IGNORANZA

IGNORANZA

[G. Bertetti: “I Tesori di San Tommaso d’Aquino”; S.E.I. Ed. – Torino, 1918]

– 1. Ignoranza causa di peccato. — 2. Se l’ignoranza scusi o diminuisca il peccato. — 3. Ignoranza colpevole (De Malo, q. 3, art. 6, 7, 8).

1. Ignoranza causa di peccato. — La scienza pratica che dirige le azioni umane, non solo ci conduce al bene, ma ci allontana dal male: l’ignoranza dunque, togliendoci l’ostacolo che la scienza pratica ci opporrebbe a commettere il male, è causa di peccato, com’è causa d’errori di lingua l’ignoranza delle regole grammaticali. Ma doppia è la scienza direttiva negli atti morali, la scienza che ci può impedire il peccato. C’è una scienza universale, per cui noi giudichiamo che un atto è retto o deforme: e in tale scienza l’uomo trova talvolta ostacolo al peccato, come quando al considerar che la fornicazione è peccato se ne astiene: che se invece di tale scienza ci fosse l’ignoranza, questa sarebbe allora causa d’un peccato di fornicazione. — C’è poi una scienza particolare, ossia la scienza delle circostanze dell’atto stesso. Per questa scienza può accadere che l’uomo s’allontani senz’altro dal peccato oppure da una determinata specie di peccato. Così se un sagittario sapesse che ci passa un uomo, per niun conto scoccherebbe il dardo; ma non sapendo che quello è un uomo e credendolo un cervo, lancia la saetta e uccide l’uomo: in tal caso l’ignorar la circostanza della persona è stato causa d’un omicidio. Se invece un sagittario volesse uccidere un uomo, ma non suo padre, non lancerebbe certamente il dardo, se sapesse che chi passa è suo padre: ma poiché non lo sa, tira e uccide suo padre; l’ignorar questa circostanza è stato causa manifesta di peccato d’omicidio: perché in ogni caso questo sagittario è reo d’omicidio, quantunque in ogni caso non sia reo di parricidio. In diversi modi adunque l’ignoranza è causa di peccato.

2. Se l’ignoranza scusi o diminuisca il peccato. — Essendo il peccato una cosa essenzialmente volontaria, l’ignoranza scuserà in tutto o in parte il peccato, secondo che in tutto o in parte toglie il volontario: il volontario, s’intende, che venne dopo l’ignoranza, non quello che l’avesse preceduta. Tolta la cognizione dell’intelletto, è tolto l’atto della volontà: e così è tolto il volontario quanto a quello che s’ignora. Laonde, se nel medesimo atto c’è qualcosa d’ignorato e qualcosa di conosciuto, può esserci il volontario quanto a ciò che si sa, ma sempre c’è l’involontario quanto a ciò che non si sa: sia che non si sappia l’immoralità dell’atto, sia che se n’ignori qualche circostanza. – Benché l’ignoranza sia sempre causa d’un atto non volontario, non sempre tuttavia è causa d’un atto involontario. Non volontario si dice, solo perché manca l’atto della volontà; si dice invece involontario, perché la volontà è contraria a ciò che si fa: perciò all’involontario tien dietro la tristezza, che non sempre segue il non volontario, come quando, conosciuto uno sbaglio, non ci si rattristasse, anzi ci si provasse piacere. Ma anche l’atto della volontà può precedere l’atto dell’intelletto, come quando noi vogliamo comprendere noi stessi: e per la medesima ragione l’ignoranza cade sotto la volontà, e diviene volontaria. Questo può accadere in tre modi: — 1° quando uno direttamente vuol ignorare la scienza della salute, per non allontanarsi dall’amore del peccato (JOB, 21, 14); — 2° quando si trascura di conoscere ciò che si dovrebbe sapere: e quest’è ignoranza indirettamente volontaria o ignoranza di negligenza; — 3° quando direttamente o indirettamente si vuole ciò ch’è cagione d’ignoranza: direttamente, come appare in chi volesse ubriacarsi per privarsi dell’uso di ragione; indirettamente, come chi trascurasse di reprimere i moti che insorgono nella passione e che crescendo legano l’uso della ragione nel caso pratico di scegliere fra il bene e il male. Considerandosi negli atti morali come volontario ciò ch’è causato dal volontario, l’ignoranza volontaria, appunto perché volontaria, non può causare un atto non volontario, e perciò non iscusa dal peccato. – Quando dunque direttamente si vuol ignorare per non essere dalla scienza distolti dal peccato, l’ignoranza non iscusa il peccato né in tutto né in parte, anzi l’aumenta: poiché è segno di grande amore verso il peccato il voler soffrire un danno nella scienza per poter peccare liberamente. – Quando poi indirettamente si vuol ignorare, trascurando d’imparare, o anche quando per caso si vuole l’ignoranza, volendo direttamente o indirettamente quello che porta con sé l’ignoranza, questa non iscusa interamente l’involontario nell’atto che ne deriva: perché l’atto, procedendo da ignoranza volontaria, è, in certo qual modo, volontario. Tuttavia ne diminuisce il volontario: poiché l’atto derivato da tale ignoranza è meno volontario di quello che si commetterebbe, se scientemente e senza alcuna ignoranza si eleggesse un tal atto; perciò siffatta ignoranza scusa l’atto seguente, non in tutto, ma in parte. È però da avvertire che talvolta e lo stesso atto seguente e l’ignoranza precedente sono un solo peccato, come sono un solo peccato il piacere e l’atto esterno del peccato: onde può accadere che il peccato sia reso più grave dal volontario dell’ignoranza, non meno di quanto sia scusato dall’atto diminuito del peccato. Se infine l’ignoranza non è volontaria secondo alcuno dei modi predetti e non è accompagnata da alcun disordine della volontà, allora fa involontario del tutto l’atto che ne deriva.

3. Ignoranza colpevole. – Non sempre l’ignoranza è colpevole. Non è colpevole ignorare ciò che non siamo obbligati a sapere: ma è colpevole l’ignorare ciò che dobbiamo sapere. — Ognuno deve sapere le cose che lo dirigano nei suoi atti: quindi ognuno deve sapere le cose di fede, perché la fede dirige l’intenzione; ognuno deve sapere i precetti del decalogo, per mezzo dei quali noi possiamo evitare il male e fare il bene: perciò furono promulgati da Dio alla presenza di tutto il popolo (Exod., 20). — Le cose più recondite della legge Mose soltanto e Aronne le udirono dal Signore: e intorno a queste ognuno è tenuto a sapere ciò che s’appartiene al suo ufficio; così il Vescovo deve sapere ciò che s’appartiene all’officio episcopale, e così degli altri; né senza colpa sarebbe per essi l’ignoranza di siffatte cose. Può dunque l’ignoranza considerarsi sotto un triplice aspetto: -— 1° in se stessa, e così considerata non ha ragione di colpa, ma di pena; — 2° in confronto alla sua causa: come causa di scienza è l’applicazione dell’animo al sapere, così è causa d’ignoranza il non applicar l’animo alla scienza, e il fatto stesso di non applicar l’animo a sapere ciò che si deve sapere è peccato d’omissione; — 3° in confronto a quel che ne segue: e così talvolta è causa di peccato, come sopra si disse. – Può ancora considerarsi l’ignoranza come conseguenza del peccato originale. — Nel peccato d’origine c’è la parte formale, appartenente alla volontà, cioè la mancanza della giustizia originale. Siccome poi dalla giustizia originale, per cui la volontà s’univa con Dio, derivava nelle altre forze una certa ridondanza di perfezione, di modo che, illustrata la ragione dalla conoscenza della verità, l’irascibile e il concupiscibile conservavano la lor rettitudine: così, tolta la giustizia originale della volontà, viene a mancare la conoscenza della verità nell’intelletto, la rettitudine nell’irascibile e nel concupiscibile. E così l’ignoranza e il fomite son la parte materiale nel peccato d’origine; come nel peccato attuale è parte materiale il rivolgersi a un bene commutabile.