SALMI BIBLICI: “BONUM EST CONFITERI DOMINO” (XCI)

SALMO 91: Bonum est confiteri Domino

CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES

ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.

[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]

Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,

CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.

[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]

TOME DEUXIÈME.

PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878

IMPRIM.

Soissons, le 18 août 1878.

f ODON, Evêque de Soissons et Laon.

Salmo 91

Psalmus cantici, in die sabbati.

     [1] Bonum est confiteri Domino,

et psallere nomini tuo, Altissime.

[2] Ad annuntiandum mane misericordiam tuam, et veritatem tuam per noctem;

[3] in decachordo, psalterio, cum cantico, in cithara.

[4] Quia delectasti me, Domine, in factura tua; et in operibus manuum tuarum exsultabo.

[5] Quam magnificata sunt opera tua, Domine! nimis profundae factae sunt cogitationes tuae.

[6] Vir insipiens non cognoscet, et stultus non intelliget haec.

[7] Cum exorti fuerint peccatores sicut fœnum, et apparuerint omnes qui operantur iniquitatem, ut intereant in sæculum sæculi;

[8] tu autem Altissimus in æternum, Domine.

[9] Quoniam ecce inimici tui, Domine, quoniam ecce inimici tui peribunt; et dispergentur omnes qui operantur iniquitatem.

[10] Et exaltabitur sicut unicornis cornu meum, et senectus mea in misericordia uberi.

[11] Et despexit oculus meus inimicos meos, et in insurgentibus in me malignantibus audiet auris mea.

[12] Justus ut palma florebit; sicut cedrus Libani multiplicabitur.

[13] Plantati in domo Domini, in atriis domus Dei nostri florebunt.

[14] Adhuc multiplicabuntur in senecta uberi, et bene patientes erunt:

[15] ut annuntient quoniam rectus Dominus Deus noster, et non est iniquitas in eo.

[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.

Vol. XI

Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]

SALMO XCI.

Salmo da cantare in sabbato (in festa), ad ammaestramento del popolo nelle opere di Dio, la creazione ed il governo del mondo.

Salmo, ovver cantico pel giorno di sabbato.

1. Buona cosa ell’è il dar gloria al Signore, e cantar inni al tuo nome, o Altissimo.

2. Per celebrare al mattino la tua misericordia e la tua verità nella notte;

3. Cantando sopra il saltero a dieci corde e sopra la cetra.

4. Perocché tu mi hai letificato, o Signore, colle cose fatte da te, e nelle opere delle tue mani io esulto.

5. Quanto sono magnifiche, o Signore, le opere tue! grandemente profondi sono i tuoi consigli.

6. L’uomo insensato non gl’intenderà, e lo stolto non capirà tali cose.

7. Allorché i peccatori saran venuti su come l’erba, ed avran fatta la loro comparsa tutti quelli che operano l’iniquità,

8. Essi periranno per tutti i secoli; ma tu, o Signore, tu sei eternamente l’Altissimo.

9. Imperocché ecco che i nemici tuoi, o Signore, ecco che i nemici tuoi periranno, e saranno spersi tutti quelli che operano l’iniquità.

10. E la mia forza sarà esaltata, come quella dell’unicorno; e la mia vecchiezza per la copiosa misericordia.

11. E il mio occhio guarderà con disprezzo i miei nemici, e le mie orecchie udiranno novella intorno a coloro che si levan su e malignano contro di me.

12. Fiorirà il giusto come la palma; s’innalzerà qual cedro del Libano.

13. Allorché son piantati nella casa del Signore, fioriranno nell’atrio della casa del nostro Dio.

14. Ringioveniranno di nuovo in pingue vecchiezza, e saranno ben forti per annunziare,

15. Come il Signore Dio nostro ègiusto, e non è in lui la minima iniquità.

Sommario analitico

In questo salmo, composto per essere cantato nel giorno del sabbat, Davide è in contemplazione davanti all’opera della Creazione, del governo della provvidenza divina (1).

I.- Dichiara che è giusto e buono lodare Dio:

1° con il cuore,

2° con la bocca, – a) per annunciare al mattino la misericordia di Dio, – b) o la sua verità nella notte (1, 2);

3° con il concorso degli strumenti (3).

II. – Egli motiva la dichiarazione che sta per fare, è a causa:

1° dell’opera della creazione; – a) è uno spettacolo meraviglioso e che riempie di gioia l’anima di coloro che  lo considerano con attenzione (4); – b) resta impenetrabile invece per coloro che lo considerano senza intelligenza (5, 6);

2° del governo dell’universo e della Provvidenza divina, che si manifesta – a) nella sorte riservata ai malvagi dopo la loro prosperità passeggera; – b) nel regno eterno di Dio e del suo Cristo, e nel suo trionfo sui suoi nemici (9); – c) nella protezione segnalata che Dio accorda a coloro che Gli sono fedeli: 1) Dio li solleva durante la loro vita, 2) li ricolma di beni fino alla loro estrema vecchiaia (10); 3) alla morte essi disprezzano i loro nemici (11); 4) essi fioriscono come palma e si moltiplicano come il cedro(12); 5) la ragione di questo splendore, di questa fecondità, è che essi sono piantati nella casa del Signore, e si moltiplicheranno in una vecchiaia feconda, per annunziare la giustizia e la sanità di Dio (13, 15). 

Spiegazioni e Considerazioni

I. 1-3.

ff- 1-3. – Prendete consiglio dagli uomini ed essi vi diranno come sia bene fare la corte ai grandi della terra, il lusingarli, cantare le loro lodi, elevare monumenti alla gloria del loro nome. Consigli frivoli e quasi sempre perniciosi. Il Profeta vede come un’unica occupazione sia veramente lodevole e necessaria, se non quella di rendere omaggio al Signore, celebrare il suo santo Nome; e non abbiamo la temerarietà – dice S. Agostino – di mescolare il nostro amor proprio, la nostra vanità, nel culto che rendiamo a Dio. Ci è stato detto che i nostri nomi sarebbero scritti nel cielo e nel libro della vita, ma a condizioni che non cerchiamo se non la gloria del Nome di Dio. Che sia santificato il vostro Nome, è la preghiera che ci viene raccomandata, e quale Nome può essere paragonato al Nome di Dio? (Berthier). – È molto giusto, utile, piacevole e glorioso lodare il Signore: questo è giustissimo perché questa lode gli è dovuta; è cosa molto utile perché per noi è la fonte di gran merito e mediante essa, di gran ricompensa; piacevolissima, perché nulla è più dolce che lodare ciò che si ama; molto gloriosa perché è le medesima funzione degli Angeli (Bellarm.). – « È buono confessare al Signore. » Ma cosa confessare al Signore? Nell’uno o nell’altro caso, confessate al Signore: se avete peccato, ché siete voi che l’avete fatto; se avete compiuto qualche bene, è Lui che lo ha fatto. Allora canterete sul salterio, in Nome del Dio Altissimo, cercando la sua gloria e non la vostra, il suo Nome e non il vostro. Se cercate il Nome di Dio, Egli cercherà il vostro; ma se voi cancellate il Nome di Dio, Egli cancellerà il vostro. (S. Agost.). – Il giorno e la notte sono egualmente capaci di far risuonare le lodi di Dio, le lodi della sua bontà e le lodi della sua verità. Anche Davide ci dice in un altro salmo, il XXXIII, che egli benedice il Signore in ogni tempo, che la sua lode è sempre sulla sua bocca. Tuttavia sembra che la luce che al mattino viene a rivelare all’uomo le innumerevoli meraviglie della creazione, ovvero il giorno, sia per eccellenza il tempo favorevole all’espressione dei sentimenti di ammirazione e di riconoscenza che eccita la vista di tanti benefici, dovuti unicamente alla bontà divina; mentre la notte, anch’essa sì ricca di tante meravigliose opere del Creatore, ne vela una gran parte, e che avvolge in un vasto silenzio le città e le campagne, le montagne ed i mari, sia maggiormente destinata ai gravi pensieri, alle meditazioni seriose, ai sentimenti di venerazione e di timore, a tutto ciò che ispira, in una parola, l’idea della verità, che nello stesso tempo è l’idea della giustizia. (Rendu). – Cosa significa ancora che bisogna annunziare la misericordia di Dio al mattino e la verità di Dio durante la notte? Il mattino rappresenta la felicità di cui possiamo gioire; la notte rappresenta la tristezza che ci causa il dolore. Cosa dunque ha espresso il Profeta in queste poche parole? Quando siete nella felicità, rallegratevi in Dio, perché questo stato felice è opera della sua misericordia. Ma – direte – se io mi rallegro in Dio quando sono nella felicità, perché questo stato felice è opera della sua misericordia, cosa farò quando sarò nella tristezza e nell’afflizione? La felicità mi viene dalla sua misericordia, l’infelicità mi verrebbe dal suo rigore? No: ma nella felicità, lodate la sua misericordia, e nell’infelicità, lodate la sua verità; se Egli punisce i vostri peccati, non per questo è ingiusto. Daniele era di notte che pregava, perché Gerusalemme era prigioniera, in potere dei nemici. Allora i Santi erano caricati di mille mali; allora Daniele stesso fu gettato nella fossa dei leoni; allora i tre giovani furono precipitati nella fornace. Era notte, e durante questa notte, Daniele glorificava il Signore: diceva nella sua preghiera: « noi abbiamo peccato, abbiamo agito da empi, abbiamo commesso l’iniquità; a Voi la gloria Signore, a noi la confusione. » (Dan. VI, 5-7). Egli annunciava la verità durante la notte. Che significa annunziare la verità durante la notte? Non accusare Dio del male che si soffre, ma attribuirlo ai vostri peccati ed all’emenda che Egli vuol promuovere in voi. Se voi annunciate la sua misericordia al mattino e la sua verità durante la notte, voi lodate Dio in ogni tempo, confessate Dio in tutti i tempi e celebrate il suo Nome sul salterio (S. Agost.). – Questi strumenti musicali che si toccavano con le mani, ed il canto che vi si univa, ci insegnano che bisogna lodare Dio con la bocca e con le opere. Se pronunciate soltanto le parole, cantate un cantico senza l’accompagnamento sulla cetra; se agite solo senza aggiungere le buone parole, non fate che suonare la sola arpa. Bisogna dunque ben fare e ben dire, se volete canta sull’arpa.    

II. — 4-15.

ff. 4, 5. – Davide non dice: la vista delle vostre creature mi ha riempito di gioia; ma Voi mi avete riempio di gioia alla vista delle vostre creature, perché non bisogna fermarsi alla gioia che danno le creature; è il Creatore che bisogna vedere in esse, è Lui che ci fa gioire: 1° perché è nascosto sotto le creature come sotto un velo; 2° perché non cessa di agire in tutte le creature; 3° perché è infinitamente più bello, più perfetto di tutti gli esseri che Egli ha creato. – Si ama nell’intendere Davide darsi a queste crisi di gioia alla vista delle bellezze della natura, e possiamo giustamente concluderne che lo studio delle scienze naturali sia ben lungi dall’essere contrario alla Religione. Queste scienze sono belle, quando se ne sa penetrare lo spirito; esse sono nocive quando le si prendono alla leggera. Un po’ di scienza allontana dallo spirito di Dio, molta scienza ve lo riconduce. Bisogna lavorare molto per stimare la materia, per comprendere ciò che essa abbia di bello, di regolarità matematiche, di obbedienza assoluta alle leggi; e poi bisogna lavorare ancora per comprendere quanto essa sia comunque poca cosa. –  Davide si eleva dalla contemplazione delle creature, fino al Creatore stesso, e in esse ama il Creatore. Innamorato di questa bellezza immortale, egli prende ad amarlo e a rallegrarsi in Dio. – È Dio stesso che deve riempirci di gioia manifestandoci le opere delle sua mani. Se le bellezze sensibili sparse nelle opere del Creatore fissano i nostri pensieri, se è in esse che noi concentriamo i nostri sentimenti, esse ci incantano, ci seducono e diventano per noi una rete in cui i piedi degli insensati sono presi. (Sap. XIV, 11). – Sant’Agostino ammirava le opera di Dio, ma aggiungeva: « Che cosa sono al vostro confronto, Signore? Alla vostra presenza, ogni bellezza, ogni bontà si eclissa. – E a cosa devono condurre le alte scienze. O filosofi dei giorni nostri, di qualunque livello voi siate, o osservatori degli astri, contemplatori della natura inferiore ed attaccati a ciò che si chiama fisica, o occupati nelle scienze astratte che si chiamano matematiche, in cui la verità sembra presiedere più che nelle altre, io non voglio dire che non abbiate oggetti degni dei vostri pensieri; perché di verità in verità, voi potete giungere fino a Dio, che è Verità delle verità, sorgente di verità, la Verità stessa, in cui sussistono le verità che voi definite eterne, verità eterne ed immutabili, che non possono non essere verità, e che tutti coloro che aprono gli occhi in esse, e non di meno al di sopra di esse, poiché esse regolano i loro ragionamenti come quelli degli altri e presiedono alle conoscenze di tutto ciò che vede ed intende, sia uomini, sia Angeli. È questa verità che dovete cercare nelle vostre scienze. Coltivate dunque queste scienze, ma non lasciatevene assorbire; non presumete e non crediate di essere qualcosa più degli altri, perché conoscete le proprietà e le ragioni delle grandezze e delle infimità, il vostro cibo di spiriti curiosi e deboli che dopo tutto non porta a nulla, che esiste ma non ha nulla di solido che, per quanto si abbia l’amore della verità e l’abitudine di conoscerla negli oggetti certi, fa cercare la vera ed utile certezza in Dio solo (Bossuet, Elév. XVII, S. m., E.). – Quanto magnifiche sono le vostre opere, Signore! I vostri pensieri sono di una profondità infinita. In verità non c’è un mare sì profondo che non sia questo pensiero di Dio, di lasciare i malvagi nella prosperità ed i buoni nella sofferenza; non c’è acqua sì profonda, così alta; è in questa altezza, in questa profondità che ogni incredulo fa naufragio. Volete uscire da questo abisso? Non lasciate la Croce del Cristo e non sarete sommerso; tenetevi attaccati al Cristo. Cosa significa ciò che dico: tenetevi attaccati al Cristo? È tale lo scopo della sofferenza che ha voluto sopportare sulla terra. Soffrite dunque e sopportate le afflizioni del mondo, per meritare questo fino che avete visto realizzato nel Cristo, e non lasciatevi scuotere dall’esempio di coloro che fanno il male e sono floridi in questo mondo. « I vostri pensieri sono di una profondità infinita. » Qual è il pensiero di Dio? Al presente, lascia cadere le redini, ma le serrerà più tardi. Non condividete la gioia del pesce che trionfa della preda che ha afferrato: il pescatore non ha ancora tirato l’amo, ma l’amo è già nella gola del pesce. Il tempo che vi sembra lungo, in realtà è breve; ogni cosa passa presto, che cos’è la più lunga vita dell’uomo in confronto all’eternità di Dio? Volete avere longanimità? Considerate l’eternità di Dio; altrimenti voi considerate i pochi giorni che vi rimangono, e voi vorreste che in questi pochi giorni si compiano tutte le cose. Ma quali cose dunque? Che tutti gli empi siano condannati e tutti i buoni coronati. Voi volete dunque vederli tutti compiuti nel breve spazio della vostra vita? Dio li compie alla loro ora. Perché risentirvene o annoiarvene? Dio è eterno; Egli differisce, mostra longanimità. Ma voi dite: è perché io non duro che un momento, perché io manco di longanimità. È in vostro potere l’essere come Dio: unite il vostro cuore all’eternità di Dio e sarete eterno come Lui. (S. Agost.).

ff. 6-9. – Chi sono questi insensati? Coloro dei quali san Paolo ha detto: « Avendo conosciuto Dio, essi non l’hanno glorificato come Dio, non gli hanno reso grazie, ma sono svaniti nei loro pensieri ed il loro cuore insensato è stato oscurato. Questi uomini, che si dicono saggi, son divenuti folli; » (Rom. I, 21, 22); ed ancora: « l’uomo animale non comprende le cose che sono dello Spirito di Dio: esse gli sembrano una follia, non può comprenderle, perché se ne giudica bene solo con lo Spirito. » (1 Cor. II, 14). – Quali sono le cose che lo stolto non comprenderà e che l’insensato non conoscerà? « Quando i peccatori si saranno elevati come il fieno … » Che vuol dire: « come il fieno? » Esso è verde fino all’estate, ma venuto l’inverno, si secca. Vedete il fiore del fieno. C’è cosa che passa più in fretta? C’è nulla di più fresco? Nulla di più verde, non vi compiacete della sua freschezza, ma temete la maniera in cui dissecca. (S. Agost.). – La saggezza divina appare soprattutto in ciò che si lascia elevare ed apparire un momento come malvagio per perderlo per sempre, mentre essa lascia disseccare un momento il giusto alla radice per farlo rifiorire nell’eternità. – I peccatori non periscono allo stesso modo in cui sono fioriti: essi fioriscono in mezzo ai falsi beni, periscono in mezzo ai veri tormenti. (S. Agost.., sul Ps. LIII). – Voi avete visto degli imperatori, avete visto dei prefetti, delle armate, avete visto vittorie, trionfi, tutto questo è passato ieri e non esiste oggi (S. Girol. Su questo Ps.). – Il salmista non vuol dire che Dio li fa nascere e li colma di beni perché  siano riprovati, egli espone solo il fatto, mostra qual sia il termine della loro grandezza passeggera… – « Ma Voi, Signore, Voi siete l’Altissimo per l’eternità. » Voi attendete dall’alto, nella calma della vostra eternità che il tempo degli ingiusti passi e venga il tempo dei giusti … Dio è pieno di longanimità e di pazienza; Egli soffre tutte le iniquità che vede commettere dai malvagi. Perché? Perché Egli è eterno e vede ciò che è a loro riservato. Volete ancor voi avere pazienza e longanimità? Unitevi all’eternità di Dio, attendete con Lui ciò che è sotto di voi. – L’accecamento e la stupidità della maggior parte degli uomini, in rapporto a Dio ed alle sue opere temporali o spirituali, non impedisce affatto che essi riescano in questo mondo. Essi crescono con la rapidità dell’erba, si coprono di fiori, producono frutti abbondanti, prosperano, si elevano, salgono sui pinnacoli; poi, tutto ad un colpo, cadono e periscono per l’eternità. (Rendu). – In opposizione ai malvagi, che gioiscono per qualche istante di prosperità e che sono poi precipitati in un abisso di miserie senza fine e senza limiti, il salmista fa apparire Dio con i suoi attributi più incomunicabili, Potenza al di sopra di ogni altra potenza, una esistenza eterna. Ora si spiega perfettamente sia l’intera sconfitta dei suoi nemici sia il trionfo dei giusti. Nel numero di questi giusti coronati di gloria, figurano coloro ai quali Dio ha fatto la grazia di servirli dai loro più giovani anni, e che Egli ricompensa in questo mondo, accordando loro una verde e florida vecchiaia. Favore, del resto, che è un bene minore per essi, di cui ritarda il ritorno nella patria celeste, che per la loro famiglia di cui sono il modello, per la società di cui sono l’ornamento e l’edificazione (Rendu).

ff. 10-15. – Ecco l’opposizione della sorte dell’uomo giusto nei confronti di quella degli empi. La forza del giusto non sarà simile a quella dell’erba disseccata che passerà rapidamente, ma a quella di questo corno elevato e potente che i liocorni portano sulla loro fronte, e la sua vecchiaia si rinnoverà con l’abbondante misericordia di Dio; questa forza, che nello stesso tempo è una potenza, una gloria ed una felicità, non sarà solamente grande, energica, ma ancora durevole e persevererà fino alla sua estrema vecchiaia, che sarà sempre attiva e feconda (Bellarm.). – Non bisogna credere che il Profeta, parlando della vecchiaia, supponga anche la morte, secondo il fatto che l’uomo non invecchia nella carne che per morire. La vecchiaia della Chiesa sarà bianca a causa della purezza delle sue azioni, ma non subirà la corruzione della morte. Tale è la testa di un vegliardo, tali saranno le nostre opere. Voi vedete come la sua testa diventi bianca e calva, man mano che la vecchiaia si avanzi. In un uomo vecchio nel suo tempo naturale, cercherete vanamente sulla sua testa un capello nero, non lo troverete; ugualmente, se la nostra vita è stata nel giusto, e cercando il nero del peccato, non lo si trova, la nostra vecchiaia sarà una vera giovinezza, una vecchiaia sempre verde. Il Profeta ci ha parlato del fieno dei peccatori, ecco ora la vecchiaia dei giusti: « la mia vecchiaia sarà colma di abbondante misericordia. » (S. Agost.). – Non c’è che colui che disprezza il suo nemico e che non ha nulla da temere nel guardarlo in viso, considerarlo; se lo teme fugge alla sua presenza (Bellarm.). – « Egli ha gettato un occhio di disprezzo sui miei nemici. » Chi sono coloro che egli chiama i suoi nemici? Tutti coloro che commettono l’iniquità. Non notate forse che il vostro amico è un uomo di iniquità? Che si prospetta un affare e voi lo disapprovate. Da come vi elevate contro la sua ingiustizia, voi vedrete che, nel lusingarvi, sarà vostro nemico; ma voi non avete ancora sondato il suo cuore, non per farlo divenire ciò che non era, ma per forzarlo a mostrare ciò che era. – « Ed io ho gettato un occhio di disprezzo sui miei nemici, e il mio orecchio ascolterà ciò che sarà detto al soggetto di coloro che vogliono nuocermi. » Quando questo? Nella mia vecchiaia. Cosa vuol dire: nella mia vecchiaia? Nell’ultimo giorno! E cosa ascolterà il nostro orecchio? Posti alla destra del Cristo, noi ascolteremo ciò che sarà detto a coloro che saranno posti alla sua sinistra: « Andate nel fuoco eterno che è stato preparato per il demonio e per i suoi angeli. » (Matt. XXV, 11). Il giusto non ha da temere l’ascolto di queste terribili parole. È detto in un altro Salmo: « … la memoria del giusto sarà eterna; egli non temerà di dovere intendere la parola cattiva. » (Ps. CX, 7) – (S Agost.). – « Il giusto fiorirà come una palma, si moltiplicherà come i cedri del Libano. » Bisogna comprendere questa moltiplicazione del giusto, come una crescita; è il senso del testi. Si sa che il cedro si eleva a grande altezza, che la palma porta dei fiori molto belli e frutti in abbondanza. Il profeta sceglie questi alberi come termini di paragone, per dare l’idea più esatta dell’uomo giusto. Si è detto qui sopra che gli empi sono come l’erba dei campi, che appare e appassisce molto presto. Egli oppone qui la bellezza, la fecondità del giusto che compara ai due alberi più rinomati della Giudea: le palme ed i cedri cominciano ad emettere delle radici profonde nel seno della terra, ed i giusti entrano nell’abisso del loro niente prima di produrre dei frutti degni di immortalità. Le loro radici, dice San Agostino, sembrano come quella della palma e del cedro, aggrovigliate, irregolari, disseminate di nodi, perché nel procedere della virtù, le prime sono più difficili; ma l’umiltà e la pazienza superano tutti gli ostacoli, e da lì esce il tronco magnifico che si leva fino al cielo. L’ardore del sole fa appassire il fiore dei campi; ma i grandi alberi del Libano resistono ai fuochi voraci dell’estate, come al gelo dell’inverno, e quando la collera divina si infiammerà come una fornace, nel giorno delle vendette, il giusto non sarà raggiunto dall’incendio che consumerà gli empi; Questo avverrà al contrario nei riguardi del servitore fedele. Il giudizio di Dio verrà, conclude S. Agostino, per divorare i peccatori e per coprire i giusti di un nuovo splendore (Berthier) – I Padri rimarcano nel cedro delle eccellenti qualità: innanzitutto, la sua altezza maestosa che domina le montagne; poi il profumo che diffonde; infine questa proprietà che possiede di essere meno soggetto alla corruzione. Il giusto che, con la speranza, si porta incessantemente verso i beni eterni, somiglia al cedro che si eleva maestoso sulla montagna; come esso esala dei profumi, se con le sue pere e le sue virtù, spande in ogni luogo il buon odore di Gesù-Cristo; come lui, infine, sfugge alla corruzione perché, fermamente fissato in Dio da un solido amore, non si lascia corrompere da alcuna affezione terrena. (Mgr. DE LA Bouillerie, Symbolismo, 417). – La ragione per la quale i giusti saranno come le palme ed i cedri del Libano, è che non saranno piantati nelle foreste o nelle montagne deserte, ma nella casa di Dio, uniti a Dio con le radici della vera fede, portando i frutti dei buoni costumi, fondati sulla carità, ornati di fiori di purezza (Bellarm.). – Poiché il giusto è piantato nella casa di Dio, le sue foglie, i suoi fiori, e i suoi frutti vi crescono e sono dedicati al servizio di sua Maestà. « Esso è come l’albero piantato lungo corsi d’acqua, che produce il suo frutto a suo tempo; anche le sue foglie non cadranno; tutto ciò che fa, prospererà. » (Ps. I, 2). Non solo i frutti della carità ed i fiori delle opere che produce, ma pure le foglie delle virtù morali e naturali traggono una speciale prosperità dall’amore del cuore che le produce (S. Franc. De Sales, T. de l’am.de Dieu, I, XI, c, I). – L’uomo giusto che è invecchiato nei santi esercizi della pietà raccoglie, sul ritorno dell’età tutti i frutti della sua fedeltà. Egli è più istruito che mai circa le verità divine e sulle vie divine, dice S. Girolamo:  « Ætate fit doctior, usu tritior, processu lempore sapientior, et veterum studiorum dulcissimos fructus metit (Epist. 2 ad Nep.); egli ne parla con tutta l’autorità che dà una lunga esperienza. Più si avvicina al termine, più i suoi sentimenti si sviluppano, più i suoi meriti si moltiplicano … oh! Se la giovinezza andasse a riposare all’ombra di questa palma carica di fiori e frutti; se si mettesse al riparo dalle bufere del mondo sotto questo cedro magnifico che porta la sua testa verso il cielo e le cui radici si approfondano fin nelle viscere della terra; se essa ascoltasse gli insegnamenti di questa vecchiaia pieno di forza e di vigore per annunciare a tutti i popoli l’equità della condotta di Dio, con i suoi discorsi, la sua pazienza e con l’umile sottomissione ai decreti divini. Questa pazienza, necessaria soprattutto ai predicatori, ai dottori, ai superiori. « La dottrina di un uomo si riconosce dalla sua pazienza. » (Prov. XIX, 11). « … Annunziate la parola, insistete in ogni occasione, opportuna e non opportuna; ammonite, rimproverate, esortate, minacciate con ogni magnanimità e ogni sorta di istruzione. » (II Tim. IV, 2). « Essi saranno pieni di vigore e di pazienza per annunziare che il Signore nostro Dio è pieno di equità, e che in Lui non c’è ingiustizia. » Come non c’è ingiustizia in Lui? Ecco un uomo che non conosce che il male; ebbene, egli gode di una buona salute, ha figli, la sua casa è piena di ricchezze, è coperto di gloria, ricolmo di onori, progetta vendette per i suoi nemici e commette anche ogni sorta di cattive azioni. Ed eccone un altro che conduce onestamente i suoi affari, che non prende i beni altrui, che non fa del male a nessuno, e soffre nelle prigioni e nelle catene, sospira e muore nell’indigenza. Com’è allora in Dio non c’è ingiustizia? Conservate la pace e comprenderete perché vi turbate, e nella vostra camera segreta vi aprirete alla luce da voi stessi. Il Dio eterno vuole illuminarvi con i suoi raggi, non oscuratelo con le nubi del vostro agitarvi. Conservate la vostra pace dento di voi ed ascoltate cosa ho da dirvi: Dio è eterno, risparmia attualmente i malvagi per portarli al pentimento, punisce i buoni per insegnar loro la via del regno dei cieli; « … Non c’è ingiustizia in Lui, » non temete nulla. Ma fino a qual punto non ho sofferto? È evidente, io ho peccato, lo confesso, non pretendo d’essere giusto; ecco ciò che dice il maggior numero di gente. Se vedete un uomo nell’infelicità, nelle sofferenze, entrate da lui per consolarlo, ed egli vi dice: io ho peccato, lo confesso; io ho volpa, lo riconosco; ma io ho peccato come costui? Io so quale peccato ha commesso, io so quali colpe ha fatto: per quanto mi riguarda io ne ho senza dubbio, lo riconosco davanti a Dio, ma quanto esse sono minori delle sue? Ed io invece non ho da soffrire come lui! Non vi turbate conservate la vostra pace così da sapere che « il Signore è retto e che in Lui non c’è ingiustizia. » (S. Agost.).