Mons. J.- J. GAUME: STORIA DEL BUON LADRONE (17), cap. XXX

CAPITOLO XXX.

RELIQUIE DEL BUON LADRONE (1)

 (1) [Noi intendiamo per reliquie del Buon Ladrone la croce sulla quale spirò: poiché in quanto al suo corpo, crediamo che non ne sia restato nulla sulla terra, portando avviso con molti dotti personaggi che s. Disma fu tra il numero dei risuscitati del Calvario. Rainaldo, Corn. a Lapid. etc.]

Gli strumenti del supplizio sotterrati insieme coi condannati.— Testimonianze de1 Giudei. — Sforzi de’ Giudei e dei Pagani per nascondere le croci del Calvario. — Condotta della Provvidenza. — Sant’Elena a Gerusalemme. — Del Calvario. — La tradizione. — Curiosa lettera dell’imperatore Leone al Re dei Saraceni. — Giudei costretti a manifestare il segreto dei loro correligionari. — Passo di Gretsevo. — Scoperta delle croci. — Portate a Costantinopoli con altre reliquie. — Testimonianza degli Storici Niceforo, Zonara, Suida, Cedrene. —Una buona porzione della croce del Buon Ladrone lasciata nell’isola di Cipro. — Testimonianza del dotto Luca Tudense e di Felice Faber testimoni oculari. — Particelle della croce del Buon Ladrone in Roma, a Bologna ed altrove. — Autorità dei Bollandisti, di Masini, del P. Rainaldo, e di Orilia.

Nostro Signore e i due ladroni furono spiccati dalla croce subito dopo la loro morte e sepolti precipitosamente, pel sopraggiungere del Sabato, che incominciava al tramonto del sole. Tale era la legge dei Giudei. Un dei loro autori, Filone, la spiega in questi termini: « La legge, dice egli, non permette agli omicidi di pagar colla moneta ciò che pagar debbono colla morte o con l’esilio, ma esige rigorosamente che il sangue sia espiato col sangue, e che la vita dell’omicida sia data per la vita della vittima. Se tale non fosse la disposizione della legge, gli assassini si farebbero un gioco dell’ omicidio e di tutti gli altri delitti „ Contro rei di tal sorta di misfatti, il legislatore avrebbe decretato mille supplizi, se lo avesse potuto : ma non potendolo, esso ordinò, come supplemento di pena, che fossero crocifissi. – « Cionondimeno, Mosè il più mansueto degli uomini, diede prova della sua clemenza a riguardo dei rei. Che il sole, diss’egli, non tramonti su quelli che son sospesi al patibolo : ma sieno essi staccati di là e sepolti prima che scenda all’occaso. E nel fatto, due cose erano necessarie. Bisognava elevar dalla terra coloro che avevano con i loro delitti imbrattato ogni parte della creazione, per rendere testimoni del loro supplizio il sole, e col sole il firmamento, l’aria e la terra. Dipoi, occorreva prontamente seppellirli, affinché non contaminassero nulla di quel che è visibile. »  – In conseguenza, ed a motivo della prossimità del gran Sabato, il corpo del Buon Ladrone, subito dopo il crurifragium fu distaccato dalla croce e frettolosamente sepolto sulla montagna stessa del Calvario. Né solo il suo corpo fu seppellito; presso gli Ebrei era in uso di seppellire presso il corpo de’ giustiziati anche gli strumenti ch’avevano servito a dar loro la morte. – « Era proibito, dicono gli Antichi Rabbini, di deporre i cadaveri dei condannati nelle sepolture comuni. Essi dovevano esser sepolti a parte. Ed egualmente a parte si dovevano sotterrare gli strumenti del loro supplizio, cioè, le croci, i chiodi, le mannaie, le pietre, secondo il genere della morte che avevano subito. Ed è perciò ch’era vietato di crocifiggere ad un albero; ma era d’uopo che l’albero fosse segato, e dei suoi rami si formasse la croce, affinché fosse mobile lo strumento del supplizio, e potesse seppellirsi pur esso » [Apud Baron., an. 34, n. 134]. Nella medesima fossa i Giudei gettarono le tre croci dei condannati, le quali rimasero sotterrate per 300 anni, fino cioè alla scoperta che ne fu fatta da S. Elena imperatrice, madre di Costantino. La operazione presentò assai difficoltà. Primieramente, i Pagani, in odio al Cristianesimo, avevano fatto di tutto per far dimenticare il luogo della crocifissione e la fossa profonda nella quale si erano seppellite le croci del Salvatore e dei due ladroni. Per disposizione dei persecutori, erasi portata sul Calvario una gran quantità di terra per fare una piattaforma molto elevata sul vertice della montagna: fu questa cinta da un muro, ornato di emblemi pagani, quindi selciata, e vi si edificò un tempio dedicato a Venere, presso il quale sorgeva una statua di Giove. – I Cristiani pertanto che andavano a pregar sul Calvario, erano creduti adoratori degl’idoli; ed il timore di passare per idolatri li tratteneva dal frequentare quel luogo sacro, che in conseguenza a poco a poco fu abbandonato del tutto; e i Pagani speravano di far anche dimenticare il gran fatto che ivi era avvenuto. Ma, senza saperlo, secondavano le mire della Provvidenza. Era necessario che le croci del Calvario rimanessero nascoste fino alla pace della Chiesa, Se fossero state scoperte durante il predominio del Paganesimo ed il tempo delle persecuzioni, sarebbero state certamente profanate o distrutte. – La venerabile Imperatrice non si arrestò innanzi alla difficoltà materiale. Un gran numero di soldati e di operai ebbero incarico di demolire il tempio dell’impura Dea, e di rovesciare la statua del principe dei demoni, non che di sgombrare dei rottami e della terra la sacra montagna. L’opera fu eseguita con ammirabile attività, e ben tosto si venne a scoprire la cima naturale del sacro monte. Rimaneva a trovarsi il luogo ove le croci fossero sotterrate. Si raccolse la tradizione dalla bocca dei Cristiani e dei Giudei. Sul principio essa non diede alcuna indicazione precisa. Essendosi tuttavia nell’incertezza, 1’Imperatrice fu avvertita esservi alcuni Ebrei che perfettamente conoscevano il sito ov’eran le croci, ma che ricusavano palesarlo. Ascoltiamo l’imperatore Leone che scriveva ad Omar re dei Saraceni, quanto ora avvenuto in quella circostanza. Noi riportiamo la sua lettera per intero, perché poco nota, e perché aggiunge interessanti particolarità, a quelle che noi dobbiamo a S. Paolino, a S. Ambrogio, e ad altri scrittori ecclesiastici sul grande avvenimento della scoperta della vera croce. – « Io mi accingo a rispondere, dice il principe, alle domande che m’indirizzate su Gesù Cristo. Egli fu crocifisso con due ladroni, l’uno a destra, l’altro a sinistra, e morì in quel medesimo giorno. Alla sua morte tremò la terra e si oscurò il sole. I principi de’ Giudei ch’eran presenti, furono colpiti da grande spavento, e vidersi in grave imbarazzo a motivo delle croci. Per cancellare la memoria di quanto era avvenuto, seppellirono essi quelle croci di tal maniera che niuno potesse sapere ove fossero, tranne uno solo fra essi. Durante la sua vita, il depositario del segreto non lo confidò ad alcuno. All’avvicinarsi della morte, egli lo trasmise ad uno dei suoi parenti, dicendogli: Se mai si venisse a riparlare della croce, tu saprai ov’essa è, e glie ne indicò il luogo preciso. – « Quando Gesù Cristo volle pubblicamente confondere i Giudei fece apparire la Croce a Costantino imperatore dei Romani, non ancora cristiano. Andando egli alla guerra, alzò gli occhi al cielo, e vide nell’aria due colonue, che si traversavano a guisa di croce e su quelle una luminosa leggenda scritta in greco, la quale diceva: Poiché tu hai chiesto a Dio di conoscere la vera fede, fatti un vessillo sul modello di questa croce, e portalo alla testa del tuo esercito. L’imperatore obbedì, attaccò il nemico, e per virtù della santa Croce, riportò una compiuta vittoria. « Nel ritorno egli mandò Elena, sua madre, con un corpo di truppe fino a Gerusalemme, per domandare agli Ebrei che fosse avvenuto della Croce del Signore. – E ricusando essi di rispondere, ella ne fa’ porre parecchi alla tortura. Alla fine essi indicarono all’Imperatrice colui che era il depositario del segreto, ed ella bentosto Io fece ricercare, e negando egli di saperlo, lo fece calare in un pozzo senza fargli somministrare alcun cibo. Dopo qualche giorno, sentendosi venir meno la vita, consentì ad indicare il luogo ov’erano le tre croci. « Si cominciò a scavare, e bentosto si sentì venir fuori dalla fossa un soave profumo che assicurava la scoperta delle croci, già da tre secoli sepolte colà. Trattele fuori, non sapendo l’Imperatrice qual fosse la Croce del Signore, fece appressare ad un morto la prima che le si presentò, ed al contatto di quella il morto non diede segno di vita. Lo stesso avvenne della seconda; ma non appena la terza ebbe toccato quel cadavere, si levò esso in piedi in tutto il vigor della vita. Elena feece immediatamente edificare una Chiesa sul sepolcro di Nostro Signore Gesù Cristo, vi depose una parte del santo Legno, e fe’portare il resto a suo figlio.» [Epist. Leon, imperat, ad Umarum Reg. Saracen. in Bibl. PP, t. III; et apud Gsetzer, De Cruce, t. II, p. 75, edit. in 4.]. La storia ha conservato il nome del giudeo che manifestò il segreto dei suoi correligionari. Egli chiama vasi Giuda, e convertito al Cristianesimo, prese il nome di Ciriaco, divenne Vescovo, e poi morì martire sotto Giuliano l’apostata. La sua festa è segnata al primo di Maggio nel martirologio di Beda, ed il racconto della sua conversione si legge nella storia di Gregorio di Tours, ed in altri molti scrittori riportati testualmente da Gretzer. Quel dotto religioso poi aggiunge: « Non vogliasi avere in conto di favola cotesto racconto, non solamente per l’autorevole testimonianza di Gregorio di Tours, ma altresì per l’autorità molto maggiore dell’Officio Ecclesiastico dell’Invenzione della Santa Croce. In detto Officio leggesi, parola per parola, tutta la storia di questo Giuda, ed essa ogni anno è recitata dal Clero » —  La guarigione istantanea di un infermo presso il santo Sepolcro, e soprattutto la risurrezione del morto, avevano fatto con certezza conoscere la Croce del Salvatore. Incontestabili prove altresì fecero certamente distinguere la croce del Buon Ladrone, poiché l’Oriente e l’Occidente conservano con molta cura e piamente onorano le preziose reliquie dello strumento del supplizio, sul quale morì santificato l’evangelista del Calvario. Sostenere il contrario, e sostenerlo senza gravi autorità, sarebbe un’ingiuria gratuita alla fede dei secoli cristiani. Il silenzio di taluni autori non è che un argomento negativo, il cui valore svanisce dinanzi alla positiva testimonianza di altri rispettabili autori, e soprattutto innanzi al consentimento delle passate generazioni. – Or ecco quello che noi sappiamo. S. Elena profittò del suo soggiorno a Gerusalemme per raccogliere con ogni possibile diligenza tutti gli oggetti santificati dal contatto del Salvatore, o testimonianze della sua morte, o monumenti delle antiche tradizioni bibliche. Questi ultimi, salvati da distruzione dalla stessa Provvidenza, sussistevano, siccome i fossili nelle viscere della terra, in prova dei grandi avvenimenti narrati da Mosè. Tali erano fra gli altri la statua di sale, nella quale fu tramutata la moglie di Loth; le ossa enormi dei giganti i cui misfatti avevano provocato il diluvio; finalmente il venerando oggetto di cui parliamo, e che fu il solo che portò seco s. Elena. Quanto agli altri è facile immaginare con quale religiosa sollecitudine fossero essi conservati dalia filiale pietà dei Cristiani della Palestina. – La pia Imperatrice portò seco, non solamente una gran parte della Croce di Nostro Signore, i chiodi, il titolo scritto in più lingue, e gl’istrumenti tutti della sua morte, ma ancora la croce del Buon Ladrone, e quella pur del cattivo. Se la prima era un monumento di misericordia, la seconda era un monumento di giustizia. Se l’una doveva ispirare il pentimento e la fiducia nel perdono, l’altra era propria a colpire di un terror salutare. Di più senza essere offerte l’una e 1′ altra alla venerazione dei secoli, ambedue rendevano testimonianza del più grande avvenimento della storia. – Ma lasciamo parlare gli antichi e i moderni. « La imperatrice, dicono gli storici greci, Niceforo, Suida, Cedreno, Zonaro, riunì le croci dei due ladroni con molti altri oggetti, raccolti in Terra Santa, e li trasportò a Costantinopoli. Vi erano fra gli altri, il vaso dei profumi coi quali fu imbalsamato il Signore, i dodici canestri, e le sette sporte che avevano contenuto i pani miracolosamente moltiplicati, con qualche pezzo di quei medesimi pani, di più l’ascia della quale si era servito Noti nella costruzione dell’Arca e molti altri oggetti che avevano il marchio della loro autenticità. « Costantino accolse queste ammirande reliquie con una gioia ed una pietà degne della sua fede. Sulla piazza di Costantinopoli, che portava il suo nome, fece egli innalzare per riceverle un magnifico monumento, che si componeva di quattro solide arcate mirabilmente scolpite, che formavano come quattro portici intorno ad una grande colonna di porfido. Nello zoccolo della colonna l’imperatore con le sue mani depose una ricca cassetta, che conteneva le sante reliquie, e fu da lui suggellala col suggello dell’impero. Vero ed inestimabile tesoro della città imperiale, questo monumento ancora sussiste intatto e venerato. » Quanto alla croce dei Buon Ladrone, una immemorabile tradizione dice, che s. Elena, tornando da Gerusalemme la donò quasi interamente agli abitanti dell’isola di Cipro. Egli è un fatto che da secoli si conservò, e per avventura conservasi ancora, in un Convento in mezzo alle montagne prossime a Nicosia (oggi Lefkosia) capitale dell’isola, la croce del Buon Ladrone. Essa è collocata dietro l’altare maggiore, ove sta, per quanto dicesi, miracolosamente sospesa. Benché imporporata del sangue di un Santo illustre, si aggiunge che, a renderla più venerabile, s. Elena vi fece incastrare un pezzo della Croce del Salvatore: quindi il numeroso concorso degli abitanti dell’isola all’antico Monastero, ed i miracoli d’ogni specie, pubblici e privati, ottenuti in quel luogo. Tal’è la testimonianza di molti autori commendevoli per il loro sapere, e dei quali parecchi furono testimoni oculari di ciò che raccontano. Ciò che rimase della croce del Buon Ladrone fu portato a Costantinopoli, e relativamente a questa preziosa reliquia, avvenne ciò che avviene ancora rispetto a tutte le altre, e pur anco alla Croce di Nostro Signore. Una parte fu conservata nella città imperiale, intanto che delle particelle più o mono importanti andarono ad arricchire diverse Chiese dell’Oriente e dell’Occidente. Così nella Basilica Costantiniana di Santa Croce in Gerusalemme, Roma possiede un pezzo notabile della Croce del Buon Ladrone. Esso è collocato sull’altare della cappella delle reliquie, ed è rinchiuso in un reliquiario di cristallo. – Bologna ancora nella sua bella Chiesa dei santi Vitale ed Agrigola, conserva una non piccola parte della croce di s. Disma. La venerazione di che la dotta città fa mostra per l’illustre compagno del Salvatore, è pur comune ad altre Chiese, e noi il vedremo nel seguente Capitolo.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

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