GNOSI: TEOLOGIA DI sATANA (16) – GNOSI E BUDDISMO -4-

GNOSI: TEOLOGIA di Satana (16)

“omnes dii gentium dæmonia”

GNOSI E BUDDISMO -4-

Sul nostro studio sulla gnosi ed il buddhismo, abbiamo dimostrato come il buddhismo non era altro che gnosi manichea diffusa in Asia, che il vero Buddha non era altri che lo stesso Mani, e che la dottrina buddhista non è che lo sviluppo dell’insegnamento di Mani al quale si sono mescolati, nel corso dei secoli, molteplici leggende popolari che non hanno naturalmente sfigurato l’essenziale della dottrina. – Per questo abbiamo mostrato come le più antiche pitture murali dei più antichi monasteri buddhisti in rovina dell’Asia centrale, siano dipinti manichei, che i più antichi  manoscritti scoperti in questi stessi monasteri siano trattati manichei, ricopiati dai monaci buddhisti nel corso del VII ed VIII secolo della nostra era. Queste scoperte erano già state conosciute in Occidente, negli anni 1920-1930, ma sono rimaste ignorate perché “sistematicamente” occultate dagli storici dell’Asia. In effetti, tali scoperte li inducevano e rigettare tutte le ricostruzioni cronologiche arbitrarie del XIX secolo ed a riconoscere la cattiva fede di questi storici che non avevano esitato a fabbricare la storia con delle leggende ed a giocherellare senza pudore con i secoli. – Noi abbiamo ugualmente dimostrato che l’insegnamento di Mani ed i riti dei monaci buddhisti sono l’esatta riproduzione dei rituali manichei scoperti in questi stessi monasteri. Noi non abbiamo inventato queste dimostrazioni: esse sono state sostenute da osservatori perspicaci e non sensibili alle mode intellettuali dei loro tempi. Abbiamo citato questo padre Giorgi, che nel XVIII secolo ha dimostrato che il buddhismo non era altro che una deformazione del Cristianesimo dovuta all’azione perversa dei manichei: egli era infatti ben informato dai missionari insediati nel Tibet. Uno di essi, un portoghese, il p. Antonio D’Andrade, residente a Tsaoarang, nel 1624 aveva notato la formula magica con la quale i tibetani pregavano il loro Buddha: « Om mani padmé hum », che i monaci traducevano così: « Mio Dio, salvaci ». Ma questo “dio salvatore”, esso lo chiamano sempre, ed ancora oggi: MANI. Questa formula è scritta sulle loro grandi banderuole che fluttuano al vento, sulle loro campane e sui loro scranni da preghiera. – Risaliamo a qualche secolo addietro. Nel 1246, San Luigi inviò presso il gran Khan di Tartaria un religioso domenicano, il fr. Guglielmo de Rubrek. Questi intraprende diverse grandi controversie con un monaco cinese, che egli chiama un tuyan, cioè un taoista (il Tao è la gnosi della Cina). Egli tratta della molteplicità degli dei, della natura e della causa del male, etc. ed oppone ai cinesi la vera dottrina cristiana e mostra che conosce molto bene la dottrina di coloro che chiama idolatri, adoratori dei loro buoni auspici. Egli precisa nella sua “Relazione: « Tutti in effetti professano questa eresia dei Manichei, secondo i quali la metà delle cose è cattiva, e l’altra metà buona, e che vi sono almeno due principi; quanto alla anime, essi pensano che esse passino da un corpo all’altro ». il traduttore, A. T’serstevens, aggiunge in nota: “Beninteso, il cinese non è manicheo ma è buddhista” e le sue prime proposizioni si collegano a questa religione. Rubruk, che abbiamo visto visitare dei templi buddhisti, non sembra avere alcuna idea del buddhismo. Occorrerà attendere Marco Polo per averne le prime nozioni”. Il “beninteso” è ammirevole. T’serstevens si crede un teologo e filosofo più abile del religioso domenicano e manifesta a suo riguardo un disprezzo che dimostra la sua ignoranza della vera natura gnostica del buddhismo. – Su tale argomento, pensiamo sia utile ricordare questa definizione del buddhismo dovuto ad un erudito dell’ultimo secolo, Philarètes Chasles (professore al Collegio di Francia, uno dei “padri” della letteratura contemporanea): « Questi dogmi buddhisti si avvicinano in modo strano ai simboli e ai dogmi cristiani. Vi si ritrova, sotto diversa forme, il frutto del male e del bene, che non è più una mela, bensì un fico;  Eva soccombente alla tentazione, il serpente tentatore, la vergine che dà il seno al Redentore – tutto ciò che il credo cristiano contiene di fondamentale, o di simbolico e misterioso … L’idea dell’incarnazione divina in un essere umano ne costituisce il fondamento stesso e l’essenza. Il buddhismo va oltre, esso la moltiplica come in altri tempi gli gnostici e stabilisce la possibilità per l’uomo di diventare “Dio” e di riunirsi alla sostanza eterna. L’ortodossia cristiana accetterebbe la maggior parte dei precetti inculcati dalla morale buddhista (?). Si crede, scorrendo i loro trattati ascetici, di leggere Gerson o il mistico Taler … »  Ecco una buona definizione del buddhismo: “un Cristianesimo sfigurato dalla gnosi”. – A queste dimostrazioni che ci sembrano definitive, non ci si può opporre che le cronologie stabilite da storici dell’Asia, cronologie false, completamente da rigettare. Così come è impossibile basarsi sulle dichiarazione degli stessi buddhisti. Il valore delle tradizioni indiane è praticamente nullo in questo ambito. James Fergusson scrive al proposito: « Chiunque abbia viaggiato in India sa di quali insegnamenti può avere, anche da parte dei migliori e più intelligenti brahmani, sulla data dei templi in cui hanno servito essi ed i loro ancestri dopo la loro edificazione. Mille o due mila anni è la datazione fornita per dei templi che noi sappiamo perfettamente non avere che due o tre secoli di esistenza. – Applichiamo questo principio ai manoscritti buddhisti. I più antichi attualmente conosciuti non vanno oltre il Medio-Evo, e precisiamo pure: il basso Medio-Evo, XIII e XIV secolo! Se si risale più indietro, si trovano solo i manoscritti manichei  dei quali abbiamo trattato. Il poema sanscrito più antico sulla vita di Buddha intitolato il « Buddha-charita » è attestato per la prima volta in India nel 673 dopo Cristo. Il « Laita Vistara » è conosciuto da una versione cinese del VI secolo della nostra era e non prima. – In una lettera a W. S. Lilly, il cardinale Newman aveva già protestato energicamente contro le fantasie degli storici indianisti: « Per provare l’autenticità e la datazione dei nostri Vangeli, noi abbiamo una massa di manoscritti di diverse date e famiglie differenti, una moltitudine di testimonianze e di citazioni, sia dei Padri, sia di altri autori; poi, onde soddisfare alle esigenze della nostra critica, si deve avere coincidenza perfetta tra i testi dei diversi manoscritti. Se in tutti i manoscritti scoperti non si ritrova un passaggio, esso è condannato … perché allora non chiedere tali garanzie prima di ammettere come vera la storia di Buddha? » – Ci si può stupire in effetti, dell’estrema facilità con la quale gli indianisti abbiano accettato tutte le leggende buddhiste, senza il minimo spirito critico, nell’epoca in cui l’esegesi modernista arzigogolava con acrimonia contro le pretese contraddizioni dei manoscritti del Nuovo Testamento. Le leggende di Buddha, come quelle delle recite musulmane sulle vita di Maometto, hanno beneficiato di una indulgenza inammissibile e colpevole da parte di scrittori, per altro molto severi a riguardo delle fonti manoscritte del Cristianesimo. Ci sono due pesi e due misure evidentemente che lasciano perplessi sulla buona fede e sulla serietà di questi autori. – Vediamo le cose più da vicino:

.1°) Il “Dialogo di Milanda” ci è noto da una versione cinese del VI secolo della nostra era. Esso racconta la conversione di un re indiano, Milanda, operata da un monaco buddhista. Saltando a piè pari svariati secoli, alcuni storici hanno preteso di identificare Milanda con il re greco Menandro, vussuto nel I secolo a. C., identificazione da molti contestata. Ma noi possediamo una vita di Menandro, scritta da Plutarco nel secondo secolo della nostra era, nella quale non c’è accenno alcuno alla questione di buddha e del buddhismo. –

.2°) Esiste una moneta di Kanischka rappresentante Boddo, in piedi, con la mano destra alzata nel gesto di un maestro che insegna ai suoi discepoli e che porta un manipolo al braccio sinistro, il manipolo del sacerdote cristiano. Si è preteso che il re Kanischka fosse vissuto nel primo secolo della nostra era, senza precisare che vi furono diversi re con questo nome che hanno regnato durante i primi secoli del Cristianesimo.

3°) La leggenda di Açoka (il “re pio”, cioè colui che dà generosamente per la costruzione dei monasteri) è contenuta nel “Mahavansa”, la cui redazione non risale oltre il V secolo della nostra era. James Prinzep, un erudito inglese, ha decifrato diverse inscrizioni sopra alcune rocce, nelle quali Açoska, « l’amico degli dei e delle leggi » enumera i popoli che egli ha convertito al buddhismo. Tra questi cita dei re di Yavanas (vale a dire dei Greci), chiamati Ptolémeo, Antioco, Antiochus, etc. Frettolosamente si è voluto identificare questi re con i discendenti dei generali di Alessandro e, danzando sui secoli, si è preteso che Açoka abbia regnato nel III secolo a. Cristo. Lo si è pure chiamato “l’imperatore delle Indie” con un anacronismo nient’affatto giustificato; la città d Taxila, della quale sarebbe stato re, era in realtà una piccola città del Gandhara. – Ora, è certo che il buddhismo non sia mai penetrato né in Babilonia, né in Siria, né in Egitto, ove non si è mai trovata la benché minima traccia che possa testimoniare anche di un transito momentaneo di questa religione; la stele di Açoka precisa anche il nome di una città, Alessandria, che si è voluto identificare come la capitale dell’Egitto. Tutto questo è pura impostura! Noi sappiamo oggi che piccoli regni greci si sono perpetuati nelle montagne dell’Asia centrale, in Bactriana e Sogdiana, fino alla conquista maomettana, cioè fino al VII secolo della nostra era. I loro re portavano dei nomi greci. In quest’epoca esistevano pure piccole città greche che portavano il nome di Alessandria, in particolare nel Caucaso. Come la stele di Açoka enumera, al fianco dei re greci, dei re di Huns, vediamo bene che essa designa con ciò i capi di questi piccoli stati dell’Asia centrale. – Ma se si vuole ben esaminare attentamente la storia del buddhismo alla luce delle datazioni rettificate, si comprende chiaramente che essa corrisponde perfettamente all’espansione del manicheismo nell’Asia. Mani ha insegnato in India ed in Asia nel III secolo della nostra era. I monasteri manicheo-buddisti si sono diffusi in queste regioni nel corso del V e VI secolo. È in quest’epoca che apparvero pure le leggende di Milanda, di Açoka, dello stesso Buddha. Esse sono tradotte in cinese verso la fine del VI  secolo, seguendo la “via della seta”. Nel VIII e X secolo si ritrovano i manoscritti manichei tra le rovine di questi monasteri, ricopiati dai monaci buddhisti dell’epoca. È tutto chiaro e semplice, c’è una successione naturale e logica dei fatti che prendono posto in un mosaico storico allora ben conosciuto. – Infine conviene precisare che questa storia falsificata del buddhismo, che ha finito per imporsi dappertutto, non è il risultato di un gioco innocente, o di ricerche superficiali fatte da dilettanti incompetenti, ma tutto è stato abilmente manipolato con l’intenzione appena camuffata di demolire la fede nelle anime cristiane. Vediamo il caso, nel secolo scorso del più grande indianista, Eugène Burnouf. Nella sua “Introduzione alla storia del buddhismo”, apparso nel 1844, egli insinuava: « Ci sono poche credenze che si fondano su di un piccolo numero di dogmi ed impongono al senso comune meno sacrifici, io parlo qui in particolare del buddhismo che mi sembra essere il più antico, il buddhismo umano e, se oso chiamarlo così, è perché è quasi tutto interamente compendiato in regole molto semplici di morale …” . Nel dire che il buddhismo fosse la religione primitiva dell’umanità che si trova alla radice di tutte le religioni, Barnouf insinuava che il buddhismo avrebbe potuto agire sul Cristianesimo con l’intermediazione degli Esseni che avrebbero trasmesso a Gesù-Cristo la tradizione monastica. Tutto questo ovviamente senza la benché minima prova … C’era di conseguenza una cascata di contro-verità suggerite, lasciate alla libera interpretazione dei suoi discepoli. I suoi uditori entusiasti gli chiedevano di dimostrare “che il padre zoroastriano e l’India buddhica avessero in diversi punti preceduto ed spirato il Vangelo”. « Concludete dunque » essi dicevano, stimolandolo a fornire ai pensatori « il punto di partenza per lo slancio verso un mondo nuovo ». Ma più abile e più prudente, Burnouf si accontentava di sorridere … – Davanti a questi insegnamenti sì conturbanti, i cattolici sprofondavano in una timidezza patologica. Un certo abate Deschamps osò manifestare una “rispettosa riserva” nei riguardi di Prinzep e di Barnouf. Si contentò di notare, per la prima volta, certe analogie tra la leggenda di Çakiamouni e gli apocrifi cristiani, evidenti in particolare nel “Lalista vistar”. – Sulle devastazioni religiose che questa presentazione del buddhismo ha potuto provocare tra anime sincere, noi abbiamo la testimonianza di un critico letterario, Ferdinand Brunetière, che all’inizio del secolo scorso ha confessato, nelle sue “Difficoltà a credere” come egli fosse stato trattenuto per quindici anni sul cammino dell’adesione alla fede cristiana. Egli è stato, tra molti altri, vittima di una monumentale impostura! È la medesima impostura che è stata propinata agli sbigottiti fedeli, dagli gnostici, coscienti o meno, che hanno stilato i documenti del falso concilio, o meglio il conciliabolo Vaticano II [solo per inciso ricordiamo che la bolla “Exsecrabilis” di Pio II ha condannato anzitempo tutti gli organizzatori, i fautori e gli aderenti ad un concilio, o ai suoi documenti fasulli, che ribaltavano Sentenze Pontificie precedenti, con la terribile scomunica “ipso facto”, “latæ sententiæ”!], quando hanno “sdoganato” con assoluzione piena le false religioni orientali, tutte infarcite, come constatato, di manicheismo gnostico, o per meglio dire di pensiero gnostico addobbato con kimono, turbante, codino ed occhi a mandorla, in pratica: satanismo puro! In uno dei documenti più sbandierati dalla setta modernista [Nostra Ætate, sess. VII] si può infatti leggere con raccapriccio: « … così nell’induismo scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; essi cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza. Nel Buddhismo, secondo le varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole, e si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di raggiungere lo stato di liberazione perfetta o di pervenire allo stato di illuminazione suprema, sia per mezzo dei propri sforzi, sia con l’aiuto venuto dall’alto [che in realtà viene solo dal basso –ndr. -]. Ugualmente anche le altre religioni che si trovano nel mondo intero si sforzano di superare, in vari modi, l’inquietudine del cuore umano proponendo delle vie, cioè dottrine, dei precetti di vita e dei riti sacri. … la chiesa cattolica [quella falsa – ndr. -] nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni … ». Questa è una dichiarazione chiarissima di accettazione delle dottrine gnostiche orientali, ed una confessione che la nuova dottrina del falso concilio è in realtà la medesima in “salsa vaticana”: il Manicheismo gnostico! Ergo: concilio falso, Papa falso [i massoni gnostici Roncalli e Montini], dottrina falsa, chiesa falsa!!! … più chiaro di così !?! … c’è bisogno forse che Lucifero parli al tg1?

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Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.