SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA

Introitus Ps XXIV:6; XXIV:3; XXIV:22

Reminíscere miseratiónum tuarum, Dómine, et misericórdiæ tuæ, quæ a saeculo sunt: ne umquam dominéntur nobis inimíci nostri: líbera nos, Deus Israël, ex ómnibus angústiis nostris. [Ricòrdati, o Signore, della tua compassione e della tua misericordia, che è eterna: mai triònfino su di noi i nostri nemici: líberaci, o Dio di Israele, da tutte le nostre tribolazioni.]

Ps XXIV:1-2

Ad te, Dómine, levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam.

[A te, o Signore, ho levato l’ànima mia, in Te confido, o mio Dio, ch’io non resti confuso.]

Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto.

Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen

Reminíscere miseratiónum tuarum, Dómine, et misericórdiæ tuæ, quæ a saeculo sunt: ne umquam dominéntur nobis inimíci nostri: líbera nos, Deus Israël, ex ómnibus angústiis nostris. [Ricòrdati, o Signore, della tua compassione e della tua misericordia, che è eterna: mai triònfino su di noi i nostri nemici: líberaci, o Dio di Israele, da tutte le nostre tribolazioni.]

Orémus. Deus, qui cónspicis omni nos virtúte destítui: intérius exteriúsque custódi; ut ab ómnibus adversitátibus muniámur In córpore, et a pravis cogitatiónibus mundémur in mente. [O Dio, che ci vedi privi di ogni forza, custodíscici all’interno e all’esterno, affinché siamo líberi da ogni avversità nel corpo e abbiamo mondata la mente da ogni cattivo pensiero.]

Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum.

Amen.

LECTIO

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Thessalonicénses.

1 Thess IV:1-7.

Fratres: Rogámus vos et obsecrámus in Dómino Jesu: ut, quemádmodum accepístis a nobis, quómodo opórteat vos ambuláre et placére Deo, sic et ambulétis, ut abundétis magis. Scitis enim, quæ præcépta déderim vobis Per Dominum Jesum. Hæc est enim volúntas Dei, sanctificátio vestra: ut abstineátis vos a fornicatióne, ut sciat unusquísque vestrum vas suum possidére in sanctificatióne et honóre; non in passióne desidérii, sicut et gentes, quæ ignórant Deum: et ne quis supergrediátur neque circumvéniat in negótio fratrem suum: quóniam vindex est Dóminus de his ómnibus, sicut prædíximus vobis et testificáti sumus. Non enim vocávit nos Deus in immundítiam, sed in sanctificatiónem: in Christo Jesu, Dómino nostro.

[Fratelli: Vi preghiamo e vi supplichiamo nel Signore Gesù, di studiarvi di vivere sempre più in quel modo che apprendeste da noi doversi vivere per piacere a Dio, e come voi già vivete. Voi sapete quali precetti vi abbiamo dati da parte del Signore Gesù: poiché la volontà di Dio è questa: che vi santifichiate, che vi asteniate dalle fornicazioni, che ciascuno di voi sappia procurarsi una moglie che sia sua nella santità e nella onestà, senza abbandonarsi a passioni disordinate come fanno i Gentili che non conoscono Dio. Nessuno usi violenza o frode a danno del fratello negli affari, perché il Signore fa giustizia di tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e dichiarato; poiché Iddio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione in Gesù Cristo nostro Signore.]

Deo gratias.

Graduale Ps XXIV:17-18

Tribulatiónes cordis mei dilatátæ sunt: de necessitátibus meis éripe me, Dómine,

[Le tribolazioni del mio cuore sono aumentate: líberami, o Signore, dalle mie angustie.]

Vide humilitátem meam et labórem meum: et dimítte ómnia peccáta mea.

[Guarda alla mia umiliazione e alla mia pena, e perdònami tutti i peccati.]

Tractus Ps CV:1-4

Confitémini Dómino, quóniam bonus: quóniam in saeculum misericórdia ejus. [Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia.]

Quis loquétur poténtias Dómini: audítas fáciet omnes laudes ejus?

[Chi potrà narrare la potenza del Signore: o far sentire tutte le sue lodi?]

Beáti, qui custódiunt judícium et fáciunt justítiam in omni témpore.

[Beati quelli che ossérvano la rettitudine e práticano sempre la giustizia.]

Meménto nostri, Dómine, in beneplácito pópuli tui: vísita nos in salutári tuo. [Ricórdati di noi, o Signore, nella tua benevolenza verso il tuo popolo, vieni a visitarci con la tua salvezza.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthæum.

Gloria tibi, Domine!

Matt XVII:1-9

“In illo témpore: Assúmpsit Jesus Petrum, et Jacóbum, et Joánnem fratrem eius, et duxit illos in montem excélsum seórsum: et transfigurátus est ante eos. Et resplénduit fácies ejus sicut sol: vestiménta autem ejus facta sunt alba sicut nix. Et ecce, apparuérunt illis Móyses et Elías cum eo loquéntes. Respóndens autem Petrus, dixit ad Jesum: Dómine, bonum est nos hic esse: si vis, faciámus hic tria tabernácula, tibi unum, Móysi unum et Elíæ unum. Adhuc eo loquénte, ecce, nubes lúcida obumbrávit eos. Et ecce vox de nube, dicens: Hic est Fílius meus diléctus, in quo mihi bene complácui: ipsum audíte. Et audiéntes discípuli, cecidérunt in fáciem suam, et timuérunt valde. Et accéssit Jesus, et tétigit eos, dixítque eis: Súrgite, et nolíte timére. Levántes autem óculos suos, néminem vidérunt nisi solum Jesum. Et descendéntibus illis de monte, præcépit eis Jesus, dicens: Némini dixéritis visiónem, donec Fílius hóminis a mórtuis resúrgat.” [In quel tempo: Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte. E fu trasfigurato in loro presenza: il suo volto brillò come il sole, e le sue vesti divennero càndide come la neve. Ed ecco apparire loro Mosè ed Elia, i quali conversavano con lui. Pietro disse a Gesù: Signore, è bene che noi stiamo qui, se vuoi faremo qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia. Mentre egli parlava ancora, una núvola luminosa li circondò, ed una voce dalla núvola disse: Questo è il mio Figlio prediletto, in cui mi sono compiaciuto, ascoltàtelo. E i discépoli, udito ciò, càddero col viso a terra, e fúrono presi da gran timore. Ma Gesù, accostatosi, li toccò e disse: Levàtevi e non temete. Ed essi, alzati gli occhi, vídero Gesù tutto solo. Poi, mentre scendévano dal monte, Gesù diede loro quest’ordine: Non parlate ad alcuno di questa visione finché il Figlio dell’uomo sia resuscitato dai morti.]

Laus tibi, Christe! S. Per Evangelica dicta, deleantur nostra delicta.

Omelia

Omelia della DOMENICA II DI QUARESIMA

[Del canonico G. B. Musso – Seconda edizione napoletana, Vol. I -1851-]

(Vangelo sec. S. Matteo, XVII-1-9)

Tre Croci.

Nell’ascendere su la cima d’un alto monte, si fa seguire il divin Redentore da tre suoi trascelti apostoli, Pietro e i due fratelli Giacomo e Giovanni; e quivi cangiata all’improvviso l’esterior figura, si mostra tutto sfavillante di vivissima luce a par del sole, con le sue vesti candide come l’intatta neve. In quell’istante ecco a lato di Gesù Mose ed Elia. Dalla novità e grandezza di così luminoso spettacolo rapito S. Pietro, “ah! Signore, esclamò, quanto saremmo felici, se qui si stabilisse la nostra dimora, se qui si formassero tre tabernacoli, l’uno per Voi, l’altro per Mose, il terzo per Elia!” Dal testo evangelico non vediamo che qui Gesù rispondesse. Non rispose, interpreta S. Leone (De transfig.), perché era fuor d’ordine il desiderare ciò che avrebbe impedito la morte di Cristo e la salvezza del mondo; e per darci ad intendere, che prima della beatitudine e della gloria, dobbiamo con pazienza e rassegnazione sostenere le tribolazioni di questa misera vita. E perciò nel discendere dal monte, proibì a Pietro e agli altri due di far parola di quanto avevan veduto, sinché egli non fosse risuscitato da morte; quasi dir volesse: “Pietro, tu mi parli di godimenti, ed Io di pene, tu di vita; ed Io di morte, tu di gloria, ed Io di croce. Già più volte da me l’apprendesti, che chi vuol seguirmi conviene che si addossi la croce”. Secondiamo, uditori, le intenzioni e gli avvisi del nostro divin Salvatore, disponiamoci a portare la croce con Lui, se vogliamo entrar nel suo regno. La croce, cristiani miei, si può talvolta cangiare, ma non si può evitare. Bisogna volontariamente portarla con Gesù Cristo o forzatamente col Cireneo. – Per meglio aprirvi tutto il mio pensiero, dal Tabor passiamo al Calvario. Qui invece di tre tabernacoli sono piantate tre croci. Da una pende un innocente, dall’altra un reo ravveduto, dalla terza un reo disperato. Il primo è Gesù agnello senza macchia, il secondo è Disma il buon ladrone, il pessimo ladro è il terzo. – Possiamo dunque chiamar l’una la croce dell’innocenza, l’altra la croce della penitenza, la terza la croce della riprovazione. Fedeli miei, siamo innocenti? Sarà per noi la croce di Cristo. Siam penitenti? Per noi sarà quella di Disma! Siamo ostinati? Sarà quella del reprobo ladro. Una di queste croci dobbiamo necessariamente soffrire; vediamo qual torni meglio abbracciare. – I. Anche l’innocenza dunque ha la sua croce? Così è. Uno sguardo a Gesù. Qual prova maggiore ? Egli “sanctus, innocens, impollutus; segregatus a peccatori bus” (ad. Hebr. VII, 26), porta la croce e muore sulla croce. Uno sguardo agli amici suoi. Questi, per esser tali, bevettero tutti di quel calice amaro, che Egli assorbì fino all’ultima feccia. Basti per tutti il Battista suo precursore. Egli santificato prima di nascere; preconizzato dalla bocca di Cristo medesimo pel maggiore fra i santi, esce ancor bambinello dalla paterna casa e si avvia al deserto; qui mal coperto di pelli di ariete e di cammello, esposto al rigore delle stagioni, si pasce di miele selvaggio e di vili locuste. Fatto adulto predica in riva al Giordano, pallido e smunto, la penitenza, e finalmente chiude i suoi giorni nella prigione di Macheronte decapitato all’istanza di una saltatrice: grande Iddio! si tratta dunque così il fior dell’innocenza? Mi chiedete il perché? Domando a voi perché l’oro, fra i metalli il più prezioso, viene posto in seno di ardente fornace? Non è per affinarlo, per renderlo più lucente e più puro? Per simil guisa pratica Iddio coi suoi eletti; col fuoco delle tribolazioni purifica le loro virtù, accresce splendore alla loro santità: “Tamquam aurum in fornace probavit illos” (Sap. VIII, 6). – Rammentate qui quei bambini innocenti trucidati dal crudelissimo Erode in Betlemme e nei suoi contorni e ditemi se tutti: fossero venuti a florida, o matura età, si sarebbero tutti salvati? Io ne dubito. Sarebbero tutti santi? Non è probabile. Sarebbero tutti venerati sugli altari? Non è credibile. La spada dunque, la spada del tiranno non poteva fare ad essi vantaggio maggiore. Il taglio di quella staccò la palma che strinsero di primizie dei martiri, il sangue che sparsero tinse purpurei i candidi fiori di loro innocenza. Un momento di pena fu compensato con un gaudio eterno. – Tal’è la provvida sapiente condotta del nostro buon Dio verso de’ suoi più cari. Così si espresse al giusto Tobia, divenuto cieco, l’Arcangelo Raffaele, “Tobia perché tu eri accetto e caro a Dio, fu necessario che la pena, che la tribolazione di tua cecità, ti mettesse alla prova. Tu eri una gemma preziosa, ma era espediente che l’afflizione dell’infelice tuo stato, come una ruvida pietra mordace, ti togliesse d’intorno ogni scaglia per renderti più luminoso e pregevole. “Quia acceptus eras Deo, necesse fuit ut tentatio pròbaret te” (Ibid.) – II. Ora se gli innocenti non sono dispensati dalle tribolazioni e dalla croce, che dovrà dirsi dei peccatori? Ancor questi per più forti ragioni devono portarla, e buon per essi se la sapranno portare a loro profitto. Peccatori tribolati, udite bene, o voi siete fuor di casa del Padre celeste, battete la via della perdizione, e vi trattenete in paesi stranieri lontani da Dio come il figliuol prodigo, o sulle orme dello stesso, per la strada della penitenza, siete rientrati in casa del vostro buon genitore. Se vi trovate ancor fuor di casa, sappiate che la tribolazione è per voi una sferza per farvi deviare del cattivo sentiero, una spinta che Dio vi dà, perché a Lui facciate ritorno. Se il mentovato prodigo figlio avesse sempre avuto onde pascere le sua dissolutezze, dimentico affatto del padre abbandonato, mai più gli sarebbe caduto in pensiero di tornare a lui ravveduto e pentito. Allora sì che se il ricordò, quando, dissipate tutte le sue sostanze, si trovò mal coperto da luridi cenci, ridotto per la fame all’abbietto mestiere di pascere i porci. La tribolazione gli aprì gli occhi, la tribolazione lo fece risolvere a cercare nell’ottimo padre il rimedio all’estrema sua infelicità. Peccatori tribolati, Iddio permette le angustie della vostra povertà, la vessazione di quella lite, la persecuzione di quell’emolo, quella malattia, quella perdita, quella disgrazia, acciò colpiti dalla tribolazione abbandoniate il peccato, origine de’ vostri guai, e vi risolviate ad uscirne con condurvi ai piedi del Vostro padre, ch’è il Dio di ogni consolazione. Ed Egli intanto vi sta aspettando a braccia stese, e a seno aperto. – “Ma noi, voi rispondete, siam tornati addietro dalla via d’iniquità e, come ci giova sperare, siamo stati accolti in casa del nostro buon Padre, e rimessi nella sua grazia; e pure la croce sempre ci aggrava, la tribolazione ci sta sempre ai fianchi.” Sapete perché? Perché non usciate più dal luogo ove tornaste, perché più non mettiate piede fuor della soglia paterna. – Fa Iddio con voi, come fece Giuseppe viceré dell’Egitto col suo diletto fratello Beniamino. Non voleva Giuseppe che Beniamino partisse dagli occhi suoi, lo voleva seco nel suo palazzo: temeva che partendo non gli avvenisse qualche infortunio, come già avvenne a lui medesimo, quando fu spogliato e venduto da quegli stessi comuni fratelli. Ma come trattenerlo se i suoi fratelli non volevano partire senza di lui? Si appigliò ad uno strano espediente, che gli servisse di pretesto, onde riuscir nell’intento. Fece nascondere nel sacco di Beniamino la sua coppa di argento; indi arrestato dalle guardie, e trovato il corpo dell’apparente delitto, lo volle presso di sé custodito. Fu questo un industrioso tratto di benevolenza sotto l’aspetto di severità: amò meglio contristarlo per un momento, che esporlo a pericolo permettendo la sua partenza. La stessa condotta tiene con voi, peccatori ravveduti e tribolati, il celeste Padre. Ei vi accolse in sua casa, tornaste in sua grazia. Se le cose per voi corressero sempre prospere, se tutto andasse a seconda del vostro genio, chi sa che non ricalcitraste, che non volgeste le spalle a Dio un’altra volta? Perché tanto mal non vi avvenga si serve Iddio della tribolazione, come di una catena, catena che vi stringe è vero, ma catena d’oro, che con tanto vostro vantaggio a Lui vi lega. Si serve della croce che vi pesa come di una barriera per attraversarsi ai vostri passi, per impedirvi una sconsigliata partenza. – Abbracciatevi dunque, penitenti fratelli, a questa croce, stringetevi a questa con umile rassegnazione, baciatela con fede e con amore. Essa sarà la tavola che vi libererà dal naufragio nel mar tempestoso di questo secolo pervertito, sarà la spada per atterrare i vostri nemici, lo stendardo della vostra vittoria, la chiave che vi aprirà le porte del cielo. – III. Non vi arrendete alle mie esortazioni, il solo nome di croce vi conturba, non volete portarla con rassegnazione e pazienza? E bene mi resta a dirvi che la porterete per forza. – La croce dell’innocenza, voi dite, non essere adattata a chi non è più innocente. La croce della penitenza non volete abbracciarla; più non vi resta che la croce della riprovazione. Osserva un antico scrittore, che la croce di Cristo stesa a terra presagiva con i quattro suoi capi, che nelle quattro parti del mondo doveva essere predicata e piantata. Può indicare altresì non esservi parte del mondo, non paese, non famiglia, non persona, che non abbia la sua croce. – Posta dunque l’indispensabile necessità della croce, a quale delle tre già indicate tornerà meglio stendere le braccia? Rifiutate le due prime, dovremo nostro mal grado soffrire la terza del ladro reprobo e disperato. Mossi a pietà di questo reo inasprito, intollerante nei suoi tormenti, accostiamoci ai piedi della sua croce e prendiamo a dirgli così: “Infelice, in mezzo ai tuoi affanni dà luogo alla ragione, alla fede, alla verità, e al male del corpo non aggiungere quello dell’anima. Tu ti divincoli su quel legno come una serpe schiacciata da dura pietra, tu bestemmi, tu ti disperi, ma con che pro? Mira il compagno del tuo supplizio. Ei si è rivolto a Gesù con cuor contrito, con animo rassegnato, e ne ha ottenuto parola di perdono e promessa di Paradiso. Se temi in Gesù il tuo giudice, abbassa gli occhi, ed osserva Maria sua Madre trafitta dal dolore, a Lei manda una preghiera, un sospiro. Essa è de’ peccatori il rifugio, essa . .”, ma ei non mi ascolta, si dibatte, s’infuria e rinnova le sue bestemmie. Miserabile, se l’intolleranza, se la bestemmia addolcisce le tue pene, vorrei compatirti; ma tu te le accresci, e ti avvicini frattanto alle porte della morte e dell’inferno. Scuotiti omai, forsennato, ecco i soldati che vengono a rompere a te, e al tuo compagno le gambe, più poco ti resta di vita. Oimè il sole si eclissa, trema la terra, le pietre si spezzano, e tu sempre inflessibile, sempre ostinato. Così è. La croce stessa, dice l’Angelico, che fu al buon ladro una scala pel cielo, per questo disperato fu un precipizio per l’inferno. – Oh quanti cristiani si assomigliano a questo ladro infelice! Stretti dalle miserie, feriti dalle ingiurie, oppressi dalle calunnie, inchiodati in un letto di affanni per lunga e penosa infermità, invece di ricorrere al Padre delle misericordie, e confessarsi meritevoli di quel castigo, “nos quìdem iuste digna factis recipimus” (Luc. XXIII, 41), vomitano maledizioni e bestemmie contro la divina provvidenza, sfogano l’odio d’un cuore irritato e maligno contro i veri o supposti autori dei loro guai, e come cani rabbiosi mordono la pietra che li ferì. Anime tribolate, se cessato alquanto il bollore delle vostre smanie, potete ammettere qualche ragionevole riflessione, uditemi pazientemente. Lo sfogo della bestiale vostra indignazione, l’ira che v’infiamma, la disperazione che vi domina risana il vostro morbo, mitiga il vostro dolore, provvede alla vostra indigenza, dissipa la calunnia, tronca la persecuzione, in una parola, rimedia ai vostri mali, risarcisce le vostre perdite, compensa le vostre disgrazie? S’è così, “humanum dico”, vorrei in qualche modo compatire l’inferma natura, la debole umanità; ma se per lo contrario inasprite le vostre piaghe, e come un rospo sotto la sferza raddoppiate il veleno, se ne soffre la vostra sanità, ne peggiorate in ogni modo la deplorabile vostra condizione, fate senno per carità, lasciate d’esser nemici di voi medesimi, vi faccia orrore la disperata morte del cattivo ladro, vi muova l’esempio del buono, acciò la vostra croce, come già vi accennai con s. Tommaso, vi sia di scala al paradiso, non di precipizio all’ inferno. Non vi muovono le mie parole? Non vi fa colpo quanto finora per vostro bene vi venni dicendo? Cesserò di molestarvi. Mi volgerò invece a Gesù Crocifisso, e “Signore, gli dirò, Signore e Redentor nostro amorosissimo, Voi diceste che quando sarete esaltato da terra attirerete a Voi ogni cosa; traete dunque i nostri cuori a Voi. Che mala sorte sarebbe la nostra, vivere tribolati e morir disperati? Eh no, da questo istante, rassegnati alla vostra volontà, risolviamo di sopportare in pace le tribolazioni inevitabili in questa valle di pianto. Impareremo da Voi, vittima innocente, sacrificata pei nostri delitti su questo legno, impareremo dal penitente ladrone a soffrir con pazienza e con merito le pene dovute alle nostre colpe. Dietro le vostre orme porteremo in vita la nostra croce; colla dolce speranza di spirare in morte abbracciati alla croce vostra. 

Credo …

Offertorium V. Dóminus vobíscum.

Et cum spíritu tuo.

Orémus Ps CXVIII:47; CXVIII:48

Meditábor in mandátis tuis, quæ diléxi valde: et levábo manus meas ad mandáta tua, quæ diléxi. [Mediterò i tuoi precetti che ho amato tanto: e metterò mano ai tuoi comandamenti, che ho amato.]

Secreta Sacrifíciis præséntibus, Dómine, quaesumus, inténde placátus: ut et devotióni nostræ profíciant et salúti. [Guarda, o Signore, con occhio placato, al presente sacrificio, affinché giovi alla nostra devozione e salute.]

Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula sæculorum. – Amen.

Communio Ps V:2-4 – Intéllege clamórem meum: inténde voci oratiónis meæ, Rex meus et Deus meus: quóniam ad te orábo, Dómine. [Ascolta il mio grido: porgi l’orecchio alla voce della mia orazione, o mio Re e mio Dio: poiché a Te rivolgo la mia preghiera, o Signore.]

Postcommunio S. Dóminus vobíscum. R. Et cum spíritu tuo. Orémus. Súpplices te rogámus, omnípotens Deus: ut quos tuis réficis sacraméntis, tibi etiam plácitis móribus dignánter deservíre concédas. [Súpplici Ti preghiamo, o Dio onnipotente: affinché, a quelli che Tu ristori coi tuoi sacramenti, conceda anche di servirti con una condotta a Te gradita.] Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. R. Amen.