FESTA DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ (2021)

FESTA DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ (2021)

VENERDÌ DOPO L’OTTAVA DEL CORPUS DOMINI.

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Doppio di Ia cl. con Ottava privilegiata di 3° ordine. – Param. bianchi.

Il Protestantesimo nel secolo XVI e il Giansenismo nel XVIII avevano tentato di sfigurare uno dei dogmi essenziali al Cristianesimo: l’amore di Dio verso tutti gli uomini. Lo Spirito Santo, che è spirito d’amore, e che dirige la Chiesa per opporsi all’eresia invadente, affinché la Sposa di Cristo, lungi dal veder diminuire il suo amore verso Gesù, lo sentisse crescere maggiormente, ispirò la festa del Sacro Cuore. L’Officio di questo giorno mostra « il progresso trionfale del culto del Sacro Cuore nel corso dei secoli. Fin dai Primi tempi i Padri, i Dottori, I Santi hanno celebrato l’amore del Redentore nostro e hanno detto che la piaga, fatta nel costato di Gesù Cristo, era la sorgente nascosta di tutte le grazie. Nel Medio-evo le anime contemplative presero l’abitudine di penetrare per questa piaga fino al Cuore di Gesù, trafitto per amore verso gli uomini » (2° Notturno). — S. Bonaventura parla in questo senso: « Per questo è stato aperto il tuo costato, affinché possiamo entrarvi. Per questo è stato ferito il tuo Cuore affinché possiamo abitare in esso al riparo delle agitazioni del mondo (3° Nott.). Le due Vergini benedettine Santa Geltrude e Santa Metilde nel XIII secolo ebbero una visione assai chiara della grandezza della devozione al Sacro Cuore. S. Giovanni Evangelista apparendo alla prima le annunziò che « il linguaggio dei felici battiti del Cuore di Gesù, che egli aveva inteso, allorché riposò sul suo petto, è riservato per gli ultimi tempi allorché il mondo invecchiato raffreddato nell’amore divino si sarebbe riscaldato alla rivelazione di questi misteri (L’araldo dell’amore divino. – Libro IV c. 4). Questo Cuore, dicono le due Sante, è un altare sul quale Gesù Cristo si offre al Padre, vittima perfetta pienamente gradita. È un turibolo d’oro dal quale s’innalzano verso il Padre tante volute di fumo d’incenso quanti gli uomini per i quali Cristo ha sofferto. In questo Cuore le lodi e i ringraziamenti che rendiamo a Dio e tutte le buone opere che facciamo, sono nobilitate e diventano gradite al Padre. — Per rendere questo culto pubblico e ufficiale, la Provvidenza suscitò dapprima S. Giovanni Eudes, che compose fin dal 1670, un Ufficio e una Messa del Sacro Cuore, per la Congregazione detta degli Eudisti. Poi scelse una delle figlie spirituali di S. Francesco di Sales, Santa Margherita Maria Alacoque, alla quale Gesù mostrò il suo Cuore, a Paray-le-Monial il 16 giugno 1675, il giorno del Corpus Domini, e le disse di far stabilire una festa del Sacro Cuore il Venerdì, che segue l’Ottava del Corpus Domini. Infine Dio si servì per propagare questa devozione, del Beato Claudio de la Colombière religioso della Compagnia di Gesù, che mise tutto il suo zelo a propagare la devozioni al Sacro Cuore». (D. GUERANGER, La festa del Sacro Cuore di Gesù). – Nel 1765, Clemente XIII approvò la festa e l’ufficio del Sacro Cuore, e nel 1856 Pio IX l’estese a tutta la Chiesa. Nel 1929 Pio XI approvò una nuova Messa e un nuovo Officio del Sacro Cuore, e vi aggiunse una Ottava privilegiata. Venendo dopo tutte le feste di Cristo, la solennità del Sacro Cuore le completa riunendole tutte in un unico oggetto, che materialmente, è il Cuore di carne di un Uomo-Dio, e formalmente, è l’immensa carità, di cui questo Cuore è simbolo. Questa festa non si riferisce a un mistero particolare della vita del Salvatore, ma li abbraccia tutti. È la festa dell’amor di Dio verso gli uomini, amore che fece scendere Gesù sulla terra con la sua Incarnazione per tutti (Off.) che per tutti è salito sulla Croce per la nostra Redenzione (Vang. 2a Ant. dei Vespri) e che per tutti discende ogni giorno sui nostri altari colla Transustanziazione, per applicarci i frutti della sua morte  sul Golgota (Com.). — Questi tre misteri ci manifestano più specialmente la carità divina di Gesù nel corso dei secoli (Intr.). È « il suo amore che lo costrinse a rivestire un corpo mortale » (Inno del Mattutino). È il suo amore che volle che questo cuore fosse trafitto sulla croce (Invitatorio, Vang.) affinché ne scorresse un torrente di misericordia e di grazie (Pref.) che noi andiamo ad attingere con gioia (Versetto dei Vespri); un acqua, che nel Battesimo ci purifica dei nostri peccati (Ufficio dell’Ottava) e il sangue, che, nell’Eucaristia, nutrisce le nostre anime (Com.). E, come la Eucaristia è il prolungamento dell’Incarnazione e il memoriale del Calvario, Gesù domandò che questa festa fosse collocata immediatamente dopo l’Ottava del SS. Sacramento. — Le manifestazioni dell’amore di Cristo mettono maggiormente in evidenza l’ingratitudine degli uomini, che corrispondono a questo amore con una freddezza ed una indifferenza sempre più grande, perciò questa solennità presenta essenzialmente un carattere di riparazione, che esige, la detestazione e l’espiazione di tutti i peccati, causa attuale dell’agonia che Gesù sopportò or sono duemila anni. — Se Egli previde allora i nostri peccati, conobbe anche anticipatamente la nostra partecipazione alle sue sofferenze e questo lo consolò nelle sue pene (Off.). Egli vide soprattutto le sante Messe e le sante Comunioni, nelle quali noi ci facciamo tutti i giorni vittime con la grande Vittima, offrendo a Dio, nelle medesime disposizioni del Sacro Cuore in tutti gli atti della sua vita, al Calvario e ora nel Cielo, tutte le nostre pene e tutte le nostre sofferenze, accettate con generosità. Questa partecipazione alla vita eucaristica di Gesù è il grande mezzo di riparare con Lui, ed entrare pienamente nello spirito della festa del Sacro Cuore, come lo spiega molto bene Pio XI nella sua Enciclica « Miserentissimus » (2° Nott. dell’Ott.) e nell’Atto di riparazione al Sacro Cuore di Gesù, che si deve leggere in questo giorno davanti al Ss. Sacramento esposto

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps XXXII: 11; 19
Cogitatiónes Cordis ejus in generatióne et generatiónem: ut éruat a morte ánimas eórum et alat eos in fame.

[I disegni del Cuore del Signore durano in eterno: per strappare le ànime dalla morte e sostentarle nella carestia.]


Ps XXXII: 1
Exsultáte, justi, in Dómino: rectos decet collaudátio.

[Esultate nel Signore, o giusti, la lode conviene ai retti.]

Cogitatiónes Cordis ejus in generatióne et generatiónem: ut éruat a morte ánimas eórum et alat eos in fame.

[I disegni del Cuore del Signore durano in eterno: per strappare le ànime dalla morte e sostentarle nella carestia.]

Oratio

Orémus.
Deus, qui nobis in Corde Fílii tui, nostris vulneráto peccátis, infinítos dilectiónis thesáuros misericórditer largíri dignáris: concéde, quǽsumus; ut, illi devótum pietátis nostræ præstántes obséquium, dignæ quoque satisfactiónis exhibeámus offícium.  

[O Dio, che nella tua misericordia Ti sei degnato di elargire tesori infiniti di amore nel Cuore del Figlio Tuo, ferito per i nostri peccati: concedi, Te ne preghiamo, che, rendendogli il devoto omaggio della nostra pietà, possiamo compiere in modo degno anche il dovere della riparazione.]


Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Ephésios. Eph III: 8-19

Fratres: Mihi, ómnium sanctórum mínimo, data est grátia hæc, in géntibus evangelizáre investigábiles divítias Christi, et illumináre omnes, quæ sit dispensátio sacraménti abscónditi a sǽculis in Deo, qui ómnia creávit: ut innotéscat principátibus et potestátibus in cœléstibus per Ecclésiam multifórmis sapiéntia Dei, secúndum præfinitiónem sæculórum, quam fecit in Christo Jesu, Dómino nostro, in quo habémus fidúciam et accéssum in confidéntia per fidem ejus. Hujus rei grátia flecto génua mea ad Patrem Dómini nostri Jesu Christi, ex quo omnis patérnitas in cœlis ei in terra nominátur, ut det vobis, secúndum divítias glóriæ suæ, virtúte corroborári per Spíritum ejus in interiórem hóminem, Christum habitáre per fidem in córdibus vestris: in caritáte radicáti et fundáti, ut póssitis comprehéndere cum ómnibus sanctis, quæ sit latitúdo, et longitúdo, et sublímitas, et profúndum: scire étiam supereminéntem sciéntiæ caritátem Christi, ut impleámini in omnem plenitúdinem Dei.

[Fratelli: A me, minimissimo di tutti i santi è stata data questa grazia di annunciare tra le genti le incomprensibili ricchezze del Cristo, e svelare a tutti quale sia l’economia del mistero nascosto da secoli in Dio, che ha creato tutte cose: onde i principati e le potestà celesti, di fronte allo spettacolo della Chiesa, conoscano oggi la multiforme sapienza di Dio, secondo la determinazione eterna che Egli ne fece nel Cristo Gesù, Signore nostro: nel quale, mediante la fede, abbiamo l’ardire di accedere fiduciosamente a Dio. A questo fine piego le mie ginocchia dinanzi al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, da cui tutta la famiglia e in cielo e in terra prende nome, affinché conceda a voi, secondo l’abbondanza della sua gloria, che siate corroborati in virtù secondo l’uomo interiore per mezzo del suo Spirito. Il Cristo abiti nei vostri cuori mediante la fede, affinché, ben radicati e fondati nella carità, possiate con tutti i santi comprendere quale sia la larghezza, la lunghezza e l’altezza e la profondità di quella carità del Cristo che sorpassa ogni concetto, affinché siate ripieni di tutta la grazia di cui Dio è pienezza inesauribile.]

Graduale

Ps XXIV:8-9
Dulcis et rectus Dóminus: propter hoc legem dabit delinquéntibus in via.
V. Díriget mansúetos in judício, docébit mites vias suas.

[Il Signore è buono e retto, per questo addita agli erranti la via.
V. Guida i mansueti nella giustizia e insegna ai miti le sue vie.]
Mt XI: 29

ALLELUJA

Allelúja, allelúja. Tóllite jugum meum super vos, et díscite a me, quia mitis sum et húmilis Corde, et inveniétis réquiem animábus vestris. Allelúja.

[Allelúia, allelúia. Prendete sopra di voi il mio giogo ed imparate da me, che sono mite ed umile di Cuore, e troverete riposo alle vostre ànime. Allelúia

Evangelium

Sequéntia +︎ sancti Evangélii secúndum Joánnem.
Joannes XIX: 31-37
In illo témpore: Judǽi – quóniam Parascéve erat, – ut non remanérent in cruce córpora sábbato – erat enim magnus dies ille sábbati, – rogavérunt Pilátum, ut frangeréntur eórum crura, et tolleréntur. Venérunt ergo mílites: et primi quidem fregérunt crura et alteríus, qui crucifíxus est cum eo. Ad Jesum autem cum veníssent, ut vidérunt eum jam mórtuum, non fregérunt ejus crura, sed unus mílitum láncea latus ejus apéruit, et contínuo exívit sanguis et aqua. Et qui vidit, testimónium perhíbuit: et verum est testimónium ejus. Et ille scit quia vera dicit, ut et vos credátis. Facta sunt enim hæc ut Scriptúra implerétur: Os non comminuétis ex eo. Et íterum alia Scriptúra dicit: Vidébunt in quem transfixérunt.

[In quel tempo: I Giudei, siccome era la Parasceve, affinché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era un gran giorno quel sabato – pregarono Pilato che fossero rotte loro le gambe e fossero deposti. Andarono dunque i soldati e ruppero le gambe ad entrambi i crocifissi al fianco di Gesù. Giunti a Gesù, e visto che era morto, non gli ruppero le gambe: ma uno dei soldati gli aprì il fianco con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua. E chi vide lo attesta: testimonianza verace di chi sa di dire il vero: affinché voi pure crediate. Tali cose sono avvenute affinché si adempisse la Scrittura: Non romperete alcuna delle sue ossa. E si avverasse l’altra Scrittura che dice: Volgeranno gli sguardi a colui che hanno trafitto.]

OMELIA

[Mons. Bonomelli: Misteri cristiani vol. IV, Queriniana ed. Brescia, 1896]

RAGIONAMENTO VIII

Il Sacro Cuore di Gesù

Gesù Cristo è l’autore e l’oggetto della nostra fede, il fondamento ed il fine della nostra speranza, la sorgente e il termine della nostra carità: tutto viene da Lui e tutto ritorna a Lui, principio e fine, primo ed ultimo, alfa ed omega d’ogni cosa, come insegnano i Libri Santi; e perciò è verissimo il dire: « Christus tota religio – La Religione tutta si riduce a Cristo ». Egli per la Sinagoga, pei Profeti, pei riti Sacri, pei patriarchi, per le tradizioni antiche risale ad Adamo: per la Chiesa discende giù giù per la serie dei secoli fino all’ultimo uomo, che vivrà sulla terra. – La Chiesa, l’erede delle sue ricchezze e delle sue glorie, la Sposa sua fedele, che vive solo per Lui e di Lui, colla parola, coi Sacramenti, colla preghiera, colla pompa sacra del culto, in mille modi, richiama senza tregua le menti e i cuori dei fedeli a Lui, che è il suo Capo e suo Sposo: Essa lo fa Vivere continuamente in mezzo agli uomini nelle verità, nella grazia, che sgorgano da Lui, e soprattutto nel mistero Eucaristico, pel quale è veramente e realmente presente tra loro. Considerate l’arte divina, con cui la Chiesa tien sempre viva tra suoi figli la memoria e l’azione di Gesù Cristo. Si apre l’anno ecclesiastico col sacro Avvento: e la Chiesa, se così posso dire, ponendosi nei tempi, che precedettero la venuta di Cristo e, confondendosi coi patriarchi, coi Profeti e con Mosè, lo invoca e lo saluta da lungi suo Salvatore: poi raccoglie tutti i suoi figli presso la culla di Lui e lo adora e nella letizia delle feste Natalizie canta: – Vi annunzio una grande allegrezza: è nato il Salvatore del mondo -. Poi ce lo mostra nell’atto di Versare le prime stille del suo sangue, principio del sacrificio della Croce: è il mistero della Circoncisione. Poi ci invita a vedere i Magi, primizie dei Gentili, prostrati ai piedi del divino Infante: è il mistero della Epifania. E poi nelle Domeniche che seguono, ce lo mette innanzi bambino, riconosciuto e proclamato Salvatore del mondo tra le braccia del venerando Simeone, profugo in Egitto, reduce a Nazaret, fanciullo a 12 anni nel tempio di Gerusalemme, giovane, operaio volontariamente sepolto nella officina paterna. Poi ce lo addita nel deserto, che nel digiuno e nella preghiera si prepara alla vita pubblica; è il tempo Quadragesimale. Poi ci fa assistere alla sua passione e alla sua morte crudele di croce nella settimana che a ragione dicesi Santa. – Poi ci vuole testimonii della gloriosa sua risurrezione nella Pasqua, del suo trionfale ingresso in cielo, nella Ascensione. Ecco l’Anno Liturgico, che ci spiega sotto gli occhi la vita di Gesù Cristo dal dì del suo Nascimento a quello della sua Ascensione. – Ma, chiuso il periodo della vita di Gesù Cristo, comincia quello, che nel suo Nome e nella virtù della sua parola deve continuare fino al termine dei tempi per opera della Chiesa: eccovi la Pentecoste. Ma la vita e la forza della Chiesa tutta deriva da Gesù Cristo. Ed Egli dov’è? In cielo letizia di sé i beati e sulla terra nel Sacramento dei Sacramenti, l’Eucaristia, illumina, nutre, santifica la Chiesa: eccovi la festa del Corpo di Cristo. – Quale magnifico spettacolo ci svolge essa la Chiesa sotto gli occhi nel corso dall’anno! La storia della vita e delle opere di Cristo e con essa inseparabilmente congiunto il richiamo dei dogmi capitali della nostra fede ci passano dinanzi in guisa che tutti, dotti e indotti, li debbono conoscere, direi quasi loro malgrado. La liturgia della Chiesa è la perenne e più efficace predicazione delle divine verità, della vita e delle opere di Gesù Cristo. – Ora, una domanda, o fratelli. Questa serie stupenda delle verità e delle opere di Cristo, che si svolgono dall’Avvento al Corpus Domini, donde derivano? Da qual fonte promanano? Non esito un istante a rispondere: – dalla smisurata carità di Gesù Cristo -. E questa smisurata carità di Cristo dove si adombra perfettamente? Quale ne è lo strumento e l’organo? E dove ci conduce essa? Il Cuore adorabile di Gesù è il simbolo più perfetto dell’amore di Dio: ne è l’organo e lo strumento naturale: è il termine, a cui ci conduce. E sono queste le tre verità, che mi studierò di mettere in luce in questo Ragionamento. – Forse non avrete mai posto mente ad una verità semplicissima per sé stessa e che è pure la prima ragione del culto al Sacro Cuore di Gesù Cristo, culto oggi mai universale nella Chiesa di Dio: la verità è questa: qualunque culto, qualunque devozione praticata e riconosciuta nella Chiesa ha un doppio oggetto, l’uno sensibile e materiale, l’altro invisibile e spirituale, il qual secondo è assai più nobile ed eccellente del primo, perché ne è il fine; noi, per ragione d’esempio, prestiamo culto alla croce, ai chiodi, alla lancia, alle spine, al sudario, agli strumenti tutti, che furono santificati dall’immediato contatto del sangue e del corpo adorabile del Salvatore. Questi strumenti e queste sante memorie della passione di Gesù Cristo costituiscono l’oggetto immediato, visibile e materiale del nostro culto: l’oggetto invisibile ed immateriale, a cui principalmente vuolsi tener volto lo sguardo, è l’amore divino manifestatoci per questi strumenti stessi, è Dio medesimo, che si degnò usare di codesti mezzi e impreziosirli nell’opera della umana redenzione. Ciò stesso avviene nel culto al Cuore sacratissimo di Gesù Cristo. Il Cuore di Lui è primamente oggetto visibile e materiale del nostro culto, perché questo Cuore è il simbolo e la prova della infinita carità di Gesù Cristo verso dell’uomo, come canta la Chiesa: « Hoc sub amoris symbulo -….. Christus sacerdos obtulit – Cristo, sacerdote in eterno offre il suo Cuore qual simbolo della sua carità ». Ciò che altrove la Chiesa in forma solenne dichiara e conferma: «Ut charitatem Christi patientis et pro generis humani redemptione morientis …… fideles sub Sanctissimi Cordis symbulo devotius et ferventius recolant ». Che fu un dire: – La Chiesa venera ed adora il Cuore di Gesù a fine di celebrare e glorificare più devotamente e più fervidamente quella carità che lo condusse alla croce e alla morte per noi, carità che tutta e mirabilmente ci viene simboleggiata nel suo santissimo Cuore -. Vedete, o fratelli, ciò che si fa nel mondo profano: il simbolo od emblema lo trovate dovunque e sempre. Veggo un leone alato, che stringe nelle zampe un Vangelo: saluto la Regina dell’Adria, Venezia. Veggo ondeggiare al vento una bandiera e in essa dipinto un leopardo: riconosco la Regina dei mari, l’altera Albione. Veggo uno scudo e in esso con le ali aperte, stringente nelle unghie una spada, un’aquila incoronata, dalla doppia testa, ed esclamo: Ecco l’Austria. Voi non trovate una nazione, una società qualunque, una famiglia, che si reputi nobile, la quale non si onori del suo segno o simbolo, d’una bandiera, in cui compendia il suo nome e le sue glorie. Guai a chi fa oltraggio a quel simbolo, a quella bandiera! È un nemico! Amico è chi l’onora! – Il somigliante avviene nella Chiesa. Tutto in essa è figura e simbolo: è il suo linguaggio più caro e più eloquente. Qui la colomba vi ricorda lo Spirito Santo, là l’agnello, il pellicano vi rammentano l’Uomo-Dio; altrove il giglio vi rappresenta la purezza, la nave adombra la Chiesa, l’aquila simboleggia l’Evangelista Giovanni, il leone raffigura l’Evangelista Marco e andate dicendo: nella liturgia, nella pittura e scultura, nel linguaggio della Chiesa tutto è simbolico. Essa coi segni, colle figure più svariate parla e ammaestra il popolo, che la intende a meraviglia: dirò anzi che il popolo ama e preferisce questo linguaggio dei segni e delle figure al linguaggio comune, perché meglio gli mette innanzi le cose e le verità. Egli, il popolo, all’udire preferisce il vedere e le cose e le verità, ch’egli riceve per gli occhi, si stampano nella sua mente più assai che quelle, che gli giungono per la via delle orecchie. Ora qual simbolo, qual figura più viva e più naturale dell’amore quanto il simbolo e la figura del cuore? Appena i miei occhi cadono su quella figura vermiglia; appena veggono quella ferita stillante sangue, quella corona di spine, che l’avvolge, quelle fiamme che dal suo vertice si elevano, la mia mente corre a Gesù, pensa all’amor suo per gli uomini tutti, ricorda la sua passione, la sua morte, tutta la storia della sua vita; il mio cuore a quella vista si commuove, si accende e sente che l’amore di Gesù domanda amore ed io l’amo con tutte le forze dell’anima mia. È dunque ragionevole e santa cosa onorare il cuore di Gesù come figura convenzionale e naturale la più espressiva della sua smisurata carità. Tacciano dunque e arrossiscano coloro che volevano sbandito dalla Chiesa il culto del Cuore di Gesù Cristo, questo sì caro e sì perfetto emblema del divino amore e ne faceano bersaglio de’ loro motti sarcastici e delle loro insolenti facezie. Perché non levavano essi la voce con eguale e maggior ragione contro il culto della Croce e degli istrumenti tutti della passione? Perché non condannavano i libri ispirati, che tante volte parlano della carne e del sangue di Gesù Cristo, che sono parte della sua umanità, come parte nobilissima ne è il suo cuore? Allorché parliamo del cuore di Gesù e lo adoriamo, la nostra mente si fissa nel cuore di Gesù, non separato dal corpo e dall’anima sua benedetta, ma nel cuore congiunto a Lui ipostaticamente, nel cuore vivente, formante parte della sua umanità gloriosa. – Ma sarebbe troppo grave errore considerare il cuore di Gesù Cristo come un semplice e nudo simbolo della sua carità, perché esso ne è lo strumento e l’organo materiale. Il cuore di Gesù, o fratelli miei, si ha da adorare non solamente perché ebbe ed ha immediato ed esterno contatto col Verbo divino, come l’ebbero i chiodi, e gli strumenti della passione, ma perché esso fu assunto, vivificato, posseduto, divinizzato, fatto proprio del Verbo Istesso, tantoché esso è veramente e rigorosamente cuore di Dio: cuore in cui Dio stesso vive, sente, ama e si comunica agli uomini. Seguitemi col vostro pensiero. – Nell’uomo convien distinguere due essenzialissime facoltà o potenze, cioè la facoltà o potenza di intendere e ragionare, e la facoltà o potenza di volere ed amare. Come queste due facoltà o potenze sono distinte tra loro e tanto distinte che talora sono opposte, così hanno sede distinta nel corpo: l’intelligenza si attua più propriamente nel capo, la volontà e l’amore riseggono e si svolgono più propriamente nel cuore (Io non voglio entrare in questioni fisiologiche, né seguire gli antichi nelle loro ricerche intorno alla sede dell’anima. Essa è tutta in tutto il corpo, perché semplice: ma come riceve le sensazioni per mezzo dei sensi, così gli atti intellettivi si manifestano nei nervi del cervello, e gli atti affettivi nel cuore. Questo è il fatto, non mi occupo della Spiegazione scientifica); onde chi pensa e ragiona accenna al capo, chi ama accenna al cuore; e chi pensa e medita a lungo e intensamente, prova una molesta, sensazione al capo, e chi ama fortemente sperimenta una scossa gagliarda e una viva commozione al cuore. Allorché voi volete indicare che un uomo è dotato d’alto ingegno, dite: È un uomo di gran testa: se volete indicare che è uomo caritatevole, generoso, amorevole, dite: Ha un bel cuore: è  uomo di cuore eccellente. Come noi vediamo cogli occhi, udiamo colle orecchie, parliamo colla lingua, lavoriamo colle mani, gustiamo col palato, così amiamo col cuore, che si agita, che ci martella in petto, che si dilata, si accende proporzionatamente alla intensità dell’amore. Non è dunque accidentale convenzione di linguaggio quella che indusse tutti gli uomini a scegliere il cuore per simboleggiare l’amore, ma la voce della natura, il grido stesso della verità a talché se noi fossimo vissuti fuori di società, per significare l’amor nostro ad una persona avremmo sempre usate queste o simili espressioni: – Io vi sento, io vi tengo, io vi porto nel mio cuore: io ho scritto il vostro nome nel mio cuore: il mio cuore è vostro: datemi il vostro cuore: il mio cuore arde per voi! – Sì: il cuore è il centro della vita! (Fisiologicamente il centro primo della vita è il cervello, il secondo è il cuore: di là il moto dei nervi e col moto la vita: di qui il moto del sangue, che alimenta i nervi e tutto il corpo. L’uno non vive senza dell’altro. Al mio scopo bastano queste verità e sarebbe superfluo addentrarci in altre questioni.): da esso muove, ad esso ritorna il sangue per rifarsi e vivificarsi e proseguire il misterioso e ammirabile suo giro, ed esso è lo strumento dell’amore, la sede delle affezioni tutte, come il cervello è lo strumento e la sede della intelligenza e del pensiero. – Ora, o fratelli, non vi può essere dubbio, ciò che avviene naturalmente in ogni uomo deve avvenire eziandio in Gesù Cristo, perché Egli è vero e perfettissimo uomo in ogni cosa a noi eguale, del peccato e delle conseguenze del peccato infuori, come insegna la fede; se dunque in noi il cuore è lo strumento e l’organo materiale, per cui dispiegasi la fiamma amorosa, è forza affermare, che anche il cuore di Gesù, dal Verbo personalmente assunto e da Lui inseparabile, sia lo strumento e l’organo materiale dell’amor suo infinito. Come Gesù Cristo vedeva cogli occhi e udiva con le orecchie, così Egli amava col suo cuore. Chi potrebbe dubitarne? È una conseguenza del mistero dell’incarnazione. – Ben è vero che il Verbo anche prima di farsi uomo amava tutte le opere delle sue mani, e l’uomo soprattutto dopo l’Angelo: ben è vero che allora l’amor suo era affatto indipendente da qualsivoglia strumento corporeo, perché incorporeo e sovranamente spirituale era la sua natura; ma dall’istante ch’Egli si fece uomo, ama e deve amare eziandio col cuore materiale, che assunse, per la ragione che questo cuore, congiunto inseparabilmente alla Persona divina del Verbo, nulla opera, né può sperare senza il concorso immanente del Verbo stesso, come osserva acutamente San Anselmo. Dal che segue questa stupendissima verità, che l’amore eterno del Verbo verso gli uomini si riverbera incessantemente in questo amore sacrosanto, che tutto si avviva sotto i cocenti suoi raggi, e fedelmente risponde a Lui come un’arpa armonica appena è tocca dalla mano di un esperto suonatore. Il sole splende sempre egualmente nel mezzo dei cieli e la sua luce è candida: sotto a quei raggi collocate un prisma ed i suoi raggi d’un tratto vestono tutti i colori dell’iride; il sole è il Verbo divino; il prisma meraviglioso che rifrange i suoi raggi e li colora è il cuore assunto; esso è l’organo dell’amor divino, anzi intrecciando ineffabilmente fa scintillare l’amore, e il candore dell’eterna luce si confonde col vermiglio e purpureo di questo cuore benedetto. – E chi varrà mai a spiegare le ricchezze nascoste in questo divinissimo cuore? Chi potrà spingere gli sguardi nei suoi penetrali, accessibili solo agli sguardi di Dio e agli impeti della sua infinita carità? Chi potrà mai nonché descrivere, ma anche solo da lungi immaginare gli infuocati palpiti di questo cuore, che è, badate bene, cuore veramente di Dio? Quando io mi ingegno di concepire in qualche modo i tesori di amori racchiusi nel cuore di Gesù, non trovo immagine più acconcia di questa: immagino un mare, sul quale per quantunque l’occhio si spazii non scopre le sponde e si perde su quella immensa stesa delle acque e in quella non meno immensa vòlta de’ cieli, che sembra circoscriverla; penso che questo cuore sia simile all’amore divino, che da nessuno si comprende; poi immagino che questo mare sterminato sbocchi per un ampio fiume, che solo dà sfogo perenne alle sue acque e per cui solo dilaga e feconda le sottoposte pianure. Così mi sembra possiamo fornirci qualche idea del divino amore, che immensurato ed immensurabile in se stesso, non potendo quasi capire in sé pel cocentissimo desiderio, che lo punge e muove ad effondersi e comunicarsi alle sue creature, si precipita quanto vi cape nel cuore di Gesù, lo riempie, lo inonda e nella sua piena trabocca d’ogni Parte. Per tal modo Questo cuore diviene la sorgente unica, il fiume vastissimo e sempre rigonfio, che a noi tutti  in terra ed in cielo, agli uomini ed agli Angeli deriva le acque della vita,  possiamo ripetere: il fiume della Vita, nella sua piena rallegra la città di Dio – Fluminis impetus lætificat civitatem Dei -. Sì, sì, fratelli miei! Questo cuore è Veramente la fonte, il fiume delle acque della vita, onde verdeggia, fiorisce e fruttifica il campo della Chiesa: è la porta e la via, per la quale Dio stesso discende e viene a noi, Lo volete vedere? Udite e fatemi ragione. – Dio viene a noi e a noi si comunica coll’istruirci, col soffrire e morire per noi: viene a noi col versare nello anime nostre i tesori delle sue grazie, con tutte quelle opere prodigiose, ch’Egli compì per noi sulla terra e che nei sacramenti e nella sua Chiesa durano e dureranno fino al termine dei secoli. – Scorrete col pensiero tutta la vita di Gesù Cristo, cercate ad una ad una tutte le sue opere che germinò quel fiore nel seno verginale di Maria fino all’istante che sulla croce esalò l’estremo anelito: numerate, se potete, tutte le sue fatiche, i suoi affanni, i suoi dolori: contate tutte le sue parole, tutti i suoi passi, tutti i suoi viaggi: mettete insieme tutti i suoi pensieri, tutti i suoi affetti, tutti i suoi desiderii: rammentate l’istituzione di tutti i sacramenti, rivi inesauribili di grazie e di vita: ricordate soprattutto il mistero eucaristico, che lo imprigiona sui nostri altari e lo fa spuntare, vero albero di vita, su tutti i punti del pianeta: pensate alle catene, ai fagelli, alle spine, agli insulti, agli schiaffi, alla sentenza di morte, alla croce, ai chiodi, all’aceto, al fiele, alle agonie, all’abbandonamento desolato del Calvario: considerate Gesù Cristo qual è, quale ci è presentato dal Vangelo, con tutto ciò che ha fatto, che fa, che farà fino all’ultima ora dei secoli: aggiungete tutto quel di più ch’Egli era pronto a fare per noi e non fece, cioè gli ardori di quella carità, che l’avrebbero portato a patire e morire tante volte quante sono le anime da salvare, a tollerare tormenti a mille doppi maggiori di quelli che tollerò, se tutto questo fosse stato necessario. Mio Dio! quali e quante opere d’infinito valore! Quali prove di ineffabile carità! Che poteva fare e non ha fatto per noi questo amabile Gesù? Ora vi domando: tutte queste opere compiute da Gesù per l’uomo e che riempiono lo spazio e si distendono coi secoli, da qual fonte sgorgano? Dove furono prima concepite, maturate, consumate? Tutte, tutte, senza eccezione, rampollano dall’amore divino: Propter nimiam charitatem, qua dilexit. E l’amore divino,dopo l’incarnazione dove risiede? Dove si attua? L’amore divino risiede e si attua in questo Cuore santissimo: tutte spuntano, tutte si spandono da questo cuore, come i rami dalla radice, i ruscelli dal fonte, tutte sono faville dell’incendio beato onde arde questo cuore amoroso. È desso che, raccogliendo in sé tutto il sangue, che è vita divina, coi suoi palpiti lo spinge per le arterie e per le vene e per le ferite aperte in tutto il corpo, a stille a stille lo fa piovere su tutte le anime, le purifica, le risana, le vivifica, le abbellisce, le fa sante. -Se dunque dal divino amore discendono a noi tutti i beni e se i raggi del divino amore per il mistero della Incarnazione si appuntano e si incentrano tutti nel Cuore di Gesù, in cui hanno principio e compimento le azioni tutte (Nella mente splende la verità, norma delle opere: la luce della verità scende come raggio nella volontà, che risiede nel cuore: qui la luce della Verità, quasi scintilla elettrica, accende la fiamma dell’amore e l’amore determina l’opera: perciò ogni opera comincia nella mente e si compie nella volontà, ossia nell’amore, che è quanto dire nel cuore), ne conseguita a tutta evidenza, che questo Cuore è veramente la fontana perenne e vivace d’ogni grazia: ne conseguita che in questo Cuore noi troviamo ogni cosa, che in esso sono scritte a caratteri incancellabili l’opere tutte dell’Uomo-Dio, e che in esso possiamo vedere come nel loro Principio e nel germe tutto ciò che Cristo svolse nei giorni di sua vita mortale. E qui pure non vi spiaccia, seguirmi per pochi momenti. Metto sulla palma della mia mano un granello di frumento, il seme d’un abete, il germe d’un cedro: da quel granello un giorno uscirà una spiga, da quel seme verrà un abete, da quel germe svolgerassi un altissimo cedro: dunque in quel granello è racchiusa la spiga, in quel seme si contiene l’abete, in quel germe esiste il cedro: s’io avessi l’occhio sì acuto da penetrare ogni punto, ogni atomo di quel grano, di quel seme, di quel germe, certamente vi scorgerei in embrione la spiga, l’abete, il cedro, che un giorno germoglieranno, spiegando alla luce del sole le loro foglie e i loro rami. Chi mai potrebbe dubitarne? Ebbene: nel Cuore di Gesù si racchiudono come nel loro germe tutti gli atti di quell’amore, che man mano nel corso della sua vita fioriscono nelle opere, che va compiendo: dunque in quel Cuore si precontiene tutta la serie delle sue opere, figlie tutte del suo amore: in quel Cuore pertanto io posseggo e adoro tutta quanta la meravigliosa economia della Redenzione, perché tutta scaturisce da esso come dal suo principio. Ah! dunque questo Cuore, canterò colla Chiesa, è il santuario della nuova Alleanza (Cor, Sanctuarium novi Intemeratum fœderis); è il tempio senza confronto più santo dell’antico (Templum vetusto sanctius); è il velo, che nasconde il Santo de’ santi (Velumque scisso utilius); è l’Arca, in cui l’uman genere fu salvo dalle acque inondatrici della colpa (Hoc ostium Arcæ in latere est Genti ad salutem positum) [Inni del Sacro Cuore]; è la tavola su cui Dio ha scritto la legge di grazia e di amore: è l’altare, su cui fu offerta l’Ostia di pace e di perdono e l’umanità tutta espiata e riconciliata con Dio; è il talamo in cui Cristo consumò le nozze con la sua Sposa immacolata, la Chiesa, è la porta dei cieli. – Se non che a Gesù Cristo non bastava far distillare dal suo cuore la rugiada fecondatrice dei doni celesti; Egli voleva aprire l’erario dei suoi tesori, voleva spalancarne le porte, affinchè tutti potessero entrarvi liberamente e arricchirsene a talento. E perciò, grida Agostino, ecco che il novello Adamo, punto dall’amore, che l’arde, sale il suo talamo: « Ascendat sponsus noster thalami sui lectum »; sale cioè il letto si doloroso della croce; morendo vi si addormenta: « Dormiat Morendo ». E mentre è immerso nel sonno profondo della morte, voluta per amore, gli si  apre il fianco, gli si fende il Cuore; « Aperiatur eius latus ». E che n’esce? Ne esce, qual Vergine sposa, la Chiesa a Lui inanellata nel dolore e nel sangue: « Et Ecclesia prodeat Virgo ». Così come dal fianco del primo uomo addormentato nel giardino di delizie si formò la madre dei viventi, Eva, dal fianco squarciato di Cristo addormentato sulla croce, che si innalza sul Calvario, si formò la Chiesa, la madre dei viventi secondo lo spirito: « Ut quomodo Hæva facta est ex latere facta est ex latere Christi in cruce pendentis » Graziosissima immagine ricordata da altri Padri e che la Chiesa tradusse in un linguaggio poetico che merita di essere riportato: « Dal Cuore lacerato di Cristo nasce la Chiesa che a Lui si disposa. Da questo cuore a guisa di settemplice fiume scorre perenne la grazia; affinché nel sangue dell’Agnello imbianchiamo le nostre stole »). E S. Giovanni Crisostomo, contemplando questo Cuore aperto e stillante ancora vivo sangue, rivolto al popolo, un impeto di carità, esclama: « Guarda donde emanano principalmente le acque della fede e della grazia: guarda da qual fonte derivano: esse provengono dalla croce, zampillano dal fianco, dal costato trafitto del nostro Gesù » (In Jann., Hom. 19). E veramente allorchè si aperse questo Cuore, parve atterrato l’ argine, che conteneva l’impeto del fiume d’amore, che traboccò, gittando le ultime gocce di sangue e di acqua, che doveano lavare e nutrire la Chiesa. – Ah! rispondete, o fratelli, questo amorosissimo Gesù svenato poteva più eloquentemente testimoniare la sua carità? Il suo Cuore lo trasse a patire: lo fece correre alla obbrobriosa morte della croce: ve lo conficcò, ve lo tenne, ve lo fece spirare: questo Cuore avea già cessato di palpitare e patire: non avea più filo di vita; era già freddo: ma non avea cessato di amare, anzi più che mai ardeva delle fiamme amorose, già morto vuol essere trapassato da crudel lancia per aprirvi larghissima porta e dare, sarei per dire, l’ultimo sfogo all’affocata sua carità. – Ma il Cuore di Gesù com’è per noi lo strumento e la porta, per cui esce l’amor divino e si spande incessantemente sopra tutti gli uomini, così è anche il termine, a cui noi dobbiamo tendere, la via e la porta per unirci a Dio, il punto, nel quale le anime nostre debbono stringere con Gesù Cristo il loro santo connubio: è la fonte, dice S Bonaventura, delle acque della vita e tu vi accosta le labbra e ti disseta. Ogni cosa tende necessariamente e incessantemente a ricongiungersi alla sua origine. Il pellegrino, che viaggia per terra straniera, sospira di rivedere la patria: il raggio, che batte sullo specchio, torna dritto più su al punto onde si parte: i fiumi discendono al mare donde per altre vie ritornano alle sorgenti: il fiore si volge al sole, che gli apre il seno e lo colora e il sangue, che il cuore spinge e preme per tutto il corpo, al cuore ritorna. L’amore divino a noi discende dal Cuore di Gesù, che ne è la bocca e la porta, come dicevamo: i nostri cuori adunque, attratti dal divino amore, quasi da celeste calamita, devono muoversi verso il Cuore di Gesù e in esso quietarsi come nel naturale lor centro. Io vorrei paragonare il divino amore ad un filo d’oro, col quale Gesù Cristo lega e tira dolcemente a sé i cuori degli uomini: ma questo filo d’oro donde a noi si cala? Dal Cuore di Gesù, perché esso ne è il centro e l’organo: è dunque naturale che gli uomini, legati da questo filo, siano soavemente e fortemente tirati al Cuore di Gesù e a Lui si uniscano. Né è da tacere un’altra verità, che conferma a meraviglia il mio pensiero. È cosa indubitata e manifesta per la quotidiana esperienza, che mezzo sovra ogni altro efficace per muovere altri ad amarci è il mostrar loro che noi gli amiamo: « Amor che nullo amato amar perdona », disse sapientemente il poeta filosofo e teologo: l’amore domanda amore, anzi provoca l’amore in quella stessa misura con cui si ama, Ora in qual guisa e in qual misura ci ha Egli amato Gesù Cristo? Questo Cuore ve lo dice: col suo muto, ma eloquente linguaggio ci chiama, ci invita ad accostarci a Lui, ad entrare in Lui per quella stessa via, per la quale si è dato a noi, come scrive un Santo. Quel Cuore ci narra tutta la storia dell’amore divino e col mostrarcisi ci ripete le bibliche parole: « Figliuolo, dammi il tuo cuore – fili, præbe mihi cor tuum ». E in vero per qual altra ragione Gesù Cristo ci avrebbe dischiusa la porta del suo Cuore se non per mostrarci la via della legge, l’ingresso del cielo? Gesù Cristo nel Vangelo chiama se stesso via e porta: « Ego sum via – Ego sum ostium ». So che Gesù Cristo, appropriandosi quelle parole, designava tutto se stesso e non il solo suo Cuore: so pure che tutte le piaghe della sua sacrosanta Umanità diconsi e sono porte a salvezza nostra aperte: ma so ancora, che se tutta l’Umanità di Gesù Cristo si può e si deve chiamar via e porta degli uomini, lo si dee dire eziandio del Cuore, organo precipuo della vita e membro fra tutti nobilissimo del corpo istesso. Se tutte le ferite del corpo di Gesù sono bocche e porte di misericordia e salute, come non lo è quella del suo Cuore? – Ed io credo che non senza altro mistero Gesù Cristo volesse che l’ultima delle sue ferite fosse quella del Cuore per significare, che tutte le altre erano state aperte dal suo Cuore istesso, ma che sembravano troppo anguste alla sua carità e che questa del Cuore era la via regia, che rimaneva aperta a tutti gli uomini e introduceva nel santuario stesso dell’amore. Gesù ha fatto come colui, che riserba per ultimo il dono più caro e più prezioso, qual compimento e  corona di tutti gli altri. – Qual meraviglia, pertanto, che la Chiesa riconosca adombrato il Cuore di Gesù in quella porta che Noè per ordine di Dio aperse nel fianco dell’Arca noetica, per la quale entrò il Patriarca con tutta la sua famiglia e fu salvo dalle acque del diluvio? Qual meraviglia che i Santi a gara ci esortino ad entrare in questo Cuore per unirci a Dio e santificarci? Essi lo chiamano il tempio della Divinità, il santuario della grazia, come S. Bernardo: lo chiamano l’erario e la miniera inesausta dei doni più eletti, il porto del paradiso, come S. Bonaventura. Essi lo paragonano al nido, in cui la Chiesa qual tortorella gemente ripone e assicura contro le insidie del nemico i suoi teneri nati, finché mettano l’ali e venga il tempo d’inviarli al cielo; così S. Tommaso da Villanova. Essi lo appellano la dimora dei vergini, la rocca in cui si riparano le anime fuggiasche dal mondo, l’asilo della pace, della speranza, il rifugio dei peccatori. – Ah! esclamerò con Agostino: « Longino, il soldato che trafisse il fianco di Gesù, colla sua lancia mi aperse il cuore di Lui; io vi entrerò e vi riposerò sicuro e tranquillo – Longinus mihi aperuit latus Christi et ego intravi et requiesco securus ».

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps LXVIII: 21

Impropérium exspectávi Cor meum et misériam: et sustínui, qui simul mecum contristarétur, et non fuit: consolántem me quæsívi, et non invéni

[Obbrobrii e miserie si aspettava il mio Cuore; ed attesi chi si rattristasse con me: e non vi fu; cercai che mi consolasse e non lo trovai.]

Secreta

Réspice, quǽsumus, Dómine, ad ineffábilem Cordis dilécti Fílii tui caritátem: ut quod offérimus sit tibi munus accéptum et nostrórum expiátio delictórum.

[Guarda, Te ne preghiamo, o Signore, all’ineffabile carità del Cuore del Tuo Figlio diletto: affinché l’offerta che Ti facciamo sia gradita a Te e giovi ad espiazione dei nostri peccati].

Præfatio
de sacratissimo Cordis Jesu

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Qui Unigénitum tuum, in Cruce pendéntem, láncea mílitis transfígi voluísti: ut apértum Cor, divínæ largitátis sacrárium, torréntes nobis fúnderet miseratiónis et grátiæ: et, quod amóre nostri flagráre numquam déstitit, piis esset réquies et poeniténtibus pater et salútis refúgium. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes: Sanctus.

 [È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Che hai voluto che il tuo Unigenito, pendente dalla croce, fosse trafitto dalla lancia del soldato, così che quel cuore aperto, sacrario della divina clemenza, effondesse su di noi torrenti di misericordia e di grazia; e che esso, che mai ha cessato di ardere d’amore per noi, fosse pace per le anime pie e aperto rifugio di salvezza per le ànime penitenti. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine: Santo …]

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Joannes XIX: 34

Unus mílitum láncea latus ejus apéruit, et contínuo exívit sanguis et aqua.

[Uno dei soldati gli aprì il fianco con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua.]

Postcommunio

Orémus.
Prǽbeant nobis, Dómine Jesu, divínum tua sancta fervórem: quo dulcíssimi Cordis tui suavitáte percépta;
discámus terréna despícere, et amáre cœléstia:

[O Signore Gesù, questi santi misteri ci conferiscano il divino fervore, mediante il quale, gustate le soavità del tuo dolcissimo Cuore, impariamo a sprezzare le cose terrene e ad amare le cose celesti:]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ACTUS REPARATIONIS ET CONSECRATIONIS

Iesu dulcissime, cuius effusa in homines caritas, tanta oblivione, negligentia, contemptione, ingratissime rependitur, en nos, ante altaria [an: conspectum tuum] tua provoluti, tam nefariam hominum socordiam iniuriasque, quibus undique amantissimum Cor tuum afficitur, peculiari honore resarcire contendimus. Attamen, memores tantæ nos quoque indignitatis non expertes aliquando fuisse, indeque vehementissimo dolore commoti, tuam in primis misericordiam nobis imploramus, paratis, voluntaria expiatione compensare flagitia non modo quæ ipsi patravimus, sed etiam illorum, qui, longe a salutis via aberrantes, vel te pastorem ducemque sectari detrectant, in sua infìdelitate obstinati, vel, baptismatis promissa conculcantes, suavissimum tuæ legis iugum excusserunt. Quæ deploranda crimina, cum universa expiare contendimus, tum nobis singula resarcienda proponimus: vitæ cultusque immodestiam atque turpitudines, tot corruptelæ pedicas innocentium animis instructas, dies festos violatos, exsecranda in te tuosque Sanctos iactata maledicta àtque in tuum Vicarium ordinemque sacerdotalem convicia irrogata, ipsum denique amoris divini Sacramentum vel neglectum vel horrendis sacrilegiis profanatum, publica postremo nationum delicta, quæ Ecclesiæ a te institutæ iuribus magisterioque reluctantur. Quæ utinam crimina sanguine ipsi nostro eluere possemus! Interea ad violatum divinum honorem resarciendum, quam Tu olim Patri in Cruce satisfactionem obtulisti quamque cotidie in altaribus renovare pergis, hanc eamdem nos tibi præstamus, cum Virginis Matris, omnium Sanctorum, piorum quoque fìdelium expiationibus coniunctam, ex animo spondentes, cum præterita nostra aliorumque peccata ac tanti amoris incuriam firma fide, candidis vitæ moribus, perfecta legis evangelicæ, caritatis potissimum, observantia, quantum in nobis erit, gratia tua favente, nos esse compensaturos, tum iniurias tibi inferendas prò viribus prohibituros, et quam plurimos potuerimus ad tui sequelam convocaturos. Excipias, quæsumus, benignissime Iesu, beata Virgine Maria Reparatrice intercedente, voluntarium huius expiationis obsequium nosque in officio tuique servitio fidissimos ad mortem usque velis, magno ilio perseverantiæ munere, continere, ut ad illam tandem patriam perveniamus omnes, ubi Tu cum Patre et Spiritu Sancto vivis et regnas in sæcula sæculorum.

Amen.

Indulgentia quinque annorum.

Indulgentia plenaria, additis sacramentali confessione, sacra Communione et alicuius ecclesiæ aut publici oratorii visitatione, si quotidie per integrum mensem reparationis actus devote recitatus fuerit.

Fidelibus vero, qui die festo sacratissimi Cordis Iesu in qualibet ecclesia aut oratorio etiam (prò legitime utentibus) semipublico, adstiterint eidem reparationis actui cum Litaniis sacratissimi Cordis, coram Ssmo Sacramento sollemniter exposito, conceditur:

Indulgentia septem annorum;

Indulgentia plenaria, dummodo peccata sua sacramentali pænitentia expiaverint et eucharisticam Mensam participaverint (S. Pæn. Ap., 1 iun. 1928 et 18 mart. 1932).

[Indulg. 5 anni; 7 anni nel giorno della festa – Plenaria se recitata per un mese con Confessione, Comunione, Preghiera per le intenzioni del Sommo Pontefice, visita di una chiesa od oratorio pubblico. –

Nel giorno della festa del Sacratissimo Cuore di Gesù, 7 anni, e se confessati e comunicati, recitata con le litanie de Sacratissimo Cuore, davanti al SS. Sacramento solennemente esposto: Indulgenza plenaria].

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.