LO SCUDO DELLA FEDE (209)

LO SCUDO DELLA FEDE (209)

LA VERITÀ CATTOLICA (VII)

Mons. ANTONIO MARIA BELASIO

Torino, Tip. E libr. Sales. 1878

ISTRUZIONE VII

Il Magnetismo e lo Spiritismo

Forse noi ci lasciammo nella passata Dottrina alquanto impauriti dal sapere come i demoni ci girano sempre d’intorno per cogliere l’occasione di perderci: ma dobbiamo pigliare coraggio dal sapere eziandio che Gesù Salvator nostro batté e vinse già il demonio, il satana che vuol dir l’avversario, e cacciatolo al suo regno, lo tien incatenato. Sicché egli è come un lupo, dice s. Agostino, che può digrignare i denti, ululare di rabbia; ma non può mordere, se non si tocca; stimola gli uomini al mal fare; ma se gli uomini non si avvicinano, se non fanno a confidenza con lui, non li può perdere. Gli è per questo che cercò d’avvicinarsi ad essi, studiando sempre i modi più lusinghieri con cui potesse loro piacere, e mettendosi al coperto sotto una o l’altra forma: perché, se si facesse conoscere nella sua orridezza, farebbe spavento a tutti. Egli già attirò gli uomini guasti ad adorarlo per Dio sotto il nome di Giove, marito infedele, imbestiato nei vizi; ai buon temponi si fece adorar per dio Bacco bevone; per Venere agli invischiati nelle più indegne corruttele; ai guerrieri per Marte demonio istigatore alle guerre; come poi affettava saviezza e moderazione coi filosofanti a Delfo. Insomma, è sempre il serpente che sa penetrare dovunque serpeggia, e fin in mezzo ai fiori, addattandosi ai gusti delle passioni di tutti. Non è qui da far meraviglia, che questi uomini dei poveri nostri tempi, che di Dio non vogliono neppur sentir a parlare; ma che son tutti nelle materiali cose, ai quali vapore, calorico, elettricità, magnete adoperati nelle loro macchine debbano valer per tutto, sieno dal diavolo pigliati pel loro verso. Così fingendo di esser egli un fluido, o mettendosi dentro davvero appunto in un fluido, o vapore sottilissimo, od elettricità, o magnete, o chi sa che cosa; e li invasare tavole mobili, e poi persone, scorrere dall’una all’altra come l’elettricità, attirare gli oggetti come la calamita. Poi per farsi cercare fa il buffone e matterello nelle brigate allegre, suggerisce rimedi a chi li cerca con ansietà, e talvolta sa fingersi anche di esser un’anima buona di parente, amico morto, venuta dall’altro mondo per dare buoni suggerimenti. A chi vi ama da padre, tocca avvisarvi: e perciò io intendo appunto quest’oggi di mettervi in guardia contro le gherminelle dei diavoli col mostrarvi, raccontandovi ciò che avviene, come in certi fatti, come in certo qual magnetismo in voga ora vi lavori dentro il diavolo; come tal magnetismo si confonda collo spiritismo. Quindi vi darò le regole per farvi conoscere, quando in certe operazioni che si dicono magnetiche vi deve lavorare dentro il diavolo; e come ve ne dovete guardare. Vi pregherei di ripetermi di che cosa vi voglio trattare: (si fan ripetere).« Che io piglio a dimostrarvi che in certo magnetismo, come è in voga, vi lavori dentro il diavolo, e che quindi tal magnetismo si confonde collo spiritismo: e vi ho da dar le regole per conoscere l’opera del diavolo per dovervene guardare. » – Oh Gesù nostro, in questi giorni, Voi lo vedete che satanasso da Voi scacciato dal suo regno, cerca di ritornarvi coi mali spiriti suoi compagni in questa società che ormai del tutto Vi abbandona: deh per la vostra misericordia, con cui avete cercato Voi gli uomini che non vi cercavano, salvate ancora questi, che vi abbandonano. Maria SS., da madre correte appresso ai figliuoli, che i cattivi spiriti tentano di menare a perdersi. – Qui sul principio debbo avvisarvi, che, quando racconto certi fatti avvenuti, ché non sono però da credersi come cose di fede; perciò io ve li racconto per quel che valgono, per mettervi in guardia dai demoni che vi posson ingannare; perché è poi proprio certo che ingannano pur troppo. Intanto per fervi conoscere come vanno le cose, vi spiegherò in prima che cosa s’intenda di dire colle parole magnetismo e spiritismo. Così dal sapere che cosa sieno, potrete conoscere che certo tal magnetismo, come per lo più si pratica, viene a terminare nello spiritismo, e si confonde con esso. – Intendono î moderni per magnetismo un certo fluido, più che vapore finissimo, e una forza simile alla forza del magnete che (dicono) si diffonde per tutti i nervi del nostro corpo, e che anche circonda le nostre persone e le involge dentro come una piccola atmosfera, Questo fluido, pretendono, che si possa profondere e far penetrare in un’altra persona con certi atti, e poì fino colla forza sola della volontà. Sicché con questo mezzo si possa, come fanno veramente, addormentare una persona che vi acconsenta. Fattala addormentare, con Lei parlano, trattano, si fanno intendere, anche colla sola volontà, senza né parola, né segno esterno. Quella persona allora legge nei secreti pensieri, conosce cose anche assai lontane; interrogata dà risposte di cose, che non sapeva prima. Poi anche con tal magnetismo certe persone si mettono in comunicazione con oggetti materiali, insensibili; di modo che fanno muovere tavole e mobili a volontà, e li interrogano; e questi danno segni di rispondere, sicché si mettono in certo qual modo a conversare con loro. Se si fa tutto questo, s’intende qui subito, come il magnetismo va a terminare e si confonde collo spiritismo, colla quale parola si intende l’arte di comunicare e trattar cogli spiriti, e farsi manifestare da loro le più occulte cose. Abbiamo detto che s’intende subito che un tal magnetismo si confonde collo spiritismo. Perché é impossibile che le tavole, e le altre cose materiali possano aver dentro di loro la forza di conoscere, possano avere la volontà, e manifestare cose segrete; se non vi fosse dentro uno spirito intelligente. Ora che sapete che cosa s’intende per magnetismo e spiritismo, vi racconterò come si è trovata la maniera di comunicare cogli spiriti per mezzo di un tal magnetismo. Così vi sarà dato da giudicare che quel magnetismo si va a confondere collo spiritismo. Un certo Mesmer medico fu il primo che cominciò a praticare questo magnetismo alla moderna, che appunto dal suo nome si chiama mesmerismo. Sulle prime egli cominciò a mettere degli ammalati in una tinozza, e li faceva comunicare tra loro con alcune spranghe di ferro: ed egli si metteva in comunicazione con essi toccandoli con una bacchetta. Fin qui, voi direte, non c’entrerebbe spirito dentro; perché anche coi fili del telegrafo si comunica con altre persone in luoghi lontani. Se si fosse fermata la cosa quì; via là….. Ma il suo discepolo Puységur abbandonò la tinozza, le spranghe e la bacchetta: e col girar solo colle mani sulle persone, le faceva a suo volere addormentare, Poi lì subito addormentate, parlavano da dottori, più sapienti dei medici stessi….. Ehm….. qui già vi deve essere qualche cosa di più che il fluido elettrico che scorre pei fili! Lo capite bene anche voi?….. Ma vi ho da dire di più. Subito dopo un certo Furia, lasciato anch’esso tinozza, spranghe e bacchetta, e senza neppur far ,più quei giri colle sue mani sopra le persone, sol colla voce comandava che si addormentassero le persone che acconsentivano di essere magnetizzate; ed esse si addormentavan davvero e diventavano sonnambule, vedevano senza aprir gli occhi, conoscevano le cose oscure; sicché si chiamarono chiaro-veggenti. – Ma voi mi direte « sono poi proprio veri questi fatti, che si raccontano? ?….. — SI, lo possiamo credere, o cari, lo dicon mille testimoni, ai quali non si può negare credenza; perché vi sono dei dotti e prudenti da non lasciarsi ingannare; e perché lo prova l’esperienza di milioni, è tutto dire, proprio milioni che ne fanno pur troppo la prova. Pensate qui adunque, che si cominciò a pretendere di trasfondere una specie di fluido, che dissero magnetismo, per mezzo di spranghe di ferro: poi sì fece addormentare e diventar sonnambule e chiaroveggenti le persone, solamente col girarvi d’intorno colle mani: poi colla sola volontà si comandò, che diventassero addormentate, sonnambule e chiaroveggenti; e le persone magnetizzate ecco che diventavano tali. Oh! voi mi direte che qui ci deve essere il diavolo entro. Aspettate che si trovarono altri modi da comunicar cogli spiriti. – L’anno 1848 in America le damigelle Fox di Rochester facendo scricciolare le dita, sentono in camera ripetersi quel rumore. Ripetono esse, e ne hanno nuovi rumori in risposta ancora. Accorrono i curiosi, si ripetono le prove e sì sentono sempre rispondere a colpi. « Vi è dunque qualcheduno che risponde, » si disse. Presto presto si misero in comunicazione con quegli esseri incogniti che si chiamarono Spiriti battitori. Questa pratica passò dall’America in Francia in Italia e gira l’Europa. Si trova poi che gli spiriti rispondono nelle tavole più presto che negli altri oggetti: e si adoprarono a tal uopo le tavole. Ma guardate un po’… fino ai tempi di Tertulliano si diceva che le tavole rispondevano a chi le interrogasse per mezzo dei demoni: Per quos dæmones mensæ divinare consueverunt!Noi vorremmo osservare due cose, la prima chele tavole sono di legno, la seconda che le tavole servonodi mensa. E chi sa il perché il diavolo comunichipiù volentieri cogli uomini per mezzo delle tavole dilegno, in forma di mense? che sia forse perché egli,che vinse col frutto del legno dovette esser vinto sullacroce di legno — in ligno vincebat in ligno quoque vinceretur? E perché sulla mensa del SS. Altaregli uomini comunicano con Dio Salvator benedetto?Il fatto è che le tavole si mossero col sol toccarle.S’ebbero giri giri di tavole in tutti i versi; battevancolpi coi loro piedi al comando: non si tardò a conoscereinsomma che dentro quelle tavole vi era untal che intendeva: perché le tavole volgeansi adestra ed a sinistra, si drizzavano, se comandavasi,su uno dei piedi, e si entrava in conversazione conquel tale là dentro. Il che facevasi mediante unnumero di colpi fissati; un colpo, per esempio, volevadir no, e due colpi, sì. Così si ebbero le tavoleparlanti.Si trovò poi che mettendo sulla tavola un lapis, illapis scriveva; e si conobbe di più ancora che certepersone comunicavano più presto e più decisamentecon quegli spiriti intelligenti. Così questi tali diventaronoi veri mediatori tra gli spiriti e chi volevacomunicar con loro. Furono quindi chiamati mediums;i quali possono eccitar movimenti, ed avere rispostea volontà. -Da tutto questo voi ben intendete come in talmodo magnetizzando si può dire che si tratta cogli spiriti: perché una tavola morta non può dar risposte precise a chi l’interroga, né scrivere colle matite, né far disegni, né dire cose da diavoli, e poi ancora rivelare i più nascosti segreti, predicare dottrine filosofiche, e mostrare cognizioni profonde di medicina! Ma poi via si lasciò più decisamente conoscere, che vi covava dentro di loro il diavolo; perché istigavano a far cose le più empie, le più oscene e le più malvagie! Noi crediamo dunque che nel magnetismo così esercitato vi sia il diavolo che lavori dentro e che siano i mali spiriti che invasano i mobili e fan riddone; piuttosto che credere che le tavole e gli altri mobili sian capaci, di scrivere, ragionare, fare da dottori e da filosofi: e che abbiano la volontà e la forza di tentare le persone a far del male. Si può adunque conchiudere, che con tal magnetismo si viene a trattar cogli spiriti: e siccome lo vieta la Chiesa, volerlo fare a dispetto del suo avviso, è un comunicare cogli spiriti cattivi, cioè coi demoni. – Qui io poi a quelli che ancora fossero increduli farò sentire come lo dicon chiaro uomini più increduli di loro. Potet era razionalista; e quindi tutt’altro che credere ai diavoli, negava tutti i misteri della Religione cattolica. Si mise a magnetizzare e poi restando istruito bene dall’esperienza, scrisse un libro per dimostrare che nel magnetismo vi interviene una forza occulta: perché egli si sentiva mettere in comunicazione « con una potenza ignota » e dice che finalmente il patto era consumato!» Oh oh, voi mi direte, ma proprio il patto col diavolo?….. Io per me ve lo lascio dire da lui che vi dice chiaro « che ha trovata la vera magia »…. Così dunque potete conchiudere voi che egli era come mago in comunicazione col diavolo. – Arago ride dell’Accademia di Francia che dubitava, e dice: che un medico adesso, un fisico, anzi un semplice curioso per mezzo del sonnambulismo magnetico, può entrare in un mondo interamente nuovo, il mondo degli spiriti che (dice egli), non aveva mai sospettato che vi fosse. Poverino era un incredulo! Ma i diavoli si hanno fatto capire che gli eran d’intorno! Dumas razionalista incredulo (che poi alla morte domandò perdono ai piedi del Crocifisso e volle morir Cattolico) anch’egli confessa che fin nei primi esperimenti, quando cominciò a magnetizzare si trovò investito da una potenza che non aveva in prima, dalla potenza di far meraviglie prodigiose; e (nel volume XIII, delle sue memorie) dice: che egli dominava una povera giovane; che la teneva incantata e come legata con una catena di ferro, l’obbligava fino a slanciarsi in furore. Combilot e Deleuze, che lasciarono libri di molto studio sul magnetismo, dicono che « in tanti fatti vi intervengono gli spiriti ». Tristan (sentite se non é da star in guardia dal magnetismo!) dice, che egli magnetizzò lo tavole in presenza di tanti testimoni, e che mentre le tavole trabalzavano, gli spiriti gli dicevano « impegnati con noi ». Sauley membro dell’Istituto di Francia insieme con suo figlio dotto egli pure, per conoscere bene il magnetismo su cui studiavano, tentarono lunghe esperienze e si impegnarono in conversazione cogli spiriti e confessa che gli spiriti lo istigavano a fare azioni cattive. Il signor Saulcy ne fu spaventato e si è convertito. Il dotto Merville racconta d’un barone che andato a far l’esperienza del magnetismo entrò in questo terribile conversazione col diavolo. Il barone gli domandò « soffri tu?» e lo spirito rispose « crudelmente sempre! » Eh: domanda tu perdono a Dio » e lo spirito « è impossibile che mi perdoni » « E perché? » « perché  io non voglio! » Desideri d’esser distrutto » « No; perché non potrei odiare Dio. » « Sei contento di vivere? « No; perché debbo a Dio la mia esistenza » « Odii tu dunque? » « Sì il mio nome è odio: odio, tutto fino me stesso! » Non è questo un parlar da demonio d’Inferno il quale fu chiamato da santa Teresa « l’infelice che mai non ama! » ? Swedemborg naturalista, l’anno 1748 si mise in comunicazione cogli spiriti, e fondò la sua chiesa cristiana spiritista, che si diffuse in Isvezia ed in America. Cahagnet grande magnetizzatore la introdusse in Francia. Egli diceva di essere inspirato dall’anima di Swedemborg a fondare una società magnetica, in cui gli ammessi comunicavano direttamente cogli spiriti e specialmente colle anime dei trapassati. Questo Cahagnet scrisse molte opere sul magnetismo: diceva che le anime dei trapassati insegnavano agli adepti le scienze, le arti, la religione e la morale; quando però fossero in istato di sonnambulismo magnetico. Furono poi tanti gli associati, che nell’anno 1844 vi erano in America 44 congreghe di svedemburghesi, e a ciascuna congrega erano scritti molti seguaci. Osserviamo qui che specialmente i paesi protestanti l’Inghilterra, per esempio, la Svezia, l’America del Nord abbondano assai più di spiritisti che i paesi cattolici. Forse è perché nel protestantesimo col razionalismo, poi collo spiritismo, finalmente col negare la creazione, l’anima e Dio si fa l’ultima terribil lotta tra il bene e il male, come l’Apostolo Paolo predisse a Timoteo. (1. 4, 1.). Dice chiaramente che negli ultimi tempi alcuni uomini abbandoneranno la fede attendendo agli spiriti di errore, alle dottrine dei demoni, i quali uomini parlano la menzogna sotto il velo dell’ipocrisia. Intanto osserviamo che in America nei soli Stati Uniti i soli Mediums oltrepassarono i quaranta mila. Questi Mediums chi sa con quante migliaia di persone comunicavano! Questi Mediums poi si dividono in quattro ordini: cioè gli audienti, che odono gli spiriti e parlano con loro: i veggenti, che li vedono, dicono, in forma aerea e vaporosa; gli scriventi, che scrivono sotto l’impulso irresistibile degli spiriti: gl’interpreti, che si sono formato un linguaggio: convenzionale da intendersi cogli spiriti a vari colpi come col loro alfabeto. Abbiamo migliaia di testimoni che anche in atti pubblici notarili dichiarano per vere le comunicazioni cogli spiriti: abbiamo medici, dotti uomini e celebri che per molti anni le negarono come favolose, come per esempio Kostan, Georget e molti altri, che erano increduli; e poi ne difesero la verità. dopo d’averla provata colla evidenza dei fatti. Abbiamo tanti giornali stampati in ogni lingua per raccontare i fatti e le reazioni degli spiriti; abbiamo tante disgrazie da piangere, e basta dire che nel solo ospedale di Lione si trovano duplicati i casi di pazzia per l’influenza, per la dottrina spiritistica; abbiamo divorzi, inimicizie, vendette, e colle pazzie, frequenti suicidi: tanto che in America il fior della cittadinanza fece un indirizzo alla camera supplicando i deputati della patria ad impoedire questi disordini troppo funesti, cagionati dal magnetismo-spiritismo, (Vedasi il già citato bel libretto del Magnetismo animale e dello Spiritismo per un dottore di medicina e chirurgia torinese. Torino, Tip. dell’Oratorio di S. Francesco 1871). Udite finalmente Beautain vicario generale già medico, avvocato e buon teologo; sicché par che abbia ben diritto di farsi ascoltare. Dice egli che nel magnetismo e nelle cose magnetizzate vide tali fenomeni, e fatti da non doverne dubitare più mai, che non vi entrino gli spiriti. « Vidi – egli dice – fenomeni di pensiero, d’intelligenza, di volontà. dì libertà. » Ora pensare, intendere, e aver volontà libera non possono farlo che gli spiriti: dunque degli oggetti magnetizzati come nel magnetismo quale si è studiato, vi intervengono gli spiriti. –  Mi pare così di avervi dimostrato, e se lo dimostrai chiaramente da esserne persuasi, fate in grazia di ripeterlo con me (si fan ripetere) « che il magnetismo messo in pratica in tal modo si confonde collo Spiritismo, il che vuol dire che in esso sì tratta coi demoni. »Vi ho promesso in secondo luogo di darvi le regole per conoscere, se in certe operazioni, se in certi fatti, che si dicono ottenuti col magnetismo, vi sia dentro l’operazione dei demoni. Ben però prima vorrei osservarvi: 1. che molte cose meravigliose e sorprendenti si fanno dagli ingannatori, ciarlatani che fingono magnetizzare, ma ingannano la buona gente colle lor furberie: 2. e che molte cose straordinarie si fanno poi per le forze naturali esaltate o esercitate fortemente; 3. però finalmente molte cose, lo si deve dire senza esitare, si fanno per operazioni del diavolo. – Vi ho detto in prima che molte cose si fanno dagli ingannatori e ciarlatani che cercano di togliervi denari. Però qui non intendo di parlare dei semplici bagatteglieri, operatori di prestigi che coi loro bussolotti e colle loro astuzie sorprendono e divertono il popoletto; ma ben vi debbo mettere in guardia da certi che si vendono per magnetizzatori e vi presentonocerte persone per lo più donne scaltre, che si chiamano sonnambule e che fanno mostra d’addormentarsi al lor comando. Queste fingono vedere cogli occhi bendati e chiusi; danno risposte agli allocchi che lor ne domandano. Questi finti magnetizzanticon lungo esercizio fecero le loro intelligenze con queste bugiarde, finte magnetizzate. Hanno i lor segni di convenzione. Questi gabba-mondi coi loro modi d’interrogare mettono in bocca a quelle scaltre, le risposte. Fino coi più piccoli rumori, collo stroppicciare dei piedi, pur anche col respiro fanno lor intendere ciò che debbono dire. Udite fatto che vi divertirà (quale lo racconta un Giornal di medicina a Torino). Un cotale di questi ingannatori colle sue dette sonnambule e chiaro-veggenti magnetizzate eccitava l’ammirazione dei curiosi e sapeva ingannare, anche i dotti così per benino, che ingannò fin l’Accademia di Francia. (Andate là fidatevi degli accademici, quasi fossero la sapienza incarnata; mentre ne bevono delle grosse!). Quando un medico (di paesetto, perché il buon senso non è privativa dei dotti dell’Università e delle Accademie) s’accorse che egli moveva sottilissimi fili, per comunicare con esse. Allora il medico gli prese la macchinetta, e diede tale una buona scossa alle sonnambule, che trabalzando misero uno strido, e scapparon via. Poi le spaventate, arrabiate anch’esse, scopersero le ciurmerie dell’ingannatore, che se la dovette svignare. Questi ciurmadori adunque magnetizzano veramente; ma magnetizzano ai grulloni le borse, da cui cavano i denari. Egli è così: questa gente del mondo vuol essere ingannata; ma paga poi sempre essa le spese agli ingannatori.In secondo luogo, per porvi in avvertenza a non credere subito che vi siano operazioni, diaboliche, vi ho da osservare che molti fatti sono operati dalle forze naturali, o vivamente esaltate, o fortemente esercitate in modo straordinario. Già qui non intendo parlarvi di certe persone che esercitano grand’influenza sopra le altre. Poiché,siccome si dice che la biscia s’attira l’usignuolo, il quale batte le aline, trema, pigola, ma le vola in bocca: così certe persone con certi sguardi affascinano, e fanno perder la testa fino ai sapienti, e laforza ai più forti. Ricordatevi che fino una fanciullaccia ebbe potuto legar mani e piedi al più robusto uomo del mondo, Sansone, tagliargli i capelli, in cui stava miracolosamente la sua gran forza, e darlo in mano ai Filistei da cavargli gli occhi e farne scherno. Avviso a voi, o figliuole, a pensarvi, che certi civettoni degli occhi grifagni, quando fan le moine dintorno alla lodolina che cinguetta all’aria libera, le dan poi la griffata! Ben la parola di Dio avvisa voi, genitori e superiori, voi che dovete fare la guardia: poiché, quando si lasciano i giovinastri le lunghe sere sedere al trespolino vicino alla ganza, dalla veste di lei esce la tignuola:ed io vi so ben dire che certe persone dall’avvicinarsi restano magnetizzate, ma come?! Voi m’intendete di qual magnetismo….Ora vi osserverò che molte cose si fanno per forze straordinarie di natura e forza d’immaginazione esaltata, o per forza di lungo esercizio o per vivacità di passione. Anche il dotto Rosmini accenna d’un tale, che morsicato dal suo cane, si scaldò tanto nell’immaginazione, da dover diventar idrofobo. Gli pareva di sentirsi già nelle vene il furore della rabbia canina; sicché si aspettava di dover presto morire arrabbiato, e già dava tutti i segnali propri della rabbia. Quando, alcuni dì dopo, tornato a casa il cane, che, morso il padrone, ne era fuggito, e saltellandogli intorno a fargli feste, egli trabalzò tutto allegro gridando: « io non mi sento più niente! » Anche il medico Descuret seppe trar profitto dalla passione che trasportava vivamente un suo ammalato. Era costui appassionatissimo amator delle antichità; tanto che vita e denari e tutto aveva speso a raccogliere medaglie antiche. L’accorto medico al letto dell’ammalato già sopra morte, studia di raccontargli come ora era in vendita un gran gabinetto ricchissimo di medaglie le più antiche, rare e preziosissime. L’ammalato trasalì, diventò roso rosso infiammato, fremente di desiderio…. e raccolto tutto il vigore che ancor gli restava di vita in fil di morte, « esclama: « dottore, mi sento bene » balzò di letto, gridando: « lasciatemi andare a far la compra. » L’esercizio poi a far cose difficili, rende i ciechi capaci di leggere passando solo col dito sui libri stampati apposta colle lettere profondamente impresse, e fino a distinguere col palpar colle dita, i colori delle sete, da poter così ricamare. Qui dopo d’avervi accennato come molti fatti sono eseguiti con astuzie e molte forze naturali in istato d’esaltazione e di lungo esercizio; debbo finalmente dirvi che molti fatti sono operati dal demonio in questo magnetismo dei nostri di, che va confuso collo spiritismo. – Ora state attenti che vi darò le regole per conoscere se in certe operazioni v’entrino gli spiriti, e se vi giuoca dentro il diavolo in questo magnetismo-spiritismo. Le regole sono quattro, poiché l’uomo appartiene a tre ordini di creature, e per la fede il Cristiano appartiene ad un quarto ordine. Difatti l’uomo ha il corpo materiale, ha il corpo animato, ed ha l’anima ragionevole. Quindi col suo corpo materiale è soggetto alle leggi della materia, e le principali leggi della materia sono la legge di gravità e di attrazione. Onde, ecco la prima regola. Se un uomo sta in aria senza sostegno non sentendo più il peso del proprio corpo, e se al suo comando si innalzano tavole e come avvenne e ne furono testimoni molti, tra i quali signor Gasparin e Thury, che non credevaro allo spiritismo magnetico, ma dovettero credervi vedendovi restar sollevato in aria un cembalo di quasi cinquanta miria di peso; e se un Mediums, come un Home, appena entrato in una stanza, fa ballar d’intorno e tavole e mobili, senza toccarli e li fa restar sospesi in aria colla sola volontà; allora bisogna conchiudere che vi è dentro uno spirito, il quale obbedisce alla volontà del Mediums. Quindi ecco la

REGOLA I. Questa regola è data dal Rituale Romano, il quale è il libro che la Chiesa nostra madre ci mette in mano per insegnarci a trattare le cose spirituali. Questo libro con una sapienza veramente cattolica avvisa che quando un corpo grave od una persona umana resta in aria per qualche tempo considerevole senza sostegno, allora si deve credere che vi è uno spirito che vi opera dentro.

REGOLA Il nostro corpo animato è soggetto alle leggi dell’animalità, che sono quelle che fan vivere il corpo animato. Ora le principali leggi dell’animalità sono queste due: Prima legge: che l’anima animale o ragionevole; che sia, per far vivere il corpo animato, deve restarvi con esso unita. Seconda legge è, che il vivente animato riceva la sensazione per mezzo dei sensi del corpo; sicché veda cogli occhi, senta il sapore col senso del gusto, e così abbia le altre sensazioni per mezzo degli organi delle sensazioni. Quindi è ragionevole questa seconda regola; che quando una persona è qui e vede e conosce davvero le cose lontane fin le tante miglia, non potendo l’anima volare là, è certo che vi è uno spirito, che conosce quelle cose lontane e le suggerisce qui alle persone magnetizzate. Anche se una persona, come si dice, magnetizzata, sonnambula, chiaro-veggente, sol che si ponga una carta scritta anche chiusa sul petto, pare che legga col petto e sa dire il contenuto, o sol che le si ponga una ciocca di capelli d’una persona malata anche sconosciuta e lontana, ella vi scopre la malattia, o anche obbedisce ai comandi dati solo colla mente dal magnetizzatore, senza lasciar travedere in alcun modo, ciò che egli pensa; è segno che vi lavora in mezzo uno spirito.

REGOLA II. Da questa seconda regola il Rituale Romano a tutta ragione, ed avvisa i fedeli che quando una persona conosce ciò che si fa in quell’istante in luoghi lontani: quando penetra nei pensieri altrui, senza che in nessun modo siano manifestati, allora è uno spirito che dà quelle notizie. Così nel magnetismo allora vi è opera del diavolo. – Noi uomini abbiam la ragione, e l’anima nostra col lume della ragione si serve dei sensi del corpo per sentire, e così piglia colla ragione cognizione di molte cose. L’anima nostra poi colla ragione riflette sopra a quel che conosce, medita, così acquista sempre nuove cognizioni E adunque a forza di riflettere, meditare con molto studio che s’imparano le scienze. Scienza nobilissima è poi la medicina; ma per impararla sanno i bravi medici quanti studi siano necessari. Se adunque una persona qualunque, fosse pure una sventata ragazzaccia, appena la si dice magnetizzata, eccoti li che conosce le malattie più interne e più difficili ad essere conosciute, più che buon medico che s’assottiglia l’ingegno e consuma la vita in profondissimi studi; e quella tale ancora conosce i rimedi più che un dotto chimico farmacista, e dà prescrizioni ad applicarli ai malati, il che prima ignorava affatto. Anzi, ascoltate, che parla la lingua francese, tedesca, greca, latina come un professore; mentre la sciocca non sapeva neppur parlar bene la propria lingua; allora bisogna aver perduta la ragione, per non dir che vi sia in lei il diavolo che fa da dottore. Onde ecco la

REGOLA III. Anche questa regola terza la dà il Rituale Romano, il quale avvisa che quando, senza studiare, si sanno scienze che s’ignoravano affatto, o si conoscono  cose create che erano al tutto nascoste, vi deve esservi dentro uno spirito che le suggerisce.

REGOLA IV. Poi finalmente ecco la quarta, la grande regola in pratica. Giova ripeterlo: Uno Dio, una la sua Chiesa, la quale Dio dà a noi per madre e maestra, per far conoscere come vuol essere servito ed adorato. Tra Dio e il demonio non v’è società, no no; ma eterna guerra. Se quindi alle persone e alle cose magnetizzate si presentano oggetti benedetti dalla Chiesa, affinché i suoi figliuoli se ne servano ad onorar Dio, come croci, corone, acqua santa; e presentandosi queste cose benedette o cessa il magnetismo nelle persone, o neppure sì può incominciare l’incantesimo detto magnetismo; o al tocco; di una goccia d’acqua santa (dirò come avvenne per esempio) le tavole ballanti, infuriate come demoni, si dibattono a scuoterla via; e un cestello di vimini si contorce come un serpente e si sversa, scorre giù, e fugge: allora si è da dire che vi è uno spirito che sente orrore delle cose sante, lo spirito nemico di Dio, il demonio. Ora, o miei figliuoli non mi rimane che di avvisarvi di stare in guardia da certe pratiche superstiziose e dall’usare certi mezzi, massime per guarire malattie, o per sapere cose ignote od anche per solo divertimento. Ho detto, massime per guarir malattie, perché il demonio è qui dove mostra la sua astuzia più che può…. Forse egli crede essere per noi venuto ora il tempo buono da rientrare nel regname del mondo, da cui fu scacciato da Gesù Cristo; par proprio che tenti a scimmiottare i divini miracoli fingendo di guarire malattie, come nelle guarigioni mostrò la sua bontà il Salvatore: sotto questa finzione entrando, come dimostrai in sul principio, nel magnetismo. Ho poi detto di non avvicinarvi nello spiritismo al demonio, né per soddisfare la curiosità, né per scherzare con leggerezza. Tenete per grande avviso che come chi non crede alle operazioni di satana, non crede alla Religione santissima; così chi si mette a scherzare con satanasso, deride, insulta, affligge la Santa Madre Chiesa, la quale cerca dire in tutti i modi, come una mamma porta via gridando il figliuol dalla serpe nascosta nell’erba di tenerci lontani dal traditor, tristo nemico di Dio. Voi forse mi vorreste osservare che nel magnetismo non si crede che di servirsi di un fluido materiale mentre nello spiritismo si tratterebbe cogli spiriti, e quindi mi potreste dire: « ecché ha da fare un fluido materiale coi demoni che sono spiriti ? ….. » Vel confesso che questo è un mistero, come è pur un mistero il modo con cui un’anima possa servirsi di un corpo; ma il fatto poi è che il demonio pare che senta maggior inclinazione a correr là dove vi trova questi oggetti, come dicono magnetizzati. Si le nazioni infedeli che credevano alla forza degli amuleti, erano certo superstiziose; ma la superstizione non si appoggia appunto a qualche punto di vero? Via via, figliuoli, fuggite voi lontano da chi vi invita a tali pratiche superstiziose. Il Signore minaccia di sterminare chi andrà appresso ai maghi, agli indovini, che facevano proprio come i mediums dei nostri giorni (Lev. 6). Fuggite, fuggite da questi che pretendono d’interrogare di far parlare le anime dei poveri morti. Nec inveniatur in te… qui quærat a mortuis veritatem. (Deut. 18, II. Exod. 22, VIII). (Io poi vorrei azzardare una mia osservazione. Ma però avvertendo che qui non ci entra la dottrina della Chiesa: puto ego non Dominus. Forse ché vi sia davvero questo fluido magnetico ?….. e che gli spiriti se ne possan servire per comunicare cogli uomini più facilmente?…. e che là dove si metta in moto, e che quindi nelle pratiche del magnetismo presentandosi l’occasione vi accorrano volentieri ?….. Ed essendo queste pratiche pericolose proibite dalla Chiesa sarebbe facile per castigo di Dio che alcun si trovasse col diavolo nel magnetismo impigliato …). Anzi pare proprio che il Signore coi suoi ammonimenti d’allora avvisi proprio a noi. Allora rinfacciava al Suo popolo per bocca del profeta Osea (IV. 12) che era un brutto segno d’infedeltà fare interrogazioni nel legno (nelle tavole) e farsi annunciare il vero dai bastoni. Oh poveri noi! e sarà forse uno spaventoso segnale che manchi la fede, e diventare superstiziosa nel magnetismo? Eh già S. Paolo ci avvisava che appunto pei figliuoli della diffidenza, opera di presente il principe del mondo satanasso (spiritus nunc operatum in filios diffidentiæ. Ephes. Il, V). Viva Dio! … e state fermi nella fede lontani dalle pratiche di tal magnetismo: par proprio che questi diavoli dello spiritato magnetismo corrano addosso a chi lì va a cercare non curandosi degli avvisi della madre Chiesa. Avvertite, o figliuoli che il Papa Sisto V ( Nella Bul. Cœli et terræ Creator an.) eccita i Vescovi a star bene attenti per impedire nelle loro diocesi i sortilegi , la magia, le evocazioni dei morti: son quelle pratiche che appunto si usano. nel magnetlsmo. Ora i Vescovi, che sono i pastori,  che hanno in guardia le pec prelle del Signor, per metterle in salvo dal lupo, in America, in Francia, in Italia, in altri regni con le più amorevoli pastorali scongìurano scongiurano i fedeli a star lontano dal magnetismo e dai magnetisti…. Anche la Congregazione del s. Officio di Roma avvisa ancora i Vescovi di far impedire nelle loro diocesi queste pratiche tenebrose e diaboliche di questi pagnetisti-spiritisti. (An. 1856. 4 Ag). Gon altro decreto, (1864, 2 Apr.) proibisce assolutamente queste pratiche; non è dunque permesso di magnetizzare, di farsi magnetizzare né di assistere a chi magnetizza; come si usa generalmente. Ora facciamo  un po di esame.

Esame.

I. Non vi venne mai voglia per guarir malattie, ed anche per conoscere cose occulte, anche per divertimento di ricorrere ai magnetisti?…

II. Ricordatevi che 1° per guarire malattie, Dio ci diede la medicina, e raccomanda di ricorrere ai medici. Honora medicum. 2. Per conoscere le verità da credere, Dio ci ha data la fede, e per ammaestrarci sicuramente nella religione, e per regolare in quel che dobbiamo e possiamo fare, ci dà la nostra madre Chiesa: per aver poi le cognizioni utili, ci diede la ragione da studiare nelle scienze coll’aiuto anche di buoni maestri sinceramente cattolici.

III. Adunque ricorrere per guarire e per curiosità a tal magnetismo è un non volere lasciarci regolare da Dio, dalla Chiesa: è dunque metterci dalla parte del diavolo. Non sarebbe da stupire che il diavolo pigliasse il destro, sotto la forma del magnetismo, per mezzo dei magnetizzatori di avvicinarsi a trattar cogli imprudenti…. Che Dio guardi voi dal comune nemico.

Pratica

Dunque starete in guardia da certe persone che danno molto da dubitare. Esse si presentano nei teatri, nei caffè. nelle case, pretendono dì curare i malati col magnetismo e fan certi segni sulle persone, e sopra le bestie, i quali segni e versi han niente da fare col curar malattie. Non ascoltatele. – Dunque attendete: tenete ben lontane da loro le persone delle vostre famiglie, massime giovani che attirano la simpatia; perché tali magnetizzatori, se la fanno troppo volentieri colle persone giovani e colle simpatiche; ci avvisava fin d’allora Sisto V. Già volendo andar a capriccio e contro il voler di Dio, per lo più si va a cadere nel fango!… Avviso a tutti! Vi voglio anche avvisare che sì ha la sfrontatezza di pubblicare a’ quattro venti e sui canti delle strade, e far girare inviti a consultar sonnambule, chiaro-veggenti, anzi a mandar anche solo (con un po’ di denaro s’intende) una ciocca di capelli delle persone ammalate, assicurandovi che vi si scoprirebbe le malattie si mostrerebbe il modo di curarle. Stiamo a vedere che una donnaccia deve curar meglio da lontano che i nostri buoni medici che studiano tanto e giran d’intorno con tanta carità ai nostri ammalati!…. Oh scoperte del secolo del razionalismo trionfante !… Se fosse vero, non vi sarebbe il diavolo in mezzo? (Girava un manifesto per Parigi (marzo 1864); Delle meraviglie del magnetismo, del sonnambulismo e delle loro applicazioni rigenerative. — La signora F……. esercitava questa meravigliosa scienza con soddisfazione delle persone da lei pienamente guarite … La sonnambula risponderà ad rem con lucidità sul risultato di cose lontane anche mille e ducento leghe!!!)

Catechismo.

D. È permesso adunque magnetizzare, farsi magnetizzare, ed assistere mentre si magnetizza?

R. Rispondiamo chiaramente, no: perché nella maniera in cui per lo più sì usa magnetizzare, vi sono tutti i segnali che danno ragione di credere, che sotto l’apparenza del magnetismo si pratichi lo spiritismo condannato dalla Chiesa, e per noi buoni fedeli basta solo la proibizione dei Vescovi che Dio pone a reggere la sua Chiesa.

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (13)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (13)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle MissioniROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF. – 1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

SECONDA PARTE

Gesù, Sommo Sacerdote, ci fa partecipare al suo sacerdozio e al suo sacrificio.

Come già si disse, Gesù, comunicandoci. La sua vita, diviene nostro mediatore presso il Padre, nostro sommo Sacerdote: offre per noi il più perfetto dei sacrifici, perché ne è, nello stesso tempo, il sacrificatore e la vittima; dà quindi al sacrificio un valore infinito. Nell’offrire se stesso in vittima, ci associa, in una data misura che non è la stessa per tutti, al suo sacerdozio e al suo sacrifizio; offre con sé tutti i membri del suo Corpo mistico, tutto il popolo cristiano, onde possiamo rendere a Dio i nostri doveri religiosi e partecipare nello stesso tempo ai frutti della sua immolazione. – Dottrina consolantissima e molto feconda in frutti di santificazione, che vuol essere qui convenientemente illustrata, per trarne conclusioni specialmente pratiche, capaci d’innalzare i nostri cuori a Dio con maggior confidenza ed amore. Essendo Gesù nello stesso tempo sacerdote e vittima, tratteremo prima del suo sacerdozio e del suo sacrificio. Poi diremo in che modo il sacerdote cattolico partecipa veramente al suo sacerdozio e diventa così un altro Cristo, sacerdos alter Christus. Toccheremo quindi delle relazioni checorrono tra Maria e il sacerdote. E mostreremoda ultimo come tutto il popolo cristiano è anch’esso,in un certo senso, associato al sacerdoziodi Cristo. Potremo così intendere meglio checosa sia il santo Sacrifizio della Messa e come lodobbiamo celebrare od assistervi.

Quindi cinque capitoli:

I. GESÙ NOSTRO SACERDOTE, SACRIFICATORE E VITTIMA.

Il. IN CHE MODO IL SACERDOTE PARTECIPA AL SACERDOZIO DI GESÙ CRISTO.

III. LE RELAZIONI TRA MARIA SANTISSIMA E IL SACERDOTE.

IV. IN CHE SENSO IL POPOLO CRISTIANO È ASSOCIATO AL SACERDOZIO DI CRISTO.

V. DEL SANTO SACRIFICIO DELLA MESSA.

CAPITOLO I

Gesù nostro sommo sacerdote!

La bella dottrina del sacerdozio cattolico fu da san Paolo spiegata ai primi Cristiani nella Lettera agli Ebrei; dottrina che, quando sia ben intesa, rapisce di ammirazione le anime pie e le innalza ai più alti gradi di perfezione. Attenendoci agl’insegnamenti di san Paolo, diremo in che modo Gesù è il Sacerdote per eccellenza; in che modo ci si presenta nello stesso tempo Sacrificatore e Vittima; e quali sono i nostri doveri verso il sommo Sacerdote Gesù.

ART. I. — GESÙ È IL SACERDOTE PER ECCELLENZA.

A dimostrarlo, esamineremo: 1° quali siano le condizioni richieste per il Sacerdozio; 2° in che modo Gesù le abbia eminentemente avverate in se stesso.

Le condizioni richieste per il sacerdozio.

San Paolo ci dà prima di tutto una specie di definizione del sacerdozio, indicando le condizioni essenziali che vi si richedono: « Ogni pontefice, egli dice, tratto dagli uomini, è costituito per gli uomini nelle cose di Dio, perché offra doni e sacrifici pei peccati! » (Ebr. V, 1). Ed aggiunge: Nessuno assume da sé tale dignità, ma chiamatovi

da Dio, come Aronne » (Ebr. V. 4). Tre condizioni essenziali sono dunque necessarie ad essere sacerdote: bisogna:

1° essere uomo e scelto da Dio;

2° essere consacrato al culto divino per esercitare ufficialmente l’ufficio di mediatore tra il cielo e la terra;

3° e offrire a Dio un Sacrificio, che è l’atto più perfetto di adorazione e di espiazione.

Vediamo di intendere bene queste tre condizioni.

A) Il sacerdote dev’essere uomo, membro della grande famiglia che è incaricato di rappresentare, soggetto alle infermità, ai patimenti, alle miserie dell’umana stirpe, affinché, conoscendole per esperienza, possa compatirle ed esporle a Dio con maggior sentimento: « capace, dice san Paolo, di compatire gli ignoranti e i traviati, poiché anch’esso è cinto di debolezza » (Ebr. V, 2). Se il Sacerdote fosse Angelo, o puro spirito, e non uomo, come potrebbe farsi una giusta idea delle tentazioni che ci vengono dal corpo e dalla sensibilità? Come potrebbe compatirle e mostrarsi pietoso verso di noi? E noi avremmo il coraggio di confidare a un essere puramente spirituale quelle debolezze che vengono dall’infermità della nostra carne? Che se, pur facendo parte della nostra natura umana, il Sacerdote non fosse l’eletto di Dio, come potrebbe osare di presentarsi innanzi alla divina Maestà, lui povera creatura, lui misero peccatore, bisognoso di purificarsi dei suoi peccati prima di comparire innanzi al Dio di ogni santità? Il sacerdote deve dunque essere uomo, ma uomo chiamato da Dio, accetto a Dio.

B) Deve pure essere consacrato, vale a dire separato dalle cose profane, esclusivamente dedicato al servizio di Dio e dei suoi fratelli: « È costituito, è fissato a pro degli uomini in ciò che spetta al culto di Dio! ». Potrà quindi rappresentare gli uomini suoi fratelli e fare ufficialmente le parti di mediatore. È questo infatti l’ufficio essenziale del Sacerdote, salire dalla terra al cielo per recarvi gli ossequi di tutta l’umanità, e discendere dal cielo sulla terra colle mani piene di benedizioni per spanderle sugli uomini.

a) Il primo dovere dell’uomo è di glorificare Dio in modo cosciente e di porgergli, in nome proprio e in nome delle creature inanimate che stanno al suo servizio, un ossequio intelligente e libero. Creato ad immagine e somiglianza di Dio, partecipe della sua vita, l’uomo deve vivere in perpetua ammirazione, lode, adorazione, riconoscenza e amore verso il suo Creatore e Santificatore. È ciò che dice san Paolo: « Da lui, per lui, a lui sono tutte le cose: a lui gloria per tutti i secoli!… Se viviamo, viviamo pel Signore; se moriamo, moriamo pel Signore » ((Rom. XIV, 7-8). E rammentando ai Cristiani che anche il corpo è, come l’anima, tempio dello Spirito Santo, aggiunge: « Glorificate Dio nel vostro corpo: glorificate et Portate Deum in corpore vestro » (I Cor. VI, 20). È sventura che la maggior parte degli uomini, immersi negli affari e nei piaceri, non consacrino che pochissimo tempo all’adorazione di Dio. Era quindi necessario – si scegliessero, di mezzo a loro, delegati speciali, accetti a Dio, i quali potessero, non solo in nome proprio ma in nome di tutta la società, rendere a Dio i doveri di religione a cui ha diritto. Tale è appunto l’ufficio del Sacerdote cattolico: scelto da Dio stesso, di mezzo agli uomini, è come il mediatore di religione tra il cielo e la terra, incaricato di glorificar Dio e di porgergli gli ossequi dei suoi fratelli.

b) Ma, avendo l’uomo assiduo bisogno delle grazie divine, è pur necessario che il Sacerdote presenti all’Autore di ogni bene le umili e urgenti petizioni dei suoi fratelli, onde ottenere dalla divina misericordia quei copiosi e opportuni aiuti che loro occorrono iper trionfare delle tentazioni, per conservare e aumentare la vita della grazia.

c) L’atto per eccellenza diretto ad adorar Dio e a ottener nuove grazie, è il Sacrificio. Il Sacrificio è un atto esterno e sociale, con cui il sacerdote offre a Dio, in nome della grande famiglia  umana, una vittima immolata, per riconoscerne il supremo dominio, riparare l’offesa fatta alla sua maestà, chiedergli grazie ed entrare in comunione con Lui. Istituito da Dio fin dal principio, il Sacrificio si conservò, variamente deformato, è vero, anche presso i popoli pagani, tanto corrisponde agli istinti religiosi dell’uomo! Regolato dalla legge mosaica, era il principale atto di culto presso i Giudei. Lasciando le molte particolarità del codice liturgico giudaico, basti qui rammentare che c’erano nell’Antica Legge quattro specie di sacrifici cruenti: l’olocausto, in cui la vittima era arsa interamente onde esprimere meglio il profondo sentimento dell’adorazione e il riconoscimento del sovrano dominio di Dio; il sacrificio per il peccato, in cui solo una parte della vittima veniva bruciata e l’altra riserbata ai sacerdoti, per espiare le colpe commesse; il sacrificio per un delitto fatto contro le leggi del culto o contro il diritto di proprietà; da ultimo il sacrificio pacifico, in cui la vittima era divisa in tre parti, delle quali una veniva bruciata, l’altra mangiata dai sacerdoti, la terza banchettata da coloro che offrivano il sacrificio. Il sacrificio pacifico aveva per fine di ringraziare Dio dei benefici ricevuti o di ottenerne dei nuovi. Tali sono le condizioni essenziali del sacerdozio; l’Apostolo san Paolo ci dirà ora quanto perfettamente si avverarono in Nostro Signore Gesù Cristo.

2° In che modo Gesù avvera in sé le condizioni richieste per il sacerdozio.

A) Finché il Figlio di Dio rimane nel seno del Padre non può essere Sacerdote: immagine sostanziale del Padre, perfettamente uguale a Lui, non gli si addice di abbassarsi dinanzi a Lui, di adorarlo, di pregarlo. Ma dal dì che s’incarna nel virgineo seno di Maria e diviene uomo, nulla vieta ch’Ei sia rivestito del sacerdozio: è dei nostri, della nostra famiglia, della nostra stirpe; e, senza scapitar nulla nella sua divinità, può, come uomo, abbassarsi, umiliarsi, annientarsi, adorare e pregare. Anzi, per poter compatire le nostre miserie, vuole prendervi parte; e si fa veramente nostro fratello per ragion del sangue, per le infermità, per le tentazioni: simile in tutto a noi, tranne il peccato. « Non abbiamo, dice san Paolo (Ebr. V, 15), un pontefice incapace di compatire le nostre debolezze, avendole Egli, per rassomigliare a noi, provate tutte tranne il peccato ». Con quale eloquenza Bossuet commenta queste parole dell’Apostolo! Dopo aver osservato che il Verbo aveva assunta una natura umana che era in sostanza fattura sua, aggiunge: (Medit. sur l’Evangîle, La dernière Semaine, 95° jour.) « Ma voi non la assumeste sana, perfetta, immortale come nell’anima così nel corpo, quale era primamente uscita dalle vostre mani. La assumeste quale il peccato e la vindice vostra giustizia l’avevano ridotta, mortale, povera, inferma, perché volevate portare il nostro peccato. Volevate portarlo sulla croce, o vittima innocente; volevate portarlo per tutto il corso della vita… Non potendo trasportar su di voi la malizia e la macchia del nostro peccato, ne trasportaste su di voi soltanto la pena, il giusto supplizio, vale a dire la mortalità con tutte le sue conseguenze. A questo modo diventaste sensibile ai nostri mali, o pontefice compassionevole, che li avete provati… Chi può dubitare che non possiate aiutarci nelle cose che avete provate, dacché non le provaste se non perché così vi piacque, e perché volevate, patendole, far nascere in voi quella soccorrevole compassione che avete per coloro che debbono essi pure patirle? Siate dunque per sempre lodato, o grande Pontefice, che avete pietà dei nostri mali, non in quel modo che i felici hanno pietà degli infelici, ma in quel modo che gli infelici si compatiscono a vicenda per il sentimento della comune miseria! ». – Gesù dunque, senza scapitar nulla nella sua divinità, è l’uomo perfetto, buono e compassionevole, nato fatto per essere il capo e il rappresentante ufficiale dell’umanità. Diciamo ancora  che, poiché non cessa di esser Dio, Egli è il mediatore ideale tra il cielo e la terra, non solo Santo e immacolato, ma impeccabile: è il Figlio prediletto del Padre, che pone in Lui tutte sue compiacenze; è il Sacerdote già anticipatamente designato per adorare la Maestà infinita e patrocinar da nostra causa. Il Verbo incarnato ha quindi tutte le doti e tutti i diritti al Sacerdozio: avvera, per l’unità della sua Persona, tutte le condizioni del Sacerdote perfetto: uomo può compatire le infermità dei suoi fratelli, e abbassarsi, compatire, morire per glorificare il Padre; Dio può dare a tutte le sue azioni un valore infinito. – Sarà dunque sacerdote naturalmente e necessariamente? No, risponde san Paolo, bisognava ancora che fosse dal Padre chiamato e costituito Sacerdote in modo speciale: « Nessuno assume da sé questa dignità, ma solo se chiamatovi da Dio, come Aronne. Così anche Cristo non si arrogò da sé la gloria di diventare sommo Sacerdote, ma gliela conferì Colui che gli disse: Figlio mio sei tu, io oggi ti ho generato: come disse pure altrove: Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedecco » (Ep. Ebr., V, 4.6). Fu quindi la libera scelta di Dio che fece di Gesù il sommo Sacerdote il Sacerdote per eccellenza. Da tutta l’eternità Dio decretò che la redenzione avvenisse per il ministero sacerdotale dell’Uomo-Dio e che suo Figlio si incarnasse in una umanità passibile e mortale per essere nello stesso tempo sacrificatore e vittima, vale a dire per offrire un sacrificio di cui sarebbe Egli stesso la vittima. – Ammirabile condiscendenza di Dio che ci dà, nella Persona di suo Figlio, il sacerdote perfetto, il sacerdote ideale. Anzi, a dire il vero, il solo e unico Sacerdote, perché Egli solo avvera in sé con ogni perfezione le doti richieste per il sacerdozio!

B) Ma chi dunque consacrerà questo Sacerdote così perfetto? Non altri fuori dello stesso Dio. Secondo il pensiero dei Padri, il Verbo stesso, fin dal primo momento dell’incarnazione, è, per così dire, l’unzione con cui Gesù vien consacrato Sacerdote; per questo viene chiamato Cristo che significa unto; la divinità del Verbo è come l’unzione santa che consacra la sua umanità e conferisce a Gesù i poteri e le grazie del Sacerdozio. Scelto da tutta l’eternità, Gesù diventa veramente Sacerdote nell’istante stesso dell’incarnazione, e inizia fin da quell’istante il doppio suo ufficio di religioso di Dio e di salvatore degli uomini. È appunto ciò che dice la Lettera agli Ebrei (X, 5-7-10; « Entrando nel mondo, (Gesù) dice (al Padre): Tu non volesti sacrificio ed offerta, mi formasti invece un corpo; olocausti e sacrifizi per il peccato non gradisti; allora dissi: ecco io vengo a fare, o Dio, la tua volontà… E in questa volontà noi siamo stati santificati per l’offerta del corpo di Gesù Cristo una volta per sempre ».

a) Religioso di Dio, Gesù si offre vittima per sostituire tutti gli olocausti e tutti gli altri sacrifici dell’Antica Legge. Sarà l’ubbidienza, l’umile e amorosa sottomissione alla volontà del Padre, la spada che immolerà tutte le sue azioni alla gloria di Dio; e quest’ubbidienza Ei la spingerà fino alla morte e alla morte di croce, nobilmente con ciò riparando alla disubbidienza dei nostri progenitori. Così Dio sarà glorificato come non fu mai, sarà glorificato, come si merita, con gloria infinita, perché il Verbo comunica alle azioni e ai patimenti della sua umanità un valore infinito.

b) Salvatore degli uomini, Gesù, con questo stesso Sacrificio, salverà in diritto tutti gli uomini, nel senso che meriterà loro abbondantemente e anche sovrabbondantemente tutte le grazie di cui hanno bisogno per salvarsi; per guisa che, se non trarranno profitto dalla sua redenzione, ne dovranno incolpare soltanto la loro resistenza alla grazia. « Perché, come dice san Paolo, dove abbondò il peccato, ivi sovrabbondò la grazia! » (Rom. V, 20). Se abbiamo la sventura di offendere Dio, Gesù perorerà la nostra causa con tanto maggiore eloquenza ed efficacia in quanto che offre nel medesimo tempo il sangue versato per noi. Lo dice san Giovanni: « Se qualcuno avrà peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto; ed Egli è vittima di propiziazione per i peccati nostri, e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo ? » (1 S. Giov. II, 1). Se, nello stato di grazia, abbiamo bisogno di nuovi aiuti a perseverare e a progredire nella vita spirituale, Gesù è « sempre vivo a intercedere per noi » (Ebr. VII, 25), sempre pronto a rammentarci colle sue parole, coi suoi esempi e colla sua grazia interiore, che « il giusto deve praticar sempre più la giustizia e il santo sempre più santificarsi » (Apoc. XXII, 11), Gesù ha dunque ricevuto la consacrazione sacerdotale per fare verso Dio l’ufficio di Religioso, e verso gli uomini quello di Salvatore: è Sacerdote e Sacerdote in eterno.

C) Ma, se Gesù è Sacerdote, deve offrire un Sacrificio, e se è il Sacerdote per eccellenza, deve offrire un Sacrificio perfetto. E questo appunto fece Nostro Signore. Cominciò ad offrire interiormente questo sacrificio fino dal primo momento della sua esistenza e rinnovò esteriormente quest’offerta nel dì della sua presentazione al Tempio. Preparò l’immolazione cruenta con una vita tutta tessuta di dure fatiche e di profonde umiliazioni. Compì poi il suo Sacrificio e nell’ultima Cena sull’altare della croce offrendosi liberamente e generosamente a sostenere con eroica pazienza tutti i tormenti fisici e morali inflittigli dai suoi carnefici. E lo consumò risorgendo e salendo al cielo, dove sta dinanzi al Padre colla sua umanità immolata per noi; e, sebbene non lassù un sacrificio propriamente detto, intercede però assiduamente per noi e chiede che ci siano applicati i frutti della sua Passione. – Nel santo sacrificio della Messa Gesù continua il sacrificio del Calvario, offrendo di nuovo al Padre la vittima immolata sulla croce, con le stesse disposizioni di ubbidienza e di amore: « Poiché – scrive l’Olier – le auguste disposizioni interiori di Gesù sono le stesse sulla croce e sull’altare, sotto il velo del pane e sotto il velo della carne, queste noi dobbiamo maggiormente stimare ed onorare nel Sacrificio di Nostro Signore, che principiò sulla croce e che continua sui santi altari » (Olier, Cat. chrétien., II, 3). Diciamo dunque una parola di questo sacrificio e vediamo in che modo Gesù è nello stesso tempo sacrificatore e vittima.

LO SCUDO DELLA FEDE (208)

LO SCUDO DELLA FEDE (208)

LA VERITÀ CATTOLICA (VI)

Mons. ANTONIO MARIA BELASIO

Torino, Tip. E libr. Sales. 1878

ISTRUZIONE VI

I demonii

Noi ci lasciammo consolati nella passata Dottrina degl’Angeli; e restammo assai contenti di sapere che vi siano milioni d’Angeli che adorano Dio in Cielo; e perciò adorano anche Gesù in terra nel Sacramento, che è (ah mi fa male il cuore il dirlo!) miseramente da noi troppo abbandonato. Per un’anima ben fatta, per un cuor che per poco senta, quanto si meriti d’essere onorato ed amato il Sommo Bene che è Dio, è una cara consolazione il sapere che vi siano creature tanto degne di Dio che lo adorino così santamente, anche per noi. Ci conforta tanto poi anche il sapere che Dio si serva degli Angeli per farli ministri delle sue misericordie per noi fino a darceli compagni e Custodi del nostro pellegrinaggio in terra, mentre ci gode già fin d’ora l’animo d’avere gli Angioli poi concittadini in Paradiso. Ma gli spiriti son tutti buoni e tutti santi? — No; no: ne sono dei troppo cattivi che sono i demoni. O! ma chi creò mai i demonii? — Io vi rispondo subito, che Dio creò gli Angeli; ma gl’Angeli col peccato si son fatti demoni. Ascoltate e vel racconterò. Quando Dio ebbe creato gli Angeli, uno spirito chiamato lucifero, il qual nome vuole dire Angelo brillante di luce celeste, principe che era nel Cielo, adorno di tanti doni della bontà del Signore, rizzò la testa contro di Dio Medesimo — Oh!… ma che fece mai costui? mi direte. — Eh vedete; fece quello che fanno le creature ingrate che adoprano ì doni di Dio per peccare contro la sua bontà, fece questo per la superbia di non volere servire a Lui! E quando vi è un superbo che si da capo a rivoltarsi, vi possono mancar dei seguaci? Ah lo vedete pur troppo anche voi che se vi è un miserabile che rifiuti per orgoglio d’obbedire a Dio, che fa guerra alla Chiesa, al Papa che rappresenta Iddio: trova subito dei disgraziati che gli vanno appresso e sì gettano con lui in perdizione! Ma viva Dio! vi son sempre anche ì buoni e più numerosi e più potenti dei malvagi, e sol che vi sia chi alzi il grido del coraggio, trova sempre un esercito di combattenti per l’onore di Dio. Difatti subito che Arcangelo Michele alzò il grido « Chi è simile a Dio? … » Questo grido fu il grido d’allarme in Cielo; e gli Angioli buoni, su, tutti insieme, a combatter con lui. Fu gran battaglia in cielo: e battuto lucifero coì suoi, tutti furon precipitati per sempre in dannazione nell’Inferno, come già vi spiegai. Che se pur restarono molti sparsi per l’aria, hanno con loro l’Inferno: perché odiare Dio per sempre è un vero inferno. Tutti però cercano di far guerra a Dio Santissimo, e agli uomini da Lui creati: per farli dannar con loro, per rabbia contro la bontà del Signore che lì vuol seco in paradiso. Oh ma Gesù, Figliuol di Dio però è con noi, e ci guida, e ci sostiene nella guerra contro di loro, e chi stà con Gesù li vince sempre. Ora io appunto voglio mostrarvi come lucifero demonio e i suoi compagni spiriti cattivi tentano sempre di fare perdere gli uomini; e come massime nei nostri tempi raddoppiano ì loro sforzi specialmente in quel magnetismo che si va a confondere collo spiritismo. Io vi mostrerò quest’oggi come i demoni fanno continua guerra a noi uomini; e mi riserberò nell’altra istruzione di dimostrarvi come è un cercar col demonio d’ingannar per perdere gl’incauti in tal magnetismo che si confonde collo spiritismo. — Ripetemi in grazia che io quest’oggi vi ho da dimostrare (si fan ripetere) « che i demoni fanno continua guerra a noi uomini ». Buon Gesù, Voi siete il nostro gran Capitano nelle battaglie contro l’Inferno « evviva! noi esclameremo, o Signore, delle vittorie! » Deh, fatemi grazia che la mia povera parola sia un grido d’allarme, a chiamare a combattere i diavoli, e Voi serratevi d’intorno tutti questi che son buoni fedeli a vincere colla vostra potenza. Così mentre i demonii cercano d’ingrossare le turme dei nostri nemici; noi sì, o miei fratelli, combatteremo colla fiducia dei trionfatori sulla fronte con Gesù Cristo. Oh Maria santissima, che col piede immacolato calpestate la testa al dragon infernale, difendeteci contro tutti i demonii d’Inferno. Io vi ho promesso adunque di dimostrarvi che i demonii ci fanno continua guerra in tutti i modi e che cercano sempre spingere a far male tutti gli uomini per tirarli a perdizione. La parola di Dio nella Santa Scrittura e le storie delle nazioni del mondo raccontano troppi fatti che dimostrano ad evidenza che il demonio e i mille suoi tristi compagni si arrabattano sempre smaniosi di far guerra a Dio e strascinar gli uomini all’inferno per non lasciarlo adorare; a dispetto di Dio Medesimo che ci ha creati per averci beati in paradiso. Lo sapete bene anche voi che fu il maledetto demonio il quale fin da principio si mise dentro nel paradiso terrestre, e tentò Adamo ed Eva di non credere a Dio e di non obbedire ai suoi comandi; anzi propose loro fino di farsi eguali a Dio Medesimo, mangiando il frutto vietato, proprio a dispetto di Dio. L’ascoltarono i meschini; restarono da lui traditi; e noi andremmo con loro a perderci se non fosse poi venuto a salvarci il Figliuol di Dio, Gesù. Poi sempre il demonio, infelicissimo, perché non ama più Dio, cercò di fare ogni male agli uomini che sono l’immagine sua. – Contro il povero Giobbe, perché era fedele a Dio in mezzo a quel mondo di gente infedele, non fu mai sazio di rabbia: e fargli rovinar la casa sopra i suoi figliuoli e fargli rapinare tutte le sue ricchezze! Sicché ridotto che l’ebbe sul lastrico, gli fu addosso alla vita e lo gettò per terra tutto insozzato di luride piaghe, abbandonato sopra di un letamaio. – Quando poi il popolo del Signore era tenuto in dura schiavitù da Faraone in Egitto, e il Signore mandò Mosè per liberarlo. Questi mostrava coi miracoli fatti davanti al re Faraone che era proprio mandato da Dio per condur via il popolo in libertà ad adorarlo nella terra promessa: e il demonio ebbe ardimento di combatter Mosè aiutando i maghi a gareggiar con lui nel far prodigi anch’essi. Finché Mosè in nome di Dio fece tali miracoli che il diavoli e i suoi maghi non poterono scimmiottare, sicché restarono tutti confusi. Ma la guerra più indegna che fece a Dio quest’orrido suo nemico, fu sempre quella di farsi adorare egli stesso invece dell’Altissimo nelle false religioni dell’Idolatria. Che già bisogna ben dire che sia proprio il diavolo che abbia inventato l’idolatria. Perocché, osserva $. Tommaso, non si può spiegar altrimenti come il mondo sia diventato idolatra pressoché tutto, a dispetto della ragione, a dispetto di ogni buon senso. Poiché è impossibile che gli uomini di tante nazioni avessero perduta la testa così, (se non fossero trascinati dal diavolo), di adorare per Dio i più feroci e più schifosi animali. È impossibile che fossero proprio da loro stessi diventati irragionevoli così da credere di potere da loro crearsi un Dio colle lor mani a seconda dei suoi propri capricci e con l’oro col bronzo, col sasso, con un po’ di fango volessero formarsi una figura bizzarra, come a lor piacesse, e poi dire « questo è il nostro Dio che noi dobbiamo adorare! » se non era il diavolo che lavorasse dentro di loro per farsi adorare nelle figure di quegli Idoli. Il demonio conosce troppo che l’uomo non può stare senza avere Un Dio: e vedendo che Dio Santissimo non garbava a quegli uomini guasti, soffiò, quel maligno, nei lor cuori corrotti e e suscitò le lor menti sbrigliate a crearsi un Dio a fantasia, anzi a farsene tanti dei e ciascuno il suo dio fosse più alla portata delle sue passioni; ben inteso però che tutti questi dei tenessero mano ai vizi di tutti. Eh lo vedete pur troppo che anche ai nostri dì hanno taluni la sfrenata audacia di dire apertamente che non vogliono adorar più Dio: che non piace loro Dio adorato dai Cattolici col Papa: e fin si arrabbiano contro Dio crocifisso nemico alle passioni a loro tanto care… Vè…. vè…. come è il demonio che cerca sempre di cacciar via Dio dal mondo. – E menava già baldoria, adorato come era nella idolatria in terra, in luogo di Dio. Tanto che quando venne il Figliuol di Dio Gesù nel mondo, trovò il demonio così pien d’ardimento che il petulante ebbe fino la sformata pazzia di dirgli « io ti farò padrone del mondo se cadendo a terra mi adorerai! »…… Oh?…. oh…. mi direte…. fu proprio così?….. Vi debbo anche dire che eran tanti gli invasati dai demoni che ad ogni passo s’incontrano nella storia del Vangelo. Ora si presenta a Gesù un tale reso muto dal diavolo che lo possedeva; ora un tal altro muto. e cieco, e così malconcio fu guarito dal Salvatore col liberarnelo. Sicché i Farisei che erano tutt’occhi per accusarlo, ben lungi di negare che Egli cacciasse i demoni, lo calunniavano anzi che li cacciasse un diavolo colla potenza d’un altro: e Gesù fece loro sentire che il diavolo non caccia il diavolo ma che era venuto Egli Figliuol di Dio a cacciar il demonio che regnava coll’Idolatria nel mondo e a istabilirvi il regno di Dio. Poi là un padre ancora gli presenta il figlio così fattamente invasato da un diavolo che si debba dire che avesse ben dure le corna: perché resistette a tutti gli Apostoli; finché solo Gesù l’ebbe cacciato. Qui un demonio gli confessa che egli si chiama legione quasi per dire che ha mille diavoli insieme con lui: o son demoni che se la vorrebbero svignare, pur confessando a Gesù che Egli è il Figliuol di Dio, affinché li lasciasse andare, o supplicare Gesù che permettesse sì cacciassero entro dei porci, per non essere confinati nell’Inferno. Gesù Cristo poi finalmente per liberar tanti poveri indemoniati, dà ai discepoli la facoltà di cacciare i diavoli nel Nome suo. Sicché possiamo conchiudere che coloro i quali negano che siano degli indemoniati e che degli spiriti girano nel mondo, negano la Religione cattolica: ma poi anche mostrano la propria ignoranza della storia delle nazioni. Perocché fin anche Plutarco filosofo pagano che di sacra Scrittura non ne sapeva niente, ma che però è tenuto in gran conto di dotto, dice apertamente che quelli che negano che vi siano degli spiriti che operano mirabilmente nelle cose del mondo, altro che darsi l’aria di filosofi spregiudicati! « distruggono essi affatto la filosofia philosophiam tollunt ». E a ragione perché la filosofia sta appunto nel cercare la causa dei fatti che si vedono avvenire. E di certi fatti è inutile cercar altra causa o ragione, bisogna ragionevolmente dire che sono gli spiriti che vi lavorano dentro. Potrei qui citarvi Cicerone, l’uomo più sapiente dei Romani ai tempi suoi che lo ammette; o però ricordarvi quel Bruto il quale non era una femminuccia, no; ma era tal uomo che mirava d’impadronirsi del mondo intero; ebbene egli confessa che li in sul procinto di dar la gran battaglia per acquistare il dominio dell’impero, che comandava a tutti, gli apparve uno spirito, come ei lo chiama, un genio; che lo atterrì. – Ché finalmente nessuno può negare che per tanti secoli i pagani consultavano gli oracoli, cioè che andavano dinanzi ad un idolo di sasso e interrogavano gli spiriti sotto il nome di un qualche lor dio. Il più famoso degli oracoli era quello di Delfo. E non era il volgo solo della povera gente che vi andava a consultarli; ma erano i grandi conquistatori del mondo, e l’intiero senato Romano che prima d’intraprendere le più grandi imprese domandavano a quei falsi déi o demoni; se lor conveniva, a quel che si era da fare. Noi crediamo che sovente, massime la plebe ignorante, fosse ingannata dai sacerdoti, i quali rispondevano essi dai sotterranei; ma il pensare noi poi che tutti si lasciassero da loro ingannare così da credere che negli oracoli gli spiriti avessero risposto, quando non rispondevano affatto; è un pretendere di aver noi soli la privativa della ragione e credere che tutti quegli e ignoranti ed istruiti avessero perduta la testa, a quei tempi. Eppoi anche la storia ecclesiastica conferma che negli oracoli erano ben sovente i demoni che rispondevano. Lattanzio, e Tertulliano, uomini i più dotti e i più illustri del loro tempo rinfacciano ai pagani che i loro déi dovevano esser ben deboli; perché, dicono ai pagani pubblicamente nei loro scritti, « i vostri déi valgono niente: poiché quando si consultano gli oracoli, sol che vi sia presente un poverin di buon Cristiano, i vostri oracoli diventano muti. » Né per scongiurar che si facesse, quei demoni di dei non potevan dar risposta. Ma sentite il bel fatto: S. Gregorio Taumaturgo s’era riparato alla meglio una notte in un tempio, dove il diavolo in un idolo dava gli oracoli. Il maligno che con quel Santo non se la faceva per niente, scappò via del suo covacciolo. Tornato il sacerdote alla mattina per consultare il suo idolo, oh si … quella statua di sasso non dava la risposta. Smania il poverino, fa i suoi spergiuri girando intorno; ma il demonio di fuori gli dice « ma, se io non posso entrare!, me lo vieta quel pellegrin che dormi qui dentro ». Il sacerdote allora corse a tutta lena appresso a Gregorio supplicandolo permettesse che entrasse ancora lo spirito ….. Se no…. misero a lui, era chiusa la sua bottega! S. Gregorio scrisse su un pezzo di carta (papiro) « demonio entra » e il demonio entrò. Allora il sacerdote, a correre subito ancora più affannato appresso a Gregorio, e raggiuntolo, si volle farsi Cristiano; perché un meschino cristianello era tanto da comandare a volontà a quel povero diavolo del suo dio. Qui poi debbo ben dirvi che in tutti i secoli della Chiesa fu sempre una lotta coi diavoli. Fin dal principio del Cristianesimo un tal Simone mago vuole sfidare là a Roma S. Pietro ad innalzarsi come lui per aria in mezzo alla piazza, alla vista del popolo romano. Oh! egli era in alto già; ma S. Pietro pregò; e il demonio via; e giù, quel povero diavolo di mago; e si ebbe fracassato una coscia. D’allora fin ai nostri di. Ora udite fatto. – Vi era un prete che si dava l’aria d’illuminato, e mostrava compassione del povero Curato d’Ars del quale si raccontava che era sovente molestato in casa dagli spiriti. « Povero vecchio, diceva, a furia di digiuni con quella divozione esagerata, ha la mente esaltata! » Però una notte trovandosi con alcuni sacerdoti per far gli esercizii nella casa del buon curato: oh che è mai! s’odono spaventosi rumori!; tremavan le mura; era un pandemonio che minacciava sobbissarli; e chi ne aveva riso vi ebbe tale un carpiccio dal diavolo da non riderne più mai. In quel diavolio di tafferuglio infernale, corsero tutti nella camera del santo uomo gridando « curato, sprofonda la casa! » Ma il curato svegliandosi tranquillamente « no, non faranno alcun male ». Così mostrava che aveva la fantasia più calma di loro, e che anche in mezzo ai diavoli, dormiva tranquillo nella sicurezza della sua coscienza. Questo sol fatto dovrebbe bastare per un solenne avviso a chi ha la fede così al lumicino, che quasi pare di far grazia a credere ai soli dogmi principali; e se parlate loro di « demoniati » e di spiriti con una tal compassione crollando il capo rispondono subito « superstizioni, superstizioni di gente ignorante! » Oh!… Ma pur S. Tommaso che non era uno sciocco no, ma un dei più dotti uomini del mondo, dice candidamente che il non voler mai credere che intervengano i diavoli nelle cose umane, viene da una radice d’incredulità. Noi intanto, a costo d’essere derisi da tutti gli spregiudicati del mondo, rispetteremo S. Francesco di Sales, uomo di gran buon senso e bel genio come era di gran santità; il quale dice colla semplicità da santo che, dovendo benedire un cimitero, i diavoli suscitarono uno spaventoso temporale per impedire la sacra funzione: e che egli, fatto un esorcismo, fece fare sereno. Poi finalmente vogliamo dire « alto là…. rispettate tutti Colombo, il quale scoprì il mondo nuovo. » Ebbene egli era lì per discendere di nave e piantare la croce la prima volta nel mondo scoperto: si suscitò una burrasca tremenda, sicché i marinai gridavano « siam tutti perduti: » (come racconta Roscellì nella sua storia). Allora quel grand’uomo, devoto com’era, sguainata la spada fa con essa un gran segno di croce, comanda ai mali spiriti, e fa fare sereno in cielo, bonaccia in mare. – Qui ben con gran senno il dotto e pio Monsignor Pedicini, Arcivescovo di Bari, nella sua bell’Opera La Chiesa militante considerata nei suoi ministri, osserva che ai nostri dì è scarso il numero dei veri ossessi: mentre nei tempi andati era frequentemente il miserando spettacolo di corpi posseduti dal demonio. E ne dà le ragioni che noi piglieremo da lui. Poiché anche noi crediamo che vi fu un tempo, almeno in Europa, che il demonio evitava di attirarsi l’attenzione degli uomini: e questo fu dopo che apparvero tanto numero i così detti filosofi materialisti. Allor vedendo che questi troppo ben facevano i suoi interessi, egli stavasi miccin miccino, contento che non si pensasse agli spiriti, e che gli uomini si dimenticassero pur anche di lui; purché dimenticassero Iddio e le anime proprie e diventassero materialisti. Ma la Chiesa tenne sempre d’occhio il nemico che fingeva il dormiglione e lasciava ridere gli increduli; ma continuò nell’ordine dell’esorcizzato a dar sempre ai suoi ministri, la facoltà di cacciare i demoni. Però il diavolo zitto li, a tener in freno quel suo esercito di spiriti irrequieti. Perché, se avessero invasati gli uomini, i ministri della Chiesa gli avrebbero cacciati cogli esorcismi: e quando appunto sì lavorava dai nemici per gettare nel fango i sacerdoti, avrebbero essi acquistato il maggior credito contro le loro calunnie, se avessero esercitato tanto potere contro i mali spiriti. (vedi Pedicino opera citata « L’Esorcitato). Quando poi il diavolo con questi increduli sparsì nel mondo si credette padron del campo, allora fuori subito a far delle sue: e per lavorare al coperto per benino, seppe nascondersi nel magnetismo. Ed ora qui piglia il berretto di professor di scienza medica o di fisica; o coi politici far di politica, o fa il buffone nelle brigate allegre col far ballar le tavole e salticchiar i mobili. Insomma sa adattarsi ai gusti. Così fa da briccon spiritoso, scherzevole in Francia, da filosofo serio, e da cupo panteista in Germania, fin da santocchione in Baviera. Qui guarisce malati, là scopre certi segreti che era meglio tenere nascosti: rende poi risposte come gli oracoli picchiando il piede delle tavole o scrivendo senza mano colle matite. In tali modi è sempre il malizioso serpente che striscia dentro dovunque sempre al coperto; perché troppo orrendo, se comparisse qual è. Ma si conosce pur troppo che è sempre il diavolo; massime in certi fatti che avvengono ai nostri di. – (Eppure fa sdegno, come dovrebbe fare vergogna, l’ignoranza di coloro che si vantano spregiudicati ai nostri di; quasi il vanto di spregiudicato li facesse diventare sapienti senza avere studiato. V’è omiccioli che son da niente, regalano la patente di superstiziosi e di ignoranti a tutti i nostri padri del tempo passato. Quasi fosse nato il sole solamente nel secol presente, ed essi solo avessero il privilegio di saper tutto, da ridere di chi non pensa con coloro. Eh non dovevano poi essere stupidi quei buoni padri del medio evo detto tempo oscuro, no che non erano poi tanto stupidi sì veramente; poiché ebbero covilizzati i barbari colle loro scuole e colle loro sante virtù; se quei grand’uomini che crearono i comuni libero reggimento, che proclamarono la libertà delle donne e degli schiavi riparandoli sotto la protezione della madre Chiesa; che ci regalarono la Somma del lor S. Tommaso sempre maestro di lor che sanno e di color che Sapranno, ci diedero il più gran poeta Dante; che costruirono miracoli di cattedrali slanciate fin dentro le nubi; che inventarono la polvere da fuoco ; che ci provvidero dell’orologio che ci portarono dall’Asia la seta, che ci diedero la bussola a navigare sicuri per scoprir un nuovo mondo; che si salvarono dai Turchi; che ci diedero insomma le scienze, le arti, l’industria, così ben coltivato da raccogliere noi! Deh se quei grandi uomini, fra i quali basta sol nominare Carlo Borromeo, santo del più gran cuore del mondo, potessero alzar la testa dai loro magnifici sepolcri, e se guardassero giù dall’alto dei cieli a costoro in basso, potrebbero ben dire con ragione « Ecchè! voi ci accusate e deridete perché condannavano la magia e la evocazione dei morti; ma v’è che voi avete quarantamila maghi magnetizzatori, e più di cinquecentomila spiritisti e spiritati nella sola progressista America; ne avete più di trentamila nella sola Parigi: voi avete la setta intiera Vandem-borghesi che tutti pretendono di trattar a fidanza coi morti! Voi avete compassione di noi che avevamo paura degli incantesimi; e voi avete i vostri mediums che fan più tristi incantesimi su certe persone….. ch’io non vo’ dire. Voi crollate la testa al sentir che noi nominavan le streghe e le magliarde che mettevano paura, dite voi, ai nostri popoli ignoranti e barbari; e voi coltissimi illuminati avete le sonnambule, le lucide, gentilissime indiavolate a modino che son più streghe che le nostre, streghe scarmigliate! Voi ridete delle nostre croci e medaglie e cose benedette, come di talismani e di amuleti; e voi dite che le nostre tavole ballano e fan girone, avete mobili che vi saltellano in camera, e bastoni che v’accarezzano come la coda del diavolo….. Voi vi burlavate dell’acqua santa; ma vé oh, che, se ve ne gettiamo una goccia sulle tavole rotanti, sì dibattono furenti, saltano fin giù dalle finestre i mobili al tocco d’una medaglia, scappano via; al presentar un crocifisso fin i cestilli sì sversano, sì contorcono come serpenti, e giù dai tavoli a scappar lontano, (vedi il dotto Merville e i belli articoli della Civiltà Cattolica). Voi ci accusate di crudeltà, perché ricorremmo ai tribunali per comprimere tante tristizie di sortilegi, d’incantesimi e tutt’altre diavolerie; popoli interi ora nell’America ricorrono alle autorità dei governanti, perché gli uomini del potere trovino modo di liberare le famiglie da quella peste di spiritismo che fa perdere le figlie, le spose, i giovani ed empie i manicomi di poveri matti, e che spinge tanti a darsi la morte; di queste voi avete le sentenze vostri tribunali. Ah oh che siete voi che in questi bei lumi mostrate d’aver il diavolo addosso (Negli Stati Uniti si calcola che neu casi di pazzia e di suicidio lo spiritismo entra pel decimo ad esser la causa – Nampon Sise sulla spiritismo pag. 41 – L’influenza della pretesa dottrina spiritistica … è un fatto che dopo l’invasione dello spiritismo nelle nostre mura – Lione – ricensimento del Ministero dell’Interno 1861. – Il dottor Burtel). – Perché, vi ho da parlar chiaro, noi crediamo che gli uomini dal furor trasportati non sappiano ciò che dicano; ma quando tali miserabili dicono tante bestemmie nella lor rabbia, e fin nel loro scherzi, orrende così che i diavoli non ne san di peggiori; all’udirli slanciarsi contro di Dio in cielo; con rabbia particolar appunto pigliar più di mira Gesù Cristo Salvator nostro e sua Madre Maria benedetta; e vibrare contro il SS. Sacramento imprecazioni d’atterrire fino l’Inferno, bisogna dire che diavolo gli invasa coll’infernale suo furore Vi voglio dire ancora che noi sappiamo pur troppo che anche gli uomini più corrotti bramano aver pure le vittime da sacrificare nella loro carnalità, e in quella foia metton la mano sugli innocenti! ma non possiamo spiegare la smania infernale di far perdere l’innocenza col mostrare le malizie fino ai poveri bambini, a cui attaccano la peste almeno colle parole, se non posson mettere il grugno su quei fiori d’angelica purità! Hanno il diavolo addosso!….. – No no! senza che vi sia il diavolo che li spinga, non possiamo spiegare come corrono ad affollarsi in congreghe, e metter denaro insieme, a stampar libri cattivi, fotografie le più svergognate per far del mondo un orrido bordello. Bisogna ben dire che siano i demoni che colle labbra impure soffino dentro di loro, quando compongono quei romanzi pieni d’incredibili delitti; che siano i diavoli che gl’instighino a dire che son commessi da monachelle; e a inventar sotterranei, e far lor fare orgie indiavolate solo possibili nelle diaboliche menti. È vero sì, che i nostri vecchi vegliavano sulle congreghe dei maghi, delle fattucchiere, e streghe; ma è pur vero che oggi orrendi convegni si fanno, e orge e ridde infernali, un cui si abusa fin dei Sacramenti! Ah … o fratelli, serriamoci noi tutti intorno e Gesù nel Sacramento, perché ci sono indemoniati che ce lo piglierebbero!!! mi manca il cuore! mi si oscura la vista! Si, .. oh Gesù! Sono pochissimi questi ferocissimi indemoniati.!… Restate qui che i tempi non furon ormai più oscuri e tetri; ma avrete sempre un mondo di Cattolici  che v’aman tanto nel Sacramento! – Vi son dunque anche troppo demonii e indemoniati che ne fann di così triste in mezzo agli uomini, e spingono purtroppo tanti disgraziati ai nostri giorni ai delitti, alla disperazione. Vi voglio aggiungere che noi poi, o miei fratelli, ben conosciamo che in tutti i secoli del Cristianesimo il Signore per far conoscere la santità e i meriti de’ suoi più fedeli servi e santi, siccome dà loro la grazia di far miracoli, così dà a certi suoi Santi la forza di cacciare i diavoli colle loro orazioni, colla loro parola e fino colla sola presenza; tanto che negli indemoniati il malo spirito si dibatteva orridamente per non venir condotto a lor dinanzi. Il Signor poi per non lasciare mancare alla sua Chiesa questa forza per difendere e liberare i suoi figliuoli, le dà la facoltà di creare gli esorcisti che sono i ministri suoi per cacciar i demoni cogli esorcismi. Se adunque la Chiesa dà questa facoltà nei suoi Ordini: se tanti Santi mostrano di averla: se i Cristiani l’han sempre creduta, e quando fu necessaria l’hanno. adoprata; piuttosto che dire ora che tanti uomini così sapienti sian tutti ingannati e tutti ignoranti; e quel che è poi più, dire che tanti santi che mostravano di cacciare il demonio collo scacciarlo di fatto, siano stati tutti ingannatori: noi sì veramente, crediamo colla Chiesa cattolica che vi sian demonii e indemoniati: e mentre qui con noi credono tutte le nazioni del mondo, vogliamo conchiudere collo Schlegel, un dei più dotti uomini dei nostri giorni « che la storia del genere umano è la storia del combattimento delle nazioni e degli individui contro le potenze invisibili ». Così la scienza conferma quel che insegna S. Paolo, che noi siamo in continua lotta contro i cattivi spiriti dominatori del mondo di queste tenebre. Ora a me non resta che conchiudere coll’Apostolo s. Pietro « O fratelli, guardatevi dalle intemperanze, e vigilate, perché il vostro avversario satana, il diavolo vi gira sempre d’intorno ad adocchiare chi possa cogliere per divorarlo. A Lui resistete con tutti i mezzi che vi dà la fede, come vedremo nella pratica dopo un po’ d’esame. Ricordatevi però intanto che questo avviso ce lo ripete la madre Chiesa quando cì fa dire le orazioni per la notte.

Esame.

1° Adunque vi sono ì demoni nell’Inferno e demoni che girano d’intorno sempre pronti a farci del male; ma viva Gesù Cristo Salvator nostro, che vince il diavolo e lo incatena come vuole! e perciò il più sicuro mezzo per difenderci dai diavoli, è lo star unito col cuore a Gesù qui con noi nel SS. Sacramento. E noi come l’abbiam fatto finora? Qual meraviglia, se andando alla sbadata in tutti i pericoli, ci abbia sorpreso il diavolo a farci peccare! Il soldato che abbandona il capitano, e va girottolando a casaccio nel campo nemico, resta quasi sempre sorpreso dai nemici nascosti.

2° Dio ci diede gli Angeli Custodi per difenderci dai diavoli; e noi invochiamoli sovente colla confidenza dovuta a così santi e potenti compagni?

3° Dovete sapere che tra Dio e il demonio non vi è società: no no!…. se dunque vogliamo servir Dio, bisogna che lo serviamo come Dio vuole…… Se poi noi lo vogliamo servire, invocare con quei modi che Egli non vuole; allora ci mettiamo della

parte del diavolo, che ci aspetta all’occasione per farci i brutti giuochi.

4° Ora come Dio vuol essere servito, ce lo fa mostrare dalla madre Chiesa, e la madre Chiesa c’insegna che Dio si serve col ricevere i SS. Sacramenti, che è questo il mezzo sicuro per ottenere la grazia di Dio. Poi, che Dio si serve con quelle opere di divozione che essa prova e colle preghiere come essa insegna. Dunque usar certe false divozioni, o far certi segni per guarire animali, andare a farsi curare e suggerire i rimedi da certe persone detti i settimini; andare a consultare il giuoco delle carte per sapere ciò che debba accadere, far simili vane pratiche è un farsela alla buona coi diavoli; con Dio no, perché la madre Chiesa non approva che si cerchi l’aiuto di Dio con queste vane osservanze. Così in tanto con queste vane pratiche superstiziose anche senza pensarlo, si viene a cercar l’aiuto del diavolo, il quale, se Dio gliel permette per castigo, che troppo accorrerà ad aiutare gl’incauti per poterli far suoi e poi perderli. Che Dio vi guardi. Il far segni di croce anche per guarire malattie, è cosa buona: gli antichi Cristiani per difendersi dal demonio si segnavano ben di spesso di croce.

Pratica.

Se vogliamo far fuggire da noi il diavolo, teniamo libera l’anima dal peccato colla confessione: stiamo uniti con Gesù nel SS. Sacramento ed appena siamo tentati, corriamo col cuore in braccio a Gesù, invocando i SS. Nomi Gesù e Maria! Il diavolo fugge poi anche al segno di croce, che lo spaventa. Abbiamo confidenza nell’Angelo Custode. È pur ben fatto tenere l’acqua santa in casa da segnare le nostre persone, da cospargere i nostri letti o tenere le altre cose benedette dalla Chiesa.

Catechismo.

D. Son tutti buoni gli spiriti e come diconsi gli Angeli?

R. No: vi son degli spiriti cattivi o angeli cambiati in demonii.

D. Ma chi creò i demonii?

R. Dio creò gli angeli; e gli angeli che si rivoltaron contro di Dio si son fatti demoni. D. Possono i demoni entrar negli uomini e far qualche cosa in mezzo di loro?

R. Non solamente possono; ma la parola di Dio ci assicura che molti furono invasati. Ora permettendolo Iddio, possono le persone venir possedute dal demonio e perciò diventare indemoniate.

D. La Chiesa ha la potenza di cacciare i demoni?

R. Sì la Chiesa ha la facoltà di cacciar i demoni cogli esorcismi: e dà questa facoltà ai suoi ministri creandoli esorcisti.

D. Come possiamo noi guardarci dal diavolo?

R. 1° Col ricevere frequentemente e santamente i Sacramenti.

2°. Collo star uniti con Gesù e invocare i santissimi nomi di Gesù e di Maria.

3°. Col segno della croce, col tener sante reliquie e crocì e medaglie e corone ed altre cose benedette.

4°. Ed ha paura in modo particolare dell’acqua santa (vedasi il Gaume nell’Opuscolo dell’Acqua Santa). Ha poi paura il diavolo delle opere di pietà massime dell’orazione, del digiuno e di chi invoca l’Angelo Custode e combatte con lui: ma più di tutto ha paura di avvicinarsi a chi sta unito col cuore a Gesù nel ss. Sacramento.

D. E dunque buona cosa tenere ed usare per benedire l’acqua santa; conservare le candele, le palme, i rami d’oliva, gli agnus dei, gli abitini ed altre cose benedette dalla Chiesa?

R. Sì è bene e perché la Chiesa nel benedire tali cose; le tira via dalla potenza del diavolo, le ordina al servizio di Dio, e in certo qual modo diventano come cose dedicate a Dio, cose di Dio: sicché il demonio non se ne può servire come di altre cose; anzi gli metton paura. – Dio sia con noi perché uniti con Dio sotto la protezione di Maria potremo resistere da forti, e se verranno i diavoli per assalirci, confideremo in Dio di riportar la vittoria.

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (12)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (12)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle Missioni ROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF. – 1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

PARTE PRIMA

Gesù vivente in noi per comunicarci la sua vita

CAPITOLO IV.

Maria madre nostra e nostra mediatrice.

Art. IV. — LA NOSTRA DIVOZIONE A GESÙ VIVENTE IN MARIA.

Abbiamo già detto che, dandoci a Maria, ci diamo per ciò stesso a Gesù: Maria, ricevendo tutto da Lui, non serba nulla pet sé, ma si affretta a rimetter tutto nelle mani del Figlio. Il che intenderemo meglio meditando la dottrina del pio fondatore di S. Sulpizio, dell’Olier, sulla vita di Gesù in Maria: vedremo allora chiaramente che onorare e amare Maria è onorare e amare Gesù, e che il mezzo più sicuro di unirsi al Verbo incarnato è di andarlo a cercare in sua Madre.

Quindi : 1° descriveremo brevemente la vita di Gesù in Maria;

2° commenteremo una bella preghiera con cui possiamo attirare in noi Gesù vivente in Maria.

1° La vita di Gesù in Maria.

A) Gesù visse in Maria in parecchi modi.

a) Visse fisicamente per nove mesi in Maria, dal giorno benedetto dell’Annunciazione, quando il Verbo s’incarnò nel virgineo suo seno, fino al giorno della Natività, in cui, uscendone come fulgido raggio di luce passa attraverso il cristallo, venne a riposare tra le sue braccia prima ancora di essere coricato sopra un poco di paglia nel presepio. Il che fu certamente per l’umile Verginella una ricca fonte di santificazione: se i sacramenti ci santificano, perché sono cause strumentali della grazia, quanto maggior copia di grazia dovette causare la continua presenza del Dio di ogni santità in un’anima così ben disposta come l’anima di Maria! Ma qui non si tratta di questa presenza, che cessò colla nascita del Bambino-Dio.

b) Gesù visse sacramentalmente in Maria colla santa Comunione. Il discepolo prediletto, che Gesù le aveva lasciato per cappellano, le avrà dato spesso, possiamo credere ogni giorno, quel Figlio così teneramente amato da cui stava separata fin dal dì dell’Ascensione. E chi potrà dire i dolci colloqui, le pie effusioni della Madre e del Figlio nel momento della santa comunione, e i mirabili effetti della grazia prodotti nell’anima della Vergine santissima coll’azione santificatrice di Colui che è la fonte di ogni santità? Ma questa presenza sacramentale terminò con l’ultima Comunione di Maria sulla terra; non si tratta dunque di questa.

B) Gesù visse e vive in Maria in modo più intimo, più profondo e più permanente; vive in Lei misticamente, come Capo del Corpo mistico di cui tutti i Cristiani sono membri, come abbiamo più sopra spiegato (La nostra incorporazione a Cristo); ma ci vive in grado molto superiore, perché Maria occupa in questo Corpo il posto più onorevole, essendo nello stesso tempo Madre di Gesù e Madre nostra. Gesù vive in Lei col divino suo Spirito, vale a dire con lo Spirito Santo che comunica alla santa sua Madre, affinché questo Spirito operi in Lei disposizioni simili a quelle che opera nell’anima umana di Cristo. In virtù dei meriti e delle preghiere del Salvatore, lo Spirito Santo viene a santificare e a glorificare Maria, cosicché Ella ne riesce la copia vivente più perfetta. – Questo punto è molto bene spiegato dall’Olier (Journée chretienne, p. 395-396): « Ciò che Nostro Signore è per la Chiesa, lo è per eccellenza per la santissima sua Madre. Ne è quindi la pienezza interiore e divina; ed essendosi sacrificato più particolarmente per Lei che per tutta la Chiesa, le dà la vita di Dio più che a tutta la Chiesa; e glie la dà anche per gratitudine e in ricambio della vita ricevuta da Lei; poiché, avendo promesso a tutti i suoi membri di render loro centuplicato ciò che riceverebbe dalla loro carità sulla terra, anche a sua Madre vuole rendere il centuplo della vita umana che ricevette dal suo amore e dalla sua pietà; e questo centuplo è la vita divina infinitamente preziosa e degna di stima… Bisogna quindi considerare Gesù Cristo, nostro Tutto, come vivente in Maria nella pienezza della vita di Dio, tanto di quella che ricevette dal Padre quanto di quella che acquistò e meritò agli uomini col ministero della vita somministratagli da sua Madre. Mostra in Maria tutti i tesori delle sue ricchezze, il fulgore della sua beltà e le delizie della vita divina… Abita in Lei con pienezza e vi opera in tutta l’ampiezza del divino suo Spirito; non forma che un cuore solo, un’anima sola, una vita sola con Lei ». Questa vita la spande continuamente in Lei, « amando in Lei, lodando in Lei, adorando in Lei Dio suo Padre, come in un degno supplemento del suo cuore, in cui Egli deliziosamente si dilata e si moltiplica ». Possiamo dire in tutta verità che le virtù di Maria non sono che un riflesso delle virtù di Gesù, e che imitare la Madre è imitare il Figlio, perché meglio ancora di san Paolo Maria può dire: « Vivo, ma non più io, vive in me Cristo ». – Ora, se Gesù vive in Maria con pienezza, lo fa non solo per santificar Lei, ma per santificare per Lei anche gli altri membri del suo Corpo mistico:

Maria infatti è, come dice san Bernardo, l’acquedotto per cui ci arrivano tutte le grazie meritate dal suo Figlio: « Totum nos habere voluit per Mariam ».È cosa nello stesso tempo accettissima a Gesùe utilissima all’anima nostra il rivolgerci a Gesù vivente in Maria, per ottenere una partecipazione alle sue virtù: « Che c’è di più dolce e di più gradito a Gesù dell’andare a cercarlo nel luogo delle sue delizie, su quel trono di grazia, in mezzo a quell’adorabile fornace di santo amore per il bene di tutti gli uomini? Quale più copiosa fonte di grazia e di vita di quel luogo ove Gesù abita come in sorgente di vita per gli uomini e in madre e nutrice della sua Chiesa? ». Gli diremo dunque con l’Olier (Journée chrétienne, p. 327, ed. 1925): « Io vi adoro, o divino mio Gesù, risedente e vivente nella Vergine santissima. Adoro le vostre grandezze e le perfezioni vostre di cui l’anima di Lei è rivestita. Adoro il vostro regno su di Lei e l’assoluto potere che governa tutto il suo essere. Adoro la vita vostra che anima il cuore e tutte le facoltà di Lei. Adoro la copia dei doni, la pienezza delle virtù e la fecondità delle grazie che ponete in Lei a pro di tutta la vostra Chiesa. O divino Gesù, regnate su di Lei e per mezzo di Lei su di noi in eterno ». – A chiedere la grazia di partecipare alla vita e alle virtù di Gesù vivente in Maria, il P. de Condren compose una bella preghiera, a cui poi l’Olier, uno dei più cari suoi discepoli, diede l’ultima mano, ed è quotidianamente recitata nei Seminari di S. Sulpizio. Ne daremo qui un breve commento.

2° LA PREGHIERA: O Gesù vivente in Maria.

« O Gesù vivente in Maria,

Venite e vivete nei vostri servi,

Nel vostro spirito di santità,

Nella pienezza della vostra potenza,

Nella perfezione delle vostre vie,

Nella verità delle vostre virtù,

Nella comunione dei vostri divini misteri.

Dominate in noi su tutte le avverse potenze,

Nella virtù del vostro Spirito,

E per la gloria del Padre vostro ».

a) Come si vede, questa preghiera è rivolta a Gesù vivente in Maria, vale a dire al Verbo Incarnato, all’Uomo-Dio, che, nell’unità di una sola e medesima Persona, possiede nello stesso tempo la natura divina e la natura umana, e che è per noi la fonte, la causa meritoria ed esemplare della nostra santificazione. Ci rivolgiamo a Lui in quanto vive in Maria per mezzo del divino suo Spirito con la pienezza delle sue grazie e delle sue virtù, perché sappiamo che per mezzo di Lei vuole spandere queste grazie e queste virtù nell’anime nostre.

b) Ciò che gli chiediamo è prima di tutto una partecipazione alla sua vita interiore; lo supplichiamo che venga Egli stesso a vivere in noi come vive in Maria, onde farci entrare in comunione coi suoi pensieri, coi suoi desideri, coi suoi affetti, coi suoi voleri; e noi dal canto nostro gli promettiamo di essere servi docili, che si lasciano in tutto guidare dal suo Spirito e ubbidiscono anche alle minime sue ispirazioni: « Venite e vivete nei vostri servi ». – Spieghiamo dunque in che modo Ei viene ed opera in noi e in che modo noi collaboriamo con Lui.

I) Gesù viene in noi come viene in Maria per mezzo del divino suo Spirito, colla grazia abituale: ogni volta che questa grazia cresce in noi, vi cresce pure lo Spirito di Gesù; e quindi ogni volta che facciamo un atto soprannaturale e meritorio, questo divino Spirito viene in noi e ci rende l’anima più simile a quella di Gesù e a quella di Maria. Che potente motivo per moltiplicare e intensificare gli atti meritorii informandoli della divina carità! Questa grazia abituale ce la conferisce pure coi Sacramenti, da lui istituiti non solo per significare, ma anche per contenere e dare all’anima, che non vi pone ostacolo, una grazia abituale speciale che si chiama grazia sacramentale. Questa grazia non si distingue dalla grazia abituale ordinaria se non per un vigore speciale proprio a ogni singolo Sacramento e per un diritto a grazie attuali che ci vengono concesse a tempo opportuno onde aiutarci a compiere più facilmente i doveri imposti da quel dato Sacramento. Così la grazia sacramentale del Battesimo è grazia di rigenerazione spirituale, che non solo ci monda dal peccato originale, ma ci fa nascere alla vita spirituale e ci dà diritto a quelle grazie attuali che sono necessarie per adempiere bene tutti i doveri del Battesimo, per conservare e accrescere in noi la grazia battesimale.

2) Gesù opera in noi colla grazia attuale che ci meritò e ci distribuisce per mezzo del divino suo Spirito: opera in noi il volere e il fare « operatur in nobis velle et perficere » (Fil. III, 13), diviene il principiodi tutti i nostri moti, delle nostre disposizioni interiori,talmente che i nostri atti provengono daGesù che ci comunica la stessa sua vita, i suoisentimenti, i suoi affetti, i suoi desideri. Possiamoallora dire con san Paolo: « Vivo, ma nonpiù io, vive in me Cristo  ».(Gal. II, 20)Perché questo avvenga, bisogna che, comeservi fedeli, ci lasciamo guidare da Lui e cooperiamoall’azione sua in noi. Dobbiamo, comel’umile Vergine, dire con tutta sincerità: « Eccola serva del Signore, si faccia a me secondo latua parola: ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum Verbum tuum » (S. Luc. I, 38). Consapevoli della nostramiseria e dell’incapacità nostra, non ci resta cheubbidir prontamente anche alle minime ispirazionidella grazia. È questa per noi una servitùonorevole, una servitù di amore che ci assoggettaa Colui che è per noi un Padrone, è vero,ma anche un Padre, un amico, e che non ci comandanulla che non ci sia utile al bene dell’anima.Apriamo dunque il cuore a Gesù Cristo eal divino suo Spirito, affinché vi regni come regnòe regna nel cuore della Madre nostra Maria.

c) Essendo Gesù la fonte di ogni santità, gli chiediamo che viva in noi col suo spirito di santità. Questa santità è prima di tutto orrore del peccato e allontanamento da tutto ciò che vi ci può condurre, allontanamento assoluto dalle creature che ci possono sedurre e da ogni egoismo; ma è poi anche partecipazione alla vita divina ed intima unione con le tre Persone divine, è amor di Dio che signoreggia in noi ogni altro affetto: è, in una parola, santità positiva.

d) Ma, essendo incapaci di acquistarla da noi, lo supplichiamo che venga in noi con la pienezza della sua potenza o della sua grazia. E pensando alle possibili nostre resistenze, chiediamo pure colla Chiesa che si degni di assoggettare al suo impero le ribelli nostre facoltà. Chiediamo quindi una grazia efficace, quella grazia che, pur rispettando la nostra libertà, operi sulle secrete molle della volontà per indurla ad acconsentire; una grazia che, non arrestandosi dinanzi alle nostre istintive ripugnanze o alle pazze nostre opposizioni, operi fortemente e soavemente in noi il volere e il fare.

e) Poiché la santità non si può acquistare senza l’imitazione del nostro divino Modello, lo supplichiamo di farci camminare nella perfezione delle sue vie, vale a dire di farci imitare la sua condotta, il suo modo di fare, le sue azioni interne ed esterne in tutto ciò che hanno di più perfetto. Chiediamo insomma di diventare copie viventi di Gesù, come fu Maria, diventare altri Cristi, onde poter dire anche noi ai nostri discepoli, come san Paolo: « Imitate me com’io imito Cristo: imitatores mei estote sicut et ego Christi » ((1 Cor. XI, 1). Ideale tanto perfetto non possiamo attuare da noi soli. Ma Gesù si fa nostra via: « ego sum via »; via luminosa e vivente, via, a così dire, checammina e che ci trae dietro a sé: « Et ego, cum exaltatus fuero a terra, omnia traham ad me ipsum » (S. Giov. VIII, 49). Ci lasceremo dunque trarre da Voi, o divino Modello, e, sorretti dalla vostra grazia, cistudieremo di imitare le vostre virtù.

f) Per questo aggiungiamo « nella verità delle vostre virtù ». Le virtù da noi chieste sono virtù vere e non virtù apparenti. Ci sono di quelli che, sotto una lustra di virtù e di pratiche puramente esterne, nascondono uno spirito pagano, sensuale e superbo. Non sta lì la santità. Ciò che Gesù ci reca sono virtù interiori; virtù mortificatrici: l’umiltà, la povertà, la mortificazione, la castità perfetta così della mente e del cuore come del corpo; virtù unitive: lo spirito di fede, di confidenza e di amore; virtù che non si possono praticare senza la nostra collaborazione, senza sforzi animosi e costanti. Ecco ciò che forma veramente il Cristiano e lo trasforma in un altro Cristo.

g) Queste virtù Gesù le praticò specialmente nei suoi misteri, noi quindi lo preghiamo che ci faccia prender parte alla grazia dei suoi misteri. Per questi misteri s’intendono certamente tutte le principali azioni di Nostro Signore, ma specialmente i sei grandi misteri descritti dall’Olier nel suo Catechismo cristiano (Catechismo cristiano per la vita interiore di J. J. Olier/ExsurgatDeus.org): l’incarnazione, che ci invita a spogliarci di ogni amor proprio per consacrarci interamente al Padre, in unione con Gesù; la crocifissione, la morte e la sepoltura, che esprimono i gradi di quella totale immolazione con cui crocifiggiamo la guasta natura e ci studiamo di farla morire e di seppellirla per sempre: la risurrezione e l’ascensione, che significano il perfetto distacco dalle creature e la vita tutta celeste che bramiamo condurre per salire grado a grado verso il cielo. Dobbiamo entrare nella spirito di questi misteri, come così bene fece la Vergine santissima; e a questo modo prenderemo parte alla vita e alle virtù di Gesù e di Maria.

h) È chiaro che non possiamo conseguire questa perfezione se Gesù non viene a dominare in noi sopra ogni avversa potenza, vale a dire sopra la carne, il mondo e il demonio. Questi tre nemici non lasceranno mai di darci fieri assalti e non saranno mai annientati finché vivremo quaggiù; ma Gesù, che ne trionfò, ci viene in aiuto per agguantarli, per soggiogarli, dandoci grazie efficaci a resistervi; il che umilmente gli chiediamo per intercessione di sua Madre.

i) Ad ottenere più facilmente questa grazia, dichiariamo di non mirare con Lui che a un solo scopo: la gloria del Padre, che intendiamo di procurare sotto l’azione dello Spirito Santo: « Nella virtù del vostro Spirito, a gloria del Padre ». Essendo venuto sulla terra per glorificare il Padre « honorifico Patrem » (S. Giov., VIII, 49) si degni Gesù di compiere l’opera sua in noi e comunicarci l’interiore sua santità onde possiamo con Lui e per Lui glorificare questo stesso Padre e farlo glorificare attorno a noi. Saremo veramente allora membra del suo Corpo mistico e i religiosi di Dio: Ei vivrà e regnerà nei nostri cuori per la maggior gloria della santissima Trinità. – Questa preghiera è dunque un compendio di tutto ciò che possiamo chiedere a Dio per progredire nella vita interiore; infatti questa vita sarà tanto più perfetta quanto più si accosterà alla vita di Gesù e di Maria. E quest’ideale tanto meglio attueremo quanto più strettamente, in tutte le nostre azioni, ci uniremo a Gesù per mezzo di Maria. – Tale sia per noi la conclusione pratica di questo studio sulla parte che ha Maria nella vita cristiana. Ripetiamo volentieri la preghiera dell’Olier (Journée chrétienne, l. c.): « O divino Gesù, vivete in noi per mezzo di vostra Madre, e spandete in noi la pienezza dei vostri doni e delle vostre grazie, onde siate una cosa sola con noi e colla cara vostra Madre ».

CONCLUSIONE GENERALE. Essendo il Verbo incarnato la fonte della nostra vita spirituale, di quella vita divina che attinse nel seno del Padre, a Lui dobbiamo andare per averne una larga partecipazione. Dobbiamo incorporarci a Lui, a fine di potere, divenuti sue membra, partecipare alla sua vita. – Ma a Gesù andremo per mezzo di Maria, essendo Lei la via per cui è disceso a noi. Gesù ci condurrà al Padre e il Padre ci tratterrà come suoi figli. Saremo così ogni dì più incorporati perfettamente a Cristo e più pienamente parteciperemo alla vita di Dio. Più rapidi e più sicuri saranno i nostri progressi, perché avremo tenuta la via apertaci dal Verbo incarnato: Egli è la via, la verità, la vita: calcando le sue orme, arriveremo alla mèta, vale a dire all’unione intima, affettuosa, trasformatrice colla santissima e adorabilissima Trinità. – A tal fine non vi è nulla di più efficace del sacerdozio e del sacrificio di Gesù, come diremo nella seconda parte.

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (11)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (11)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle MissioniROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF. – 1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

PARTE PRIMA

Gesù vivente in noi per comunicarci la sua vita

CAPITOLO IV.

Maria Madre nostra e nostra Mediatrice.

ART. III. — LA NOSTRA DIVOZIONE A MARIA.

La divozione che dobbiamo avere verso Maria discende logicamente dai gloriosi privilegi che abbiamo esposti. La parola divozione, che viene dal verbo latino devovere, significa dedizione, consacrazione, e inchiude quindi il dono di se stesso. Onde noi siamo veramente devoti di Maria se ci diamo interamente a Lei; se le diamo il nostro intelletto colla più profonda venerazione; il nostro cuore col più filiale amore; la nostra volontà colla più assoluta confidenza; tutti noi stessi colla più perfetta imitazione delle sue virtù. Spiegheremo dunque in primo luogo questi atti essenziali che costituiscono la dEvozione a Maria; e poi mostreremo che si trovano tutti compendiati in un atto di consacrazione totale a questa buona Madre.

1° Gli atti essenziali della divozione a Maria.

Questi atti derivano dai gloriosi privilegi che Dio le ha compartiti: Madre di Dio, Maria è la più eccellente delle creature, e ha diritto a tutta la nostra venerazione; Madre degli uomini, ha diritto al nostro amore filiale: il suo ufficio di Mediatrice ci induce a invocarla con assoluta confidenza; e poiché Maria è, dopo Gesù, il più perfetto modello di tutte le virtù, noi dobbiamo pure imitarla il più perfettamente possibile.

.A) La venerazione più profonda è il primo dei nostri doveri verso Maria. Dio solo ha diritto alla nostra adorazione, perché Egli solo è il nostro Creatore e il nostro supremo Padrone. Le creature, che traggono tutto il loro essere da Dio debbono essere stimate e venerate secondo il loro grado di partecipazione alle divine perfezioni e specialmente alla sua santità. Ora Maria, appunto perché madre di Dio, è la più eccellente delle creature, quella che più si accosta a Dio, onde partecipa in grado più perfetto alle sue perfezioni, come abbiamo già dimostrato. Ed è pure la più santa; perché Dio, che proporziona le grazie alla dignità di una persona e alla grandezza della missione che le affida, compartì alla Vergine santissima, fin dal primo istante della sua esistenza, più grazie che a qualsiasi altra creatura. Lo afferma Pio IX nella Bolla Ineffabilis, con cui ne definisce l’Immacolata Concezione: « Dio colmò Maria dei copiosi suoi doni celesti molto più che tutti gli Spiriti angelici e molto più che tutti i Santi ». Ora, avendo sempre perfettamente corrisposto alla grazia della sua vocazione, Maria, in ogni giorno e ad ogni istante del giorno, non fece che accrescere il grado di santità che Dio le aveva concessa. Era già piena di grazia, gratia plena, quando l’Angelo venne ad annunciarle che doveva diventar Madre di Dio. Ma di quanto non crebbe questa pienezza colla discesa e colla dimora nel virgineo suo seno di Colui che è l’Autore di ogni santità! Un torrente di grazie inondò allora l’anima di Maria, che venne poi crescendo in proporzioni che Dio solo conosce: tanto la sua docilità ai moti dello Spirito Santo, la purità delle sue intenzioni, la sua carità erano perfette! Quindi, quando in un ultimo impeto di amore rese l’anima a Dio, Maria, come affermano i più eminenti teologi, possedeva una pienezza di grazia superiore a quella di tutti gli Angeli e di tutti gli uomini presi insieme. « O Vergine, voi siete senza pari, dice sant’Andrea Cretese (Sermo de morte Deipar ); o santa più santa dei santi, tesoro santissimo di ogni santità! ». E san Pier Damiani (Sermo de Nativitate): « Tutto ciò che c’è di più grande è inferiore a Maria: non vi è che il Creatore che superi questa creatura ». Maria dunque, per la sua grande dignità e per la sua eminente santità, è, dopo Gesù Cristo, la più perfetta immagine delle divine perfezioni. Dobbiamo quindi stimarla e venerarla sopra tutti gli Angeli e sopra tutti i Santi. Il culto che le porgeremo sarà culto di dulia, che è molto inferiore a quello di latria o di adorazione appartenente a Dio solo, ma che è molto superiore a quello che si porge agli Angeli e ai Santi; onde viene detto culto di iperdulia. – Venerandola a questo modo, non facciamo che imitare le tre divine Persone. Il Padre la tratta col massimo rispetto inviandole un Angelo che la saluta piena di grazia e la richiede del suo consenso all’opera dell’Incarnazione in cui se la vuole associare come collaboratrice. Il Figlio la venera e l’ama come sua madre. Lo Spirito Santo scende in Lei e in Lei trova le sue compiacenze. Potremo mai venerar troppo Colei a cui Dio stesso dà tante prove di stima? Con qual fervore non dobbiamo dunque recitare l’Ave Maria che esprime così bene tutte le grandezze di Maria: il rispettoso saluto che 1’Angelo le rivolge in nome della santissima Trinità e gli ossequi che la Chiesa continuamente le porge, proclamandola con Elisabetta la benedetta fra tutte le donne e Madre di Dio! Questa preghiera le fa balzare il cuore di gioia rammentandole il mistero dell’Annunciazione e il momento benedetto in cui il Verbo s’incarnò nel suo seno e divenne per sempre suo Figlio. Ma deve far balzare il cuore di gioia anche a noi, perché pure in quel giorno ella divenne nostra Madre. Con qual devozione non dobbiamo recitare l’Angelus, preghiera così semplice e così bella, che ci presenta viva, come in un piccolo dramma, tutta la scena dell’Annunciazione: l’umile ubbidienza di Maria, l’Incarnazione del Verbo nel virgineo suo seno, e il suo potere d’intercessione sul cuore del Figlio!

B) Maria, come nostra Madre, ha diritto al filiale nostro amore, amore pieno di candore, di semplicità, di tenerezza, di generosità. Se amiamo con santo ardore le nostre madri terrene, quale non dovrà essere il nostro amore verso la più amabile e la più amante delle madri?

a) Maria è certamente la più amabile delle madri, perché Dio, avendola destinata a essere madre di suo Figlio, le diede tutte le doti che fanno amabile una persona: la tenerezza, la delicatezza, la finezza, la bontà, la premura di una madre e di una Madre di Dio.

b) Ed è la più amante, perché il suo cuore fu espressamente creato per amare un Figlio-Dio e amarlo il più perfettamente possibile. Ora l’amore che aveva per il Figlio Maria lo riversa su noi che siamo di questo Figlio divino le membra viventi, la sua estensione e il suo compimento. Risplende quest’amore nel mistero della Visitazione, in cui corre a portare alla cugina Elisabetta quel Gesù che nasconde nel seno e che con la sola sua presenza santifica tutta la casa. Risplende alle nozze di Cana, attenta a tutto l’andamento delle cose, interviene presso il Figlio onde risparmiare ai giovani sposi una penosa umiliazione. Risplende sul Calvario, dove acconsente a sacrificare ciò che ha di più caro per salvarci. Risplende nel Cenacolo, dove esercita il Suo potere d’intercessione per ottenere agli Apostoli una maggior copia dei doni dello Spirito Santo.

c) Se Maria è la più amabile e la più amante delle madri, dev’essere pure la più amata. È questo, infatti, uno dei suoi più gloriosi privilegi: dovunque è conosciuto e amato Gesù, ivi pure è conosciuta e amata Maria; non si separa la Madre dal Figlio, e, pur tenendo conto della differenza che corre tra l’uno e l’altra, vengono amati collo stesso affetto, sebbene in grado diverso: al Figlio si porge l’amore che è dovuto a Dio; a Maria quello che è dovuto alla Madre di un Dio,amore tenero, generoso e devoto, ma subordinato a quello di Dio. È un amore di compiacenza, che gode delle grandezze, delle virtù e dei privilegi di Maria, riandandoli spesso nella mente, ammirandoli, compiacendosene, e congratulandosi con Lei che sia così perfetta. Ma è anche un amore di benevolenza, che brama sinceramente che il nome di Maria sia sempre più conosciuto ed amato, che prega perché si estenda la sua efficacia sulle anime, e che alla preghiera associa la parola e l’azione. È un amore filiale pieno di abbandono e di semplicità, di tenerezza e di premura, e persino di quella rispettosa intimità che la madre permette al figlio. Ma è specialmente un amore di conformità, che si studia in tutte le cose di operare secondo la volontà di Maria, o, ciò che è lo stesso, secondo il beneplacito di Dio. Infatti, se le chiediamo che cosa desideri da noi, ci risponderà ciò che disse ai servi di Cana: « Fate tutto quello che mio Figlio vi dirà » (S. Giov. II, 5). Riflettiamo dunque un istante prima di operare: chiediamoci che cosa piace a Dio, che cosa piace a Maria; facciamolo generosamente; e potremo allora aver piena confidenza in Maria.

C) Questa confidenza è richiesta dal suo titolo di Mediatrice di grazia. Maria, come abbiamo già dimostrato, è, per volere di Dio, la Mediatrice presso il Mediatore, la distributrice di tutti i favori celesti. Lo è per la sua intercessione; perché Dio non può rifiutar nulla alla Madre di suo Figlio, a Colei che così bene collaborò con Lui alla salute degli uomini. Il suo potere è sì grande, dice san Bernardo, che ell’è onnipotente; non per natura ma per le sue suppliche: ommnipotentia supplex. E poi ci ama tanto Maria che non ci sa negar nulla: riversa su di noi, che siamo le membradi Gesù, l’amore che ha per suo Figlio, e lacosa che brama di più è di renderci, quanto più èpossibile, simili a questo divino modello. Ondela nostra confidenza in Lei sarà incrollabile e universale.

a) Sarà incrollabile, nonostante i nostri peccati, le nostre miserie, i nostri innumerevoli difetti. Maria, infatti, è madre e Madre di misericordia, mater misericordiæ, e, come tale, non ha da pensare alle regole della giustizia, ma fu scelta per esercitar soprattutto la compassione, la bontà, la condiscendenza; sapendo che siamo esposti agli assalti della concupiscenza, del mondo e del demonio, sente pietà di noi che non cessiamo di esser suoi figli anche quando cadiamo in peccato. Quindi, appena mostriamo la minima buona volontà, il desiderio di tornare a Dio, Ella ci accoglie con bontà materna; anzi spesso è Lei che, prevenendo questi buoni moti, ci ottiene le grazie che ce li eccitano nell’anima. La Chiesa intese così bene questa verità che, in certe diocesi, istituì una festa dal titolo, a prima vista alquanto strano ma che in sostanza è perfettamente giusto, di Cuore Immacolato di Maria rifugio dei peccatori; appunto perché Immacolata e perché non commise mai neppure il più piccolo peccato, sente anche maggior compassione dei poveri suoi figli, che sono purtroppo soggetti agli incessanti assalti della triplice concupiscenza. Se dunque, oppressi dal peso dei nostri peccati, non abbiamo animo di presentarci dinanzi al Dio di ogni giustizia; gettiamoci pur fiduciosamente ai piedi della madre delle misericordie: Maria perorerà la nostra causa con tanta eloquenza che, per quanto possa parer disperata, finirà col guadagnarla.

b) Sarà universale, vale a dire che si estenderà a tutte le grazie di cui abbiamo bisogno: grazie di conversione, di progresso spirituale, di perseveranza finale; grazie di preservazione in mezzo ai pericoli, alle angustie, a tutte le più gravi difficoltà che si possono mai presentare. È appunto una cosiffatta confidenza quella che viene così calorosamente raccomandata da san Bernardo (Homil. II, de laud. Virg. matris, n. 17): « Se sorgono le tempeste delle tentazioni, se ti trovi in mezzo agli scogli delle tribolazioni, volgi lo sguardo alla stella del mare, chiama: in tuo aiuto Maria. Se sei agitato dalle onde della superbia, dell’ambizione, della maldicenza, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria. Se l’ira, l’avarizia, i diletti del senso ti scuotono la navicella dell’anima, guarda la stella, invoca Maria. Se, sgomento dalla grandezza dei tuoi delitti, confuso per il misero stato della tua coscienza, còlto da orrore al pensiero del giudizio di Dio, cominci ad affondare nell’abisso della tristezza e della disperazione, ripensa a Maria. In mezzo ai pericoli, alle angustie, alle incertezze, rivolgiti a Maria, invoca Maria. Il pensiero di Lei non abbandoni mai il tuo cuore, né  la sua invocazione muoia mai sulle tue labbra; e a ottener più sicuramente il soccorso delle sue preghiere, studiati di imitarne gli esempi. Seguendo lei, non andrai fuor di via; supplicandola, non potrai disperare… Finché ella ti tien per mano, non puoi cadere; sotto la sua protezione non hai da temer nulla; sotto la sua guida, nessuna stanchezza; e col suo favore si giunge sicuramente alla mèta ». Avendo noi sempre bisogno di grazie per vincere i nostri nemici e progredire nella virtù, dobbiamo rivolgerci spesso a Colei che viene così bene chiamata Nostra Signora del perpetuo soccorso. Né dobbiamo invocarla soltanto per noi, ma per tutti i membri della Chiesa, per gli eretici, per gli infedeli, per tutti coloro che furono riscattati da suo Figlio e la cui salute a Lei preme. Quanto più universale sarà la nostra preghiera tanto più verrà esaudita, perché ispirata da più pura e più disinteressata carità. A maggiormente avvalorare la nostra preghiera, ci studieremo di imitare le virtù di Maria.

D) Infatti, l’imitazione è l’ossequio più delicato che le possiamo porgere; perché è un dirle che la consideriamo come il modello più compito che, dopo Gesù, si possa da noi imitare.

a) E tale, infatti, è Maria: lo Spirito Santo che, in virtù dei meriti di suo Figlio, viveva in Lei, ne fece una copia vivente di questo Figlio. Ella non commise mai il più piccolo peccato, non fece mai la minima resistenza alla grazia, e pose letteralmente in pratica ciò che aveva detto il dì dell’Incarnazione: « Ecco la serva del Signore: Si faccia a me secondo la tua parola » (S.Luc. I, 38). Quindi i Padri, specialmente sant’Ambrogio e il papa san Liberio, la presentano come compìto modello di tutte le virtù: « caritatevole e cortese verso tutte le compagne, sempre pronta a render loro servigio, nulla mai facendo o dicendo che potesse cagionare il minimo dispiacere, amandole tutte, da tutte riamata ». (V. Bainvel, Le Saint Coeur de Marie, p. 313-314). – Ci basti richiamar qui quelle virtù di Maria che vengono rilevate anche dal Vangelo. 1) La fede viva e profonda, che le fa credere senza alcuna esitazione le mirabili cose annunziatele dall’Angelo da parte di Dio; fede di cui santa Elisabetta, ispirata dallo Spirito Santo, le fa le congratulazioni (S. Luc. II, 45). — 2) La verginità, che appare dalla sua risposta all’Angelo, risposta che dice la sua ferma volontà di restar vergine, anche se avesse dovuto sacrificare la dignità di Madre del Messia. — 3) L’umiltà, che risplende nel turbamento cagionatole dagli elogi dell’Angelo; nella sua dichiarazione di voler essere sempre l’ancella del Signore in quell’istante medesimo che viene proclamata Madre di Dio; nel cantico Magnificat anima mea Dominum, che è giustamente detto l’estasi della sua umiltà; nell’amore che dimostra per la vita nascosta, mentre per la dignità di madre di Dio avrebbe avuto diritto a tutti gli onori. — 4) Il raccoglimento interiore, che le fa raccogliere e silenziosamente meditare tutto ciò che si riferisce al divino suo Figlio (S. Luc. II, 51). —

5) L’amore per Dio e per gli uomini, che le fa generosamente accettare tutte le prove di una lunga vita, l’immolazione del Figlio sul Calvario, e la lunga separazione da questo Figlio diletto dal giorno dell’Ascensione fino al momento della morte. – Questo modello così perfetto è nello stesso tempo pieno di attrattiva: Maria è una semplice creatura come noi, è una sorella, è una madre che ci sentiamo tratti ad imitare, se non altro per attestarle la nostra riconoscenza, la nostra venerazione, il nostro amore. Ma poi è modello facile ad imitare, almeno sotto questo aspetto che Maria si santificò nella vita comune, nell’adempimento dei doveri di giovanetta e di madre, nelle umili cure domestiche, nella vita nascosta, nelle gioie e nelle tristezze, nell’esaltazione e nelle più profonde umiliazioni. Siamo dunque certi di essere per via molto sicura quando imitiamo Maria; ed è pure il mezzo migliore per imitare Colui che, essendo fonte di ogni santità, trasfuse nel cuore e nella vita di Lei i suoi più intimi sentimenti e le sue virtù.

b) Per accostarci a quest’ideale, non è necessario far cose straordinarie: basta adempiere i doveri di buoni Cristiani e quelli del nostro stato in unione con Maria e colla maggior fedeltà possibile, imitando le intenzioni e il fervore di questa buona Madre. Offriamo fin dal mattino per mezzo suo le nostre azioni a Gesù; rinnoviamo spesso nel corso del giorno quest’offerta con uno sguardo affettuoso alle disposizioni e alle virtù di Maria. Giungeremo così a fare ognuna delle nostre azioni per Maria, con Maria e in Maria. Operare per Maria vuol dire chiedere per mezzo di Lei le grazie di cui abbiamo bisogno per adempiere bene i nostri doveri, e seguir poi l’impulso di queste grazie; vuol dire passare per Lei per andare a Gesù e unirci a Lui; vuol dire offrire le nostre azioni per le mani di Lei. Operare con Maria vuol dire considerarla come modello e come collaboratrice, e chiederci spesso: che cosa farebbe questa buona Madre se fosse al mio posto? Vuol pure dire starsene sotto lo sguardo e la protezione di Lei in tutto il corso dell’opera nostra. Operare in Maria vuol dire operare sotto la sua dipendenza, non facendo nulla se non per suo ordine; operare nel suo spirito, colle sue intenzioni, in unione con Lei, cosicché il suo spirito pervada il nostro né abbiamo come Lei altro fine che di glorificare Dio: L’anima mia glorifica il Signore. È chiaro che a questo modo veniamo a poco a poco ad acquistare le sue disposizioni interiori, le sue virtù, la sua carità, la sua modestia, la sua purità. « Regolate dunque la vostra condotta su questo modello, aggiungerò con Bossuet (Sermoni, Seconda Domenica di Avvento, sulla festa della Concezione). Siate umili, siate pudici, siate modesti; disprezzate le mondane vanità e tutte le mode nemiche dell’onestà. Le vesti, ossequenti al pudore, nascondano veramente ciò che il pudore non vuol che si veda: se con ciò piacerete meno al mondo, piacerete di più a Colui a cui siamo obbligati a piacere. La faccia poi, la sola che deve rimanere scoperta, perché vi riluce l’immagine di Dio, abbia anch’essa la conveniente sua copertura e quasi un velo divino colla semplicità e colla modestia. Maria confesserà che l’onorate quando ne imiterete le virtù ». A questo modo ci prepareremo all’atto di totale consacrazione a Maria che compendia e compie tutti gli altri.

2° L’atto di totale consacrazione a Maria.

Le anime fervorose, che bramano unificar la propria vita semplificandola, si sentono tratte a compendiare tutti gli atti che abbiamo descritti in un atto solo che tutti li contiene e li perfeziona: un atto di totale consacrazione a Maria (Il Beato GRIGNION DE MONTFORT, che si era formato alla devozione a Maria nel Seminario di S. Sulpizio, ha molto efficacemente spiegato questa pratica nel Trattato della vera divozione a Maria e nel Segreto di Maria; cfr. A. Lhoumeau, La Vie spirituelle à l’école du Bienheureux Grignion, p. 140-427). Quest’atto comprende due cose: un atto di consacrazione da rinnovarsi ogni tanto; e uno stato abituale che ci fa vivere e operare sotto la dipendenza di Maria. L’atto di consacrazione, dice il Beato Grignion di Montfort, « consiste nel darsi interamente per schiavi a Maria e per Lei a Gesù ». Nessuno si scandalizzi di questa parola schiavo, che qui non ha nessun senso sfavorevole e tanto meno idea di coazione: quest’atto, non solo  non inchiude coazione, ma è espressione del più puro amore; vi si deve quindi intendere soltanto ciò che è di positivamente buono nella parola schiavo, come viene spiegato dal Beato. Un semplice servo riceve il salario e rimane libero di lasciare il padrone; dà il suo lavoro, ma non la sua persona né i suoi diritti personali, né i suoi beni. Lo schiavo invece acconsente liberamente a lavorar senza salario, e, fidandosi tutto nel padrone che gli provvede vitto e alloggio, gli si dà per sempre, con tutte le sue capacità, con la sua persona e coi suoi diritti, per vivere nella piena sua dipendenza. Con questa spiegazione ci verrà fatto di intendere l’estensione e l’eccellenza di quest’atto.

A) Il perfetto servo di Maria dà a Lei, e per Lei a Gesù, tutto ciò che gli appartiene:

a) Il corpo con tutti i suoi sensi, non serbandosene se non l’uso e promettendo di non servirsene se non secondo il beneplacito della Vergine o di suo Figlio; accetta anticipatamente tutte le disposizioni provvidenziali rispetto alla santità e alla malattia, alla vita e alla morte.

b) Tutti i beni di fortuna, non usandone se non sotto la sua dipendenza, per la gloria sua e per quella di Dio.

c) L’anima con tutte le sue facoltà, consacrandole al servizio di Dio e delle anime, sotto la guida di Maria, e rinunziando a tutto ciò che potrebbe compromettere la propria salute e la propria santificazione.

d) Tutti i beni interiori e spirituali, i meriti, le soddisfazioni, il valore impetratorio delle opere buone, per quel tanto che questi beni sono alienabili. Spieghiamo meglio questo ultimo punto.

1) I nostri meriti propriamente detti, con cui meritiamo a noi stessi un aumento di grazia e di gloria, sono inalienabili; se quindi li diamo a Maria è perché ce li conservi e ce li aumenti, non perché li applichi ad altri. Ma di quegli altri meriti che si dicono de congruo o di semplice convenienza, potendo essi essere offerti per gli altri, lasciamo a Maria la libera disposizione.

2) Il valore soddisfattorio dei nostri atti, comprese le indulgenze, è alienabile e noi ne lasciamo l’applicazione alla Vergine santissima.

3) Il valore impetratorio, cioè il potere che le nostre preghiere e le nostre opere buone hanno di ottenere ciò che chiediamo, le può essere ceduto anch’esso. Una volta ceduti, noi non possiamo più disporre di questi beni senza il permesso di Maria; ma si può e talora si deve pregarla che si degni di disporne, in quella misura che le parrà bene, a favore delle persone verso cui si hanno obblighi particolari. Il mezzo di conciliar bene tutte le cose è di offrire nello stesso tempo a Maria, non solo la nostra persona e i nostri beni, ma tutte le persone che ci sono care; così la Vergine Santissima attingerà nei nostri beni, ma specialmente nei tesori suoi e in quelli di suo Figlio, ciò che è necessario per venire in aiuto a queste persone: non ci perderanno nulla.

B) Questo atto di santo abbandono, già ottimo in se stesso, contiene pure gli atti delle più belle virtù:

1) Un atto di religione profonda verso Dio, verso Gesù e verso Maria: con esso infatti riconosciamo il supremo dominio di Dio e il nostro nulla; e proclamiamo di gran cuore i diritti che Dio ha dato a Maria su di noi. Ond’è che glorifichiamo Dio in Maria nel modo più perfetto, poiché gli diamo tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo, senza riserve e per sempre; e facciamo questo nel modo a Lui più gradito, secondo l’ordine stabilito dalla sua sapienza, ritornando a Lui per quella via che Egli tenne per venire a noi.

2) Un atto di umiltà, con cui, riconoscendo il nostro nulla e la nostra impotenza, ci spogliamo di tutto ciò che Dio ci diede restituendoglielo per le mani di Maria, dalla quale, dopo di Lui e per Lui, abbiamo ricevuto ogni cosa.

3) Un atto di amore confidente, giacché l’amore è dono di sé, ora per donarsi ci vuole perfetta confidenza e fede viva. Si può dunque dire che quest’atto di consacrazione, se è fatto lealmente, spesso rinnovato di cuore e messo in pratica, è anche più eccellente dell’atto eroico, col quale si cede soltanto il valore soddisfattorio dei propri atti e le indulgenze che si guadagnano.

4) È quindi un atto efficacissimo a santificarci. Maria, vedendo che le cediamo la nostra persona e i nostri beni, ci otterrà copiosissime grazie per aumentare i nostri piccoli tesori spirituali che sono suoi, per conservarli e farli fruttificare fino al momento della morte. E adopererà a tal fine la grande sua autorità sul cuore di Dio e la sovrabbondanza dei suoi meriti e delle sue soddisfazioni. – Finalmente ci guadagnerà pure la santificazione del prossimo, perché, lasciando che Maria distribuisca i nostri meriti e le nostre soddisfazioni secondo il suo beneplacito, sappiamo che tutto verrà impiegato nel modo più savio e più sicuro; Maria è più prudente, più previdente, più premurosa di noi; conosce bene i bisogni spirituali nostri e quelli delle persone che ci sono care; onde i nostri parenti ed amici non possono che guadagnarvi. Ci si obbietterà senza dubbio che a questo modo noi alieniamo tutta la nostra ricchezza spirituale, specialmente le nostre soddisfazioni, le indulgenze e i suffragi che altri potrebbe offrire per noi; onde potrebbe essere che restassimo poi lunghi anni in purgatorio. In sé questo è vero, ma si tratta di fiducia: abbiamo, o non abbiamo, più fiducia in Maria che in noi stessi o nei nostri amici? Se l’abbiamo, non temiamo nulla, perché essa si prenderà cura dell’anima nostra e dei nostri interessi meglio che non potremmo far noi. Se non l’abbiamo, lasciamo quest’atto di consacrazione totale, di cui potremmo poi pentirci. – Ad ogni modo, tale atto non si deve fare se non dopo matura riflessione e d’accordo col proprio direttore spirituale. Beate le anime che appartengono in tal guisa, corpo ed anima, a Maria! Ella le condurrà prontamente e sicuramente a Gesù, e così praticheranno la divozione a Gesù vivente in Maria.

LO SCUDO DELLA FEDE (207)

LO SCUDO DELLA FEDE (207)

LA VERITÀ CATTOLICA (V)

Mons. ANTONIO MARIA BELASIO

Torino, Tip. E libr. Sales. 1878

ISTRUZIONE IV

Gli Angeli e gli Angeli Custodi

Noi nella Santa Messa, per spiegare le parole del Simbolo Apostolico: Creaator del cielo e della terra, cantiamo che Dio Padre onnipotente creò le cose visibili ed invisibili; le creature materiali cioè, e le spirituali, che sono gli spiriti. In tutte le religioni, anche le più zeppe d’errori, tutti i popoli del mondo hanno sempre creduto che vi fossero gli spiriti, cioè creature, le quali vivono senza corpo, ma che sono intelligenti e che possono far qualche cosa in mezzo agli uomini. Ma i poveri pagani senza il lume della fede, lasciandosi andare dietro alla sbrigliata immaginazione, nel torbido delle passioni in cui soffiava dentro il demonio, fantasticavano degli spiriti le più strane favole, e cosi bizzarre e spaventose, che non son neppur da dire. Sola la Chiesa Cattolica, come nelle altre credenze universali, corregge qui gli errori, dissipa le false idee, e toglie via della storia degli spiriti, che noi chiamiamo Angioli, tutto ciò che d’irragionevole v’introdussero le superstizioni e le passioni umane; e degli Angeli c’insegna le più care cose. – La Chiesa pertanto nella dottrina cristiana insegna essere di fede che Dio creò gli Angeli, spiriti intelligenti invisibili, che non hanno corpo, che pensano, che conoscono, che ragionano meglio che non si possa fare da noi. Di questa verità di fede sono di fatto così persuasi tutti i Cristiani, che essi in parlando di una gran bella mente d’uomo, di un cuor eccellente e di grande merito sono soliti dire che egli ha un fare da Angelo. – Nella odierna dottrina io v’ho da parlare di questi santi spiriti che noi chiamiamo Angeli. Vi dimostrerò primieramente che Dio creò gli Angeli; poi vi dirò quel che possiamo sapere del loro numero, dei loro diversi ordini, e delle loro occupazioni ( ). Da ultimo poi vi parlerò specialmente degli Angeli Custodi. Voi mi farete grazia, se vorrete dire con (si fan ripetere), che ora vi ho da mostrare che sono gli Angeli creati da Dio, e che poi v’ho dire quello che si può sapere del loro numero, dei loro diversi ordini, delle loro occupazioni specialmente degli Angeli Custodi. – Angioli benedetti, che adorate Gesù in mezzo di noi, pregatelo che Egli metta sul mio labbro di carne una parola degna di Voi, che siete spiriti così santi; sicché possa intendere come voi meritate di essere da noi venerati ed amati colla più tenera devozione. E Voi, Maria Santissima, gran Regina degli Angeli e Madre nostra, mandatemeli di cielo per suggerirmi le più care parole, che siano quali le volete Voi, e quali si meritano gli Angeli, che son tanto buoni. – Che vi siano degli spiriti invisibili, senza corpo, creati da Dio, intelligenti e beati in Dio, e amici di noi uomini, di cui si serva Iddio per farli ministri delle sue misericordie lo attestano, dice il Pontefice S. Gregorio, quasi tutte le pagine della Santa Scrittura; e lo Spirito Santo nel Concilio Laterano terzo dichiarò essere un articolo della nostra Santa Fede il credere che vi siano gli Angeli. Nell’antico e nuovo testamento, in cui si fa la storia della bontà di Dio, si racconta come Dio le tante volte si servì degli Angeli per far conoscere agli uomini le sue volontà, e per comunicare agli uomini le grazie sue divine. Sono difatti gli Angeli che annunziarono ad Abramo che sarebbe nato dalla sua stirpe il Messia Salvator del mondo: gli Angeli furono mandati a Lot; ed uno di loro lo prese perfino a mano per tirarlo via dal fuoco mandato da Dio ad abbruciar Sodoma e Gomorra e le altre città sorelle: un Angelo accompagnò Mosè per liberare il popolo fedele dalla schiavitù d’Egitto, e lo precedette nel deserto per guidar il popolo alla terra promessa; un Angelo a Gedeone ordinò di togliere il popolo d’Israele dalla schiavitù de’ Madianiti, e predisse la nascita di Sansone. Fece un Angelo celeste rispettare la legge di Dio nel tempo della schiavitù di Babilonia: parimenti un Angelo salvò i santi giovanetti gittati in mezzo al fuoco della fornace e difese Daniele nella fossa in mezzo dei leoni. Un Angelo combatté coi Maccabei, e gittò a terra a furia di calci di cavallo, come ben sel meritava, quel sacrilego d’allora Eliodoro, ladrone che voleva rapire i tesori del tempio. – Nel Vangelo poi (in cui si fa il racconto di ciò che fece il Signore per salvare gli uomini col Sangue del suo Figlio). Leggiamo come tra più grandi misteri e più teneri, intervengono sempre gli Angeli mandati dalla bontà di Dio. E un Angelo difatti che apparve a Zaccaria mentre offriva nel tempio l’incenso della santa adorazione, e gli promise che gli nascerebbe da santa Elisabetta un figliuolo, a cui porrebbe nome Giovanni, e che preparerebbe il popolo a ricevere il Salvatore. Fu poi l’istesso grande Angelo Gabriele spedito a salutare Maria Santissima ed annunciarle che diventerebbe Madre del Figliuol di Dio Gesù. Nato poi il Bambino Salvatore, gli Angeli cantavano nel presepio « Gloria a Dio e pace agli uomini,» e avvisarono i pastorelli perché si recassero subito a visitarlo. Un Angelo avvertì poi Giuseppe di fuggir subito in Egitto col Bambino, cercato a morte da Erode, e colla santa sua Madre Maria, a di ritornar quindi, morto il tiranno Erode, ancor nella terra sua d’Israele. Gli Angeli serviron in appresso il benedetto Gesù, intorno a Lui aggirandosi e sempre adorandolo. Un Angelo lo confortò nell’orto, nell’agonia: due Angioli annunciarono la sua risurrezione; e gli Angeli lo accompagnarono nella gloria della sua assunzione. Vegliarono quindi gli Angeli a protegger la Chiesa nascente; e uno scuote s. Pietro che dorme in prigione e lo conduce via dalle porte di ferro che si aprono a lui dinnanzi: un altro comanda al centurione di chiamar S. Pietro che lo battezzi; e un Angelo porta in aria Filippo diacono, sulla via di Gerusalemme fino a Gaza per far cristiano l’eunuco inviato dalla regina di Etiopia. Sono gli Angioli poi che invigilano alla custodia delle Chiese, alla guardia dei regni degli uomini, a cui fanno da amici, da compagni, da guide nostre al Paradiso. Così voi vedete che noi dobbiam credere di fede che Dio creò gli Angeli e che di loro si serve per comunicare agli uomini tante sue grazie. – Ora vi ho da dire quel che possiamo sapere degli Angeli. Io vi ho già fatto intendere che gli Angeli sono spiriti, e che mentre noi Cattolici crediam di quegli spiriti benedetti le più belle cose, non dobbiamo pero pensare che gli Angeli siano le più belle e care persone in anima ed in corpo, come ne piace immaginarli e dipingerli. Ben è vero che apparvero tante volte sotto sembianze di persone belle ed amabili, ed anche talvolta in tanta maestà da metter terrore; ma se Dio allora concesse loro di apparire in quelle forme e sembianze umane, gli Angioli però, che sono spiriti puri, non erano uniti a verun corpo, cosi da formare in corpo ed anima una persona umana come siamo noi. – Pure, via là … lasciamo alla divozione dei fedeli, lasciamo, ben anco alle immaginazioni consolate dalla cara credenza degli Angeli, lasciamo alla poesia delle anime rapite in estasi di così care verità, che si figurino gli Angioli cosi belli ed amabili quasi per rallegrarsi di averli, come giovani tanto buoni e santi, a compagni in terra come li avrem poi concittadini in Paradiso. La Chiesa sa che l’uomo cerca sempre di dar figura e al corpo alle cose anche più spirituali: e perciò, come permette dipingano con colori materiali le tre Persone della Santissima Trinità, e che per rappresentare il Padre si pitturi come un venerando vecchio in grande maestà, e che si faccia giovane il Figliuol di Dio fatto Uomo col cuore in mano per darlo a noi, e che si colori lo Spirito Santo sotto forma di candida colomba, benché non sia vecchio, né giovane il Padre e il Figliuolo, né colomba lo Spirito Santo, ma tutte tre le Persone Divine siano eguali eterne, un Dio solo purissimo Spirito: cosi la Chiesa è contenta di lasciar dipingere gli Angeli che son puri spiriti sotto la forma di amabilissime persone. E perche?., perché veramente gli Angeli sono belli della bellezza di Dio, e tanto amabili per la bontà che Dio comunica loro. Adunque è bella cosa dipingere gli Angioli colle ali; ma sapete perché ista tanto bene dipingere gli Angeli colle ali cosi in atto di volar sempre? È perché essi sono in qua, sono in là per tutto l’universo, sempre pronti a volar rapidi come il pensiero ad eseguire i comandi di Dio; ed anche perché i profeti in visione li videro, che stavano prostrati a’ piedi del trono dell’Altissimo Iddio velandosi dell’ali gli occhi, tra i fulgori dell’eterna luce cui nessuna creatura, sia pur santissima, può reggere e contemplare, in se stessa. Anche vediamo volentieri che si dipingono gli Angeli adorni di splendide vesti ed a color  cangianti, cosi leggiere, che paion tessuti  d’aria, rilucenti nelle più graziose movenze. E sapete il perché? E perché Dio nella ricchezza della sua gloria li fa splendidi in modi varii e tutti bellissimi. Si che sta pur bene anche dipingerli con quegli occhi, con quelle facce di cosi pudica bellezza, che al guardarli in volto paiono tanti ritratti della adorata nostra Madonna, giacché così si espone in qualche modo in vista quella purità che noi non possiamo esprimere con parola pit bella che con dirla angelica; perché appunto gli Angeli sono così puri ché si specchiano continuamente in Dio, e la purità si specchia in Dio. Oh quanto ci paiono cari gli Angeli, quando li vediamo dipinti come bambinelli ridenti di grazie celesti! Allora voliamo coll’anima al paradiso, e ci par di contemplare quegli Angioli bambini coi nostri innocentini, chiamati la dalla terra nella prima ora del di, scherzare sotto l’altare del cielo colle corone e le palme deposte dai santi appié del trono dell’Altissimo Iddio. Lo canta pure la Chiesa nella festa degli Innocenti. Ma vi è poi un’altra maniera assai cara e graziosa di dipingere gli Angioletti, cioé di rappresentarli come colle sole testine di bamboli piccin piccini, e vispi vispi, intelligenti e carini. A noi piace tanto guardare in quelle faccette posate sopra due aline, e vederle volar leggiere come i nostri pensieri, anzi come i puri sogni della nostra beata innocenza tra quelle nugolette color d’argento infiorato di rosa. E sapete la cagione per cui ci piacciono tanto gli Angioletti dipinti in pure testine senza altro resto di corpo? Gli è perché noi nel contemplare quelle testine senza ingombro di corpo saliamo colle anime nostre, come già quasi puri spiriti anche noi, a conversare con quegli spiriti, rapiti in estasi di paradiso. Se adunque non hanno gli Angeli corpi così belli come noi li dipingiamo, sono però realmente belli tanto essi in fatto, e sublimemente belli sono i nostri pensieri che c’ispira la fede. Con essi ci sentiamo sollevare a quel felice mondo degli spiriti a cui mandiamo senza accorgerci i nostri sospiri. Di che fanno proprio schifo e son ributtanti gli scherni di quell’immondo Voltaire, il quale marcio di vizi fino al midollo, faceva le oscene risa della beffa villana, sopra quelle faccette paffutelle! Ah bisogna proprio dire che non vi è fiore così bello, fin nelle aiuole del paradiso cui quel tristo vecchio buffone, perdutamente guasto, come verme schifoso non abbia tentato d’insucidiare di bava. Non ci curiamo di Lui; e senza neppur guardarlo, passiamo oltre lasciando quell’empio tuffato nel fango che è la sua beva. – Ora che vi ho detto, come ho saputo meglio, chi sono gli Angioli, vorrei dirvi del tempo in cui Dio li creò, del loro numero, dei vari ordini, e delle loro occupazioni. Per meditare con voi come Dio creò gli Angeli, mi servirò delle espressioni usate da s. Bernardo nel contemplare Dio che crea: poiché esse convengono tanto per parlar della creazione degli Angeli. Dio, dice egli, è Lume eterno, è Intelligenza infinita, che solo conosce Se Stesso. Ebbene Egli creò gli Angeli intelligenti anch’essi, dando loro la potenza di conoscer da vicino Se Medesimo, quasi dicesse creandoli: « così voi potrete godere di contemplarmi eternamente »; e gli Angeli d’allora in poi sono in celestiale bellezza, belle immagini, vive della Sua Mente divina. Dio Fonte di bontà senza fine, e Volontà benevolentissima sente una tendenza, vorrei dire un bisogno di amar senza fine; quindi creò gli Angeli e versò in loro tanti doni della ricchezza della sua Bontà, facendoli capaci anch’essi di amarlo. Così Egli ama la Sua Bontà in quei santissimi innamorati di Lui Sommo Bene. Dio, Virtù onnipotente, creò quei beati spiriti forti e potenti da eseguire il Suo volere, e perciò sono detti Angeli, perché li fa ministri suoi per diffondere le sue misericordie le; poiché il voler di Dio è comunicar del bene a tutte le creature. Dio è Sommo Bene eternamente beato in Se Medesimo; perciò creò gli Angeli, e li foce santi e degni di vivere eternamente in seno a Lui per alimentarli di Sua Beatitudine eterna in paradiso. – Qui lasciatemi far una osservazione per voi che avete studiato. Quanto sono più belli gli Angeli della religion nostra santa, che non quelle sguajate ninfe e quei maliziosi genii, di che i poeti pagani sognarono di popolare e fonti e ruscelli e boschetti; e di far quelli svolazzare tra quella gente così guasta… e pigliar parte con loro a quei brutti intrighi … Ah certamente. se non fossero favole, e se essi fossero stati in realtà quei loro genii, quelle loro ninfe, v’assicuro io che al comparir degli Angeli dei Cristiani, sarebbero scomparse via le svergognate e i cattivelli, come le civette e i pipistrelli, si vanno ad appiattar nelle tenebre al comparir dell’aurora. Ma è adunque tempo di finirla; e dovrebbero aver vergogna gli scribacchiatori di poetiche cantilene di sognare che compariscano le procaci a tuffarsi nell’onde e di nominar ancora (fanno schifo) quei diavoletti d’amorini così tristi da vibrar saette nel petto fin della madre impudica. Non basta forse la fantasia umana a creare brutte immaginazioni, e suscitar cattivi pensieri da far bollire il sangue a peccato? Oh ma noi nelle tentazioni brutte, voleremo col Bambino Gesù in braccio a Maria coi nostri Angeli intorno. Intanto noi ritorniamo tutti allegri a parlar degli Angeli nostri. – Adunque se voi qui mi domandaste, per una santa curiosità che vien dall’amore, quando mai furono creati gli Angeli, io vi rispondo che pare ben che sia da credere averli Dio creati in principio, quando creò il cielo e la terra. Perocché lo Spirito Santo dice « che il Creatore che vive in eterno creò tutte le cose insieme » (Eccl. XLVIII. 1.) La Chiesa nostra madre nel Concilio Lateranense (l’anno 1215) presieduto dal Sommo Pontefice Innocenzo III insegnò che « Dio dal principio trasse dal nulla le create cose tanto corporee quanto spirituali, così angeliche come terrestri; e che poi formò l’uomo composto di spirito e di corpo. » E già anche noi possiamo pensare che Dio avrà fatto come un gran principe il quale nomina, e come diciamo noi, crea i suoi servi, e li distribuisce in diversi ordini prima, perché eseguiscano dopo i suoi comandi. Così Dio creò quegli Spiriti che fece poi Angeli suoi. – Poi il nome Angeli significa gli Spiriti creati da Dio per farli ministri delle sue misericordie, e per mandarli specialmente e in aiuto a quelli che vuol salvare, siccome insegna S. Paolo. –  Dopo di avervi detto del tempo, in cui furon creati gli Angeli, vi dirò del loro numero, delle varie loro occupazioni, e degli ordini o classi diverse, che si domandano gerarchie. Cominciando dal numero, sappiate che gli Angeli debbono essere tanti tanti, e troppo più che noi possiamo immaginare. Poiché la parola di Dio ben sovente chiama gli Angeli col nome di eserciti, di legioni; e li nomina a mille a mille, a milioni e a migliaja di milioni, e ciò non perché si debba intendere che siano di quel numero preciso: ma per significare un numero tale, che più grande non Si possa pensare. — Non quot tanta solum esset multitudo, sed quia majorem dicere non poterat.— (Cirill. Hiero. Catech. 5) Si direbbe che la divina parola eccita la nostra immaginazione a sollevarci in mezzo a quel mondo di beatissimi spiriti, e che ce li fa intravedere tra i raggi dell’eterna luce a schiere, quasi le une si vadano a perdere dopo le altre davanti al nostro pensiero, e tra le aureole di quel mar di luce inaccessibile si sprofondino negli altissimi cieli a formare il trono dell’eternità alla Maestà di Dio. (Io poi vorrei qui darvi un’altra ragione per farvi intendere che debbono essere tanti e tanti gli Angeli, e troppo più che per noi sipossa pensare, e la ragione è questa. Siccome le materiali cose create in questo mondo della terra sono come un velo ed altrettante figure che ci lasciano traveder al disotto, quali e quante debbano essere le creature del mondo degli spiriti; così si può ben credere che gli spiriti che sono dalle materiali cose figurate, in realtà saranno in eguale o maggior numero delle creature materiali che li figurano. Ora vi ricorderò che Dio creò la terra, e poi venne creando le piantea cui dava il bene di esistere e vivere nel loro modo; poi creò anchegli animali, ai quali diede la potenza anche di sentire, e di muoversi. Così formò di tutte queste creature come una gran catena;e sulla cima di essa, per ultimo anello, mise noi uomini; in creando ci composti di corpo animato, e di anima ragionevole, spirito anch’essa, in tal modo rannodò e fece continuar la catena delle creature del mondo terrestre col mondo spirituale, L’uomo adunque è tra mezzo: è, si direbbe, coi piedi del corpo in terra tra le creature del mondo terrestre, mentre coll’anima si lancia fin cogli Angeli del paradiso. Così noi, se discendiamo in giù per ordini diversi dei corpi, arriviamo col pensiero fino al più piccolo corpicciuolo della terra: parimenti, se saliamo verso del cielo per diversi ordini di creature spirituali, dalla piccola e poverina anima nostra, arriviamo su colla potenza e col lume della fede fino ai più grandi Angeli, ai Serafini, che s’imparadisano direttamente nel Sommo Bene. Siccome poi, lo dice chiaramente il Concilio Vaticano, Dio fece le creature dell’universo per mostrar la gloria della sua bontà; e per mostrare la gloria della sua bontà solo su questa povera terra, creò tal numero di creature terrestri, per la nostra mente, infinito: così pare bene che possiam credere convenientemente abbia creato di spiriti un numero maggiore del numero delle creature corporee. Poiché gli Angeli essendo più belli, più puri e più santi, sono più adattati a rendere immagine della bontà di Dio purissimo Spirito e santissimo, Avrà Egli adunque creato un numero smisurato di Angeli, gli uni più grandi degli altri, insomma più degni e più adattati al possibile di rappresentare la più compiuta, la più perfetta immagine di Dio, per quanto da creature si possa rendere immagine del Creatore Santissimo. Oh che grande spettacolo ci si presenta all’anima nostra in questa catena immensa, che dalle creaturine più basse su su con quegli spiriti eccelsi arriva fino ai piedi del trono di Dio! Santa fede come fai conoscere la gloria di Dio!). –  Qui o miei cari figliuoli, non posso a meno di esclamare: su su! noi, giacché tanto ci è concesso, saliamo a contemplare l’Altissimo, e lo troveremo circondato in Paradiso da milioni di eserciti di spiriti beati, tutti occupati a dar gloria al Santissimo in tre ordini diversi che si chiamano Gerarchie. – Ora mi resta a parlarvi delle occupazioni degli Angeli, e poi dei diversi ordini che formano le Gerarchie. Desidera adunque la vostra pietà di sapere checosa fanno tutti gli Angeli? Posso subito accontentarvi col dirvi che gli Angioli stanno davanti a Dio.« Adsunt ante thronum Dei; » cioè lo contemplano, lo amano, gli danno gloria; il che vuol dire che adorano eternamente Iddio. Diremo adunque, la prima cosa, che gli Angeli contemplano Iddio. Essi sono purissimi spiriti, e non hanno l’ingombro e il velo del corpo nostro; senza le nebbie degli errori che oscurano la nostra mente hanno la coscienza che li consola d’esser sempre stati fedeli a Dio. Quindi si affisano direttamente in Dio; e nello splendor dell’eterna. gloria, trovano sempre bellezze infinite da contemplare: s’immergono nel mare immenso dell’Essenza divina, e quindi si pascolano d’eterno Amore. Perciò diremo in secondo luogo che gli Angeli amano Dio. Ascoltate: Voi ben sapete, che se una candeletta si trova vicina vicina ad un gran fuoco, la candela si scalda, s’accende, arde tutta tutta nella sua lunghezza e colla sua fiammella lambe il fuoco che la fa abbruciare; e infine il fuoco l’assorbe nel suo incendio. Così in qualche povero modo noi possiamo immaginarci come gli Angeli a quello splendor di luce di Dio s’accendano quasi fiamme ardenti sui candelabri, come fu concesso all’Apostolo dell’amore S. Giovanni di comtemplarli in estasi di paradiso. I loro cuori ardenti sono turiboli degni di mandare alla Maestà di Dio Santissimo i profumi delle più amorose adorazioni. – Miei cari, l’amore è quello che fa palpitare i cuori, perché l’amore è movimento e vita dei cuori. Quindi l’amor infinito di Dio fa che gli Angeli vivano in palpiti di vita eterna. Onde come i palpiti sono gli slanci delle anime, così le lodi a Dio sono l’espressione e l’espansione dei sentimenti degli Angeli. Diciamo perciò in terzo luogo che l’occupazione degli Angeli è dar lode a Dio. Il Profeta Isaia (VI. 6.) e S. Giovanni (Apoc. VI, 8) in contemplazione videro gli Angeli intorno all’eccelso trono di Dio, che cantavano gli eterni osanna acclamando « onore e gloria a Dio tre volte Santo » e che ripetevano a coro: « onore e gloria a Lui Solo ». E questo il cantico dell’immortalità; sicché contemplare, amare, lodare Dio in continua adorazione, è l’eterna occupazione degli Angeli, i quali come insegnano i Santi Padri, sono distinti in tre ordini o classi che si chiamano Gerarchie. – Ora vi ho da spiegare come gli Angeli vanno distinti in tre gerarchie. Ma per farmi meglio intendere vi noterò, che, quando si dice gerarchia, s’intende un’adunata di persone raccolta insieme in bell’ordine, in cui le inferiori stanno soggette alle superiori; sicché nella lor dipendenza operano d’accordo unite col loro capo pel fine a cui sono destinate. – Adunque la prima gerarchia, insegna S. Tommaso, è di quei santissimi spiriti, che sono ordinati solo a dar gloria direttamente a Dio, perché Dio è ultimo fine di tutti i fini. Questa è composta di tre cori: dei Troni, dei Cherubini e dei Serafini.

La seconda gerarchia é di quei grandi e santi spiriti, che si credono destinati al fine di conservare l’ordine universale con quelle leggi del Creatore che mantengono in armonia tutto l’universo. E questa seconda gerarchia è composta parimenti di tre cori: delle Dominazioni, delle Virtù e delle Potestà. La terza gerarchia è di quei santi spiriti, che debbono essere in modo singolare ben cari a noi, perché ci comunicano i doni di Dio, le grazie particolari e le particolari volontà di Dio quando si degna voler qualche cosa da noi. Anche questa terza gerarchia è composta di tre cori che sono i Principati, gli Arcangeli e gli Angeli. – A noi è dato adunque di sapere che le gerarchie degli Angeli sono tre, e che formano nove cori distinti. Questo insegnano chiaramente S. Gregorio il Grande, S. Dionigi l’Areopagita, S. Giovanni Damasceno, e finalmente con molta chiarezza San Tommaso d’Acquino. (Qui, per spiegarvi alcunché di questi altissimi ordinamenti del Paradiso, andare appresso a quella luce che ci lasciò in terra negli scritti l’angelica mente di S. Tommaso. Diamo qui il paragrafo di S. Tommaso su cui fondiamo la nostra spiegazione. Prima hierarchia, scilicet Seraphim, Cherubim et Throni inspicit rationes rerum in ipso Deo: Secunda vero, idest Dominationes, Virtutes et Potestates in causis universalibus; tertia vero, scilicet Principatus, Angeli et Arcangeli secundum determinationem ad speciales effectus. Et quia Deus est finis non solum Angelicorum ministeriorum sed etiam totius creaturæ, ad primam hierarchiam pertinet consideratio fivis; ad mediam vero dispositio universalis de agendis; ad ultimam autem applicatio dispositionis ad effectum, quæ est operis executio. (Thom., Parte 1° q: 108 art. 6.). Secondo quel che abbiam detto, la prima gerarchia è composta di tre cori; e nel primo coro sono i Troni. Di loro si può dire che, come Dio nell’inaccessibile luce della sua Divinità diffonde intorno a Se Stesso a fiumi a fiumi innumerabili splendori; ed è Egli stesso la fonte di tutta vita, in quegli splendori sì crei mille Intelligenze, in cui riflette Egli e fa splendere il lume della sua Intelligenza Divina. Queste Intelligenze, spiriti estatici nella contemplazione di Dio, gli splendono d’intorno. Così Dio in quell’oceano di luce che vien da Lui, e che da quelle Vite d’Intelligenze si riflettei Lui, Iddio, come si posa, e diremo con misera parola umana, riposa in beatitudine: appunto appunto come una persona umana, tutta pura di pensieri, di cuore, di corpo riposa tranquilla e volentieri in mezzo tutte cose mondissime che si è preparato d’intorno. Ci si perdoni; ma noi crediamo che per questo siano con tanta convenienza chiamati troni, ché Dio risiede in essi tra gli splendori della celestial sua luce. Il secondo coro abbiam detto che è dei Cherubini, e’ par che si possa dire che Dio fa splendere sopra di essi l’immagine di Se Medesimo così compiuta, che è solamente minore dell’Immagine Sostanziale del Verbo Figliuol suo. Essi in rapimenti d’intelligenza vedono Dio, lo contemplano con quello sguardo così vivace, così potente che l’abbraccia quanto è possibile a creature, e lo possiede. Onde s’imparadisano con Dio a somiglianza del Figliuol suo Divino, il quale però è unito al Padre sostanzialmente per via d’Intelligenza divina. Il terzo coro della prima gerarchia è dei Serafini. Dio, Sommo Bene, ed Eterno Amore comunica tanto della sua Bontà in loro, che li compenetra tutti. Così vivono essi; ma non sono essi che vivono, ma vive in loro Dio, il quale li immerge in Se Stesso con un’atto del suo Amore ad immagine dello Eterno Amore Sostanziale, lo Spirito Santo, che unisce il Padre col Figlio divinamente.). – Ora mi resta a dire finalmente come gli Angeli fanno tanto bene a noi, e specialmente gli Angeli custodi; e così intenderete quanto si meritino da noi rispetto ed amore. La seconda gerarchia è formata parimenti di tre cori. Il primo coro sono le Dominazioni. Bisogna sempre ricordare che le creature sussistono perché le fa sussistere Iddio; e che tutte le creature hanno quel tanto di bene in sé che Dio mantiene in loro. Esse poi vanno ordinate in loro carriera in quanto stanno nell’ordine, e procedono regolate secondo il disegno della volontà di Dio. Questo disegno della volontà di Dio è la legge eterna, che comanda l’ordine naturale, e proibisce di perturbarlo. Ora le Dominazioni saran compenetrate da questa legge eterna, che ne forma come la loro esistenza, e quindi sono tutte tutte a dominare l’universo per tenerlo nell’ordine e conservare il bene che viene da Dio nell’universo. Il secondo coro della gerarchia è quello della Virtù. Tutte le creature dell’universo sono divise in varie classi, e riunite come intorno ad un loro centro particolare. Le stelle, che sono grandi mondi del firmamento, hanno il lor centro. Centro della terra e degli altri pianeti è il sole (questa affermazione è antibiblica ed eretica, come già detto in una precedente istruzione – ndr.), e nella terra è il centro delle materiali cose create per essa. Le Virtù tengono nell’ordine universale le forze le quali producono i fenomeni entro al loro cerchio intorno ai loro centri. Suscitano essi talvolta i nembi e le tempeste, mettono la calma avventano le folgori, dominano nelle stagioni secondo il volere di Dio. E quando Dio vuol che succeda un miracolo, e sospende le leggi naturali, le Virtù colla lor forza provvederanno, perché non sia sconcertato l’ordine universale. –

Il terzo coro della seconda gerarchia sono le Potestà, e sono quelle che tengono in freno i demonii, e metton loro paura. I domoni, nemici di Dio, odiano il ben di Dio, mirano a suscitare disordini, e nel disordine guastandosi il bene, è prodotto il male. Sicché il male è fatto dal diavolo, il quale si serve delle cose create in mezzo alle quali ha introdotto il disordine per lo peccato: e il peccato stesso è un disordine, è un guasto, è una privazione del bene che vuole Dio. Deh! che le Potestà ci difendano dal demonio guastator del bene di Dio: e quindi dal satana l’avversario del Sommo Bene Iddio! – Ben vi ho da dire della terza Gerarchia, in cui vi dissi già sono tre ordini o cori di spiriti angelici, e si chiamano più particolarmente col nome d’Angeli, che vuol dire ministri della bontà e della misericordia di Dio verso di noi; poiché essi sono destinati a comunicare a noi i doni e le grazie che Dio ci distribuisce secondo l’economia della Provvidenza Sua Divina. Essi adunque stanno propriamente in mezzo tra Dio e noi. Ve ne darò una bella immagine. Voi avrete, ben veduto nella sua bellezza il sol d’Oriente che spande la luce in mezzo all’orizzonte. E avrete veduto certe nuvolette color d’argento che s’innalzano leggiere leggiere dalla terra e stanno intorno al sole, e par che lo contemplino innamorate. Il sole par che risponda d’amor con loro, e manda dentro di loro della propria luce; di luce le compenetra tutte, sicché risplendano anch’esse di luce, versandola sulla terra, quasi desiderose di accarezzare e render ridenti col loro color di rosa e colli e prati, e fini laghetti in fondo alle più umili valli. Così quei cari nostri Spiriti della terza Gerarchia, specchiansi in Dio, e compenetrati di sua luce eterna, partecipi della Sua immensa bontà, si abbassano fino in terra contenti di diffondere ì benefici di Dio sopra di noi poveri mortali. – Il primo coro di questi benefici spiriti sono i Principati, i quali diffondono i doni di Dio sulle nazioni intiere di cui hanno cura. Ce lo dice la parola di Dio pel profeta Daniele: che uno Spirito vegliava e si pigliava cura pel regno dei Persiani: poi un altro Spirito pel regno dei Greci. Un dì apparve un ignoto Macedone a S. Paolo, e si crede che sia l’Angelo della Macedonia che invitò 1’Apostolo delle genti a passare in quel regno a predicare Gesù Cristo. I santi Padri Basilio, Epifanio, Gregorio Nazianzeno credono che ogni diocesi abbia un Angelo che assista il Vescovo. E se questo conforta i fedeli, ispira molto rispetto verso del Vescovo dagli angioli accompagnato. Gli altri due cori sono degli Angioli e degli Arcangeli. Degli Arcangeli si serve Dio per fare i più grandi miracoli della Sua misericordia, e affida a loro i più profondi misteri del Suo amore. Di questi Arcangeli dei quali ci fece conoscere il nome; il solo loro nome fa intendere, quanto si meritano venerazione: Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele. Il nome di Michele vuol dire « Chi è simile a Dio? ». Questo del Principe Arcangelo sul grido d’allarmi che chiamò gli Angeli fedeli a combattere per la gloria dell’Altissimo: quando lucifero coi suoi compagni d’orgoglio si ribellò contro di Dio. Allora fu gran battaglia in cielo; e Michele con tutti gli Angeli fedeli batté terribilmente i nemici di Dio: e gli angeli cattivi cacciati dal Paradiso restarono demoni dannati per sempre. E come una grande vittoria dà il nome al capitano che la guadagnò: così il nome di Michele restò scolpito sulla fronte del gran Principe del Cielo che trionfò dei diavoli: e questo nome Michele « chi è simile a Dio? » rende terribile la maestà di questo Arcangelo Principe: e par che dica continuo « con la forza di Dio, nessuno mi vince ». Come poi vinse il demonio e fece trionfar la gloria di Dio in Cielo: così resta Michele il difensore della Chiesa cattolica sempre in battaglia in terra contro i demoni d’inferno: e i sommi Pontefici misero il Vaticano e la Chiesa di S. Pietro dove risiede il Papa, sotto la sua protezione. Rizzarono la statua dell’Arcangelo Michele (colla spada da sguainata in una mano): è là con nell’altra mano che mostra il diavolo battuto ai piedi: par che mandi dagli occhi un lampo, e gridi: « guai a chi fa la guerra al Papa, alla Chiesa, col demonio: resteranno con esso sempre battuti ». – Altro Arcangelo di cui conosciamo il nome è Raffaele: questo nome vuol dire: « medicina di Dio. » Egli fu mandato a guidar il giovane Tobiolo, lo salvò dai pericoli, liberò Sara sua sposa dai demoni; consolò il Vecchio Tobia padre col guarirlo dalla cecità: disse egli stesso a quella buona famiglia, che egli offriva le opere di carità fatte da Tobia coi vivi e coi morti, e che veniva dal cielo appunto per darne così bella ricompensa. Il terzo Arcangelo conosciuto di nome è Gabriele: e questo suo nome vuol dire « fortezza di Dio » perché viene ad annunciare il Messia liberatore, il Salvatore del mondo, Gesù: quando voleva nascere in terra, come vi racconterò parlandovi della santissima Annunciazione. – Il re di Siria un dî mandò le sue truppe a circondar la città di Dothain per pigliare all’improvvisa il profeta Eliseo. Svegliato al mattino Giesi suo servo li vide! … e « o padre mio, esclama. come ci salverem noi? ed Eliseo a lui: non temere, figliuolo e poi disse al Signore: deh, fategli vedere ben Voi!………, e Giesi allora vide un esercito di cavalli e di carri di fuoco. Del caro Arcangelo Raffaele sapete ben voi come accompagnasse da buono il giovinetto Tobia, e quanto bene facesse alla sua famiglia. Saprete anche bene che un dì quel feroce Nabucodonosor fece gettare nella fornace ardente i tre giovanetti che non volevano piegar il ginocchio ad adorar lui, perché adoravano ìl solo Dio. Nella fornace l’Angelo fu là a tener alla larga le fiamme sicché i tre giovinetti passeggiavano benedicendo il Signore in mezzo a quel furente incendio, godendo d’un venticello come di mattino. Anche poi, quando Daniele Profeta fu gettato nel lago dei leoni, un Angelo serrò la gola ai leoni per tutta la notte, e Daniele lodava il Signore a sicurtà. Allora quando Giuda Maccabeo combatteva le battaglie del Signore, nel furor della mischia apparvero cinque guerrieri di Cielo che lo coprirono coll’armi proprie, e sfolgorarono i nemici che caddero accecati e rotti confusamente. Ricorderete poi ben voi (e basterà; chè io non posso dirvi tutto) come accennai che quando Erode teneva in prigione S. Pietro, un Angelo gli apparve in carcere, lo scosse dal sonno; « e levati su, gli disse, va subito a predicar Gesù Cristo. » Se lo pigliò per mano; e S. Pietro esterrefatto vide aprirsi da sé la porta, è come fuori di sé esclamò, sparito l’Angelo: « veramente fu un Angelo mandato da Dio che mi liberò dalle mani d’Erode e dalle mani de’ Giudei.» – Ma specialmente ora vi parlerò degli Angeli Custodi; e di loro vorrei parlarvi proprio con tutto il cuor sulle labbra, perché sel meritano gli Angeli Custodi, verso i quali mostriam così poco cuore. Eppure sono gli Angeli Custodi destinati da Dio per esser le nostre guide, i nostri difensori: Sono cari amici, compagni del nostro peregrinaggio in questa povera vita per condurci in paradiso; e si pigliano tanta cura per noi. Ed in vero Dio ha fatto vedere a Giacobbe in visione che gli Angeli discendevano sopra una scala di Cielo, e risalivano per far intendere che gli Angeli discendono a portarci le grazie di Dio, e salgono a portar in Cielo le offerte delle opere buone, e gli incensi delle nostre orazioni. Anche S. Giovanni li vide che si affrettavano a deporre le nostre preghiere come santi profumi davanti a Dio sull’altar d’oro in Cielo. Dirovvi poi che in modo particolare fanno questi tre offici di carità i nostri Angeli Custodi con noi.

1° Ci guardano da tutti i pericoli, pigliandosi cura dei corpi e delle anime nostre. 2° Ci difendono dai nostri nemici, e massime dal demonio. 3° Ci comunicano buone ispirazioni, e pregano continuamente per noi in vita e massime nella nostra morte.

1° Ho detto, che ci guardano da tanti pericoli, pigliando cura del corpo e dell’anima nostra. Girano essi con cura amorosa intorno ai bambini, e li portano via, chi sa? da quanti pericoli; perché coltivano nei fanciulletti tante speranze di paradiso, per questo stendono le ali, come uno scudo, sopra di essi per conservarli innocenti. Tristo colui che fa perdere l’innocenza ad un fanciullo! ei provoca lo sdegno e la vendetta dell’Angelo Custode, il quale dovrà gridare davanti a Dio « questo cattivo tenta di mandarmi all’inferno la cara anima che mi avete, o Signore, affidata da custodirvi pel paradiso!… » Quindi da quanti pericoli salvano essi le nostre persone! Sentite bei fatti. S. Francesco Regis, dopo d’aver passato più notti senza dormire per ascoltare le confessioni in certo sito, fu obbligato ad andare subito in altro villaggio per cominciare un’altra missione. Egli camminava mezzo addormentato, e senza accorgersi, si trova sopra un precipizio: un sol passo ancora che avesse fatto, era morto. Senti una mano che lo fermò…; e si vide sotto i piedi spalancato l’abisso! .. Ringraziò l’Angelo suo Custode. S. Filippo Neri veniva una notte dall’aver portato soccorso ad una povera famiglia: cadde in una fossa profonda; ma l’Angelo lo trasse fuori sano e salvo. L’istesso avvenne a S. Domenico, il quale fu accompagnato dagli Angeli in una notte burrascosa; e vide altra volta gli Angeli portare il cibo per la sua famiglia di religiosi che si trovavano in necessità. Racconta anche di tempi anteriori il dotto Rufino come S. Teodoro gli disse, che in mezzo alla tortura che gli avevano fatto soffrire per la fede, in sul principio egli non ne poteva più dai dolori; ma che subito gli apparve al fianco un Angelo a rinfrescargli le membra, che gli bruciavano in quei tormenti; sicché, diceva egli, « quando cessarono di tormentarmi, ne restai subito mortificato pel dispiacere di non avere sentito più quella dolcezza di refrigerio. »

2° Gli Angeli Custodi ci difendono dai nostri nemici. È bello ricordare come l’Angelo difese la purità della Vergine S. Cecilia Martire; e come per avere veduto quell’Angelo lo sposo suo, il suo cognato e tutti quanti i suoi di casa divennero una famiglia di santi tutti martiri. Si legge poi nella storia ecclesiastica di S. Vencenslao re di Boemia che, presentandosi esso in persona a battersi col principe Ladislao, ribellatosi contro di lui, a fine di terminare la battaglia e risparmiare il sangue del suo popolo, quando Ladislao era lì per trafiggerlo con un colpo, egli vide un Angelo al fianco che lo fece rispettare. Santa Francesca Romana poi trattava famigliarmente coll’Angelo suo, e fu l’Angelo che la fece trionfar del demonio. Dunque, figliuoli miei, ricordatevi che, se molti siamo qui ancora adesso, dobbiamo ringraziarne i buoni Angeli nostri Custodi. Qualche volta un passo che avessimo mosso ancora innanzi ci avrebbe fatto cadere in un precipizio: un colpo che ci passò rasente alla vita; un sasso che ci si fosse caduto sul capo, mentre ci è caduto ai piedi; uno sbadiglio, un singulto, un boccone che ci avesse attraversato il respiro ci avrebbe troncato improvvisamente la vita. L’Angelo Custode ci salvò. Ah se fossimo morti all’improvviso in quell’ora … Eh se fossimo stati in peccato mortale! Il diavolo, che ci fa sempre la ronda, credeva già di strascinarci all’inferno… Ah, e se l’Angelo non ci salvava, da quanto tempo saremmo dannati in inferno!…. Perché l’anima nostra, poverina, non era ancora preparata alla morte, l’Angelo ci difese, ci conservò in vita colla speranza di portarci in paradiso… Sia ringraziato il Signore che mando i suoi Angeli intorno a noi, affinché ci custodissero, e ci portassero finanche in mano per salvarci. — Angelis suis Deus mandavit de te, ut custodiant te in omnibus viis tuis…. In manibus portabant te. – Voglio ancora osservarvi essere vero quel che dice S. Basilio (in Psal. 33.) cioè che il peccato ributta gli Angeli lontani da noi, come il fumo fafuggire le api; ma dice pure S. Tommaso che non ci abbandonano del tutto mai; (1. p., 9. q. 108, art.6.) ma, girano intorno intorno a noi, anche quando siamo in peccato, come cari amici disprezzati; cheanzi fanno come una buona madre, la quale quando il figliol cattivo non la vuol più vedere, ed anche,se la vede vicina, l’offende; almen da lungi concerte occhiate gli dice il cuor suo; e se appena il cattivo le lascia dire una parola d’appresso, subitocon un sospiro gli dice: « figliuol mio, t’hai da salvare»……. Insomma ci portano in braccio, emassime nelle tentazioni ci stanno al fianco, cercanodi tenerci stretti con loro; e finché noi stiamocogli Angeli Custodi uniti, metteremo senza paura ilpié sulla testa al serpente infernale. — conculcabis leonem et draconem.

3° Finalmente voglio dirvi come gli Angeli pregano per noi. Sentite l’amabil parola di Gesù Cristo. Quando si tirava in seno i pargoletti che gli stavano d’intorno, Egli disse: « gli Angeli di questi figliuoli vedono sempre la faccia del Padre in Cielo. » (Matth. XVIII) Ora se questo ci deve inspirar grande rispetto verso dei figliuoli, e deve farci aver gran riguardo di non offendere la loro innocenza, ci mostra però eziandio che gli Angeli Custodi ci presentano tra le lor braccia continuamente a Dio: e con quegli sguardi che giungono al Cuor di Gesù di concerto col Cuor di Gesù, van ripetendo per noi: « questi poverini che teniam sulle braccia, noi li vorremmo con noi in paradiso. Deh! tra le braccia degli Angeli cadiamo sovente, almeno col cuore, alle ginocchia di Gesù nel Sacramento, massime quando preghiamo! Pigliamo questa beata usanza, perché così ci troveremo accompagnati dagli Angeli nel Cuor di Gesù alla nostra agonia. Due buoni santi padri gesuiti in agonia dissero: « é un bel morire nello spirar l’anima tra le braccia degli Angeli nel Cuor di Gesu! » Si, miei figliuoli, nell’agonia, quando il mondo ci cade in niente dietro di noi….; quando stiamo sopra l’abisso dell’eternità….; allora, negra oscurità,… cupo silenzio,… tremendo abbandono, …! Sarà dunque l’anima sola nel cimento, nell’atto di presentarsi al giudizio di Dio? No no per noi che spireremo l’anima tra le braccia degli Angeli nel Cuor di Gesù: ché l’agonia nel Cuor di Gesù è bacio di paradiso. – Udite adunque ciò che dice il Signore a grande vostro avviso: «rispettate il mio Angelo che vi ho mandato; ascoltate la sua voce; e pigliatevi ben guardia dal disprezzarlo col peccar davanti a Lui; perché in Lui è il mio Nome: ed Io allora, se lo rispetterete, così sarò il nemico dei vostri nemici, e affliggerò chi cercherà di affliggervi. » Noi vogliam conchiudere con quella bell’anima di S. Bernardo, che 1° dobbiamo rispettare gli Angeli Custodi, perché sono sempre presenti; 2° perché ci custodiscono e ci difendono, e dobbiamo in loro confidare, 3° perché ci vogliono bene tanto, dobbiamo amarli devotamente. Facciamo adunque un po’ di

Esame.

1° Pensiamo: abbiamo considerato che vi son tanti Angeli, grandi Principi, cosi vicini al Trono di Dio; che Maria Ss. é la Regina di tutti, e che stanno essi ai cenni di Lei. Onoriamoli adunque specialmente nelle loro feste. Finora forse li abbiamo ben poco onorati.

2° Dunque gli Angeli Custodi ci girano sempre d’intorno, e pigliansi tanta cura per noi. Ma e noi, o miei fratelli, come trattiamo con loro?……….

Mettiamoci la mano sugli occhi per troppa nostra vergogna! Noi colle persone del-mondo tutti i riguardi, tanto rispetto, e le gentilezze più delicate; e solo cogli Angeli, lasciatemelo dire, trattiamo da villani, senza mai dire loro neppur un grazie, senza neppur dar loro un pensiero, vorrei dire un’occhiata di cuore. Poveri noi! facciam proprio come i figliuoli cattivi i quali trattan bene con tutti, ma si pigliano la libertà di trattar male solamente colle loro buone mamme: non mai una parola amorosa con esse.

Pratica.

1° Dunque risolviamo di onorare gli Angeli, e pecialmente nelle loro feste. La festa di S. Michele Arcangelo, Principe degli Angeli, la Chiesa‘ce la fa celebrare agli 8 di maggio giorno in cui apparve sul monte Gargano; ed alli 29 settembre, giorno in cui gli fu dedicata la Chiesa; e in questi due giorni si fa festa anche degli altri Angeli. Dell’Arcangelo Gabriele ricorre la festa alli 24 Marzo: dell’Arcangelo Raffaele si fa la festa alli 24 di Ottobre. La cara festa poi degli Angeli Custodi si rinnova ogni anno alli 2 di Ottobre.

2° Pigliamo questa bell’usanza, quando al mattino, a mezzodi ed alla sera salutiamo Maria, e La pigliamo, per dir cosi, per mano, perché ci unisca a Gesù che abita con noi nel Sacramento, noi chiamiamo eziandio coll’Angele Dei, Angelo Custode, in compagnia di noi. Quando poi preghiamo facciamolo in compagnia degli Angeli, massime quando adoriamo Gesù Cristo in Sacramento.

3° Nelle tentazioni gridiamo come fece il Tobiolo all’Angelo Raffaele, nel punto che quel mostro di pesce era li per divorarlo: « Angiol di Dio, salvatemi voi ».

4° Ma non tralasciamo di confessarci e comunicarci nella festa degli Angeli Custodi. Ché dev’essere questo un far loro fare una cara festa, per vederci uniti a Gest Cristo, che é quello che tanto sospirano.

Catechismo.

D. Dite un pò perché nel credo che cantiam nella Messa, diciamo che Dio è Creatore delle cose visibili ed invisibili?

R. Perché, oltre le creature corporali e le persone visibili, Dio creò gli spiriti i quali sono gli Angeli.

D. Quando Dio creò gli Angeli? e ne creò tanti Egli? e sono tutti dell’istesso ordine?

R. Dio creò gli Angeli in principio del tempo: ne creò tanti e tanti; e sono divisi in tre ordini denominati Gerarchie, le quali gerarchie formano nove cori.

D. Quali sono le occupazioni degli Angeli?

R. Gli Angeli sono stati creati per contemplare, amare, e insomma adorar sempre Iddio in Cielo e in ogni luogo, e per adorare Gesù Cristo nel Sacramento, ahi! troppo da noi abbandonato; e sono poi mandati da Dio per eseguire i suoi comandi cogli uomini. Gli Angeli Custodi poi in modo particolare sono destinati a pigliarsi tutta cura di noi per salvarci.

D. Dunque abbiam tutti un Angelo Custode, destinato a pigliarsi cura di noi?

R. Si; abbiamo tutti il nostro caro Angelo Custode, cui dobbiam sempre rispettare, perché è sempre presente; cui dobbiamo amar tanto, perché Egli ci fa tanto di bene: cui dobbiamo chiamare in ajuto con confidenza, perché egli sempre ci custodisce e ci difende.

Tenete a mente questa bella parola di Dio: Dio mandò i suoi Angeli intorno a noi, affinché ci custodiscano in tutti i nostri andamenti, e fino ci portino in braccio. « Angelis suis Deus mandavit de te, ut custodiant te in omnibus viis tuis………: In manibus portabunt te. » Sia ringraziato Iddio.

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (10)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (10)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle Missioni

ROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF. – 1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

PARTE PRIMA

Gesù vivente in noi per comunicarci la sua vita

CAPITOLO IV.

Maria Madre nostra e nostra Mediatrice.

ART. II. — MARIA MEDIATRICE UNIVERSALE DI GRAZIA.

Come Madre di Dio e Madre degli uomini, Maria era naturalmente designata a nostra mediatrice presso il Figlio. – Nel divino disegno vi è un solo mediatore necessario, il Verbo incarnato, che, essendo vero Dio e vero uomo, ha tutta l’autorità per riconciliare l’uomo con Dio e per unire intimamente gli uomini suoi fratelli col suo Padre celeste.

« Poiché – dice san Paolo – unico è Dio, unico pure è il mediatore di Dio e degli uomini, Cristo Gesù uomo, che diede se stesso a riscatto per tutti ». Ma da quanto abbiamo detto sulle relazioni tra Gesù e Maria, abbiamo già potuto capire che la Vergine benedetta prese tal parte all’opera della nostra redenzione, che deve pure avere un ufficio importante nella distribuzione delle grazie meritate dal Figlio. Tuttavia, essendo stata secondaria la parte che Ella ebbe nella redenzione secondaria pure ne sarà la mediazione: Gesù sarà sempre il mediatore principale, e Maria la nostra mediatrice presso di lui: mediatrix ad mediatorem; per lei andremo al Figlio, e per Lei il Figlio ci distribuirà le sue grazie. A capir bene questa dottrina, vediamo:

I° quali ne sono i fondamenti nel Vangelo;

2° quali dichiarazioni vi aggiunge la Tradizione;

3° la consacrazione che le fu conferita dalla festa di Maria Mediatrice universale di grazia.

1° I fondamenti evangelici della mediazione di Maria, sorge dal racconto evangelico l’idea che Maria ha nell’ordine della nostra salute lo stesso posto che ebbe Eva in quello della nostra spirituale rovina; come Eva cooperò con Adamo alla nostra rovina, così Maria coopera con Gesù alla nostra redenzione: come Gesù è il nuovo Adamo, così Maria è l’Eva novella.

a) Richiamiamo le parole dell’angelo a Maria.

Che cosa le propone in nome di Dio? Non di divenir madre di Gesù persona privata, ma Madre di Gesù Salvatore e Redentore del genere umano. Infatti, come ben nota il P. Bainvel (Marie, Mère de gréce, Paris, 1921, p. 73.75). « l’angelo non parla soltanto delle grandezze personali di Gesù; ma propone a Maria di divenir Madre del Salvatore, dell’aspettato Messia, dell’eterno Re dell’umanità rigenerata. Le viene quindi proposto di cooperare alla salute dell’umanità, all’opera messianica, alla fondazione dell’annunciato regno di Dio. A questo scopo Ella è la piena di grazia e la benedetta fra tutte le donne ». E non essendo l’Incarnazione se non l’inizio della Redenzione, il cooperare all’Incarnazione è un cooperare alla Redenzione e alla nostra salute. Tutta quindi l’opera redentrice sta sospesa al Fiat di Maria. La Vergine ne ha piena coscienza; sa quel che Dio le propone; e a ciò che Dio le chiede, acconsente senza alcuna restrizione o condizione: il suo Fiat corrisponde all’ampiezza delle divine proposte e si estende a tutta l’opera redentrice ». Maria è dunque la Madre del Redentore, e, come tale, associata all’opera sua riparatrice; unita al Figlio, merita con Lui per tutti gli uomini, ma solo in modo secondario e con merito di convenienza, ciò che Gesù merita come causa principale e in tutta giustizia. Maria, quindi, sarà in modo secondario anche la distributrice delle grazie largite alle anime in virtù della Redenzione. Avendo dato al Salvatore quell’umanità che lo fece atto a meritare, Ella ha un certo diritto sui meriti del Figlio; e questi è ben lieto di esprimere alla Madre la sua gratitudine affidandole una larga parte nella distribuzione delle grazie.

b) Ed è ciò che vediamo il dì della Visitazione. Ricevuto Gesù, Maria corre a far parte del suo tesoro alla cugina Elisabetta che abitava in una piccola città della Giudea. Al primo entrarle in casa, il bambino da costei concepito, che si chiamerà Giovanni Battista, le balza di gaudio nel seno e viene mondato dal peccato originale. Anche Elisabetta è ripiena di Spirito Santo e si mette a profetare: « Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno. E donde a me questo, che venga la Madre del mio Signore da me? Ecco che appena il suono del tuo saluto mi colpì le orecchie, il bambino balzò di giubilo nel mio seno » (S. Luc. I, 42-44). Sempre così avverrà nel corso dei secoli: ogni volta che la Madre di Gesù si avvicinerà a un’anima, sarà per recarle suo Figlio e le grazie da Lui meritateci, grazie che Lei pure ci meritò con Lui e per Lui.

c) Alle nozze di Cana, ove Maria fu invitata col Figlio, appare anche più direttamente il potere d’intercessione dell’umile Vergine. Sulla fine del convito, Maria si accorge che sta per mancare il vino; e per risparmiare agli ospiti una scena dolorosa, dice semplicemente a Gesù: « Non hanno più vino ». E Gesù ne calma l’ansietà rispondendo: « non è ancor venuto per me il momento di operare ». Maria capì che il Figlio avrebbe a suo tempo rimediato alla penuria di vino, quindi dice ai servi: « Fate tutto ciò che vi dirà ». Venuto dunque il mal punto, Gesù disse ai servi di riempir d’acqua le sei urne che avevano servito alle abluzioni; e appena furono piene, l’acqua si cangiò in vino squisito, che allietò il cuore dei convitati. Tenera scena che ben ci mostra la delicatezza del cuore di Maria e la sua efficacia sul cuore di Gesù, il quale non sa rifiutar nulla a una Madre piena di tanta bontà.

d) Questo potere d’intercessione ci pare confermato dal racconto degli Atti che narrano il ritiro fatto dagli Apostoli nel Cenacolo per prepararsi alla venuta dello Spirito Santo. « Tutti costoro, scrive S. Luca (act. I, 14), perseveravano concordi nell’orazione insieme colle donne e con Maria, Madre di Gesù ». Se lo scrittore sacro menziona in modo così esplicito la preghiera di Maria, rilevandone la qualità di Madre di Gesù, non è forse per insinuare che questa preghiera ebbe speciale efficacia a far discendere lo Spirito Santo sui primi discepoli? Noi, dunque, troviamo già nei Vangeli e negli Atti il fondamento della mediazione di Maria e del suo potere di intercessione; la Tradizione lo verrà sempre più dichiarando.

2° Le dichiarazioni della Tradizione sulla mediazione di Maria.

Già fin dai primi secoli i Padri parlano dell’ufficio di mediatrice in Maria, e questa dottrina si viene poi sempre più esplicando.

a) Nel secondo e nel terzo secolo, san Giustino, sant’Ireneo, Tertulliano, insistono sul parallelo tra Eva e Maria, e mostrano che se la prima concorse alla nostra caduta, la seconda cooperò alla nostra redenzione. Ecco, ad esempio, ciò che scrive sant’Ireneo, la cui autorità è tanto maggiore in quanto che rappresenta le Chiese dell’Asia ove era stato educato, la Chiesa di Roma ove aveva dimorato, e la Chiesa delle Gallie ove insegnava difendendo la dottrina cattolica contro gli eretici. « In quel modo che Eva, sedotta dal discorso dell’Angelo ribelle, si allontanò da Dio e ne tradì la parola, così Maria intese dall’Angelo la buona novella della verità, e portò Dio nel suo seno per aver obbedito alla sua parola… Il genere umano, posto da una vergine in catene, è da una vergine liberato… la prudenza del serpente cede alla semplicità della colomba; i vincoli che ci incatenavano nella morte vengono disciolti! » (Advers. hæres., V, 19, I).

b) Molte conclusioni trarranno i Padri da questo parallelo. Sant’Efrem, gloria della Chiesa sira, ne conclude che Maria, dopo Gesù, il mediatore per eccellenza, è la mediatrice di tutto il mondo e che tutti i beni spirituali noi otteniamo per mezzo di lei (È testo citato nella quarta lezione dell’Ufficio di Maria mediatrice della grazia). – Sant’Agostino dice che, se è venuta per una donna la morte, per un’altra donna è venuta la vita; ed aggiunge: « A ingannare il primo uomo, fu dalla donna presentato il veleno; a riscattar l’uomo, fu invece dalla donna data la salute » (Serm. II, n. 4). – Ma i Padri Greci vanno anche più oltre e, con san Germano di Costantinopoli, affermano che nessuno riceve grazie se non per mezzo di Maria: « Nessuno riceve i doni di Dio se non per voi, o purissima; a nessuno si concede la divina grazia se non per Voi, o veneratissima? » (Homil. in S. M. Jonam, n. 5. Un testo simile è citato nella quinta lezione dell’Ufficio di Maria mediatrice).

c) Quindi, quando san Bernardo proclama in modo più esplicito questa medesima verità, non fa che commentare la dottrina dei Padri greci e latini. Con quale eloquenza insiste sulla mediazione di Maria e sul suo ufficio di dispensatrice della grazia! Per Lei Dio venne a noi, per Lei dobbiamo noi andare a Lui: « Per voi abbiamo accesso al vostro Figlio, o fortunata ritrovatrice della grazia, o Madre della vita, o Madre della salute, onde per Voi veniamo accolti da Colui che ci venne dato per Voi… O nostra mediatrice, o nostra avvocata, riconciliateci con vostro Figlio, raccomandateci a vostro Figlio, presentateci a vostro Figlio » (Secondo serm. In Adventu, 5). Per Maria riceviamo pure tutte le grazie: la fonte ne è certamente Gesù, ma Maria è il canale, è l’acquedotto per cui queste grazie giungono a noi; giacchè « è volontà di Dio che riceviamo ogni cosa per Maria, sic est voluntas ejus qui totum nos habere voluit per Mariam » (Nativ. B.V.M, 7). Dio ha posto in Lei tutto il prezzo della nostra redenzione, che è Cristo; fece di Leiil serbatoio della grazia, e lo riempì in guisa dafarlo traboccare, cosicché il soverchio si riversi sudi noi : « plena sibi, superplena nobis » (Serm. II sull’Ass., n. 2). – Ed è mediatrice tanto più amabile in quanto che ha ricevuto lo scettro non della giustizia ma della bontà; e che, non dovendo far l’ufficio di giudice, è tutta piena di tenerezza, di mansuetudine, di misericordia. Mediatrice tanto più possente in quanto che suo Figlio non le sa negar nulla. « Potrà mai il Figlio respingerla o tollerare che sia respinta? No, davvero, perché Ella ha trovato grazia dinanzi a Dio » (Serm. sulla Nat., n, 7).

d) Ormai la dottrina è fissata; e Bossuet non avrà più che a formularla da teologo e insieme da oratore, appoggiandola a una ragione profonda tratta dall’unità del disegno divino (Sermoni, Avv. di S. Germano, festa della Cone., edit. Leq, t. V, p. 609)., « Ed è che avendoci Dio voluto una volta dare Gesù Cristo per mezzo della Vergine, i doni di Dio sono senza pentimento e quest’ordine non cambia più. È vero e resterà sempre vero che, avendo ricevuto per la carità di Lei il principio universale della grazia, ne riceviamo pure per mezzo di Lei le molteplici applicazioni nei vari stati che costituiscono la vita cristiana. Avendo la materna sua carità tanto contribuito alla nostra salute nel mistero della Incarnazione, che è il principio universale della grazia, continuerà eternamente a contribuirvi in tutte le altre operazioni che non sono se non dipendenze ». In altre parole, essendoci stato dato per mezzo di Lei Gesù, che è la causa meritoria di tutte le grazie, per Lei pure riceveremo le grazie particolari che nel corso dei secoli ci saranno concesse.

e) Concludiamo dunque compendiando, col Bainvel (Marie, mère de grace, p. 66)., questa dottrina in forma di tesi teotogica: « Maria ha la sua parte nell’opera della nostra redenzione e della nostra salute, parte secondaria e pienamente subordinata a quella di Gesù, ma non meno estesa ed universale; cosicché anche di Maria si può dire che non c’è né salute, né santificazione, né grazia alcuna nel mondo umano in cui non sia intervenuta e continuamente non intervenga accanto a Gesù. Tale è il senso e l’estensione dei suoi titoli di Mediatrice e di Madre ».

1) Non c’è dunque, secondo l’insegnamento tradizionale, una sola grazia concessa agli uomini che non venga immediatamente da Maria, vale a dire senza il suo intervento; s’intende sempre di mediazione subordinata a quella di Gesù. Questa reazione è nettamente esposta dal P. de la Broise (Marie, mère de gréce, p, 23-24): « Il presente ordine dei decreti divini vuole che ogni beneficio spirituale concesso al mondo sia concesso col concorso di tre volontà e che nessuno lo sia altrimenti. Innanzitutto la volontà di Dio, che conferisce tutte le grazie; poi la volontà di Gesù Mediatore primario, che le merita da se stesso e le ottiene in tutta giustizia; finalmente la volontà di Maria, Mediatrice secondaria, che per mezzo di Gesù le merita e le ottiene con merito di piena convenienza » (De congruo). La mediazione di Maria è immediata nel senso che, per ogni grazia concessa da Dio, Maria interviene coi suoi meriti passati o con le sue preghiere presenti; ma non è peraltro necessario che chi riceve queste grazie debba chiederle per mezzo di Maria; la Vergine santissima può intervenire, e lo fa in molte occasioni, senza che ne venga richiesta: una madre non aspetta sempre la preghiera del figlio per porgergli aiuto. Tuttavia, di regola generale, Maria interverrà con efficacia tanto più grande quanto più filiale sarà stata la confidenza con cui avremo ricorso alla sua protezione.

2) La mediazione di Maria è universale come quella di Gesù; si estende a tutte le grazie largite agli uomini dopo la caduta di Adamo: grazie di conversione, di progresso spirituale, di perseveranza finale; quindi noi la supplichiamo di pregare per noi « adesso e nell’ora della nostra morte ».

3) Ma è mediazione subordinata alla mediazione di Gesù, nel senso che Maria non può né meritare né ottenere né distribuire grazie se non dipendentemente da suo Figlio. Onde la mediazione di Maria e il suo potere di intercessione non solo non derogano alla gloria e all’onore di Gesù, ma fanno anzi spiccar meglio il valore e la fecondità della mediazione sua, che è la sola veramente necessaria. È questo un punto ben rilevato nella festa di Maria Mediatrice.

3° Consacrazione di questa dottrina coll’istituzione della festa di Maria Mediatrice.

Spetta al Belgio l’iniziativa di questa festa, e a Benedetto XV l’onore della sua canonica istituzione. Nel 1913, Sue Eminenza  il Cardinal Mercier (togliamo questi particolari da una lettera diretta dal Mercier, ai Vescovi della cattolicità nell’aprile del 1921) e il clero della diocesi di Malines, i provinciali di tutte le Congregazioni religiose residenti nel Belgio, la Facoltà teologica dell’Università di Lovanio, e tutto l’Episcopato belga porgevano una supplica al Sommo Pontefice per ottenere il riconoscimento dogmatico della mediazione universale di Maria. Sopravvenne sventuratamente la guerra e sospese l’esame di questa importante questione- Ma, il dimani dell’armistizio, l’eroico Belgio pregava la Sacra Congregazione dei Riti che approvasse una Messa e un Ufficio propri di Maria mediatrice e ne presentasse il testo a Sua Santità. Benedetto XV si degnò di rivedere egli stesso quell’Ufficio e quella Messa facendovi di propria mano parecchie modificazioni. Il testo così riveduto e approvato fu rinviato al Card. Mercier il 12 febbraio 1921. La festa venne fissata al 31 Maggio, giorno di chiusura del mese di Maria e vigilia del mese del Sacro Cuore; era concessa a tutto il Belgio; ma il Papa diceva che si concederebbe pure a tutti i Vescovi che ne facessero domanda alla Congregazione dei Riti. Molti l’hanno già ottenuta, fra gli altri l’Episcopato della cattolica Spagna. È da sperare quindi che verrà presto stabilita anche in Francia ed in Italia.

b) Ora la Messa e l’Ufficio contengono una chiarissima affermazione della dottrina da noi esposta. L’Invitatorio del Mattutino ci fa adorare il Cristo Redentore che tutti i beni volle concederci per Maria ». L’inno che segue contiene questa strofa molto espressiva: « Tutti i doni che il Redentore ci meritò, Maria sua Madre ce li distribuisce. Gode il Figlio di concederli ad istanza della Madre ». Le lezioni del secondo e del terzo notturno riferiscono le più aperte dichiarazioni dei Padri su questa mediazione universale, specialmente quelle di sant’Efrem, di san Germano, di san Bernardo, di san Bernardino da Siena, i quali unanimemente affermano che tutte le grazie ci vengono per mezzo di Maria. Il versetto che precede il Benedictus ci fa invocar Maria come mediatrice nostra potentissima; e l’orazione, che esprime lo spirito della festa, rammenta che, implorando Colei che fu costituita nostra Mediatrice, avremo la gioia di veder esaudite tutte le suppliche che le porgiamo. Lo stesso è delle preghiere della Messa. L’Introito ci invita ad accostarci con fiducia a Colei che è detta, dopo suo Figlio, trono della grazia, per averne appoggio e misericordia con tutti gli aiuti di cui abbiamo bisogno. Trovasi infatti in Lei, aggiunge il Graduale, la grazia, la verità, la virtù, la vita, giacché Ella partecipa alle doti della divina Sapienza. E il Vangelo ci ricorda che, essendo nostra Madre, Maria ci tratta da figli diletti e che la sua mediazione deriva dalla sua maternità. L’istituzione di questa festa non è una definizione dogmatica ma ne prepara la via, come la festa dell’Immacolata Concezione preluse alla definizione del dogma. Intanto è nostro diritto e nostro dovere di invocare con confidenza la nostra Madre e la nostra Mediatrice. Le diremo quindi con san Bernardo: « O Madre della vita, o Madre della salute, deh! Siamo per voi accolti da Colui che ci fu dato per Voi. La vostra purità ci giustifichi presso di Lui della nostra corruzione, e l’umiltà vostra, così accetta a Dio, ci ottenga il perdono della nostra superbia. L’ampia vostra carità copra la moltitudine dei nostri peccati e la gloriosa vostra fecondità ci acquisti fecondità di meriti. O nostra. Regina! O nostra Mediatrice! riconciliateci col vostro Figlio… fate che Colui il quale per mezzo vostro si degnò di prender parte alla nostra debolezza e alla nostra miseria, ci faccia pure per la vostra intercessione partecipi della sua gloria e della sua beatitudine! »

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (11)

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (9)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (9)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle Missioni

ROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF. – 1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

PARTE PRIMA

Gesù vivente in noi per comunicarci la sua vita

CAPITOLO IV.

Maria Madre nostra e nostra Mediatrice.

Nella vita cristiana la parte principale la fa Dio; e, dopo di Lui, Gesù Cristo, che è la via, la verità e la vita. Ma se Dio è nostro Padre e Gesù nostro Fratello, ci occorreva, nella vita soprannaturale, anche una madre che fosse pronta a piegarsi teneramente verso di noi e farci da mediatrice presso il Figlio: mediatrix ad mediatorem. Per sodisfare a questo bisogno della nostra natura, Dio assegnò a Maria un ufficio, secondario è vero, ma importantissimo nella nostra vita soprannaturale. Il fine ultimo delle nostre aspirazioni, il primo oggetto delle nostre adorazioni e del nostro amore è certamente il Dio vivo e vero, la santissima Trinità, che si degna di farci partecipare alla sua vita. Il mediatore necessario per andare al Padre, la causa meritoria ed  esemplare della vita divina che ci è comunicata, è il Verbo incarnato, è Gesù a cui siamo incorporati. Ma questo Gesù ci fu dato per Maria, per Maria quindi andremo a Lui, come per Lui andremo al Padre. Avendo esposta la parte che la santissima Trinità e il Verbo incarnato hanno nella vita cristiana, ci resta ora a dire di quella di Maria. Possiamo compendiarla in una parola sola: Maria è la nostra mediatrice presso il Mediatore: mediatrix ad mediatorem. Questa mediazione ha per fondamento il glorioso suo titolo di Madre di Dioe di Madre degli uomini, e per conseguenza usadivozione speciale da parte nostra alla Santissima Vergine e a Gesù vivente in Mania. Sono quindi quattro le verità che dobbiamo qui illustrare:

1° Maria madre di Dio e madre degli uomini.

2° Maria mediatrice universale di grazia.

3° La nostra divozione a Maria.

4° La nostra divozione a Gesù vivente in Maria.

ART. I. — MARIA MADRE DI DIO E MADRE DEGLI UOMINI.

Pensatamente poniamo insieme questi due titoli così gloriosi per Maria e così consolanti per noi, perché nello stesso tempo la Vergine benedetta divenne madre di Dio e madre nostra.

1° Maria, Madre di Dio.

A) RAGIONE DI QUESTO TITOLO. La divina maternità di Maria avvenne nel benedetto dì dell’Annunciazione. Maria se ne stava nella casetta di Nazareth e pregava per la venuta del Messia. Ed ecco che dal cielo è inviato un Angelo per annunziare alla terra la venuta del promesso Liberatore. « Va, scrive il Berulle (Vie de Jésus, cap. VII, Oeuvres de Berulle; ed. 1657, p. 311), non alla trionfatrice Roma, non alla dotta Atene, non alla superba Babilonia, e neppure alla santa Gerusalemme: va in un angolo della Galilea, a un ignoto paesello… In questa Nazareth vi è una casetta che chiude il tesoro del cielo e della terra: vi è una Vergine più grande insieme del cielo e della terra, Vergine eletta da Dio a chiudere nel suo seno l’universo. A questa Vergine volge Dio il suo sguardo; ed ella rimira Dio, occupata di Lui, elevata a Lui. A questa Vergine invia Dio il suo Angelo. » – L’Angelo, entrato nell’umile casetta, fa un inchino a Maria, e, in nome di Dio di cui è messaggero, le rivolge queste parole: « Ti saluto o piena di grazia, il Signore è teco, tu sei benedetta fra le donne » (Luc. I, 28). Parole semplici in apparenza, ma piene di profondo significato. È Dio stesso che proclama la sua stima e la sua venerazione per l’umile verginella: Ella sola fra tutte le creature attira su di sé gli sguardi amorosi della santissima Trinità; perché, come dichiara Pio IX nella Bolla Ineffabilis : « Maria possiede tale pienezza di santità e di innocenza che, dopo Dio, non se ne può immaginare maggiore. I Padri apertamente dissero che questo saluto, inaudito, solenne, senza precedenti, riconosceva la Vergine Madre come sede di tutte le grazie divine, ornata di tutti i doni dello Spirito Santo, tesoro quasi infinito e abisso inesauribile delle grazie celesti ». Il Signore è quindi con Lei e in Lei, nel più intimo dell’anima sua, e la viene ornando di tutte le virtù e cagionando in Lei disposizioni perfettissime che Maria riceve ed applica con filiale docilità. Ma l’umiltà è pari in Lei alla santità; onde, tutta turbata dall’elogio dell’Angelo, non sa che dire e tace. L’Angelo la rassicura: « Non temere, o Maria, tu hai trovato grazia dinanzi a Dio. Ecco che concepirai nel seno e partorirai un figlio a cui porrai nome Gesù. Ei sarà grande; verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Iddio gli darà il trono di David suo padre; regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine » (Luc. I, 30-32). A una figlia di Giuda, nutrita della lettura dei Profeti di Israele, il senso di queste parole non poteva rimaner dubbio: era un dirle che sarebbe la madre del Messia. Maria ben lo capisce, ma, prima di dare il suo consenso, chiede uno schiarimento; « Come avverrà questo, dacchè io non conosco uomo? dacchè ho risoluto di serbarmi vergine? ». Tale risoluzione non poteva dispiacere al Dio di ogni purità che gliela aveva ispirata. Quindi per bocca dell’Angelo la assicura che la sua verginità non ha nulla da temere da questa divina maternità: « Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti avvolgerà come ombra; onde il da te generato santo sarà chiamato Figlio di Dio ». – Cessa ormai ogni esitazione, e la Vergine, non meno ubbidiente che pura, dice umilmente: « Ecco la serva del Signore: si faccia a me secondo la tua parola ». Or dunque, nota Bossuet (Quarto Sermone per l’Annunciazione, édit. Lebarcq, t. III, p. 435-436.), « Maria non inorgoglisce della novella dignità di Madre di Dio; e, senza abbandonarsi a trasporti di gioia, che sarebbe stata pur tanto giusta, dichiara soltanto la sua sottomissione. Dischiudonsi subito i cieli e mille torrenti di grazie scendono su Maria; viene come inondata di Spirito Santo che tutta la compenetra; il Verbo si forma un corpo del suo sangue purissimo; il Padre la copre della sua virtù e genera anche nel seno di Maria quel Figlio che eternamente genera nel suo seno… Or come poté operarsi un così grande miracolo? È l’umiltà che fece Maria atta a contenere la stessa immensità. Per la vostra umiltà, o Vergine beatissima, ricevete per la prima in voi Colui che è destinato a tutto il mondo. Voi diventate il tempio di un Dio incarnato; e l’umiltà onde siete piena gli rende così gradita questa dimora che, per grazia particolare, vuole che per lo spazio di nove interi mesi Voi possediate da sola il bene comune di tutto l’universo ». – In quello stesso momento che Maria pronuncia il suo fiat, il Verbo si fa carne e abita tra noi: « Verbum caro factum est et habitavit in nobis! » (S. Giov., I, 14 Ed ecco che gli Angeli discendono dal cielo per adorare, su quel sì puro altare del seno di Maria, il Dio fatto uomo, secondo il detto della Scrittura (Hebr. I, 6): « Lo adorino tutti gli Angeli di Dio! ». Risulta chiara da tutta questa narrazione la grande verità che Maria è Madre di Dio. Ella è infatti Madre di Gesù, l’eterno Figlio di Dio, uguale in tutto al Padre, è Madre di un Figlio-Dio e quindi Madre di Dio. Perché la maternità termina alla persona; ciò che una madre genera non è solo un corpo ma una persona umana. Onde ciò che Maria concepì e partorì è la Persona di Cristo, la Persona del Verbo incarnato: Maria è quindi veramente la Madre del Verbo, la Madre di Dio. Tal è pur la dottrina dei Padri. Quando Nestorio volle distinguere due persone in Cristo e affermare che Maria, pure essendo Madre di Cristo, non era Madre di Dio, l’intiero popolo cristiano si sollevò a protesta, s’adunò in Efeso un Concilio ecumenico e proclamò altamente che, se in Cristo vi sono due nature, la divina e l’umana, non vi è però che una Persona sola, la Persona del Verbo incarnato, e che Maria, essendo Madre di questa Persona, è veramente la Madre di Dio. Che dignità sublime è mai questa! Gli Angeli si tengono onorati di essere i messaggeri di Dio, e noi siamo, per ragion della grazia, suoi figli adottivi; ma Maria ne è la Madre, non per adozione, ma nel senso proprio della parola! Dal purissimo suo sangue venne formato il corpo del Verbo incarnato; e Colui che Dio genera da tutta l’eternità, Maria lo genera nel tempo: il Figlio di Dio è Figlio di Maria! È dignità che ha qualche cosa d’infinito: poiché, come giustamente osserva il Beato Alberto Magno, se si giudica un albero dai frutti, che dire di questa mistica vite che produsse un frutto di valore infinito? Certo Maria rimane creatura e la sua persona è e sarà sempre finita; ma la sua dignità, commisurandosi a quella di suo Figlio, è talmente trascendente che non se ne può concepire una più grande tra le creature sia in terra che in cielo.

B) CONSEGUENZE DI QUESTA DIGNITÀ. L’essere Madre di Dio fa che Maria acquista le relazioni più intime con le tre divine Persone e quindi un’immensa autorità presso di loro.

a) La cosa è evidente per la Persona del Figlio. Se una Madre ha diritto alla venerazione, all’ubbidienza e all’amore di suo figlio, forse che Gesù, il migliore dei figli, il più compìto modello di filiale pietà, non avrà venerato e amato la Madre sua sopra ogni altra creatura? Lui che se l’era scelta per Madre, che l’aveva ornata di tutti i doni di natura e di grazia onde farne la più pura, la più amabile, la più amante, la più premurosa di tutte le madri? E chi ci potrà ridire l’intimità della Madre e del Figlio? Vive per nove mesi nel virgineo suo seno, dimora per trent’anni sotto il suo tetto, e vive specialmente nel suo cuore: « vi abita con pienezza, vi opera in tutta l’ampiezza del divino suo Spirito: non è che un cuor solo, che un’anima sola, che una vita sola con Lei » (J. J. Olier, Journée chrétienne, ed. 1907, p. 396.). Le comunica i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue virtù: è in costante comunione con Lei. – E ora in cielo è una gioia per Gesù il prevenire i suoi anche più piccoli desideri: avendo ricevuta da Lei quell’umanità che gli fu necessaria a compiere l’opera sua sulla terra, ne la ricambia ora aprendole tutti i tesori delle sue grazie. Gesù che a Nazareth ubbidiva agli ordini di Lei, è lieto di esaudire ora in cielo le richieste di Maria: ne fa la distributrice delle grazie che ci ha meritate; ed è cosa giusta perché da Lei ebbe quella natura umana con cui poté acquistare i suoi meriti. Maria ha quindi una illimitata autorità presso il Redentore.

b) Le relazioni di Maria col Padre derivano da quelle che ha col Figlio. Avendola scelta da tutta l’eternità per farla madre di suo Figlio, Dio se l’associa e intimissimamente se la unisce per operar con Lei e per Lei l’opera dell’Incarnazione. Colui che il Padre genera da tutta l’eternità diviene, nel dì dell’Incarnazione, figlio di Maria, onde Gesù è nello stesso tempo figlio di Dio Padre e della santissima Vergine: come Verbo, è generato dal Padre da tutta l’eternità; come Uomo-Dio, è generato nel tempo da Maria. E poiché Dio non fa le cose a metà, trasfonde nel cuore di questa Madre divina qualche cosa del suo amore per il suo Verbo e le delega la propria autorità sul suo Figlio: a questo intento Dio Padre risiede in modo tutto particolare nell’anima di Lei e la fa partecipe delle sue perfezioni. In virtù di quest’unione Maria deve avere un’autorità immensa sul cuore di Dio. Se tutti gli uomini sono figli adottivi di Dio, Maria ne sarà la figlia prediletta, la beniamina, in cui riporrà le sue compiacenze; ecco perché  l’Angelo le dice che ha trovato grazia, vale a dire favore e credito presso Dio. Anche i suoi più piccoli desideri saranno esauditi ed ella sarà colle sue preghiere onnipotente sul cuore di questo Padre amantissimo.

c) Né minore sarà l’autorità sua presso lo Spirito Santo. L’anima sua è in modo particolare il tempio di questo Spirito divino; è il giardino chiuso in cui Egli solo può penetrare; il paradiso ove si delizia, perché lo trova ornato di tutte le virtù; il santuario onde sale costantemente un armonioso concerto di lode alle tre divine Persone; l’altare ove si offre il più puro dei sacrifici. Maria è anima così docile alle ispirazioni della grazia che non resiste mai a nessuna di esse; onde la sua santità ne acquista continuo incremento. Ora, se è vero che Dio si compiace di esaudire le preghiere di coloro che ne fanno la santa volontà, che cosa il divino Spirito potrebbe negare a Colei che è tutta intesa ad eseguire, anzi a prevenire anche i suoi più piccoli desideri? Maria dunque per la divina sua maternità ha le relazioni più intime con ognuna delle tre divine Persone e gode presso di loro della più larga e più possente autorità. E ampiamente ella ne userà a pro dei suoi figli adottivi.

2° Maria, Madre nostra.

Maria divenne nostra Madre il dì dell’Incarnazione, privilegio che fu proclamato poi sul Calvario.

A) Chi voglia intendere in che modo la Vergine santissima ci adotta per figli nel momento stesso in cui diviene Madre del Verbo incarnato, richiami ciò che più sopra abbiamo detto intorno alla nostra incorporazione a Cristo. Oltre il Cristo storico, che visse trentatré anni sulla terra e poi risalì al cielo, vi è un Cristo mistico, che si stende nel tempo e nello spazio, un Cristo che ha un capo, un’anima, delle membra che non formano se non un solo e medesimo corpo spirituale. Non sono propriamente due Cristi diversi, ma due aspetti del medesimo Cristo, perché Capo del Corpo mistico di cui noi siamo le membra è Gesù, il vero Gesù storico. Ora, se badiamo bene al racconto evangelico quale sopra lo riferimmo, l’Angelo Gabriele chiede a Maria che accetti di essere Madre non solo della Persona privata di Cristo ma anche del Cristo Salvatore, di Colui che sarà l’eterno Re dell’umanità rigenerata, il Capo di un Corpo mistico di cui noi siamo le membra. Pronunciando il suo fiat, Maria accetta la divina proposta in tutta la sua ampiezza. Ora Ella non può diventar Madre di Gesù, Capo di questo Corpo mistico, senza diventar pure Madre delle membra che lo compongono. Madre certamente in modo diverso: è Madre di Gesù in senso proprio, perché lo genera della sua sostanza; ed è Madre nostra per adozione e per estensione, perché noi siamo come la continuazione di Cristo. Tal è il pensiero di sant’Agostino quando afferma che, se Maria è Madre secondo la carne di Gesù nostro Capo, è pure Madre secondo lo spirito di tutte le sue membra: « Carne mater capitis nostri, spiritu mater membrorum ejus ». La parola di Gesù sul Calvario non farà che porre il sigillo su questa verità. Mentre, colla morte del Salvatore, stava per compiersi la nostra redenzione, Gesù dalla croce dice a Maria, mostrandole san Giovanni: « ecco tuo figlio »; e a san Giovanni, indicando Maria: « ecco tua Madre ». Ora san Giovanni, il discepolo che Gesù amava, rappresenta tutti i veri discepoli del Maestro; e quindi tutti diventano figli spirituali di Maria. Dandoci la Vergine santissima per Madre, Dio, che non fa le cose a metà, le dà anche per noi un cuore veramente materno (Come bene osserva il Gilloz nell’ottimo suo libro Porte du ciel, p. 96, le parole di Gesù uscite più dal cuore che dalla bocca del Salvatore, cadendo dall’alto della croce, portarono seco alla Vergine benedetta una fiamma d’amore che l’accese di affetto tutto materno per gli uomini; e nel cuore dei discepoli un amore filiale per Maria che non si deve più estinguere ». Le parole di Gesù non sono soltanto assertive ma anche effettive di ciò che significano, essendo egli uomo e Dio.). Onde Maria ci amerà come membra viventi del divino suo Figlio, ci amerà con quell’amore tenero, ardente, generoso che ha per Gesù. – Ecco perché, secondo Bossuet, Gesù, a promulgare l’ufficio materno di Maria, scelse il momento in cui Maria pativa nell’anima un vero martirio, il momento in cui, per l’eccesso stesso dei suoi dolori, sentiva più che mai di essere madre: « Il Salvatore Gesù. che voleva che la Madre sua fosse pure la nostra ond’essere nostro fratello in tutto, considerando dall’alto della croce quanto l’anima di Lei fosse intenerita, quasi che quivi appunto l’aspettasse, colse il momento opportuno e mostrandole san Giovanni, le dice: O donna, ecco tuo figlio... O donna afflitta, a cui un amore sfortunato fa ora esperimentare fin dove può giungere la tenerezza e la compassione di una madre, questo stesso affetto materno che sì vivamente sentite ora nell’anima vostra per me, abbiatelo per Giovanni mio discepolo prediletto; abbiatelo per tutti i miei fedeli che nella persona di lui vi raccomando, perché tutti sono miei discepoli e miei prediletti. Queste parole impressero veramente nel cuor di Maria una tenerezza di madre per tutti i fedeli come suoi veri figli; non essendovi nulla di più efficace sul cuore della Vergine che le parole di Gesù morente ». – La Vergine-Madre non dimenticherà mai che venne proclamata Madre degli uomini sul Calvario, ai piedi della Croce, fra i più acerbi dolori; e se è vero che una madre tanto più ama il figlio quante più lacrime le è costato, quale tenerezza, quali premure non avrà Maria per coloro che le sono costati il sangue del dilettissimo suo Figlio? Non avrà che un’ambizione sola, quella di formare in noi l’immagine e le virtù di questo Figlio, perché, ravvisandolo in noi, possa in noi amarlo; e perché, a Lui conformati, possiamo far parte del suo Corpo mistico e seguirlo un dì nel cielo dove ci ha preceduti. Meglio quindi di san Paolo, Maria potrà dirci: « O figliuolini miei, pei quali soffro nuovamente i dolori del parto sino a che non sia formato Cristo in voi! » (Gal. IV.,12).

B) Che se tale è l’amor di Maria per noi, quale non dev’essere il nostro per una Madre così amante e così amabile? Giacché vuole formar Cristo in noi, lasciamoci da Lei plasmare, cooperiamo anzi attivamente con Lei: Ella ci dà Gesù, facciamolo vivere nell’anima nostra, imitandone le virtù coll’aiuto così efficace della Madre nostra. Bossuet espone così bene questo pensiero che non so resistere al piacere di citarlo, pregando il lettore di meditare questa pagina eloquente! (Secondo Sermone per la festa del Rosario, ed, Lebareq, t. II, p. 356). « Maria dà un Gesù, restituiamole in noi un Gesù; facciamo rivivere nelle anime nostre quel Figlio che perde per nostro amore… Siamo quindi casti e pudici, e Maria riconoscerà Gesù in noi; siamo umili e ubbidienti come fu Gesù fino alla morte; abbiamo cuor tenero e mani aperte per i poveri e per gli sventurati; dimentichiamo tutte le ingiurie come le dimenticò Gesù fino a lavare nel proprio sangue il delitto dei suoi carnefici. Oh! qual gioia per Maria quando vedrà vivere Cristo in noi: nelle anime nostre con la carità, nel nostro corpo con la continenza, anche negli occhi nostri e sul volto col riserbo, con la modestia e con la semplicità cristiana. Riconoscendo allora in noi Gesù Cristo con la pratica esatta del suo Vangelo, il suo cuore rimarrà commosso da questa viva rappresentazione del suo Diletto e, profondamente intenerita di questa santa conformità, le parrà d’amar Gesù Cristo in noi e verrà su noi con tutte le dolcezze del suo affetto materno ». – Che se talora, violentemente tentati dalle passioni e dalle seduzioni del mondo, ci sentiremo vivamente sollecitati al male e prossimi a soccombere: « Non dimenticare, ci avverte Bossuet, i gemiti di tua Madre, ricordati delle lacrime di Maria e dei dolori incredibili che le straziarono l’anima sul Calvario. Sciagurato! che vuoi dunque fare? Vuoi innalzare un’altra volta la croce per appendervi Gesù? Vuoi mostrare a Maria il Figlio un’altra volta crocifisso, coronarne il capo di spine, calpestare sotto gli occhi di Lei il sangue del nuovo Testamento, e, con spettacolo così triste, riaprire un’altra volta tutte le ferite del materno suo cuore? » (Per la festa del Rosario, l. c., p. 361). –  E se avessimo anche avuto, in un momento di debolezza e di viltà, la disgrazia di offendere Dio, volgeremo subito supplichevole lo sguardo a questa Madre di misericordia: e penseremo che, nonostante i nostri peccati, non ha cessato di esser nostra Madre, e che è animata da un unico desiderio, di ricondurci a Gesù ripartorendoci alla vita della grazia. Maria non dimentica che suo Figlio venne a salvare i peccatori, che convertì la Samaritana, perdonò l’adultera, restituì la sua amicizia a Pietro che l’aveva rinnegato; e che, dall’alto della croce, pregò pei suoi crocifissori e aprì il paradiso al buon ladrone. Animata dai sentimenti di questo misericordioso Salvatore, Maria è il sicuro rifugio dei peccatori, sempre pronta a patrocinarne la causa; e sa farlo con tanta efficacia che nessun peccatore mai ricorse a Lei senza provar la potenza della sua intercessione. È dunque verissimo che Maria è per noi la più tenera, la più generosa, la più misericordiosa delle madri, e che noi dobbiamo esser per Lei figli riconoscenti, affettuosi, fidenti e docili. – CONCLUDEREMO con santo Stanislao Kostka: « La madre di Dio è pur Madre mia! Maria è la Madre di Dio, vale a dire la più perfetta delle creature, la figlia prediletta del Padre, la sua associata nell’opera dell’Incarnazione, e quindi onnipotente sul suo cuore; è la Madre del Figlio, che nulla quindi le può negare; è il santuario privilegiato dello Spirito Santo ov’Ei si compiace di comunicarle tutte le grazie che gli domanda. Maria è dunque, come dice san Bernardo, una onnipotenza supplichevole: omnipotentia supplex. – Or proprio Lei è mia Madre! Maria mi ama come un’estensione e un membro vivo del diletto suo Figlio; e tanto più mi ama perché più lacrime le sono costato, perché le sono costato il sangue di suo Figlio! Io dunque l’amerò, dopo Dio, con tutte le forze dell’anima, avrò in Lei una confidenza filiale e l’invocherò come mediatrice di grazia. È questo il titolo che dobbiamo ora spiegare.

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE (8)

ADOLFO TANQUEREY

LE GRANDI VERITÀ CRISTIANE CHE GENERANO NELL’ANIMA LA PIETÀ (8)

Vers. ital. di FILIPPO TRUCCO, Prete delle MissioniROMA DESCLÉE & C. EDIT. PONTIF. – 1930

NIHIL OBSTAT – Sarzanæ, 8 Maji 1930 J. Fiammengo, Rev. Eccl.

IMPRIMATUR Spediæ, 8 Maji 1930 Can, P. Chiappani, Del. Generalis.

PARTE PRIMA

Gesù vivente in noi per comunicarci la sua vita

CAPITOLO II.

La nostra partecipazione alla vita divina

ART. IV. — I NOSTRI DOVERI VERSO LA VITA SOPRANNATURALE.

Se Dio vive ed opera nell’anima nostra, se ci fa partecipare alla sua vita corredandoci “di un organismo soprannaturale, è evidente che dobbiamo corrispondere alle sue premure, accettare con riconoscenza questa vita, e sotto l’azione della grazia attuale, diligentemente perfezionarla. È il caldo consiglio che San Paolo dava continuamente ai suoi discepoli: « Vi esortiamo a non ricevere invano la grazia di Dio! ». E alle esortazioni aggiunge le minacce, dichiarando che Dio, nonostante la infinita sua bontà, sarà costretto a castigare veramente coloro che abusano volontariamente della grazia: « La terra che, bevendo la pioggia cadutale spesso dal cielo, germoglia erbe utili per chi la lavora, riceve benedizioni da Dio; ma se produce spine e triboli, viene riprovata ed è vicina a maledizione » (Hebr. VI, 7-8). Che cosa dobbiamo dunque fare per trar profitto da questa vita che Dio ci ha così liberalmente largito? dobbiamo fare principalmente due cose:

1° rispettarla e conservarla come il più prezioso dei tesori;

2° quotidianamente aumentarla facendo atti soprannaturali e meritori.

1° Rispettare e conservare la vita soprannaturale.

A) Essendo la vita della grazia) il più prezioso dei beni, dobbiamo stimarla più di tutti i tesori della terra, e persino più di tutti i doni preternaturali.

a) La grazia vale certo più di tutti i tesori e di tutte le terrene dignità. A lei, che della sapienza è la fonte, possiamo applicare ciò che il sacro autore dice della Sapienza: « L’ho preferita a scettri e troni e le ricchezze stimai un nulla a paragone di lei… L’amai più che la sanità e la bellezza e l’anteposi alla luce, perché lo splendore che essa irraggia non tramonta mai. Insieme con lei mi venne ogni bene e innumerevoli ricchezze per mezzo di lei » (Sap. VII, 8-11). Che cosa, infatti, sono mai le caduche ricchezze di fronte a quel Dio che ora possediamo già per la grazia e di cui godremo per tutta l’eternità? È ben avaro, diceva l’Olier, colui al quale Dio non basta. E che valgono tutte le corone del mondo, che avvizziscono così presto, appetto alla corona immortale che ci è procurata dallo stato di grazia se vi perseveriamo?

b) Anzi, la grazia santificante vale più del potere di far miracoli, che Dio comunica ai suoi santi. S. Paolo scrive: « Se avessi il dono della profezia e conoscessi i misteri tutti e tutto lo scibile; e se avessi tanta fede da trasportar le montagne, ma poi non avessi la carità (e quindi la grazia), non sarei nulla! » (I Cor. XIII, 2), Il potere di far miracoli non è infatti cosa essenzialmente soprannaturale, come la grazia santificante, ma è solo preternaturale: potrebbe, assolutamente parlando, essere concesso a un peccatore, perché non suppone necessariamente l’intima unione con Dio, ma solo una semplice delegazione della sua potenza; mentre la grazia è una partecipazione alla vita stessa di Dio, è il bene supremo che Dio non concede se non ai suoi amici. Tutto ciò è talmente vero che, se la dignità di Madre di Dio, che è la più grande dignità che si possa conferire a semplice creatura, venisse separata dalla grazia santificante che l’accompagna, la grazia santificante le sarebbe superiore. Tale è in sostanza il pensiero di Nostro Signore quando dice: « Chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, costui è mio fratello e sorella e madre » (Matth. XII, 50). Infatti, il fare perfettamente la volontà di Dio, è amarlo, è possedere lo stato di grazia, è quindi entrare nella famiglia di Dio, è essere fratello di Gesù Cristo, è concepir Gesù nel proprio cuore, come lo aveva concepito Maria prima di riceverlo nel virgineo suo seno, è quindi il più grande di tutti i beni.

c) Del resto, se vogliamo giudicar del pregio della grazia, vediamo quello che fecero le tre divine Persone per comunicarcela. Il Padre non ha che un Figlio, un Figlio che è la viva e sostanziale sua immagine, un Figlio che ama come se stesso. Or questo Figlio ei lo dà, lo fa incarnare, lo sacrifica per restituirci la vita della grazia che avevamo perduta pel peccato di Adamo: « Dio ha amato tanto il mondo che diede l’unico suo Figlio, onde chiunque crede in Lui non perisca ma abbia la vita eterna » (1 S. Giov. III, 16). Il Figlio era perfettamente beato nel seno del Padre; amato da Lui con amore infinito e Lui riamando con reciproco amore, non aveva alcun bisogno di noi. Eppure, per amore del Padre e per amor nostro, acconsente a farsi uomo per divinizzarci, acconsente ad assumere le nostre infermità e i nostri dolori, a patire e morire per noi sopra una croce, affinché ci sia ridata la vita che avevamo perduta in Adamo: « Cristo ci amò e diede se stesso per noi oblazione ed ostia a Dio in odore soavissimo » (Ephes. V, 2). Onde, purificati per virtù del suo sangue e del suo amore, viviamo della sua vita. Lo Spirito Santo, vincolo e amore mutuo del Padre e del Figlio, uguale all’uno e all’altro, beato della medesima beatitudine, non aveva certamente bisogno del nostro amore. Eppure, per santificarci applicandoci i meriti del Figlio, discende nel povero nostro cuore, ne caccia il peccato, lo orna della grazia e delle virtù, e dà a noi se stesso, affinché godiamo della sua presenza e dei suoi doni intanto che aspettiamo l’eterno possesso di Dio: « L’amor di Dio, dice S. Paolo, è diffuso nei nostri cuori per opera dello Spirito Santo che ci fu dato » (Rom. V, 5). – Ecco ciò che fanno le tre divine Persone per comunicarci la loro vita, ecco la stima che ne hanno, il pregio che le attribuiscono. Meditando queste grandi verità, i santi non si potevano tenere dal dire: Oh! anima mia, tu vali il sangue di un Dio, tu vali un Dio! tanti vales quanti Deus! – Aveva dunque ragione Gesù di dire alla Samaritana: « Se conoscessi il dono di Dio!… Chi beve dell’acqua che gli darò io (l’acqua della grazia), non avrà più sete in eterno; l’acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte che zampillerà fino alla vita eterna! ». Ecco dunque che cos’è la grazia santificante: una fonte di acqua viva che, scaturendo dalle altezze del cielo, dal cuore stesso di Dio, ha il mirabile potere di farci risalire a Lui. È la perla preziosa, il tesoro nascosto, che bisogna comprare e serbare a qualunque costo, perchè è per noi il diritto alla vita eterna, il diritto al possesso di Dio nell’eterna visione e nell’eterno amore!

B) Si capisce quindi il linguaggio dei Padri che ci esortano, con san Leone Magno, a conservar gelosamente questo preziosissimo dei tesori: « Riconosci, o Cristiano, la tua dignità; e, fatto partecipe della natura divina, non tornare con la sregolata condotta all’antica tua bassezza. Rammenta di quale corpo sei sembro e chi è il tuo capo. Ricordati che, strappato alla potenza delle tenebre, fosti trasportato nel regno della luce e che il santo Battesimo ti consacrò tempio dello Spirito Santo? » (S. LEONE, Serm. 21, sulla natività del Signore, c. 3). – Ora una sola cosa può farci perdere la grazia: il peccato mortale; odio dunque al peccato mortale e a tutte le sue occasioni! Abbiamo mai seriamente pensato a quanto è di criminoso e di insensato nel peccato mortale? Dio è il nostro primo principio, il nostro sommo padrone, un re pieno di dolcezza e di bontà che nulla ci comanda che non miri così alla nostra felicità come alla sua gloria; e noi ricusiamo di ubbidirgli e ci ribelliamo contro la sempre buona e santa sua volontà! Dio è nostro Padre e ci tratta non solo con premura paterna, ma colla tenerezza propria della più amorosa delle madri; ora col peccato noi disprezziamo il suo amore e i suoi doni, li voltiamo anzi contro di Lui e l’offendiamo nel momento stesso in cui ci colma dei suoi favori! Dio è il nostro Salvatore, che ci riscattò a prezzo delle più dure fatiche, dei più dolorosi tormenti, della più ignominiosa delle morti; e noi lo crocifiggiamo di nuovo! Infatti, come ben dice l’Olier (Catéchisme chrétien pour la vie intérieure, p. I, lez. 28), « la nostra avarizia inchioda la sua carità, la nostra ira la sua dolcezza, la nostra impazienza la sua pazienza, il nostro orgoglio la sua umiltà; e così coi nostri vizi noi afferriamo, leghiamo, facciamo a brani Gesù Cristo che abita in noi ». Offendendolo, commettiamo una specie di suicidio spirituale, perché perdiamo la grazia che è la vita dell’anima nostra; perdiamo le virtù e i doni che le fanno corteggio; che se, nell’infinita sua misericordia, Dio ci lascia ancora la fede e la speranza (posto che il nostro peccato non colpisca direttamente queste virtù) lo fa per poterci ispirare un salutare timore e preparar la nostra conversione. Perdiamo anche i meriti passati, accumulati con tanti sforzi; perdiamo perfino il potere di meritar la vita eterna. Ma soprattutto perdiamo Dio, Dio che è il bene infinito e la fonte di ogni bene; quel Dio che era la gioia dell’anima nostra; e mettiamo al suo posto il demonio che ci riduce in ischiavitù; perché « chiunque commette il peccato diventa schiavo del peccato » (S. Giov., VII, 34), schiavo delle sue passioni e delle cattive sue abitudini. Ah! si, il peccato mortale è veramente una pazzia, e si capisce il forte linguaggio dei santi: « Piuttosto morire che macchiarmi l’anima: potius mori quam fœdari ».Per essere più sicura di schivarlo, l’anima fervorosa fugge con la massima diligenza anche i peccati veniali deliberati, ossia quelli che si commettono vedendo chiaro di offendere Dio, sebbene in materia leggiera. Poiché, come dice santa Teresa, il commettere volontariamente uno di questi peccati è un dire implicitamente a Dio: « Signore, sebbene quest’azione vi dispiaccia, io la farò lo stesso. So bene che voi la vedete, so pure che non la volete, ma alla vostra volontà io preferisco il mio capriccio e la mia inclinazione ». È chiaro che una simile disposizione è molto deplorevole e serio ostacolo al nostro avanzamento Spirituale. – L’anima fervorosa si studia di evitare persino le imperfezioni volontarie, vale a dire le deliberate resistenze alle ispirazioni della grazia; perché queste resistenze dispiacciono a Dio e ci privano di numerosi aiuti. Ma il mezzo migliore per evitare le imperfezioni e i peccati veniali e per star lontani dal peccato mortale è di aumentar quotidianamente in noi la vita della grazia.

2° Aumentare quotidianamente la vita soprannaturale.

La grazia santificante è vita e quindi essenzialmente progressiva. Infatti, ogni vita. è moto; se cessa il moto vitale, sopravviene la morte; anzi il rallentamento di questo moto è già diminuzione di vita e avviamento alla morte. Ecco perché l’unico mezzo veramente efficace per conservar la vita soprannaturale è di studiarsi continuamente di aumentarla: chi non lo fa, cade nella tiepidezza, nel languore spirituale, nel rilassamento, e discende a grado a grado la china che conduce nell’abisso.

A) Or dunque in che modo aumentiamo in noi la vita soprannaturale? Corrispondendo a quelle grazie attuali che abbiamo sopra descritte, ossia facendo atti soprannaturali e meritorii. Questi atti non li facciamo da soli, ma in collaborazione con Dio: « Non io solo ho lavorato, dice san Paolo, ma la grazia di Dio con me » (I Cor. XV, 10). Di qui si spiega la mirabile fecondità di questi atti. Se operassimo da soli, i nostri atti sarebbero incapaci di meritare l’eterno possesso di Dio: ma opera in noi e con noi lo Spirito Santo e la sua virtù dà alle nostre azioni un valore proporzionato alla grandezza del fine da conseguire. Divinizzati nella nostra sostanza colla grazia abituale, divinizzati nelle nostre facoltà colle virtù soprannaturali, noi possiamo, sotto l’influsso della grazia attuale, fare atti soprannaturali, deiformi e meritori della vita eterna. – Sono atti certamente transitori mentre la gloria è eterna. Ma se, nell’ordine naturale, atti che non durano che un momento sono capaci di causare abitudini e stati psicologici duraturi. Non è meraviglia che Dio, nella somma sua bontà, abbia voluto che ognuno dei nostri atti soprannaturali, fatti in istato di grazia, meriti una ricompensa eterna. Quindi san Paolo, volendo consolare in mezzo alle loro tribolazioni i cari suoi discepoli, dichiara che: « la momentanea e leggera tribolazione nostra ci guadagna uno smisuratamente grande ed eterno peso di gloria? » (II Cor. IV, 17); e sul fine della vita, dopo aver lavorato sempre animoso e costante. sentendo di aver combattuto la buona battaglia, l’Apostolo aspetta con ferma speranza la corona di giustizia promessa da Dio ai suoi servi fedeli: « Ho combattuto il buon combattimento, ho finita la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi sta serbata la corona della giustizia che mi consegnerà il Signore in quel giorno, il giusto giudice; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno amato la sua ricomparsa! » (IITim. IV, 7, 8). È parola certo molto consolante, perché, senza far nulla di straordinario, puramente coll’adempiere i doveri del nostro stato per Dio e tollerare pazientemente per lui le fatiche e le pene, possiamo aumentare ad ogni istante il nostro capitale di grazia santificante e di gloria eterna!

B) Vediamo quindi quali sono le condizioni che aumentano il valore degli atti meritori e con essi il grado della vita soprannaturale. Sono tre le condizioni principali che intensificano i meriti di un’anima che è già in istato di grazia: l’unione con Nostro Signore, la purità d’intenzione, e il fervore con cui si opera.

a) La prima causa che intensifica i nostri meriti è il grado di intimità e di unione che abbiamo con Nostro Signore. Col Battesimo, come abbiamo già detto, noi siamo incorporati a Gesù Cristo; ora, essendo Gesù la fonte di tutti i nostri meriti, ne viene che tanto più meritiamo quanto più intimamente e più abitualmente, direi anche più attualmente, siamo uniti e incorporati a Lui. È ciò che volle inculcarci Gesù medesimo con quel bel paragone della vite, che esprime così bene le nostre relazioni con Lui: « Io sono la vite e voi i tralci… se uno rimane in me e io in lui, questi porta molto frutto? ». Uniti a Gesù come i tralci al ceppo della vite, riceviamo tanto maggior linfa divina quanto più abitualmente, più attualmente, più strettamente siamo uniti al ceppo divino. Ecco perché le anime fervorose, o che tali vogliono diventare, cercarono sempre un’unione ognor più intima con Nostro Signore. Ecco perché anche la Chiesa vuole che facciamo le nostre azioni per Lui, con Lui e in Lui: per Lui, per ipsum, perché  nessuno va al Padre senza passare per Lui; nemo venit al Patrem nisi per me » (Giov. XIV, 6); con Lui, cum ipso, operando con Lui, perché Gesù si degna di farsi nostro collaboratore; in Lui, in ipso, cioè nella sua virtù, nella sua forza, e specialmente nelle sue intenzioni, non avendone altre che le sue (È ciò che abbiamo esposto più sopra trattando della nostra incorporazione a Cristo? – Gesù vive allora in noi, ispira i nostri pensieri, i nostri desideri, le opere nostre, onde possiamo dire con san Paolo; « Vivo ma non più io, vive in me Cristo: Vivo autem iam non ego, vivit in me Christus » (Gal. II, 20). È chiaro che azioni fatte sottol’influsso e la vivificante virtù di Cristo e con la potente sua collaborazione hanno un valore incomparabilmente più grande che se fossero fatte da noi soli. Quindi in pratica studiamoci di unirci spesso, e specialmente al principio delle nostre azioni, a Nostro Signor Gesù Cristo e alle perfettissime sue intenzioni, pienamente consci della nostra incapacità a fare alcunché di bene da noi stessi, e con la ferma fiducia ch’Ei può rimediare alla nostra debolezza.

b) La purità d’intenzione o la perfezione del motivo che ci fa operare. Molti teologi dicono che, a riuscir meritorie, basta alle nostre azioni che siano ispirate da un motivo soprannaturale di timore, di speranza o di amore. Ma è certo che san Tommaso vuole che esse procedano almeno virtualmente dalla carità, in virtù di un atto di amor di Dio posto precedentemente e la cui efficacia perseveri. Osserva però il santo Dottore che questa condizione si avvera in tutti coloro che sono in istato di grazia e fanno un atto lecito (Quæst. disp. de Malo, q. 2, a, 5 ad 7). Infatti ogni atto buono si ricollega a una virtù; ora ogni virtù converge verso la carità, essendo la carità la regina che impera a tutte le virtù, come la volontà è la regina di tutte le facoltà. La carità, sempre attiva, dirige a Dio tutti i nostri atti buoni, e avviva informandole tutte le nostre virtù. Tuttavia, se vogliamo che i nostri atti acquistino il maggior merito possibile, occorre una purità di intenzione molto più perfetta e più attuale. L’intenzione è la cosa principale nei nostri atti: è l’occhio che li illumina e li dirige verso il loro fine; è l’anima che li avviva e li avvalora innanzi allo sguardo di Dio: « Se il tuo occhio è puro, dice Nostro Signore, tutto il tuo corpo sarà illuminato; ma se il tuo occhio è guasto, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre » (Matth. VI, 22-23). Che è come dire: se la tua intenzione, che è l’occhio della tua anima, è semplice e retta, anche il complesso delle tue azioni sarà meritorio.

Ora tre elementi conferiscono alle nostre intenzioni un valore speciale.

1) Essendo la carità la regina e la forma delle virtù, ogni atto ispirato dall’amore di Dio e del prossimo avrà molto maggior merito di quelli ispirati dal timore e dalla speranza. Conviene quindi che tutte le nostre azioni siano fatte per amore, perché così anche le più comuni, come i pasti e le ricreazioni, diventano atti di carità e partecipano al valore di questa virtù senza perdere il proprio: mangiare per ristorare le forze è motivo buono e in un Cristiano è anche meritorio; ma ristorare le forze colla mira di lavorar meglio per Dio e per le anime è motivo assai superiore di carità, che nobilita questo atto e gli conferisce un valore meritorio molto maggiore.

2) Poiché gli atti di virtù informati dalla carità non perdono il valore proprio; ne segue che un atto fatto contemporaneamente con più intensioni riesce più meritorio. Così un atto di ubbidienza ai superiori fatto per doppio motivo, cioè per rispetto alla loro autorità e nello stesso tempo per amor di Dio considerato nella loro persona, avrà il doppio merito dell’ubbidienza e della carità. A questo modo un medesimo atto può avere un valore triplo e quadruplo: detestando i miei peccati perché hanno offeso Dio, se io ho l’intenzione di praticare nello stesso tempo la penitenza, l’umiltà e l’amor di Dio, fo un atto triplicemente meritorio. È quindi utile il proporsi diverse intenzioni soprannaturali, ma bisogna evitare di cader nell’eccesso col cercare troppo affannosamente intenzioni molteplici; il che potrebbe portar turbamento nell’anima. Accogliere quelle che spontaneamente ci si presentano e subordinarle alla divina carità, ecco il mezzo più acconcio per accrescere i nostri meriti e conservare la pace interiore.

3) La volontà dell’uomo essendo labile e meschina, è necessario rendere spesso esplicite e attuali le nostre intenzioni soprannaturali; altrimenti potrebbe accadere che un atto, cominciato per Dio, continuasse poi sotto l’influsso della sensualità e dell’amor proprio e perdesse così una parte del suo valore; dico una parte, perché se, come ordinariamente avviene, queste nuove intenzioni non distruggono interamente l’intenzione primiera, l’atto rimane nel suo complesso soprannaturale e meritorio. Quando una nave, partendo per esempio da Brest, fa rotta per New York, non basta dirigerne la prora verso questa città una volta tanto, ma, poiché la marea, i venti e le correnti tendono a farla deviare, bisogna sempre ricondurla col timone verso la mèta. Lo stesso avviene della nostra volontà: non basta dirigerla una volta, e neppure ogni giorno, verso Dio, perché  le passioni umane e le influenze esterne la farebbero presto deviare dalla linea retta; bisogna, con un atto esplicito, ricondurla spesso verso Dio e verso la carità. Allora le nostre intenzioni restano costantemente soprannaturali, anzi perfette e molto meritorie, soprattutto se vi aggiungiamo il fervore.

c) L’intensità o il fervore con cui si opera. Si può infatti, anche facendo il bene, operar languidamente, con poco sforzo, oppure con vita, con tutta l’energia di cui si è capaci, applicando tutta la grazia attuale che ci viene concessa. È evidente che in questi due casi il risultato sarà molto diverso. Se si opera languidamente, non si acquistano che pochi meriti, e si può anche commettere qualche peccato veniale; che però non distrugge tutto il merito; se invece preghiamo, lavoriamo, ci sacrifichiamo con tutta l’anima, ognuna delle nostre azioni merita una considerevole quantità di grazia abituale. Senza entrar qui in questioni sottili ed incerte, si può dire con certezza che, rendendo Dio il centuplo di ciò che si fa per Lui, un’anima fervorosa acquista ogni giorno un numero assai rilevante di gradi di grazia e diventa così in poco tempo molto perfetta, secondo l’osservazione della Sapienza: « Perfezionatosi in breve, compì una lunga carriera: Consummatus in brevi, explevit tempora multa » (Sap. IV. 13). Che prezioso incoraggiamento ad essere fervorosi! e quanto conviene rinnovar spesso gli sforzi con energia e perseveranza nel breve corso della vita presente! – Anche la difficoltà dell’atto, quando non provenga da un’attuale imperfezione della volontà, accresce il merito, non per sé ma in quanto richiede maggiore amor di Dio e sforzo più grande e più continuo. Così, per esempio, il resistere a una tentazione violenta è più meritorio, a parità di condizioni, che resistere a una tentazione leggera; praticar la dolcezza per chi ha temperamento collerico ed è spesso provocato da chi gli sta attorno, è più difficile e quindi più meritorio che non mostrarsi mansueto per chi ha naturale  dolce e timido ed è attorniato da persone benevole. Non bisogna però concluderne che la facilità acquistata con molti atti di virtù diminuisca necessariamente il merito : questa facilità, quando uno se ne giovi per continuare e accrescere anzi lo sforzo soprannaturale, aiuta l’intensità o il fervore dell’atto e per questo verso aumenta il merito, conforme venne spiegato. Come un buon operaio, col perfezionarsi nel suo mestiere evita ogni spreco di tempo, di materiale, di forza, e ottiene maggior vantaggio con minor fatica, così anche il Cristiano che sa servirsi meglio dei mezzi di santificazione, evita sprechi di tempo e molti sforzi inutili e guadagna maggiori meriti con minor fatica. I santi, che colla lunga pratica delle virtù fanno più facilmente degli altri atti di umiltà, di ubbidienza, di religione, non vengono ad averne minor merito, poiché così praticano più agevolmente e più frequentemente l’amor di Dio: continuano del resto a fare sforzi e sacrifizi nelle circostanze in cui sono necessari. Diremo quindi che la difficoltà accresce il merito non in quanto è ostacolo da vincere ma in quanto eccita maggiore ardore e maggiore amore (Eymieu, Le Gouvernement de soî-méme, t. I. Introd p. 7-9)

CONCLUSIONE.

La conclusione che chiaramente ne viene è la necessità di santificare tutte e singole le nostre azioni, anche le più comuni. Possono, come già dicemmo, essere tutte meritorie, se le facciamo con intenzione soprannaturale, associandoci all’Operaio di Nazareth che, mentre lavorava nella sua bottega, meritava continuamente per noi. Che se le cose stanno veramente così, quali progressi spirituali non possiamo fare anche in un giorno solo! Dal primo svegliarsi del mattino fino al riposo della sera si possono contare a centinaia gli atti meritori di un’anima raccolta e generosa; perché non solo ogni azione, ma, quando un’azione dura, ogni sforzo per farla meglio, per esempio, per cacciar le distrazioni nella preghiera, per applicar la mente al lavoro, per schivare una parola poco caritatevole, per rendere al prossimo un piccolo servigio; ogni parola ispirata dalla carità; ogni buon pensiero di cui si tragga profitto; insomma tutti i moti interiori dell’anima liberamente diretti al bene, sono altrettanti atti meritori che fanno crescere Dio e la grazia nell’anima. – Si può quindi dire con tutta verità che non vi è mezzo più efficace, più pratico, più ovvio per tutti a santificarsi, che studiarsi di rendere soprannaturale ognuna delle proprie azioni; è mezzo che basta da solo ad innalzare in poco tempo un’anima ad alto grado di santità. Ogni atto è allora un seme di grazia, perché la fa germogliare e crescere nell’anima; e un seme di gloria, perché aumenta nello stesso tempo i diritti alla beatitudine celeste. – Il mezzo pratico poi per convertire tutti i nostri atti in meriti è di raccoglierci un momento prima di operare; di rinunciar positivamente a ogni intenzione naturale o cattiva; di unirci, di incorporarci a Nostro Signore, nostro modello e nostro capo, col sentimento della nostra impotenza; e di offrire per mezzo di Lui la nostra azione a Dio Per la gloria sua e per il bene delle anime. Così intesa, l’offerta spesso rinnovata delle nostre azioni è un atto di rinuncia, di umiltà, di amore di Nostro Signore, di amor di Dio e del prossimo; è un’accorciatoia per arrivare alla perfezione e per aumentare continuamente la nostra vita soprannaturale. – Tali sono i mezzi principali per corrispondere alla grazia e accrescere in noi quella partecipazione alla vita divina che è il più prezioso tesoro dell’anima nostra. Mettiamo dunque in pratica il consiglio di san Giovanni: « Chi è giusto diventi sempre più giusto, e chi è santo diventi sempre più santo (Apoc. XXII, 11).

LO SCUDO DELLA FEDE (206)

LO SCUDO DELLA FEDE (206)

LA VERITÀ CATTOLICA (IV)

Mons. ANTONIO MARIA BELASIO

Torino, Tip. E libr. Sales. 1878

ISTRUZIONE IV

Credo in Dio Padre onnipotente Creatore del Cielo e della terra

Io v’ho da spiegare le parole del credo: Onnipotente Creatore del Cielo e della terra.

Quest’oggi vi confesso che non trovo le espressioni da poter farvi intender bene tutto che vogliono dire. Studiai quel tanto che per mesi è potuto, per mostrarvi quanto deve esser grande l’Onnipotenza di Dio; ma mi parve di sentirmi a ripetere quel che fu detto a S. Agostino. Ascoltate il bel fatterello, che si racconta. S. Agostino passeggiava sulla spiaggia del mar d’Africa; e la vista di quel gran mare che si contemplava d’innanzi, pareva gli facesse capire qualche cosa della grandezza di Dio: e studiava le grandi parole, da poter manifestare agli altri ciò che egli sentiva nella sua gran mente. Eh! ma non trovava modo di dir tutto quello che avrebbe desiderato per spiegare l’onnipotenza di Dio. Quando vide un fanciullino che correva a pigliare con un piccol cucchiajo una gocciolina d’acqua del mare, e la versava in un bucherello scavato nella sabbia: e su e giù andava in questo travaglio tutto affannato. Il gran Padre ponendogli con gentil garbo la mano sulla bionda testolina … che fai, bambin mio, gli dice, in questo tuo lavorio? E il bimbo a lui: Padre, mi son fitto nella mia testina di pigliar col mio cucchiajo tutta quell’acqua del mare e farla star dentro nel mio bucherello. « Oh bambin mio, è impossibile, sai? » E il fanciullo, che doveva esser un angelo, gli risponde: « è tanto impossibile, che io possa far stare in questo bucherello tutta l’acqua del mare, quanto è impossibile che voi colla povera mente umana possiate intendere, e che possiate colla meschina parola di uomo spiegar tutta la grandezza di Dio. » Però la Chiesa ci fa dire una parola, che quanto più penserete, tanto più conoscerete che vorrebbe dir tutto, quando c’insegna a dire « io credo in Dio Padre Onnipotente, Creator del Cielo e della terra. » – Io poi per farvela comprendere alla meglio mi getterò ai piedi di Gesù Cristo nel Sacramento; e voi con me dite: « oh Gesù Cristo, dite voi quella parola secreta che fa intendere anche ai più umili vostri figliuoli le cose che non giungono a pezza ad intendere anche i più grandi dotti quando si studiano da loro soli. E voi, o Maria Santissima, buona Madre nostra, dite Voi a questi cari figliuoli, mettendole sul povero mio labbro, quelle vostre parole materne le quali fanno sentir dentro nell’anima, più che non si possa spiegare di fuori, quanto è grande l’onnipotenza di Dio. Voi intanto fatemi grazia di fissar bene in mente, che io ho da cercar di spiegarvi quanto è grande l’onnipotenza di Dio, il quale ha creato il Cielo e la terra. Ditelo adunque con me (si fan ripetere) Che io ho da cercare di spiegarvi in questa istruzione quanto è grande l’onnipotenza di Dio, ecc. ecc. La Chiesa, dopo d’averci detto di credere in Dio Padre, per farci un pò conoscere la grandezza del Padre nostro Iddio, c’insegna a dire che Dio Padre è l’ Onnipotente Creator del Cielo e della terra. Ci piglia, dirò così, tra le braccia, e ci dice: oh guardate intorno quanto sono grandi il cielo e la terra! ebbene Dio li creò colla sua parola. Adunque per poco di ragion che abbiamo dobbiamo bene capire, che debb’esser senza misura e senza fine la potenza di Dio che tutto creò. Per questo diciamo che è onnipotente Iddio Creator del cielo e della terra: onnipotente prima a pensar tutto; onnipontente a creare in ordine tutto. Ho detto onnipotente a pensar tutto. Difatti, se voi vedeste un molto bellissimo quadro, voi direste con ragione, che chi seppe pensar tutto, immaginar tutte quelle figure, studiar di metter insieme quei colori e incarnarli in quel bel disegno, era un gran pittore, d’ingegno potente. E se allora vi saltasse su uno stordito a dirvi, che non era bisogno che alcun pensasse; perché quei colori, i quali erano in prima buttati qua e là in mezzo alla terra lontani fra loro cento miglia, si trovarono impastati insieme, e così restò poi formato il gran bel quadro per caso, voi direste: « che di’ tu mai matto da catene? » Aspettate: diciamo onnipotente a creare in ordine tutto… Di fatto, se voi vedeste un grandissimo palazzo, una vera meraviglia del mondo, subito voi direste, che chi l’ha costruito era ben potente di danari e di forze per far tanto lavoro. Oh via! se vi saltasse uno scapato a dirvi: no che non era necessaria nessuna potenza di danari e di forze per far tutto quel meraviglioso edifizio; perché v’eran dei pezzi di terra i quali caddero per caso nel fuoco, e diventati mattoni belli e fatti, trabalzarono l’uno sopra dell’altro; e così si trovò fabbricato quel gran palazzo, voi direste, che il disgraziato ha perduto il lume dell’intelletto, e che non si può ragionare con chi ha perduta la testa. Ben la Chiesa adunque per incamminarci a ragionare da uomo c’insegna a dire « io credo in Dio Onnipotente Creator del Cielo e della terra. » Io poi vi pregherò, in prima, per farvi conoscere un poco come debb’essere onnipotente il Signore che tutto creò, di mettervi qui con me a considerare che cosa voglia dire creare, e come il creare sia diverso dal fare. Creare vuol dire cavare dal niente; cioè fare che una cosa la quale prima non era, cominci ad essere. Ora Dio solo colla sua onnipotenza può fare che le cose siano, quando non erano ancora. Pensate difatti, che noi, per far qualche cosa adopriamo sempre delle altre cose che erano già prima. La nostra massaja di casa ci fa il pane in famiglia; ma adopera la farina venuta dal frumento; il frumento è venuto dal campo; e il campo e l’acqua e l’aria da cui venne il frumento eran già stati creati da Dio. Se la donna nella madia non metteva niente, e poi sopra vi versava un bel niente, si fosse pure sbracciata a far d’impastare sbattendo le mani nel niente, voi aspettando il pane formato di niente, potreste morire di fame. Se chi volendo fabbricare una casa, fatta la scavazione per le fondamenta, vi mettesse dentro niente, e poi sovra niente, e ancora niente, vi resterebbe la voragine vuota, e non si farebbe mai niente. Dunque, il niente non è che il vuoto, la mancanza, è come la morte, quando v’è niente di vivo. Immaginatevi adunque quando non era ancora creato né cielo né terra; eravi proprio niente. Pensate: un vuoto senza fine! cupo silenzio! .. . tutto scuro scuro, Come la morte !… che orrore! … mette paura il pensarvi! Non era neppur un punto, un disegno del cielo … ; non era neppur un granellino di polvere nella terra. Or chi avrebbe mai pensato che potessero esser creati e cielo e terra? …– Dio solo onnipotente col suo pensiero immaginò il cielo, Dio immaginò la terra, li ordinò bene nella sua mente, poi disse coll’onnipotente sua parola : Cielo …. terra siate creati …. Oh grande Iddio!… eravi niente, e cielo e terra furon creati dalla sua volontà onnipotente! … – Se non era l’onnipotenza di Dio, vorrei un pò mi si dicesse quale sarebbe stato l’architetto, che disegnasse, che fabbricasse il Cielo, che collocasse così bene le stelle, e in alto il sole. Era niente! … E quale sarebbe stato quel geologo (sì chiama geologo chi cerca studiare la terra), che componesse la terra, che tirasse su le montagne, e fermasse le pianure? Eravì niente!… E quale sarebbe stato il chimico, che pestando nel suo mortaio avrebbe composto e versato dentro in quegli sterminati abissi le acque del mare,  dico, composte da lui, mettendo insieme niente?… Eh! che è tanto impossibile, che nessuna potenza, la quale non sia l’onnipotenza di Dio, potesse creare il cielo e la terra; che tutte le menti degli uomini, tutte le potenze dei re, tutti i dotti del mondo non arriveranno mai, non solo a creare una fogliolina, un granellino di sabbia, ma neppure potranno mai solamente pensare, che un granellino di sabbia il quale prima non era, cominci ad essere. Voi vedete, o fratelli, che un granellino di sabbia è pur poca cosa, è così presso al nulla, che noi diciamo: la è una cosa da niente. Eppure, dal niente a quel po’ di granellino vi è una distanza infinita; ed è cosa da far disperare la mente il pensare, come un granellino di sabbia abbia potuto esser creato, quando era niente. Diam dunque gloria a Dio col ripetere: « io credo in Dio onnipotente che creò il cielo e la terra.» Ora che avete considerato come solo l’onnipotenza di Dio può creare anche la più piccola cosa, ci metteremo qui a considerare, per quanto possiamo conoscere, che è grande l’onnipotenza di Dio nel creare il cielo e la terra. – Cominceremo ad osservare la terra, perché è più vicina a noi, e possiamo delle cose della terra farci scala a contemplare le grandissime cose del cielo. Cominceremo a parlare di questo nostro mondo. Ascoltate. Quando noi diciamo che è tanto grande il mondo, noi intendiamo parlare di questo mondo nostro, la terra. Oh oh! ma sappiam noi forse quanto è grande la terra? È vero che fino i nostri contadini vanno in America; ma pur tutti di questo mondo conosciamo ben poca cosa. Per aiutarvi a pensare quanto sia grande il mondo della nostra terra, immaginatevi quanto. è lungo un miglio; poi aggiungetevi dieci miglia; poi appresso pensate di correre col pensiero per cento e mille miglia; e ancor più in là fino a venti mila miglia. Ebbene è ancor più lungo il giro intorno alla terra. Ora pensate di vogar colla mente rapida come i vapori, che volano prestissimo, eppur metterebbero un mese a far questo giro; e quando voi avreste coll’immaginazione fatto un giro intorno alla terra, avete da pensare che potreste far mille e mille giri, gli uni appresso gli altri in tutte le parti intorno del mondo (i meridiani). Or, se sapeste poi in questi giri quante s’incontrano sterminate catene di montagne, quanti grandissimi deserti! i mari poi sono così grandi, che non possiam neppur pensarvici. Quante nazioni, quanti regni si attraverserebbero, quanti popoli s’incontrerebbero, e poi quanti paesì, quante città, quante piante e animali!… Ah son tante le cose, che la nostra povera mente si confonde, e noi dobbiam dire come fuori di noi: « io credo che Dio è onnipotente, perché  ha potuto creare la terra con tutte le cose sue. » – Creata la terra, pensate poi che non v’eran né erbe, né piante, né animali. Oh qui sì che abbiamo un bel campo da poter conoscere alcun che della onnipotenza di Dio, nello apprendere che di piante creò tante qualità, e in tanto numero, e che le fa crescere e le mantiene tutte! Ho detto di tante qualità, in tanto numero. Contate un po’; se lo potete, le erbe di un solo prato? Vedete: ve ne sono tante, che in un sol metro di estensione se ne contano mille e mille; e i botanici, che son coloro, che cercano di studiarne le varie qualità e contarle, dopo mille anni di studio, uomini di gran talento davvero, restano confusi, e son costretti di dire che non conoscono ancora che una piccolissima parte di piante. Ora è Dio Creatore che ha tratto dal nulla tutte le qualità delle piante, che a ciascuna pianta, ad una ad una tira su il gambo, dà le fibre per sostenersi, fa tanti nervi, e costole, fin le vene e le gole per respirare, e nelle radici e foglie tante piccole bocche per assorbirsi su gli alimenti. Dio solo le mantiene, sicché non si rompano i loro organi e le strutture. E dovete sapere che ve ne ha tantissime così piccine, che mille di loro starebbero sopra un granello di sabbia, come mille alberi sopra una grande montagna. Quando voi vedete l’acqua ferma, o il vostro muro pigliar il color verdognolo, se aveste a guardare con un cannocchiale da discernere le cose più minute (microscopio), vi vedreste tanti boschi di piantoline, cui Dio veste di fogliette, le quali dan quel verdolino. Dio si piglia cura di loro e dei lor bottoncini, forma loro i fiori e i granelli, da cui fa spuntare piante novelle. Ora pensate che eravi niente, neppur una di tanti milioni e milioni senza numero di piante; ma Dio onnipotente disse: « piante, in tutte le qualità, siate create, e state; e le piante sono create e stanno; sostenute dalla mano di Dio: sicché noi dobbiam dire rapiti in estasi: io credo in Dio Padre onnipotente! » – Ma ora io devo dirvi ancora meraviglie maggiori degli animali. Ma prima discorriamola un po’ tra noi: e chi poteva immaginarsi che cosa fossero gli animali, e crearne tanti? Perocché avete da sapere che vi sono miglia e miglia di terreno che non sono vera terra, ma tutto è un composto di corpiccioli, d’animaletti morti (infusorii). Sicché in un sol metro di quel terriccio ve ne sono tanti milioni da non si potere contarli;  e sono così piccolini, che mille di quelli girerebbero sulla punta di un’agucchia da cucire, come mille soldati sul campo dei loro esercizi. Ora, e chi dà ad uno ad uno di loro la forza di muoversi con tanta delicatezza, da non s’imbrogliare e rompersi i minutissimi nervi, e le vene sottili come il fiato E chi dà poi la forza alla tigre, al leone e all’elefante, il quale porta una torre di legno sulla schiena? Chi dà la forza alla balena, che colla coda sbatte l’onda del mare come la tempesta? È Dio onnipotente che dà la forza a tutto. Aspettate; poiché avete da pensare che Dio non creò le cose e non le lasciò lì ad agitarsi da se stesse quasi n’andasse via. « Non creavit et abiit, » dice s. Agostino; ma tutte le creature esistono, si muovono e stanno come sono, perché Dio le sostien colla sua forza. Lo insegna eziandio s. Paolo, sicché tutte le forze sono da Dio, e le forze delle piante per poter vegetare e crescere, e le forze degli animali per muoversi e sentire. Raccogliamoci in noi medesimi e diciamo: è Dio che dà la forza all’anima nostra di spingere i nostri pensieri, qui, là, fin alle stelle degli altissimi cieli. Mettiamo…. mettiam la mano sul cuore sentite il cuor che batte? Ebbene, è la mano di Dio che ci fa battere il cuore. Ma per spingere il sangue in tante migliaia e migliaia di vene e di venuzze, in tanti modi intralciate per tutte le parti del nostro corpo, ci vuole una forza che spaventa, se ci pensiamo! Eppure, tenuti fermi dalla mano di Dio, non si rompono quei fili, che sono così delicati, così sottili che la mente vostra non può pensarvi sopra. È dunque qui la forza di Dio. Fermatevi un poco a meditare la forza con cui respiriamo, camminiamo, facciamo tutto. Fabbrichiamo le case? è di Dio la forza delle leve, con cui facciam montar su i sassi sulle cupole fin tra le nubi: di Dio la forza, che gli uomini adoprano in tutte le macchine, e in quella segnatamente del vapore con cui si fanno volare milioni di navi e di vagoni. Allarghiamo il pensiero dintorno. Di Dio è la forza dei cannoni e della polvere che spezza i macigni con le mine, di Dio la forza dei venti che sferzano gli alberi più robusti; di Dio la forza del mare che spinge le onde come montagne verso il cielo. Deh, per poco che pensiamo a questo numero di forze che fanno così svariati movimenti, dovremo esclamare con filosofo Aristotile: quanto debbe essere grande il motore che dà movimento a tutto! Noi poi grideremo atterriti adorando: « è Dio onnipotente creatore del cielo e della terra. » Appunto voi vedete che finora io non v’ho parlato che della terra: ma la madre Chiesa in questa dottrina vuol che io vi pigli per mano come l’Angelo pigliò per mano Abramo menandolo fuori della tenda; e che come a lui, io vi dica : su, su guardate il cielo, e contate le stelle del firmamento se lo potete. Ve’, subito a prima vista se ne contano ben più di cinque mila. Se poi guardiamo nel cielo con quei grandi cannocchiali che sono i telescopii, di quelle stelle, che son grandi mondi, sì vedono sempre di più a migliaia che si moltiplicano e si sprofondano negli altissimi cieli! Guardate solo quella striscia, che par di nebbia, la quale voi chiamate la strada di s. Giacomo, e i dotti più ridicoli chiamano la via lattea, ebbene quei punti in quella striscia di nebbia ,sono tanti soli che fan girare tanti mondi intorno, come il nostro sole è uno di quei punti di nebbia che fa girare intorno a se stesso, egli solo, un centinaio di mondi dei quali ve ne ha di più grandi del mondo nostro. Sicché sarebbe più facile contare i granellini di polvere che s’innalzano in un polverio di una camera, che non contare i mondi che girano nello spazio immenso del cielo. Tanto è vero che il più gran dotto in questi studi del nostro tempo, l’Humbold, ebbe coraggio di dire (nel Cosmos) che forse vi sono tanti mondi nel cielo, quanti vi sono granelli di sabbia sulla terra! Io non posso andar più in là, perché il povero pensiero si perde, e dà indietro spaventato da queste ultime parole della scienza. – Ah se sapeste poi come sono grandi quelle stelle! Ma adagio, mi direte voi: e chi le può misurare? Vi risponderò qui che stiate pur certi che si misurano così esattamente, che si può assicurare che il tal dì, alla tal ora, in quel minuto preciso ha da venire un ecclissi, e che ha da durare solo tanti minuti, perché la luna o il tal pianeta sono grandi esattamente così, e girano con tanto di velocità che per passar davanti al sole, debbono impiegare il tempo di tante battute di polso. E l’ecclisse viene nell’istante preciso, e quel pianeta passa via veloce proprio, come diciam noi. Il che tutto prova che noi misuriamo sicuri la grandezza dei pianeti e del sole, e le miglia che percorrono. – Però vi avverto che queste della grandezza delle stelle e del sole, non sono verità di Fede, ma sono verità di fatto che ci insegna la scienza. La Fede però ci insegna che i cieli sono così grandi che danno gloria a Dio colla loro grandezza, ed esaltano la magnificenza dell’onnipotenza di Dio. Onde la Chiesa è contenta assai assai che i suoi figliuoli li studino coll’aiuto di quella disciplina, ch’è l’astronomia. Sicché è bene che io vi dica di certa scienza quanto sono grandi quei mondi del cielo, perché è bene che anche i più umili conoscano la grandezza del nostro Padre Celeste Creatore onnipotente. Ebbene, per parlarvi in modo particolare del sole, vi dirò essere certo, che il sole è più grande della nostra terra un milione, cioé mille migliaia, e trecento ottanta sei mille volte. Oh oh! Figuratevi di vedere cento mondi così sterminati come il mondo nostro. Cento mondi? E chi può solo pensarvi?….. E poi mille mondi!….. Ma si perde il pensiero pur solamente ad immaginarli!…. Eppure avanti, avanti: immaginatevi poi un milione cioè mille mila, e quasi quattro cento mila mondi! Ebbene il sole è tante volte così più grande della terra; di modo che, se il sole fosse vuoto, il nostro gran mondo, la terra, con tutte le sue montagne, tutti i mari e regni suoi starebbe dentro nel sole come un pomo, una noce, un granello di frumento starebbe dentro di questa. Chiesa…. E pensate che vi sono delle stelle, le quali pare proprio sieno quaranta milioni di volte sono più grandi della terra. Oh…! – Deh, deh! Figliuoli, non andiamo più in là; perché la nostra mente si smarrisce e dà indietro spaventata al pencare a tanta grandezza! Solamente vorrei dirvi di farvi coraggio, e di sollevarvi coll’animo in mezzo a quei mondi che per noi sorpassano ogni misura. Pensiamo un po’: da quei grandi astri quanto, a guardarlo, debba comparir grande il nostro mondo in mezzo a loro? Cerchiamo adunque dove sarà la mostra terra. … Essa, vedete, debbe comparire come un granellino di polvere che nuota quasi perduto nello spazio del firmamento . . . La nostra terra, a vederla, così dall’alto, comparirà grossa come un di quei granellini di polvere che scorgete muoversi in una stanza, quando l’attraversa un raggio di sole. Ora cerchiamo un po’ su quel granellino di polvere quale spazio occuperanno e quanto dovranno comparire grandi l’Europa, l’Asia, l’Affrica, le Americhe, l’Oceania! Ah sono cose così minute, che non si possono neppur distinguere! Aguzzate il pensiero, e lo sguardo, per vedere su quel granellino quanto debbano comparire grandi e la Russia, che proprio oggi tien in paura tutti i regni d’Europa; e la Inghilterra, la regina dei mari coi mille suoi bastimenti; e la Prussia, che mangiò tanti stati in Germania; e la Francia, che si dice sempre la grande nazione; e la Spagna colle ricchezze passate e la miseria delle presenti rivoluzioni; e l’Italia nostra con tutte le sue glorie! Via via …; che la Russia, 1’Inghilterra, la Prussia, la Francia, la Spagna e l’Italia sono cose così minute, che non si possono neppur pensare! Ora poi mi dite come dovranno comparire grandi le città, e i paesi nostri così popolati? Ma che? Sono cose da nulla! Ma e i nostri campi e i nostri palazzi? Eh! che le sono cose così da niente, che fa ridere il pensare ad esse… Oh! E poi, e poi quanto saranno grandi queste orgogliose nostre personcine!…. Ah!… cadiamo profondati nel nulla delle nostre miserie; gridiamo atterriti: Oh Grande!… Oh Grande che io non ardisco più nominare!… I cieli raccontano le vostre meraviglie — Cœli enarrant gloriam Dei!… Ora solleviamo tremando il pensiero a Dio Onnipotente che siede nel trono della sua eternità! E come noi, se col dito in un vaso di acque quiete facciamo un giro, mettiamo in movimento un po’ d’acqua d’intorno in piccol vortice; così Dio col dito della sua onnipotenza nel mare immobile della eternità fece un movimento piccolo per Lui, e creò il vortice del tempo che va e va…….; e i secolie i mille anni passan via davanti a Dio come un sol giorno; e via via passan girando i mondi, e con essi passano via le creature tutte, come noi, quasi non fossero!… Pensate a Dio quando disse la sua Parola onnipotente: Mondi del firmamento, siate creati! e gettò come una gran manata di polverei mondi a girare nello spazio dei cieli. Egli li chiama ciascun per nome: e se li muta d’intorno come si mutano le vestimenta; e quando gli piacesse gridare: mondi dell’universo, tornate al nulla, i mondi ululerebbero nel cader in rovina: « non siamo più »…; ed Egli spazzerebbe le rovine dei milioni dimondi come polvere dallo scabello dei suoi piedi. Intanto se i mondi stanno con tutte le creature, in esse è Dio che li sostiene colla sua onnipotenza; è Lui che li fa andare attorno con tanta rapidità, che questa piccola nostra terra, per aver il sole tutto d’intorno in ventiquattro ore, gira quattordici volte più rapidamente che non farebbe una palla di cannone quando esce da quella bocca infuocata! E Dio li tien tutti inordine perché non urtino in tremendo soqquadro! E noi grideremo: « Io credo in Dio onnipotente, Creatore del ciel e della terra. » Qui esclamerò con Galileo:« e di questi mondi che si muovono così rapidamente,qual è il punto d’appoggio da cui viene il lor movimento?… Egli è Dio, Dio Onnipotente. » Sclamerò con Newton che scoprì le leggi dei movimenti delle stelle: « Oh! mondi tutti dell’universo di grandezza così sterminata, voi andate roteando con rapidità che ci spaventa: se la luna gira proprio intorno alla terra come al suo centro, se la terra colla sua luna gira proprio, come cento altri mondi, intorno al sole siccome al loro centro; se il sole nostro al paro di altri milioni di soli girano anch’essi… quale sarà, quale il gran Sole, il gran Centro?…Ah, ah! il gran Centro quale, qual è? E l’onnipotenza di Dio. » Sclamerò con Linneo uno dei più grandi dotti del mondo:« gettai lo sguardo sopra la terra, seguii le tracce delleoperazioni di Dio tra le creature; ho osservato le forze che vengon da Dio, la sua sapienza in tutte le cose più piccole: ho osservato il sole, le stelle, immensi, incalcolabili nelle loro grandezze, che si movononello spazio sospeso nel vuoto; vidi che tutti gravitano gli uni sugli altri, tutti sono mossi dalla volontà, dalla mano di un gran Motore incomprensibile, dall’Essere degli esseri, dalla Causa delle cause, dalla Guida, dal Conservatore, dall’Artefice di tutto l’universo, e conchiuderò che il mondo è il santuario profondo della Maestà di Dio. « E noi tremanti nasconderemo le nostre persone in seno alla Madre Chiesa, e diremo con essa: « sì! io credo che Dio è l’onnipotente Creator del cielo e della terra

(Il Belasio ha lavorato digran fantasia, seguendo la falsa scienza umana ingannatrice – Galileo, Newton… – e dimenticando di aprire la Bibbia ed i testi sacri che dicono esattamente l’opposto delle sue funamboliche descrizioni, animato dalla foga oratoria, in realtà dimostratasi pura eresia antibiblica, che dichiara errata la descrizione biblica e mendace la rivelazione divina dei sacri libri … l’Antico e Nuovo Testamento  … scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo … « Dio infatti è l’autore dell’uno e dell’altro … » – Conc. Trid. Sess. IV, dec. I. In particolare il Belasio cancella, con le sue fiabesche fantasie, tutta la descrizione della Creazione in Genesi, dimenticando che la terra e la vegetazione furono creati il terzo giorno, mentre solo al quarto giorno, Dio pose in cielo i “luminari del giorno e della notte”, cioè il sole, la luna e le stelle … Il Belasio crede alla falsa scienza esoterico-massonica, non alla rivelazione biblica, base della Religione cattolica!! Orrore! Orrore! Mancavano solo gli extraterrestri! E meno male che sul libro c’è l’imprimatur… di altri miscredenti pseudocattolici infiltrati! – ndr. -). Ora sapete, o figliuoli, perché vi ho detto queste grandi cose nella odierna dottrina? È per due ragioni. La prima per farvi intendere che quanto più gli uomini dotti di buon conto studiano, conoscono sempre più quanto sono vere le alte cose che insegna la Chiesa… Vedete un po’ che consolazione! come la Chiesa fa dire fino ai bambini tutte queste grandi verità con una sola parola « credo Dio onnipotente!…. » Nessun dotto non può dire di più. – La seconda ragione è che io, avendo un poco studiato per insegnare le più belle cose a voi, ho il cuor troppo pieno, e sento il bisogno di sfogarmi con voi, cari figliuoli del nostro gran Padre celeste. – Per ispiegarmi meglio racconterovvi un bel fatto. L’abbate Siccard, istruito ch’ebbe per bene il giovine sordo-muto Massieu, lo menò sulla specola, altissima torre a Parigi, da cui col più gran telescopio si contemplano avvicinati il sole e le stelle. Al vedere quelle grandezze di mondi, Massieu dà indietro come spaventato ….; anela, anela, e dimanda a segni; Chi, chi ha mai fatto quei mondi sterminati?  Il buon prete che lo aspettava a quel punto « Iddio, esclama, il quale creò tutti colla sua onnipotenza, ed è qui presente e ci porta in braccio. » Massieu tremò tutto della persona…… e si slanciò come fuori di sé per correr via, gridando a sua possa coi segni, per dire: lasciatemi andare a dire alla mia mamma che vi è un Dio così grande, onnipotente… Allora il buon prete: « ah mio caro figlio, per grazia di Dio, tua madre lo sa, perché il parroco spiega nella dottrina che Dio è onnipotente Creator del Cielo e della terra. » —.Ebbene anche io per voi, o figliuoli, lasciatemi, ora voglio dire: « Grande Iddio, io vi ringrazio, di averci fatto conoscere così grandi cose della vostra grandezza, che io ho voluto adesso spiegare anche ai più piccini, perché anche essi sono figliuoli di Voi Padre Celeste onnipotente! » – Però dopo di avervi detto tutto questo, non crediate già ch’io pretenda di avervi dimostrato quanto è grande l’onnipotenza di Dio. Io ho fatto come chi, pigliato un ago sottilissimo acuto acuto tra le dita, e bagnatolo nel mare, mostrasse quel piccolo ago con un gocciolina d’acqua in sulla punta così minuta da non si poter vedere, e dicesse: questa gocciolina d’acqua tanto minuta vi fa intendere come sia grande tutto il mare…. Oh no! che io non dico bene ancora: perché almeno quel gocciolino, sia pur piccolo, è un piccolo principio della grandezza del mare; e, sia poi pur grande il mare, a furia di goccioline si formerebbe poi la sua grandezza. Ma tutte le grandezze immaginate, dice s. Tommaso, moltiplicatele pur colla mente, non danno il principio della grandezza di Dio; poiché tutte quelle grandezze avrebbero poi tutte il loro fine: laddove Dio è immenso, infinito. – Oh quanto ha fatto bene la Chiesa nostra madre, di farci dire prima nel Credo, che Dio è Padre, e poi coprirci colla Croce di Gesù, e farci dire sotto le sue piaghe che Dio è Padre, Figliuolo e Spirito Santo! Gettiamoci così in braccio a Lui Creatore nostro Padre; al Salvator nostro suo Figlio in seno al suo Amore Spirito Santo, e avendo un poco conosciuto che Dio è così grande, che paradiso sarà per noi l’esser sommersi eternamente beati in Dio! Facciamo, adorando nel subisso della nostra miseria, e io mi fermo con voi a fare un po’ di:

Esame.

1. Oh poveri noi! come abbiamo finora pensato a Dio? rispettato, adorato Dio?…..

2. Forse nelle nostre orazioni? Mi spavento ancora di più, se io penso al modo indegno con coi trattiamo con Dio, quando parliamo con Lui nelle orazioni! Non tratteremmo villanamente così, come trattiamo con Dio, con una persona del mondo per poco onorata!

3. Noi sì, viviamo, ci muoviamo, esistiamo sostenuti da Dio. Oh che vergogna, e non gli diciamo mai una parola in tutto il santo dì! Non val tanto Iddio che non gli diamo mai un pensiero, mentre ci pigliamo tanta cura delle cose che valgono nulla?

Pratica.

.1. Pensiamo! pensiamo! Siamo alla presenza dell’Altissimo Iddio! Tristi a noi! Diremo che non lo vediamo? Ma si’ che lo vediamo sotto il velo delle cose create: vediamo che muove il sole, la terra, le piante e gli animali: sentiamo che colla sua mano ci fa battere il cuore per contare col palpito del nostro cuore i minuti della vita in cui dobbiamo prepararci al suo giudizio! – Ma via; sebbene noi non lo vediamo Iddio con questi occhi di carne, che importa? Anche un povero cieco non vedrebbe il re se fosse nella sua gran sala assiso sul trono; ciò non di meno se un buon uomo lo toccasse del gomito per dirgli all’orecchio: povero orbo , oh… il re ti guarda addosso, sai! … sta ben in contegno; perchè se l’offendi per poco, ti fa saltar giù dalle spalle la testa! vel dico io, come starebbe lì in gran rispetto, e gli parrebbe di sentir l’alito della maestà reale; anzi si sentirebbe come oppresso! E qualcuno di noi commette certi peccati in braccio a Dio, getta l’immondezza; il vitupero in seno a Dio!… Oh Dio, oh Dio onnipotente, chi ci nasconde, chi ci salva, se dappertutto siete Voi, e m’aspettate al vostro giudizio? Ahi, che cado in mano alla terribil vostra giustizia! E orrenda cosa! … Dio ci vede! Dio è qui! Rispettate, rispettate Dio!

2. Eppure sentiamo vili cialtroni aver sempre per bocca il Santo Nome di Dio… Udite: Keplero che fu uno dei più grandi nomini del mondo, quando nominava il Santo nome di Dio levavasi in piedi in mezzo ai grandi uomini che l’ascoltavano con umiltà: scoprivasi il capo, e, colle mani giunte, s’inchinava adorando il Santo Nome di Dio, che i più tristi uomini menano per la bocca pieni di bava come cani arrabbiati.

Faremo un po’ di catechismo.

Catechismo.

D. Perché diciamo che Dio è Creatore onnipotente del cielo e della terra?

R. Perché creò il cielo e la terra, e tutte le cose che in esse si contengono.

D. Ma che cosa vuol dire creare?

R. Creare vuol dire cavar dal nulla, fare cioè che una cosa, che prima non era, cominci ad essere.

D. Ma come ha potuto Dio creare il cielo e la terra dal nulla?

R. Dio quando volle creare il mondo lo creò colla sua parola onnipotente. Ecco perché diciamo che Dio è onnipotente Creatore del cielo e della terra.

Andiamo alle nostre case; ma diciamo sempre adorando in santo timore: Oh quanto siete grande Dio onnipotente Creatore del cielo e della terra.