SALMI BIBLICI: “DEUS NOSTER REFUGIUM ET VIRTUS” (XLV)

SALMO 45: DEUS NOSTER REFUGIUM ET VIRTUS

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

TOME PREMIER.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 45

In finem, filiis Core, pro arcanis. Psalmus.

[1] Deus noster refugium et virtus;

adjutor in tribulationibus quæ invenerunt nos nimis.

[2] Propterea non timebimus dum turbabitur terra, et transferentur montes in cor maris.

[3] Sonuerunt, et turbatae sunt aquae eorum; conturbati sunt montes in fortitudine ejus.

[4] Fluminis impetus laetificat civitatem Dei: sanctificavit tabernaculum suum Altissimus.

[5] Deus in medio ejus, non commovebitur; adjuvabit eam Deus mane diluculo.

[6] Conturbatae sunt gentes, et inclinata sunt regna: dedit vocem suam, mota est terra.

[7] Dominus virtutum nobiscum; susceptor noster Deus Jacob.

[8] Venite, et videte opera Domini, quae posuit prodigia super terram,

[9] auferens bella usque ad finem terrae. Arcum conteret, et confringet arma, et scuta comburet igni.

[10] Vacate, et videte quoniam ego sum Deus; exaltabor in gentibus, et exaltabor in terra.

[11] Dominus virtutum nobiscum; susceptor noster Deus Jacob.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XLV

Predizione della liberazione della Chiesa dalle persecuzioni degli infedeli. Il titolo è: per gli arcani, cioè per cose future e nascoste al profeta, e che egli non poté conoscere che per divina rivelazione.

Per la fine; ai figliuoli di Core; per gli arcani.

1. Il nostro Dio, rifugio e fortezza nostra; aiuto nelle tribolazioni, le quali ci hanno pur troppo assaliti.

2. Per questo non ci sbigottiremo, quando sia scommossa la terra e i monti sieno trasportati nel mezzo del mare.

3. Le sue acque sono state agitate con gran rumore; della possanza di esso (mare) tremarono i monti.

4. La città di Dio è rallegrata dall’impeto della fiumana; l’Altissimo ha santificato il suo tabernacolo.

5. Il Signore sta nel mezzo di lei, ella non sarà scossa; la soccorrerà il Signore fin dalla punta del dì. (1)

6. Furon conturbate le genti, e vacillarono i regni; egli fe’ udir la sua voce, e la terra fu smossa.

7. Con noi il Signor degli eserciti, nostro rifugio il Dio di Giacobbe.

8. Venite, e osservate le opere del Signore, e i prodigi da lui fatti sopra la terra; egli che toglie le guerre sino a tutte l’estremità della terra.

9. Egli romperà l’arco, e spezzerà le armi, e darà gli scudi alle fiamme.

10. State tranquilli, e riconoscete che io sarò Dio; sarò esaltato tra le nazioni, e sarò esaltato sopra la terra.

11. Il Signore degli eserciti è con noi; nostro asilo il Dio di Giacobbe.

(1) Mentre Sennacherib devasta come un torrente furioso i paesi degli adoratori dei falsi dei, le correnti di un fiume benedetto (quello della bontà di Dio) raggiungono la città di Dio (Gerusalemme) e i santi tabernacoli dell’Altissimo (Le Hir.).

Sommario analitico

Il salmista canta la protezione che Dio ha accordato altre volte a Gerusalemme, senza che se ne possa precisare la circostanza, benché l’opinione più verosimile sia che questo salmo sia stato scritto dopo la disfatta di Sennacherib, sotto il re Ezechia. Gerusalemme è qui la figura della Chiesa e dell’anima fedele che Dio non cessa di assistere. Il salmista descrive dunque la sicurezza e la beatitudine della Chiesa e dei Santi, dopo la punizione dei loro persecutori, felicità che egli fa consistere:

I – Nell’assenza dei mali:

1° Dio, in mezzo alle tribolazioni, è il loro rifugio, la loro forza. Il loro soccorso (1); 2° essi sono senza paura, allorché gli uomini della terra sono agitati, gli orgogliosi, figurati dalle montagne sono umiliati, votati a tutte le violenze dei flutti e delle tempeste (2, 3).

II – Nell’abbondanza di tutti i beni, Dio accorderà loro:

.- 1° una vera affluenza dei doni celesti; – 2° una gioia vera e pura ed una concordia perfetta; – 3° una santità assoluta (4); – 4° la presenza di Dio stesso; – 5° una sicurezza imperturbabile; – 6° il soccorso continuo di Dio (5); – 7° il trionfo su tutti i loro nemici (6); – 8° l’amore di Dio per essi (9); – 9° una pace mirabile e costante (8, 9).

III. – Il Profeta, parlando in nome di Dio, conclude invitando tutti gli uomini e tutti i popoli della terra a considerare i prodigi che Egli ha operato sulla terra in favore dei suoi servi, che rispondano proclamando che il Signore delle virtù è con essi, che il Dio di Giacobbe è il loro difensore (10, 11).

Spiegazioni e Considerazioni

I. — 1-3.

ff. 1. – Tutti i mezzi umani di difesa non sono che una tela di ragno, un’ombra vana. Volete avere contro i vostri nemici una forza invincibile, un rifugio inaccessibile, una fortezza inespugnabile, una torre che nulla possa rovinare? Scegliete Dio per vostro rifugio, e rivestitevi della sua forza divina. Davide dice con ragione: « Dio è nostro rifugio e nostra forza, sia che con la fuga noi trionfiamo dei nostri nemici, sia che sosteniamo contro di essi tutto lo sforzo del combattimento, esempi che ci danno san Paolo e Nostro Signore Gesù-Cristo stesso » (S. Chrys.). – « Dio è nostro rifugio e nostra forza ». Dio è la forza di colui che può dire: « … io posso tutto in Colui che mi fortifica » (Filipp. IV, 13). Ci sono molti che dicono con la bocca « Dio è nostro rifugio e nostra forza »; ma sono pochi coloro che lo dicono con profondità di cuore. Sono pochi in effetti quelli che non sono in ammirazione davanti alla potenza dell’uomo e che dipendono interamente da Dio, non avendo altra aspirazione che per Lui, e pongono in Lui solo la loro speranza e la loro fiducia (S. Basilio). – Ci sono dei rifugi in cui non si trova forza, ad esempio un grande del mondo, per diventarne un amico potente. C’è comunque una tale incertezza nelle cose umane, e le cadute dei potenti sono ogni giorno così numerose, che una volta arrivati in questo rifugio, si trovano solo nuovi motivi di paure. Fino ad allora voi non temevate che i vostri pericoli, ma presso un tale protettore, voi avete pure da temere da parte sua. Il rifugio che ci viene offerto, non è simile a quello; ma il nostro rifugio è nello stesso tempo la nostra forza. Quando vi saremo rifugiati, saremo rafforzati (S. Agost.). – « Il nostro potente difensore nelle grandi tribolazioni che ci circondano da ogni parte ». Dio non preserva sempre dagli assalti della tribolazione; ma quando essa ci assale, ci ispira coraggio all’altezza della prova. Questo non è un appoggio ordinario che Dio ci dà, Egli ci dà man forte e ci prodiga il soccorso e la consolazione nella misura ben superiore a quella dei nostri dolori (S. Chrys.). – Le tribolazioni sono numerose, esse ci cercano, ci trovano, ed in ogni tribolazione è in Dio che bisogna trovare rifugio. Che l’afflizione ci colpisca nei beni temporali o nella salute del corpo, con i pericoli per i nostri più cari o con la privazione di qualche oggetto necessario al sostegno della vita, il Cristiano non deve assolutamente cercare rifugio se non nel Salvatore e suo Dio, e quando avrà trovato questo rifugio, egli è forte. Egli non sarà forte per se stesso, la sua forza non sarà la sua; ma questa sarà la sua forza, che sarà divenuta il suo rifugio. Comunque tra tutte le tribolazioni dell’animo umano, nessuna è maggiore di quella che proviene dalla coscienza dei peccati commessi. In effetti, se non ci sono ferite in questo foro interiore dell’uomo che si chiama la coscienza, se tutto è sano, l’uomo potrà rifugiarvisi, da qualunque parte arrivi l’afflizione: egli vi troverà Dio. Ma se, a causa della moltitudine dei suoi peccati, non c’è riposo per lui, perché Dio non c’è, cosa farà? Dove si rifugerà quando l’afflizione comincerà a colpirlo? Ecco che proprio nel luogo ove si era rifugiato, ha incontrato il suo nemico, e allora … dove fuggirà? Ovunque egli fugga, si trascinerà, e dovunque si trascinerà è egli stesso il boia che lo tortura. Ecco le tribolazioni che schiacciano l’uomo oltre misura; non ce n’è di più crudeli, perché le afflizioni sono tanto meno amare quanto sono meno interiori. Tuttavia nelle nostre afflizioni, il Signore viene sempre in nostro aiuto, rimettendoci i nostri peccati (S. Agost.). – Il mondo si dichiara contro di voi per il vostro infortunio, il cielo vi è chiuso per i vostri peccati, così, non trovando alcuna consistenza, quale miseria sarà simile alla vostra? Che se il vostro cuore è retto con Dio, là sarà il vostro asilo ed il vostro rifugio, là avrete Dio in mezzo a voi, perché Dio non lascia mai un uomo di bene, dice il Salmista (S. Agost.).

ff. 2-3. – Vedete fin dove si estendono gli sforzi del soccorso divino. Non soltanto – dice il Profeta – le calamità non ci raggiungeranno e non ci faranno soccombere, ma non proveremo neppure un’impressione di paura e di sbigottimento, connaturale a tutti gli uomini. Quand’anche fossimo testimoni di un generale sconvolgimento, di una perturbazione naturale, quando vedremo degli avvenimenti senza precedenti, le creature si distruggeranno l’una con l’altra, la natura debordante i suoi limiti, la terra rimossa fin dalle fondamenta, gli elementi confusi, le montagne che abbandonano la terra ove hanno le loro fondamenta, trasportate nel seno del mare, in questo spaventoso rivolgimento di tutte le cose, non solo non saremo abbattuti, ma resteremo imperturbabili davanti alla paura. E la ragione è che il Signore è il padrone di tutte queste creature e nostro appoggio, ci presta man forte e si costituisce nostro difensore (S. Chrys. e S. Basil.). – « Le acque si rimescolano e gorgogliano, le montagne sono state ribaltate dalla sua potenza ». Dopo aver dichiarato che essi non avranno paura, anche quando tutti gli elementi saranno sconvolti davanti ai loro occhi, il Re-Profeta proclama la potenza di Dio, alla quale nulla resiste … Dio rintona – egli dice – sconvolge, trasporta come vuole tutte le cose create, tanto è vero che tutto si scioglie e piega sotto la sua mano quando lo comanda … la sua potenza è così grande che al solo suono della sua voce, ad un solo segnale della sua volontà, tutto obbedisce (S. Chrys.). – Queste acque che fanno gran fragore non sono né sane né salutari, esse sono turbolente e non possono servire da bevanda; migliori sono quelle che scorrono e passano, come è scritto (Ps. CIV, 11): « Le acque scorrono attraverso le montagne, disseteranno le bestie selvagge, estinguono la sete dell’onagro ». (S. Ambr.). – Nello stesso tempo, queste montagne sono la figura di coloro che si inorgogliscono della loro grandezza, ignorano la forza di Dio e si levano contro la Sapienza divina, ma che sono in seguito vinti e sconvolti da coloro che annunziano la parola di Dio con forza e saggezza e, convinti della loro debolezza, temono il Signore e si sottomettono alla sua potenza (S. Basil.).

II — 4-9.

ff. 4. – Questo fiume rappresenta l’abbondanza inesauribile dei doni che il cielo ha versato su di noi con abbondanza. Questi beni sono colati su di noi come una sorgente inesauribile. Simile ad un fiume che si divide in numerosi bracci per irrigare i centri che attraversa, la Provvidenza di Dio spande i suoi benefici da ogni parte, li versa con abbondanza e spesso con impetuosità, e riempie tutto dei suoi doni (S. Chrys.). – Mentre le montagne sono sconvolte, mentre il mare è in furore, Dio resta nella sua città, con i movimenti impetuosi del fiume? È questa l’inondazione dello Spirito-Santo, di cui il Signore diceva: « … Colui che ha sete venga e beva; fiumi di acqua viva coleranno dal seno di colui che crede in me. Ora, Gesù diceva questo dello Spirito che dovevano ricevere coloro che avrebbero creduto in Lui » (Giov. VII, 37, 39). Questi fiumi scorrono dunque dal seno di Paolo, di Pietro, di Giovanni, degli altri Apostoli e degli altri fedeli evangelisti. Ora tutti questi fiumi derivano da un unico fiume « … le numerose correnti del fiume rallegrano la città di Dio » (S. Agost.). – Nel linguaggio ordinario delle sacre Scritture, la nostra anima è comparata ad una città! Ebbene! La città più opulenta, la più magnifica, come la campagna più elegante, offre un aspetto triste e disincantato, se dell’acqua limpida e zampillante non viene ad animarla e a vivificarla. – La grazia divina, è l’acqua che purifica, l’acqua che disseta, l’acqua che feconda, l’acqua che rallegra la città interiore dello spirito. Quando la sorgente della grazia si ferma per un’anima, quando i canali che la distribuiscono si ostruiscono, si corrompono, in quest’anima c’è sporcizia, sete, sterilità e malessere profondo, come nelle strade di una città nella quale l’acqua non circoli più o le cui fontane si intasino (Mgr. Pie, Discours Tom. III, 9). – L’azione dell’anima cristiana sarà tanto più ferma quanto più sarà tranquilla; non certo come questi torrenti che ribollono, che schiumano, che precipitano e si perdono, ma come questi fiumi benedetti che scorrono tranquillamente e sempre. Tale è il fiume che raggiunge la città di Dio: « … c’è una impetuosità, una forza, un movimento fermo e durevole, ma nello stesso tempo dolce e tranquillo; l’anima si riempie di una celeste vivacità che non sarà di se stessa, ma di Dio. » (Bossuet, Méd. Sur l’Ev. II, pag. 17).

ff. 5. – Che il mare sia furioso, che le montagne siano sconvolte … « Dio è in mezzo ad essa ed essa non sarà sconvolta ». Cosa vuol dire in mezzo ad essa? Che Dio forse sia circoscritto in un distretto, che ciò che lo circonda sia ampio mentre Egli stesso è rinchiuso da ciò che lo circonda? No, certo, Dio non è contenuto in nessun luogo, Egli, la cui dimora è nella coscienza dei giusti, abita in tal modo nei cuori degli uomini, che se un uomo si stacca da Lui e cade, Dio resta in se stesso, e non è come un essere che cada e non trovi più come arrestarsi. Se Egli si ritira da voi, voi cadrete, se voi vi ritirate da Lui, Egli non cadrà. Cosa vuol dunque dire: « … Dio è in mezzo ad essa »? Questo significa che Dio sia ugualmente giusto per tutti e non faccia eccezione di persone. Siccome, in effetti ciò che è al centro si trova alla stessa distanza da tutte le estremità, così si può dire che Dio sia nel mezzo e che vegli ugualmente su tutti (S. Agost.). – « Dio la proteggerà al levarsi dell’aurora ». È un soccorso che non soffre né lentezza né ritardi, che è sempre pieno di forza e di vigore, e che viene sempre nel tempo favorevole (S. Chrys.). È scritto della città santa, che è la figura dell’anima fedele: « Dio non sarà sconvolto in mezzo ad essa »; che la tempesta venga, cioè le passioni, le afflizioni, la perdita dei beni temporali, « … Dio in mezzo all’anima non sarà sconvolto », né di conseguenza il fondo dove Egli è. Perché il salmista prosegue: Dio ti aiuterà dal mattino; Dio la provvederà delle sue grazie, ed è là la sua pace, dal momento che sia desiderosa di raccogliersi in se stessa; perché è là che trova Dio, che è sua forza. Se essa si dissipa, se si accorcia, Dio sarà sconvolto in mezzo ad essa, non in Se stesso, ma in mezzo ad essa. Cominciate ad ascoltare il mondo, Dio si sconvolge in mezzo a voi, è pronto a lasciarvi; commettete poi il peccato, … Egli vi lascia. Restate dunque uniti a voi stesso e a Dio che è in voi, e non sarà sconvolto in mezzo a voi; per questo, voi vivrete in pace (Bossuet, Medit. XCVI J.).

ff. 6. – Non sono dei nemici ordinari che assalgono questa città, sono dei re, delle intere nazioni e non solo essa non patisce alcun danno, ma ha trionfato dei suoi nemici: « Dio ha fatto rimbombare la sua voce e la terra è sconvolta ». Non sono solo le città, i popoli, le nazioni, ma la terra tutta intera che il suono della sua voce sconvolge e abbatte (S. Chrys.). – Potente è la voce di Dio che ha sconvolto la terra, sovvertito i reami e distrutto l’idolatria. Questa stessa voce si fa ascoltare, tutti i giorni, nel fondo dei nostri cuori, per distruggervi tutto ciò che c’è di carnale e di terrestre, e sostituirvi con un santo rivolgimento, la verità all’errore, la purezza alla mollezza e la pietà all’iniquità (Duguet).

ff. 7. – Il salmista vede in anticipo il Dio incarnato, egli vede l’Emmanuele generato da una Vergine santa, e si rallegra: « Il Signore degli eserciti è con noi », mostrando che Egli è Colui che è apparso ai Patriarchi e ai Profeti. « Il Dio di Giacobbe è il nostro difensore », cioè non c’è altro Dio se non quello annunziato dai Profeti, il Dio che diceva al suo servo: « Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe ». (S. Basil.). – Questo non è un uomo qualunque; non è una potenza tale da poter immaginare; non è infine un Angelo, né alcune creatura, terrestre o celeste; è il Signore degli eserciti che è con noi; è il Dio di Giacobbe che è il nostro difensore … o grazia inestimabile! « … Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? » (Rom. VIII, 31) – (S. Agost.). Cosa potrebbe temere colui che sarà circondato da una potenza armata, tutta ai suoi ordini? Cosa può dunque temere colui con il quale è il Dio degli eserciti?

ff. 8, 9. – Il salmista invita coloro che sono lontani dalla parola di verità ad avvicinarsi ad essa, con una conoscenza più profonda, dicendo loro: « venite e vedete ». Così come per gli oggetti corporali, una troppo grande distanza indebolisce ed oscura l’aspetto delle cose che si presentano al nostro sguardo, e che al contrario, avvicinandoci a questi stessi oggetti, ne abbiamo una visione più netta, allo stesso modo nell’esercizio della contemplazione, colui che non si unisce a Dio con la pratica della virtù, non può contemplare le sue opere con gli occhi purificati dello spirito. Cominciate dunque con il venire, avvicinatevi prima e poi considerate le opere di Dio, prodigiose ed ammirabili (S. Basil.). – … Venite e vedete, perché se non venite, non vedete; se non vedete, non credete, se non credete vi tenete lontano; ma se voi credete, venite, se credete vedete (S. Agost.). – Il Re-Profeta descrivendo i trionfi e le vittorie che Dio ha riportato sui suoi nemici, li chiama « dei prodigi ». In effetti, questi grandi avvenimenti non si succedono secondo le leggi di natura; essi non avvenivano per le armi, né per la forza esteriore si decideva la vittoria, bensì per la sola volontà di Dio, mostrando così, con i risultati della guerra, che era Lui che conduceva il suo popolo al combattimento. La potenza era vinta dalla debolezza, delle armate innumerevoli da un piccolo numero di uomini, i re da coloro che essi tenevano sotto il giogo; gli avvenimenti si svolgevano oltre ogni speranza. È dunque a ragione che il Re-Profeta li chiama dei prodigi, perché essi andavano contro ogni previsione e si estendevano fino all’estremità della terra (S. Chrys.). « Egli distrugge le guerre fino alle estremità del mondo ». Noi non vediamo che questa predizione si sia ancora compiuta: ci sono ancora guerre tra i popoli per il dominio; tra le sette, tra i giudei, tra i pagani, tra i Cristiani, tra gli eretici, ci sono guerre. Queste guerre si moltiplicano: gli uni combattono per la verità, gli altri combattono per la menzogna. Questa profezia non è dunque compiuta, ma si compirà. Ed anche, al presente, è compiuta in alcuni uomini; essa è compiuta nel frumento; nella zizzania non è ancora compiuta … Il Profeta parla qui delle guerre con le quali ci si ribella a Dio. Ora, chi attacca Dio? L’empietà. E cosa può l’empietà contro Dio? Nulla! Cosa si può fare ad una roccia, contro la quale si infrange un vaso d’argilla lanciato con qualsiasi forza? Essa si infrange contro la roccia tanto più fortemente quanto più violentemente si scaglia. L’iniquità sostiene i combattimenti contro Dio, e i vasi di argilla si frantumano quando, lanciati da una vana presunzione, gli uomini pretendono di abusare della loro forza. Un arco, delle armi, degli scudi, del fuoco! L’arco rappresenta l’insidia, le armi un attacco a campo aperto, lo scudo una vana e presuntuosa difesa. Il fuoco che deve consumare queste armi, è quello del quale il Signore ha detto: « … Io sono venuto a portare il fuoco sulla terra » (Luc. VII, 49). Sotto l’azione divorante di questo fuoco, alcun arma dell’empietà resisterà; esse saranno tutte inevitabilmente distrutte, ridotte in polvere, consumate dalle fiamme (S. Agost.).

III. — 10, 11.

ff. 10, 11. – « Fermatevi ». Perché? « … e vedete che Io sono Dio »; vale a dire, voi non siete Dio, sono Io che lo sono; Io vi ho creato. Io vi ho creato di nuovo, Io vi ho formato, Io vi formo nuovamente; Io vi ho fatto, Io vi rifaccio. Se voi non vi siete fatti, come potete rifarvi? È ciò che non vede lo spirito umano, sedizioso ed ardente alla contraddizione, ed è a questo spirito che viene detto: … riposatevi, cioè distogliete il vostro pensiero da ogni contraddizione. Guardatevi dal gettarvi nelle discussioni e di armarvi, in qualche modo, contro Dio; riposatevi, e vedrete che Io sono Dio (S. Agost.). – Restate fermi, affinché le vostre anime siano libere da ogni occupazione, le passioni tumultuose del secolo non vengano a spandere una nuvola sull’occhio interiore dell’anima. Liberatevi da ogni errore, liberatevi da ogni agitazione interiore, liberatevi da ogni peccato perché « ogni uomo che pecca, non ha visto Dio e non Lo conosce » (Giov. III, 6). Applicatevi interamente allo studio della conoscenza di Dio, affrancatevi da ogni occupazione terrena. (S. Ambr.). In effetti, quando siamo preoccupati da cose estranee a Dio, noi non possiamo sperare di conoscerlo. Come potrebbe, colui il cui spirito è pieno delle sollecitudini del secolo, che si immerge nelle voluttà della carne, rendersi attento alle parole di Dio ed essere capace di penetrare in queste grandi verità che esigono l’applicazione intera della nostra intelligenza? Non vedete che la parola che cade tra le spine è immediatamente soffocata? (Matth. XIII, 7, 22). Ma queste spine sono le voluttà della carne, le ricchezze, la Gloria e tutte le sollecitudini di questa vita. Come potrebbe la conoscenza di Dio entrare in un’anima oppressa dal peso delle angustie, delle distrazioni che la preoccupano (S. Basil.). L’Essere sovrano non può operare nulla se non in vista di Se stesso e della sua gloria, e, come Dio, vuole essere esaltato, non solo nel segreto delle anime, ma nella vita pubblica delle nazioni; Egli intende essere glorificato, non solo in cielo, ma sulla terra e nelle istituzioni terrene (Mgr. Pie, T. VII).

FESTA DELLA MATERNITA’ DI MARIA, MADRE DI DIO (2019)

Maria Madre di Dio

[G. Perardi: LA VERGINE MADRE DI DIO; libr. Del Sacro Cuore, Torino, 1908]

Disc. XXVI.

ESORDIO:

Il mistero della SS. Trinità manifestato e unito colla divina Maternità. —

I . MARIA VERAMENTE MADRE di Dio:

1. De qua natus est Jesus. Et Verbum caro factum est. — 2. Le parole dell’Angelo. — 3. Leparole di santa Elisabetta. — 4. Maria è madre di Gesù, più che non sia di noi la madre nostra. — 5. Obiezione. – 6. Nestorio. Le definizioni.

— II. GRANDEZZE DELLA MATERNITÀ DIVINA:

1. Pensieri : elevazione: il frutto. I Padri. — 2. . Con Dio produce Gesù. — 3. Comanda a Gesù — 4. È glorificata da Gesù, ; 5. e da tutta la Trinità. –

III. MISSIONE DI MARIA MADRE DI DIO Corredentrice con Gesù:

1. Unita a Gesù nelle profezie e figure; 2, nell’Incarnazione, nell’offerte e nell’immacolazione: 3, nella rigenerazione.

— IV. POTENZA DI MARIA MADRE DI DIO:

1. La potenza misurata dalla grandezza; 2., dalla missione.

— V. CONCLUSIONE: La vera devozione: onorare, imitare, amare, invocare Maria.

Il mistero più profondo che la Chiesa presenta alla nostra fede, è senz’alcun dubbio il mistero augusto e santo della divina Trinità nel cui nome siamo entrati a partecipar della fede cristiana rinascendo alla vita della grazia dopo di essere nati alla vita temporale, quando cioè si eseguì in nostro favore il precetto dato da Gesù agli apostoli : Battezzate nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo (S. MATTEO XXVIII, 19), nel nome cioè delle tre divine Persone realmente distinte, che sono un solo Dio. – Dio non rivela mai i misteri del suo Essere al solo scopo di soddisfare alla curiosità o speculazione dello spirito umano, ma per farne oggetto di sante operazioni nel mondo. Giacché per questo motivo nell’antico Testamento la Trinità non era stata rivelata, ma come ricoperta sotto il velo della Sinagoga, anzi tale oscurità era resa ancor più profonda dallo splendore con cui (per salvaguardare anche il popolo ebreo dal pericolo della idolatria) era stato rivelato il dogma dell’unità di Dio. – Il mistero della Trinità era stato così come sigillato sotto il dogma dell’unità di Dio sino al momento nel quale incominciando da Maria doveva manifestarsi colla più sublime di tutte le operazioni, di cui tutta la serie del Cristianesimo non è stato che l’effetto e lo sviluppo, nel mondo. La prima vera manifestazione della Trinità delle Persone in un Dio solo, l’abbiamo nell’Incarnazione, come nell’Incarnazione abbiamo un’operazione d’amore che è la fonte di tutti gli atti di amore con cui Dio costituì e mantiene il Cristianesimo e che nel Cristianesimo continuamente si rinnovano. Maria era sola nella casetta di Nazaret allorché l’Angelo del Signore entrato da Lei la salutò piena di grazia, benedetta fra le donne, e le annunziò che lo Spirito santo scenderebbe su Lei, che la Virtù dell’Altissimo l’avrebbe adombrata, e che il figlio che nascerebbe di Lei sarebbe chiamato il Figliuol di Dio. Ecco la prima rivelazione della Trinità delle Persone nell’unità di Dio. Maria allora disse: Ecco l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola; l’Angelo si dipartì, e la Trinità stessa sopraggiunse e la penetrò della sua maestà tre volte santa… Il mistero cui sospirarono i patriarchi, i profeti, i giusti dell’antico Testamento era compiuto. Il Messia, cioè il Figlio di Dio, aveva preso carne nel purissimo seno di Maria vergine, e Maria era la Madre di Dio; la creatura era divenuta Madre del Creatore, del Redentore. Il Verbo, Figlio dell’Eterno Padre, divenne, per opera dello Spirito santo, figlio di Maria. Gesù nascerà a Betlemme: allora la maternità divina di Maria sarà perfetta; il Figlio suo, che adorerà, sarà egualmente Figliuolo di Dio. – Non a caso certamente Iddio ha voluto che la prima manifestazione del mistero della Trinità sia andato congiunto con l’elevazione di Maria alla maternità divina. Il mistero della Trinità è il mistero più grande e più profondo che crediamo e che adoriamo. La dignità, la grandezza di Maria Madre di Dio, è la più grande dignità a cui abbia potuto venire elevata una creatura, dignità che ha come dell’infinito, che noi umilmente veneriamo, ma che non possiamo pienamente intendere. Con venerazione e con trepidazione, non disgiunte però dalla confidenza, entriamo nella considerazione di tale argomento. – Ci assista Maria Madre di Dio. Questa assistenza abbiamo motivo particolare di sperarla, come abbiamo motivo particolare di godere della divina maternità perché la festa ad onore di Maria Madre di Dio è gloria torinese, perché la domanda di questa solennità è partita da Torino: il Pontefice Pio VII la stabilì condiscendendo alle preghiere dei Torinesi (ROSA, Spiegazione popolare delle feste dell’anno, vol.II). — Maria Madre di Dio! Tale il mistero, e mistero d’amore, che richiama l’attenzione della nostra mente e la divozione del nostro cuore. Ma chi può intendere il mistero di queste parole: Maria è Madre di Dio? Non l’uomo, non l’Angelo, ma Dio solo; quel Dio che l’ha sublimata fino a renderla madre sua e la riconosce tale innanzi alle creature. La Chiesa volendo parlare di Maria Madre di Dio usa le medesime parole con cui Dio parla della Sapienza increata. E notate che la Chiesa, animata dallo Spirito Santo che è essenzialmente spirito di verità, non si lascia come noi trasportare dall’entusiasmo: essa non parla che il linguaggio della verità. Eppure la Chiesa dopo aver detto della Vergine ciò che Iddio dice dell’eterna Sapienza: Tu sei la grazia, la verginità, la bellezza, la santità, tu l’onore del tuo sesso, la gloria del popolo, l’ornamento della mia corona, fissandola, se posso dire così, con occhio scrutatore esclama: Sancta et immaculata virginitas quibus te laudibus efferam nescio! Oh santa ed immacolata Vergine io non ho lodi degne di te! Perché? Lo dice ancora la Chiesa: Quia quem cœli capere non poterant, tuo gremio contulisti: Perché sei la Madre di Dio; perché hai portato nel tuo grembo Colui che i cieli immensi non possono racchiudere nella loro immensità. Ascolta, o Cristiano, grida sant’Anselmo, contempla ed ammira! Il Padre celeste aveva un Figlio unico, consostanziale, ma non ha voluto che questo Figlio appartenesse a Lui solo, ha voluto come farne parte a Maria. Ella ne è Madre in terra, com’Egli ne è Padre in cielo. E perciò la Chiesa con ragione canta di Maria: Sancta Dei Genitrix! Maria Madre di Dio. Intendiamo che questo titolo non è esagerazione, è verità. Apriamo il Vangelo, questo libro sacro che Dio ci mette in mano per mezzo della Chiesa, e vi troveremo luminosamente dimostrata questa verità: che Maria cioè è vera Madre di Dio.

1° Il Vangelo parlando la prima volta di Maria, di Lei dice: De qua natus est Jesus, qui vocatur Christus: Dalla quale nacque Gesù, che è detto il Cristo (S. Matth. I, 16). Domandiamo: Chi è Gesù Cristo? Gesù è il Figliuolo di Dio fatto uomo, è la seconda Persona della santissima Trinità, che ha vestito le spoglie umane: il Figlio dell’eterno Padre che è ad un tempo Figliuolo di Maria. Nel Figliuolo di Dio fatto uomo vi è una sola Persona, la Persona divina, la quale unisce in sé le due nature divina ed umana; e a questa Persona divina, che unisce in sé le due nature, competono gli attributi dell’una e dell’altra; quindi parlando di Gesù non lo possiamo intendere solamente Dio o solamente Uomo, ma sempre Dio e Uomo, precisamente come parlando dell’uomo o dicendo uomo non possiamo in noi intendere solamente il corpo (sostanza materiale), né solamente l’anima (sostanza spirituale), ma intendiamo la persona intera composta del corpo e dell’anima insieme uniti: che quantunque di natura così diversa, terrena e corporea una, spirituale e angelica l’altra, costituiscono una sola persona. Bisogna aver presente la Persona di Gesù: Egli non è un Uomo divenuto Dio; non vi è stato un istante solo in cui la natura umana nella Persona di Gesù sia stata separata dalla divinità. È Dio fatto Uomo; Dio che facendosi uomo non cessò di essere Dio; ma dall’istante in cui ebbe vita nella sua umanità, a questa umanità fu unita la divinità. Per negare a Maria Vergine il titolo di vera Madre di Dio bisogna sostenere o che il Figliuolo di Dio non ha preso carne vera e reale da Maria Vergine, e che è nato non realmente ma solo apparentemente, o che Gesù Cristo non è Dio, o che in Gesù non sono solamente due nature, ma due persone: la persona divina e la persona umana, e che per ciò la divinità e l’umanità non sono in Gesù unite ipostaticamente cioè sostanzialmente, ma solo moralmente cioè di volontà, di azione, di abitazione. Cose queste che tutte sono condannate dalla Chiesa, e contrarie all’insegnamento della Scrittura sacra e della Tradizione. Il Vangelo dice che il Verbo si è fatto carne (S. GIOVANNI, I, 14). Ma se si è fatto carne vuol dire che ha preso carne vera e reale come abbiamo noi, e che ha fatto questa carne così propria della sua divinità come la nostra è propria dell’anima. Questo significa il Verbum caro factum est. E ci dice pure che questo ha fatto per mezzo di Maria, nascendo da Lei fatta sua Madre. Dunque Maria è Madre di Dio.

2° Anche le parole rivolte dall’Arcangelo Gabriele a Maria nell’Annunciazione non possono significare che quanto andiamo dimostrando. Disse Gabriele a nome di Dio: « Non temere, o Maria, perché hai trovato grazia avanti Dio. Ecco concepirai nel seno e partorirai un figlio, cui porrai nome Gesù. Questo sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo… Quel che n’è generato, santo, sarà chiamato Figlio di Dio » ( S. Luc., I, 29, 32, 35). Per negare a Maria la dignità di Madre di Dio, bisogna negare il mistero dell’Incarnazione, bisogna strappare dal Vangelo questa pagina che ci racconta come l’Incarnazione è avvenuta; bisogna rinnegare il Cristianesimo.

3° Quando Maria, pochi giorni dopo il compimento di questo mistero, si recò dalla cugina Elisabetta, ci narra il Vangelo che Elisabetta non appena udì il saluto di Lei, fu ripiena di Spirito Santo « e ad alta voce esclamò: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno. E d’onde a me questo che la madre del Signore mio venga da me?… E beata te che hai creduto; perché s’adempiranno le cosedette a te dal Signore » (Ibid., 41. 43, 45). Chi aveva manifestato ad Elisabettaquanto era avvenuto in Maria? Chi le aveva dettodella visita dell’Angelo, del consenso di Maria al mistero dell’Incarnazione? Lo Spirito Santo di cui fu ripiena per la parola di Maria, lo Spirito Santo che la rende stupita della visita che le fa la Madre del Signore, lo Spirito Santo che subito fa erompere il cuor di Maria nel sublime cantico del Magnificat, in cui dice: « Da questo punto mi chiameranno beata tutte le generazioni. Perché grandi cose mi ha fatto Colui ch’è potente » (S. Luc., I, 48-49). Per negare a Maria la infinita dignità di vera Madre di Dio, perché vera Madre di Gesù, bisogna distruggere non una pagina del Vangelo, ma tutto il libro divino, bisogna rinnegare il buon senso e la nostra ragione.

4° Anzi occorrerebbe, se la parola lo permettesse, poter dire qualche cosa di più ancora. Maria è Madre di Gesù, e quindi di Dio, più che non sia di noi la Madre nostra, perché Maria è divenuta Madre in modo portentoso, miracoloso, per opera dello Spirito Santo solo e non per opera umana. E appunto perché la maternità di Maria è opera di solo Spirito e non di carne, del solo Spirito Santo è in nessun modo condivisa quaggiù dall’uomo, sicché Gesù non riconosce altra origine terrena che Maria sola, così ne avviene che Maria è Madre di Gesù più che le altre madri non siano dei propri figli, più Madre di Dio, che non sia di noi madre la madre nostra.

5° Non fa difficoltà l’obbiezione dei Protestanti, che cioè Maria non avendo dato a Gesù la divinità, ma solo l’umanità, si dovrebbe solo chiamare Madre di Gesù-Uomo e non Madre di Gesù, né Madre di Dio. Quanto sia vano quest’appunto lo potete intendere da quanto già abbiamo detto. Maria è vera Madre di Gesù: in Gesù non vi sono due persone, ma una sola: Gesù è Dio fatto Uomo, in Gesù sono unite personalmente, sostanzialmente la divinità e l’umanità; perciò Maria, Madre di Gesù, Madre della persona di Gesù, di quella Persona che non è solo Uomo ma anche Dio, merita a piena ragione il titolo e la dignità che le attribuiamo di vera Madre di Dio. Il simbolo degli Apostoli professa: « Io credo in Gesù Cristo, suo (cioè di Dio) Figliuolo unico, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine ». Quindi, domanda sant’Agostino: «Come potremo noi conformemente alla nostra regola di fede affermare che noi crediamo nel Figlio di Dio che è nato da Maria Vergine, se da Maria Vergine non fosse nato Figliuolo di Dio, ma (semplicemente) Figlio dell’uomo? E qual Cristiano vorrà mai affermare che quella Vergine partorisse un figlio puramente umano? » (Serm. 186). Se l’osservazione avesse ragione di sussistere, nessuno di noi potrebbe chiamare col nome di padre e madre i suoi genitori, perché da essi abbiamo avuto il solo corpo, mentre l’anima che è parte più nobile e principale in noi l’ha creata immediatamente Dio.

6° Il primo a negare a Maria il titolo di Madre di Dio è stato Nestorio nel principio del V secolo. Egli antivenendo gli eretici moderni, appoggiandosi al sofisma già accennato, voleva sostenere che Maria perché Madre di Gesù in quanto uomo non può venir chiamata Madre di Dio. Quando la orrenda bestemmia venne, ad istigazione di Nestorio, pronunziata nella Basilica di Costantinopoli, tutto il popolo gettò un alto grido di orrore e fuggì dal tempio e non vi ritornò più. La Chiesa si raccolse allora a concilio nella città di Efeso (anno 431) e in un’assemblea di centonovantotto Vescovi venne formulata la definizione dogmatica che rispondeva al sentimento unanime dei Cristiani ammaestrati dalla Tradizione e dal Vangelo: « Se qualcuno non confesserà che l’Emanuel è veramente Iddio, e perciò Maria Madre di Dio, imperocché partorì secondo la carne il Verbo di Dio fatto carne, sia scomunicato » (Can. 1, Conc. Ephes. V. DENZIGER, Enchiridion,13. – Come i Padri ed i Concilii sostennero contro gli Ariani la parola « consostanziale»; così fecero contro i Nestoriani relativamente alle parole« Madre di Dio ». Poiché tutto il veleno dell’eresia nestoriana, come, secondoCirillo d’Alessandria, osserva il Petavio (De Incarnat. 1. I , c. 9), consistevanel rigettare solamente questa espressione. — Si narra che quando i Vescovierano adunati in Efeso i Cristiani ne attendevano con tale ansietà la definizione che, essendosi la seduta conciliare protratta fino a tarda notte, non si allontanarono dalla piazza innanzi alla Chiesa in cui si teneva il concilio, ma aspettarono la definizione che accolsero al grado di: Viva Maria Madre di Dio! e poi con torchi accesi, e sempre acclamando a Maria Madre di Dio, accompagnarono i Padri alla loro residenza. In memoria di questa definizione venne composta la pia invocazione: Santa Maria Madre di Dio, prega, ecc. Recitando questa invocazione pensate e proclamate di cuore Maria vera Madre di Dio, affinché preghi per voi adesso e nell’ora della vostra morte. Non vi sembra bello e prezioso morire quando Maria vi assista con la sua potente preghiera? Se volete potete godere tale immenso favore. Meritatelo). Il secondo Concilio Costantinopolitano (V Ecumenico) facendo eco ai Padri Efesini grida l’anatema a chi « non riconosce che il titolo di Madre di Dio spetta di diritto, in senso vero e proprio, a Maria, ma dice che solo abusivamente le viene attribuito ». — La parola che l’eterno Padre pronunzia intorno a Gesù: Filius mens es tu, è la parola che a pieno diritto pronunzia Maria: Gesù-Dio, sei mio Figlio, io sono tua Madre. Pertanto noi pure con sant’Atanasio confesseremo: « È fede verace il ritenere e professare che il nostro Signore Gesù Cristo, Figliuolo di Dio, è Dio ed uomo: Dio, come generato dalla sostanza del Padre nell’eternità, ed uomo come nato dalla sostanza della madre nel tempo»; e col Concilio generale di Calcedonia: « Noi insegniamo tutti concordi, che il nostro Signore Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, composto di un’anima ragionevole e di un corpo (umano), della stessa natura col Padre per la divinità, della stessa natura con noi per l’umanità, in tutto e per tutto simile a noi, ma senza peccato; secondo la divinità generato dal Padre prima di tutti i secoli, e secondo l’umanità nella pienezza dei tempi generato da Maria Vergine, Madre di Dio, per noi e per la nostra salute ».

II — Maria è Madre di Dio! Quale grandezza, quali meraviglie in questo titolo augusto!

Maria Madre di Dio! vale a dire una creatura Madre del Creatore, un’umile verginella genitrice di Dio. La relazione più intima che esista tra due esseri è quella di madre e figlio. Maria Madre di Dio contrae con Lui la più intima relazione. Sia lecito alla nostra debolezza un paragone materiale tratto dal Vangelo. Volete conoscere la bontà di una pianta? Osservatene i frutti. Volete intendere la grandezza di Maria? Intendete prima la grandezza di Colui che è suo frutto, suo Figlio, Gesù Cristo. Ben a ragione san Tommaso ci dice che partecipa dell’infinito. Difatti: Perché Dio si è fatto Uomo? Risponde sant’Agostino: Per elevare l’uomo sino a Dio. Se facendosi uomo, Iddio eleva l’uomo fino a sé, quale sarà l’elevazione di Colei che cooperò qual madre, all’Incarnazione? Di qui intendiamo che al disopra del titolo e della dignità di Maria non vi ha che un titolo e una dignità: Dio solo. Tra Maria e Dio non vi è posto per altra creatura: al disopra di Maria non vi è, né vi può essere che Dio; al disotto di Maria sta tutto il creato. Dio, soggiunge san Bonaventura, potrebbe creare mondi quanti volesse, immensamente più belli e grandi di questo, ma non potrebbe creare una creatura più grande di Maria, perché la massima grandezza è: Madre di Dio. La qualità di Madre di Dio è l’ultimo sforzo della divina onnipotenza. E ben a ragione sant’Eucherio dice che per comprendere la grandezza di Maria bisogna prima intendere la grandezza di Dio: « Se vuoi conoscere quale sia la grandezza della Madre, cerca prima quale e che cosa sia il Figlio». Un celebre oratore dovendo tessere l’elogio di Filippo re di Macedonia, decantò la nobiltà della sua origine, la grandezza della sua potenza, il numero delle sue vittorie, e poscia, interrompendosi all’improvviso, esclamò: A che tutte queste lodi? Filippo è stato il padre di Alessandro: questa è la gloria delle sue glorie, questa è la grandezza sua più eccelsa. – Ora guardate al bambino che la Vergine porta tra le sue braccia. Sapete chi è? È Iddio! è il Creatore del mondo, il Salvatore del genere umano. Egli è la gloria di Maria perché è figliuolo di Lei. Epperciò il sentimento comune dei Santi è che voler intendere quanta sia la grandezza di Maria Madre di Dio è un voler rimaner oppressi dalla gloria di Dio che si riverbera in Maria quanto è possibile in una creatura. Tentiamo tuttavia, per quanto la debolezza e meschinità nostra ce lo consentono, di formarci un’idea di questa grandezza suprema tra le grandezze create.

Maria produce con Dio, Gesù Cristo. Ella è associata al Creatore nella più grande creazione. Il capolavoro di Dio creatore non è questo mondo visibile col suo ordine ammirabile, non è del pari il mondo spirituale talmente elevato al disopra del corporale che l’ultimo degli spiriti è ancora immensamente superiore all’ultimo dei corpi; il capolavoro di Dio non è neppure l’uomo, compendio meraviglioso del mondo corporeo e spirituale, il capolavoro di Dio è quello il cui nome solo fa chinare le nostre fronti nel rispetto e nell’amore: è Nostro Signor Gesù Cristo. – « Maria è ammessa all’onore di produrre con Dio questo grande capolavoro. Di fatti, togliete l’azione di Dio generatore eterno del Verbo, Gesù Cristo è un uomo e non più Dio. Togliete l’azione di Maria nell’Incarnazione del Verbo, Gesù Cristo è Dio, ma non più uomo. Sì da un lato come dall’altro non è più Lui, non è più l’Uomo-Dio. La divinità versata in Gesù Cristo dal seno di Dio, e l’umanità versata in Gesù Cristo dal seno di Maria, è lo stesso Gesù Cristo nella sua unità personale, confluente misterioso di queste due sorgenti che vengono ad unirsi senza confondersi. Ecce misterium vobis dico(I Cor. XV, 51): Ecco il gran mistero. – In tal modo Maria è veramente associata all’onore di produrre con Dio il gran capolavoro di Dio: è questo il primo grado della sua grandezza e della sua dignità. Questo primo grado della sua dignità conduce al secondo: con Dio Maria comanda a Gesù Cristo.

« Quello che più innalza l’uomo agli occhi suoi nonché agli occhi degli altri, è il diritto di comandare. Infatti il comando è l’atto d’autorità; l’ubbidienza è il riconoscimento spontaneo dell’autorità. Ecco perché in noi l’amore della nostra propria grandezza si confonde coll’amore del comando: crediamo di renderci tanto più grandi quanto più ci si presta ubbidienza. Chi ci ubbidisce, ci eleva con la sua propria grandezza, giacché sottomettendosi a noi ci riconosce, in certo modo, superiori. Si può pertanto considerare come principio incontrastabile che la dignità di chi comanda è in proporzione della grandezza di colui che ubbidisce. Di qui voi potete, o fratelli, intendere qualche cosa intorno alla dignità che ridonda a Maria dall’autorità che le compete di comandare a Gesù Cristo, a Gesù Cristo che per la sua grandezza personale s’innalza al di sopra della creazione, a Gesù Cristo costituito, per la sua grandezza pubblica, per estendere sopra tutte le creature un sovrano dominio. « Ma, direte voi, come può la creatura comandare al Creatore? Maria comandare a Gesù Cristo? Non bisogna mai, o fratelli miei, indietreggiare innanzi alle conseguenze necessarie dei principii certi. Maria, presso Gesù Cristo, apparisce come una madre presso il suo figliuolo; con Dio, a rigor di parole, Ella è autore di Gesù Cristo. Ora ponderate la filosofia delle parole: chiunque è autore di qualche cosa, ha autorità su quello che ha prodotto. Quindi Maria apparisce agli occhi del suo Figlio non solo come grandezza ch’Ei venera, ma ancora come autorità alla quale presta ubbidienza. Sì, a Gesù Cristo, a questa grandezza dinanzi alla quale si umilia ogni creatura, a questa grandezza dinanzi alla quale perde di splendore ogni maestà, a questo Principe, a questo Re, a questo Dio, una donna, Maria, comanda, ed Egli ubbidisce. « Ah lo intendete! Qui la mente si stupisce, si spaventa. Da ambo i lati, diceva san Bernardo, sta il miracolo, e voi non sapete quale dei due più ammirare: se il miracolo di umiltà nel Figlio, o il miracolo di grandezza nella Madre. Che un Dio ubbidisca ad una donna, è questa un’umiltà senza esempio; ma che una donna comandi a Dio, è questa una sublimità che non ammette assolutamente condivisione. Se è reputata gloria dei Vergini in cielo seguire l’Agnello ovunque si reca, qual gloria meritò la Vergine per eccellenza ammessa all’onore non di seguirlo, ma di camminare innanzi a Lui? Egli reca a Maria una glorificazione degna di Lui. Questa glorificazione è il terzo grado della sua dignità, di essere come Dio, glorificata da Gesù Cristo.

« Maria è glorificata da Gesù Cristo. Tutti gli esseri della creazione sono chiamati a glorificare Dio in ragione della loro perfezione, perché ogni essere deve far risplendere le perfezioni del Creatore nell’ordine stesso in cui esse gli sono comunicate. Ora noi già abbiamo inteso come Gesù è il capolavoro di Dio; Egli è più che tutto il mondo reale, anzi più che tutti i mondi possibili. Per conseguenza un solo affetto del suo cuore, una sola sua parola glorifica il Creatore più che non lo glorifichino tutti i mondi possibili. Ebbene Iddio reclama questa glorificazione come Autore di quell’umanità che deve glorificare il Creatore: questa glorificazione, Maria del pari la reclama come Autrice di quell’umanità d’onde ascende a Dio la gloria, perché Maria contribuì a formare a Gesù Cristo la potenza di glorificare il Padre. Difatti quando Maria si pone di fronte a Gesù Cristo, senza veruna esagerazione può dirgli: Tu, o figlio mio, sei l’immagine della sostanza divina, sei lo splendore dell’eterno Padre, e sei del pari la mia gloria: lo splendore da te discende sul volto di me che sono tua Madre. Così Maria è glorificata da Gesù Cristo.

« Ma che dico io? Le Persone dell’augusta Trinità fanno rifulgere su di Lei la gloria che a Dio procura il mistero dell’Incarnazione. Le dice l’eterno Padre: Per te, o figlia mia, io veggo il Verbo prostrato innanzi a me. Chi era a me uguale è divenuto mio suddito e mi onora. Le dice il Figliuolo: Gloria a te, o Madre! Figlio eterno del Padre, tutto riceveva da Lui, niente gli donava, non poteva donargli nulla. Per te gli do la gloria quale non possono donargli né gli esseri esistenti, né tutti i mondi possibili. Esclama lo Spirito Santo: Gloria a te, o mia sposa! Per te ho procurato chi glorifica il Padre di quella glorificazione infinita, cui Egli ha diritto » (Felix, Maternità divina). In tal modo le Persone tutte dell’augusta Trinità irradiano su Maria una gloria eterna che ha dell’infinito. Pertanto se non possiamo intendere tutta la grandezza a cui venne elevata Maria, per la divina maternità, intendiamo però che questa ha dell’infinito.

III. — Dalla dignità di Madre di Dio scaturisce la missione di Maria, la quale a sua volta ci rivela la grandezza di Lei. Quando Iddio eleva una creatura ad una dignità, ve la eleva per affidarle una missione. Qual è la missione di Maria Madre di Dio? Riassumerò brevemente questa missione, già tratteggiata nelle sue varie manifestazioni, allo scopo di presentarla riassunta sì, ma insieme completa.

Maria Madre di Dio coopera con Gesù alla salute delle anime, alla Redenzione umana. Dall’Eden vediamo Maria associata, da Dio stesso, con Gesù. Dio disse al demonio: Porrò inimicizia tra te e la donna, e tra il seme tuo e il seme di lei (Gen. III, 15). La prima promessa della riparazione ci mostra il novello Adamo con l’Eva novella: Gesù con Maria; e perciò se l’uomo attenderà quattro mila anni il Liberatore, quattro mila anni pure attenderà la Madre di Dio, la liberatrice. Aprite la sacra Scrittura: ovunque trovate una figura od una profezia del Salvatore, ivi trovate altresì una figura o una profezia della Madre di Lui. « Così ad esempio se Gesù Cristo è il fiore di Jesse, il quale deve produrre la salute del mondo, Maria è lo stelo che deve produrre questo fiore di Jesse, il quale deve procurare la salute del mondo. Gesù Cristo è il sole divino che, sorgendo ad Oriente illuminerà la terra, Maria è l’aurora che lo annunzia. Quando ci facciamo a percorrere questo Libro divino di cui ogni pagina è una profezia, guardiamo a destra ed a sinistra, su due linee parallele che partono da Adamo a Gesù Cristo e da Eva a Maria, attraverso quaranta secoli: a destra gli uomini che furono figura di Gesù Cristo, tutti portanti nella fronte un raggio di Gesù Cristo che figurano; a sinistra le donne che figurano Maria, tutte pure portanti sulla fronte un raggio della Vergine riparatrice. Di guisa che dalle chiuse porte dell’Eden fin sulla cima del Calvario, voi dappertutto vedete la riparatrice associata al riparatore ». Di questa verità il Pontefice Leone XIII d’imperitura memoria, ci presenta la dimostrazione che abbiamo nella considerazione dei misteri del Rosario.

Maria compie la missione di Corredentrice che le proviene dalla dignità sua, particolarmente nelle tre grandi epoche del mistero riparatore. Dapprima nell’Incarnazione. Quando è giunta quella che, nella mente di Dio, è la pienezza dei tempi, Egli compie l’ineffabile mistero. Ma che dico compie? È necessaria la cooperazione di Maria; e Dio fa dipendere l’esecuzione del mistero riparatore da una parola della santissima Vergine. Quando l’Arcangelo Gabriele ha compiuto la missione di cui era stato celeste ambasciatore, e ha svelato a Maria il grande mistero, Ella resta un istante stupita e indecisa; e tutto con Lei resta in sospeso: il cielo, la terra, Iddio, l’uomo, il mistero dell’Incarnazione. Finalmente Maria pronunzia la grande parola, il Fiatcreatore dello stupendo prodigio, come creatore fu il Fiatpronunziato da Dio sul nulla per chiamare ad esistere quello che prima non era: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secondun verbum tuum. Così, dice san Bernardo, Maria col suo consenso ha operato la salute del mondo. Quaranta giorni dopo la nascita, Gesù nel tempio compie, per così esprimerci, la sua ufficiale offerta al Padre per la salute del mondo. Questa offerta è anch’essa compiuta per opera di Maria che lo reca al tempio e lo offre all’eterno divin Padre. Sul Calvario finalmente viene compito l’umano riscatto. Gesù è crocifisso: ai suoi piedi, presso la croce, sta la madre sua. Il medesimo dolore, le medesime sofferenze straziano Gesù e Maria. La medesima rassegnazione, la stessa volontà li unisce ed opera la nostra salute.

« Ma come non ebbe fine la parte di Gesù sul Calvario, così del pari non ebbe fine la parte di Maria. Quella carne e quel sangue che hanno riscattato il mondo dovevano riscattarlo e rigenerarlo sempre. Ebbene, dappertutto, anche dopo il Calvario, Maria è associata al suo divin Figliuolo. La veggo difatti e nei nostri sacramenti, e nel nostro apostolato e nelle nostre feste: triplice mezzo di perpetua rigenerazione. Maria sta nei nostri sacramenti. Quando amministriamo il battesimo diciamo: Nel nome del Padre (Maria è la sua figliuola), del Figliuolo (Maria è la sua Madre) e dello Spirito santo (Maria è la sua sposa). Nel tribunale di Penitenza versiamo con la stessa formula, sul peccatore pentito il Sangue del nostro divin Salvatore. E quando voi vi accostate alla sacra Mensa, noi dimenticate, vi cibate parimenti della carne di Maria, imperocché sta scritto: Caro Christi, caro Mariæ; la carne del Cristo è la carne di Maria. Noi ministri dell’altare, quando abbiamo nelle nostre mani la vittima, ah! noi perpetuiamo nelle nostre mani questo gran mistero, quel gran sacrificio del Calvario in cui Maria, come il suo Figlio, fu ad un tempo vittima e sacrificatrice. Maria sta nel nostro apostolato come gli Apostoli, trionfa delle eresie come gli Apostoli, come gli apostoli pone in fuga l’errore; Maria uccide il peccato nelle anime e salva i peccatori. Quante legioni apostoliche vi sono, onorate del nome di Gesù Cristo, altrettanto sono onorate del nome di Maria » (Felix, I c.). Maria è unita a Gesù nelle feste che la Chiesa ha istituito in onore di Lei, parallele a tutte le feste istituite in onore del suo divin Figlio. Basti farne il nome, poiché già altra volta ne parlammo: Concezione, Nascita, Nome, Presentazione al tempio, Passione, Morte, Risurrezione, Assunzione di Maria.

IV. — L’elevazione di Maria alla dignità di Madre di Dio porta a sé unita una grande potenza.

La grandezza e la potenza si confondono in una. Maria è grande, è Madre di Dio. Per tutta l’eternità dirà a Gesù: Sei mio figlio. Per tutta l’eternità Gesù dirà a Maria: Sei mia Madre. Perciò Maria avendo il potere di fare inclinare a sé l’Onnipotente, è potente. Come ciò? Pel diritto materno, e per l’amore materno. Per mezzo di queste due profonde radici, ella avvince, per così dire, lapotenza del suo Figliuolo; da per tutto ove si vale di queste due cose, del suo diritto, del suo cuore, del suo amore di madre, fa piegare la volontà e il cuore di Gesù. L’amore sottometteva Gesù a Maria in terra, l’amore sottomette a Maria in cielo l’onnipotenza di Gesù. Maria in terra ci ha dato Gesù, dal cielo ci dona le grazie di Gesù.

La potenza di Maria! Chi la può misurare ? Vedete mirabile Provvidenza di Dio: Ogni essere sulla terra ha una potenza proporzionata all’ufficio che Iddio creatore gli ha assegnato. La potenza di Maria è pertanto anch’essa proporzionata alla sua missione: Madre di Dio, Corredentrice delle anime. Chi ha un ufficio nel mondo fisico, ha la potenza sul corpo; chi ha un ufficio morale, ha il potere di agire sull’anima. Maria ha una grandezza ed una missione soprannaturale, e perciò anche la sua potenza è soprannaturale. Perciò la potenza di Maria non ha limite. È potente in cielo ed in terra; è potente sul demonio e su noi. Maria può quanto vuole. Tutto ciò che Iddio può per natura, Maria lo può per grazia, lo può perché Madre di Dio; tutto ciò che è bene per noi Maria lo vuole perché corredentrice. Ovunque si estende la potenza di Dio, là si estende la potenza della madre sua.

V. — Grande è la dignità di Maria Madre di Dio: la divina maternità e la ragione, la fonte di tutte le grandezze di Maria. Tale grandezza, che noi non potremo mai ammirare sufficientemente si riverbera pure su noi. In Maria è stata esaltata, nobilitata non solo la persona di Lei, ma tutta la natura, e quindi la stirpe umana. Come pel peccato di Adamo il demonio avvilì e vinse non la persona sola di Adamo e di Eva ma la natura, la stirpe umana, così nell’esaltazione di Maria, è stata esaltata, nobilitata questa natura, questa stirpe di cui noi siamo membra. La gloria di un membro della famiglia, è gloria della famiglia tutta. La gloria di Maria, figlia primogenita della famiglia cattolica, è gloria di tutta la cristianità. – Ma oh, devoti fratelli! Ci contenteremo noi oggi di aver destato una sterile ammirazione nel cuor nostro verso questa nostra primogenita sorella e Madre? Queste grandezze richiedono in noi l’adempimento dei doveri che vi corrispondono e che costituiscono quella che, a piena ragione, diciamo vera divozione a Maria. Maria è Madre Dio. Come tale è elevata alla suprema dignità, cui potesse venire elevata una creatura. Onoriamola dunque, rispettiamola. Onoriamola colle parole: Ave Maria; nelle sue immagini, nelle sue feste, onoriamola specialmente con l’imitarla nelle sue virtù. Maria è Madre di Dio, è Corredentrice. Amiamola dunque. A Maria andiamo debitori di infinite grazie: da Lei abbiamo avuto Gesù, da Lei la fonte prima della Redenzione, da Lei il Fiatriparatore che costò tanto strazio al cuore, all’anima sua. Amiamola con tutto il nostro cuore. Oh non ispunti nella nostra vita un giorno solo in cui il nostro cuore non arda di amore per Maria. Amiamola Maria e perciò non offendiamo mai il suo caro Gesù. Maria Madre di Dio può quanto vuole, e vuole tutto quello che per noi è bene. Confidiamo dunque e umilmente invochiamo la sua potenza, la sua bontà in nostro favore. Preghiamola di tutto quello di cui abbisogna la nostra vita temporale, ma preghiamola specialmente di quanto ci abbisogna per la povera anima nostra. Domandiamole di poterla sempre degnamente onorare, di poter conservare puro, per amore di Lei, il nostro cuore, di poter rendere l’anima nostra bella della sua bellezza soprannaturale ricopiando in noi le sue virtù, domandiamole di proteggerci onde poter riuscire sempre vittoriosi nella lotta col demonio, di godere della sua preghiera e della sua protezione in punto di morte, e di poter finalmente acclamarla e benedirla per sempre in cielo quale Madre di Dio.

FIORETTO. —Reciteremo devotamente sette volte l’Ave Maria e la Sancta Maria per onorare la Madre di Dio e pregarla della sua protezione.

GIACULATORIA. — Ripeteremo spesso la liella invocazione che proclama Maria Madre di Dio: Sancta Dei Genetrix, ora prò nobis.

ESEMPIO. — Visione di fra Leone. — Nelle cronache dei frati francescani si legge come vivendo tuttavia il beato Padre Francesco su questa terra aveva molta domestichezza e famigliarità con un frate laico del suo ordine, che si chiamava frate Leone. Era questi di una semplicità mirabile e tutto pieno dello spirito del Signore e perciò molto caro a Francesco, che sovente sel toglieva seco a passeggio e insieme discorrevano delle cose di Dio. Ora avvenne che il beato padre Francesco se ne morì, ed i frati suoi ne seppellirono il corpo nella chiesa della Madonna degli Angioli, che è in Assisi. E frate Leone sentendosi solo in sulla terra privo del suo amato padre, sovente recavasi in quella chiesa e la andava ad inginocchiarsi presso la tomba del beato Francesco, ove passava le ore intere in sante meditazioni, parendogli così ancora di conversare con lui, non altrimenti che faceva quando era ancora in terra. Una sera adunque mentre frate Leone stavasi in preghiera vicino alla tomba del padre suo, stanco pel molto lavorare che aveva fatto durante il giorno, sentì un grave sonno venirgli addosso; per il che appoggiato il capo in sulla sponda del sepolcro si addormentò subitamente. Ed ecco mentre profondamente dormiva ebbe una visione. Parevagli trovarsi in vasto campo e la convenire tutti i frati del suo ordine; ed erano in numero sì grande da parere quello il giorno del giudizio universale. E mentre i frati si stavano radunati in quel campo, ecco in alto da un lato del cielo aprirsi come una porta e di la scendere in fino a terra una grande scala, che pareva quella che altra volta era comparsa al Patriarca Giacobbe mentre dormiva nell’aperta campagna. E sulla sommità della scala si vedeva il beato Francesco, e dietro di lui il divino Giudice Gesù Cristo. E Francesco voltosi ai frati che si stavano nella valle dire loro: Fratelli miei, suvvia venite al cielo passando per questa scala. E quelli tutti a provarsi per montare; ma non potevano, che la scala aveva pochi e radi scalini e pareva che fossero di fuoco, tanto bruciavano le mani che vi si attaccavano. E tutti provavano a salire e nessuno il poteva. Onde i frati piangevano dirottamente. Allora sparve la scala, il cielo si chiuse e più non si vedeva persona; per il che i frati incominciarono a mandare altissime grida. Ma ecco che poco stante da un altro lato si aperse un’altra volta il cielo e discese giù un’altra scala, che aveva molti e spessi scalini e pareva fossero infiorati ed alla sommità apparve nuovamente Francesco, tutto raggiante di gioia, e dietro di lui era vi la Vergine Madre di Dio con tanti Angeli che le facevano corona. E Francesco rivolto nuovamente ai frati, che avevano cessato dal piangere e stavano meravigliati a guardare, disse loro con parole piene di santa allegrezza: Suvvia, frati miei cari, provatevi ora a salire su questa scala, e venite con me in paradiso. E i frati a quelle parole ed a quell’invito tutti si attaccarono alla scala per salire; e quando alcuno per la pesantezza della persona pareva stanco e si arrestava dal salire, la Madonna il confortava chiamandolo per nome e inviandogli degli Angioli che il sostenessero; e così tutti i frati poterono giungere in fino al beato Francesco, che prendendoli per mano li presentava alla Vergine, ed Ella li introduceva nel cielo. E quando tutti si furono scomparsi, ecco che si svegliò frate Leone, e trovò che ei solo era rimasto in terra presso la tomba del beato Padre. Ed allora incominciò a piangere forte; e avendolo un frate che si trovava in chiesa interrogato del perché piangesse a quel modo, frate Leone gli raccontò il sogno che aveva avuto. E messisi tutti e due a pregare insieme conobbe frate Leone quella essere una visione con cui voleva Iddio significargli che l’amore e la devozione inverso la beata Vergine Maria era la scala facile e sicura per giungere al cielo; onde in seguito fu poi sempre devotissimo di Maria, e a tutti raccomandava questa devozione, raccontando loro quanto aveva veduto nel suo sogno.

(MORINO).

Siamo devoti di Maria. Ella, perché Madre di Dio, è vera scala del paradiso; la scala che unisce questa povera terra, valle di lagrime, al cielo. Ascendiamo questa scala per mezzo della pratica fervorosa, della divozione a Maria. In questo modo anche noi conseguiremo certamente la eterna salute.