IL SEGNO DELLA CROCE (9)

IL SEGNO DELLA CROCE AL SECOLO XIX (9)

PER Monsig. GAUME prot. apost.

TRADOTTO ED ANNOTATO DA. R. DE MARTINIS P. D. C. D. M.

LETTERA OTTAVA.

3 dicembre.

Il segno della croce noto ed in uso di poi la origine del mondo. — Contraddizione apparente. — Sette modi di fare il segno della trote. — Giacobbe, Mosè, Sansone lo hanno fatto. — Testimonianza de’ Padri. — David, Salomone, e tutto il popolo giudeo ne conoscevano il valore. — Prove.

Mio caro Federico il tuo orecchio, come quello di ben molti altri, farà il zufolo alla prima frase di questa mia lettera. Il segno della croce rimonta all’origine del mondo. Desso è stato eseguito da tutti i popoli, ancorché pagani, nelle solenni preghiere, e nelle contingenze, in che era da ottenere una qualche grazia decisiva. Innanzi tratto è da osservare, che questa proposizione non contraddice a quanto abbiamo detto nella precedente lettera; avvegnacché ieri fu parola del segno della croce nella sua forma completa, e perfettamente compresa, com’è in uso da poi il Cristianesimo; oggi l’è della forma elementare, benché reale, e più o meno misteriosa per quelli, che ne usavano avanti la predicazione del Vangelo. Uno schiarimento ti sembra necessario; ed eccolo.

Il segno della croce è si naturale all’uomo, che presso tutti i popoli, in tutte le religioni, ed in tutte le epoche, non s’è messo egli in rapporto con Dio per lo mezzo della preghiera senza eseguirlo. Hai tu conoscenza di un qualche popolo che pregasse con le braccia pendenti? Per me, lo ignoro; solo conosco che i pagani, i Giudei, ed i Cattolici, hanno pregato facendo questo segno della croce. V’hanno sette modi di fare questo segno. Le braccia distese: l’intiero nomo diviene segno di croce. – Le mani congiunte, e le dita commesse insieme; ecco cinque segni di croce.  Le mani applicate l’una contro l’altra, ed un pollice sovrapposto all’altro, nuovo segno di croce. – Le mani congiunte innanzi al petto, formano un altro segno di croce. Le braccia al petto conserte ti presentano di nuovo la croce. – Il dito pollice della mano destra passando sotto l’indice e posandosi sul medio forma un altro segno di croce, limitatissimo, come fra poco vedremo. – Infine, la mano destra passando dal mezzo della fronte al petto e da questo alle spalle, lo rappresenta più esplicitamente, come tu a pezza conosci. Sotto l’una o l’altra di queste forme, il segno della croce è stato conosciuto e praticato dappertutto e sempre, nelle circostanze solenni con una conoscenza più o meno chiara della sua efficacia.  Giacobbe è sul punto di morire. Dodici figli, futuri patriarchi di dodici grandi tribù, lo circondano. Il santo patriarca, per divina inspirazione predice a ciascun di loro quanto ad essi accadrebbe nel seguito de’ secoli. Alla vista di Efraim e di Manasse, i due figli di Giuseppe, il vecchio è commosso ed implora sopra di loro tutte le divine benedizioni (Genes. XLVII, 13. seq.). Ad ottenerle qual cosa mai fa egli? Incrocia le braccia, dice la scrittura, e poggia la mano sinistra sul capo del figlio che avea a destra, e la mano destra su quello, che avea a sinistra. Ecco il segno della croce, sorgente eterna di benedizioni! La tradizione non s’è ingannata; Giacobbe era la figura del Messia. In questo momento solenne, parole ed azioni, tutto nel patriarca dovea essere profetico. Giacobbe, dice san Giovanni Damasceno, incrocia le mani per benedire i figli di Giuseppe, forma il segno della croce, nulla v’ha di più evidente (Jacob, alternates cancellatisque manibus, filios Joseph benedicens, signum Crucis manifestissime scripsit. (De fide orthod. lib. I, c.18). – Fin da’tempi apostolici, Tertulliano constata lo stesso fatto, e dalla istessa interpretazione. «L’antico Testamento, dic’egli, ci mostra Giacobbe, che benedice i figli di Giuseppe con la mano sinistra sul capo di quello che avea a destra, e la destra sulla testa di chi era a sinistra. In questa posizione, esse formavano la croce ed annunziavano le benedizioni di che il Crocifisso sarebbe inesauribile fonte » (Sed est hoc quoque de veteri Sacramento, quo nepotes suos ex Joseph, Ephraim et Manasses, Jacob, impositis capitibus et intermutatis manibus  benedixerit; et quidem ita transversim obliquatis in se, ut Christum deformantes, jam tunc protenderet benedictionem in Cristum futuram – De Baptism). Sormontiamo i tempi della cattività in Egitto ed arriviamo a Mosè. Nel mezzo del deserto gli Ebrei si trovano di rincontro ad Achimalec, che alla testa di fortissima oste sbarra loro la via, ed una battaglia decisiva è inevitabile. Che farà Mosè? Invece di restare nel piano e dar coraggio a’ combattenti d’Israele col gesto e con la voce, egli ascende il monte, che resta a cavaliere del campo di battaglia, e durante la zuffa che fa egli il legislatore inspirato da Dio? Il segno della croce; non altro che questo segno, lungo tutto il tempo dell’azione, non leggendosi che abbia pronunziato parola alcuna. Egli tiene le mani aperte e le braccia distese verso il cielo, facendo di se un segno di croce, Dio lo vede in tale atteggiamento e la vittoria è riportata (Exod. XVII, 10). Non credere che vana supposizione sia questa. Ascolta quanto ne dicono i Padri. Amalec, esclama san Giovanni Damasceno, sono queste mani distese in croce, che ti hanno vinto! (Manus Crucis extensæ Amalech repulerunt. (De Fide Ortodox. lib. IV, c. 2). Ed il gran Tertulliano: « Perché… Mosè, quando Giosuè combatte Amalec, fa quanto mai ha fatto, cioè, pregare in piedi e con le braccia distese? In circostanza si decisiva era da pregare, per rendere più efficace la sua preghiera, in ginocchio, battendosi il petto, e con la fronte prostrata nella polvere. Niente di tutto questo: e perché? La battaglia, contro Amalec prefigurava la guerra del Verbo incarnato contro satana, ed il segno della croce, col quale questi riporterebbe la vittoria » (Jam vero Moyses quid utique nunc tantum, cum Jesus adversus Amalech præliabatur, expansis manibus orat resi-dens, quando in rebus tam altonitis, magia utique genibus depositis, et manibus cædentibus pectus, et facie numi volutami, orationem commendare debuisset; nisi quia illic, ubi nomen Domini dimicabat, dimicaturæ quandoque adversus diabolum crucis quoque erat habitus necessarius, per quam Jesus victoriam esset relaturus? (Contra Marcion. lib. III). Ed il filosofo martire san Giustino, che arriva fino agli apostoli : « Mosè sul monte fino al tramonto del sole, con le braccia distese sostenute da Ur e da Aronne, che cosa è mai, se non il segno della croce » (Moyses expansis manibus in colle ad vesperam usque permansi!, cum manus ejus susteiitarentur, quod sane nullam nisi crucis figuram exhibebat. {Dialog, cum Tryph. n. 111)? Insensibili ai miracoli di paterno amore, di che erano oggetto i Giudei pronunziavano male voci contro Mosè, e contro Dio. Dalle parole passano ai fatti, ed irrompono a rivolta ostinata. Ma la pena è pronta, e con i medesimi caratteri della colpa. De’ serpenti, rettili spaventevoli, il cui veleno brucia qual fuoco, si gettano su i colpevoli facendone strazio con i loro morsi, e coprono il campo di morti e di morenti. Alla preghiera di Mosè Dio si placa; per mettere in fuga i serpenti, e guarire gl’innumerevoli infermi, qual mezzo indica Egli? Delle preghiere? no. Dei digiuni? nemmeno. Un altare, o una colonna di espiazione? nulla di tutto questo. Comanda si faccia un segno di croce permanente e visibile a tutti, segno che ciascun infermo farà col desiderio guardandola, e tale sarà la potenza di questo segno, che un solo sguardo restituirà la perduta sanità. Il significato di questo segno divinamente comandato non è oscuro, avvegnacchè il vero segno della croce, il segno della croce vivente per tutta l’eternità, N. S. istesso ha rivelato al genere umano che il segno del deserto era sua immagine. « Come Mosè elevò nel mezzo del deserto il serpente, così è mestieri che il Figlio dell’uomo sia elevato, affinché chiunque crede in lui non perisca , ed abbia vita eterna » (1 Joan. III, 15). Se i limiti di una lettera lo permettessero, noi percorreremmo insieme gli annali del popolo figurativo, e vedresti, mio caro, che in tutte le importanti occasioni, chesono pervenute a nostra notizia, desso fece ricorso al segno della croce. Lascia che io te ne citi qualcuna. Nei sacrifizii il sacerdote, secondo il rito prescritto, elevava l’ostia, e la trasportava dall’Oriente all’Occidente, come ci dicono gli stessi Giudei, e con ciò formava una figura della croce, e con un movimento simile il gran sacerdote ed i semplici sacerdoti benedicevano il popolo dopo i sacrifizii (Duguet. Trait. de la croix de N. S. c. VIII). Dalla chiesa giudaica, questo segno è passato nella Chiesa cristiana. I primi fedeli ammiratori dell’antico modo di benedire con la figura della croce, ed ammaestrati dagli Apostoli del misterioso significato di questo segno lo hanno continuato accompagnandolo con le parole che lo spiegano. Le abbominazioni di Gerusalemme erano giunte al loro colmo, quando Dio mostrò al profeta Ezechiele il personaggio misterioso, che dovea attraversare la città e segnare del T la fronte de’ gementi sulla iniquità della colpevole capitale (Ezecb. IX, 4). Ai fianchi di esso camminavano sei individui muniti di armi micidiali con ordine di massacrare quanti non trovassero marcati del segno salutare. Come non vedervi una figura del segno della croce, ch’è fatto sulla nostra fronte? I Padri della Chiesa l’intendono a questa maniera, e fra gli altri, Tertulliano e s. Girolamo. Come, questi dicono, il segno del T impresso sulla fronte di quelli che gemevano sulla iniquità di questa città, li protesse contro gli angeli sterminatori; così il segno della croce, di che l’uomo segna la sua fronte, è certo argomento ch’egli non sarà la vittima di satana, né degli altri inimici del suo bene, s’egli geme sinceramente sulle abominazioni che questo segno combatte (Tertull. adv. Marc. 1, III, c. 22 – Hier, in Exech. c. X.). – I Filistei hanno ridotto Israele alla più umiliante delle servitù. Sansone comincia a liberarla, ma sventuratamente il forte d’Israele è sorpreso, incatenato, privato della vista degli occhi, ed i Filistei si servono di lui come di trastullo nelle loro feste. Sansone medita la vendetta, e con un sol colpo vuole schiacciare migliaia d’inimici, e la Provvidenza ha siffattamente disposto, che il suo disegno col segno della croce venga eseguito. Posto fra due colonne, sostegno dell’edilizio, dice S. Agostino, il forte d’Israele distende le sue braccia in forma di croce, ed in tale atteggiamento fortissimo, scuote le colonne, le abbatte, e schiaccia i nemici suoi, e come il Crocifisso, di che era figura, muore sepolto nel suo trionfo (Jam hic imaginem crucis attendite: expansas enim manas ad duas columnas, quasi ad duo signa crucis extendit; sed adversarios suos interemptos oppressit, et illius passio interferito facta est persequentium – Serm. 107. de temp.). – David pieno di amarezze è ridotto agli estremi, che possa patire un re ! Un figlio parricida, i sudditi in rivolta, un trono vacillante, la vecchia età che si avanza, lo appenano tanto, ch’egli n’è prostrato. Qual cosa fa il monarca inspiralo per lenire la forza del dolor suo? Prega. Ma come? Facendo il segno della croce. (Expandi manus meas ad te. (Ps. LXXXIII, CXLII, etc. etc.) – Salomone compisce il tempio di Gesusalemme, ed il magnifico edificio è consacrato con pompa degna di un tale sovrano; resta solo attirare le benedizioni divine sulla nuova casa del Dio d’Israele, ed ottenerne i favori per quelli, che vi pregheranno, Salomone all’uopo prega il Signore ed in atteggiamento di croce. In piedi, dinanzi l’altare del Signore, dice il sacro testo, al cospetto di tutto il popolo d’Israele, distende le mani verso il cielo, e dice: Signore, Dio d’Israele, non v’ha un Dio simile a voi ne’ cieli e sulla terra. Guardate la preghiera del vostro servo. I vostri occhi guardino questa casa notte e dì, onde le preci del vostro servo, e del vostro popolo sieno esaudite (stetit autem Salomon ante altare Domini in conspectu ecclesiæ Israel, et expandit manus suas in cœlum, et ait: Domine Deus Israel, non est similis tui, Deus in cœlo desuper, et super terram deorsum réspice ad orationem servi tui, et ad preces ejus ut sint oculi aperti super domum hanc nocte et die. . . ut exaudías deprecationem servi tui, et populi tui Israel. – III Reg. VIII, 22, 23, 28, 2», 30). Credere che i soli patriarchi, i giudici, i veggenti d’Israele conoscessero il segno della croce, e lo praticassero sarebbe un ingannarsi; tutto il popolo lo conosceva e ne’ pubbiici pericoli religiosamente ne usava. Sennacherib marcia di vittoria in vittoria, la maggior parte della Palestina è soggiogata, Gerusalemme è minacciata. Vedi tu quel che questo popolo, uomini, femmine e fanciulli, operano per respingere l’inimico? Come Mosè si rendono immagine della croce; eglino invocano il Signore delle misericordie, e distese le mani, le innalzano verso il cielo, ed il Signore li esaudì (Et invocaverunt Dominum misericordem , et expandentes manus suas, extulerunt ad Cœlum et sanctus Dominus Deus audivit cito vocem ipsorum. (Eccli. XLVIII, 22). Ma un altro pericolo li minaccia. Eliodoro s’avanza seguito dall’esercito per saccheggiare il tesoro del tempio, di già ha passato la soglia, un’istante ed il sacrilegio sarà compiuto. I Sacerdoti prostesi sul suolo innanzi all’altare del Signore pregavano; ma nulla arresta il sacrilego spogliatore: il popolo invoca a suo soccorso l’arma tradizionale, prega facendo il segno della croce: tu sai il resto (II Macab. III, 20). Se non è da porre in dubbio che pregare con le braccia distese è un formare la figura dalla croce, tu vedi chiaro ed aperto che, da’ tempi i più remoti, i Giudei hanno conosciuto e praticato il segno della croce, per un istinto più o meno misterioso della sua onnipotenza. Dimani noi vedremo se i pagani erano meno istruiti.