IL SACRO TRIDUO (2) IL VENERDI’ SANTO (2022)

IL SACRO TRIDUO (2)

il VENERDI’

( P. PIO PARSCH O.S.A.: L’ANNO LITURGICO – VOL. III – IV Ed. Soc. Ed. VITA E PENSIERO, MILANO, 1949

VENERDI’ SANTO

STAZIONE A S. CROCE IN GERUSALEMME

(doppio di I classe)

Per. il legno della Croce venne la gioia nel mondo

PARASCEVE, GIORNO DI PREPARAZIONE.

– Noi lo diciamo Venerdì santo; è il gran giorno di lutto della cristianità. È l’unico giorno nella liturgia romana, nel quale non si celebra la Messa poiché in questo giorno l’eterno Pontefice diede se stesso in olocausto cruento sull’altare della croce. Le due Antifone ci trasportano sul Calvario: « E gli posero sopra la testa una scritta col motivo della sua condanna: Gesù di Nazareth Re dei Giudei » (Antifona Ben.).

« Preso che ebbe l’aceto disse: Tutto è compiuto! E chinato il capo, rese lo spirito » (Antif. Magnificat)

I. LE SACRE FUNZIONI DEL MATTINO.

– La chiesa stazionale è oggi l’antichissimo santuario di S. Croce in Gerusalemme, dove sono conservate anche le reliquie della santa croce, che oggi per noi rappresenta il Calvario. Entriamo: la Chiesa è deserta, spoglia di ogni ornamento; il tabernacolo è aperto e vuoto. Sull’altare c’è una croce velata di nero, tutto è espressione del cordoglio della nostra anima. La funzione comincia, non c’è Introito, non candele accese sull’altare, silenzio profondo; (oggi la Chiesa accentua il linguaggio dei suoi simboli). I sacerdoti si presentano in paramenti neri e si buttano in ginocchio ai gradini dell’altare. Questo loro atteggiamento è la espressione della desolazione dell’umanità prima della redenzione. La funzione è antichissima e si divide in tre parti.

La prima parte è una Messa dei catecumeni, un vero e venerando ricordo della Messa dei catecumeni quale si celebrava nell’antica liturgia. La seconda parte è l’adorazione della croce, il punto saliente del giorno; la terza è la Comunione. Il popolo la chiama: « Messa secca »; la liturgia : « Missa prœsantificatorum » la Messa delle offerte già consacrate, (presantificate) poiché l’ostia fu consacrata la vigilia.

a) La Messa dei catecumeni. La funzione del mattino ha inizio con una delle più antiche Messe dei catecumeni quale si celebrava nei primi quattro secoli. Non c’era ancora l’Introito; i sacerdoti si prostravano in silenzio sui gradini dell’altare. Le letture erano tre; tra l’una e l’altra venivano cantati, quali Responsori, salmi interi. Seguiva la predica e poi venivano le preghiere per tutti i bisogni dei Cristiani. La prima parte della liturgia del Venerdì santo ci ha conservato questa venerata pratica antica e noi dovremmo recitare con tutto il rispetto queste preghiere che sono le stesse che si recitavano nelle Catacombe.

La prima lettura del profeta Osea (Os., VI, 1-6) deve suscitare in noi un dolore profondo e un sincero pentimento. Vi sentiamo già l’annunzio della Pasqua: « Fra due giorni ci sarà data una nuova vita; al terzo risorgeremo ». Segue il Tratto tolto dal profeta Abacuc (Abac. III): « Signore, udii il tuo messaggio e ne ho timore; considerai le tue opere e ne sono atterrito. Ti manifesterai fra due animali ». Inorridendo, il profeta vede il Signore crocifisso fra due ladroni. La seconda lettura ci dà il commovente simbolo dell’agnello (Ex. XII, 1-11), oggi il simbolo è realtà, il vero Agnello pasquale, Cristo, viene immolato! Non è a caso che Cristo compie il suo sacrificio proprio nel giorno della festa pasquale dei Giudei. Alle 3, nel momento in cui nel tempio si scannavano gli agnelli, il Signore esalava l’anima sua! Il salmo che segue descrive il tradimento di Giuda e la passione di Gesù. Dopo il simbolo assistiamo al compiersi della realtà. Si canta la storia della Passione. Ed è l’Apostolo prediletto, S. Giovanni, che ce la narra (Joan. XVIII, 1-40; XIX, 1-42). L’Apostolo S. Giovanni stette con la Madre di Gesù sotto la croce, testimonio oculare dei grandi avvenimenti. Mentre gli altri evangelisti ci descrivono la parte umana della Passione, S. Giovanni ci mostra il Salvatore sofferente quale Dio e Re. La sua descrizione ha qualche cosa di assolutamente poderoso: Il Re sul trono della Croce! Il Passio è anche oggi cantato, quand’è possibile, da tre sacerdoti o da tre diaconi (seguiamolo rispettosamente).

Tre voci sono giunte al nostro orecchio: la parola del Profeta, quella della Legge, e quella del Vangelo. Ora sentiamo le preghiere antichissime per ogni stato della umanità. Queste preghiere sono proprio al loro posto oggi, in cui Cristo è « elevato » e « chiama tutti a sè ». Gesù, novello Adamo, dorme il sonno della morte e dal costato esce le seconda Eva, la Chiesa. – Preghiamo dunque in primo luogo per la Chiesa, sposa di Cristo; poi ricorderemo tutti gli uomini, anche quelli che sono fuori della Chiesa, gli eretici, e gli scismatici. Ad ogni preghiera sacerdoti e popolo si inginocchiano alla esortazione del diacono: Flectamus genua (pieghiamo le ginocchia) e sorgono all’invito del diacono: Levate! (alzatevi!). Solo alla preghiera per i perfidi Giudei si tralascia la genuflessione, poiché essi in questo giorno sacrilegamente si inginocchiano davanti a Gesù per deriderlo. – Si prega per la Chiesa, per il Papa, capo della Chiesa, per i diversi ordini di sacerdoti e di laici, per i catecumeni, per tutti i bisogni spirituali e temporali del mondo intero, per gli scismatici e gli eretici, per i Giudei e infine per i pagani. E con ciò si chiude la prima parte delle cerimonie del mattino.

b) L’adorazione della Croce. Forma il punto culminante della giornata, la venerazione della croce, strumento della nostra salvezza. Anche questa cerimonia è di uso antichissimo ed ebbe origine a Gerusalemme, dove si venerava e si baciava il vero legno della croce. Il sacerdote, deposta la pianeta, si mette dalla parte dell’Epistola e si accinge allo scoprimento della croce. Nei giorni della Passione, la croce era venerata appunto perché oggi la Chiesa potesse solennemente scoprirla e scuotere così le nostre anime. – Il diacono scopre l’immagine del Crocifisso in tre tempi; perciò si canta in tre toni sempre più alti: « Ecco il legno della croce sul quale è morto il Salvatore del mondo ». Il popolo si prostra adorando e ripete: « Venite, adoriamo ». La croce viene deposta sopra un cuscino sui gradini dell’altare. I sacerdoti si levano le scarpe e si avvicinano, dopo tre genuflessioni, a baciare le ferite del Crocifisso per onorare così il Salvatore e il segno della nostra redenzione. Anche il popolo si avvicina e bacia la croce. Siamo ora al momento più solenne del Venerdì santo. Cristiano, adora il tuo Redentore coperto di sangue e nel tuo bacio rinnovagli l’offerta di tutto te stesso! Durante l’adorazione della croce il coro eseguisce un canto impressionante. Sono i così detti Improperi, lamentazioni e rimproveri, che Gesù rivolge al suo popolo; gli ricorda, con la dolce potenza dei suoi lamenti i suoi benefici nell’Antico Testamento, e gli rinfaccia la sua inspiegabile ingratitudine. Pensiamo che anche a noi sono rivolti i lamenti e le esortazioni di Cristo: e davanti alla sua morte formiamo seri propositi di emendarci. Continuamente sentiamo ripetere: « Popolo mio, popolo mio, che t’ho io fatto? In che ho potuto contristarti? Rispondimi! ». Non c’è nulla che possa scendere così profondamente al cuore come questo lamento! – C’è ancora un altro canto assai più antico, che esalta Cristo Dio. Questo canto si eseguisce in due lingue, in greco e in latino: « Agios o TheòsSancte Deus » « Dio santo, santo e forte, santo e immortale, abbi pietà di noi ». È il riconoscimento di Dio, davanti al segno glorioso della redenzione. In chiusa, si canta anche un cantico di gioia alla croce e alla redenzione del Signore: « La tua croce adoriamo, o Signore, e la tua santa resurrezione lodiamo e glorifichiamo: ecco che dal legno della croce è venuto il gaudio sul mondo intero ».

c) Dalla Messa dei Presantificati.

La terza parte della liturgia del Venerdì santo è la Comunione, Fin dai tempi antichissimi non si celebra oggi il Sacrificio della Messa; ma i primi Cristiani non volevano rinunciare alla Comunione. Nella Messa del giovedì venivano perciò consacrati molti pani e conservati per oggi. Questa Comunione senza il Sacrificio della Messa, che spesso troviamo presso i Greci nel tempo di Quaresima, si chiamava Messa dei Presantificati. – Nei primi tempi tutti i fedeli si comunicavano; oggi si comunica solo il sacerdote celebrante. In processione solenne si trasporta il calice con la S. Ostia ieri consacrata, dall’altare dove si è conservata all’altare maggiore.

Il coro canta il Vexilla Regis: « Del Re il vessillo spiegasi… », poiché si deve intendere chiaramente che ora si porta il Corpo sacrificato del Signore che fu tolto dalla croce. Il  sacerdote pone l’Ostia sul corporale; il diacono versa il vino nel calice e il suddiacono l’acqua. Il vino però non si consacra; serve solo all’abluzione. Si incensano l’Ostia e l’altare come nelle Messe cantate; il sacerdote si lava le mani in silenzio e recita poi la preghiera dell’offerta di sé e l’Orate Fratres, al quale non si risponde. È una parte dell’Offertorio. Il Canone è omesso per intero e il sacerdote incomincia subito il Pater e aggiunge ad alta voce la preghiera per la liberazione dal male (Libera nos). Quindi il sacerdote alza con la mano destra la S. Ostia per mostrarla al popolo, la spezza in tre parti come di solito e mette la più piccola nel calice; recita l’ultima preghiera di preparazione alla S. Comunione (poiché in essa si parla soltanto della recezione del Corpo del Signore), e dopo aver ripetuto per tre volte il « Domine, non sum dignus », si comunica con la S. Ostia, prende il vino e purifica il calice. E con ciò si chiude la Messa, che in realtà è la comunione del celebrante.

Diamo uno sguardo riassuntivo all‘Ufficio divino del Venerdì santo: nel Mattutino abbiamo visto Cristo nel suo annientamento umano « come un verme, l’obbrobrio degli uomini ». Nella Messa dei Presantificati ci viene incontro come Salvatore, anzi come re sul trono della croce. E questo in tre parti: nella prima parte nel Passio di S. Giovanni e nelle invocazioni; nella seconda con lo scoprimento e l’adorazione della croce; nella terza alla Comunione, nell’Agnello immolato e glorificato.

2. DAL MATTUTINO DEL SABATO SANTO.

– E’ la terza parte della grandiosa trilogia: Cristo giace nella tomba e la Chiesa, seduta accanto al suo sepolcro, fa sentire i suoi lamenti. Dopo l’aspro combattimento, Cristo riposa in pace, e noi vediamo sul suo corpo le tracce dei suoi indicibili dolori. Mentre ieri i Responsori erano i lamenti che uscivano dalla bocca stessa di Cristo, oggi essi sono di solito l’espressione del cordoglio della Chiesa. Dalle lamentazioni, però, traspare la speranza: oggi l’orizzonte è più tranquillo e più rischiarato, solo verso la fine il Mattutino torna alle note di dolore e ciò non ci deve destar meraviglia, poiché il Mattutino deve rappresentare la Chiesa che piange, perché le fu portata via lo sposo divino. Ancora si vedono le ferite sanguinanti; esse invocano continuamente il castigo sopra l’infedele Israele; i nemici si accaniscono con Gesù e con menzogne e calunnie cercano di cancellare perfino la memoria del Maestro; Maria e i discepoli sono nel più profondo cordoglio; e la Chiesa deve constatare con immenso strazio che molti dei suoi figli scendono dal Golgota nella freddezza e nell’indifferenza. – La differenza che troviamo in questo Mattutino in confronto con gli altri sta in un progressivo svolgimento dell’azione; e questo specialmente si nota nelle antifone « Il mio corpo riposa nella speranza » (salmi). – Si potrebbe dividere il dramma sacro in sei parti: mentre la Chiesa sta presso il sepolcro, passano davanti al suo spirito sei scene:

.1.  La pace del Sepolcro (I Notturno): « In pace dormirò e mi riposerò ». « Egli riposerà sul monte santo ». « Il mio corpo riposa nella speranza » (salmi).

2. L’ingresso dell’anima di Gesù nel Limbo (II Notturno): «Alzatevi, o porte eterne, che entrerà il Re della gloria » (salmo XXIII).

3. La speranza della resurrezione: « Credo che vedrò il Signore nella terra dei viventi ». « Tu traesti fuor dall’inferno l’anima mia » (Salmi XXVI e XXIX).

4. Il sigillo apposto alla tomba (lettura del II Notturno).

5. Gesù vincitore dei suoi nemici (III Notturno, salmi LII e LXXV).

6. Riassunto delle impressioni: Profondo cordoglio e lamentazioni: « Come uomo senza soccorso, inviato tra i morti » (salmo LXXXVII). Inoltre i Responsori: I, II, III. IV, V. VI, VII; l’ultimo ci dà la scena di chiusa del Sabato Santo: Gesù nella tomba e i soldati chefanno la guardia. –  Osserviamo ancora la parte importante, assegnata inquesto Mattutino alle Antifone. Certi salmi non sonostati scelti per il loro contenuto completo, ma anche per un solo versetto (p. es.: salmi IV, XIV, XXIII).L’azione prosegue fino alla soglia della resurrezione pasquale. Ma poi d’un tratto mentre attendiamo il lietoAlleluia, torna il pianto accorato sul Morto, quasi adirci: Fermati! Vedi, il Signore è ancor nella tomba.

Il Mattutino ha un fascino speciale, che si può comprendere solo con una sentita compartecipazione alla passione del Signore. E forse il suo fascino sta proprio nei vari sentimenti che esso suscita nel cuore: di dolore, di speranza, di trepida gioia.