LO SCUDO DELLA FEDE (248)

LO SCUDO DELLA FEDE (248)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (17)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

ART. IV.

ORAZIONE IV: UNDE ET MEMORES.

O LA MEDITAZIONE DELLA PASSIONE DI G. C.

« Per lo che anche memori noi, vostri servi, e con noi pure il vostro popolo santo, della tanto beata Passione del medesimo Signor nostro Gesù Cristo, ed anche della sua Risurrezione, come pure della gloriosa sua Ascensione nei cieli, offriamo alla preclara Maestà vostra di questi vostri doni a noi dati (Qui giunge le mani e fa tre segni di croce, sopra l’ostia, e sopra il calice insieme) quest’Ostia + pura, ostia santa, ostia + immacolata: (poi fa un segno di croce sopra l’ostia, ed un altro sopra il calice dicendo) pane + santo di vita eterna, e calice + di salute perpetua. »

Esposizione dell’Orazione: Unde et memores,

« Per il che memori anche noi, vostri servi, e con noi pure il vostro popolo santo, della così beata Passione ecc. ecc. » Più che di esposizione, or fa bisogno di tenera pietà a sfogo di divozione. Oh, buon Dio! ecco qui come sul Calvario, misticamente sacrificato Gesù ! (Osserva il S. P. Ben. XIV che in qualche chiesa di Francia, come anche dei Cartusiani, Domenicani e Carmelitani, ed anche nella Messa di rito Ambrosiano, sì usa qui dal Sacerdote nel celebrare alzar le braccia e tenerle allargate per rappresentare la figura di Gesù Cristo crocifisso. – Lib. 2, De sac. Miss. cap. 16, n. 4) Ma tuttavia invece di un popolo furioso, che lo insulti, Egli ha d’intorno noi, poveri servi suoi, e questo buon popolo di eletti, per essere in Lui sacrificato (Ephes. 14.). Deh! stringiamoci intorno coll’anima sopra di Lui per contemplare i suoi patimenti. Il sacerdote prega in secreto… Alto silenzio… I patimenti di Dio vogliono lagrime e non parole!… sfoghiamoci in secrete parole calde del Sangue di Gesù!…. Ah! i pensieri al Calvario ,in questo momento: ed il cuor nostro tutto qui sul Petto a Gesù. Il Calvario…. contempliamo il Calvario!…. Quest’orrido monte…. il patibolo rizzato sopra esso, la croce!… e sopra la croce chi muore!.. Tra quella turba di furibondi, tra quei carnefici ubriachi di rabbia, fra due malfattori in patibolo… Chi è… chi è quel morente insanguinato, e tutto lacero di piaghe?… Santa fede!,…. In questo patibolo è 1’Uomo-Dio. Deh! Copriamoci colle mani il volto e gridiam spaventati: tristi a noi, tristi a noi, che siamo uomini! se gli uomini hanno potuto essere tanto empi da bagnarsi le mani nel Sangue del figlio di Dio, e mettere in croce il Salvator del mondo! – Trema paurosa la terra, il sole s’oscura. Appaiono smorte le stelle in quel tenebrore come pallide fiaccole ai funerali dell’Uomo-Dio. Si squarcia il velo del tempio, si spezzan le rupi, sì spalancano i sepolcri, e l’aere negro pare che pianga inorridito anche esso!… E che? l’iniquità avrà dunque da trionfare sulla terra? E la giustizia sarà oppressa nel suo Giusto, che la rappresenta? Così contro di Dio l’ha da vincere il male che lo avversa? Ahi! Che fino l’Uomo-Dio pare che non possa più reggere sotto il peso dei delitti dell’umanità sciagurata! E grida dalla croce; « O Padre, o Padre, forse perché ho presa la forma dell’uom peccatore, mi avete adunque abbandonato! »…. Alto silenzio Gesù agonizza; e tra le angosce dell’agonia mette un più forte grido esclamando: Consummatum est, la malizia degli uomini, e la giustizia di Dio, tutto è consumato! Ripetiamolo noi, che ne abbiamo ragione: « Sì, sì, tutto è consumato, se il Redentore trionfante resta per noi in sacrificio: consummatum est! » Come da Gesù boccheggiante nell’agonia,così da Gesù sacrificato s’alza pur questo grido;« consummatum est: il Sacrificio di Dio è consumato! »…. Questo grido si ripete per tutta la terra: questo grido si ripete per tutti i mondi del firmamento…. e fino negli abissi d’inferno col fremito del terrore si ripete « consummatum est! » … A questo grido. dal più alto dei cieli il grand’Angelo, che sta a guardia della Giustizia di Dio, in atto di fulminare chi l’oltraggia, abbassa il terribile sguardo sull’altare, come là sulla croce, e vedendo Gesù sacrificato… rompe e getta la spada del suo furore, e grida anche esso esultante: « consummatum est! » – Adoriamo atterriti e compunti… Grande Iddio!.. Dall’eterna gloria il Padre in cielo…. qui sull’altare con noi il Figlio… e l’Amore eterno, il celeste Amore tra il Padre e il Figlio, s’abbraccia sull’altare, come là sul patibolo, a Gesù Cristo, e prende la calda onda del Sangue di Gesù, la getta sul viso e sul cuore degli uomini, gridando: « O redenti, i vostri peccati li paga di sua vita Gesù! » Diciamoci adunque noi: « Memori… della così beata Passione vostra ecc. » Qui noi nella nostra contemplazione posiamogli il capo sul Petto: e come a Lui morente in croce, ripassandogli ad una ad una le Piaghe, sfoghiamogli in silenzio nel seno parole piene di pianto. « Oh la veramente beata passione del nostro Signore, per noi è una vera beatitudine! In essa, stracciata la scritta, dov’erano registrati i nostri peccati, l’avete confitta coi chiodi a questa croce, e da questa scorrono giù i larghi gorghi del vostro preziosissimo Sangue, a cancellare i caratteri di dannazione. » « Come pure memori della Risurrezione vostra, ma anche della gloriosa vostra Ascensione nei cieli ecc. ecc. » Vero Principe di pace, trionfatore dellamorte, Voi avete rotta questa terribile barriera, cheseparava il cielo dalla terra, e gli uomini tenevalontani come nemici, da Dio. Dall’altare della crocepenetraste negli abissi della regione della morte; spezzaste le porte dell’inferno, rovesciaste il trono del demonio, e lo incatenaste ai piedi del vostro altare. Allo splendor della vostra gloria le anime dei Santi in tenebre sepolte si destarono; Voi, rotte le catene ai vinti di morte (Io. Chrys. Hom. 24 ad Cor,), li tiraste fuori ad accompagnarvi nel trionfo della vostra risurrezione, e con quella legione di trionfanti saliste al Paradiso. Ora noi esclameremo con ragione: « o morte, o morte, dove è la tua vittoria? Guarda Gesù che muore e risorge, che sale al cielo, e lassù nel cielo porta nelle sue piaghe il pegno della risurrezione per tutti: guarda Gesù sotto queste specie in sacrificio, glorioso capo dei risorgenti, che con noi s’incorpora. È per portarci seco a vita eterna in Paradiso! » « Noi intanto, o eterno Padre, alla vostra preclara Maestà di questi doni, in che ci avete dato il Figliuol vostro, offriamo in sacrificio un’Ostia + pura, un’Ostia + Santa, un’Ostia + immacolata. Dio delle misericordie! ecco che il Figliuol divino è divenuto Pane Santo di vita eterna e Calice + di salute perpetua! » Qui fa le cinque croci, per mettere sotto gli occhi dirò così le cinque Piaghe di Gesù Cristo; le fa colla destra in atto di benedire, per derivar dalla croce e dalle Piaghe la benedizione delle anime nostre (S. Thom. 3 p., q. 8, a. 5. Suarez 3 P., t. 3, q. 83. a. 5, et Ben. XIV, loc. cit. Bossuet, Tract. de Miss. cap. 14.). Il sommo pontefice Benedetto XIV osserva, che ogni volta che si nomina Corpo e Sangue di Gesù Cristo, si fa sempre accompagnandoli col segno di croce, per significare che sotto la specie dell’ostia è il medesimo Corpo, che fu in croce lacerato e pendente; e nel calice il medesimo Sangue, che si versò pei peccati del mondo. Osserva ancora (Microl. cap. 14, et Nat. Alex. De sac. Euch.), che nella Messa il segno di croce si fa o una volta sola, o tre, o cinque: una volta, per indicare l’unità dell’essenza di Dio; tre, per indicare la SS. Trinità; cinque per indicare le cinque Piaghe di Gesù Cristo e la santa sua Passione. – Il sacerdote stende le mani e prosegue:

L’Orazione: Supra quæ etc.

« Sopra le quali cose con propizio e sereno volto degnatevi di riguardare, e di aver per accetti, come accetti aveste i doni del vostro servo giusto Abele, i sacrifici del patriarca nostro Abramo, e ciò, che vi offrì il sommo sacerdote Melchisedecco: santo sacrificio, Ostia immacolata. »

Esposizione dell’Orazione: Supra quæ etc.

Qui il sacerdote ritto in mezzo all’altare torna a stendere le mani; torna, per dir così, a mettere le sue mani sulle Mani piagate di Gesù Cristo, il capo sul Capo di lui coronato di spine, il petto sul suo Petto squarciato, e così con Gesù Cristo identificandosi, sta colle mani innalzate a fidanza di aver a fare con un Dio placato, e lo prega di degnarsi di guardare sull’altare con volto propizio e sereno. Anzi vorremmo dire, che con una certa aria di trionfo ricorda gli antichi sacrifici, che del Sacrificio presente furono le principali figure, per dire a Dio: « eh! se vi furon grate quelle offerte, ben vi deve essere carissimo questo nostro Sacrificio, santo per essenza, e sì veramente Vittima immacolata. » Perché, se gli offriva Abele ciò che di meglio per lui si poteva, se Abramo, ciò che di più caro aveva, se Melchisedecco ciò che gli fosse di più misterioso inspirato; s’era innocente Abele, obbediente Abramo, Melchisedecco santo; ed in questi fu significato Gesù; et in his signatus Christus: qui su quell’altare con questa Vittima in mano, noi abbiam ben ragione di aspettarci, che Dio, sì! ci debba fare buon viso: e dimenticando tutti i nostri torti per ricordarsi della sola sua bontà, accogliere volentieri anche dalle mani nostre questo gran Dono. – Osserva s. Bonaventura (In exposit. Miss), che qui si ricordano specialmente quei tre santi dell’antico Testamento, perché rappresentano in figura più propriamente Gesù nella Passione sua, e nella ss. Eucaristia. Ricordasi Abele ( Gen. IV, 4.), perché Abele fece offerta dei primogeniti del suo gregge, e Gesù offrì se stesso primogenito tra i molti fratelli (Rom VIII, 29), lasciandosi uccidere immacolato agnello ed innocente. Perciò lo vide appena Giovanni Battista, e dovette esclamare: « Ecco l’agnello di Dio. » Di più Abele innocente venne trucidato dal fratello Caino; e Cristo dai Giudei, suoi mali confratelli secondo la carne fu tradito e mandato a morte. – Ricordasi Abramo, perché Abramo obbedì a Dio fino ad immolargli il figlio: e Gesù si fece obbediente al Padre fino alla morte, e nelle mani del Padre diede l’anima sua. – Ricordasi Melchisedecco, perchè Melchisedecco comparisce nella storia Sacerdote senza che se ne conosca il padre, senza stirpe, senza antecessori nel sacerdozio, senza principio di giorni, senza fine di vita (Heb.); anch’egli mediatore tra Dio e gli uomini, partecipando in certo modo della Divinità, essendo ineffabile la sua generazione, partecipando della umanità per la sua qualità di re; così rappresenta al vivo Gesù uomo, Dio, pontefice eterno, re dell’universo. E come quell’antico, offrendo il pane ed il vino, dedicava il mistero del sacrificio cristiano e benediceva quindi ad Abramo ed a tutti i suoi: così per supplire all’imbecillità del sacerdozio antiquato, pure sotto le specie del pane e del vino, Gesù offre il suo Corpo ed il suo Sangue santissimo, ed apre sull’altare la sorgente di tutte le celesti benedizioni, per condurre a perfezione la santificazione degli eletti (Cyp. Ep. ad Caec. S. Leo. sess. serm. 9, in Anniv. Conc. Trid, sess. 22, cap. 1, De sac. Miss. Hier. Ep. ad Marcel. Aug. De Civ. Dei, lib. 6, cap. 22.). Con fiducia adunque presentiamoci al trono di grazie, per supplicare l’Eterno di volere consumare la nostra santificazione per virtù del sacrificio santo immacolato; prostrandoci 0uniti al Sacerdote con Gesù, che ora entra nel santuario non manufatto col suo divin Corpo e Sangue, cioè in cielo, per comparire innanzi a Dio alla nostra testa ad impetrarci misericordia (Heb, 6.). Il Sacerdote profondamente inchinato pone le mani giunte sopra l’altare e prosegue l’orazione:

Supplices te rogamus.

« Supplichevoli vi preghiamo, onnipotente Iddio, comandate Voi, che queste offerte si presentino per man del vostro Angelo santo sul sublime vostro altare al cospetto della vostra Maestà divina: affinché tutti noi che (qui bacia l’altare) di questa partecipazione dell’altare avrem ricevuto (fa segni di sopra il Corpo ed il Sangue) il sacrosanto Corpo e Sangue + del Figlio vostro (segna se stesso di croce) veniam riempiti di ogni celeste benedizione e grazia: Per il medesimo Cristo Signor nostro. Così sia. »

Esposizione dell’orazione suddetta.

In quest’orazione, dice s. Bonaventura (Bonav. in Epos. Miss.), sono così profonde ed inscrutabili parole, che il beato Gregorio ne parlò come di cose ineffabili, da non si poter spiegare. Ora che diremo mai noi, se quei Santi appena ardivano di meditarle? Noi ci contenteremo di tener dietro a quei Padri, e ai sommi Pontefici Innocenzo III e Benedetto XIV, che teniamo sempre per guida, per poter comprendere qualche cosa. Ecco intanto le principali spiegazioni, che quelli ci danno, e che ci parvero spiranti più soave pietà. – L’orazione dice: « Vi preghiamo supplichevoli, che comandiate, che quest’offerta si presenti per mano del vostro Angelo santo sul sublime altar vostro, al cospetto della vostra Maestà divina ecc. ecc. » Queste parole spiega il sommo Pontefice Innocenzo III (Inn. III, 5, Myst. Miss.) in questo senso: « Vi preghiamo, che comandiate che questi fedeli colle suppliche che mettono innanzi sull’altare, insieme col sacrificio divino, per mano del vostro Angelo santo, cioè pel ministero degli Angeli, sul sublime altare vostro presentati, vengano alla divina vostra Maestà. » Siccome gli Angeli presentano a Dio in cielo i voti e gemiti, e le opere buone che noi facciamo qui in terra (infatti diceva l’Angelo a Tobia: quando pregavi colle lacrime, io offrivo la tua orazione al Signore): così noi preghiamo, che nel presentare la grand’offerta, l’Angelo del Signore come per mano seco ci conduca innanzi, per essere anche noi insieme con lui presentati. Il vero credente sa di non essere mai abbandonato a se stesso nel suo cammino; perché un Angelo buono è sempre al suo fianco, che lo veglia; celeste amico, che lo difende dall’angelo reo, e che gli è così affezionato, che peregrina volentieri con lui nella terra d’esilio per ricondurlo seco alla patria. Questo Angelo, quando ha seco il suo caro affidato a trattar con Dio sopra l’altare, in questo istante più desiderato per compiere la sua missione, deve ben adoperarsi, per introdurlo al cospetto di Dio, e farlo accogliere con bontà dal suo Signore in cielo. Dice pure s. Ireneo (Iren. lib. 4, cap. 24.); vi è in cielo un altare, e colà si depongono le nostre suppliche e le nostre offerte. Altare sublime, invisibile dice anche Agostino (S. Aug. psal. 26, enar. 2, et in psal, 42), a cui nessuno si appressa coll’animo, se non il giusto, che all’altare in terra s’accosta sicuro. Non vi è adunque dubbio, (così s. Gregorio con s. Bonaventura) che nell’ora stessa dell’immolazione alla voce del Sacerdote s’aprano i cieli. Qui intervengono i cori degli Angeli (Ad eccitare maggior rispetto e tutta la più fervorosa divozione nel tempo della santa Messa, diciamo con S. Lorenzo Giustiniano – Serm. de Corp. Chr. -, che in quest’ora si aprono i cieli, che ammirano gli Sngeli, lodano i Santi, esultano i giusti, sì vanno a visitare i prigioni e si sciolgono gli incatenati, piange l’inferno, esulta le beata Chiesa, gli Angeli (S. Gio. Gris. De sac. lib. cap. 6.) fanno corona. Di fatto s. Giovanni Grisostomo, S. Nilo abate, s. Gregorio Magno, s. Filippo Benizio, il beato Gioachino Servita, e tanti altri videro proprio gli Angeli in venerazione intorno all’altare nell’ora del sacrificio), sicché le somme cose del cielo colle umili di quaggiù si confondono mirabilmente; ed avviene appunto in quest’istante, che in cielo si presenta pel ministero degli Angeli il Corpo di Gesù, che sull’altar nostro si offerisce (S. Bonav. in Exs. Miss.). Osserva poi s. Tommaso, che il Sacerdote non chiede già che si portino in cielo le specie sacramentali; ma sì col Corpo di Gesù reale sull’altare e sotto î mistici veli, che in paradiso è in gloria, anche il Corpo mistico, vale a dire il Sacerdote ed il popolo colle loro suppliche, pel ministero degli Angeli vengano in cielo presentati (3 p., q. 83, a.4). Seppure per l’Angelo non si volesse eziandio intendere lo stesso divin Redentore Gesù; ché ci conforterebbe l’autorità di S. Tommaso, e d’ Innocenzo III (Ben. XIV de sac. Miss. lib. 2, Cap. 16, n. 25.); perché Gesù Cristo è l’Angelo dei misterioso consiglio di Dio, da lui nell’Incarnazione sua rivelato; è l’Angelo del nuovo Testamento, che suggellò col proprio Sangue; ed Angelo mediatore tra Dio e gli uomini, ai quali dispensa le grazie che loro ha meritate. – Passiamo ora ad osservare il modo, con cui il Sacerdote recita questa orazione. Così vicino al Santissimo, egli s’inchina profondamente; ossia cade sotto il peso delle sue miserie, e inabissato nel suo nulla, egli confessa che Dio è troppo grande in bontà. Bacia l’altare per significare la riconciliazione che si fa sull’altare tra gli uomini e Dio, ed il desiderio di unirsi a Dio per Gesù Cristo. Fa tre segni di croce: uno sopra il SS. Corpo, per ricordare il sudore di Sangue, di che Egli fu tutto bagnato nella sua Passione; l’altro sopra il calice, per ricordare le gocce di Sangue, che grondavano giù dalla croce; il terzo sopra se stesso per ricordare che Gesù cadde colla faccia per terra; offrendosi a morire come l’uomo dei peccati (Inn. III, lib. 5 Miss. cap. 5.). Questa spiegazione è d’Innocenzo III, il quale dice anche che le due prime croci significano i vincoli ed i flagelli di Gesù Cristo; l’altra croce, che il Sacerdote fa sopra se stesso, significa l’oltraggio di quei satelliti, che gli sputarono sul volto santissimo. S. Tommaso poi pensa, che le croci esprimano l’estensione del Corpo colle braccia inchiodate sulla croce, e lo spargimento del Sangue, ed il frutto della Passione (3 pars, q. 83, a. 5,  Natal. Alex. Theol. lib. 2) : e questo frutto pare che vogliano esprimere le parole che si pronunciano nel fare i segni, in cui si dice: « tutti che avremo il Corpo, il + Sangue ricevuto, veniam riempiuti d’ogni benedizione, e grazie celesti. » Esposte così le interpretazioni che ci parvero più belle e spiranti divozione maggiore, ritorniamo a considerare il rito, per riceverne le inspirazioni della pietà. Il sacerdote nell’inchinarsi profondamente, colle mani giunte sull’altare, dice: « vi preghiamo supplichevoli ecc. » Per placare lo sdegnodi Dio il profeta Gioele (Ioel. 2) gridava agli Israeliti: « Date colle trombe il segno solenne, radunate le turbe, e convocate il popolo, menate per mano i pargoletti, padri e madri, portate anche i bimbi sul petto: sorgete, o sposi, da’ vostri talami, traete innanzi a Dio. Qui tra il vestibolo e l’altare i Sacerdoti ministri di Dio grideranno piangendo: perdonate, o Signore, perdonate al popol vostro e non lo mandate in perdizione! » Ma che cosa era mai in quell’altare, da potere placare Iddio ed intenerirlo a pietà? Era da tanto un animale svenato? E come si poteva sperare, che si compiacesse Iddio di quella carne morta? E che vi era mai là, che degno fosse dello sguardo suo divino? Ecco, ecco ciò che era in quella vittima sacrificata: era l’immagine del Sacrificio che il Figliuol suo già gli offriva in cielo fin dal principio del mondo (Apoc. XIII, 8), e che gli offre ora, e gli offrirà, finché dura il tempo, negli altari cattolici. Eh! bisogna bene che un avanzo di quella fede sia rimasto in fondo al cuore dell’umanità; poiché ne troviamo in tutte le storie, e nei poemi (in cui si manifestano le credenze e gli usi delle nazioni e barbare e colte di tutte le età dell’universo) una solenne, imponente espressione nel riparare che fanno sempre i tementi agli altari, per trovarvi un asilo nelle grandi sciagure. Questo abbracciarsi alle are, quando altrimenti non si possa ottener pietà, egli è forse un ricordare anche ai potenti e ai prepotenti il gran Padre comune, per ottenere grazie a Suo riguardo? È come un appello, che fanno gli oppressi alla giustizia di Dio? Oppure un’intimazione solenne ai soverchiatori di rispettare nei deboli il diritto di Dio, col minacciarli che alla fine pur Egli farebbe giustizia con i potenti potentemente? Noi quando, vediam dappertutto negli istanti più paurosi cercarsi uno scampo appiè dell’altare; noi, più che un istinto della umana natura, crediamo sia come una ispirazione della speranza dell’umanità, nata dalla credenza almeno confusa, che sull’altare un dì si sarebbe trovato dagli uomini il loro Salvatore. Noi fortunati adunque, che l’abbiamo in Gesù! Non altro ci resta, che di abbracciarci a quest’ora e gridare: « O Signore, tutto ci è dato a sperare da Voi per Gesù Cristo, che vi offriamo in questi misteri! » – È pur vero, che tutto che abbiamo di buono, è una partecipazione dei doni di Dio: e chi vuol tutto il bene di che abbisogna, solo per Gesù Cristo egli può sperare d’ottenerlo. Per questo il Sacerdote si inchina profondamente, bacia l’altare, si segna di croce. Cioè si getta per terra appiè di Gesù: e le benedizioni vuole assorbire alla Fonte della vita eterna in seno a Dio!…. Per questo mira a baciare dentro del Cuor di Gesù, in cui abita la pienezza della Divinità….. e vuol con questo bacio sommergerci tutti nel sommo Bene, che alimenta le anime di vita eterna!… Fa il segno di croce, per mettere sopra se stesso e sopra tutti i figliuoli del Sangue divino le piaghe di Gesù, e coprirsi coi suoi meriti: come Giacobbe, che quando stava per correre in braccio al vecchio padre Isacco, cercò con ogni argomento di rendersi simile al primogenito, affine di ottenere per se stesso le paterne Benedizioni; e si coprì colla pelle dell’agnello. Profondità di misteri!… Benedetto il Padre della misericordia, che rivela agli umili i tesori della sua bontà!….. In questo abisso di Divinità più noi ci addentriamo tremanti, più vediamo in fondo una mistica luce, che rivela i secreti di Dio!… Insomma ci pare di comprenderlo!… La prima e l’ultima parola di Dio sul nostro destino è questa, di unirci nella perfezione e beatitudine di sua vita eterna: tutti i prodigi dell’alleanza, tutti i veli dei riti sacramentali non altro sono che forieri e preparazioni. Dio vuol cogli uomini consumare la sua carità in un amplesso divino….. eterno (la Comunione)! Il dogma finisce qui…. e vuol l’amore!…. Su, su con Gesù, ad amarlo di un amore, a cui non basta il cuore umano…. All’altare adunque, all’ altare, al Convito dell’amore divino! Qui il Sacrificio piglia la forma di un Convitto. L’altare è la mensa, Gesù è il Capo della famiglia dei rigenerati. Oh meraviglia! oh consolazione! Il bagliore della prima rivelazione, di cui rimase un crepuscolo, un avanzo e quasi una luce fosforica in tutte le nazioni del mondo, diventa sì, come abbiamo già detto, qui splendore di luce prodigiosa, che opprime il pensiero di sua lucidità…. Intendiamo, intendiamo ora, perché in tutti i sacrifici anche le nazioni idolatre, offerta la vittima, sogliono quasi sempre partecipare di essa, mangiando della carne immolata (Vedi Dei sacrifici religiosi di tutte le nazioni, Card. Tadini, De Maistre, ecc.); quasi che la vittima mangiata dovesse derivare negli uomini la benedizione della Divinità, inviscerandosi essi colle vittime a lei devote (Mirate Israele carnale, dice s. Paolo; non è egli vero che quelli che mangiano, hanno comunione coll’altare? – Corint X, 18). Adunque qual relazione passa tra il sacrificio ed il cibo? E la mensa che ha da far coll’altare? Chi insegnò a praticar di conserva riti così disparati al genere umano? Risponderemo, che il cuore della povera umanità presentiva già e praticava ciò che la mente non conosceva per bene, per manco di fede. Risponderemo chiaramente, che la Chiesa cattolica, nella pienezza del tempo, squarcia il velo del mistero, e ci lascia vedere nell’ombra del santuario, come vuole Iddio il suo amore negli uomini accontentare! Appressiamoci con umiltà! Oh! che cosa è ciò; chi ci è dato di scorgere?….. Oh gran mistero! Il mistero di carità! E chi avrebbe mai potuto immaginare bontà così infinita? Nessuno, nessuno mortale certamente, e per poco neppur gli Angeli del cielo; perché nessuna mente creata può misurare i tesori del Cuor di Dio! Profondamente e bene avendo osservato il filosofo Leibniz, che l’uomo è un composto di tempo coll’eternità; e che l’eternità entra nella sua composizione per la verità; e siccome la verità discende da Colui che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, così dal solo Verbo di Dio, vero pane mistico dell’anima nostra, e sposo della nostra intelligenza, questo alimento si poteva aspettare: il quale solo diventa possibile per un ingegno di carità al tutto divina nel Sacrificio della santa Messa. Onde, se non ci fosse dato questo tesoro di bontà celestiale, anche riconciliati con Dio, non avremmo sacrificio, che corrispondesse ai bisogni della nostra umanità. Per esso solo il Verbo del Dio della bontà si comunica a noi, fatto vero pane di vita dell’anima affamata del primo vero, fatto vera celeste bevanda alle anime assetate del primo amore. Deh! contempliamo più addentro meraviglie misteriose! Ecco il Corpo e il Sangue di Gesù sotto le specie distinte e separate, le quali rappresentano che il Sangue fu dal Corpo diviso a ricordanza della sua morte; eccoli sotto le specie di pane e di vino, i quali sono emblemi della vita; e fanno intendere che la vita nostra è redenta mercé della sua morte. Ancora: ecco nella Messa vi è sacrificio a segnale di redenzione. Nell’antico culto l’oblazione andava dal sacrificio separata: nel culto cristiano sono mischiati insieme, perché nel gran Sacrificio tutto è consumato in Gesù, divenuto causa di eterna salute ai fedeli; e quivi è l’alimento della vita eterna. Qui è tutto quello che per gl’immensi bisogni dell’animo si voleva: e che solo dal cielo si poteva aspettare. – Ecco il Figlio di Dio non solo ha perdonato agli uomini, che gli eran nemici, ma gli ha redenti proprio sangue; non solo redenti, ma santificati: non solo santificati, ma seco li vuole uniti e sull’altare stringerli a Sé. Stiamo a contemplare che voglia mai fare ancora di più! Adoriamo….. Dio siede a capo alla mensa, e nella frazione del pane si dà a conoscere per padre ai suoi figliuoli (dice s. Bernardo). O Angioli del paradiso! Il cielo che è vostro, non avrà più delizie, che siano da desiderare per noi, a cui si comunica Iddio. Per noi sarà cielo, e sovrabbondar di gaudio più che celeste (De mit. Chr. lib. 4.), qui dove possiam nell’infinito Bene inabissarci e riporre in sicurezza la nostra povera umanità in seno a Dio. Conchiudiamo: in mezzo a tante miserie umane, dovendo esser fatti partecipi di così divini misteri, era ben conveniente invocare gli Angioli in quest’orazione. Essi intervennero quando incominciò l’opera della Redenzione nella grotta di Betlem nella beata notte, in che Maria SS. donava al mondo Gesù; ed intorno al Bambino sulla paglia giacente cantavano: Gloria in excelsis Deo. Deh! quegli Angeli benedetti intervengano anche in questo istante, in cui Gesù si compie veramente il mistero di redenzione. E se allora cantavano da parte di Dio: « pace agli uomini di buona volontà, » ora cantino a nome degli uomini: « Onore, benedizione a Dio (Apoc. cap. V) per tanto amore divino. » – Intanto noi, su via, al convito, al convito divino , corriamo a parteciparvi tutti. Deh! sono proprio qui tutti i fratelli?….. Ahi, Padre santo, ve ne mancano tanti! vi mancano quei cari, che, dato 1’ultimo addio, si partirono per l’eternità, e a Voi non giunsero ancora; poi vi mancano (lo diciamo piangendo) i peccatori! quindi si passa a pregare per i fratelli defunti e pei peccatori per avere anche essi al banchetto delle nozze eterne.

ART. V.

ORAZIONE V: MEMENTO DEI TRAPASSATI.

« Ricordatevi, o Signore, dei vostri servi e delle vostre ancelle N. N., che ci precedettero col segno della fede, e dormono nel sonno della pace » (giunge le mani, prega alquanto per quei defunti, pei quali intende pregare; di poi stese le mani, prosegue): « vi preghiamo perché concediate ad essi, o Signore, ed a tutti quelli che riposano in Cristo, il luogo di refrigerio, di luce e di pace, (giunge le mani e china il capo). Pel medesimo Cristo Signor nostro. Così sia. »

Esposizione del Memento dei defunti.

« Ricordatevi, o Signore, dei vostri servi e delle vostre ancelle ecc. ecc. » Quanta tenerezza vi è nel pregare pei fratelli defunti, in questo così prezioso momento! I fedeli sull’altare del sacrificio, che ora sì prepara a banchetto, trovandosi, per così dire, tra le braccia di Dio, di seno a Lui guardano nel mondo delle invisibili cose, e là in mezzo a quella regione dell’infinito vedono col pensiero le anime dei cari, che loro dissero addio, e se n’andarono colla speranza del Paradiso. Esse ci precedono in via; e noi possiamo pensare, che per potervi giungere avranno ancora da patir tanto, perché, povere anime! Lasciandoci qui tutto quello che possedevano, partirono per l’eternità, forse con ancora non pochi debiti colla giustizia: di Dio; e là non possono guadagnarsi meriti per soddisfarvi. Dunque, per loro altro non resta, che scontarli coi patimenti. Siamo nondimeno fortunati noi di potere per Gesù mantenere un pietoso commercio tra essi, che partirono, e noi che dobbiamo raggiungerli: e fino in cielo, dove si sublima il mistero che celebriamo, possiamo dare per esse una bella soddisfazione, col presentare anche per loro la redenzione. Qui lo facciamo dicendo: « Ricordatevi, o Padre, che l’offriamo anche per quelli, che non sono più qui, ma son pure vostri servi e vostre ancelle. » « Essi ci precedettero col segno della fede ecc. » Oh! le cose del tempo come sfumano a nulla, quando l’uomo s’addentra nell’eternità. Qui per muovere Dio in lor favore, non si mettono innanzi i titoli pomposi delle loro dignità, non il posto insigne da loro occupato nel mondo, non le cariche adempiute, né i larghi possedimenti. La morte adegua ogni disuguaglianza, e l’orgoglio del maggior potentato non può ottener dalla religione una preghiera per poco diversa da quella, che s’innalza spontaneamente anche pel più tapino. Anzi sovente per questo meschinello la è più conveniente; perché  per la maggior umiltà questi fu servo migliore, e porta più brillante il carattere dell’uom crocifisso. In verità per ogni ragione di tenerli raccomandati vale l’essere stati servi di Dio e nel Battesimo crocesignati in Gesù Cristo. Dice poi, che « dormono in sonno di pace ecc. ecc. » Questa è delicata preghiera di anima, che in tenera pietà si delizia in Dio soavemente! la quale temendo quasi di dire parola men grata al cuore di Dio, col parlare di patimenti in questa ora di consolazione celeste, esprime il loro stato con un’immagine la più amabile: « buone anime, dice, che spirando nel bacio del vostro perdono, s’addormentarono nella pace dei giusti. » Pare anzi che rivolgasi anche alle anime per confortarle, quasi voglia dir loro sospirando: « consolatevi pure, o anime benedette, perché non avete niente da invidiare a noi, che siamo ancora in battaglia. Voi almeno tra quelle vostre pene godete un fondo d’inalterabile pace nell’aspettazion del Paradiso, che non potete perdere più. » Qui il Sacerdote giunge le mani, e fa alquanto orazione per quei defunti, per cui ha intenzione di pregare particolarmente. Pregando tiene gli occhi fissi nel SS. Sacramento, e con quello sguardo s’intende del cuore con Gesù. Sa ben Gesù le persone, la cui memoria deve toccarlo più vivamente: certo i parenti, i benefattori, e tutti secondo l’ordine della preghiera, che abbiamo esposto: non dimenticando coloro che trattarono con maggior tenerezza Gesù nel Sacramento, e i devoti di Maria SS., perché ben deve tornar grato al Signore il sentirseli raccomandare. Anticamente il suddiacono leggeva nei dittici, che erano tavolette formate a tal fine, i nomi dei Vescovi defunti, per rammentarli sotto voce al Vescovo celebrante. Poi prega per Gesù la requie eterna a tutti. Tutti i popoli dell’universo sentirono di avere nel cuore un’intima relazione coi loro defunti. Essi celebravano solenni le esequie sulle loro salme; usavano, per consolare le anime pie, preghiere e riti d’espiazione sopra gli avanzi che avevano in terra lasciati: gli onoravano di tombe, che fanno sovente meravigliar della potenza dell’amor verso i morti. Sulle tombe ponevano fiori, o spargevano lagrime, facevano offerte, e si sedevano sopra esse silenziosi, per trovarsi soli coi trapassati: quasi avessero speranza nella quiete dei sepolcri di parlare colle anime e ricevere da loro ispirazioni, e confortarle a vicenda colle preghiere. Il Cristianesimo qui come altrove, con la luce della dottrina della santa fede rischiara le idee intorno al dogma, ch’era già come rivelato e ricevuto nel fondo dell’umana natura. Il Cristianesimo ha poi consolato il cuore umano colla dottrina divina del suffragio.

Il Suffragio.

Qual conforto pel cattolico, che sopravvive alla morte di una cara persona! Egli vede il Sacerdote assisterla nel passaggio all’eternità fino al punto, in cui l’anima diletta spira con un bacio nel Costato in Gesù Crocifisso; e mentre bagna di calde lacrime il freddo cadavere, vede ritornare, mandato dalla Chiesa alla porta di sua casa, ancora il Sacerdote del Dio vivente a raccogliere e portar nel santuario le povere spoglie, fossero pur anche del più miserabile. Mentre per le vie della città procede il feretro, seguito dai dolenti che piangono appresso, l’uom di Dio, raccolto in preghiera colla croce innalzata la quale è il vessillo della nostra speranza, lo precede, come per rappresentare l’immortalità, che cammina innanzi alla morte. Il popolo s’inchina riverente al morto, che forse in vita ha disprezzato. Corriamo appresso anche noi, per vedere come saremo nella morte dalla religione trattati. Ecco: Essa apre i suoi templi a quella carne dalla morte avvilita; e mentre nessuna religione umana le dichiarava guerra, quando era in fior di bellezza nel vigor dei sensi; la divina Religione cattolica, che la volle trattare come un ribelle nel suo rigoglio, ora che è caduta a terra, la riceve in seno, e siam per dire, la riscalda coll’alito della sua carità, e la depone in mezzo della chiesa innanzi all’altare. Sopra quella testa cadente rizza la croce; poi le gira intorno scuotendo l’incensiere del santo profumo, e in atto di rispetto verso di questa povera carne, che pur fu tempio vivo dello Spirito Santo pei divini Sacramenti ricevuti, e per temperare ogni avanzo di mal odore di peccato. Allora si fa innanzi un ministro, e legge in nome di Dio una sua Lettera ai dolenti: « Fratelli, non vogliate contristarvi tanto… anzi consolatevi del transito di sì cara persona. Vi do parola: ella è un dormiente della speranza » (I ad Thess. IV, nella Messa pei defunti in Die obitus,). Ma ecco in mezzo ad una nube d’incenso, fra i gemiti del dolore ed i cantici dell’immortalità, il Sacerdote dell’Altissimo, che innalza tra le mani incontaminate, oh religione beatissima!… il Corpo del Dio vivente; e par che gridi sopra il cadavere: « Dormi in pace nella terra benedetta: ma guarda pegno di resurrezione! (Jo. VI, Evangelo nella Messa pei defunti e nell’Epistola della Messa in Die obitus. I Thess. cap. 4). Questo è il Corpo di Gesù, che verrà nel gran dì a rapirti dalle braccia fredde della morte, come sua porzione, che vuolsi portare a vivere seco nella magione celeste. » Meraviglia! Era sopra il feretro il cadavere di Pasquale Baylon: e alla santa elevazione due volte apriva gli occhi al cospetto del popolo, quasi per confortarsi di questa cara speranza dell’immortalità, innanzi a quel Corpo con cui aveva palpitato tanto d’amore nella sua vita devota. Così noi vediamo, per la fede del santo suffragio tra la muta oscurità dei sepolcri scendere un raggio di luce celeste, che noi ed i trapassati rallegra della speranza di poterci consolare a vicenda ed a vicenda aiutare; e mentre dal profondo di tutte le tombe (Ps. CXXIX) ci pare ch’esca il cupo gemito: « Signore! se guardate le iniquità, chi potrà reggere a Voi dinanzi?…; » la Chiesa in tutte le Messe, in ogni parte della terra, nel Memento risponde: « consolatevi, consolatevi, oh! i miei poveri figli, ché appresso al Signore è copiosa la redenzione: » e mette innanzi pel prezzo il Sangue e i meriti di Gesù Cristo, e quelli di Maria, la divina Madre di tutti, e quelli dei santi; poi anche le opere buone dei viventi loro fratelli: e trova in tanta abbondanza la ragione del suffragio da poter esclamare: « Donate, o Signore, a loro la requie eterna; vedano la luce del cielo nella pace del paradiso: » requiem æternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Ecco il suffragio, e la ragione di esso. Quanto è mai bello dunque sapere per dogma difede, che le orazioni e le opere buone dei fratelli viventi sollecitano la liberazione delle anime purganti.Oh! il meraviglioso commercio tra il figliuolo che vive in terra e il padre che di qui passò all’altro mondo! tra la figliuola e la madre! tra losposo e la sposa! tra la vita e la morte! Amabile dottrina! La virtù mia, la mia preghiera, la miaofferta nel Sacrificio, così meschino mortale come sono, diventa un bene comune per tutti i Cristiani, pei vivi non solo, ma eziandio pei morti. I nostri ricchi possono dividere il ben, che loro avanza col povero; e per sentire più viva la contentezza della carità, sanno che Dio rimerita la buona azione anche col farne gustare refrigerio al padre o alla madre, cui vorrebbero rendere merito di tutto il beneche hanno da loro. Il povero e l’afflitto possonodire, portando la croce di Gesù Cristo: « questi nostri patimenti, uniti insieme coi patimenti del nostro Redentore benedetto, danno sollievo alle anime dei nostri cari. » Così per questa ammiranda comunicazione di una porzione della Chiesa coll’altracoadunate in Gesù Cristo, la Religione fa chei fedeli godano quasi in comune con Dio del granprivilegio di concedere altrui la beatitudine eterna: mentre d’altra parte possono essere sicuri, che Iddiorimunera in vita e nell’eternità la loro misericordia usata ai morti.Poi anche quelle anime benedette, a cui essi affrettano il Paradiso, vorranno tutta impegnare laloro sollecitudine per ottenere grazie ai pietosi loro liberatori.Dica ogni cuor ben fatto, se quei Cristiani che, per manco di umiltà, nella Dieta di Augusta protestarono di non voler più ricevere i dogmi della fede dall’insegnamento della Chiesa cattolica, e si arrogarono il diritto di potere ciascuno a suo modo foggiarsi una credenza col proprio giudizio privato, gloriandosi per questo di essere protestanti; dica, se non è vero, che abbiano fatto un gran male al cuor umano, anche solo col rifiutare la così tenera dottrina del suffragio delle anime dei trapassati. E si danno poi vanto di riformare la Chiesa, perché staccandosi dal seno di lei, non ebbero più parte alle tenerezze materne! Eppure la buona madre sa ciò che fa bene al cuor dell’uomo, e glielo porge colla sua dottrina, con cui indovina, interpreta e soddisfa i suoi secreti bisogni. E questo bisogno è un altro argomento della verità della sua dottrina medesima. Quanto invece è muto senza affetto quell’avanzo di religione, che non ha niente da dire sul conto dei nostri morti! Essa non ci lascerebbe neppure la dolce consolazione di poter pregare piangendo per un’anima amata! Eppure il cuor lo vuole, e l’anima sa di poter comunicare colle anime, che son fuori di questo carcere del corpo: e si sente che l’amor non si spegne nel vedere l’amato a morire! Anzi, a dispetto di loro protesta, anche i protestanti lo sentono e ne dànno segno col tradurre in atto questo sentimento, cui dicono di non voler credere! Noi abbiamo visitato i lor cimiteri; e alla vista di quelle tombe pietose, di quegli emblemi di mite speranza, in cui i vivi s’esprimono coi loro estinti, abbiam dovuto dire: « anch’essi hanno bisogno di pregare, come insegna la Chiesa cattolica. »