GREGORIO XVII – IL MAGISTERO IMPEDITO: 3° Corso di Esercizi Spirituali (1)

S. S. GREGORIO XVII: IL MAGISTERO IMPEDITO:

III CORSO DI ESERCIZI SPIRITUALI (1)

[G. Siri: Esercizi Spirituali; Ed. Pro Civitate Christiana – Assisi, 1962]

IL NOSTRO ITINERARIO CON GESÙ’ CRISTO

1. La SS. Eucaristia

Qual è il tema sul quale io condurrò, attraverso questi SS. Esercizi, le vostre considerazioni? Il tema è la SS. Eucaristia, Gesù presente tra noi. Permettete che brevemente vi dia le ragioni della scelta di questo tema. Una ragione è esterna, l’altra è di carattere più intimo alla dottrina cristiana. La ragione esterna è questa: nei momenti difficili della vita della Chiesa, le cose si aggiustano sempre col ritorno a una intensificazione della vita eucaristica. La Santa Messa è sempre stata il centro di tutto, la sorgente di tutto, la vivificazione di tutto, e il « sacramentum permanens » che da essa scaturisce allo stesso modo. Nell’ultima grande universale burrasca conosciuta dalla storia della Chiesa, al tempo di quella rivolta che fu chiamata protestante, ma che in realtà era ben altro e ben più complessa, la grande medicina fu — sotto l’impulso del Concilio di Trento e di un certo numero di Santi che agirono in quell’orbita e realizzarono quell’impulso — il ritorno a una vita eucaristica più intensa. La Chiesa sta oggi combattendo una grande battaglia, una battaglia cruciale e dirimente per la storia del mondo, e deve far presto, non ha tempo da perdere, perché i popoli si sono svegliati, sono saltati tutti e violentemente nella storia, nella grande strada della storia: o saranno messi nella luce di Gesù Cristo o non faranno altro che baruffare con sé stessi, tra di loro e con tutti gli elementi che sono nel mondo, con le conseguenze che tutti possono facilmente intuire. Allora noi dobbiamo riprendere la stessa strada. E siccome è opportuno che voi impariate a vivere più la vita della Chiesa che la stessa vostra vita, mi pare che sia giustificato sufficientemente il motivo per cui gli Esercizi attuali io li condurrò su questo filo. Ho espresso la ragione esterna. Ora vengo alla ragione più interiore alla dottrina cristiana. C’è una cosa che noi dobbiamo capire, ed è che dobbiamo avanzare attraverso la vita presente camminando con Gesù Cristo. Come ci accompagniamo con Gesù Cristo? Cercando di forgiare noi il modo col quale dobbiamo accompagnarci con Lui? Se andargli a destra, a sinistra, davanti, dietro? No, cari. Dobbiamo andare con Lui nel modo in cui Egli vuole che andiamo con Lui. Perché noi non abbiamo da inventare proprio niente, non abbiamo da creare nulla: abbiamo da seguire. In questo seguire ci sarà una fecondità inaudita nella vita di ciascheduno secondo le sue capacità e secondo le sue doti, secondo le sue inclinazioni e le sue intenzioni; ma quanto al modo col quale noi ci dobbiamo accompagnare con Gesù Cristo, non c’è dubbio, la indicazione la dobbiamo lasciare a Lui. E come ci ha indicato che nella vita presente dobbiamo camminare con Lui? Ha lasciato sé stesso, perennemente. Ci sono dei veli che non permettono ai nostri sensi di avere la visione immediata della sua presenza reale, sacramentale, concreta, non simbolica, non meramente spirituale: concreta. È rimasto Lui. La diversità tra quello che accadde per i dodici, per i discepoli e per le folle allorché fu visibilmente in questo mondo e oggi, qual è? È questa: che allora gli occhi vedevano, le orecchie sentivano, le mani palpavano. Oggi noi non vediamo con gli occhi, non ascoltiamo con le orecchie la sua voce, la voce che ebbe l’umanità sua santissima; non possiamo fare come S. Tommaso: palparlo con queste mani. Quanto al rimanente, c’è Lui, esattamente Lui, Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Se è rimasto qui Lui, operando questo cambiamento che ha una ragione storica e che ha una ragione di Provvidenza universale dell’ essere e della vita, vuol dire che l’iter della nostra vita lo dobbiamo fare con Lui in questo modo. Noi non dobbiamo camminare accanto a un Gesù Cristo scritto nei libri, un Gesù Cristo che sia oggetto di rappresentazione cerebrale, no. Sbaglieremmo. Noi dobbiamo camminare con lui, che è qui. L’iter con Lui. Ma l’iter con Lui vuol dire l’iter con la SS. Eucaristia. – Osservate ora le caratteristiche fondamentali di questo cammino con Gesù Cristo. Le caratteristiche di questo iter con Gesù Cristo sono le seguenti e sono l’oggetto della presente meditazione. Anzitutto noi dobbiamo camminare accanto a Lui senza vederlo con gli occhi della carne, ossia dobbiamo camminare accanto a Lui con un continuo atto di fede. Perché con gli occhi della carne non lo vediamo, le nostre orecchie non possono ascoltare la voce che ebbe l’umanità sua santissima; le nostre mani non lo possono direttamente toccare. Noi tocchiamo Lui ma attraverso la dimensione quantitativa del pane che non c’è più, del vino che non c’è più: dovremo riparlare di questo quando il discorso su questa fede diventerà oggetto più immediato, più grave e più cogente dei nostri pensieri. Ma ora dobbiamo ricordare che la prima caratteristica dell’iter con Gesù Cristo, che è lì, è sempre lo stato di fede, perché accanto gli siamo, notate bene, anche fisicamente, perché tra noi e Lui c’è la indistanza, la non distanza fisica: in quel tabernacolo c’è il suo vero Corpo. È certo che noi gli siamo vicini, gli diamo la mano, ci appendiamo al suo braccio — lasciate che usi queste forme che non vorrebbero essere irriverenti, ma solo servirsi di un dato di fantasia per esprimere una verità che solo l’anima può intendere —, noi ci appendiamo al suo braccio. È un costante esercizio di fede. I Cristiani che non si ricordano di Gesù Cristo presente, quelli poi che lo fanno soltanto quando vanno a ricevere la benedizione col SS. Sacramento, dato che molti non si accorgono neppure (e qui siamo colpevoli anche noi) che Lui è presente quando si celebra la S. Messa, e che in tutto il rimanente della loro giornata e della loro vita non sanno di questa divina presenza, costoro, voi lo comprendete, avranno bisogno di una grande misericordia perché la dimenticanza e tale ingeneroso oblio possano essere loro abbonati invocando l’ignoranza invincibile o addirittura la buona fede! Questi uomini, che se arriva in una città un divo o una diva dello schermo, parlano per qualche tempo solo di quello, ombre effimere, assolutamente effimere e inconsistenti come tutte le ombre! Costoro, che non si ricordano che il loro Signore e Salvatore, quello che è andato in croce per loro, rimane lì, Lui, Dio e Uomo, non con la presenza spirituale ma con la presenza reale, sia pure sacramentalmente ottenuta, ma reale. Rimane lì ad aspettarli, giorno e notte. E gli uomini delegano tutto quello che dovrebbero fare a una piccola lampada che brilla. Povera, piccola lampada, che è tanto bella, che allunga certe ombre nella parte più sacra del tempio e che fa, tanto piccola, la parte del numero grande degli uomini dimentichi, insipienti e ingrati! Ecco il primo punto della meditazione. L’iter con Gesù Cristo lo si realizza con quell’elemento che permette di porre la nostra vita presente nel tempo, tra le vicissitudini umane, accanto continuamente a Lui, ma dove e come si è messo Lui, lì. E questo elemento è la fede. – La seconda grande caratteristica di questo iter con Nostro Signore Gesù Cristo è la grazia tipica dell’Eucaristia. Voi sapete che cos’è la grazia santificante abituale e che cos’è la grazia attuale. La grazia attuale data a noi attraverso l’Eucaristia è tipica, e nel suo essere tipica rivela la continuità con la quale la nostra vita deve essere nell’Eucaristia. Perché è tipica? È tipica perché assume il carattere del nutrimento, ossia perché è data onde sovvenire a quelle deficienze, stanchezze, esaurimenti, vuoti, carenze che nell’anima sono generate dalla fatica stessa della vita e sonogenerate necessariamente per il fatto che l’atto della vita non si può sospendere, altrimenti si muore. Ecco il carattere tipico della grazia attuale dell’Eucaristia. Vi ho detto che questo carattere tipico richiama la sua necessità. Sì, perché se non c’è un atto vitale, si muore. E allora il mantenimento della vita, l’infondere l’olio in questa lampada è cosa di sempre, di sempre. Il fedele lo deve fare. Lo farà prò modulo suo, a seconda dell’istruzione che ha, a seconda delle possibilità che gli sono offerte, a seconda della levatura, della maturazione, del merito, ma lo deve fare. – E’ forse necessario che in questo momento io stia a discorrere della stanchezza della vita umana? Non c’è nessuna cosa che abbia capacità di sorreggere, di sorridere sempre, di mantenere la freschezza primaverile e soprattutto di restar ferma; non c’è nessuna cosa. Perché anche se certe cose sembrano immobili come le montagne, cambiamo noi; quando quelle rimangono ferme, cambiamo noi. Io posso per tutta la vita stare a contemplare lo stesso sasso, ma dopo un anno la contemplazione mi darà un risultato diverso perché il sasso rimarrà lo stesso, dato che è un sasso abbastanza stabile e non una foglia al vento, ma avrò cambiato io qualche cosa. E ogni atto col quale si pensa, si vuole e si cammina fa perdere delle energie all’anima. Questo accade nell’ordine materiale ed è per questo che noi dobbiamo tutti i giorni prendere cibo. Lo stesso fatto, in un ordine ben diverso e in dimensioni che non sono affatto ragguagliabili a quella dalla quale sono partito, accade per l’anima. Ed ecco il secondo elemento dell’iter con Gesù Cristo. Noi non stiamo da noi sulle nostre gambe, noi non abbiamo col nostro solo braccio la forza di appenderci al suo braccio divino, noi non abbiamo la capacità, con quello che madre natura ci dà, di poter parlare a Lui che pure è tanto vicino a noi: abbiamo bisogno di questa grazia tipica. – E finalmente l’iter con Gesù Cristo. Questo iter non mette la figura nostra, attenti bene, accanto a quella di Gesù Cristo, mette Gesù Cristo dentro di noi, e non per una contiguità, la contiguità che può avere il gheriglio della noce rispetto alla scorza che gli sta intorno. No. È un’altra vicinanza, perché è una vicinanza che è data da un elemento trascendente, la cui natura ultima ci sfugge in modo assoluto perché appartiene all’ordine divino, ed è la grazia santificante. E della natura di quella riceve qualche cosa di particolare quell’altra grazia, che è diversa, che però ad essa consegue, e si chiama grazia attuale. – Sicché io ho parlato di iter con Gesù Cristo e tanto per introdurmi ho cominciato a parlare come se si trattasse del cammino fatto dai due discepoli di Emmaus, che se ne andavano per la strada accanto a Lui. Vi avverto che non è così. E’ accanto a Lui, sì, perché c’è una distanza tra noi e il tabernacolo. Ma ci sono dei momenti per cui quella distanza scompare ed Egli è in noi, sacramentalmente quando lo riceviamo, spiritualmente attraverso l’unione di grazia anche dopo che è cessata in noi la presenza sacramentale, ma che è tale ed è aumentata in funzione di quella e per causa di quella. Allora il carattere di questo iter con Gesù Cristo si chiama intimità con Lui. – Quando parliamo di intimità, pensiamo agli affetti, pensiamo alla vicinanza, alla consuetudine, alla conversazione, al passaggio delle nozioni: quello che sa uno sa l’altro, quello che è nell’anima dell’uno è nell’anima dell’altro. Noi pensiamo a tutte queste cose e potremmo continuare l’elenco. Tutte queste cose non danno assolutamente l’idea perfetta — la danno soltanto inesatta e come simbolo, rafforzato nella realtà che sta oltre — della intimità con la quale noi dobbiamo camminare con Gesù Cristo. Dovremo arrivare lassù, a Dio piacendo arriveremo lassù, lo speriamo, ma in questo mondo noi dobbiamo intendere di dovere coscientemente entrare in una divina compagnia. Chi ci ha detto questo? Lui. Come ce l’ha detto? Lasciandoci l’Eucaristia. Le nozioni che io vi ho detto non sono altro che conseguenze immediate e imprescindibili del fatto della istituzione, della realtà della divina presenza. La nostra vita deve camminare con Lui, e può camminare con Lui. La difficoltà maggiore sui tre punti: la fede, la grazia tipica, la intimità, dove sta? Vi rispondo subito che sta nel primo punto. È là dove si deve ricostruire, è là dove si deve fare, è là dove occorre la forza della volontà. Perché la grazia tipica, per coloro che hanno l’abitudine della Comunione come l’avete voi, non è difficile a trovarsi; perché la intimità, quando è realizzato il primo punto, viene di per sé stessa, è come un grave che cade e non si ferma più. Io vi avverto, la difficoltà sta nel primo punto: arrivare a creare una consuetudine volitiva, psicologica, per cui l’esercizio di fede nella reale presenza e l’impiego di tutti i sussidi e di tutti i mezzi anche esterni per poterla dall’esterno quasi dolcemente violentare; un attuale senso della divina presenza verrà effettuato soltanto se noi arriveremo a realizzare veramente questa fede. – La fede è una sola, una fides, d’accordo, e la definizione della fede è una sola e il motivo della fede è uno solo; ma guardate che la fede con la quale la divina presenza è attuale rispetto alla nostra vita interna, al nostro pensare e agire di ogni momento, anche in mezzo alle cose più comuni, questa fede è quella stessa per la quale Gesù Cristo ha fatto un discorso apposta. È noto a tutti voi che il discorso eucaristico Gesù l’ha fatto, ed è riportato al cap. VI di S. Giovanni, il grande discorso eucaristico. Ma vi è altrettanto noto — e bisogna cominciare allora dal capitolo V — che Gesù Cristo, prima di fare il discorso sull’Eucaristia, ne ha fatto uno a proposito della fede. Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che ci vuole una fede granitica qui, che ci vuole una fede — lasciatemi dire una parola che forse non va, ma esprime — erculea, che ci vuole una fede che ha bisogno di raggiungere i toni della violenza. Voi capite che una fede di questo genere, alla quale Gesù Cristo ha dedicato un discorso apposito, non è una fede che si rimedia con qualche zuccherino. Eppure bisogna averla. – Sentite. Siete in gran parte giovani. Diventerete vecchi, se camperete. Volete che il cammino della vostra vita, dico una cosa molto grave, volete che il cammino della vostra vita non abbia a subire le vicissitudini dell’età — anche i metalli seguono le vicissitudini della temperatura nelle stagioni e si dilatano e si restringono, persino quelli! — volete voi sottrarre la vostra vita, m’intendete? alle vicissitudini dell’età? Quelli che sono giovani non sanno ancora che cosa sono le vicissitudini dell’età! Una strada c’è: camminate con Gesù Cristo e solo con Lui. State tranquilli: avrete non abolite ma superate a un piano più alto tutte le vicissitudini dell’età. Volete voi sottrarre la vostra vita agli impulsi, alle suggestioni e alle inclemenze opposte delle diverse stagioni? D’inverno si battono i denti per il freddo, d’estate si suda. Volete sottrarre la vostra vita — e intendete che parlo in modo figurato — alle caratteristiche suggestive e deprimenti delle diverse stagioni? Camminate con Gesù Cristo. Volete voi sufficientemente sottrarvi non al movimento oscillante che dà una sistole e una diastole ma all’effetto di questo movimento oscillante connaturato alla stessa nostra vita? Parlo di quella oscillazione di sistole e di diastole che vi può afferrare tutte le mattine quando vi alzate dal letto, in qualunque momento della giornata, dopo qualsiasi esperienza un poo’ raggelante o raffreddante della vita sociale, del contatto con gli altri, nella non rispondenza, nella non perfetta intonazione dei ritmi degli altri coi nostri ritmi. Sapete quanto è singolare e talvolta misera la nostra vita interiore, come siamo foglie secche. Volete non sottrarvi a questa oscillazione, a questo movimento ma all’effetto di questo movimento? Non c’è che una cosa: camminare con Gesù Cristo. La questione del fine. Quando si cammina con Gesù Cristo, il fine potenzialmente è già in mano. Non che lo si abbia con certezza, per carità — non vorrei che io e voi avessimo a cadere sotto l’anatema del canone XVII della VI sessione del Sacro Concilio Tridentino — ma, potenzialmente, il fine è già ottenuto. [Sess. VI, can.17: Se qualcuno afferma che la grazia della giustificazione viene concessa solo ai predestinati alla vita, e che tutti gli altri sono bensì chiamati, ma non ricevono la Grazia, in quanto predestinati al male per divino volere: sia anatema. – Ndr.-] La sicurezza si ha soltanto dopo l’ultimo momento, non prima, la sicurezza infallibile, ma quella fiducia tranquilla e serena si può avere subito quando si cammina con Gesù Cristo. Avete capito, vero? Eucaristia, cioè iter con Gesù Cristo.

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