XXIV ED ULTIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE (2020)

XXIV ED ULTIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE. (2020)

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Semidoppio. – Paramenti verdi.

Quest’ultima settimana chiude l’anno ecclesiastico, e con essa si chiude la storia del mondo, iniziatasi coll’Avvento. Perciò in questa domenica la Chiesa fa leggere nel Breviario il libro del Profeta Michea (contemporaneo di Osea e di Isaia) con il commento di S. Basilio, che tratta del giudizio universale, e nel Messale il Vangelo dell’Avvento del Giudice divino. « Ecco, dice Michea, che il Signore uscirà dalla sua dimora; e camminerà su le alture della terra; le montagne si scioglieranno sotto i suoi passi e le valli fonderanno come la cera dinanzi al fuoco, e spariranno come l’acqua su un pendìo. E tutto questo per causa dei peccati d’Israele ». Dopo questa minaccia il Profeta continua con promesse di salvezza « Ti radunerò totalmente, Giacobbe, riunirò quello che resta d’Israele; lo radunerò come un gregge nell’ovile». Gli Assiri hanno distrutto Samaria, i Caldei hanno devastato Gerusalemme, il Messia riparerà tutte queste rovine. Michea annunzia che Gesù Cristo nascerà a Gerusalemme e che il suo regno, che è quello della Gerusalemme celeste, non avrà fine. I profeti Nahum, Habacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia, i libri dei quali si leggono nell’ufficiatura della settimana, confermano quanto ha detto Michea. Gesù nel Vangelo comincia con l’evocare la profezia di Daniele, che annunzia la rovina totale e definitiva del tempio di Gerusalemme e della nazione ebrea per opera dell’esercito romano. Questa abominazione della desolazione è il castigo in cui il popolo di Israele ha incorso per la sua infedeltà, che è giunta al colmo, quando ha rigettato Cristo. Questa profezia si realizzò infatti qualche anno dopo la morte del Salvatore, allorché la tribolazione arrivò a tal punto, che se avesse durato ancora più a lungo nessun Ebreo sarebbe sfuggito alla morte. Ma per salvare coloro che si convertirono in seguito ad una si rude lezione, Dio abbreviò l’assedio di Gerusalemme. Così farà alla fine del mondo, di cui è figura la distruzione di questa città. Al momento del secondo avvento di Cristo vi saranno senza dubbio tribolazioni ancor più terribili. «Molti impostori, fra i quali l’Anticristo, faranno prodigi ancora più satanici per farsi credere il Cristo; allora, l’abominazione della desolazione regnerà in altro modo nel tempio, poiché, spiega S. Girolamo « sorgerà, secondo quanto dice S. Paolo, l’uomo dell’iniquità e dell’opposizione contro tutto quello che è chiamato Dio ed è adorato e spingerà l’audacia fino a sedersi nel tempio stesso di Dio ed a farsi passare egli stesso per Dio » « Verrà accompagnato dalla potenza di satana per far perire e gettare nell’abbandono di Dio quelli che l’avranno accolto » (3° Notturno). Ma qui ancora, continua S. Girolamo, Dio abbrevierà questo tempo, affinché gli eletti non siano indotti in errore (id.). Del resto non vi lasciate ingannare, dice il Salvatore, poiché il Figlio dell’uomo non apparirà, come la prima volta, nel velo del mistero e in un angolo remoto dei mondo, ma in tutto il suo splendore e dappertutto contemporaneamente e con la rapidità della folgore. Allora tutti gli eletti andranno incontro a lui, come gli avvoltoi verso la preda. Compariranno, allora, nel cielo, il segno sfolgorante della croce e il Figlio dell’Uomo che verrà con grande potenza, e con grande maestà (Vangelo). – « Quando vi prende la tentazione di commettere qualche peccato, dice S. Basilio, vorrei che pensaste a questo terribile tribunale di Cristo, dove Egli siederà come giudice sopra un altissimo trono davanti a questo comparirà ogni creatura tremante alla sua gloriosa presenza; là renderemo uno per uno, conto delle azioni di tutta la nostra vita. Subito dopo, coloro che avranno commesso molto male durante la loro vita, si vedranno circondati da terribili e orribili demoni, che li precipiteranno in un profondo abisso. Temete queste cose, e, penetrati da questo timore, usatene come un freno per impedire all’anima vostra di esser trascinata dalla concupiscenza a commettere il peccato» (3″ Notturno). La Chiesa ci esorta perciò nell’Epistola, per bocca dell’Apostolo, a condurci in modo degno del Signore e a portar frutto in ogni sorta di buone opere, affinché, fortificati dalla sua gloriosa potenza, sopportiamo tutto con pazienza e con gioia, ringraziando Dio Padre che ci ha fatti capaci di aver parte all’eredità dei Santi, ora in ispirito, e all’ultimo giorno in corpo e in anima, per il Sangue redentore del suo Figlio diletto. Dio, che ci ha detto per bocca di Geremia di nutrire pensieri di pace e non di collera (Introito), e che ha premesso di esaudire le preghiere fatte con fede (Com.), ci esaudirà e ci affrancherà dalle concupiscenze terrene (Secr.) facendo cessare la nostra cattività (Intr. e Vers.) e aprendoci per sempre il cielo ove il trionfo del Messia troverà la sua gloriosa consumazione. – Vincitore assoluto sui suoi nemici, che risusciteranno per il loro castigo, e Re senza contestazione di tutti gli eletti, che hanno creduto nel suo avvento e che risusciteranno per essere gloriosi nel corpo e nell’anima per tutta l’eternità. Gesù Cristo rimetterà al Padre questo regno, che ha conquistato a prezzo del sul Sangue, come omaggio perfetto del capo e dei suoi membri. E sarà allora la vera Pasqua, il pieno passaggio nella vera terra promessa e la presa di possesso, per sempre, da parte di Gesù ed il suo popolo dei regno della Gerusalemme celeste, dove, nel Tempio, che non è stato fatto da mano di uomo, regna sovrano Dio in cui metteremo tutta la nostra gloria ed il cui Nome celebreremo eternamente (Grad.). E per mezzo del nostro Sommo Sacerdote Gesù noi renderemo un eterno omaggio alla SS. Trinità dicendo: « Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come era in principio ed ora e sempre e nei secoli, così sia. »

Rendiamo infinite grazie a Dio Padre per averci riscattato per mezzo di Gesù Cristo dalla schiavitù del demonio e delle sue opere tenebrose ed averci resi degni di partecipare con Lui alla gloria del suo regno celeste, che è l’eredità dei Santi nella luce.

Gesù è venuto nell’umiliazione, e tornerà nella gloria. Il suo primo avvento ebbe per scopo di prepararci al secondo. Coloro che l’avranno accolto nel tempo, saranno da lui accolti quando entreranno nell’eternità; quei che l’avranno misconosciuto saranno rigettati. Perciò i Profeti non hanno separato i due avventi del Messia, poiché sono i due atti di un medesimo dramma divino. Così pure Nostro Signore non separa la rovina di Gerusalemme dalla fine del mondo, poiché il castigo che colpi gli Ebrei deicidi è la figura del castigo eterno, che toccherà a tutti quelli che avranno rigettato il Salvatore. Questo primo avvento ha già avuto luogo, il secondo si effettuerà: prepariamoci; la lettura del Vangelo di oggi, tende appunto a questo.

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ier XXIX: 11; 12; 14
Dicit Dóminus: Ego cógito cogitatiónes pacis, et non afflictiónis: invocábitis me, et ego exáudiam vos: et redúcam captivitátem vestram de cunctis locis.

[Dice il Signore: Io ho pensieri di pace e non di afflizione: mi invocherete e io vi esaudirò: vi ricondurrò da tutti i luoghi in cui siete stati condotti.]


Ps LXXXIV: 2
Benedixísti, Dómine, terram tuam: avertísti captivitátem Iacob.

[Hai benedetta la tua terra, o Signore: hai distrutta la schiavitú di Giacobbe.]

Dicit Dóminus: Ego cógito cogitatiónes pacis, et non afflictiónis: invocábitis me, et ego exáudiam vos: et redúcam captivitátem vestram de cunctis locis.

[Dice il Signore: Io ho pensieri di pace e non di afflizione: mi invocherete e io vi esaudirò: vi ricondurrò da tutti i luoghi in cui siete stati condotti.]

Oratio

Orémus.
Excita, quǽsumus, Dómine, tuórum fidélium voluntátes: ut, divíni óperis fructum propénsius exsequéntes; pietátis tuæ remédia maióra percípiant.

[Eccita, o Signore, Te ne preghiamo, la volontà dei tuoi fedeli: affinché dedicandosi con maggiore ardore a far fruttare l’opera divina, partécipino maggiormente dei rimedi della tua misericordia.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Colossénses.
Col 1: 9-14
“Fratres: Non cessámus pro vobis orántes et postulántes, ut impleámini agnitióne voluntátis Dei, in omni sapiéntia et intelléctu spiritáli: ut ambulétis digne Deo per ómnia placéntes: in omni ópere bono fructificántes, et crescéntes in scientia Dei: in omni virtúte confortáti secúndum poténtiam claritátis eius in omni patiéntia, et longanimitáte cum gáudio, grátias agentes Deo Patri, qui dignos nos fecit in partem sortis sanctórum in lúmine: qui erípuit nos de potestáte tenebrárum, et tránstulit in regnum Fílii dilectiónis suæ, in quo habémus redemptiónem per sánguinem eius, remissiónem peccatórum”.

(“Fratelli: Non cessiamo di pregare per voi, e di chiedere che abbiate la piena cognizione della volontà di Dio, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, affinché camminiate in maniera degna di Dio; sì da piacergli in tutto; producendo frutti in ogni sorta di opere buone, e progredendo nella cognizione di Dio; corroborati dalla gloriosa potenza di lui in ogni specie di fortezza ad essere in tutto pazienti e longanimi con letizia, ringraziando Dio Padre che i ha fatti degni di partecipare alla sorte dei santi nella luce, sottraendoci al potere delle tenebre; e trasportandoci nel regno del suo diletto Figliuolo, nel quale, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati”).

Omelia I

[A. Castellazzi: La scuola degli Apostoli – Sc. Tip. Vescov. Artigianelli, Pavia, 1920]

L’ISTRUZIONE RELIGIOSA

L’Epistola è tratta dal principio della lettera ai Colossesi. Dopo il saluto, le congratulazioni, il ringraziamento a Dio per la fede e la pietà che regna tra i Colossesi, assicura — come vediamo dal brano riportato — che prega il Signore che dia loro una conoscenza perfetta della volontà di Dio, così che possano piacergli, mediante i frutti delle buone opere; e che queste opere progrediscano sempre più, per mezzo di una cognizione sempre maggiore delle cose celesti. Prega pure che dia loro la forza di sopportare con letizia le prove immancabili a chi vive cristianamente; e che siano fedeli nel ringraziare Dio Padre, il quale li ha resi degni di partecipare al consorzio dei santi, cioè dei fedeli; li ha strappati alla schiavitù del demonio e delle sue opere tenebrose per metterli sotto il regno del suo Figlio, nostro Redentore. Quest’epistola ci apre la via a parlare dell’istruzione religiosa.

1. Al Cristiano è indispensabile l’istruzione religiosa,

2. Che gli servirà di guida nella vita,

3. E lo renderà costante contro i falsi insegnamenti e le storte teorie.

1.

Fratelli: Non cessiamo di pregare per voi, e di chiedere che abbiate la piena cognizione della volontà di Dio, con ogni sapienza e intelligenza spirituale. L’Apostolo, dicendo ai Colossesi che egli domanda che, per mezzo di quella scienza e sapienza che non viene dagli uomini, ma dallo Spirito Santo, imparino sempre più ciò che Dio vuole da loro; viene bellamente a inculcare il dovere che essi hanno di avanzare sempre più nella cognizione delle verità essenziali del Cristianesimo. È una raccomandazione che S. Paolo fa parecchie volte, e che è di grande importanza per i Cristiani di tutti i tempi, perché pare che in tutti i tempi si dia molto più importanza all’istruzione profana che all’istruzione religiosa. Non parliamo, poi, dei tempi nostri. Noi sentiamo dei fanciulli, con il sussiego di chi la sa lunga in materia, narrare le avventure delle pagine illustrate delle riviste settimanali. Se li interrogate, non sanno ripetere un sol fatto della Storia Sacra. I giovinetti danno l’assalto alle edicole, ai giornalai che escono dalle stazioni per aver notizia delle vicende dei giocatori. Vi sanno dire chi è riuscito primo nel pugilato, nella gara podistica; chi primo nella corsa delle biciclette, delle automobili, ecc. Vi dicono il nome, la paternità, la patria del campione nazionale, del campione europeo, del campione del mondo; ma non vi sanno fare il nome di un campione del Cristianesimo.Gli adulti la sanno forse più lunga in fatto di religione? Se provaste a interrogarli resterete meravigliati della loro ignoranza. Non dissimili dagli uomini sono spesso le donne; e non dissimile dall’operaio e dal contadino è il ricco, la persona colta. Sarebbe già molto, per una buona parte, se arrivassero a far bene il segno della croce. E questa ignoranza è assolutamente inammissibile in un Cristiano. «E’ un errore non conoscere Dio come si conviene» (S. Giov. Crisost. In Ep. ad Col. Hom, 1). L’uomo è figlio di Dio: deve, per conseguenza, conoscere questo Dio, che lo ha creato, che lo governa, che è il suo ultimo fine; conoscere la sua natura, i suoi attributi, per quanto è possibile a persona pellegrina su questa terra: sapere qual è il premio per quelli che lo servono; qual è il castigo per coloro che si ribellano al suo volere. – Dio nella sua bontà infinita ha voluto risollevare l’uomo dalla sua miseria per mezzo della redenzione. È interesse dell’uomo redento, del Cristiano, è suo obbligo istruirsi in questo mistero: conoscere la Persona di Gesù Cristo, quanto ha fatto per noi, il merito della sua opera, la dottrina che Egli ha insegnato, e che le turbe del suo tempo ascoltavano con tanta brama da dimenticare casa, occupazioni e perfino il nutrimento. È interesse e obbligo del Cristiano conoscere chi è la depositaria della sua dottrina, la Chiesa; conoscere gli aiuti che ci ha dato, i Sacramenti. Si tratta d’una istruzione che interessa il Cristiano direttamente, in modo particolare. Si tratta, poi, d’un interesse che non si limita ai quattro giorni che passiamo sulla terra, ma che varca i confini della vita e dura per tutta l’eternità.

2.

S. Paolo desidera che i Colossesi abbiano una piena conoscenza della volontà del Signore affinché si diportino  in maniera degna di Dio, sì da piacergli in tutto. Cioè, conducano una vita in tutto degna di un vero Cristiano. Una vita simile non può prender norma che dalla dottrina della Chiesa. – Nella dottrina della Chiesa si trovano i rimedi adatti a tutte le infermità dell’umana natura, e la difesa contro i pericoli e le illusioni che l’accompagnano. In questa dottrina si trovano gli insegnamenti opportuni per qualunque circostanza della vita. Essa contiene insegnamenti per la vita individuale e per la vita sociale: indica i diritti nella loro giusta misura, e inculca i corrispondenti doveri. – Tolti gli insegnamenti della Religione, ben poca efficacia hanno gli altri mezzi sulla condotta dell’uomo e sull’andamento morale della società. Il ven. Antonio Chevrier era stato arrestato da due guardie urbane di Lione, che l’avevano trovato a questuare alla porta di una chiesa. Condotto dal Commissario, risponde ai rimproveri facendo osservare che egli fa la questua pel mantenimento e l’educazione di una sessantina di ragazzi vagabondi, parecchi dei quali erano certamente passati nell’ufficio del commissario, prima di andare da lui. Quando il commissario sa con chi tratta, non può trattenere la commozione, e due lacrime spuntano sopra i suoi occhi. Poi riprende: «Ah! Padre, continui la sua opera di rigenerazione ben più utile di tutte le nostre case di reclusione; continui a chieder l’elemosina per i suoi ragazzi, non avrà più noie; io stesso voglio partecipare alla sua opera» (Villefranche. Vita del Ven. Servo di Dio Padre Antonio Chevrier. Versione di Alfonso Codaghengo. Roma – Torino. 1924). Possiam poi osservare che la sanzione delle leggi umane, già poco efficace per sé, è relativamente rara. Le leggi umane sono di quelle reti da cui si può sfuggire con tutta facilità. Si possono trasgredire in modo da far quanto la legge proibisce, senza incorrere nella sanzione. Fatta la legge, trovato l’inganno. Se la legge non è scritta nel cuore, fa ben poco. Le cattive inclinazioni hanno origine dal cuore: nel cuore deve stare il loro correttivo. «Serbo nel cuore i tuoi detti per non peccare contro di te», dice il Salmista; ma è impossibile che la legge sia scolpita nel cuore, se non la si considera come ricevuta da Dio. – Ci sono inoltre tante azioni, che la legge umana non considera perché interne, come l’odio, i desideri malvagi, ecc.; ma che non cessano per questo di essere condannabili, e che sono, difatti, severamente condannate dalla dottrina della Chiesa. – Non si può negar l’efficacia dell’insegnamento della Chiesa dal fatto che alcuni anche fortemente istruiti nella Religione, conducano una vita riprovevole. La dottrina religiosa da essi imparata è la loro più severa condanna: Essa li richiama, continuamente alla riforma della propria condotta, che, con l’aiuto della grazia di Dio, può sempre compiersi. A ogni modo è sempre un freno potentissimo con la minaccia dei castighi eterni, riservati a coloro che si ostinano nel male… E coloro che se ne scandalizzano, al punto di voler negare l’efficacia dell’istruzione religiosa, sono forse migliori? – Del resto, si dia uno sguardo alla storia. Si vedrà che la dottrina della Chiesa, alla corrotta vita pagana, ha sostituito una vita di grande dignità e di santità. Si vedrà che quando le popolazioni si avvicinano ai principi del Vangelo sono civili; quando se ne allontanano diventano barbare.

3.

L’Apostolo augura ai Colossesi che vadano progredendo nella cognizione di Dio, cioè nello studio delle verità cristiane. Come grande è, dunque, l’errore di coloro che, studiati i primi elementi della dottrina cristiana da fanciulli al catechismo parrocchiale o alla scuola, non se ne curano più nel restante della vita. Il condurre una vita veramente cristiana non è cosa da animi deboli. Si richiede grande costanza contro ogni genere di contrarietà. Cresciuto il fanciullo negli anni, da chi imparerà il modo di resistere alle passioni? Che cosa lo terrà saldo contro la corrente dei cattivi costumi e delle massime perverse? L’ideale! si dirà. Ma quale? Noi vediamo che sono tanti ideali quante sono le scuole, quanti sono i partiti, quanti sono i gusti. E ciascuno si sceglie l’ideale che accontenta maggiormente le passioni, che cominciano a dominarlo.Sta bene che al catechismo dei fanciulli abbiamo imparato i primi elementi della dottrina; abbiamo imparato per qual fine Dio ci ha creati ecc.; ma, cresciuti in età, dobbiamo approfondire le nostre cognizioni man mano che ci troviamo davanti circostanze che richiedono da noi la manifestazione di principi solidi. Col crescere degli anni si allarga anche il campo dei nostri doveri; dobbiamo quindi cercare di averne una più larga e profonda cognizione. «Che giova — dice S. Bernardo — saper dove sia da andare, se non sai la via per la quale hai da andare?» (S. Bernardo in fest. Asc. Serm. 4, 9).Quando si è uomini maturi, si dice, non c’è più bisogno di guida. Il buon senso e la ragione insegnano quel che c’è da fare. Peccato, che la storia ci dimostri il rovescio. Essa ci dimostra che, quanto alla verità, non c’è assurdo che non sia stato insegnato da qualche filosofo; e che intorno ai doveri degli uomini i sapienti del mondo non hanno mai potuto stabilire un sicuro codice di morale.In pratica, poi, la norma più comune è la pubblica opinione. Questa è né più né meno che una moda qualunque. La moda va e viene: peggio ancora, va da un estremo all’altro. Così, la pubblica opinione oggi condanna ciò che ieri era lecito; con la più grande facilità oggi pone uno sull’altare, domani lo getta nel fango. La, sua regola è il tornaconto del momento. Precisamente opposto è l’insegnamento della Chiesa, il cui linguaggio è « sì, sì; no, no », (Matth. V, 37) e non si adatta mai alle circostanze. La dottrina che essa insegna è la stessa che fu insegnata da Gesù Cristo, che fu bandita dagli Apostoli e dai loro successori e, attraverso a persecuzioni e lotte, arrivò fino a noi senza mutamenti. A questa dottrina deve attenersi chi, nel mar tempestoso della vita, vuol rimaner fermo come uno scoglio che non è smosso dalle opposte correnti. – «Alcune cose si apprendono per averne la cognizione solamente, altre, invece, per metterle anche in pratica », osserva S. Agostino (In Ps. CXVIII En. 17, 3). Perciò il Salmista si rivolge a Dio con quella preghiera: «Insegnami a fare la tua volontà» (Ps. CXLII). Sull’esempio del Salmista rivolgiamoci noi pure a Dio pregando, che ci aiuti a conoscere ciò che dobbiam credere, e ci aiuti a conoscere ciò dobbiamo fare, rendendocene soave l’adempimento.

 Graduale

Ps XLIII:8-9
Liberásti nos, Dómine, ex affligéntibus nos: et eos, qui nos odérunt, confudísti.

[Ci liberasti da coloro che ci affliggevano, o Signore, e confondesti quelli che ci odiavano.]


V. In Deo laudábimur tota die, et in nómine tuo confitébimur in sæcula.

[In Dio ci glorieremo tutto il giorno e celebreremo il suo nome in eterno.]

Alleluja

Allelúia, allelúia.
Ps CXXIX:1-2
De profúndis clamávi ad te, Dómine: Dómine, exáudi oratiónem meam. Allelúia.

[Dal profondo Ti invoco, o Signore: o Signore, esaudisci la mia preghiera. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia  sancti Evangélii secúndum S.  Matthǽum.

Matt XXIV: 15-35

“In illo témpore: Dixit Iesus discípulis suis: Cum vidéritis abominatiónem desolatiónis, quæ dicta est a Daniéle Prophéta, stantem in loco sancto: qui legit, intélligat: tunc qui in Iudǽa sunt, fúgiant ad montes: et qui in tecto, non descéndat tóllere áliquid de domo sua: et qui in agro, non revertátur tóllere túnicam suam. Væ autem prægnántibus et nutriéntibus in illis diébus. Oráte autem, ut non fiat fuga vestra in híeme vel sábbato. Erit enim tunc tribulátio magna, qualis non fuit ab inítio mundi usque modo, neque fiet. Et nisi breviáti fuíssent dies illi, non fíeret salva omnis caro: sed propter eléctos breviabúntur dies illi. Tunc si quis vobis díxerit: Ecce, hic est Christus, aut illic: nolíte crédere. Surgent enim pseudochrísti et pseudoprophétæ, et dabunt signa magna et prodígia, ita ut in errórem inducántur – si fíeri potest – étiam elécti. Ecce, prædíxi vobis. Si ergo díxerint vobis: Ecce, in desérto est, nolíte exíre: ecce, in penetrálibus, nolíte crédere. Sicut enim fulgur exit ab Oriénte et paret usque in Occidéntem: ita erit et advéntus Fílii hóminis. Ubicúmque fúerit corpus, illic congregabúntur et áquilæ. Statim autem post tribulatiónem diérum illórum sol obscurábitur, et luna non dabit lumen suum, et stellæ cadent de cælo, et virtútes cœlórum commovebúntur: et tunc parébit signum Fílii hóminis in cœlo: et tunc plangent omnes tribus terræ: et vidébunt Fílium hóminis veniéntem in núbibus cæli cum virtúte multa et maiestáte. Et mittet Angelos suos cum tuba et voce magna: et congregábunt eléctos eius a quátuor ventis, a summis cœlórum usque ad términos eórum. Ab árbore autem fici díscite parábolam: Cum iam ramus eius tener fúerit et fólia nata, scitis, quia prope est æstas: ita et vos cum vidéritis hæc ómnia, scitóte, quia prope est in iánuis. Amen, dico vobis, quia non præteríbit generátio hæc, donec ómnia hæc fiant. Cœlum et terra transíbunt, verba autem mea non præteríbunt.”

(“In quel tempo disse Gesù a’ suoi discepoli: Quando adunque vedrete l’abbominazione della desolazione, predetta dal profeta Daniele, posta nel luogo santo (chi legge comprenda): allora coloro che si troveranno nella Giudea fuggano ai monti; e chi si troverà sopra il solaio, non scenda per prendere qualche cosa di casa sua; e chi sarà al campo, non ritorni a pigliar la sua veste. Ma guai alle donne gravide, o che avranno bambini al petto in que’ giorni. Pregate perciò, che non abbiate a fuggire di verno, o in giorno di sabato. Imperocché grande sarà allora la tribolazione, quale non fu dal principio del mondo sino a quest’oggi, ne mai sarà. E se non fossero accorciati quei giorni non sarebbe uomo restato salvo; ma saranno accorciati quei giorni in grazia degli eletti. Allora se alcuno vi dirà: Ecco qui, o ecco là il Cristo; non date retta. Imperocché usciranno fuori dei falsi cristi e dei falsi profeti, e faranno miracoli grandi, e prodigi, da fare che siano ingannati (se è possibile) gli stessi eletti. Ecco che io ve l’ho predetto. Se adunque vi diranno: Ecco che egli è nel deserto; non vogliate muovervi: eccolo in fondo della casa; non date retta. Imperocché siccome il lampo si parte dall’oriente, e si fa vedere fino all’occidente; così la venuta del Figliuolo dell’uomo. Dovunque sarà il corpo, quivi si raduneranno le aquile. Immediatamente poi dopo la tribolazione di quei giorni si oscurerà il sole, e la luna non darà più la sua luce, e cadranno dal cielo le stelle, e le potestà dei cieli saranno sommosse. Allora il segno del Figliuolo dell’uomo comparirà nel cielo; e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il figliuol dell’uomo scendere sulle nubi del cielo con potestà e maestà grande. E manderà i suoi Angeli, i quali con tromba e voce sonora raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un’estremità  de’ cieli all’altra. Dalla pianta del fico imparate questa similitudine. Quando il ramo di essa intenerisce, e spuntano le foglie, voi sapete che l’estate è vicina: così ancora quando voi vedrete tutte questo cose, sappiate che egli è vicino alla porta. In verità vi dico, non passerà questa generazione, che adempite non siano tutte queste cose. Il cielo e la terra passeranno; ma le mie parole non passeranno”).

Omelia II

[Mons. J. Billot; Discorsi Parrocchiali – Cioffi ed. Napoli, 1840]

Sopra lo scandalo.

Quum videritis abominationem desolationis… in loco sancto … qui in Judæa sunt fugiant ad montes. Matth. XXIV.

Quando mai, fratelli miei, si è veduta e si vedrà quella abbominazione della desolazione nel luogo santo che Gesù predice nell’odierno Vangelo? Si è veduta nella rovina di Gerusalemme, che i soldati romani, alcuni anni dopo la morte di Gesù Cristo, abbatterono sin dalle fondamenta, allorché il tempio del Signore fu profanato da tutti i disordini immaginabili che gli stranieri e i Giudei medesimi vi commisero. Si vedrà quest’abbominazione nel luogo santo al fine del mondo, quando il Vangelo di Gesù Cristo sarà combattuto, i suoi tempi saranno atterrati, il suo culto abolito. Allora, dice il Salvatore, compariranno dei falsi profeti, che sedurranno molti, e che faranno cose sì straordinarie che gli eletti medesimi avranno molta pena a preservarsi dai loro prestigi. Allora comparirà l’anticristo, che impiegherà tutti i mezzi possibili per distruggere l’impero di Gesù Cristo, ingannando gli uomini con gli errori che spargerà, e pervertendoli o con lo splendore dei beni, o con le lusinghe dei piaceri che loro presenterà. – Ma senza risalire ai secoli passati e senza penetrare nel tempo avvenire, per vedere l’abbominazione della desolazione nel luogo santo, noi non abbiamo, fratelli miei, che a considerare ciò che accade ai giorni nostri sotto i nostri occhi, nel seno stesso del Cristianesimo. Non si vedono forse già seduttori che ingannano gli uni con massime che loro insegnano, pervertiscono gli altri coi cattivi esempi che loro danno; massime sì perniciose, esempi sì contagiosi nella virtù. È dunque lo scandalo che mette l’abbominazione della desolazione nel luogo santo, nella Chiesa di Gesù Cristo, e che dovrebbe pure indurre le anime sante a fuggire sulle montagne e nei deserti per evitarne la contagione: Qui in Judæa sunt fugiant ad montes. Non è per altro possibile a tutti i giusti di lasciare il mondo, deve esservene per servire d’esempio agli altri e molti sono dal loro stato obbligati a dimorarvi. Che far dunque per rimediare allo scandalo sì frequente nel mondo? Bisogna, se si può, correggere gli scandalosi, facendo loro comprendere tutta l’enormità del loro delitto. Il che imprendo a fare in quest’oggi, col mostrar loro, quanto lo scandalo sia ingiurioso a Dio, primo punto; quanto sia pernicioso all’uomo, secondo punto.

1. Punto. Lo scandalo, dicono i teologi, è una parola o un’azione che porta gli altri al peccato: Dìctum vel factum occasionem præbens ruinæ. Su di che, dopo essi, io osservo due cose:

1. che non è necessario, affinché una parola o un’azione sia scandalosa, che sia di sua natura malvagia o peccaminosa; ma basta che abbia qualche apparenza: Quia habet speciem mali.

2. Che, per essere colpevole di peccato, non è già necessario avere l’intenzione diretta d’indurre qualcheduno al male, ma basta prevedere che quel che si dice o che si fa sarà per lui un motivo di peccato. Vi sono ancora scandali di omissione, di cui si rendono colpevoli coloro, che, mancando di adempiere certi doveri, sono un’occasione di caduta pei loro fratelli che dovrebbero animare con la loro esattezza. Or volete voi sapere l’ingiuria che il peccato di scandalo fa a Dio? Giudicatene da questi tratti. Lo scandalo rapisce al Creatore la gloria che gli è dovuta dalle sue creature, distrugge i disegni di Gesù Cristo sopra la salute degli uomini, rende l’uomo simile al demonio. – Non è esso dunque un peccato mostruoso o piuttosto un peccato diabolico? Iddio ha fatte le creature ragionevoli per esserne glorificato con l’omaggio e l’ubbidienza che esse debbono alla sua grandezza, alle sue leggi. Ma che fa il peccato scandaloso? Egli allontana gli uomini dalla strada che conduce a Dio, li porta all’indipendenza o con le istruzioni d’iniquità o coi malvagi esempi che loro dà. Egli è un suddito ribelle che non si contenta di lasciare il servigio del suo principe, di prendere l’armi contro di lui, ma induce altri ancora nella sua ribellione e si fa un partito, come il perfido Assalonne, per privare del trono il suo padre ed il suo re. Ah! se è viltà il non dichiararsi per Dio quando gl’interessi della sua gloria lo richiedono, il non opporsi agli oltraggi che gli si fanno, il mostrarsi indifferente alla vista dei disordini che regnano nel mondo e non impedire il male quando si può, che sarà poi l’autorizzarla con la sua condotta, stabilire il regno dell’empietà sulle rovine della Religione, strascinare gli altri nel vizio e nel libertinaggio, e suscitare a Dio altrettanti nemici che l’oltraggino, quanti sono i sedotti con massime perniciose e perverse, con malvagi esempi? Or ecco ciò che voi fate, peccatori scandalosi, voi che allontanate gli altri dal servigio di Dio, o con gli empi discorsi che tenete sulla Religione, o coi motteggi con che la deridete per disgustare coloro che ne seguono il partito; voi che togliete a Dio la gloria che gli avrebbero procurato i digiuni e le limosine dei vostri fratelli; voi che li allontanate dai divini uffici, dai Sacramenti, dalle istruzioni per indurli alle partite di piacere e di dissolutezza; voi tutti, in una parola, che vi opponete al bene che gli altri possono fare; voi rapite a Dio la gloria che gliene ridonderebbe; perché voi siete iniqui e vorreste calmare i rimorsi di vostra coscienza, cercate di rendere gli altri così iniqui come voi. Ed è per questo che, non contenti di allontanarli dal bene, voi li spingete ancora al male con malvagi esempi. Voi insegnate a questo il modo che tener deve per vendicarsi di un nemico, rimproverandogli la sua indifferenza nell’ingiuria; vi apprendete a quello il segreto di riuscire nei perniciosi disegni di fare un’ingiustizia: voi profferite avanti a persone innocenti parole contro la modestia, canzoni lascive, che fanno sul loro spirito le più mortali impressioni e loro apprendono il male che ignoravano. Uomini dissoluti, voi sollecitate quella persona ad appagare la vostra passione, o con promesse, o con false persuasioni: voi, donne mondane, con i vostri abiti, con la vostra immodestia portate nel cuore degli altri la contagione, di cui siete infette; voi che comparite nel luogo santo con un’affettazione, con modi che la decenza dappertutto proscrive, che disturbate la divozione altrui con ragionamenti fuori di luogo: voi, padri e madri, padroni e padrone, che dovete il buon esempio alle vostre famiglie, voi date pubblicamente lezioni d’iniquità con le bestemmie, con le imprecazioni , che profferite alla presenza dei vostri figliuoli, dei vostri servi, col racconto che loro fate dei disordini di vostra gioventù, con le dissolutezze cui vi abbandonate ancora e con la vita licenziosa che menate; voi che fate dei servi o le vittime delle vostre passioni o i ministri dei vostri intrighi peccaminosi; voi tutti finalmente che con le vostre parole o con le vostre azioni inducete gli altri al peccato, date loro occasione di offendere Dio, o favoreggiando la loro passione, trovando loro oggetti che li contentano o dando ricovero in casa vostra al libertinaggio; voi alzate così pubblicamente lo stendardo della ribellione contro il vostro Dio, somministrando agli altri l’arme per fargii guerra. Uomini perversi che intorbidate il bell’ordine dell’universo e rapite a Dio la gloria che ha diritto di aspettare dalle sue creature ragionevoli, mentre gli esseri inanimati lo glorificano nel loro modo, voi lo fate disonorare, oltraggiare da coloro che sono capaci di conoscerlo e di amarlo. La vostra condotta è non solamente opposta ai disegni del Creatore, ma ancora a quelli del Redentore poiché voi rendete inutile ciò che Gesù Cristo ha fatto per la salute degli uomini. Voi lo sapete, fratelli miei, quale è stato il motivo della venuta del Figliuolo di Dio in questo mondo. Egli è disceso in terra per salvare gli uomini: Propter nostram salutem descendit de cœlis. Questo gran disegno l’ha occupato sin dall’eternità; per effettuarlo nel tempo, si è rivestito d’una carne mortale, si è addossate le nostre debolezze, è nato in una stalla, ha sofferto la fame, la sete, il rigore delle stagioni, gli affronti, i dispregi, una passione dolorosa, una morte crudele. Egli è risuscitato, per nostra giustificazione, dice l’Apostolo; prima di abbandonare la terra per andare al cielo a prendere possesso della sua gloria, Egli sostituì in sua vece gli Apostoli, che incaricò della cura d’istruire le nazioni, e di applicare loro il frutto dei suoi patimenti e della sua morte; a questo fine mandò loro il suo Santo Spirito, che diede ai medesimi tutti i lumi e tutta la forza di cui avevan bisogno per riuscire in quella grande opera: in una parola, la salute degli uomini è stato il fine di tutti i misteri di un Dio fatto uomo, l’oggetto del suo Vangelo, il prezzo del suo sangue. Ma che fa il peccatore scandaloso? Egli rende inutile alle anime che pervertisce il sangue che Gesù Cristo ha sparso per esse, egli annienta i meriti dei suoi patimenti e della sua morte, rapisce al Salvatore le conquiste che gli hanno costato ciò che aveva di più caro: qual attentato! Invano dunque, o pietoso pastore, voi vi siete presa tanta pena per cercare la pecorella smarrita, invano vi affaticaste per correrle dietro, invano avete sudato sangue ed acqua per ricondurla all’ovile, sofferto la morte della croce per darle la vita; i vostri travagli, le vostre lagrime, i vostri patimenti, la vostra morte, tutto diventa inutile; voi l’avete liberata dal furore del lupo, e lo scandaloso viene a togliervela per precipitarla nell’abisso. Qual barbarie! Qual crudeltà! Tale è la vostra, peccatori scandalosi, che fate perire le anime per cui Gesù Cristo è morto: Peribit frater infirmus propter quem Christus mortuus est (1 Cor. VIII). Qual oltraggio non fate voi a questo divin Salvatore, che ha amato le anime sino al punto di sacrificarsi per esse? Oltraggio più atroce, dice s. Bernardo, che il delitto medesimo di cui i Giudei si rendettero colpevoli spargendo il sangue di Gesù Cristo; poiché questo sangue sparso ha servito alla redenzione degli uomini, laddove, oltre il deicidio che voi commettete nella persona di Gesù Cristo, rinnovando la sua morte, voi rendete inutile questa morte, mettete un ostacolo all’adempimento dei suoi disegni, rovesciate l’edificio che Egli ha costrutto con grandi spese, distruggete una Religione che i suoi Apostoli hanno predicata con tanto zelo, che i martiri hanno confermata col loro sangue, che tanti santi dottori hanno illustrata coi loro lumi, e che tanti ministri del Vangelo s’adoprano a sostenere con le loro cure e coi loro buoni esempi; cioè a dire voi rinnovate la guerra, e le persecuzioni che i nemici di questa santa Religione le hanno altre volte suscitate nella persona dei tiranni e degli eretici! Di più questa è una guerra, una persecuzione, che cagiona effetti più funesti che quelle dei suoi primi nemici. Infatti, fratelli miei, la persecuzione che i tiranni mossero altre volte alla Religione, serviva ad accrescer il numero dei fedeli: il sangue dei Cristiani era, come dice Tertulliano, una semente che ne produceva un centuplo. Ma lo scandaloso fa alla Religione una guerra di tanto maggior pericolo, quanto che è meno sanguinosa. Non è già la crudeltà dei carnefici, il rigore dei supplizi, l’orribile apparecchio della morte che egli impiega per far soccombere i fedeli; egli si serve dell’allettamento del piacere, dello splendore delle ricchezze, delle ingannatrici lusinghe degli oggetti che loro presenta per strascinarli ai disordini e far loro abbandonare la santa legge del Signore. Ecco, fratelli miei, ciò che cagiona alla Chiesa in un tempo di pace più grandi amarezze di quelle che essa ha provate nel tempo di guerra; Ecce in pace amaritudo mea amarissima. Ah! piacesse a Dio, diceva s. Ilario, parlando degli eretici, e noi potremmo dirlo parlando degli scandalosi, piacesse a Dio che noi avessimo a fare coi tiranni che mettessero la nostra fede alla prova dei tormenti; il Signore ci farebbe la grazia di sostenere questa fede contro gli sforzi di quei nemici stranieri: ma qui noi abbiamo a fare con nemici domestici che vivono con noi, che sono della medesima Religione e talvolta della stessa casa che noi: il che ci porta colpi tanto più funesti, quanto che sono nascosti sotto le apparenze dell’amicizia che ci dimostrano, delle promesse e delle carezze che ci fanno per indurci nella loro compagnia, per farci cadere nel peccato. Come tratteremo noi dunque, fratelli miei, questi nemici della gloria di Dio e della salute degli uomini? Noi li chiameremo col nome che dà loro il diletto discepolo S. Giovanni. Vi sono al presente, dice egli, molti anticristi: Et nunc antichristi multi facti sunt (1 Jo. 2). Cioè vi sono dei Cristiani indegni di un sì bel nome, i quali fanno di già anticipatamente l’ufficio dell’anticristo, che è di distruggere il regno di Gesù Cristo, di pervertire le anime, d’indurre gli spiriti in errore coi malvagi discorsi che spacciano, coi pestiferi libri che spargono; di corrompere i cuori colle attrattive del cattivo esempio che danno: Et nunc antichristi multi facti sunt. Gli scandalosi sono i precursori dell’anticristo: essi preparano sin d’adesso le sue vie, fanno sin dal presente quel che farà colui quando comparirà sulla terra, che sarà di muover guerra a Gesù Cristo, di opporsi ai suoi disegni, di rapirgli le anime da Lui redente col prezzo del suo sangue. Comprendete voi, peccatori scandalosi, l’enormità del vostro delitto? Non basta ancora il sin qui detto: voi fate l’opera del demonio, quel nemico comune della gloria di Dio e della salute degli uomini. – Ed in vero qual è l’occupazione del demonio sulla terra? Ohimè! noi lo sappiamo per una trista esperienza. Sino da principio del mondo, dice il Vangelo, egli non si è applicato che a far perire le anime create ad immagine di Dio: Homicidia erat ab initio (Jo. VIII). La gelosia che egli ha concepita contro gli uomini, da Dio destinati ad occupare i posti degli angeli prevaricatori; gli fa impiegare tutte le astuzie di cui è capace per far cader l’uomo nel peccato, e rapirgli con questo mezzo la suprema felicità per cui Iddio l’ha creato, e per disgrazia dell’uomo egli riesce pur troppo spesso nei suoi funesti progetti. Sovente ancora non può venir a capo dei suoi disegni, trova nell’uomo della resistenza ai suoi assalti. Che fa dunque questo spirito di tenebre per perdere le anime, per avere la preda di cui vuole impadronirsi? Ah! fratelli miei, egli si serve d’un peccatore scandaloso, di quegli uomini viziosi che non si contentano di perdere se stessi: ma vogliono ancora farsi dei compagni nelle loro disgrazie; ecco i fautori di satanasso, questi sono i ministri e gli strumenti di cui si serve per vincere gli uomini di già scossi dalle sue tentazioni. – Che fa il demonio che vuol perdere quel giovane regolato nella sua condotta, quella figliuola modesta e riserbata che conserva la sua innocenza? Egli suscita all’uno qualche compagno dissoluto che l’allontanerà dalle vie del Signore, che l’indurrà in partite di piacere, gli terrà discorsi licenziosi, e gl’insegnerà a far il male che non sospettava neppure possibile. Il demonio invierà all’altra un libertino, che non la porterà tosto a gravi misfatti, ma che comincerà a sedurla con lusinghevoli parole, prenderà con essa certe famigliarità contrarie alla modestia, ed in appresso la farà cadere in un abisso di disordini; oppure essa frequenterà qualche cattiva compagnia che la strascinerà in quelle adunanze di divertimenti funesti all’innocenza di tutte quelle che vi s’impegnano; e benché per lo innanzi sì riserbata, ella diverrà come le altre, perderà il gusto della divozione, correrà dietro alla vanità ed alla menzogna, cadrà nel peccato. Ecco, fratelli miei, come il demonio si serve degli scandalosi per pervertire le anime innocenti, per farle cadere nelle sue reti. – Che farà ancora questo spirito di malizia per disunire amici, per mettere la dissensione in una famiglia, per irritare dei congiunti gli uni contro gli altri? Egli si servirà di quegli uomini turbolenti e terribili nella società, come li chiama lo Spirito Santo, i quali con malvagi rapporti, con imposture e calunnie, semineranno la zizzania nel campo del padre di famiglia, divideranno gli animi uniti coi legami di una stretta amicizia. Mentre non è questa forse la sorgente ordinaria delle inimicizie, dei contrasti che regnare si vedono nelle famiglie, tra i vicini, i congiunti? Le lingue indiscrete che non possono contenersi, che servono d’organo all’infernale serpente, per far regnare la discordia tra gli uomini, ed attirarli nel soggiorno del disordine e dell’orrore eterno che vi abita. Così, fratelli miei, ciò che il demonio non può fare da sé stesso, lo fa pel mezzo e ministero degli uomini per perderli. Nel che gli scandalosi sono più a temere che il demonio medesimo, perché questo tentatore invisibile non può indurre gli uomini al peccato in una maniera sensibile; laddove l’uomo portato naturalmente ad imitare il suo simile, di cui diffida meno che del demonio, è più presto vinto che dal demonio medesimo; dunque è vero che lo scandalo è un gran peccato, poiché rapisce la gloria a Dio. – Vediamo ora quanto egli è pernicioso all’uomo.

II. Punto. Non è già del peccato di scandalo come degli altri peccati, i quali non nuocciono che a coloro che li commettono. Quelli rinchiudono in sé la loro malizia e la loro corruzione, ma lo scandalo la sparge al di fuori: egli è una peste che infetta non solamente chi ne è tocco, ma ancora coloro che se ne avvicinano; di modo che lo scandalo porta ad uno stesso tempo i suoi colpi mortali e a chi lo dà e a coloro che lo ricevono: due circostanze che ne fanno conoscere i perniciosi effetti. Non si può dubitare che lo scandalo essendo un peccato cosi grave, non dia il colpo di morte a chi lo commette quando trattisi di materia importante. Ma ciò che rende questa morte più tragica si è, che questo peccato, essendo più grave che gli altri, sarà più rigorosamente punito, e che le conseguenze di lui essendo irreparabili, il ritorno alla vita della grazia è più difficile. Siccome vi sono virtù del primo ordine, alle quali Iddio riserba più magnifiche ricompense, si può dire altresì  che vi sono peccati d’una malizia superiore, che Dio punisce con più severi castighi. Nelle virtù del primo ordine bisogna comprendere lo zelo della gloria di Dio, della salute delle anime. Non si può dubitare che questa virtù non sia coronata nel cielo d’una gloria immensa, poiché Gesù Cristo ci assicura che colui il quale avrà praticato ed insegnato, sarà grande nel regno dei cieli; Qui fecerit et docuerit, hic magnus vocabitur in regno cœlorum (Matth.V). Quindi gli Apostoli hanno nel cielo un grado distinto, perché  hanno stabilito il regno di Gesù Cristo sulla terra; quindi i ministri del Vangelo, i quali, seguendo le tracce degli Apostoli, insegnano agl’ignoranti riconducono i peccatori al dovere, risplenderanno, dice la Scrittura, come le stelle nell’eternità: Qui ad iustitiam erudiunt multos, fulgebunt quasi stellæ in perpetuas æternitates (Dan. XII). Giudichiamo da questo, fratelli miei, quali castighi debbono aspettarsi quegli uomini di perdizione che distruggono il regno di Dio coi loro scandali; che, invece d’istruire gl’ignoranti, spargono le tenebre dell’ errore e della menzogna, fanno abbandonare il partito della verità, invece di ricondurre i peccatori sul buon sentiero, lasciare lo fanno ai giusti medesimi, che essi pervertono con le loro detestabili massime, con i loro perniciosi esempi. Ah! qual conto non renderanno essi a Dio delle anime che avranno perdute? Con qual severi castighi Dio non farà loro pagare la perdita di quelle anime che erano il prezzo del suo caro Figliuolo? Sanguinem eius de manu tua requiram (Ezec.III). Sì, peccatori scandalosi, Dio si vendicherà su di voi nel modo più terribile, non solo per la perdita di quelle anime che esso sarà obbligato di riprovare, perché voi le avete rese complici dei vostri disordini; ma più ancora a cagione dell’oltraggio che avete fatto al sangue adorabile del suo Figliuolo, che avete indegnamente profanato: Sanguinem eius de manu tua requiram. Questo sangue prezioso, la cui voce sarà più forte che quella del sangue di Abele, che domandava a Dio vendetta contro suo fratello, solleciterà, animerà la giustizia di Dio a punirvi coll’ultimo rigore e dei vostri propri peccati e di quelli che avrete fatto commettere. Io, vi dirà Gesù Cristo, Io m’era fatto vittima della giustizia di mio Padre per salvare le anime; io non aveva risparmiati né sudori. né fatiche né patimenti né la mia vita medesima per liberarle dalla schiavitù del demonio e collocarle nel soggiorno della gloria; e tu, o scellerato, tu hai fatto di queste anime la vittima della tua crudeltà; tu nulla hai risparmiato per perderle e dannarle; ah! tu pagherai durante tutta l’eternità l’ingiuria che hai fatta al mio sangue, ai miei patimenti, alla mia morte: Sanguinem eius de manu tua requiram. Di questo terribile giudizio minaccia di già Gesù Cristo nel Vangelo il peccatore scandaloso per via delle maledizioni che contro di lui pronuncia. Guai, dice Egli, all’uomo per cui avviene lo scandalo: Væ nomini illi per quam scandalum venit (Matth. XVIII). Sarebbe un minor male per lui il non avere giammai veduto il giorno che rendersi doppiamente colpevole e del peccato che commette, e di quello che fa commettere, perché sarà più rigorosamente punito; egli lo sarà pel suo peccato e per li peccati altrui: più anime avrà perdute, più saranno accresciuti i suoi castighi; ma ciò che comincia di già la sua disgrazia sino da questo mondo si è la somma difficoltà di riparare lo scandalo: Væ nomini illi, etc. Ed in vero, fratelli miei, uno scandaloso che ha ispirato agli altri dei cattivi sentimenti, che loro ha appresa l’arte fatale di commettere il delitto, come cancellerà egli le malvage impressioni che loro ha comunicato? Ohimè! questo perverso lievito ha forse di già corrotta tutta la massa, sia nella sola persona che ha infetta, sia nella moltitudine ove si è sparso. Sovente accade che colui che lo scandaloso ha pervertito, cui ha insegnato il male, ne ha di già contratto l’abito, e non può più disfarsene; autorizzato dal cattivo esempio che gli è stato dato, egli si crede tutto permesso, e porta l’impudenza sino a gloriarsi delle azioni che lo facevano per l’addietro arrossire. Ma supponiamo che lo scandaloso per via dei buoni consigli e di un cangiamento di vita riesca a far rientrare nel dovere qualcheduno di coloro che esso ha pervertiti, come distruggerà egli tutti i malvagi effetti che la contagione del suo misfatto ha prodotti in coloro cui essa si è comunicata? Colui che è stato corrotto ne ha corrotti altri: ed il male è divenuto cosi generale che non solo una moltitudine, un villaggio, una città, ma ancora una provincia, un regno ne sarà infetto. Sarà dunque impossibile conoscere tutti coloro che sono tocchi dalla malattia; e come guarir un male che non si conosce? Come arrestar un incendio che ha di già arsa tutta la casa? Chi potrebbe, per esempio, arrestare le strane conseguenze della lettura di tutti i cattivi libri contro la fede e contro i costumi? Chi può cancellare le malvage idee che una parola di doppio senso, una canzone disonesta avrà prodotte in una compagnia ove sarà stata recitata e che indi si spargerà in molte altre? E pure, per ottenere il perdono del suo peccato, bisogna ripararne le conseguenze; ma come riuscirvi? Nel momento in cui egli chiede misericordia per se stesso, i discepoli che ha formati oltraggiano il Dio che esso invoca. Rapire al prossimo i suoi beni con ingiustizie, il suo onore con calunnie è un gran male; togliergli la vita con l’omicidio è crudeltà; ma fargli perdere la vita dell’anima con lo scandalo, ah! fratelli miei, si è nello stesso tempo ingiustizia e crudeltà, ma crudeltà tanto più enorme quanto la vita della grazia sorpassa tutti i beni della natura. Mentre sapete voi, peccatori scandalosi, il torto che fate al vostro fratello quando gli rapite il tesoro della grazia con il peccato che gli fate commettere? Voi lo private dell’amicizia del suo Dio; voi gli fate perdere il diritto che aveva alla celeste eredità, voi ne fate una vittima dell’ira di Dio; di modo che se quella persona muore nel peccato cui voi l’avete indotta, eccola perduta per un’eternità; l’inferno diventa per sempre la sua porzione. Ella è una perdita irreparabile di cui non la risarcirete giammai, qualunque cosa possiate voi fare. Se avete preso altrui la roba, se gli avete rapito l’onore, potete ristabilirlo nei suoi primi diritti con restituzioni che uguaglino l’ingiuria che gli avete fatta; ma se avete precipitata un’anima nell’inferno coi vostri scandali, voi non ne la farete uscire mai più. Ohimè! Forse ve ne ha di già, o peccatori che mi ascoltate, alcuni che vi sono caduti per colpa vostra; forse udirete voi i lamentevoli gemiti di quegli sgraziati, che gridano dal mezzo delle fiamme: io brucio in questo fuoco, perché ho ascoltati i malvagi discorsi, ho seguito i cattivi esempi di quel peccatore che mi ha strascinato nella colpa: maledetto sia il momento in cui l’ho conosciuto e frequentato! Ah! peccatori, non siete voi penetrati d’orrore a queste voci? Non sarebbe meglio per gl’infelici che voi avete così perduti che aveste loro tolti i beni, la riputazione, la vita medesima, che averle precipitati negli orrori della morte eterna? Se voi volete ancora nuocere al vostro prossimo, se qualcheduno dei vostri fratelli è divenuto l’oggetto del vostro odio, vendicatevi sopra i suoi beni, sopra il suo onore, sopra la sua vita medesima, armatevi d’un pugnale ed immergeteglielo nel seno; ma almeno risparmiate la sua anima: Verumtamen animam illius serva (Job. II). Se voi medesimi volete dannarvi, non comprendete gli altri nella vostra disgrazia, perché i complici del delitto, divenendo i compagni dei vostri castighi, non ne sminuiranno punto il rigore, non faranno al contrario che accrescerlo; più il numero ne sarà grande, più la giustizia di Dio eserciterà su di voi i suoi rigori. – Ora voi dubitar non dovete che i vostri scandali non perdano un gran numero d’anime; mentre è questo uno dei perniciosi effetti di questo peccato di unire alla sua crudeltà la contagione; e perciò si paragona ad una peste che si comunica con una rapidità che è molto difficile di arrestare. Si può dire infatti che lo scandalo è stato la cagione di tutti i mali che hanno desolata la Chiesa di Gesù Cristo, e che è ancora la sorgente avvelenata donde nascono le scelleratezze che inondano l’universo. Quale strage non ha fatta nella Chiesa un solo Ario, un Calvino, un Lutero, che hanno di già perdute tante anime e che ne perderanno ancora nel corso dei secoli? Ma, senza uscire dal seno della Chiesa Cattolica, quanti delitti lo scandalo non produce tutt’i giorni? L’uomo, è vero, è portato di sua natura al peccato; egli è tentato dal demonio; ma è ritenuto dal timore e dalla vergogna annessa al peccato. Or che fa lo scandalo? Toglie all’uomo questo timore e questa vergogna che lo riteneva. L’uomo, naturalmente portato ad imitare i suoi simili, si crede autorizzato a fare quel che far vede dagli altri, principalmente quando si tratta del male, per cui egli ha più propensione che pel bene. Il costume, la licenza che si vede negli altri non è ella forse il pretesto ordinario di cui si servono i libertini per scusare i loro disordini? Taluno crede tutto permesso quando è sostenuto dall’esempio; da che il peccato è divenuto il peccato della moltitudine, esso perde in qualche modo il carattere d’infamia che ne è inseparabile; si leva arditamente la maschera, non sa più arrossire della colpa e si fa gloria di essere così vizioso come gli altri. Tali sono i funesti progressi di questo contagioso peccato che ha di già precipitato più anime nell’inferno che gli esempi dei santi non ne hanno potuto salvare. Né fa d’uopo esserne sorpresi. Per imitare i malvagi, basta seguire la sua naturale propensione; ma per imitare i santi bisogna farsi violenza. Or il numero di coloro che cedono alle inclinazioni d’una natura corrotta è molto più grande che il numero di coloro che vi resistono: e dacché le malvage inclinazioni sono strascinate dal peso del cattivo esempio, a quali eccessi non si abbandonano esse? Quanti giovani i quali, docili alle istruzioni che loro erano state date nella loro infanzia, servivano di già ai grandi medesimi d’esempio, di virtù! Si vedevano fedeli alle risoluzioni formate in una prima Comunione, si accostavano regolarmente ai Sacramenti, assidui ai divini uffici, ubbidienti ai loro genitori, sobri, casti, regolati nella loro condotta; ma da poi che crescendo in età hanno frequentati i malvagi, sono divenuti simili ad essi, sono liberi nelle parole, dissoluti, indocili e pieni di dispregio per le pratiche della Religione e i precetti della Chiesa. Se io domando a colui come ha egli perduto il tesoro della sua innocenza, chi gli ha insegnate quelle opere d’iniquità che imbrattano la purezza della sua anima? Egli mi risponderà che fu un dissoluto da lui frequentato. Così lo scandalo si comunica all’infinito, ed uno scandaloso che è di già da lungo tempo nell’inferno pecca ancora sulla terra nella persona di coloro che ha pervertiti. Da chi imparano i figliuoli a bestemmiare, a dire cattive parole? Da’ padri e dalle madri o da altre persone che non sanno contenersi alla loro presenza. Questi figliuoli, quando saranno essi medesimi padri e madri, insegneranno le stesse cose ai loro figliuoli, questi ai loro discendenti. Così lo scandalo è come un peccato originale che si perpetua di secolo in secolo, di generazione in generazione, che perde la più gran parte del genere umano. E non crediate che lo scandalo consista sempre in certi peccati che portano seco un carattere d’infamia, e che per questo medesimo ispirino orrore a coloro che li vedono. Può esservi dello scandalo in mancamenti anche leggieri, principalmente se si scorgono in persone che debbono per professione edificare gli altri. I deboli che vedono oltrepassare i limiti di qualche convenienza, credono poter andare più lungi. Qualche famigliarità, qualche abboccamento, qualche unione di amicizia che si veda tra persone che non penseranno neppure a far male, non si richiede di più per scandalizzare anime deboli ed innocenti, che temono sino l’apparenza del male. Una donna la quale non avrà tutta la modestia che le conviene nel suo vestire, nelle sue parole, nei suoi modi; che cerca di piacere con certi scherzi, in cui non pensa, dice ella, di fare alcun male, sarà una pietra d’inciampo per coloro che la vedranno, che la frequenteranno. Di più, fratelli miei, sovente anime deboli prenderanno motivo di scandalo da cose che sono in se stesse indifferenti, il mangiar carne sacrificata agli idoli, di cui l’uso non era da se stesso proibito ai primi Cristiani, era una cosa indifferente: il grande Apostolo loro la proibiva nulladimeno, perché prevedeva che ne accadrebbe scandalo, e protestava egli medesimo che non ne avrebbe mangiato giammai sul timore di scandalizzare i suoi fratelli : Si esca scandalizat fratrem meum, non manducabo carnem in æternum (II Cor. VIII). Il che deve indurvi ad astenervi da certe cose che voi credete permesse, e che sono nulladimeno vietate dalla legge della carità, tosto che esse sono per il prossimo un motivo di scandalo. Non bisogna tuttavia tralasciar il bene che uno è obbligato di fare a cagione dello scandalo che altri ne prenderebbero mal a proposito. Si è questo uno scandalo farisaico, che essi debbono imputare a sé medesimi; tale era quello dei Giudei sulla condotta e dottrina di Gesù Cristo.

Pratiche. Ma ciò che v’importa di ben sapere e di praticare si è di regolarvi così bene in tutte le vostre azioni che vi diportiate sempre in una maniera edificante e degna di Dio: Ut ambuletis digne Deo ( Coloss. II). Si è di concorrere, quanto potete, alla salute del prossimo con le vostre parole e con i vostri esempi, di modo che voi siate da per tutto il buon odore di Gesù Cristo. Quel che v’importa ancora di sapere e di praticare si è di evitare la compagnia degli scandalosi; benché assodati voi siate nella virtù, pur cadrete e diverrete malvagi coi malvagi. Quanto a voi che siete stati pei vostri fratelli un odore di morte coi cattivi esempi che avete loro dati, bisogna, per quanto dipende da voi, riparare il male che avete fatto, domandare perdono a Dio: Ab alienis parce servo tuo (Psal. XVIII); ritrattare i malvagi consigli che avete loro dati, le massime perniciose che loro avete insegnate, riparare con la vostra condotta le cattive impressioni che avete cagionate; voi avete scandalizzato con il vostro allontanamento dei Sacramenti e dai divini uffizi, bisogna accostarvi ai primi e che vi vediamo assidui ai secondi. Voi davate scandalo col frequentare certe case o persone che non dovevate neppur vedere; conviene evitare quelle case, quelle persone, per quanto care vi siano, e qualunque vantaggio possiate ricavarne. Voi non farete forse tanto di bene con i vostri buoni esempi , quanto avete fatto di male con i vostri scandali; ma Dio avrà riguardo alla vostra buona volontà, alle preghiere che voi gli indirizzerete per la conversione di coloro che avete pervertiti. Non lasciate la buona strada che avete presa; essa vi condurrà al soggiorno della gloria: Così sia,

 Credo …

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps CXXIX: 1-2
De profúndis clamávi ad te, Dómine: Dómine, exáudi oratiónem meam: de profúndis clamávi ad te, Dómine.

[Dal profondo Ti invoco, o Signore: o Signore, esaudisci la mia preghiera: dal profondo Ti invoco, o Signore.]

Secreta

Propítius esto, Dómine, supplicatiónibus nostris: et, pópuli tui oblatiónibus precibúsque suscéptis, ómnium nostrum ad te corda convérte; ut, a terrenis cupiditátibus liberáti, ad cœléstia desidéria transeámus.

[Sii propizio, o Signore, alle nostre súppliche e, ricevute le offerte e le preghiere del tuo popolo, converti a Te i cuori di noi tutti, affinché, liberati dalle brame terrene, ci rivolgiamo ai desideri celesti.]

Comunione spirituale

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Marc XI: 24
Amen, dico vobis, quidquid orántes pétitis, crédite, quia accipiétis, et fiet vobis.

[In verità vi dico: tutto quello che domandate, credete di ottenerlo e vi sarà dato].

Postcommunio

Orémus.
Concéde nobis, quǽsumus, Dómine: ut per hæc sacraménta quæ súmpsimus, quidquid in nostra mente vitiósum est, ipsorum medicatiónis dono curétur.

[Concedici, Te ne preghiamo, o Signore: che quanto di vizioso è nell’ànima nostra sia curato dalla virtú medicinale di questi sacramenti che abbiamo assunto.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (1)

ORDINARIO DELLA MESSA

21 NOVEMBRE: PRESENTAZIONE DELLA VERGINE MARIA AL TEMPIO

Prov. VIII:34-36; IX:1-534

Beato l’uomo che mi porge ascolto e che veglia ogni giorno alla mia porta ed aspetta all’ingresso della mia casa.

35 Chi troverà me, troverà la vita, e riceverà dal Signore la salvezza;

36 Ma chi peccherà contro di me, nuocerà all’anima sua. Tutti coloro che mi odiano amano la morte.

1 La Sapienza si è fabbricata una casa, ha tagliato sette colonne.

2 Immolò le sue vittime, versò il vino e imbandì la sua mensa.

3 Mandò le sue ancelle, perché chiamassero, ai bastioni e alle mura della città:

4 “Chi è fanciullo, venga da me”. Ed agli stolti disse:

5 “Venite, mangiate del mio pane e bevete il vino che io vi versai”.

Dal libro di san Giovanni Damasceno sulla fede ortodossa.

Libro 4, cap. 15.

Gioacchino si scelse per sposa Anna, donna piena di meriti e degna dei più grandi elogi. Ma come la primiera Anna, provata dall’afflizione della sterilità, ottenne con la preghiera e con un voto la nascita di Samuele; così pure costei ottenne con suppliche e con una promessa la Madre di Dio, onde neppur qui la cede a nessuna delle donne più illustri. Così la grazia (che questo vuol dire il nome di Anna) dà alla luce la Sovrana (questo significa il nome di Maria). La quale infatti è veramente stata costituita la Sovrana di tutte le creature, divenendo la Madre del Salvatore. Ella vede la luce nella casa di Gioacchino, detta la piscina probatica, e più tardi è condotta nel empio. Piantata così nella casa di Dio e nutrita dallo Spirito Santo, ella, simile a fertile olivo, diviene il santuario d’ogni virtù, distaccando il suo cuore da tutte e cupidigie di questa vita e della carne, e conservando la sua anima vergine unitamente al suo corpo, come conveniva a colei che doveva ricevere Dio nel suo seno.

Dal libro di sant’Ambrogio Vescovo sulle Vergini.

Libro 2, dopo il principio.

Maria è stata tale, che la sua vita è un modello per tutti. Se non dispiace di udirne la prova, lo dimostriamo; affinché, chiunque aspira alla di lei ricompensa, ne imiti l’esempio. Quante virtù risplendono in questa sola vergine! Mistero di pudore, fede intrepida, pietà riverente; vergine vive in casa, sposa è tutta nelle cure domestiche, madre porta (il Figlio) al tempio. O a quante vergini ella andrà incontro! quante ne abbraccerà e condurrà al Signore, dicendo : Ecco la sposa del mio Figlio, colei che si è conservata sempre sua degna e fedele sposa! – E che dire della sua rigorosa astinenza, della molteplicità dei suoi buoni uffici; buoni uffici che sembrano sorpassare le forze della natura, astinenza in cui la natura stessa trovava appena il sufficiente? Dall’una parte nessun istante inoperoso, dall’altra digiuni quotidiani. E quando consentiva a prendere qualche cosa, il suo cibo era del più ordinario, e appena il necessario per non morire, e niente per soddisfare il gusto. Solo (costretta da) necessità prendeva sonno e mai per soddisfare la natura; e anche allora che il corpo riposava, lo spirito vegliava, ripensando spesso in sonno alle cose lette, o continuando i pensieri interrotti dal sonno, o occupandosi di ciò che aveva predisposto, o predisponendo quel che doveva fare.

Omelia di s. Beda, il Venerabile, presbitero

Lib 4 Cap 49 su Luca XI

Questa donna si mostra in possesso di devozione di fede profonda, poiché, mentre gli scribi ed i farisei tentano il Signore e lo bestemmiano, ella riconosce davanti a tutti la sua incarnazione con tanta sincerità, e la confessa con fede così grande, da confondere e la calunnia dei grandi presenti e la perfidia dei futuri eretici. Infatti, come allora i Giudei, bestemmiando contro le opere dello Spirito Santo, negavano che Cristo fosse vero Figlio di Dio consustanziale al Padre; così in seguito gli eretici, negando che Maria sempre Vergine avesse somministrato, per opera e merito dello Spirito Santo, la materia della propria carne al Figlio unigenito di Dio che doveva nascere con un corpo umano, sostennero che non si doveva riconoscere come vero Figlio dell’uomo e della medesima sostanza della madre. – Ma se si ritiene che il corpo preso dal Verbo di Dio incarnandosi è estraneo alla carne della vergine Madre, senza motivo vengono detti beati il seno che lo portò e il petto che lo allattò. Ora l’Apostolo dice: “Poiché Dio mandò il suo Figlio, fatto da una donna, sottomesso alla legge”. E non bisogna dar retta a coloro che pensano si debba leggere: Nato da una donna, sottomesso alla legge, ma bisogna invece leggere: “Fatto da una donna”; perché, concepito nel seno di una vergine, ha tratto la carne non dal nulla, non da altra cosa, ma dalla carne materna. Altrimenti non si potrebbe dire con verità Figlio dell’uomo colui che non ha avuto origine dall’uomo. Anche noi dunque alziamo la nostra voce contro Eutiche insieme con la Chiesa cattolica, di cui questa donna fu figura; solleviamo anche la mente dal mezzo della folla e diciamo al Salvatore: “Beato il seno che ti ha portato e il petto che hai succhiato”. Poiché è veramente madre beata ella che, come disse un autore, ha dato alla luce il Re, che regge il cielo e la terra per i secoli. – Non solo, ma beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. Il Salvatore approva eminentemente l’attestazione di questa donna, affermando che è beata non sol- tanto colei che aveva meritato di essere madre corporale del Verbo di Dio, ma che sono beati anche tutti coloro che si sforzeranno di concepire spiritualmente lo stesso Verbo istruendosi nella fede e che, praticando le buone opere, lo faranno nascere e quasi lo alimenteranno sia nel proprio cuore, sia in quello del prossimo Infatti la stessa Madre di Dio è sì beata per aver contribuito nel tempo all’incarnazione del Verbo, ma è molto più beata perché meritò, amandolo sempre, di custodirlo in sé eternamente.

Maria e l’educazione.

(L. Faletti S. M.: Il Maggio a Maria; III ed. Marietti ed. Torino, 1926)

V’ha un lamento generale, di cui ci sentiamo di continuo risuonare gli orecchi: che cioè vanno  ogni dì più scomparendo dalla faccia della terra quegli ideali belli e puri che un giorno rendevano meno triste e desolata la nostra dimora in questa valle di lagrime. Ed è purtroppo vero: la materialità va sempre più prendendo piede tra di noi, ed a guisa di marea montante cerca d’invadere e d’ingoiare quanto v’ha ancora di bello, di vero, di buono. E donde mai un tanto disordine? Io non credo di errare trovandone tra l’altro una causa precipua in ciò che vanno ai nostri giorni, con rapidità spaventosa, scomparendo e disseccandosi quelle pure sorgenti da cui, come acqua limpida e cristallina, sgorgavano i principii di una sana morale e di una forte virtù, innestate sull’albero della religione. E tra queste sorgenti benefiche nessuno potrà negare che una delle più ricche sia la scuola, ove, dopo la famiglia, si formano la mente ed il cuore delle future speranze della Società. – Ma la scuola quale noi la vediamo oggidì, si trova dessa all’altezza della sua missione educatrice? Coloro che a questa scuola sono proposti, sono penetrati della responsabilità gravissima che pesa su di essi, e cercano di rendersene degni inspirandosi a quei sentimenti puri ed elevati, quali solo la fede può suggerire? La risposta non è difficile a darsi: basta aprire un poco gli occhi per sapere che pensarne; e se è vero che dagli effetti si giudica la causa, che dai frutti si giudica l’albero, ahimè! quali conclusioni terribili dobbiamo dedurne! Povera gioventù! quanto è inde|gnamente tradita nella maggior parte delle scuole moderne così dette laiche, vale a dire senza Dio, senza morale! Non si avranno mai lagrime abbastanza amare per deplorarne e piangerne la perdita! Sì. Ma, viva Dio! oltre a questi focolari pestilenziali e sorgenti di corruzione, v’hanno ancora altre scuole ed altre cattedre, ove l’educazione che vi si imparte è nobile e sublime, e facente capo ai più begli ideali: e questa è la scuola inspirata ai principii della fede, ed in modo speciale alla divozione ed all’amore della Vergine Santissima. Di queste scuole e di queste cattedre sempre ve ne furono e sempre ve ne saranno, perché, finché nel mondo e nel cuore umano vivrà il ricordo di Maria, sempre questa buona Madre, a cui più d’ogni altro sta a cuore l’educazione! de’ suoi figli tenerelli, eserciterà una santa e salutare influenza sugli animi degli educatori, i quali, nella persona dei loro educandi, non vedranno altro che anime da perfezionare, santificare e condurre a Gesù. Il passato ci è una garanzia del presente e dell’avvenire. Ed invero è un fatto degno di considerazione», che tutte le Istituzioni religiose, che hanno ricevuto da Dio la missione di educare la gioventù, sono state segnate dell’impronta di una divozione speciale verso la SS. Vergine. – Durante una lunga serie di secoli, la storia ci mostra l’educazione di quasi tutte le classi della società, ma soprattutto delle classi elevate, affidata in gran parte  alle cure dei figli di S. Benedetto. Ora si sa che la divozione a Nostra Signora, una divozione non comune, ma singolare, tenera, filiale, era presso di essi tradizione di famiglia, e come tale si ritrova in tutte le grandi anime da loro formate. La lista completa sarebbe troppo lunga: due nomi possono bastare. Nella metà del secolo XI, Gondulfo, nobile signore di Aosta, affidava suo figlio, ancora fanciullo, alle cure dei Benedettini del priorato di questa città. Due secoli più tardi il conte di Aquino rimetteva uno de’ suoi figli dell’età di cinque anni, nelle mani dei Benedettini di Monte Cassino. Il giovane figlio del nobile signore della

città di Aosta, divenne il grande S. Anselmo, quello fra tutti i padri e dottori della Chiesa, che, meglio d’ogni altro, ha insegnato a pregare la SS. Vergine, cotalchè merita di essere chiamato il « dottore della preghiera a Maria ». Quanto al figlio del conte di Aquino, il suo genio e la sua santità, nelle quali la divozione alla Madonna tenevano sì largo posto, fecero di lui il « dottore angelico». Ecco ciò che i Benedettini sapevano fare dei loro alunni, insegnando loro, sopra ogni altra cosa, ad amare la SS. Vergine. Quando nel secolo sedicesimo la Riforma fece sorgere nuovi pericoli per la gioventù, Dio le dette nuovi maestri, suscitando la Compagnia di Gesù. Sant’Ignazio di Loyola era in tutta la forza del termine un cavaliere della Madonna, e l’ordine che egli fondò ereditò della sua pietà cavalleresca. I numerosi Santi usciti dalle file di quest’ordine, portano tutti questo segno. Ve ne sono di quelli, come il dolce Berckmans e l’angelico Stanislao Kostka, i cui nomi son divenuti sinonimi, non precisamente di amore cavalleresco, ma di divozione filiale a Maria. Se Iddio ha accordato in sì larga misura a questa Compagnia illustre e santa il gran dono di amare ardentemente, e, diciamolo pure, appassionatamente la SS. Vergine, è perché Egli la chiamava ad esercitare, più d’ogni altra società religiosa, l’apostolato dell’insegnamento. Quest’apostolato viene esercitato dalla Compagnia di Gesù, più di quello che non si creda e non si sappia generalmente, per mezzo della divozione a Maria, Quelli stessi che non conoscono i Gesuiti che imperfettamente, sanno però che essi sono maestri perfetti nella grand’arte di formare, non soltanto sapienti, ma uomini e Cristiani. Però quelli soltanto che sono stati nei loro collegi possono farsi un’idea dell’arte ammirabile che essi hanno di far amare la SS. Vergine. Di tutte le loro qualità, questa può forse considerarsi la prima. Che leva potente divengono le Congregazioni mariane nelle loro mani! Del resto, non soltanto in Chiesa essi parlano

della SS. Vergine ai loro alunni, non soltanto nelle riunioni delle Congregazioni, non solo nei colloqui privati, ma anche in iscuola, dall’alto di quella stessa cattedra dalla quale spiegano Omero, Virgilio ed Orazio. E così avviene che la divozione alla SS. Vergine purifica, sublima e santifica il loro insegnamento. – Ma intanto i tempi incalzavano, e nuove idee venivano a schierarsi sull’orizzonte; e la scuola, fino allora frequentata, si può dire, unicamente dai figli delle classi elevate e dirigenti, cominciò a poco a poco ad essere frequentata eziandio dai figli del popolo, nel quale cominciava a risvegliarsi e a farsi sentire il desiderio delle lettere e delle scienze. E sarà ancora Maria che presiederà all’insegnamento ed all’educazione di questi umili suoi figli, i quali, per le necessità della vita materiale, sono più degli altri esposti anzitutto ad una educazione antireligiosa, materialista, atea, poi a tenebrosi agguati; povere pecorelle quasi fatalmente gettate nelle zanne del lupo se altri non va in loro soccorso! E d ecco, come nei secoli del Medio-evo e nei posteriori, anche in questi tempi sorgere altre istituzioni religiose, dedicate in modo speciale all’insegnamento popolare; le quali, se dovettero adattare i loro mezzi d’insegnamento ai bisogni ed alle esigenze dell’epoca, non dimenticarono certo quello che fu la leva di forza di quelle che le precedettero e che non cangia mai: inspirarsi cioè esse stesse, ed inspirare alle anime loro affidate, una viva divozione alla Vergine Santa. E noi vedemmo così brillare nel cielo della Chiesa nel secolo XVI e successivi, il De Bus coi suoi Dottrinari, il Calasanzio coi suoi Padri delle Scuole Pie, il De La Salle coi suoi Fratelli delle Scuole Cristiane, e le innumerevoli legioni di istitutori cristiani che loro tennero dietro, e che hanno fatto circolare nelle vene del popolo, a dispetto di tutti gli sforzi macchinati dall’empietà e dall’eresia, lo spirito più puro del Cristianesimo, mantenuto ed avvivato dalla divozione verso l’Augusta Madre di Dio. E qual divozione! Di qual divozione infatti verso Maria non fu esempio S. Giuseppe Calasanzio, uno dei primi fondatori di scuole per la istruzione dei figli del popolo, per non parlare che di lui, che ricevé la sua missione da Maria, che fece tanto per Lei, e volle che il nome della Madre di Dio facesse parte del suo nome e di quello di tutti i suoi discepoli; che cominciava a far recitare fin dal mattino a’ suoi alunni una parte del piccolo ufficio della SS. Vergine, e non li rimandava la sera senza aver fatto loro cantare le litanie, affinché il suo insegnamento poggiasse sorretto dalla preghiera a Maria ed imbalsamato dell’amore di Lei. – Ed ai giorni nostri che non vediamo noi? Non abbiamo che a darci uno sguardo attorno per constatare e convincerci quanto numerose siano le anime che strette in dolce unione sotto la bandiera fl della Vergine combattono generosamente per salvare dalla ruina e dalla morte le future speranze della Società, specialmente quelle delle classi popolari. E se v’ha un punto in cui queste nuove famiglie educatrici pare vogliano sorpassare le antiche, questo si è nello zelo che esse spiegano per inspirare ai fanciulli affidati alle loro cure un ardente amore a Maria. « Se voi riuscirete ad inspirare nell’anima dei vostri alunni la divozione a Maria, voi li avrete salvati », diceva ai piccoli fratelli di Maria il loro pio fondatore, il Venerabile Marcellino Champagnat; e mai non cessava di raccomandare loro che lavorassero con tutte le loro forze per far amare la SS. Vergine. « Fatela amare! » disse loro nel suo testamento. Si vede in ciò una premura speciale della Provvidenza, perché il popolo non ha mai avuto tanto bisogno d’amar fin dall’infanzia la SS. Vergine come ai giorni nostri. In tempi di fede, il cielo e la terra gli parlavano della Madonna. Nelle stelle del firmamento, nelle selve, nelle sorgenti, nei fiori delle praterie, per tutto esso trovava il ricordo e il simbolo della Vergine. Ed è in ciò che consisteva, come ha detto sì bene Montalembert, il libro di lettura dei poveri e dei semplici, il Vangelo ridotto a loro uso, Biblia pauperum! I loro occhi innocenti vi leggevano quei pii sentimenti di fede, che si direbbero oggi per sempre scomparsi: il cielo e la terra apparivano loro illuminati della più dolce scienza, ed essi potevano veramente cantare con voce sincera: Pleni sunt cœli et terra gloria tua. Chi potrebbe calcolare quanto questa vita di fede siasi impoverita da allora in poi? Chi pensa oggidì alla fantasia dei poveri, al cuore degl’ignoranti? Sì, il mondo era allora ravvolto dalla fede in un velo benefico che, nascondendo le piaghe della terra, diveniva trasparente per gli splendori del cielo. Oggi è tutt’altra cosa: tutto è nudo sulla terra, tutto è velato nel cielo. È quindi più che mai opportuno, necessario anzi, che mani pietose allarghino le pieghe di questo velo, e mostrino agli sguardi della fanciullezza, bellezze superiori a quelle della terra, e specialmente questa dolce, amabile, splendida figura della Vergine che l’empietà si sforza di nascondere. Il popolo ha bisogno esso pure di un raggio di poesia che venga di tempo in tempo a rischiarare la sua esistenza oscurata dalle realtà, talvolta molto dure, della vita, contro le quali deve necessariamente lottare. Questa poesia il popolo non può trovarla, come le classi elevate, nello studio delle belle lettere. Ah! fategli almeno contemplare negli anni suoi giovanili questa Vergine Madre che tiene nelle braccia il Divino Gesù! Fategli sentire il concerto che gli Angeli cantarono sulla culla del Salvatore! Che egli veda brillare la stella dei Magi, che veda sfilare il loro lungo corteo carico di doni magnifici; che contempli questi re inginocchiarsi davanti al Fanciullo ed alla Madre sua! Che egli segua questa Augusta Madre in Egitto, al Tempio, a Nazareth, al Cenacolo, al Calvario, e finalmente al Cielo, dove Ella sale in corpo ed in anima circondata da innumerevoli coorti di Angeli che la proclamano loro Regina! È necessario che egli si abitui ad invocarla come regina e come stella del mattino e del mare, e soprattutto come consolatrice degli afflitti, speranza di quelli che piangono, perché il popolo ha bisogno di consolazione e di speranza; la terra ha per lui tanta durezza; il cielo almeno gli sorrida! Ah! conoscono pur troppo quel che si fanno quei settari che, non contenti di allontanare i figli del popolo dalle scuole cristiane, hanno voluto altresì insegnar loro ad insultare quella Vergine che è la madre del bell’amore e l’astro della speranza! Non bastavano loro gli oltraggi che Le venivano diretti dagli adulti: hanno voluto per questo delitto assicurarsi la complicità dell’infanzia, ed hanno perciò insegnato la bestemmia alle sue labbra innocenti. Hanno agito con calcolo per soffocare, sin dal suo germe, uno dei sentimenti più dolci al cuore, più salutari all’anima; il sentimento cioè della pietà filiale verso la Madre di Dio, divenuta Madre nostra. Sanno bene questi perfidi che non vi è mezzo più sicuro per uccidere la fede che scoraggiare la speranza e distornare gli occhi degli abitanti della terra dall’immagine di Colei che apparisce come il rifugio dei peccatori e la consolazione degli afflitti. E tutto hanno messo in pratica per riuscire nei loro intenti. Ma se disgraziatamente riuscirono in parte, la vittoria fu ben lungi dall’essere completa: per opera di Maria il rimedio fu pronto ed efficace al male; e l’inferno vide, vede e vedrà sempre i suoi empi conati contro la gioventù, frustrati e debellati da Colei che un giorno gli schiacciò il capo col virgineo piede. E nonostante la persecuzione che una setta infame va scatenando ogni dì più contro le scuole cristiane ed inspirate alla divozione della Vergine Santissima, noi le vediamo sempre più rifiorire a maggior gloria di Dio e della Chiesa ed alla salute delle anime. Riconoscenza adunque a Maria, difesa e salvaguardia della cristiana educazione della gioventù.

FIORETTO.

Evitare di fare o dire cosa che possa dar scandalo od essere di cattivo esempio a chi è più giovane di noi.

Il Ven. Giovanni Bosco, fondatore della Congregazione Salesiana.

Egli è impossibile parlare dei grandi servitori ed amanti di Maria che illustrarono la Chiesa negli ultimi anni senza che subito si presenti spontaneo alla mente un nome che al solo pronunziarlo suscita vivi sentimenti di stima e venerazione negli animi di tutti, e dinanzi al quale gli increduli ed i cattivi stessi chinano riverenti la fronte. È questo il nome del Ven. Don Giovanni Bosco, il grande apostolo della gioventù dei nostri tempi. Benché un quarto di secolo sia ormai trascorso dal giorno in cui rese la sua bell’anima a Dio, la sua memoria si conserva tuttavia viva e fresca, come se ieri soltanto fosse morto, tanto che a lui meglio che a qualunque altro si possono applicare le parole dei Libri santi «in memoria æterna erit iustus». Sì, D. Bosco, così illustre per le sue virtù e pei suoi miracoli, vive tuttodì potente e grande in mezzo al mondo per mezzo delle innumerevoli opere a cui diede vita e che perpetuano il suo apostolato in tutte le regioni della terra; vive e vivrà in mezzo agli uomini per quanto durerà in sulla terra la divozione alla Vergine invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice dei Cristiani. Come infatti sarà possibile separare il nome di Maria SS. Ausiliatrice da quello di Don Bosco? Egli è invocando Maria sotto questo titolo che egli fondava le sue opere, istituiva i suoi oratorii, guariva gli ammalati, si cattivava l’animo della gioventù, convertiva i peccatori, faceva fronte a tutti i suoi gravosi obblighi. Si può dire senza tema di errare che questo grande benefattore della Società parve più d’una volta forzare la mano della Provvidenza, invocando Maria Ausiliatrice per farla intervenire in suo aiuto nelle grandi necessità in cui si trovava. Qui è una matrona che ricupera la salute in seguito ad una novena fatta in onore di Maria Ausiliatrice e ad una promessa di una generosa elemosina per la nuova Chiesa che egli voleva innalzare sotto questo vocabolo ; là è un barone, senatore del regno, a cui egli ottiene la guarigione dalla Vergine per averne soccorsi per la sua opera. Più tardi è un ammalato impedito in tutte le sue membra ed inchiodato da tre anni su di un letto: Don Bosco gli comanda di alzarsi in nome di Maria SS. Ausiliatrice per andargli a prendere su due piedi la somma di tre mila lire di cui aveva bisogno in quel giorno stesso. In una parola, per farla breve, sopra un milione e cento mila lire che gli costò il magnifico santuario che egli innalzò a Torino in onore di Maria Ausiliatrice, più di ottocento mila lire gli furono date in ringraziamento di favori ottenuti per l’intercessione di questa Vergine Augusta. Ma più che non per tutto ciò il nome di Don Bosco sarà benedetto dalle generazioni future per il gran bene che operò a prò della gioventù povera ed abbandonata, colla fondazione dei suoi Oratorii, che, sparsi oggidì e moltiplicati in tutti i grandi centri abitati, costituiscono un porto di salute per tanti poveri giovani che andrebbero altrimenti guasti e perduti. Ma anche in quest’opera se fu grande D. Bosco, se ottenne così consolanti e numerosi risultati, fu perché si servì della divozione della Vergine come di un mezzo infallibile per vincere tutte le difficoltà. Vogliamo noi conoscere di quale aiuto potente non sia stata per lui la divozione della Vergine nell’educazione della gioventù? Oh! entriamo per un momento in una di quelle scuole, chiamate dal Venerabile Don Bosco oratorii, appunto perché oltre che a leggere, a scrivere, a cantare, vi si insegna specialmente a pregare. Donde vengono i fanciulli che in esse sono raccolti? Sovente neppur essi lo sanno; poiché molti ve ne sono tra di loro pei quali la famiglia esiste appena o, quel ch’è peggio non esiste che per costituire un pericolo permanente alla loro fede ed alla loro virtù : non pochi poi sono quelli che non hanno altro tetto che cielo, altra dimora che la strada, dove videro appresero cose spaventevoli, per cui fu comunicata loro una lagrimevole precocità del vizio, maestri che i più ignobili delinquenti. Ma qual  cangiamento non si operò in essi alla scuola di D. Bosco, sotto il dolce influsso della divozione a Maria Ausiliatrice! Poc’anzi bestemmiavano, ora pregano; mesi sono era un piacere per loro il canterellare ritornelli osceni, ora essi mettono la gioia nel ripetere le strofe di qualche pio cantico; vagabondi ed abbandonati, avevano il fango sulle vesti, sulle mani, sul volto, e per la loro cinica andatura davano a divedere di averne anche spruzzata l’anima; raccolti nell’Oratorio, il vestito è pulito ed il contegno modesto; si vede l’innocenza ritornata a brillare sulla loro fronte, il candore nel loro sorriso, il cielo nel loro sguardo. Erano demoni, son diventati angeli. Quando inginocchiati colle mani giunte rivolgono gli occhi bagnati di lagrime all’immagine della Madonna, ripetendo con le loro voci fresche e pure: « Vi saluto, Maria, piena di grazia », sembra scorgere, attraverso la porta dischiusa del Paradiso, l’Augusta Regina de’ Cieli in mezzo agli angelici cori. – Oh! sì, se Iddio mise nel cuore di quest’uomo provvidenziale, dal quale fu fondata la Pia società Salesiana in un con lo zelo ardente per la gloria di Maria, quella confidenza in Lei. ottiene miracoli, fu appunto perché egli era chiamato a compiere sia da sé, sia per mezzo dei membri della società religiosa alla quale ha lasciato il suo spirito, la più difficile e la più necessaria di tutte le opere: la formazione della mente e del cuore del fanciullo povero, orfano, abbandonato. Fu perché egli aveva ricevuto da Dio la missione di operare e di formar i suoi discepoli a operare a suo esempio il più grande dei miracoli: la trasformazione del fanciullo corrotto, vizioso, empio, in fanciullo onesto, Cristiano e pio. Sono state molto ammirate e tuttavia si ammirano le opere veramente straordinarie che Don Bosco ha compiute in numero sì grande, o, per dir meglio, che sono state compiute da Maria SS. Ausiliatrice, servendosi di lui come di uno strumento. E tutto ciò con ragione. Ma la più meravigliosa di tutte è quella che, avendo raccolto da ogni parte, non già centinaia, ma migliaia e migliaia di fanciulli poveri, moltissimi dei quali già erano contaminati dal vizio, abbia potuto fare di una buona parte di essi non solo buoni Cristiani, ma ancora buoni preti e buoni religiosi. – Questo grande e fedele servitore di Maria, gloria e vanto non solo dell’Italia nostra, ma anche dell’umanità intera, di cui fu uno dei più insigni benefattori, finì la sua mortai carriera fra il compianto universale l’anno 1888, e già la Chiesa riconobbe pubblicamente i suoi meriti e le sue virtù onorandolo del titolo di Venerabile.

LO SCUDO DELLA FEDE (136)

P. F. GHERUBINO DA SERRAVEZZA

Cappuccuno Missionario Apostolico

IL PROTESTANTISMO GIUDICATO E CONDANNATO DALLA BIBBIA E DAI PROTESTANTI (3)

FIRENZE DALLA TIPOGRAFIA CALASANZIANA 1861

DISCUSSIONE III.

PUNTO I.

L’Ecclesiastica Gerarchia: – istituita da Gesù Cristo pel governo spirituale visibile della sua Chiesa. – La Sacra Ordinazione dei Ministri del culto.

Prot. Se nelle cose riguardanti la Chiesa fosse contento il Papismo di propugnare la indefettibilità e visibilità, nulla avrei più che ridire contro di lui. Ma egli sostiene ed insegna che Gesù Cristo ha istituito nella sua Chiesa una ordinata Gerarchia dì Sacri Ministri composta di Vescovi, di Preti e di altri ministri inferiori, avente a Capo Supremo il Papa, e distinta e indipendente dal popolo, e nella quale tutta è riunita e ristretta la spirituale autorità sopra il medesimo popolo! Tale errore non può tollerarsi; essendo cosa certissima (come insegna la mia Riforma), che, secondo la divina istituzione, il popol fedele non ha sopra di sé altri governatori che lo Spirito Santo, dal quale ciascuno è guidato: che ogni cristiano, in virtù del battesimo, è vero sacerdote, e quindi, che tutta la spirituale potestà, per ciò che riguarda il pubblico culto, il necessario governo visibile etc. della Chiesa risiede esclusivamente nel popolo: e per conseguenza i Ministri del culto in particolare non essendo che di umana istituzione, poiché non sono che deputati del popolo, onde facciano le sue veci nel sacro Ministero, perché sia lecita e valida la loro elezione debbono essere istituiti dai Magistrati, o dai Principi, che sono i supremi rappresentanti del popolo, ai quali ha delegata tutta la ecclesiastica potestà.

Bibbia. Sta scritto: « Chiamò (Gesù) i suoi discepoli e scelse dodici di essi, a’ quali diede anche il nome di Apostoli. » (Luc. VI, 13). – E Gesù rispondendo, disse a lui: « E io dico a te che tu  sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa…. e a te darò le chiavi del regno de’ cieli. » (Matt. XVI, 17, 18, 19). « Di poi scelse il Signore altri settantadue. » (Luc. X, 1). – « Badate a voi stessi e a tutto il gregge, di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti Vescovi, per reggere la Chiesa di Dio. » (Act. XX, 28). E avendo ordinato per essi dei preti in ciascheduna Chiesa, gli raccomandarono al Signore. » (Act. XIV, 22). – « Similmente i Diaconi [sieno] pudici,… portino il ministero della fede in una coscienza pura. » (II Tim. III, 8, 9). – « Esso (Cristo) altri costituì Apostoli, altri profeti, altri Evangelisti, altri pastori e dottori nell’opera del ministero, etc. » (Efes. IV, 11). Ecco dunque  l’Ecclesiastica Gerarchia istituita evidentemente da Gesù Cristo, composta di Apostoli, di Vescovi, di Preti, di Diaconi, etc. e avente a capo supremo S. Pietro del quale il Papa è successore, distinta e indipendente da chicchessia. Onde guardati bene dal negarla, dal dire che sia di umana istituzione, o che tutti i fedeli elevati siano in virtù del battesimo alla dignità sacerdotale; poiché sta scritto: «Forse tutti Apostoli? Forse tutti profeti? Finse tutti dottori? etc. » (I Cor. XII, 29).

10. Prot. Di tutti i fedeli è scritto: « Voi stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa,… sacerdozio santo per offrire vittime spirituali, gradite a Dio per Gesù Cristo. » (I Piet. II, 5, 9)

Bibbia. Anche degli Ebrei sta scritto: «Voi sarete mio regno sacerdotale. » (Exod. XIX, 6) Dirai per questo che tutti gli Ebrei erano sacerdoti? – Pertanto è dato ai Cristiani (come fu dato agli Ebrei) questo glorioso titolo non perché tutti siano sacerdoti, ma 1.° Perché essi soltanto posseggono il vero sacerdozio. 2.° Perché tutti senza eccezione hanno un sacerdozio impropriamente detto; quello, cioè, di potere offrire a Dio, in virtù dei meriti di Gesù Cristo, sacrifici di lode, i propri affetti, sé stessi con merito di vita eterna, come insegna S. Paolo, dicendo: « Io pertanto vi scongiuro, o fratelli, i per la misericordia di Dio, che offriate i vostri corpi ostia viva, santa, piacevole a Dio, il razionale vostro culto. » (Rom. VIII, 1). Che però nel testo da te citato non si dice loro « per offrire la vittima » che è il nome proprio del gran Sacrifizio della Nuova Alleanza; ma si dice « per offrire vittime spirituali etc. » 3.° Finalmente, perché nella legge Cristiana non è ristretto il sacerdozio ad una sola tribù, ai discendenti di una sola famiglia, come presso gli Ebrei ma (eccettuate le donne) tutti possono essere innalzati a tal dignità, mediante la Sacra Ordinazione, la quale è assolutamente necessaria, secondo l’istituzione divina. Imperocché sta scritto: « Or mentre essi offrivano al Signore i sacri misteri, e digiunavano, disse loro lo Spirito Santo: separatemi Saulo e Barnaba per l’opera alla quale gli ho destinati. Allora dopo aver digiunato e orato, imposero loro le mani, e li licenziarono » (Act. XII, 2, 3) – « Non trascurare la grazia che è in te, la quale ti e stata data per la rivelazione, con l’imposizione delle mani del presbiterio? (I. Tim. IV, 14). – « Ti rammento di ravvivare la grazia di Dio che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. » (II. Tim. 1, 61). – Da tutto questo è ben chiaro che la Sacra Ordinazione non solo è d’istituzione divina, ma è un vero Sacramento, poiché produce la grazia, ed è talmente necessaria, secondo le disposizioni divine, che neppure gli eletti immediatamente dallo Spirito Santo in sacerdoti possono senza di essa divenir tali, come è manifesto dal fatto di Saulo e di Barnaba; e che tale Ordinazione unicamente appartiene ai primari ministri della Santa Chiesa.

PUNTO II.

In forza della stessa divina istituzione, nella sola Ecclesiastica Gerarchia, e non in altri, tutta è riunita e ristretta l’ecclesiastica dignità, la spirituale autorità e giurisdizione tanto degli uni sopra gli altri Sacri Ministri, secondo i rispettivi loro gradi, quanto sopra tutti i fedeli, senza eccezione.

Bibbia. Stabilita la verità che non tutti i cristiani sono sacerdoti ma quelli soltanto che sono a tale uffizio specialmente ordinati o consacrati, vediamo adesso presso chi risieda la spirituale giurisdizione. Ascolta. « E appressandosi Gesù parlò loro agli Apostoli, dicendo: è stata data a me ogni potestà in cielo e in terra…. Andate, e istruite tutte le genti. » (Matt. XXVIII, 18,19). – « Come il Padre mandò me, anch’io mando voi. » (Giov. XX, 21) – « Chi assolta voi, ascolta me: e chi disprezza voi disprezza me. » (Luc. X, 16). « Ricevete lo Spirito Santo: Saran rimessi i peccati a chi li rimettetele, e saran ritenuti a chi li riterrete. » (Giov. XX, 22, 23). –  « In verità vi dico: Tatto quello che avrete legato sulla terra, sarà legato anche in cielo: e tutto quello che avrete sciolto sulla terra, sarà sciolto anche in cielo.1 » (Matt. XVIII, 18). Che te ne pare?

11. Prot. Gesù Cristo ha detto ancora: «Se il tuo fratello avrà peccato contro di te, va’ e correggilo tra te e lui solo… Se non ti ascolta prendi ancora teco una o due persone…. Che se non farà conto di esse, dillo alla Chiesa. E se non ascolta nemmeno la Chiesa, abbilo come per pagano e pubblicano. » (Ivi, V, 15 e seg.). Dunque alla Chiesa, cioè al corpo dei fedeli, appartiene la spirituale autorità e giurisdizione.

Bibbia. Tu erri, perché Gesù Cristo non parlava in questa circostanza ai fedeli in generale, ma ai soli Apostoli separatamente. Onde è chiaro che in questo luogo per nome Chiesa, non intese significare il corpo de’ fedeli, ma i soli pastori rappresentanti la Chiesa. E perché nessuno ne dubitasse, immediatamente soggiunse loro quelle già riferite parole: « Tutto quello che avrete legato sulla terra, etc. »

12. Prot. Disse pure Gesù: « Io pregherò il Padre, e vi darà un altro Paracleto, affinché rimanga con voi eternamente, lo Spirito di verità. » (Giov. XIV, 16, 17) Dunque la Chiesa è governata direttamente e immediatamente dallo Spirito Santo, né vi è bisogno di Ecclesiastica Gerarchia, né della sua potestà e giurisdizione pel governo della medesima.

Bibbia. Questo testo è fuor di proposito; perché è manifesto che quella divina promessa fu unicamente fatta agli Apostoli, co’ quali Gesù privatamente parlava; né altro riguarda che la divina assistenza promessa ai medesimi e ai loro successori nel governo visibile della Chiesa. Oltre di ciò sta scritto: « Attendete a voi stessi e a tutto il gregge; di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti Vescovi per reggere la Chiesa di Dio. » (Act. XX, 28). Dunque lo Spirito Santo medesimo ti dà la più solenne smentita; mentre ti dichiara che Egli stesso ha costituiti i Vescovi al governo visibile della Chiesa. Hai capito? Ascoltami ancora. « A questo fine ti lasciai in Creta (dice S. Paolo a Tito) perché tu dia sesto a quel che rimane, e stabilisca de’ Preti per le città…. I Cretesi sempre bugiardi, etc:… per la qual cosa riprendili severamente. » « Esorta, riprendi con ogni autorità. Nessunoti sprezzi. » (ivi, II, 15)« Contro di un prete (a Timoteo) non ricevere accusa, se non su due o tre testimoni. Quelli che peccano riprendili alla presenza di tutti; affinché ne prendano timore anche gli altri. »  – (I Tim. V, 19, 20) – « Predissi e predico a que’ che prima peccarono, e a tutti gli altri, che se verrò di nuovo non perdonerò? » (II Cor. XIII, 2). – « Taluni han fatto naufragio intorno la fede: de’ quali e Imeneo e Alessandro, i quali ho conseguato a satana, affinché ìmparino a bestemmiare » (I Tim. I, 19, 20). – « I preti che governan bene, sian riputati degni di doppio onore. » (ivi, V, 17). – « Chiunque recede e non sta fermo nella dottrina di Cristo, non ha Dio…. Se alcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non lo ricevete in casa, e non lo salutate » (II Giov. V, 9, 10). Ecco dunque tutta la potestà, autorità, giurisdizione spirituale data da Gesù Cristo unicamente, interamente e indipendentemente da chicchessia ai primari Pastori della sua Chiesa, dai quali è comunicata a’ loro subalterni Ministri da grado in grado fino al Capo Supremo o Papa, in cui tutta si riunisce e concentra, e da cui, per conseguenza, tutti assolutamente dipendono. Autorità e potestà di ministero, di ordine, di onore e giurisdizioni, elettiva e coattiva sino a poter recidere dal corpo della Chiesa i contumaci e proibire ai fedeli di comunicare con essi. Come dunque hai potuto sognare che tutto.ciò appartiene al popolo, ai magistrati, a’ Principi temporali?

Prot. S. Paolo dice: «Ogni anima sia soggetta alle potestà superiori; imperocché non vi è podestà se non da Dio. » (Rom. XIII, 1) Questo passo è decisivo, perché qui l’Apostolo parla de’ Principi temporali, e vuole che tutti ad essi obbediscano, e in tutto senza eccezione di cose o persone ecclesiastiche.

Bibbia. Erri grandemente, perché qui S. Paolo non parla s ai principi temporali, ma di ogni sorta di podestà, come è chiaro dal testo, e comanda che ciascuno sia soggetto, obbedisca ai suoi legittimi superiori. Passa di poi a parlare dei principi temporali, ma ben dichiara che la loro potestà non è che temporale, dicendo: « non indarno porta la spada: » né vi è pure una sillaba che indichi in essi la spirituale potestà. Finalmente San Paolo parla ivi di principi pagani idolatri, e tu vorresti che essi pure fossero Capi della Chiesa di Dio? Rispondi.

15. Prot. A dirvela sinceramente, la penso ancor io come voi.

« Cristo ha istituiti Apostoli, profeti, evangelisti, predicatori, dottori. Vescovi, preti e anziani. I Diaconi vegliavano su i poveri » (Calvino, lib. IV, Instit. cap. 3). La Chiesa di Gesù Cristo consiste nella successione de’ Vescovi, per mezzo dell’imposizione delle mani, e quest’ordine di successione deve persistere fino al termine de’ secoli, di ciò accertandoci quelle parole di Gesù Cristo in S. Matteo – XXVIII 20.- « Io sarò con voi per tutti i giorni sino alla consumazione de’ secoli ». Riguardo poi alla ordinazione de’ Sacerdoti, eccovi alcune delle mie leggi. L’ordinante insieme con tutti gli astanti, stendendo ambe le mani sopra il capo dell’ordinando, dice: Ricevi lo Spirito Santo pel ministero dell’opera, ossia del sacerdozio, che noi ti conferiamo colla imposizione delle mani: a chi rimetterai i peccati saranno rimessi, e a chi li riterrai saran ritenuti. In virtù della potestà a me data mediante il nome di Dio nella Chiesa, io ti consacro e ordino sacerdote della Chiesa Evangelica, predicatore del Vangelo di Gesù Cristo, e dispensatore de’ santi suoi Sacramenti, nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo » (Fessler, Manuale Liturgico, – Vedi anche Kaisser, Theologia Biblica, seu Judaismus et Catholicismus 1814 e Merbeineke, Syst. Cathol. vol. III.). Da ciò ben vedete che se non mi conformo in tutto al Cattolicismo. pare ammetto ancor io che per divenir sacerdote è necessaria la Sacra Ordinazione, e che questa è d’istituzione divina, che in essa si riceve lo Spirito Santo, ossia che conferisce la grazia, e che per conseguenza è un vero Sacramento. Ora sentite il resto.

« Il Vangelo attribuisce a quelli che presiedono alle Chiese il « mandato d’insegnare il Vangelo, di rimettere i peccati, di amministrare i Sacramenti, ed oltre a ciò la giurisdizione, cioè il mandato di scomunicare coloro de’ quali noti sono i delitti, e nuovamente assolverli se si ravvedono; ed è manifesto che questa potestà è di diritta divino » (4 Confess. Smascald presso Wegscheider, Instit. tbeologic. Chris». § 18S, in Nota -L-). – « I riformatori attribuirono alla Chiesa stessa la potestà di eleggere e ordinare i Ministri, di mutare le cerimonie e i riti, siccome tutta l’ecclesiastica disciplina, in modo conforme a’ precetti del Vangelo, e le circostanze de’ tempi; la qual potestà in verun modo confonder si deve colla civile potestà » (5 Yegerfeider, Op. e luog, cit. in corp.). – Noi tutti facciamo professione di credere che il governo ecclesiastico è santo ed utile, per modo che divien necessario che vi siano dei Vescovi che sieno superiori ad altri ministri, ed un Pontefice presieda ai Vescovi » (Melantone. Professione di fede sua e degli Alemanni a Francesco I. Re di Francia, 1535. Art. I.) – « La Chiesa è un governo spirituale, e così regolare come quello dello Stato. Essa ha il potere delle chiavi: da questo potere diramano i diritti d’insegnamento, di predicazione, di remissione delle colpe e di scomunica…. Gesù Cristo ha detto in S. Matteo XVIII 45, 46.: – Colui che dopo due rimproveri fattigli dinanzi a due o tre testimoni non si sarà emendato, verrà tradotto dinanzi a l tribunale della Chiesa, da cui verrà pubblicamente rimproverato. Se il rimprovero rimarrà senza effetto, egli sarà espulso e scacciato dalla società dei fedeli. Se trattasi ili delitti converrà mostrarsi più severi. Paolo scomunicò ed abbandonò a satana un uomo che aveva turbato l’ordine di Dio. Allorché il popolo profana i Sacramenti bisogna che il pastore intervenga energicamente…. Udite come il Crisostomo si adiri contro i preti che non hanno voluto scacciare dalla tavola della Comunione i cattivi ricchi. Questo sangue vi sarà ridomandato. Se temete gli uomini, Iddio vi disprezzerà. Se temete Dio, gli uomini vi rispetteranno » (Calvino. Ved. Audin, Storia della vita di Calvino; Milano 1842. T. I, p. 238).  – « Poiché Dio è l’ordine, ne segue esservi di diritto divino un magistrato spirituale nella sua Chiesa. Dunque una tale autorità è legittima (Leibniz, presso Audin, Storia della vita di Lutero, Milabo 1842, tom. I , p. 20.). – Il diadema non potrebbe porre la fronte reale al coperto dei fulmini della Chiesa. Re, chinate le vostre fronti, ed umiliatevi dinanzi al Cristo Signore Re dei re. Non abbiatevi a male che la Chiesa vi giudichi… Dovete persino bramare che il prete non usi riguardo, perché troviate più tardi in Dio un giudice più compassionevole. (— 4 Calvino, presso Andin, Op. e luog. cit.). – Se osserviamo la Scrittura o i prischi esempj, chi può dubitare esser costume che nelle cause della fede i Vescovi giudichino gli imperatori cristiani, e non gli Imperatori giudichino i Vescovi? » (Calvino, Lib. 4, Instit. cap. 2, § 15). – I Magistrati sono certamente membri della Chiesa, abbiano ardente zelo di pietà, ma non siano Capi della Chiesa, perché non compete ad essi questo primato » (I Centuriatori Magdeburghesi, presso Duwal, pag. 537). – « Non facciano i magistrati regolamenti nella Chiesa, né istituiscano culti » (Melantone, in Exam. Ordinand.).