DOMENICA DI PENTECOSTE (2021)

DOMENICA DI PENTECOSTE (2021)

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Stazione a S. Pietro in Vincoli.

Doppio di I Cl. con Ottava privilegiata di I ord. –  Paramenti rossi

Il dono della sapienza è un’illuminazione dello Spirito Santo, grazie alla quale la nostra intelligenza contempla le verità della fede in una luce magnifica e ne prova una grande gioia ». (P. MESCHLER.)

Gesù aveva posto le fondamenta della Chiesa durante la sua vita apostolica e le aveva comunicato i suoi poteri dopo la sua Resurrezione. Lo Spirito Santo doveva compiere la formazione degli Apostoli e rivestirli della forza che viene dall’Alto (Vangelo). Al regno visibile di Cristo succede il regno visibile dello Spirito Santo, che si manifesta scendendo sui discepoli di Gesù. La festa della Pentecoste è la festa della promulgazione della Chiesa; perciò, si sceglie la Basilica dedicata a S. Pietro, capo della Chiesa, per la Stazione di questo giorno. Gesù, ci dice il Vangelo, aveva annunciato ai suoi la venuta del divin Paracleto e l’Epistola ci fa vedere la realizzazione di questa promessa. All’ora Terza il Cenacolo è Investito dallo Spirito dì Dio: un vento impetuoso che soffia improvvisamente intorno alla casa e l’apparizione di lingue di fuoco all’interno, ne sono i segni meravigliosi. — Illuminati dallo Spirito Santo (Orazione) e riempiti dall’effusione dei sette doni, (Sequenza), gli Apostoli sono rinnovati e a loro volta rinnoveranno il mondo intero (Introito, Antifona).E la Messa cantata all’ora terza, è il momento in cui noi pure « riceviamo lo Spirito Santo, che Gesù salito al cielo, effonde in questi giorni sui figli di adozione ». (Prefatio), poiché ognuno dei misteri liturgici opera dei frutti di grazia nelle anime nostre nel giorno anniversario in cui la Chiesa lo celebra. Durante l’Avvento, dicevamo al Verbo: «Vieni, Signore, ad espiare i delitti del tuo popolo»; ora diciamo con la Chiesa allo Spirito Santo: Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in noi il fuoco dell’amor tuo » (Alleluia). È la più bella e la più necessaria delle orazioni giaculatorie, poiché lo Spirito Santo, il « dolce ospite dell’anima », è il principio di tutta la nostra vita soprannaturale.

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Sap I: 7. Spíritus Dómini replévit orbem terrárum, allelúja: et hoc quod cóntinet ómnia, sciéntiam habet vocis, allelúja, allelúja, allelúja.

[Lo Spirito del Signore riempie l’universo, allelúia: e abbraccia tutto, e ha conoscenza di ogni voce, allelúia, allelúia, allelúia].

Ps LXVII: 2 Exsúrgat Deus, et dissipéntur inimíci ejus: et fúgiant, qui odérunt eum, a fácie ejus. [Sorga il Signore, e siano dispersi i suoi nemici: e coloro che lo òdiano fuggano dal suo cospetto].

Spíritus Dómini replévit orbem terrárum, allelúja: et hoc quod cóntinet ómnia, sciéntiam habet vocis, allelúja, allelúja, allelúja

[Lo Spirito del Signore riempie l’universo, allelúia: e abbraccia tutto, e ha conoscenza di ogni voce, allelúia, allelúia, allelúia].

Oratio

Orémus.

Deus, qui hodiérna die corda fidélium Sancti Spíritus illustratióne docuísti: da nobis in eódem Spíritu recta sápere; et de ejus semper consolatióne gaudére.

[O Dio, che in questo giorno hai ammaestrato i tuoi fedeli con la luce dello Spirito Santo, concedici di sentire correttamente nello stesso Spirito, e di godere sempre della sua consolazione.]

Lectio

Léctio  Actuum Apostolórum. Act. II: 1-11

“Cum compleréntur dies Pentecóstes, erant omnes discípuli pariter in eódem loco: et factus est repéente de coelo sonus, tamquam adveniéntis spíritus veheméntis: et replévit totam domum, ubi erant sedentes. Et apparuérunt illis dispertítæ linguæ tamquam ignis, sedítque supra síngulos eórum: et repléti sunt omnes Spíritu Sancto, et coepérunt loqui váriis linguis, prout Spíritus Sanctus dabat éloqui illis. Erant autem in Jerúsalem habitántes Judaei, viri religiósi ex omni natióne, quæ sub coelo est. Facta autem hac voce, convénit multitúdo, et mente confúsa est, quóniam audiébat unusquísque lingua sua illos loquéntes. Stupébant autem omnes et mirabántur, dicéntes: Nonne ecce omnes isti, qui loquúntur, Galilæi sunt? Et quómodo nos audívimus unusquísque linguam nostram, in qua nati sumus? Parthi et Medi et Ælamítæ et qui hábitant Mesopotámiam, Judaeam et Cappadóciam, Pontum et Asiam, Phrýgiam et Pamphýliam, Ægýptum et partes Líbyæ, quæ est circa Cyrénen, et ádvenæ Románi, Judaei quoque et Prosélyti, Cretes et Arabes: audívimus eos loquéntes nostris linguis magnália Dei.” 

[“Giunto il giorno della Pentecoste, i discepoli si trovavano tutti insieme nel medesimo luogo. E all’improvviso venne dal cielo un rumore come di vento impetuoso, e riempì tutta la casa, dove quelli sedevano. E apparvero ad essi delle lingue come di fuoco, separate, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furono ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare varie lingue, secondo che lo Spirito Santo dava loro di esprimersi. Ora abitavano in Gerusalemme Giudei, uomini pii, venute da tutte le nazioni che sono sotto il cielo. Quando si udì il rumore la moltitudine si raccolse e rimase attonita perché ciascuno li udiva parlare nella sua propria lingua. E tutti stupivano e si meravigliavano, e dicevano: «Ecco, non son tutti Galilei, questi che parlano? E come mai, li abbiamo uditi, ciascuno di noi, parlare la nostra lingua nativa? Parti, Medi ed Elamiti, e abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle regioni della Libia in vicinanza di Cirene, e avventizi romani, Giudei e Proseliti, Cretesi e Arabi li abbiamo uditi parlare nelle nostre lingue delle grandezze di Dio”. (Atti II, 1-11).]

LINGUE E FUOCO.

Il miracolo delle lingue, il gran miracolo del giorno della Pentecoste, è stato mirabilmente descritto di sul testo sacro del nostro Manzoni.

« Come la luce rapida — piove di cosa in cosa

— E i color varii suscita — Ovunque si riposa;

— Tal risonò molteplice — La voce dello Spiro;

L’Arabo, il Parto, il Siro, — In suo sermon udì ».

Ma quel miracolo ne significava un altro che cominciava da quel giorno a diventar realtà mercè la diffusione, allora inaugurata ufficialmente, del Santo Vangelo, del verbo di Cristo. La divisione delle lingue — la chiamo così per aderire al racconto biblico nella sua integrità e nel suo spirito — fu un castigo non proprio per la materialità delle lingue molteplici che si cominciarono a parlare, ma perché gli uomini, da Babele in poi, non si intesero più, non si capirono, non si amarono, si contrastarono in odî e in guerre fratricide. Si divisero. Era il castigo dell’orgoglio quella divisione delle anime di cui era espressione chiara la varietà delle lingue. Il linguaggio, divinamente dato agli uomini perché intendessero, serviva a confonderli, a separarli. I figli, abbandonando la casa paterna, di fratelli che ivi erano, diventarono stranieri prima gli uni agli altri, per diventare nemici poi. Tutto questo si capovolge a Gerusalemme, nella Pentecoste dello spirito, che continua e suggella e propaga la redenzione di N. S. Gesù Cristo. I figli ritrovano il Padre, imparano di nuovo a parlare con Lui, sentirlo ed esserne sentiti « Loquentes variis linguis », sì, ma « loquentes magnalia Dei ». Non più gli Dei falsi e bugiardi, ma Dio unico, vivo e vero. Non più solo un simbolo ferreo di questa unità divina nell’unico Tempio, come al giorno della legge e dei profeti, ma un unico santuario delle anime, un solo Dio, il Dio predicato, il Dio comunicato da N. S. Gesù Cristo alla umanità, un solo Dio nei cuori. E ciascuno canta nella sua lingua materialmente, o in lingua diversa: «loquentes variis linguis,» ma tutti capiscono. « Audivimus eos loquentes ». «L’Arabo, il Parto, il Siro in suo sermon l’udì. » Mirabile fusione di popoli che comincia attraverso la fusione delle anime, fusione meravigliosa di anime che comincia attraverso la riconciliazione umile e fervente con Dio… E continuerà così di secolo in secolo nella Chiesa e mercè di essa, piena com’è dello Spirito Santo. Un numero crescente di popoli i più diversi, per colpa della vecchia babele, formeranno via via una sola famiglia, un solo popolo: « populus eius, » il popolo di Dio. Parleranno il linguaggio intimo della stessa fede: « una fides ». Il verbo, la parola più vera, più umana, non è quella che suona materialmente sulle labbra; è quella che squilla, che splende nell’intelletto, di cui l’esterna è un’eco, come spiega profondamente San Tommaso. Uniamoci sempre più, in questa lingua interiore con l’accettazione umile della verità rivelata, della verità cristiana, quella verità di cui lo Spirito Santo è maestro intimo a ciascuno di noi, se ciascun di noi accetta il Magistero solenne e autorevole della Chiesa. Parliamo la lingua divina della stessa fede, « una fides » e i nostri cuori batteranno all’unisono della stessa carità. Ci capiremo senza parlare, magari: quelli che si amano davvero si capiscono così. E lavoriamo perché la cerchia dei popoli che in Gesù Cristo e nella Sua Chiesa ritrovano il segreto di una verità, diventi sempre più larga.

(P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939. – Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)

ALLELUJA

Allelúja, allelúja

Ps CIII: 30 Emítte Spíritum tuum, et creabúntur, et renovábis fáciem terræ. Allelúja.

[Manda il tuo Spírito e saran creati, e sarà rinnovata la faccia della terra. Allelúia.

[Hic genuflectitur:]

Veni, Sancte Spíritus, reple tuórum corda fidélium: et tui amóris in eis ignem accénde.

[Vieni Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli: ed accendi in essi il fuoco del tuo amore]

Sequentia

Veni, Sancte Spíritus,

et emítte cælitus lucis tuæ rádium.

Veni, pater páuperum; veni, dator múnerum; veni, lumen córdium.

Consolátor óptime, dulcis hospes ánimæ, dulce refrigérium.

 In labóre réquies, in æstu tempéries, in fletu solácium.

O lux beatíssima, reple cordis íntima tuórum fidélium.

Sine tuo númine nihil est in hómine, nihil est innóxium.

Lava quod est sórdidum, riga quod est áridum, sana quod est sáucium.

 Flecte quod est rígidum, fove quod est frígidum, rege quod est dévium.

Da tuis fidélibus, in te confidéntibus, sacrum septenárium.

Da virtútis méritum, da salútis éxitum, da perénne gáudium. Amen. Allelúja.

[Vieni, o Santo Spirito,
E manda dal cielo,
Un raggio della tua luce.

Vieni, o Padre dei poveri,
Vieni, datore di ogni grazia,
Vieni, o luce dei cuori.

O consolatore ottimo,
O dolce ospite dell’ànima
O dolce refrigerio.

Tu, riposo nella fatica,
Refrigerio nell’ardore,
Consolazione nel pianto.

O luce beatissima,
Riempi l’intimo dei cuori,
Dei tuoi fedeli.

Senza la tua potenza,
Nulla è nell’uomo,
Nulla vi è di innocuo.

Lava ciò che è sòrdito,
Irriga ciò che è àrido,
Sana ciò che è ferito.

Piega ciò che è rigido,
Riscalda ciò che è freddo,
Riconduci ciò che devia.

Dà ai tuoi fedeli,
Che in te confidano,
Il sacro settenario.

Dà i meriti della virtú,
Dà la salutare fine,
Dà il gaudio eterno.
Amen. Allelúia. ]

Evangelium

 Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Joannes XIV: 23-31

“In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Si quis díligit me, sermónem meum servábit, et Pater meus díliget eum, et ad eum veniémus et mansiónem apud eum faciémus: qui non díligit me, sermónes meos non servat. Et sermónem quem audístis, non est meus: sed ejus, qui misit me, Patris. Hæc locútus sum vobis, apud vos manens. Paráclitus autem Spíritus Sanctus, quem mittet Pater in nómine meo, ille vos docébit ómnia et súggeret vobis ómnia, quæcúmque díxero vobis. Pacem relínquo vobis, pacem meam do vobis: non quómodo mundus dat, ego do vobis. Non turbátur cor vestrum neque formídet. Audístis, quia ego dixi vobis: Vado et vénio ad vos. Si diligere tis me, gaudere tis utique, quia vado ad Patrem: quia Pater major me est. Et nunc dixi vobis, priúsquam fiat: ut, cum factum fúerit, credátis. Jam non multa loquar vobíscum. Venit enim princeps mundi hujus, et in me non habet quidquam. Sed ut cognóscat mundus, quia díligo Patrem, et sicut mandátum dedit mihi Pater, sic fácio.”

“In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: Chiunque mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà, e noi verremo da lui, e faremo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole. E la parola, che udiste, non è mia: ma del Padre, che mi ha mandato; queste cose ho detto a voi, conversando tra voi. Il Paracleto poi, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel nome mio, Egli insegnerà a voi ogni cosa, e vi ricorderà tutto quello che ho detto a voi. La pace lascio a voi; la pace mia do a voi; ve la do Io non in quel modo, che la dà il mondo. Non si turbi il cuor vostro, né s’impaurisca. Avete udito, come io vi ho detto: Vado, e vengo a voi. Se mi amaste, vi rallegrereste certamente perché ho detto, vado al Padre: conciossiaché il Padre è maggiore di me. Ve l’ho detto adesso prima che succeda: affinché quando sia avvenuto crediate. Non parlerò ancor molto con voi: imperciocché viene il principe di questo mondo, e non ha da far nulla con me. Ma affinché il mondo conosca, che Io amo il Patire, e come il Padre prescrissemi, così fo” (Jo. XIV, 23- 31) .

OMELIA

(G. Bonomelli: Misteri Cristiani. Vol. III; Rag. IV. – Ed. Queriniana, Brescia, 1896)

La Pentecoste ed i Vaticini di Cristo.

Tra i Misteri della nostra fede, voi non lo ignorate, o carissimi, tiene un alto posto l’odierno, che chiamasi della Pentecoste, ossia del cinquantesimo giorno dopo la Pasqua. La Chiesa ebbe sempre cura sollecita di celebrarlo colla maggior pompa e circondarlo di tutto quello splendore e di quella sacra magnificenza, di cui ella conosce sì bene il segreto. La Pentecoste giudaica ricordava la legge di Dio, promulgata sul Sinai; legge di timore, scritta sulle tavole di pietra, per un solo popolo, popolo di dura cervice e di cuore incirconciso; la Pentecoste cristiana rammenta la legge divina sancita sul Calvario, uscita dal Cenacolo, compimento dell’antica, legge d’amore, scritta da Dio, non sulla pietra, ma sul cuore stesso dei credenti. A questo giorno la Chiesa ci prepara col digiuno e lo fa seguire da una ottava solenne. Ne’ tempi andati essa volea che questo Mistero fosse festeggiato per tre giorni e che tutti i fedeli si accostassero ai Sacramenti come alla Pasqua: che se, un secolo fa, i tre giorni di festa furono ridotti a due, e se da quasi sette secoli fu tolto il precetto di ricevere i Sacramenti della Penitenza e della Eucaristia, ciò fu fatto per acconciarsi ai bisogni dei tempi mutati e per quello spirito sapientissimo di discrezione e di benignità, che informa sempre le sue leggi. E bene a ragione la Chiesa festeggia questo giorno, quasi dissi, non altrimenti che quelli del Santo Natale e della Pasqua di Risurrezione; perché se nel Santo Natale essa celebra il nascimento e nella Pasqua la Risurrezione del suo fondatore e sposo, Gesù Cristo, nella Pentecoste essa ricorda il frutto di quei due Misteri, la sua stessa origine, il felice suo ingresso nel mondo. Perocché oggi la Chiesa, piena di vita immortale, esce dal Cenacolo, come cinquanta giorni prima Gesù Cristo risorto balzò dal sepolcro. Essa in questo giorno discende intrepida per le vie di Gerusalemme: in questo giorno per bocca di Pietro e de’ suoi fratelli Apostoli fa udire per la prima volta la potente sua voce e comincia quella lotta terribile, quella audacissima di tutte le conquiste, che attraverso alle più fortunose vicende deve aver fine coi secoli. In questo giorno Gesù Cristo, di sua mano, stacca dalla sponda questa piccola e fragile barchetta della Chiesa e la lancia sulle onde tempestose di questo mare infido, che è il secolo: sopra di essa pianta l’albero della Croce, spiega le candide vele al soffio dello Spirito Santo; Egli stesso ne affida il timone al pescatore di Betsaida e gli grida: « Non temere: io ho vinto il mondo e sono teco: spingi in alto la prora, calca i superbi flutti del mare e drizza il timone verso le rive tranquille della eternità ». – Il fatto o Mistero della Pentecoste è ricco di molti e sublimi insegnamenti: oggi mi piace metterne in luce due, il primo de’ quali prova come Cristo signoreggi con sicuro sguardo il futuro: il secondo spiega l’enigma della guerra atroce del mondo contro la Chiesa: l’uno e l’altro poi insieme congiunti mostrano la sapienza divina di Cristo e ci devono confortare nelle prove sì aspre della vita, che ci è forza affrontare. Gesù Cristo annunziò in termini chiarissimi molte profezie: voi le trovate registrate nei Vangeli: non ne cadde una sola. Tutte nel tempo e nei modi stabiliti si adempirono esattamente. Io sono d’avviso che fra le profezie annunziate da Cristo non se ne trovi pur una, che sia stata tante volte, con tanta chiarezza e in tante e sì diverse forme annunziata come quella che riguarda le sorti della sua Chiesa sulla terra: ed è di questa che intendo ragionare. – Aprite i quattro Evangeli: scorreteli per ogni verso. Quasi ad ogni pagina Gesù Cristo parla della sorte riserbata agli Apostoli, ai discepoli, ai credenti nel suo nome: parla del suo regno, la Chiesa, e delle vicende che l’aspettano. Che dice? Come descrive le sorti della Chiesa? Come saranno accolti dal mondo i suoi Apostoli e i loro successori? Come tratteggia la storia futura della sua Chiesa? Mirabile a dirsi! Cristo ne parla con una chiarezza e asseveranza spaventosa: si direbbe che prova una misteriosa voluttà nel dipingere il futuro coi più foschi colori, e mentre avrebbe dovuto temperare la frase, attesa la natura timida degli Apostoli, la rende più tagliente, nulla tace, nulla dissimula, tutto predice con una crudezza di linguaggio inaudita. Ascoltatelo: cito le sue parole così come si trovano sparse nei suoi Vangeli, e come mi si affacciano alla memoria. « Vi mando in mezzo al lupi… Vi trascineranno nelle loro radunanze… vi flagelleranno… sarete tratti innanzi ai giudici ed ai re per la mia dottrina… il fratello si farà accusatore del fratello e lo darà a morte… il padre darà in mano ai nemici il figlio e i figli si leveranno contro i padri e li uccideranno… sarete in odio a tutti pel mio nome… perseguitati in una città, fuggite in un’altra,… han chiamato me Belzebub: quanto più voi! Non temete quelli che possono uccidere il corpo, ma non possono uccidere l’anima… vi cacceranno dalle loro assemblee e si verrà a tale, che crederanno di rendere omaggio a Dio, ammazzando… come hanno perseguitato me, perseguiteranno voi ». – E non crediate che questa sia la condizione degli Apostoli, ristretta al primo stabilimento della Chiesa fino al termine dei tempi, perché  Gesù Cristo espressamente afferma, che i suoi discepoli saranno trattati come Lui, loro maestro; perché predice perpetua la esistenza della Chiesa e perpetua altresì la lotta e perché San Paolo, interprete fedele ci fa sapere, che soffriranno persecuzione tutti quelli che vogliono vivere secondo gli insegnamenti del divino Maestro, tantochè essere Cristiano ed essere fatto segno a contraddizioni è la stessa cosa: quanto più la Chiesa, che sotto la sua bandiera raccoglie tutti i seguaci di Cristo! Carissimi! Possiamo noi dubitare che queste parole siano cadute dalla bocca di Cristo prima che dai fatti ricevessero la loro conferma? No: è impossibile dubitarne. Vi può essere un linguaggio più netto, più preciso di questo? No! È simile ad una lama acuta a due tagli, lucida come pulito argento. Ora permettete che vi domandi: Questo vaticinio sì esplicito, sì chiaro, sì ripetuto, sì particolareggiato, che annunzia l’accoglienza che sarà fatta agli Apostoli, che dipinge la sorte riserbata alla Chiesa nel corso dei secoli, era esso umanamente possibile? Rispondeva esso ai calcoli della sapienza umana allorché Cristo lo proferiva? Senza stare in forse un istante rispondo: no. Cristo. giudicando le cose coll’occhio della ragione e della scienza umana, non doveva, non poteva gittare là una profezia come quella che avete udita: anzi predire tutto il contrario. – E in vero: poniamoci a lato di Cristo, in mezzo agli Apostoli, e consideriamo il mondo d’allora, la nuova dottrina da Lui insegnata, la natura, il carattere, l’indole degli Apostoli. Nel mondo, in alto, negli uomini della scienza e del potere, delle arti e delle lettere, del foro e delle ricchezze, troviamo l’indifferenza, lo scetticismo religioso, l’epicureismo; in alcuni pochi uomini, di sensi nobili ed elevati, troviamo le superbe dottrine stoiche o quelle brillanti di Platone: nelle moltitudini vive ancora il paganesimo, non come dottrina (che non lo fu mai), ma come culto, come tradizione, come mezzo per riempire, se era possibile, un bisogno del cuore per quetare un sentimento indistinto dell’infinito e giustificare una condotta, che doveva ripugnare al grido confuso della coscienza, – Il popolo re, in Roma, vedeva sorgere per opera di Agrippa un tempio sacro agli Dei tutti della terra: il suo nome di Panteon era la più solenne professione di tolleranza religiosa universale. L’Areopago d’Atene innalzava allori ad una folla di Numi e perfino al Dio ignoto. L’Egitto poteva liberamente adorare le sue divinità, come i Siri e i Galli le loro. Non una legge che proscriva le Religioni senza numero dell’Impero Romano, non un cittadino molestato pel culto ch’egli presta ai suoi Numi nazionali. E fu politica sapiente dell’antica Roma e non ultima delle cause che spiegano l’ampiezza del suo Impero, il rispetto e l’obbedienza che ottenne da tanti popoli differentissimi. La stessa nazione giudaica non isfuggì a questo soffio di universale infiacchimento del sentimento religioso, a questa tolleranza d’ogni culto. Noi vediamo sedere nel gran Consiglio di Gerusalemme buon numero di Sadducei, gli Epicurei d’Israele, che negavano l’esistenza e la vita futura senza che l’Autorità suprema lì molestasse. Ecco il mondo romano e greco, il mondo gentile ed ebraico al tempo di Cristo. La tolleranza religiosa si apre la via dovunque e discende dall’alto. – Consideriamo la dottrina teorica e morale, che Cristo introduce nel mondo: essa non respinge ma completa e perfezione quella di Mosè: non poteva dunque essere combattuta dai Giudei e da loro più che da tutti gli altri popoli doveva essere accolta, come fioritura del mosaismo. – Che dire del paganesimo di Grecia e di Roma? – L’insegnamento di Cristo per ciò che spetta Dio e la sua natura, la condotta morale dell’uomo, nella classe dotta, informata ai principii filosofici di Socrate, Platone, Aristotele e Zenone, ammirati e seguiti a Roma da Seneca, Cicerone, M. Aurelio ed altri, non poteva non trovare la più cordiale accoglienza. Sovra molti punti teorici e pratici del Vangelo di Cristo e della filosofia platonica e stoica parvero sì grande la somiglianza e l’affinità, che il razionalismo moderno osò ed osa affermare, che il Cristianesimo in sostanza è il frutto della filosofia messa al contatto dell’ebraismo, è il portato naturale della evoluzione scientifica di quell’epoca. Il Cristianesimo, pertanto, non poteva trovare opposizione seria nella classe alta della società, negli uomini della Scienza, e tutti sanno che le moltitudini ignare finiscono sempre col seguire quelli che le guidano. Che se poi finalmente consideriamo gli Apostoli e il loro carattere, sempre più dobbiamo persuaderci che l’opera loro alla peggio doveva passare inosservata come quella di alcuni poveri allucinati e fanatici. Erano ignoranti, rozzi, sprovveduti di beni di fortuna, senza credito, senza protezioni, senza prestigio sul popolo, stranieri, appartenenti alla razza più spregiata di tutto l’Oriente, vivevano di limosine. Predicavano il disprezzo delle ricchezze, degli onori e dei piaceri: esigevano dai seguaci l’amore della umiltà, la purezza del cuore, la temperanza, la mortificazione, l’ubbidienza e il rispetto per coscienza a tutte le autorità: imponevano a nome di Dio il perdono delle offese, la fedeltà coniugale, il dovere della limosina, l’amore non solo dei connazionali, ma di tutti indistintamente gli uomini. Come odiare e perseguitare uomini, che professavano sì sante dottrine, che non facevano male a chicchessia, bene a molti, che desideravano farne a tutti? Si potevano compatire come illusi, non mai porre fuori d’ogni legge e metterli a morte come nemici dello Stato e del genere umano, Dunque Gesù Cristo, mandando gli Apostoli a predicare e a fondare la Chiesa, poteva bene predire loro alcune molestie, alcune vessazioni comuni, la noncuranza, il disprezzo del mondo, ma non poteva, umanamente ragionando, predire loro e ai loro successori tante e sì feroci persecuzioni, quali sono quelle che leggiamo nel Vangelo. Eppure le predisse nei termini più espliciti e ripetutamente, tantoché nulla di più certo e di più chiaro di questo vaticinio. – Che dice la storia? I fatti, ch’essa ci narra, a chi hanno essi dato ragione? Ai calcoli della umana prudenza, o alla parola di Cristo, a quelli interamente contraria? La storia della Chiesa comincia in questo giorno ed ecco ciò ch’essa registra. Appena gli Apostoli sciolgono la lingua e annunziano il Vangelo di Cristo, molti della folla, e secondo ogni verosimiglianza gli uomini della scienza e del potere, in aria di scherno e di compatimento esclamano: – Costoro sono ubriachi -. E poco appresso sono condotti dinnanzi ai tribunali, interrogati, minacciati, battuti con verghe, gettati in carcere, sbandeggiati. Stefano, l’intrepido diacono, è sepolto sotto una gragnuola di pietre: Giacomo ha mozzo il capo: l’altro Giacomo, il minore, è precipitato dal tempio: Pietro e Andrea crocifissi, Paolo decapitato e tutti gli altri Apostoli e discepoli cogli esigli, colle carceri, col sangue suggellano la loro fede. La storia degli Apostoli è la storia della Chiesa: mutano alquanto le forme della lotta per ragione dei luoghi, dei tempi, dei costumi, ma la sostanza è sempre la stessa. La Chiesa trova sempre sulla sua via nemici potenti, che le tendono insidie, che la combattono, che col sofisma o col ferro tentano di ucciderla. – Ora sono popoli, che si scagliano sopra di essa; ora principi, che le stringono i polsi; ora i dotti che la coprono di calunnie e di fango; ora nemici esterni; ora nemici interni: la sua vita è veramente una incessante milizia, una perpetua guerra: ebbe ed ha tregue, ma pace vera e stabile non mai. Scorrete la sua storia dal dì della Pentecoste fino ad oggi e ditemi se vi fu mai regno, impero o repubblica, che avesse sulle braccia tanti e sì formidabili nemici quanti ne ebbe la Chiesa e la lotta anziché mitigarsi o scemare, accenna ad inasprirsi su tutti i punti e l’avvenire si avanza sempre più minaccioso. – I poteri umani dalle altezze monarchiche vanno discendendo nelle moltitudini e in cento modi attuandosi e trasformandosi: ma la diffidenza, l’astio, l’odio, o alla men peggio la più inesplicabile indifferenza verso la Chiesa, trattata come nemica o straniera, perdurano. La scienza, essa pure, va quotidianamente allargando le sue conquiste e diventa sempre più patrimonio comune; ma è pur troppo questa scienza, che male usata e divenuta di fatto monopolio di pochi audaci, fornisce le armi più terribili ai nemici della fede e a viso scoperto combatte la Chiesa. – Né ci sia grave por mente a un fatto, che può sembrare strano. Moltissime sono le religioni, che vissero e vivono sulla terra: sono molte le Chiese, che si gloriano del nome di Cristo e che si sono staccate dal grand’albero della Chiesa Cattolica, in cui solo si concreta perfettamente il Cristianesimo. Vedete la Chiesa greca foziana, la eutichiana o copta, la nestoriana, la russa, la rumena, la bulgara, la serba e tutte le varie Chiese protestanti, quale che ne sia il nome: sono tutti rami, che l’eresia o lo scisma staccarono dall’albero della Comunione Cattolica Romana: abbiamo comune con esse la maggior parte dei dogmi rivelati, comune il Decalogo: tutte queste varie Chiese si accordano perfettamente tra lor o in un solo punto, quello di respingere l’autorità suprema ed infallibile del Romano Pontefice, che è il centro della nostra unità di fede e di governo. Ebbene, o carissimi: tutte codeste Chiese cristiane, separate dalla Cattolica, sono lasciate in pace e popoli e governi le lasciano progredire tranquillamente la loro via. Chi molesta e perseguita la Chiesa Russa? Chi pensa a mettere impacci alle Chiese protestanti d’Inghilterra. di Olanda, di Svizzera e di Germania? Chi aggrava la mano sulle Chiese foziana, nestoriana od eutichiana? Nessuno, ch’io sappia: anzi le veggo protette, favorite, onorate dai governi loro e talor troppo. Generalmente parlando, la sola Chiesa Cattolica fa eccezione: per essa vi sono pressoché dovunque e sempre diffidenze, molestie, impacci ed anche persecuzioni più o meno aperte. Pigliate tutte lo Religioni che esistono sulla terra; paragonatele tra loro e voi troverete, che quella che fu ed è più fieramente combattuta con ogni sorta di armi è la Chiesa Cattolica: è un primato e glorioso che nessuno le può contendere. Per restringerci ai tempi moderni, ditemi: Nel periodo sì tremendo della rivoluzione francese, che cosa soffersero i Protestanti in Francia? Nei giorni nefasti della Comune chi se la pigliò colle Chiese protestanti o colle Sinagoghe giudaiche? Nella fiera lotta del Kulturcamp quali molestie patirono le Chiese luterane, calvinistiche o zwingliane? Non passa un solo anno, e spesso un solo mese, che il vento, che soffia ora da nord, ora da est, ora dal sud, non ci porti le grida dolorose dei fratelli nostri Cattolici perseguitati, imprigionati e uccisi al Tonchino, alla Corea, all’Annam [l’attuale Vietnam – ndr.-], alla Cocincina, in China, sulle rive del Congo, dell’alto Nilo o dei laghi dell’Africa centrale. Di lei a ragione canta il poeta:

“Tu che da tanti secoli / Soffri, combatti e preghi; / Che le tue tende spieghi / Dall’uno all’altro mar.”

La vita di Gesù Cristo fu vita di continui dolori e di continue umiliazioni; poteva ella essere diversa quella della sua Sposa e del suo Corpo mistico, la Chiesa? Ora si domanda: Come mai la Chiesa, che non fece, né può far male a persona, che fece e fa bene a tutti, agli individui come alla società, nell’ordine intellettuale, morale e anche materiale, fu ed è sì ferocemente odiata, perseguitata? Egli è come domandare: Perché Cristo fu odiato, perseguitato e sì crudelmente messo a morte, Egli che visse amando beneficando tutti? Le cause vere dobbiamo cercarle, non nella ragione, ma nelle passioni: secondo la ragione doveva essere benedetta e proclamata la grande benefattrice dell’umanità: ma secondo le passioni doveva essere maledetta come la peggior nemica, e se fosse possibile cacciata dal mondo. – La Chiesa leva la sua gran voce ed ammaestra tutti gli nomini; e che cosa insegna? Insegna che vi è Dio, Creatore e Signore d’ogni cosa: che al suo sguardo non isfugge nulla, nemmeno il più occulto pensiero: che ogni uomo a Lui dovrà rendere conto strettissimo d’ogni pensiero, d’ogni affetto, d’ogni parola e d’ogni azione. Insegna che il Figliuol di Dio si fece uomo patì e morì per tutti e costituì Lei stessa, la Chiesa, Maestra infallibile e guida sicura nella via della virtù e della salvezza. Insegna finalmente, che bisogna osservare quella legge eterna, che è scritta nel nostro cuore e che il Vangelo ha rischiarata, confermata e condotta alla più alta perfezione. Ecco l’insegnamento della Chiesa. Si può immaginare scuola più sublime, più popolare e più santa di questa? Vi può essere istituzione di questa più utile, volete al privato, volete al pubblico bene? Perché dunque il mondo e i poteri della terra le mossero e muovono sì aspra guerra? Perché il mondo e troppo spesso ì poteri che lo reggono non amano la luce, ma le tenebre secondo il linguaggio del Vangelo. – O mondo, che importa a te della Chiesa, dei suoi dogmi e delle sue leggi morali? Che importa a te del suo Vangelo e del suo Decalogo? Tu sei libero: tu puoi fare ciò che ti aggrada: a te che fa se la Chiesa co’ suoi figli creda a Dio, a Cristo, alla vita futura? Se la sua fede ti sembra una superstizione, le sue leggi un giogo inutile e funesto, non hai ragione di turbarti e di levarti contro di essa. Infine, Essa non impone la sua fede e le sue leggi colla forza; anzi Essa altamente predica che la Religione sua detesta la forza materiale e domanda la persuasione (È dottrina formale della Chiesa Cattolica, insegnata dai Padri costantemente, come S, Atanasio, S. Ilario ed altri e proposta da Leone XIII nella Enciclica Immortale Dei opus, dove, citando S. Agostino, scrive: – Nessuno è costretto ad abbracciare la fede -. I Cattolici possono usare al bisogno la forza per difendere la Propria fede, non mai per imporla ad altri.). Lasciala dunque in pace: non ti curare di Essa: non fare a te stesso il torto di metterti in guerra contro una società perché non pensa a tuo modo. Tu spieghi la bandiera della libertà di pensare per tutti egualmente: dunque rispetta questa libertà anche nella Chiesa: nella perfetta tolleranza d’ogni credenza e d’ogni opinione tu non puoi odiare la Chiesa, né dilettarti a gettar pietre sul suo cammino e farla segno de’ tuoi assalti e delle tue ire. Se non l’ami, non la voler nemmeno odiare -. Così dovrebb’essere se il mondo ragionasse, se i poteri della terra fossero fedeli ai principii, dei quali si vantano apostoli. Ma in fondo alla natura umana vi è qualche cosa che è più forte di certi principii, ch’essa scrive sui suoi codici e sulle sue bandiere e che assi volte la costringe a rinnegarli anche a costo di infliggere a se stessa l’onta della contraddizione. Fratelli mici! le tenebre saranno sempre nemiche della luce; la vita sarà sempre in lotta colla morte e l’errore à sempre in faccia alla Verità per combatterla. Perché il lupo anche satollo si getta sull’agnello e l’uccide e la tigre anche sfamata si lancia sulla gazzella, che trova sulla sua via? È l’istinto più che il bisogno che spinge l’uno e l’altra alla strage: così l’odio del mondo contro della Chiesa, l’astio di certi poteri pubblici contro di essa è figlio dell’istinto. Sgorga dalla natura delle cose ed opera a dispetto della ragione e della volontà e persino del proprio interesse. –  Conobbi un uomo, cui non facea difetto un ingegno naturale pronto ed acuto, ricco e potente nella società in cui viveva. In lui era profondo l’odio contro la Religione, contro i preti e contro i frati: al solo vederli fremeva. – E che t’han fatto di male, gli dissi, questi frati, la cui sola vista le torna intollerabile? – Non m’han fatto nulla di male -. Perché dunque li odia e li ammazzerebbe se potesse? – Nol so: ma ho qui dentro qualche cosa che mi costringe ad odiarli -. E diceva bene. Come nell’ordine fisico e materiale vi sono elementi e corpi che hanno tra loro una misteriosa affinità e si combinano tra loro e si fondono insieme, e ve ne sono altri che si respingono a vicenda, così è nell’ordine morale. Tra i buoni e i cattivi vi sono talvolta ripugnanze misteriose ed invincibili, che possono giungere fino all’odio più cupo, al parossismo dell’odio, che si manifesta in atti feroci, che sembrano inesplicabili. La storia è piena di questi fenomeni strani e la stessa vita domestica ne offre non rari esempi. Sono antipatie istintive, sono nemici che prima di conoscersi si sentono, e se posso dirlo. Si odorano. Il Paganesimo colle sue superstizioni, colle sue brutture; il giudaismo colle sue idee falsissime sul Messia e sull’opera sua: la scienza pagana col suo orgoglio; in una parola il mondo, quale è dipinto dal Vangelo, si vide innanzi la Chiesa di Cristo colle sue verità, colle Virtù si sublimi, che la rendevano sì bella e veneranda; presentirono in essa la forza divina, che li avrebbe vinti e annientati, o l’istinto della propria conservazione li riempì di odio contro il novello nemico e armò la loro destra a’ danno di Lei. La vista, la presenza, il nome, la vo della Chiesa, di questa Chiesa, debole fin che volete, ma di cui sentivano arcanamente la superiorità, offendeva, feriva il mondo e i poteri del mondo, li provocava all’ira, li spingeva alla guerra più implacabile. Ecco la spiegazione ovvia e naturale di quelle persecuzioni, che a prima fronte sembravano affatto inverosimili. – V’ha di più, o fratelli. In ogni uomo vi è sempre il sentimento indistruttibile della propria indipendenza, che sì facilmente egli confonde coll’amor proprio esagerato. Frugate bene nei penetrali dell’anima sua e troverete l’io, quell’io, che si desta, si inalbera e diventa feroce allorché altri gli intima di piegarsi e arrendersi a discrezione. L’io individuale si trasforma nell’io d’una scuola, di un corpo morale e diviene l’io nazionale, Non vi è nulla di più terribile di questo “io”, in cui si concentra la dignità vera, o falsa, poco importa, la grandezza, la gloria, l’orgoglio d’una nazione. Guai per chi osa affrontarne le ire! Quell’io offeso è come il leone del deserto, che il cacciatore assale nella sua tana e ferisce. La Chiesa fa come Cristo: essa si presenta debole, umile, ma franca, risoluta, colla coscienza dei suoi doveri e diritti. Essa, benché inerme e umanamente debole, a nome di Dio, intima a tutti egualmente le stesse verità, le stesse leggi, gli stessi doveri: non tempera le asprezze di certe verità e di certi doveri, che stringono l’uomo privato come l’uomo pubblico: il suo linguaggio è, come vuole il Vangelo: – È, è; no, no. Credete questo Simbolo, osservate questo decalogo, obbedite a me, come rappresentante di Cristo se volete essere salvi: se ricusate, perirete tutti egualmente, siate ricchi, siate poveri, siate dotti, siate ignoranti, siate sudditi, o siate re. Dinanzi a Dio Siete tutti eguali e chi siede più alto troverà più Severo il giudice – Immaginate voi, carissimi, come i Pagani, gli ebrei, i filosofi, i magistrati, i consoli, i governatori, i re, gli imperatori dovessero accogliere questo insegnamento e quelli che lo annunziavano! Pensate voi come l’orgoglio dei ricchi, dei dotti, dei magistrati, dei re, e degli imperatori ne fosse ferito e ne fremesse! Pensate come, avendo in mano il potere, il Supremo potere, ne dovessero usare contro questi miserabili Galilei, contro questa Chiesa, che avevano l’inaudita audacia di imporsi loro, di chiedere loro l’omaggio della mente e del cuore in modo sì perentorio, senza limite di tempo, senza far distinzione tra classe e classe, tra sudditi e regnanti! La lotta era ed è inevitabile, ha riempito e riempie ancora il mondo. –  Gli uomini della scienza e più ancora gli uomini del potere non solo non sanno rassegnarsi alle parti di discepoli e di soggetti in faccia ad altri uomini. sia pure che si atteggino a mandati del Cielo, ma per un cotale istinto, per un cotale bisogno in essi quasi naturale, e quasi per abitudine, hanno la pretensione, che tutti si pieghino dinanzi a loro, che tutti ubbidiscano ad un loro cenno. È sì dolce cosa il comandare! È sì caro al nostro orgoglio vedere chinarsi dinanzi a noi le fronti dei fratelli nostri e poter loro sovrastare! Ora ponete la Chiesa in faccia ai Re e agli Imperatori pagani e più tardi anche in faccia ai Re e agli Imperatori cristiani, nei quali la fede non estingue, né può estinguere al tutto la malnata radice dell’orgoglio, retaggio comune: voi comprendete che questi uomini del potere debbono sentire prepotente il desiderio e quasi bisogno di assoggettarsi questa Chiesa, che parla a nome di Dio, che proclama i diritti sacri della coscienza ed osa dire loro: – Voi potete arrivare sin qui, sulle soglie della coscienza: ma non potete, non dovete andare più oltre. Qui finisce il vostro impero, qui comincia quello di Dio e il mio. – Ciascuno può comprendere di leggeri come gli uomini del potere non solo pàgani, ma anche cristiani e cattolici, nei quali non raramente vivevano ancora le idee pagane, si adontassero e si mettessero in sull’armi. Tutte le altre religioni per timore, o per isperanza, o per difetto di convinzioni dinanzi all’autorità laica si piegavano, calavano agli accordi e vendevano in tutto o in parte almeno la loro libertà: pur di vivere si rassegnavano a servire; solo la Chiesa Cattolica rispondeva: – Io rendo a Cesare ciò che è di Cesare, ma prima rendo a Dio ciò che spetta a Dio; io ubbidisco in tutto ciò che non offende i diritti di Dio; dove questi sono offesi, non posso, non voglio, non debbo ubbidire. Potete tormentarmi, sbandirmi, gettarmi nelle carceri, tormentarmi, sbandirmi, caricarmi di catene, trascinarmi sul patibolo; ma da me non avrete altra risposta di questa in fuori: Bisogna ubbidire prima a Dio che agli uomini -. Ecco ciò che forma la forza e la grandezza della Chiesa e che naturalmente eccitò contro di Essa i sospetti, le ire e gli odii implacabili di quasi tutti i poteri della terra. Ecco in fondo la vera causa delle lotte tra Chiesa e Stato, che riempiono tutto il medio evo, che sotto altre forme appariscono dal medio evo fino alla rivoluzione francese e dalla rivoluzione francese giungono fino ai nostri giorni. La Chiesa Cattolica prega per Nerone, secondo il precetto di Pietro e Paolo: prega per tutti i poteri pubblici e li onora in Oriente e in Occidente, anche quando la perseguitano: Essa riconosce gli Imperatori di Germania e di Russia anche quando vede i suoi Vescovi, sacerdoti e fedeli multati, imprigionati ed esuli erranti sotto il cielo di Siberia; ma non è mai, che ceda loro un solo punto di dottrina, che tradisca un solo apice delle verità ricevute da Cristo. Tanta costanza e fortezza d’animo dovrebbe colmare di meraviglia il mondo e in quella vece accende le sue ire ed arma il suo braccio. – È ciò che Cristo previde ed annunciò e che ci spiega la storia sempre antica e sempre nuova della sua Chiesa. Noi ti salutiamo, o Chiesa di Dio, specchio fedele del tuo fondatore e sposo, Gesù Cristo. Tu sei veramente segno: “D’inestinguibil odio – E d’indomato amor” – Nelle persecuzioni, che sono tue inseparabili compagne, vediamo adempito il vaticinio di Cristo e troviamo la soluzione naturale di questa lotta che sembra inesplicabile, fra te e il secolo. Noi ci raccogliamo sotto le tue tende, ascoltiamo le tue parole, ubbidiamo ai tuoi cenni, sempre memori di ciò che a te disse il divino Maestro – Ecco io sono con voi fino al termine dei tempi – Ecce ego vobiscum sum usque ad consumationem sæculi -.

IL CREDO

Offertorium

Orémus – Ps LXVII: 29-30

Confírma hoc, Deus, quod operátus es in nobis: a templo tuo, quod est in Jerúsalem, tibi ófferent reges múnera, allelúja.

[Conferma, o Dio, quanto hai operato in noi: i re Ti offriranno doni per il tuo tempio che è in Gerusalemme, allelúia].

Secreta

Múnera, quæsumus, Dómine, obláta sanctífica: et corda nostra Sancti Spíritus illustratióne emúnda.

[Santifica, Te ne preghiamo, o Signore, i doni che Ti vengono offerti, e monda i nostri cuori con la luce dello Spirito Santo].

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Acts II: 2; 4

Factus est repénte de coelo sonus, tamquam adveniéntis spíritus veheméntis, ubi erant sedéntes, allelúja: et repléti sunt omnes Spíritu Sancto, loquéntes magnália Dei, allelúja, allelúja.

[Improvvisamente, nel luogo ove si trovavano, venne dal cielo un suono come di un vento impetuoso, allelúia: e furono ripieni di Spirito Santo, e decantavano le meraviglie del Signore, alleluja, alleluja.]

Postcommunio

Orémus.

Sancti Spíritus, Dómine, corda nostra mundet infúsio: et sui roris íntima aspersióne fecúndet.

[Fa, o Signore, che l’infusione dello Spirito Santo purifichi i nostri cuori, e li fecondi con l’intima aspersione della sua grazia] .

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

https://www.exsurgatdeus.org/2018/09/13/ringraziamento-dopo-la-comunione-1/

https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.