LE TRIBOLAZIONI NELLA CHIESA: OBBLIGHI DEI FEDELI (II)

OBBLIGHI DEI PASTORI E DEI FEDELI NELLE TRIBOLAZIONI DELLA CHIESA

ESPOSTI DAL

P. ALFONSO MUZZARELLI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ,

ROMA – STAMPERIA DELLA S. GC. DE PROPAGANDA FIDE – AMMINISTRATA DAL SOC. CAV. PIETRO MARIETTI – 1866

RIFLESSIONI SULLE TRIBOLAZIONI DELLA CHIESA (II)

Né questa è la sola gioia della Chiesa. Quanti anche di quelli, che prevaricarono, pentiti ritornano al di lei seno, confessan il lor delitto, divengono agli altri esempio di penitenza, e attestano nella loro riconciliazione la pietà della madre, che gli ha generati! Né tutti aspettano l’aura di pace, che gli trasporti tranquillamente al lido. In mezzo alla stessa tempesta alcuni si ravvedono della apostasia dalla fede, che il timore o l’interesse, o l’ambizione in essi produssero. Perseguitati fuor della Chiesa da un atroce rimprovero della coscienza più che non lo furono nella Chiesa dalle minacce de’ suoi nemici, delusi nelle fallaci loro speranze, spogliati da quei medesimi che gl’invitarono a una vergognosa diserzione, s’avvedono finalmente della seduzione, riconoscono il lor delitto, rendendo col loro ritorno una gloriosa testimonianza alla verità della fede, che abbandonarono. La storia ecclesiastica ridonda di questi trofei della Religione, e infonde venerazione e invidia ai più calamitosi tempi della Chiesa per la gloria, ch’essa vi raccolse ne’ suoi confessori e penitenti. – Intanto dalle agitazioni sofferte dalla Chiesa, e da essa per divino aiuto vittoriosamente superate senza lesione o macchia della sua dottrina e della sua morale si accrescono ogni giorno più i motivi di credibilità appresso gli esatti pensatori per conoscere la divinità della di lei Fondazione. Come mai fra le violenze dei pagani, fra le sottigliezze degli eretici, fra le discordie degli stessi teologi, minata sotto ai piedi dagl’insidiosi artifizii di una ingegnosa, erudita e onnipotente incredulità, la Chiesa Cattolica ha potuto sussistere, e sussiste tuttavia immacolata nella sua credenza e nelle sue leggi? Come mai in una guerra di diciotto secoli attizzata da tutte le parti e in tutt’i modi contro la di lei Dottrina, pur nondimeno oggi s’insegnano da essa quelle stesse verità, che furono insegnate da Gesù Cristo e dagli Apostoli, senza diminuzione varietà e alterazione veruna, con essersi queste sempre più dichiarate e dilucidate in mezzo a quelli stessi sulfurei globi di fumo, che l’abisso ha continuamente vomitato dalle sue viscere per oscurarle? Come mai è ciò accaduto nella sola Chiesa Cattolica; non ne’ Portici e nelle Accademie dei filosofi e dei letterati? Gli astronomi, i fisici, i naturalisti, i medici, i chimici, i giurisconsulti, i politici, i ragionatori di religione, di morale, di commercio e di legislazione sono stati rovesciati gli uni sugli altri coi loro sistemi dalle onde dei secoli, che incalzandosi seppellirono sotto i lor gorghi, o trasportarono nell’oceano del disprezzo e della confusione quelle sublimi produzioni, che furono il risultato dello studio più profondo, del genio più ammirato, e della protezione de’ principi più liberali. Non si può più discernere con sicurezza ciò, che insegnarono Platone, Aristotile, Zenone, Epicuro. I loro discepoli alterarono la dottrina dei maestri: e gli eruditi de’ secoli posteriori dopo le più accurate diligenze per separare l’originale dottrina di que’ filosofi dalle addizioni e variazioni introdotte dai discepoli, lasciano luogo tuttavia a prolisse e interminabili disputazioni. Ma il Codice della dottrina e della legislazione divina della Chiesa Cattolica corre tuttavia senza variazione nelle mani di tutti; si è conservato ad onta dei saccheggi dei barbari rapaci, e della stupidità dei secoli tenebrosi; i nemici più eruditi della Chiesa non hanno trovato argomento plausibile per negare la sua legittima autenticità. Ora ecco da una parte la dottrina di Mosè, di Gesù Cristo, e degli Apostoli; ecco dall’altra la dottrina presente della Chiesa Cattolica. Confrontate e mostrateci, se è possibile, alcuna diversità tra l’una e l’altra. Che se questa costante purità e integrità della cattolica insegnanza si fosse conservata sotto la protezione dei potenti del secolo per un corso così lungo di tempo, ciò sarebbe nondimeno un evento meritevole di somma ammirazione, per non essere mai accaduto dacché mondo è mondo di qualunque altra più favorita dottrina. Ma poiché ciò è avvenuto fra tanti urti, inimicizie, assalti, e insidie di tutt’i poteri della terra, e degli abissi, questo fatto non può certamente spiegarsi, se non si ammetta, che una podestà soprannaturale e divina è quella, che presiede e sostiene intatta la dottrina della Chiesa di Gesù Cristo. Bisogna pur confessare per l’amore della sincerità, e della divina gloria della Chiesa, che vi sono stati dei tempi così infelici, di cui sembra quasi, che non possano immaginarsi i peggiori, e nei quali veduta si è deturpata dai vizii persino la Cattedra de’ Romani Pontefici. Tale fu il secolo decimo, di cui ecco che cosa scrive il Padre della storia ecclesiastica, il Ven. Cardinal Baronio all’anno 900 (num. 1 e 3): « Incomincia, egli dice, un nuovo secolo solito a chiamarsi Ferreo per la sua barbarie e sterilità del bene, di Piombo per la deformità del vizio inondatore, e Oscuro per la inopia di Scrittori… Certamente non parve, che la Chiesa si trovasse giammai in più grave cimento, né in più manifesto pericolo di total ruina, come lo fu nel vedersi agitata dalle tumultuose procelle di questo secolo. Imperocchè tutto ciò, che soffrì un giorno la Chiesa o sotto i gentili Imperatori, dagli eretici, o dagli scismatici e da qualunque altro siasi persecutore, tutto dee riputarsi a confronto di questi mali quasi un giuoco di fanciulli; e anzi dee computarsi per un guadagno, essendochè per quelle antiche persecuzioni la Chiesa divenne più bella, più estesa e più gloriosa, avendo mai sempre riportati trionfi sulla sconfitta empietà. Ma quali furono questi mali, e donde nacque la più acerba di tutte le tempeste? Eccone la cagione, ma tale, che appena si troverà chi lo creda, anzi neppure appena sarà creduto, se pure nol veda co’ propri occhi, e nol maneggi egli stesso. Che indegne cose, turpi e deformi, e inoltre esecrande e abbominevoli fu costretta a soffrire la Sacrosanta Sede Apostolica, sul cui cardine tutta si aggira la Cattolica Chiesa, allorquando i Principi secolari quantunque Cristiani, ma in questa parte degni d’esser chiamati ferocissimi tiranni, si usurparono dispoticamente l’elezione dei Romani Pontefici! Quanti mostri orrendi a vedersi, oh vergogna e dolore! furono allora intrusi in quella Sede, che agli Angeli stessi è rispettabile! Quanti mali per essi nacquero; quante tragedie si consumarono! Di quante sordidezze rimase allor aspersa quella, ch’era senza macchia e senza ruga, di qual fetore infetta, di quali lordure imbrattata, e per esse di perpetua infamia denigrata! » Sin qui il Cardinal Baronio in qualità di storico sincero, che compiange i mali della Chiesa, ma non gli nasconde. Ascoltate ora lui stesso parlare e ragionar da filosofo (Ivi num. 1) « Sulle porte di questo secolo infelice al rimirare in faccia l’abbominazione desolante nel Tempio di Dio, non prendano scandalo i pusilli, ma piuttosto ammiri ciascuno, come alla custodia di questo Tempio sta vigilante la Divina Onnipotenza, poiché a sì turpe abbominazione non tenne dietro, come altra volta, la desolazione e ruina del Tempio, e si conosca, che questo secondo Tempio è stabilito su fondamenti più saldi del primo; cioè nelle promesse di Cristo più immobili del cielo e della terra, come protestò Egli medesimo. Imperocchè essendo quest’ultimo opera di Dio, fu egli altresì, che con quella onnipotente parola, con cui fermò nel gran vacuo i cieli, stabili perpetuo questo Tempio, allorchè collocandone il fondamento sopra di se medesimo pietra immobile, e congiungendo con indissolubile glutine pietra a pietra disse all’Apostolo Pietro. Tu sei Pietro e sopra questa Pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevaleranno contro di essa. Pertanto siccome è immobile la prima pietra, che è Cristo, così la seconda a lei sovrapposta, che è Pietro, e così immobile e perenne la Chiesa edificata sopra di essi; né potrà distruggersi per i peccati degli uomini l’edificio di Dio, come fu per essi distrutto quello di Salomone: Ecce enim plus, quam Salomon, Hic.» Gli stessi racconti e le stesse riflessioni possono riscontrarsi nel Cardinal Bellarmino (præfat. in libr. de Rom. Pontif.); in Natale Alessandro (histor. eccles. sæc. 9 et 10, cap. 1, art. 17); ed in Mabillon (præf. ad sæcul. 5, Benedict. . § 1, n. 9). E ben vero però, che può prudentemente sospettarsi, esservi della esagerazione nei vizii de’ Romani Pontefici intrusi nella Sede Apostolica durante il secolo decimo, poiché si vedono descritti da una penna piuttosto satirica, che istorica, e poiché gli Annalisti Franchi di quei tempi non ne fanno menzione alcuna. Ma nondimeno quand’anche fossero a dieci doppi maggiori, non farebbero altro, che mostrar sempre più la divina protezione a favore della Cattolica Chiesa, ed a verificare con maggior evidenza le infallibili promesse di Gesù Cristo, non essendo perita la Chiesa, né contaminata essendosi la sua dottrina sulla Cattedra di così viziosi Pontefici. È intanto è da notare anche in quei tempi la provvida sostituzione di mezzi e di grazie a sostegno e propagazione della sua Chiesa. Mentre i Principi arrogandosi una legittima autorità intrusero nella Sede di Pietro alcuni Pastori troppo degeneranti dalla santità dell’Apostolico Ministero non mancarono tuttavia d’illustrarla colla probità, santità della vita, dottrina ecclesiastica, e dilatazione della fede altri non pochi Pontefici. Tali furono Benedetto V, Stefano VIII, Leone VI, Agapito II, Anastasio III, Leone VII, Martino II, Giovanni XIII, Benedetto VII, Giovanni XV, Gregorio V, Silvestro II; come può riscontrarsi nel Breviario de’ Romani Pontefici di Francesco Pagi, nelle loro Vite riportate nell’ultima edizione de’ Concili di M. Mansi, e nel Conato cronologico istorico di Daniele Papebrochio. Donde sempre più si conferma; essersi notabilmente esagerato il numero dei Pontefici scandalosi sedenti sulla Cattedra Romana nel secolo decimo » ed essersi trovato anche in qualche parte ingannato il Cardinal Baronio, che seguendo le testimonianze della continuazione di Luitprando e d’altri storici di quel secolo, non avea sotto gli occhi i posteriori documenti scoperti e pubblicati dopo l’edizione della di lui Storia Ecclesiastica. Intanto ancora fu fioritissimo lo Stato della Chiesa a quell’epoca nell’Italia, Germania, Francia, ed Inghilterra, per la presidenza di ottimi e zelanti Vescovi, e per la religiosa esemplarità di santi Monaci, come può vedersi dal catalogo, che il Padre Mabillon ha inserito nella sua Prefazione al tomo terzo degli Annali Benedettini. Ma comparvero ancora degli uomini abbastanza istruiti secondo la letteratura di que’ tempi nelle scienze ecclesiastiche, come apparisce dai cataloghi degli ecclesiastici Scrittori del Bellarmino, di Natale Alessandro, e di altri recenziori. Che se rivolgasi l’occhio alla Chiesa Orientale, si troverà, che in que’ tempi fiorirono Basilio Macedone, Leone Sapiente, Costantino Porfirogenito benemeriti delle buone lettere e della Fede cattolica, con altri, i quali nella Bizantina istoria vengono con somma lode commendati. I Patriarchi di Costantinopoli, di Alessandria, di Antiochia, e di Gerusalemme comunicavano nella Fede colla Cattedra di Pietro, né si erano lasciati sedurre dallo Scisma di Fozio. Santissimi Monaci risplendevano negli Asceteri della Siria e della Palestina, nel monte Athos, ed in altri eremi della Grecia. Fortissimi Martiri si lasciarono uccidere per la confessione della cattolica Fede dai Saraceni, dai Bulgari e dagli Sciti; e si fa menzione dei gloriosi loro combattimenti nei Menei della Greca Chiesa. Nell’Occidente si tennero non pochi Concili per restaurare l’ecclesiastica disciplina, e vi concorse specialmente nell’Inghilterra lo zelo ancora di alcuni Monarchi cattolici, quali furono Edmondo, ed Egaro Rè di quest’isola. Ciò per altro, che merita maggior attenzione, è ciò, che è stato rilevato da M. Giuseppe Simonio Assemani nella sua Prefazione o dedica al Tomo secondo de’ Calendarii della Chiesa Universale. « Egli è evidente, dice questo eruditissimo Letterato, che nel decimo secolo si aggiunse alla Chiesa Cattolica quasi la terza parte dell’Orbe Cristiano.. Vale a dire gli Slavi, gli Unni, e i Normanni, che tenevano il lor soggiorno nella Svezia, nella Danimarca, nella Russia, nella Polonia, nella Boemia, nella Moravia, nella Carintia, nella Dalmazia, nell’Illirico, nella Macedonia, nella Ungheria, Valachia, Moldavia, Scizia, e negli altri luoghi, nei quali è in uso il linguaggio Slavico, o Turco. » La qual conquista della Chiesa Cattolica vien anche confessata da Guglielmo Cave scrittore eterodosso nella sua Istoria Letteraria sul principio del decimo secolo. Da tutto il qual complesso manifestamente apparisce esservi nella Chiesa Cattolica una superiore divina provvidenza, la quale non solamente la sostiene immobile e ferma fra le tempeste, ma compensa eziandio prodigiosamente le sue perdite e i suoi disastri. – Ma mi direte, che nella persecuzione la Chiesa perde talvolta provincie e regni intieri, dai quali parte esigliata per sempre la fede. Questo è verissimo; ed è uno di que’ più terribili flagelli; con cui nella sua collera punisce Iddio le peccatrici e impenitenti nazioni. Ma questo, che è un danno irreparabile per esse, non suole essere per la Chiesa una perdita, anzi piuttosto un’occasione di nuovi acquisti. In questo caso alle nazioni ribelli d’ordinario Iddio sostituisce le nazioni più barbare, e le arricchisce di quei doni, che furono ingratamente rifiutati da un popolo eletto e beneficato. Si vedono allora compite le minacce di Dio e dei suoi Profeti, e le fiamme dell’incendio dei regni devastati dall’eresia, e abbandonati dalla fede insegnano alle future generazioni, che l’Onnipotente non ha bisogno delle adorazioni e degl’incensi degli uomini, e ch’essi divengano a Lui oggetto di riprovazione, se non si arrendono alle sue correzioni e ai temporali suoi castighi. Il Regno di Dio vi sarà tolto, dicea agli Ebrei il Salvatore del mondo, e sarà dato a un popolo, che ne produrrà i frutti (Matth. XXI, 43). Che cosa farà il Padrone a que’ vignaiuoli, che si sono ribellati contro di lui? Farà malamente perire questi miserabili, ed affitterà la vigna ad altri, che la coltiveranno, e si prenderanno cura di farla fruttificare (Ib. V, 40). Quindi S. Paolo e S. Barnaba ritirandosi dall’ostinata Giudea, e portandosi a predicare ai Gentili il Vangelo, dissero agli Ebrei: Poiché voi rigettate la parola di salute, e vi reputate indegni della vita eterna, ecco che noi ci rivolgiamo verso le Nazioni, perché il Signore ci ha così ordinato (Act. XIV, 46). – Terribile sostituzione, io non lo nego, ma la quale non è che un avveramento delle minacce del Signore, e che in conseguenza conferma la divinità della Cattolica Chiesa. Sostituzione, la quale, come ho già detto, compensa abbondantemente la Chiesa della sua perdita. Che cos’era il popolo Giudeo in paragone di tutte le nazioni del mondo? Or perché questo popolo non volle ricevere la legge Evangelica, a quali e quante nazioni non fu predicata? quanti popoli non si sono convertiti e santificati? Che cosa erano alcuni regni e provincie dell’Europa a confronto delle immense regioni dell’America? Or perché questi regni e provincie si ribellarono a Dio, e preferirono degli apostati a Gesù Cristo, quante barbare genti di là dai mari agghiacciati piegarono il collo al soave giogo del Vangelo? Né in questo severo giudizio Iddio si dimenticò de’ suoi servi Fedeli. Forse non si convertirono alla Fede anche alcuni del popolo Giudeo, benché la Sinagoga fu riprovata? Forse nell’Inghilterra non rimase mai sempre un numero eletto di fervorosi Cattolici, benché restasse soggiogata dall’eresia? Forse negli ultimi tempi non rimanevano molte famiglie emulatrici della credenza e della carità de’ primitivi Cristiani in que’ luoghi medesimi, di dove pareva. Per sempre sbandita la Fede? Ricorrete i secoli scorsi, e osservate, come Iddio ha continuamente ricompensate le perdite della sua Chiesa, ed ha persino rivolti a propagarla quei mezzi, che i di lei nemici adoperano a distruggerla. La Chiesa nascente fu sbandita dalla Giudea, dove aveva ricevuta la culla. Ma quella persecuzione le apri un campo immenso in cui dilatare il suo dominio, e nella sua fuga si distese da Gerusalemme sino a Roma, alla Grecia, all’Europa e al mondo tutto. Sparse Ario la pestilente sua dottrina, mentre perseverava ancora contro la Chiesa a incrudelire la Romana ferocia. Ma non molto di poi il gran Costantino sottomise alla Sede di Pietro l’Imperial Diadema, e seco trasse la conversione d’innumerabili gentili; acquisto senza dubbio Superiore ai detrimenti, che dagli Ariani la Chiesa sostenne. É vero, che per due secoli e mezzo l’Ariana eresia soffocò gran parte dei seminati, e desertò le campagne di Cristo. Ma in que’ secoli istessi si fece tributarii alla Fede i Galli, e le lontane regioni situate vicino all’Istro, gli Armeni, i Borgognoni, i Saraceni, gli Scozzesi, i Persiani, i Bavari, gli Omeriti di là dall’Egitto, i Franchi sotto îl famosissimo Clodoveo (Sozom. lib. 2, cap. 5 e seg. Ruffin. 1.1, cap. 9, Socrat. 1.1, cap. 19, et l. 4, c. 33 e 36, Theodoret. I. 1, c. 24; Evagr. lib. 4, cap. 20 e seg.). – Si aggiunsero compagne ad Ario l’eresie di Nestorio, di Eutiche, di Pelagio, di Sergio e di Pirro, favoreggiate dalla potenza di molti Imperatori. E per altro furono compensate le perdite colla conversione dell’Ibernia, dell’Inghilterra, delle Fiandre, e d’altri popoli della Germania (Sigisbert. in Chronic.). Mentre gl’Iconomaci Imperatori d’Oriente infuriavano contro le sacre Immagini, Gregorio II ridusse a compimento per opera di Bonifazio la gloriosa conquista dell’Alemagna. Si sottomisero a Cristo i Dani, i Sassoni domati da Carlo Magno, gli Sclavi, gli Unni, i Gothi, i Suevi, i Boemi, i Bolgari (Bzovius 1. 4, sign. 7). Recò gran piaga alla Chiesa lo Scisma ostinato della Chiesa Greca, e la vita scandalosa di alcuni Romani Pontefici. Ma come abbiamo veduto, in quel tempo si perfezionò ed ampliò la conversione delle nazioni d’Europa. Abbracciarono la fede i Moravi, i Dalmati, i popoli dell’Ilirico, della Scizia e della Pomerania. Seguirono le loro orme la Norvegia, la Zelandia, la Scandinavia, l’Ungheria, la Polonia e la Russia. E così fu trasportata sino a’ nostri giorni la Fede da uno ad altro popolo, onde si verificasse mai sempre la parola di Gesù Cristo intorno alla indefettibile durazione della Chiesa, e al castigo delle nazioni apostate dal Vangelo. Voi vedete adunque, che non sono le persecuzioni per la Chiesa, e per i Fedeli quel gran male, che voi andate immaginando, e che sono anzi per essa, e per loro un tesoro nascosto della divina beneficenza. E pure vi sono degli uomini, i quali non sanno combinare queste permissioni di Dio colla sua gloria, e colla sua santità. Come, mai dicono essi, lascia Iddio, che gli empii s’innalzino a un grado così sublime di prosperità, e sopraffacciano i giusti, di modo che si direbbe, che Dio stesso gli ha piantati, e che ha dilatate le lor radici? Quare via impiorum prosperatur? Plantasti eos, et radicem miserunt; proficiunt, et faciunt fructum? (Ierem. 12, 1). Ma io vi ho già risposto, che voi supponete il falso. Imperocchè la maggior parte de’ tribolati non sono veramente giusti. Aggiungo ora, essere egualmente falso, che gli empii sieno totalmente prosperati, benché prevalgano per qualche tempo contra il giusto. Essi potrebbero assomigliarsi a que’ demonii, che nell’abisso tormenta noi peccatori, e i quali non per questo possono chiamarsi felici. Quanti anche di loro periscono sotto la spada; quanti languiscono negli stenti; quanti sono straziati dai rimorsi della coscienza, dalla incontentabilità delle passioni! Essi non son forti, che per eseguirei giudizi di Dio a correzione de’ peccatori, e a prova de’ giusti, Domine in iudicium posuisti eum, et fortem, ut corriperes; fundasti eum (Habac. 1). Ma sostenete ancora per qualche tempo, e vedrete, che gli empii non esistono più, e non vivono fuorché nell’abbominazione degli uomini.Il vostro peggior errore per altro si è di misurare la gloria di Dio e della Chiesa col tempo e non colla eternità. Sembra impossibile in un Cristiano questo errore, ed io di fatti non lo credo in esso lui un errore, ma una irriflessione, e una dimenticanza. Il regno di Dio è un regno eterno. Egli ha presenti al suo sguardo tutti, e nel medesimo istante i secoli scorsi; e quelli, che verrannodi poi, e nello stesso tempo, che vede i momentanei assalti degli empii contro il suo trono, contempla ancora l’ignominiosa eterna loro sconfitta. Per questo, dice S. Agostino, Dio è perchè così paziente, è eterno. Dominus patiens, quia æternus. La Chiesa sposa di Gesù Cristo, ed or militante contro l’armi de’ suoi nemici, sarà finalmente coronata di trionfi e di gloria senza timore d’esser mai più assalita. Il giorno estremo dell’universale giudizio giustificherà la divina provvidenza per la sua Chiesa, e riempirà di confusione e d’obbrobrio que’ perfidi, che l’insultarono. Ma questo giorno, che tarda per voi, e che vedete così di lontano fra l’ombre incerte e oscure de’ tempi, non tarda per Dio. Questo giorno è presente a’ suoi occhi, come lo sarà per noi, allorquando sen giunga, ed egli sin d’ora calca col piè vittorioso il dorso degli avversari della Sposa. sua Quel tempo, che noi chiamiamo col nome di secolo, il corso di mille anni non è “appresso di lui, che un sol giorno, e un giorno è a lui dinanzi, come lo sono per noi mille anni”. Unum vero hoc non lateat vos, charissimi, quia unus dies apud Dominum sicut mille anni, et mille anni sicut dies unus (2 Petr. III, 8). Riflettete, che questa verità è di tanta importanza, che l’Apostolo S. Pietro vi scongiura ad averla presente, quasi fosse la sola cosa necessaria a sapersi: unum vero hoc non lateat vos, charissimi. E perchè? Perché in questa verità sta nascosta la soluzione di tutti i dubbi vostri di tutte le vostre meraviglie, di tutti i vostri scandali. Voi stupite e vi scandalizzate persino, che la Chiesa di Gesù Cristo sia perseguitata. È quanto, dite voi, quanto mai tarderà Iddio a farsi temere e a vendicarsi? Ah non tarda Iddio, no non tarda. Non tardat Dominus promissionem suam, sicut quidam ezistimant. (Ibidem). Voi parlate un linguaggio, che non è quello di Dio, perché la dilazione di mille anni è per lui come quella di un sol giorno. Apud Dominum mille anni sicut dies unus. Egli non tarda, ma opera pazientemente in grazia vostra, non volendo che alcuno perisca, desiderando, che tutti ritornino a penitenza. Sed patienter agit propter vos, nolens aliquos perire, sed omnes ad pœnitentiam reverti. Che se i suoi nemici vorranno perseverare nella impenitenza, e nell’odio contro la Chiesa, verrà poi alla fine quel giorno preparato dai secoli eterni, nel quale risarcirà la Chiesa della sua gloria, e coprirà l’empio dell’eterna irreparabile ignominia. Opera Iddio colla sua Chiesa della stessa provvida maniera, con cui ha operato col suo divin Figliuolo sulla terra. Imperocché Gesù Cristo è il capo, e la Chiesa è il di lui corpo. Troppo dunque era conveniente, che nell’ordine della provvidenza a Gesù Cristo divenisse conforme la Chiesa; E quale avvilimento non dovrebbe a voi parer quello, con cui Gesù Cristo è venuto al mondo? Egli apparisce un impotente per la sua povera condizione, per la mancanza di protezioni, per la sua età di bambino. I Betlemmiti ricusano di prestare un alloggio a sua Madre benché vicina al parto, e bisogna cedere alla lor crudeltà senza il minimo risentimento. Voi siete, o mio Dio, che avete fatto l’estate e il verno, la primavera e l’autunno, ma sembra, che non possiate difendervi dai rigori della stagione. Voi non potete fare un passo da voi stesso, ed è necessario, che Maria e Giuseppe vi trasportino da un luogoall’altro sulle loro braccia.Chi avrebbe mai detto, che Gesù era la sapienza del Padre? Egli mostra apparentemente l’ignoranza e l’imbecillità di un bambino,che non sa nemmeno articolare una parola per esprimere i suoi pensieri e i suoi sentimenti. Nelle circostanze della sua nascita egli comparisce di un grado inferiore alla condizione degli altri uomini. Qual uomo nasce in una stalla; qual bambino ha per culla una mangiatoia, e per compagnia due animali? Ma avvicinate questo giorno a quello del Giudizio, che per voi è sì lontano, ma dinanzi a Dio è più vicino, che il giorno di domani. Allora Gesù Cristo spiegherà un carattere di sovranità, di potenza e di sapere tutto proprio d’un Dio. In quel giorno il Padre gli darà la stessa sua gloria, e tutto il corteggio degli Angeli, affinché il Figliuolo dell’Uomo sia riconosciuto ancora per Figliuolo di Dio: Filius homines venturus est în gloria Patris sui cum Angelis suis (Matih. XVI, 27).In quel giorno tutte le tribù della terra lo vedranno discender dal Cielo sul dorso luminoso delle nubi con gran potere e maestà. Videbunt Filium hominis venientem în nubibus cœli cum virtute multa, et maiestate (Matth. XXIV, 30). In quel giorno egli sarà grande in modo, che collo splendore della terribil sua gloria illuminerà tutta la terra. Si farà veder come una folgore; che si striscia rapidamente per i sentieri dell’aria, e sembra, che voglia avvampare con una luce sanguigna le sottoposte campagne. Sicut fulgur coruscans de sub Cœlo in ea quæ sub Cœlo sunt, fulget; ita erit Filius die sua (Luc. XVII, 24). Allora Egli produrrà tutto il potere sovrano d’un Dio. Potere di distruzione, che oscurerà il sole e la luna, e farà precipitare dal cielo le stelle, che avvamperà d’incendio la terra, che invilupperà nelle fiamme i suoi nemici, e farà commuovere dalle lor sedi i cieli, e liquefarsi in fumo. Potere di edificazione istantanea e miracolosa, che richiamerà a ricomporsi, ad organizzarsi, e a rivivere le polveri dei defunti disperse sulla faccia della terra, o mescolate colle arene del mare. Potere di giudizio, per cui convocherà ad esame, e pronunzierà sentenza inappellabile su tutte le generazioni d’Adamo. Potere di Re, con cui metterà a possesso d’un regno eterno i fedeli suoi servi, e fulminerà per sempre col folgore della maledizione i suoi nemici. Ah allora si farà conoscere altresì da questo secolo tutto luce, e tutto tenebre; luce di carnale sapienza, e tenebre di celeste verità. Svilupperà in faccia al Mondo il mistero della sua dissimulazione e del suo silenzio, per cui s’argomentarono gli empii, che Dio non vi fosse, o fosse divenuto imbecille: silenzio di provvidenza, che voleva lasciar libero il corso a quelle vicende, che avrebbero corretta e migliorata la Chiesa: silenzio di prova, con cui, voleva tentare un sovrano esperimento della fedeltà de’ suoi eletti: silenzio di pena, con cui la divina giustizia abbandona l’incredulo alla sua cecità e al suo induramento: silenzio d’un Dio, che stava dall’alto dei Cieli contemplando, qual nuovo ordine di società e di culto avrebber saputo effettuare quei geni superbi, che anelavano a distruggere l’ordine da Lui stabilito. Ecco quel giorno aspettato da Dio nel suo silenzio per vendicare i torti fatti a Gesù Cristo e alla Chiesa; e questo stesso è quel giorno, che deve in silenzio aspettare il Cristiano per veder l’esito delle persecuzioni e dei persecutori. Il prescindere da quest’oggetto, il dimenticarlo, il non farne quasi più conto, egli è segno di una fede debole e vacillante; è un indizio di cuore unicamente sollecito dei beni caduchi, e della gloria momentanea del Mondo. Sarebbe certamente vergognosa debolezza per un Cristiano il lasciarsi superare in queste riflessioni da un Filosofo gentile. Plutarco ha scritto un Commentario intitolato: de tarda Dei vindicta; nel quale propone molte buone ragioni sul presente argomento. Se è cosa ardua, egli dice, per gl’imperiti l’indovinare il consiglio del medico, perché abbia fatto il taglio non prima, ma dopo, e perché piuttosto oggi che ieri abbia apprestata qualunque medicina; molto meno debbono cercar gli uomini di sapere, perché Dio, il qual conosce il tempo opportuno di punire l’improbità, scelga piuttosto un tempo che l’altro; anzi comprender debbono, non essere conveniente, che in questo egli osservi un solo e medesimo tempo per tutti. Quid ergo mirandum, si cum res humanæ ita sint obscuræ, de consilio dicere parum espeditum sit, quamobrem delinquentium ab his postea, ab illis, prius piacula exigat? Niun miglior frutto può l’uomo raccoglier da Dio quando esprimendo e ricopiando in se stesso l’ornamento delle di lui perfezioni. Ora Egli suole punire lentamente i malvagi a fine di toglier da noi la ferocia e l’impeto della vendetta, e per insegnarci a non lasciarci trasportar dalla collera impetuosa, che s’infiamma a dispetto della ragione contro coloro, che ci travagliarono; ma vuole, che ricopiato la di Lui piacevolezza e lentezza con moderazione e riflessione,e che prendiamo a nostro consigliere il tempo, il quale non precipita in azioni soggette a pentimento, e di questa maniera procediamo ad esiger dagli altri il castigo. Per lo che se gli esempi degli uomini celebri, e le loro moderate azioni sono capaci di frenare in noi il bollor della collera; molto più dee ciò da noi ottenere la contemplazione di Dio, il quale non soggetto a timore o pentimento, pur nondimeno sospende la vendetta, e ne aspetta pazientemente il giorno. Dobbiam dunque giudicare, che la mansuetudine e tolleranza appartiene a una virtù divina, la quale se punisse subito correggerebbe pochi, e castigando tardi apporta a molti. utilità ed emendazione; quæ plectendo paucos corrigit; tarda plectendo multis commodat, eosque emendat. Questo non è, che un piccolo saggio dei nobili sentimenti, che Plutarco ha lasciati in questa operetta, e che avrebbero anche più vigore, se fossero corroborati non dagli esempi di eroi pagani, ma da quelli del Figliuol di Dio, e de’ suoi fedeli seguaci. Che rimprovero sarebbe per noi, se col lume della fede, colla dottrina del celeste nostro Maestro, colla scorta della mansuetudine del Figliuol di Dio e dei Santi non giungessimo a tanto di pareggiar almeno i gentili filosofi, che rimasero di queste verità persuasi dalla sola guida della ragione, e dall’esempio di alcuni de’ loro falsi Eroi? Io ripiglio ora quello, che ho detto sin ora, e lo ristringo in breve tratto per maggior chiarezza. La provvidenza di Dio nel governo della sua Chiesa è diretta al bene spirituale de’ Fedeli, alla gloria della Chiesa in tutti i secoli, e alla di lei esaltazione nella fine dei tempi. – Qual è il bene spirituale dei Fedeli? La pratica delle virtù, la mortificazione delle passioni e della carne, e l’estirpazione de’ vizi. Ora egli è evidente, che le persecuzioni sono il mezzo più sicuro e più universale per ottener quest’effetto. Dunque, è conveniente che Dio procuri alla sua Chiesa questi vantaggi per mezzo delle persecuzioni. Qual è la gloria della Chiesa in tutti i secoli? L’essere sempre stata combattuta in tutti i modi dagli empii, e il non essere mai stata superata da loro. Questa è la gloria principale della Chiesa, perché mostra, che l’onnipotenza divina veglia costantemente a suo favore, e perché in lei e di lei così verificano le predizioni del Figliuol di Dio. Dunque la provvidenza di Dio deve permettere sì fatti combattimenti nella sua Chiesa. Quale sarà l’esaltazione della Chiesa nella fine dei tempi? L’essere coronata come vincitrice de’ suoi nemici, e l’essere riconosciuta per la vera Chiesa da’ suoi sprezzatori. Tunc stabunt iusti in magna constantia adversus cos qui se angustiaverunt, et qui abstulerunt labores eorum (Sap. 5). Gesù Cristo medesimo sarà glorificato nella sua Chiesa e colla sua Chiesa, quando tutti i suoi nemici saran posti sotto i suoi piedi. Oportet illum regnare, donec ponat inimicos omnes sub pedibus eius (1 Corinth. XV, 25). Egli non è dunque meraviglia, se intanto Dio permette così frequenti e feroci assalti contro la Chiesa di Gesù Cristo. Se non vi fossero guerre,ostilità e persecuzioni, non vi sarebbero nemmeno vittorie e trionfi. -Ma gl’increduli non conoscono questa provvidenza, e intanto deridono la Chiesa di Dio. Lasciate, ch’essi si prendano questa momentanea soddisfazione. Iddio gli abbandona alla lor maligna e affettata ignoranza, e questa è una vendetta degna di Dio sopra i superbi. Un Dio, che non ha bisogno di nessuno, saprà glorificare in essi la sua giustizia, poiché essi non han voluto glorificare la sua misericordia. Universa propter semetipsum operatus est Dominus: impium quoque ad diem malum (Prov. XVI, 4).Ma gli stessi Cattolici si scandalizzano della condotta di Dio, e del trionfo passeggero degli empii. Quali sono questi Cattolici? Quelli, che hanno attaccato il lor cuore al Mondo, e pare che ristringano tutte le benedizioni di Dio a una misera felicità temporale. Quelli, che si dolgono, che la Fede sia perseguitata, non tanto per zelo della Fede, quanto perché nella persecuzione si trovano al cimento di perdere i posti, le sostanze e gli onori. Quelli, che hanno una fede, e una cognizione debole dei beni dell’altra vita, e del premio, che Iddio tiene preparato ai tribolati. Imperocchè se avessero una fede viva, una ferma speranza, un’ardente carità, si consolerebbero piuttosto delle disgrazie sofferte per la confession del Nome di Gesù Cristo. Ibant gaudentes a conspectu Concilii, quoniam digni habiti sunt pro nomine lesu contumeliam pati (Act. V, 41). Ora che deve fare Iddio per correggerli? Secondarie i lor desiderii, renderli tosto vittoriosi degli empii, moltiplicare ad essi le sostanze e gli onori? Questo sarebbe un fomentare i lor vizi, e un confermarli nell’errore. È dunque più vantaggioso per essi, che colla privazione dei beni della terra ne conoscano la caducità e la vanità, e sieno tratti quasi per forza a prender maggior sollecitudine dei beni eterni, e ad abbandonarsi tra le braccia della divina provvidenza. Dite lo stesso e molto più di tant’altri, i quali hanno la fede, ma una fede contradetta dalle opere, e che non basta a salvarli. Sono essi, che in virtù di una fede morta pretenderebbero di aver parte in tutte le benedizioni di Dio, e di trionfare gloriosamente de’ lor nemici. Se Iddio gli esaudisse, essi moltiplicherebbero i lor peccati, e si allontanerebbero sempre più dalla via della salute. Egli è a questi, che Dio intima per mezzo della persecuzione: Usquequo claudicatis în duas partes? Si Dominus est Deus, sequimini eum; si autem Baal, sequimini illum (3 Reg. XVIII, 21).Ma pur troppo non pochi di questi scellerati nel tempo della persecuzione si dividono dalla Chiesa, e si collegano co’ suoi nemici. È vero; ma essi rendono giustizia in questa maniera alla santità della Chiesa, colla quale non eran d’accordo i lor costumi. Essi faceano più nocumento alla Chiesa col mostrarsi falsi Cattolici, che nol faranno coll’arrolarsi fra i miscredenti. Longe plus nocet falsus catholicus, quam sì verus appareret hæreticus (S. Bernard. In Cantic. Serm. 65, num. 4). Bisogna consolarsi, quando questi malvagi escono dalla Chiesa, così cessano di attaccare segretamente il contagio alla greggia di Gesù Cristo.« Gratulandum est, cum tales de Ecclesia separantur, ne oves Christi sæva sua, et venenata contagione prædentur… Sic probantur fideles, sic perfidi deteguntur. Sic et ante iudicii diem hic quoque iam iustorum atque iniustorum animae dividuntur, et a frumento paleæ separantur » (S. Cyprian. de Unitat. Eccl.).» Alcuni di loro tornano poi alla Chiesa, e con un sincero e pubblico pentimento rendono onore alla Fede, e assicurano la propria salute. Ma vi sono anche de’ giusti, dei timorati e prudenti, che si lasciano sedurre o dalle lusinghe, o dalle minacce dell’eresia. Chi può credere, ch’essi fossero veracemente giusti, e timorati, e prudenti, se si lasciarono così facilmente guadagnar dall’errore? « Quare ille vel ille fidelissimi, prudentissimi in Ecclesia in illam partem transierunt? Quis hoc dicens non ipse sibi respondet, neque prudentes, neque fideles æstimandos, quos hæreses potuerint demandare (Tertull. de Præscript. cap. 3).» Il grano non è trasportato in aria dal vento, né le piante di profonda radice sono svelte dalla procella. Le vuote paglie sono innalzate dal vento, e i deboli arboscelli sono spiantati dal turbine. « Triticum non rapit ventus, nec arborem solida radice fundatam procella subvertit. Inanes paleæ tempestate iactantur, invalidæ arbores turbinis incursione evertuntur. » (Cyprian. de Unitat. Eccles.). [2 Continua …]