Nazioni più remote. – Le Nazioni convertite « renderanno grazie al nome di Dio » mentre Cristiani pervertiti disonorano questo santo nome con le loro empietà e bestemmie (Aug.).

II. — 11-17.

ff. 11, 12. – Il Profeta chiede di essere condotto nella via di Dio e non nella propria via, nella verità di Dio e non nelle illusioni del proprio spirito. – « Conducetemi Signore, nella vostra via. » Io già sono nella vostra via, ma ho bisogno di essere condotto da Voi. « Ed io camminerò nella vostra verità. » se Voi mi condurrete io non errerò più, se Voi mi abbandonerete a me stesso, io sarò indotto in errore. Pregatelo dunque di non abbandonarvi, ma al contrario, di condurvi al fine, avvertendovi costantemente e dandovi costantemente la mano. Perché Dio, dando il suo Cristo, dà la sua mano, e dando la sua mano, dà il suo Cristo. Egli conduce fino alla via che conduce al suo Cristo, Egli conduce alla sua via, conducendo al suo Cristo. Ora il Cristo è la verità. « Che il mio cuore sia colmo di gioia perché teme il vostro Nome. » Il timore è dunque compatibile con la gioia. E come v’è gioia se vi è timore? Il timore ordinariamente è qualcosa che si ama? Verrà un giorno in cui la gioia sarà esente dal timore, ma ora la gioia è mescolata al timore. In effetti sulla terra non c’è ancora piena sicurezza, né gioia perfetta. Se non abbiamo alcuna gioia, cadiamo nel fallimento; se la nostra sicurezza è intera, tutti ci diamo a funesti trasporti. Dio espanda dunque la sua gioia su di noi e ci ispiri il suo timore al fine di condurci con la dolcezza della gioia, al giorno della sicurezza. Dandoci il timore, preverrà ogni trasporto cattivo ed ogni allontanamento dalle via (S. Agost.). – « Il timore del Signore è la sua gloria, ed il trionfo, una fonte di gioia ed una corona di allegria. Il timore del Signore farà gioire il cuore, esso darà la gioia, l’allegria  e la lunghezza dei giorni » (Eccli, I, 12). Alla domanda si fa succedere l’azione di grazia, perché nulla è più utile per ottenere nuovi benefici, che si mostrino riconoscenti  coloro che li hanno ricevuti.

ff. 13. – Tale è la misericordia divina che noi dobbiamo misurare con la distesa dei mali dell’inferno dai quali essa ci libera, e con la grandezza dei beni eterni ai quali essa ci prepara. – Se un riprovato venisse tratto fuori dall’inferno e ristabilito nella via delle buone opere e del merito, con quel sentimento si occuperebbe di questo versetto, in cui il Profeta dice che la misericordia del Signore è infinita al suo riguardo, perché lo ha tratto dal fondo dell’inferno! Io non posso dire e neanche concepire ciò che farebbe per testimoniare a Dio la sua riconoscenza. È da presumere che la sua vita non sarebbe che un tessuto di azioni di grazie, e che niente potrebbe distrarlo da questo santo esercizio. Perché? Perché egli avrebbe sperimentato il più grande dei mali, che è la riprovazione; perché si ricorderebbe perpetuamente delle fiamme divoranti da cui sarebbe stato liberato. Quando l’uomo ha meritato l’inferno, e che, per effetto della misericordia divina, e stato ristabilito nella grazia, non dovrebbe dire anche come il Profeta: Signore, io vi renderò eterne azioni di grazie, perché la vostra misericordia mi ha liberato dall’abisso in cui i miei crimini mi avevano sprofondato? Occorre dunque che la nostra fede imperi nel nostro spirito più  di quanto non sarebbe con la prova della dannazione? Siamo sicuri dell’esistenza del luogo di tormenti più di quanto non lo fossero il ricco epulone o l’apostolo traditore? La parola di Gesù-Cristo non è sufficiente a convincerci? (Berthier).  

ff. 14, 15. – È sufficiente essere giusto per avere i malvagi contro di sé. Basta levarsi contro il vizio, perché coloro che lo amano si levano contro il giusto. – Ma soprattutto, attaccare il vizio nei potenti, è dar loro l’occasione di cercare di perderci. Di cosa non è capace colui che non ha il timore di Dio davanti agli occhi? In questo versetto, il salmista oppone gli attributi di Dio alla malvagità dei persecutori, per accelerare il soccorso di cui ha bisogno. Secondo la forza del testo, il primo di questi attributi è la tenerezza, il secondo la benevolenza, il terzo la lentezza nel punire, il quarto è la misericordia, il quinto è la fedeltà.

ff. 16. – La prova di questa dolcezza, di questa longanimità, è soprattutto la pazienza di Dio nel tollerare preghiere così imperfette come le nostre. San Agostino stabilisce qui un dialogo pieno di fiducia da una parte, ed una tenerezza misericordiosa dall’altra, tra l’anima ed il Signore. – « … Mio Dio, siate la mia gioia, perché mi sono elevato a Voi finché ho potuto, per quanto mi avete dato di forza, per quanto ho potuto conservare le mie fuggitive potenze. » – Ma voi avete dimenticato, riprende il Signore, quante volte nelle vostre preghiere, siete stato distratto da mille pensieri vani e superflui? Forse appena una volta la vostra preghiera è stata fissa e stabile. E l’anima continua: … è vero o mio Dio, ma Voi siete soave e dolce: la vostra dolcezza mi tollera. Io sono malato e fluisco come l’acqua, guaritemi, ed io sarò fermo e stabile; e nell’attesa, Voi mi tollerate perché siete soave e dolce, e pieno di misericordia. Voi non avete solo misericordia, ne siete pieno, i nostri peccati si moltiplicano, e le vostre misericordie si moltiplicano nello stesso tempo.

ff. 17. – Nessuno cerca consolazione se non è nella miseria. Voi non volete consolazione? Dite che siete felice. Allora voi ascolterete queste parole: « … il mio popolo, coloro che dicono che voi siete felici, vi inducono in errore e turbano i sentieri ove camminano i vostri piedi. » (Isaia III, 12). L’Apostolo S. Giacomo usa lo stesso linguaggio: « Gemete – egli dice – e piangete; che il vostro riso si muti in lutto » (Giac. IV, 9). Le Scrittore parlerebbero senza sicurezza? Ma questa regione è quella degli scandali, delle tentazioni e di tutte le miserie, affinché noi gemiamo quaggiù, mentre noi meritiamo di rallegrarci in cielo e dire: « Voi avete liberato i miei occhi dalle lacrime ed i miei piedi dalla caduta; camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi (Ps. CXIV, 8, 9). Questa regione è quella dei morti. La regione dei morti passa; la regione dei vivi arriva (S. Agost.).

GREGORIO XVII – IL MAGISTERO IMPEDITO: 3° Corso di Esercizi Spirituali (5)

S. S. GREGORIO XVII:IL MAGISTERO IMPEDITO:

III CORSO DI ESERCIZI SPIRITUALI (5)

[G. Siri: Esercizi Spirituali; Ed. Pro Civitate Christiana – Assisi, 1962]

IL NOSTRO ITINERARIO CON GESÙ’ CRISTO

5. Il Giudizio di Dio

È necessario parlare del giudizio di Dio. Abbiamo due giudizi: quello particolare, che segue alla morte di ciascun uomo, e quello universale, che riprende il giudizio di tutti gli uomini, di tutti i singoli, e lo riprende sul piano dell’umana famiglia e della storia. Siccome a noi interessa piuttosto conoscere il criterio del giudizio del Signore e siccome questo è lo stesso, sia che si tratti del giudizio particolare sia che si tratti del giudizio universale, possiamo porre la nostra attenzione piuttosto a questo. E così ci incontreremo un’altra volta con Gesù Cristo. – Prendiamo il cap. XXV dell’Evangelo di S. Matteo, versetto 31 e seguenti, dove si parla del giudizio universale. Gesù prospetta la scena ai suoi uditori: « Dio separerà i buoni dai cattivi come un pastore separa i capri dalle pecore. Metterà questi a sinistra e gli altri a destra, disposizione reale e disposizione simbolica. Dirà a quelli che sono a destra: Io ebbi fame e mi avete dato da mangiare; ebbi sete e mi avete dato da bere; fui ignudo e mi avete ricoperto; fui infermo, carcerato, e mi avete visitato. Quelli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo dato da mangiare, da bere, ricoperto, visitato? Risponderà il giudice: Quello che avete fatto a ciascuno di questi piccoli lo avete fatto a me! ». Queste ultime parole sono rivelatrici perché anzitutto rivelano il fine cristologico della carità. La si fa per Lui. E qui ritroviamo nuovamente l’asse, il filone dei nostri Esercizi. Vediamo le due leggi che ci vengono rivelate da questo tratto che riguarda il giudizio universale, ma che rivela un criterio valevole tanto per il giudizio universale come per il giudizio particolare. La prima legge è quella dell’alterità, ossia: Dio chiede agli uomini che si ricordino bene di non essere soli, e pertanto l’impegno della loro vita è perfettamente errato se pensano soltanto a sé stessi. Notate bene che il modo col quale si esprime N. S. Gesù Cristo nel giudizio universale, e che riflette pure quello del giudizio particolare, è quello di fare una selezione. Egli avrebbe potuto dire: Perché non siete stati chiari con voi stessi? Non è che Egli non voglia che non si sia chiari con noi stessi. Perché non siete stati sinceri con gli altri? Non è che Egli non voglia che non si sia sinceri con gli altri. Ha scelto questo punto, il che vuol dire che lo ritiene discriminante ed equilibrante l’uomo. È la legge dell’alterità: ci sono gli altri; e si sbaglia tutto quando si crede di essere soli e quando si agisce come se si fosse soli; e quando ci si diporta come se noi non dovessimo nulla agli altri. Agli altri si deve tutto. Gesù aveva detto, e più di una volta: « Ama il tuo prossimo come te stesso ». Gli altri pertanto, nel pensiero di N. S. Gesù Cristo, compaiono tanto quanto compariamo noi, cioè ciascun uomo sa che nella vita gli altri non hanno meno peso di quello che lui stesso ha di fronte a sé stesso. Questa è la legge. – Vi prego di osservare questa divina armonia della legge. L’uomo non si è creato da sé, l’ha creato Iddio. Ed ecco la prima alterità, fondamentale di tutto. Pertanto non ha niente di cui possa dire: questo è soltanto mio. No, in un senso proprio, definitivo e originale, non lo può dire. Creato da Dio, messo in questo mondo, lasciando sempre al di sopra delle cause seconde la causa prima, l’uomo ha ricevuto tutto: la vita da suo padre e da sua madre, e poi riceve continuamente tutto dalla società. Guardate. Ma ci vuol tanto a capire certe cose? Credo che nessuno di noi abbia coltivato le materie prime delle quali è vestito, abbia filato i tessuti dei quali è ricoperto. Capisco: ci può essere qualche lavoro fatto così, da mani femminili, ma si tratta di qualche cosa di secondario. Nessuno di noi che siamo qui dentro va a seminare il grano per farsi il pane, nessuno di noi va a coltivare le uve dalle quali viene spremuto il vino. E così in tutto. Nessuno di noi è stato l’autore dei libri e degli altri strumenti di cultura coi quali si è fatto meno ignorante o addirittura sapiente. Abbiamo ricevuto da tutti. E questa legge dell’alteritas è tanto evidente, è talmente quotidiana, è talmente grande e universale, si afferma talmente in tutto, che non la vediamo più. Ecco, succede di questa legge quello che succede un po’ del cielo che, siccome l’abbiamo sopra la testa, è abituale, ai più non dice niente. E così questa legge, proprio perché è universale. Ma essa ricorda a noi che se nella vita nostra non facciamo posto agli altri, tanto quanto almeno ne facciamo a noi stessi, noi sbagliamo tutto. Ecco la prima legge sulla quale Nostro Signore Gesù Cristo dice chiaro che saremo giudicati. – Poi c’è l’altra legge che viene rivelata da queste parole, specialmente le ultime: « Quello che avete fatto a uno di questi piccoli, l’avete fatto a me ». E l’altra legge consiste nel carattere medio che rispetto a Dio assumono tutte le cose. Carattere medio che ha infinite e universali conseguenze. Osserviamo bene. Gesù Cristo cosa dice qui? Cerchiamo di tradurre in modo meno stringato e più accessibile alla nostra povera intelligenza. Gesù Cristo dice questo: guardate che per amare me, voi dovete amare gli altri. Il vostro amore per me non è autentico, anzi sostanzialmente finisce col non esistere, se voi non amate gli altri. Questo è quanto dice Gesù Cristo. E mentre dice questo, fa intendere un’altra cosa: che amando gli altri, noi possiamo ottenere per questa via quello che altrimenti non potremmo mai ottenere, perché a Dio noi non possiamo dare nulla. Invece arrivando all’amore di Dio amando gli altri, i nostri fratelli, è come se noi a Dio potessimo dare tutto: in effetti è la stessa cosa. Cioè a Dio bisogna arrivare attraverso gli altri. È qui che si ha la spiegazione vera delle parole di Gesù: « Il massimo comandamento è questo: ama Dio con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze; e il secondo è simile al primo: ama il tuo prossimo come te stesso ». È  qui che si capisce perché Egli abbia sempre insistentemente, sistematicamente unito i due oggetti dello stesso amore: Dio e il prossimo. Vi prego di riflettere: che cosa noi potremmo dare a Dio direttamente, che a lui serva? Nulla. perché Dio è perfetto, è infinito, non patisce d’aggiunte, non è passivo, e pertanto non riceve. Essendoci tra noi e Lui i fratelli, noi possiamo dare a Dio tutto, ed è veramente come se lo avessimo fatto; a Lui. Perché è come se l’avessimo veramente fatto a Lui? Perché sono sue creature e, possiamo aggiungere, sono suoi redenti, ricomprati, creati una seconda volta, sono suoi, Egli li ama. E allora quello che è fatto a loro, per il rapporto di creazione e di redenzione, è fatto a Lui. Succede anche in questo mondo: chi fa bene ai nostri amici, fa bene a noi; chi fa bene ai figli, fa bene ai genitori e viceversa. Ma questi rapporti, che hanno un carattere certo sostanziale ma in termini umani, tra gli uomini, e che danno un certo carattere almedio, questi rapporti sono infinitamente più grandi quando c’entra come termine Iddio. E allora qui la funzione del medio che hanno le creature rispetto a Lui, per noi è chiaro che viene enormemente innalzata e rafforzata. E così in tutto. Ma vedete come le ragioni si allungano e vanno all’infinito! È facile amare Iddio quando non ci sono le complicazioni di qualcheduno che sta in mezzo. Sarà, non dico facile ma necessario, quando lo vedremo, Dio, perché quando noi saremo con Dio un giorno nell’eternità, lo dovremo amare di necessità. Lo ameremo liberamente ma nello stesso tempo ne saremo necessitati, perché non si può non amare Iddio. Quaggiù lo si può dimenticare: di là non lo potremo dimenticare, perché non ci saranno le cose distraenti, e allora potremo veramente dare forza al nostro atto d’amore. Questa legge è costante: guardate com’è costante questa legge del medio e che spiega tante cose dell’essere e della vita, la obbedienza per esempio. Che carattere ha la obbedienza? Chi di noi si sentirebbe di disobbedire a Dio, se Dio venisse a comandare? Questo non ci passerebbe neppure per l’anticamera del cervello; non ci se ne affaccerebbe neppure la più lontana ipotesi. Ma quanto fosse esclusa la ipotesi del poter non obbedire, altrettanto diminuirebbe il merito. Il merito dell’obbedienza è questo: che si obbedisce a Dio mentre Dio non lo si vede, mentre dinanzi a noi abbiamo la faccia degli altri, bella o brutta, simpatica o antipatica che sia, meritevole o immeritevole che sia, ragguardevole o non ragguardevole che sia, non ha importanza; sta in questo: che noi obbediamo a messaggeri che non portano affatto sul volto il suggello divino perché, nella migliore delle ipotesi, sono uomini come noi. Oppure saranno leggi, ma le leggi sono emanazione degli uomini, saranno leggi scritte, regolamenti, non ha importanza. Se non ci fosse questo medio, a che cosa varrebbe la nostra obbedienza? – Quelli che pretendono di obbedire soltanto agli ordini di Dio, non hanno capito nulla. Dio ha messo tutte queste cose in mezzo come si aumenta l’avvolgibile per aumentare la resistenza, per moltiplicare la capacità delle nostre azioni. Lo capite che cosa ci sta a fare il medio, legge fondamentale della vita? Vedete come ritorna a proposito del giudizio, sia particolare che universale. Rispettare Iddio: già! Bel merito trovarsi al cospetto dell’Eterno e fargli una riverenza. Ma bisogna rispettare tutto in questo mondo per rispettare Iddio. È la legge del medio cui honor = amor. Voi vedete che c ‘è un certo vento, che spira dal deserto, vento inaridente, che pare voglia bruciare autorità, distinzioni, superiorità, tutto! Voi capite che è contro Dio questo vento, perché distrugge il medio. Bella pretesa: ci sono io e poi c’è Iddio. No! Per te Iddio non c’è, se non c’è quello che sta in mezzo. Ce l’ha messo Iddio. Voi capite la ragione per cui la Chiesa ha sempre condannato sistematicamente tutti questi movimenti misticoidi. Siamo in Assisi e ad Assisi si può ricordare la prima origine della storia di coloro che diventarono poi i Fraticelli, che finirono col fare alleanza anche col diavolo, non solo con l’Imperatore contro il Papa, con Filippo il Bello contro il Papa, ma perfino col diavolo. E oggi ci sono dei movimenti risorgenti. Mettiamoci subito in rapporto con Dio, dicono i Pentecostali, come se avessero il filo diretto. No! È la legge del medio, che è affermata da Gesù Cristo. Qui Egli lo dice per il giudizio. Egli accetta, ma quello che è andato sul medio. È per questo che Gesù Cristo ha messo la Chiesa tra noi e Lui. Molti non la vogliono, ma è legge di tutto. O si passa di là, o non si arriva a Lui. Ecco la radice per cui la Chiesa est societas necessaria. – Comodo, vero, aver da fare soltanto col Perfettissimo, con l’Eterno, con l’Infinito, che non ha nessun lineamento di antipatia sulla faccia, perché è il principio della Verità, è il principio del Bene, è il principio della Bellezza, come è il principio dell’Essere e di ogni distinzione. È comodo. No, appunto perché è comodo, vale poco, appunto perché sarebbe facilissimo, appunto perché priverebbe noi, poveri uomini, del valore di essere qualche cosa, appunto perché non ci sarebbe più il merito. La legge del medio la vedete riflessa nel giudizio universale? Non stiamo a badare a questo vento che spira dal deserto, vento che brucia, che fa disseccare tutta la vegetazione, vento che non dà alcun respiro alle erbe, alle piante, agli alberi, che liscia anche le pietre e le lascia, esse sole, così aride, bruciate, brucianti, abbaglianti, e fa il deserto. Stiamoci attenti! C’è la legge del medio. Bisogna accettarla, perché così vuole Iddio. E’ facile — e qui s’introduce il discorso alla fede e alla fede nell’Eucaristia — è facile aderire a Dio quando lo si vede. Ma la grandezza sta nell’aderire a Lui quando non lo si vede, ossia quando c’è il medio. La vedete la legge del medio che entra a dare la ragione della fede. Sarebbe facile tendere le mani verso di Lui quando — lasciatemi parlare antropomorficamente — lo si potesse palpare. Dio non è materia, non si palperà mai con le mani, ma per esprimerci diciamo così. Invece è grande quando si aderisce a Lui e non lo si può palpare. È il medio quello che aumenta tutto. Il medio è come l’esponente nei numeri, è quello che alza di potenza. Questa è la legge che ci viene rivelata. È quella che ci spiega perché dobbiamo essere umili coi nostri fratelli. Tutti capiscono che bisogna essere umili con Dio. Siamo fatti in modo tale che se qualcheduno fa paura, ci precipitiamo tutti nella polvere o quasi tutti; immaginatevi che cosa costerebbe essere umili davanti a Dio! Se c’è qualche manifestazione esterna, piccolissima dinanzi all’Eterno, grandissima per noi — come quella che ebbe il popolo d’Israele quando Dio promulgò la legge sul monte Sinai, che si pigliarono una tale paura da dire: « Per carità, Signore, non manifestarti mai più, altrimenti moriamo tutti » — è facile essere umili con Dio quando si è direttamente con Lui. Ma lo capite che l’umiltà acquista concretezza e valore quando è dinanzi agli altri? Dinanzi a coloro che non la meritano, questo è il bello! Allora si capisce perché si debbano amare coloro che non lo meritano, non soltanto coloro che lo meritano. Gesù un giorno l’ha detto chiaro e tondo: « Se salutate soltanto quelli che vi salutano, che cosa fate di diverso dai pagani? ». Allora si capisce perché a nessuno di coloro ai quali dobbiamo umiltà, rispetto, obbedienza, noi dobbiamo chiedere il loro valore, perché non è per il loro valore che noi facciamo questo. È perché essi sono un medio tra noi e Dio. Ed ecco come tutta la vita si dispiega con chiarezza. La legge del medio guardate come ci riporta all’Eucaristia! Perché ci spiega come mai, rimanendo Gesù qui in Corpo Sangue Anima e Divinità, noi non lo possiamo vedere con gli occhi. È per fortuna nostra che non lo possiamo vedere con gli occhi. Intanto se vedessimo qualche cosa con gli occhi, moriremmo subito. E sarebbe finita col rimanente ogni possibilità di merito, perché noi siamo adeguati a quest’ordine, per cui anche nel campo puramente materiale, tridimensionale, non siamo in grado di sopportare nulla che lo ecceda. Si rimarrebbe immediatamente schiacciati sotto. Tutti i fenomeni della mistica, fenomeni autentici e reali, non dei matti o degli isterici, parlo della mistica vera, stanno a dare la dimostrazione, che del resto non è neanche necessaria perché troppo ovvia la ragione, che se qualche cosa supera, schiaccia. Allora noi proprio qui, mentre stiamo discorrendo del giudizio di Dio e ci si rivela in questo giudizio di Dio la legge del medio, comprendiamo perché ci sono i veli eucaristici. Sono un atto d’amore anch’essi per noi. Quando Gesù fu in terra vestì sé stesso con l’umanità e un’umanità come la nostra, assunse i cosiddetti difetti comuni dell’umanità, cioè quelli della natura, quelli legati al divenire biologico, al metabolismo, quelli legati alla situazione strutturale della psiche umana, e di questi evitò soltanto quello che era antecedente o conseguente al peccato, nient’altro. Egli vestì sé stesso di tutta questa realtà, che era la realtà della terra, la realtà della storia, la realtà della psicologia comune, e pertanto poté passare, per molti, come un uomo assolutamente comune, persino come un nemico. E per altri poté passare come Colui che, a tratti, rivelava qualche cosa dallo sguardo, dall’atteggiamento, dal comportamento, dalla vibrazione della voce. Quella volta in cui Gesù Cristo lasciò trasparire qualche cosa di più, e fu sul Monte Tabor, quei tre che erano con Lui non andarono lungi dal perdere anche l’uso della ragione. Capite la legge del medio che vien fuori, e come questa legge serva a riflettere una luce sull’Eucaristia? Però ritorniamo al punto da cui siamo partiti. E per il momento finiamo la nostra meditazione. Voi, amando loro, avete amato me. La ragione finalistica della carità è amare Dio in Cristo, perché Dio lo troviamo in Cristo. Voi vedete che qui non c’è posto per un amore cerebrale del genere umano, com’è quello proclamato dagli umanitaristi. Basta arrivare alla corruzione della tomba per capire che scappa tutta la poesia per amare gli uomini per sé soli, se non c’è una ragione che sta al di là degli uomini. Basta arrivare alla costatazione di un atto d’egoismo da parte degli altri perché, ancora una volta, scappi tutta la poesia per amare gli uomini. Difatti, se non è per il motivo divino, non si resiste ad amare nessuno. Sì, gli impulsi del sangue. Certo. Ma gli impulsi del sangue mandano spesso una buona parte dei genitori al ricovero. Eccovelo, l’impulso del sangue. No. È Lui il motivo, Gesù Cristo. Guardate bene quali sono i motivi dominanti di tutte le cose. Noi li vediamo nel criterio che ci è stato rivelato per il giudizio di Dio.

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