DOMENICA DI PASQUA (2019)

DOMENICA DI PASQUA (2019)

Incipit

In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Ps CXXXVIII: 18; CXXXVIII: 5-6.

Resurréxi, et adhuc tecum sum, allelúja: posuisti super me manum tuam, allelúja: mirábilis facta est sciéntia tua, allelúja, allelúja. [Son risorto e sono ancora con te, allelúia: ponesti la tua mano su di me, allelúia: miràbile si è dimostrata la tua scienza, allelúia, allelúia.]

Ps CXXXVIII: 1-2.

Dómine, probásti me et cognovísti me: tu cognovísti sessiónem meam et resurrectiónem meam. [O Signore, tu mi provi e mi conosci: conosci il mio riposo e il mio sòrgere.]

Resurréxi, et adhuc tecum sum, allelúja: posuísti super me manum tuam, allelúja: mirábilis facta est sciéntia tua, allelúja, allelúja. [Son risorto e sono ancora con te, allelúia: ponesti la tua mano su di me, allelúia: miràbile si è dimostrata la tua scienza, allelúia, allelúia.]

Oratio

Deus, qui hodiérna die per Unigénitum tuum æternitátis nobis áditum, devícta morte, reserásti: vota nostra, quæ præveniéndo aspíras, étiam adjuvándo proséquere. [O Dio, che in questo giorno, per mezzo del tuo Figlio Unigénito, vinta la morte, riapristi a noi le porte dell’eternità, accompagna i nostri voti aiutàndoci, Tu che li ispiri prevenendoli.] Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum. R. Amen.

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Corinthios. 1 Cor V: 7-8

“Fratres: Expurgáte vetus ferméntum, ut sitis nova conspérsio, sicut estis ázymi. Etenim Pascha nostrum immolátus est Christus. Itaque epulémur: non in ferménto véteri, neque in ferménto malítiae et nequitiæ: sed in ázymis sinceritátis et veritátis.” 

Omelia I

[A. Castellazzi: Alla Scuola degli Apostoli; Sc. Tip. Artigianelli, Pavia, 1929]

LA RISURREZIONE SPIRITUALE

“Fratelli: Togliete via il vecchio fermento, affinché siate una pasta nuova, voi che siete già senza lievito. Poiché Cristo, che è la nostra pasqua, è stato immolato. Pertanto celebriamo la festa non col vecchio lievito, né col lievito della malizia e delle perversità, ma con gli azimi della purità e della verità”. (1 Cor. V, 7-8).

L’Epistola è un brano della prima lettera di S. Paolo ai Corinti. Siamo alle feste pasquali. Gli Ebrei celebravano la loro pasqua, mangiando l’agnello con pane azimo, dopo aver fatto scomparire tutto il pane fermentato. Anche i Corinti devono liberarsi da tutte le tendenze grossolane e carnali, e rinunciare al lievito del peccato. – Gesù Cristo, il nostro agnello pasquale, immolando se stesso, ha istituito una pasqua che dura sempre. Anche i Corinti, rinnovellati in Gesù Cristo, devono condurre continuamente una vita innocente e retta davanti a Dio. Cerchiamo di ricavare anche noi qualche frutto dall’insegnamento dell’Apostolo.

1. Dobbiamo liberarci dal peccato.

2. Specialmente nel tempo pasquale,

3. Sigillando la nostra conversione col banchetto eucaristico.

1.

Fratelli: Togliete via il vecchio fermento. Comunque si vogliano intendere queste parole, che l’Apostolo indirizza ai Corinti, è certo che li esorta a vivere santamente, lontani da ogni peccato, tanto più che si avvicinava la solennità di Pasqua. « Non c’è uomo che non pecchi », dice Salomone (3 Re, VIII, 46). E si pecca non solo venialmente: da molti si pecca mortalmente con la più grande indifferenza. Forse cesserà il peccato di essere un gran male, perché è tanto comune? Una malattia non cessa di essere un gran male, perché molto diffusa; e il peccato non cessa di essere il gran male che è, perché commesso da molti. Dio, autorità suprema, ci dice: «Osservate la mia legge e i miei comandamenti» (Lev. XVIII, 5). E noi non ci curiamo della sua legge e dei suoi comandamenti, che mettiamo sotto i piedi. Quale guadagno abbiamo fatto col peccato, e qual vantaggio riceviamo dal non liberarcene? Se non hai badato al peccato prima di commetterlo; consideralo almeno ora che l’hai commesso. Col peccato avrai acquistato beni, ma hai perduto Dio. Avrai avuto la soddisfazione della vendetta; ma ti sei meritato un condegno castigo; perché « quello che facesti per gli altri sarà fatto per te: sulla tua testa Dio farà cadere la tua mercede » (Abdia, 15). Se non aggraverà su te la sua mano in questa vita, l’aggraverà nella futura. Avrai provato godimenti terreni, ma hai perduto il diritto ai godimenti celesti. Ti sei attaccato a ciò che è momentaneo, ma hai perduto ciò che è eterno. Ti sarai acquistata la facile estimazione degli uomini, ma hai perduto l’amicizia di Dio. Hai abusato un momento della libertà; ma sei caduto nella schiavitù del peccato. « Che cosa hai perduto, che cosa hai acquistato?… Quello che hai perduto è più di quello che hai acquistato » (S. Agostino Enarr. in Ps. CXXIII, 9). – Il peccatore, però, da questo stato di perdita può uscire, rompendo le catene del peccato. Egli lo deve fare. Dio stesso ve lo incoraggia: « Togliti dai tuoi peccati e ritorna al Signore » (Eccli. XVII, 21), dice egli. « Io non voglio la morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via, e viva… E l’empietà dell’empio non nuocerà a lui, ogni qual volta egli si converta dalla sua empietà » (Ezechiele XXXIII, 11…. 12). Non si è alieni dal ritornare a Dio; ma non si vuole far subito. Si vuole aspettare in punto di morte. Ma la morte ha teso le reti a tutti i varchi, e frequenti sono le sue sorprese. Può coglierci da sani, quando nessuno ci pensa; può coglierci da ammalati; quando non si crede tanto vicina, o si crede di averla già allontanata. Non sono pochi quelli che muoiono senza Sacramenti, perché si illudono che la malattia non sia mortale, o che il pericolo sia stato superato. E poi, non è da insensati trattare gli affari della più grande importanza, quando non si possono trattare che a metà, con la mente preoccupata in altre cose? E nessuno affare può essere importante quanto la salvezza dell’anima nostra; ed è imprudenza che supera ogni altra imprudenza volerlo trattare quando il tempo ci verrà a mancare, quando non avremo più la lucidità della mente. – Nessuno che è condannato a portare un peso, aspetterebbe a levarselo di dosso domani, se potesse levarselo quest’oggi. Nessuno che ha trovato una medicina, che può guarire una malattia recente, si decide a prenderla quando la malattia sarà inveterata. Nel nostro interno c’è la malattia del peccato; non lasciamola progredire. Un medico infallibile, Gesù Cristo, ci ha dato una medicina per la nostra guarigione spirituale, la confessione; non trascuriamola.

2.

Cristo, che è la nostra pasqua, è stato immolato. Per i Cristiani la festa pasquale è una festa che dura per tutta la vita, perché Gesù Cristo, nella festa pasquale, si è immolato una volta per sempre. Per tutta la vita, dunque, i Cristiani devono vivere in unione con Dio, mediante la santa grazia. E se il Cristiano avesse perduta la grazia? Non deve lasciar passare la Pasqua, senza riacquistarla Nei giorni della settimana santa la Chiesa ci ha rappresentato al vivo i patimenti di Gesù; e con questa rappresentazione voleva dire: Ecco, o peccatore, a qual punto i tuoi peccati hanno ridotto l’Uomo-Dio. Ecco in quale stato si è trovato per volerti liberare da essi. Ecco la croce su cui è morto per riparare i danni della colpa. Ecco il fiele da cui fu abbeverato, ecco le spine che gli forarono il capo, ecco i chiodi che gli trapassarono le mani e i piedi, ecco la lancia che gli aperse il costato, da cui uscirono acqua e sangue per lavacro delle anime. E tu rifiuterai di purificarti in questo lavacro? Davanti allo spettacolo di Dio che muore in croce per liberare gli uomini dal peccato, persino la natura si commuove: la terra trema, e le pietre si spezzano, e tu solo, o Cristiano resterai indifferente, mostrandoti più duro delle pietre? Imita piuttosto la moltitudine convenuta a quello spettacolo, che « tornava battendosi il petto » (Luc. XXIII, 48). Questa mattina la Chiesa ti invita a risorgere dal peccato col ricordo della risurrezione di Gesù Cristo. Essa ti rivolge le parole del salmista: « Questo giorno l’ha fatto il Signore, esultiamo e rallegrandoci in esso » (Salm. CXVII, 24. — Graduale —). Come prender parte all’esultanza della Chiesa in questo giorno, se l’anima nostra è morta alla grazia? Poiché l’esultanza che la Chiesa ci domanda non è l’esultanza delle piazze, delle osterie, dei caffè, degli spettacoli. È l’esultanza che viene dalla riconciliazione dell’uomo con Dio, dalla riacquistata libertà di suoi figli. Il peccatore non è insensibile all’invito della Chiesa. Ma la voce della Chiesa è soffocata da un’altra voce, per lui più forte, dalla voce del rispetto umano. Che diranno, se si verrà a sapere che sono andato a confessarmi? Se si tratta di curare una ferita non si ascoltano le voci dei profani, ma quella del chirurgo. Trattandosi di guarire le ferite prodotte dal peccato, saremmo ben stolti, se dessimo più peso alle chiacchiere dei negligenti, dei superbi, dei viziosi, che alla voce autorevole della Chiesa. Pensa quale consolazione procurò alla vedova di Naim la risurrezione del figlio. Le lagrime che avevano commosso Gesù, ora si sono cangiate in lagrime di consolazione. « Di quel giovane risuscitato gioì la vedova madre; degli uomini risuscitati spiritualmente goda ogni giorno la santa madre Chiesa» (S. Agostino Serm. 98, 2). Nel suono delle campane più festoso del solito essa vorrebbe farti sentire le parole dell’Apostolo: «E’ ora di scuoterci dal sonno» (Rom. XIII, 11). Svegliati, dunque, e non voler persistere nel pericolo di passare, senza svegliarti, dal sonno del peccato al sonno della morte.

3.

Gli Ebrei, purificata la casa da tutto ciò che era fermentato, mangiavano l’agnello pasquale. I Cristiani, devono anch’essi mangiare il vero Agnello pasquale, di cui l’antico agnello era tipo. Purificati, nella confessione, dal lievito dei peccati della vita trascorsa, con coscienza pura e retta intenzione, partecipino al banchetto pasquale. È quanto inculca l’Apostolo. Pertanto celebriamo la festa non col vecchio lievito, ne col lievito della malizia e della perversità; ma con gli azimi della purità e della verità.Quando si fanno feste solenni il banchetto ha sempreuna parte principale. Il banchetto eucaristico deve avereuna parte principalissima nella letizia della solennitàpasquale. Poco importa assidersi a un banchetto materiale,se l’anima si lascia digiuna.« Peccando non abbiamo conservato né la pietà, né lafelicità; ma, pur avendo perduto la felicità, non abbiamperduto la volontà di essere felici» (De Civitate Dei, L. 22, c. 30). L’uomo ha perduto il Paradiso terrestre, ma vi ritornerebbe ancor volentieri. Il Paradiso terrestre, perduto da Adamo, non possiamo più possederlo; ma possiamo possedere, ancor pellegrini su questa terra, un altro paradiso. Sta da noi,dopo aver preparato l’anima nostra ad accogliere l’Ospite divino, andargli incontro, riceverlo, metterlo nell’anima nostra, come su un piccolo trono. Il nostro cuore diventerebb el’abitazione di Dio, e, dove c’è Dio, c’è il Paradiso. La Chiesa vorrebbe che noi li gustassimo sovente questi momenti di Paradiso. E, visto che noi non siamo tanto docili alla sua voce, ci prega, ci scongiura, ci comanda di voler provare queste delizie interne almeno a Pasqua.Fare Pasqua! Due parole che spaventano tanti Cristiani, e che, invece, dovrebbero essere accolte con la brama con cui un assetato accoglie l’annuncio d’una vicina sorgente ristoratrice. Accostarsi alla Confessione e alla Mensa eucaristica, vuol dire mettere il cuore in pace, trovare la felicità perduta.Sulla fine d’Ottobre del 1886 si presenta al confessionaledell’abate Huvelin, nella chiesa di S. Agostinoa Parigi, un giovane ragguardevole, Carlo de Foucald. Era stato luogotenente dei Cacciatori d’Africa, coraggioso e fortunato esploratore del Marocco. Nel suo cuore c’era l’inquietudine e la tristezza.« Signor abate — dice dopo un leggero inchino —io non ho la fede, vengo a chiederle d’istruirmi ». L’abate Huvelin lo guardò: « Inginocchiatevi confessatevi a Dio; crederete ». — « Ma non sono venuto per questo». —« Confessatevi ».Quel giovane cedette. S’inginocchiò, e confessò tutta la sua vita. Quando il penitente fu assolto, l’abate gli domanda: « Siete digiuno? » — « Sì ». — « Andate e comunicatevi». Il giovane si accostò subito alla sacra Mensae fece « la sua seconda Prima Comunione ». Quella Confessione e quella Comunione furono il principio d’un’altravita. Egli esce dal tempio con la pace nel cuore; pace che gli trasparisce sempre dagli occhi, dal sorriso, nella voce e nelle parole. Egli, da oggi, si prepara alla vita di trappista, di sacerdote, di eremita, che finirà nel Sahara, dopo esser vissuto vittima di espiazione per sé e per gli altri (Renato Bazin, Carlo de Foucauld. Traduzione dal Francese di Clelia Montrezza. Milano 1928, p. 48-49). Forse, il pensiero di dover cominciare una vita nuova, dopo essersi accostati alla Confessione e alla Comunione, intrattiene parecchi dal compiere il loro dovere in questi giorni. Eppure è nostro interesse procurare al nostro cuore una pace vera e una santa letizia, oltre essere nostro dovere è nostro interesse, e massimo interesse, incominciare una vita nuova, intanto che ne abbiamo il tempo; senza contare che « una grave negligenza richiede anche una maggiore riparazione» (S. Leone M. Serm. 84, 2). Facciamo una buona Pasqua col proponimento di camminare in novità di vita, e di non volere imitare gli Ebrei, che dopo aver mangiato l’agnello pasquale nella notte della loro liberazione, rimpiangono l’Egitto, la terra della loro oppressione. « Noi pure mangiamo la Pasqua, cioè Cristo… Nessuno di coloro che mangiano questa pasqua si rivolga all’Egitto, ma al cielo, alla superna Gerusalemme » (S, Giov. Crisost.); da dove ci verrà la forza di compiere il nostro pellegrinaggio, senza ritornare sui passi della vita passata.

Alleluja 

Alleluia, alleluia Ps. CXVII:24; CXVII:1 Hæc dies, quam fecit Dóminus: exsultémus et lætémur in ea. [Questo è il giorno che fece il Signore: esultiamo e rallegriàmoci in esso.] V. Confitémini Dómino, quóniam bonus: quóniam in saeculum misericórdia ejus. Allelúja, allelúja. [Lodate il Signore, poiché è buono: eterna è la sua misericòrdia. Allelúia, allelúia.] 1 Cor V:7 V.Pascha nostrum immolátus est Christus. [Il Cristo, Pasqua nostra, è stato immolato.]

Sequentia

“Víctimæ pascháli laudes ímmolent Christiáni. Agnus rédemit oves: Christus ínnocens Patri reconciliávit peccatóres. Mors et vita duéllo conflixére mirándo: dux vitæ mórtuus regnat vivus. Dic nobis, María, quid vidísti in via? Sepúlcrum Christi vivéntis et glóriam vidi resurgéntis. Angélicos testes, sudárium et vestes. Surréxit Christus, spes mea: præcédet vos in Galilaeam. Scimus Christum surrexísse a mórtuis vere: tu nobis, victor Rex, miserére. Amen. Allelúja.” [Alla Vittima pasquale, lodi òffrano i Cristiani. – L’Agnello ha redento le pécore: Cristo innocente, al Padre ha riconciliato i peccatori. – La morte e la vita si scontràrono in miràbile duello: il Duce della vita, già morto, regna vivo. – Dicci, o Maria, che vedesti per via? – Vidi il sepolcro del Cristo vivente: e la glória del Risorgente. – I testimónii angélici, il sudàrio e i lini. – È risorto il Cristo, mia speranza: vi precede in Galilea. Noi sappiamo che il Cristo è veramente risorto da morte: o Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Allelúia.]

Evangelium 

Sequéntia  sancti Evangélii secúndum Marcum. 

 Marc. XVI:1-7.

“In illo témpore: María Magdaléne et María Jacóbi et Salóme emérunt arómata, ut veniéntes úngerent Jesum. Et valde mane una sabbatórum, veniunt ad monuméntum, orto jam sole. Et dicébant ad ínvicem: Quis revólvet nobis lápidem ab óstio monuménti? Et respiciéntes vidérunt revolútum lápidem. Erat quippe magnus valde. Et introëúntes in monuméntum vidérunt júvenem sedéntem in dextris, coopértum stola cándida, et obstupuérunt. Qui dicit illis: Nolíte expavéscere: Jesum quǽritis Nazarénum, crucifíxum: surréxit, non est hic, ecce locus, ubi posuérunt eum. Sed ite, dícite discípulis ejus et Petro, quia præcédit vos in Galilǽam: ibi eum vidébitis, sicut dixit vobis.” [In quel tempo: Maria Maddalena, Maria di Giacomo, e Salòme, comperàrono degli aromi per andare ad úngere Gesú. E di buon mattino, il primo giorno dopo il sàbato, arrivàrono al sepolcro, che il sole era già sorto. Ora, dicévano tra loro: Chi mai ci sposterà la pietra dall’ingresso del sepolcro? E guardando, vídero che la pietra era stata spostata: ed era molto grande. Entrate nel sepolcro, vídero un giòvane seduto sul lato destro, rivestito di càndida veste, e sbalordírono. Egli disse loro: Non vi spaventate, voi cercate Gesú Nazareno, il crocifisso: è risorto, non è qui: ecco il luogo dove lo avévano posto. Ma andate, e dite ai suoi discépoli, e a Pietro, che egli vi precede in Galilea: là lo vedrete, come vi disse.]

Omelia II

[A. Carmignola, Spiegazione dei Vangeli domenicali, S. E. I. Ed. Torino,  1921]

PEL SANTO GIORNO DI PASQUA

“In quel tempo, passato il sabato, Maria Maddalena, e Maria madre di Giacomo, e Salòme avevano comperato gli aromi per andare a imbalsamare Gesù. E (partite) di gran mattino, il primo dì della settimana, arrivano al sepolcro, essendo già nato il sole. E dicevano tra di loro: Chi ci leverà la pietra dalla bocca del monumento? Ma in osservando, videro ch’era stata rimossa la pietra, la quale era molto grossa. Ed entrate nel monumento videro un giovine a sedere dal lato destro, coperto di bianca veste, e rimasero stupefatte. Ma egli disse loro: Non abbiate timore: voi cercate Gesù Nazzareno crocifisso: egli è risuscitato, non è qui: ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ma andate ai suoi discepoli e a Pietro: egli vi andrà innanzi nella Galilea; ivi lo vedrete, com’egli vi ha detto” (Marc. XVI, 1-1).

Surrexit! È risorto! Ecco, o miei cari, la gran parola, che oggi si ripete con gioia nei sacri riti della Chiesa: Gesù Cristo è risorto! Dopoché nel giorno di venerdì, alle tre pomeridiane, Egli era spirato sulla croce, Giuseppe d’Arimatea, nobile decurione e uomo buono e giusto, benché discepolo occulto del divino Maestro per timore dei Giudei, fattosi santamente audace si presentò a Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Pilato, inteso dal centurione che Gesù era veramente morto, annuì alla domanda di Giuseppe d’Arimatea. Il quale comperata una sindone monda si avviò al Calvario per deporre dalla croce il corpo di Gesù ed involgerlo entro a quella sindone. Ed essendosi a lui unito Nicodemo, altro discepolo occulto di Gesù, che portava con sé degli aromi preziosi, giunti al Calvario, calarono con santa riverenza il corpo di Gesù dalla croce, lo involsero nella sindone con quegli aromi, secondo il costume de’ Giudei; quindi andarono religiosamente a deporlo in un monumento nuovo scavato nel vivo sasso; ed appressata una gran pietra alla porta del monumento, lo lasciarono. Ivi il corpo di Gesù rimase parte di quel venerdì, tutto il susseguente sabbato e parte del giorno dopo, chiamato in seguito domenica. Ma in sull’alba del terzo giorno l’anima di Gesù che, dopo la sua morte, era discesa al limbo, venne a riunirsi al suo corpo, e Gesù per sua propria virtù risorse glorioso e trionfante dal suo sepolcro, deludendo tutte le precauzioni, che contro di Lui avevano preso i suoi nemici. Del quale grande avvenimento perché noi fossimo certi, non solo volle dopo la sua risurrezione ripetutamente apparire a’ suoi discepoli, ma volle ancora che gli Angeli del cielo venissero a manifestarlo e ad attestarlo agli uomini. Ed è appunto una tale manifestazione ed attestazione che la Chiesa in questo giorno solenne ci invita a considerare nel santo Vangelo.

1. In quel tempo, comincia a dirci il santo Vangelo, in quel tempo Maria Maddalena, e Maria di Giacomo, e Maria Salòme comprarono degli aromi, per recarsi ad ungere il corpo di Gesù. E qui, o miei cari, prima di andare innanzi fermiamoci un istante a prendere una bella lezione da queste pie e sante donne. Animate come esse erano da una gran fede, epperò persuase che il corpo racchiuso nel sepolcro di Giuseppe di Arimatea era veramente il corpo del Redentore del mondo; inoltre accese da una grande carità verso di quel caro Gesù, che avevano preso ad oggetto di tutto il loro amore, non potendo patire di starsene da Lui lontane e di lasciarlo negletto in quel sepolcro, comprarono degli aromi per recarsi a Lui vicino e con quelli fargli in qualche modo riparazione delle tante piaghe, da cui nella sua passione e morte era stato ricoperto. Or non è vero che è grandemente ammirabile la pietà di queste sante donne? Ma non meno della nostra ammirazione una tale pietà è sommamente meritevole della nostra imitazione. – Il nostro caro Gesù, non più morto come nel santo sepolcro, ma vivo come dopo la sua risurrezione, e come trovasi in cielo, risiede pure per la SS. Eucarestia nel piccolo monumento del santo tabernacolo, ivi trattenuto dal suo infinito amore per gli uomini. E chi sa dire i benefizi immensi, che di lì Egli sparge sopra gli uomini? Eppure vi sono tanti sciagurati, i quali in questo stesso Sacramento di amore lo oltraggiano, lo insultano e lo ricoprono per così dire di ferite e di piaghe. Ed in vero quante lingue malvagie bestemmiano questo SS. Sacramento! Quanti uomini superbi lo contraddicono ed osano negarne la verità! Quanti miserabili lo disprezzano col mancargli di rispetto e in Chiesa, dove se ne sta come in sua casa, e fuori di Chiesa, quando è portato in processione o per viatico agli infermi! Quanti altri lo affliggono col costringerlo nella Comunione sacrilega ad entrare nei loro cuori macchiati da grave peccato! E quanti disgraziati vi sono, che arrivano anche al punto di rapirlo nei santi tabernacoli e da gettarlo poscia tra le luridezze e in pasto ai cani! Or chi sa dire come tutti questi oltraggi ed insulti feriscono il cuore amoroso di Gesù? Conviene pertanto ai buoni Cristiani, animati da viva fede pel suo SS. Sacramento ed accesi per esso di santo amore, imitare la pietà delle sante donne, di cui parla il Vangelo di oggi, e farsi con visite devote al SS. Sacramento istesso a ripararlo degli oltraggi e degli insulti, che pur troppo riceve dai malvagi. E come quelle sante donne per riparare alle piaghe di Gesù portarono con sé degli aromi preziosi, così ancor noi nell’entrare nella casa di Dio a ripararlo degli oltraggi, che riceve nel S. S. Sacramento, dobbiamo portare con noi gli aromi preziosi di una viva fede e di una ardente carità, che ci eccitino a fare delle preghiere, le quali salgano al trono di Dio in odore di soavità e gli riescano di grata riparazione. Ecco adunque la prima e bella lezione, che dobbiamo prendere dal Vangelo di questa grande solennità.

2. Prosegue poi il Vangelo dicendo che, comperati quegli aromi, le pie donne assai per tempo nel primo dì dopo il sabbato vennero al monumento, essendo già balzato il sole. E dicevano tra di loro: Chi ci smuoverà la pietra dalla porta del monumento? E riguardando videro la pietra già rovesciata, benché fosse assai grande. Ed anche su questo tratto conviene che ci fermiamo qualche poco a fare un’importante osservazione. Quelle pie donne nel recarsi al monumento in cui era sepolto Gesù, si mostravano assai preoccupate dalla difficoltà in cui si sarebbero trovate per entrarvi, essendo che assai pesante era la pietra sovrapposta alla porta del monumento e per loro sarebbe stato assai difficile il poterla rimuovere. Ma ecco che riguardando attentamente videro scomparsa ogni difficoltà al loro intento, giacché quella gran pietra si presentò loro innanzi già bell’e rovesciata. Or ecco in queste circostanze rappresentato al vivo ciò che succede in certe anime, quando stanno per uscire da una vita di peccato per darsi invece ad una vita tutta intesa al servizio di Dio.Costoro, avendo pur volontà risoluta di lasciare il male e di appigliarsi al bene, immaginano tuttavia delle gravi difficoltà, prima nel compiere questo passo, e poi nel camminare costantemente per la retta via. Anzitutto si pensano che sia assai difficile compiere il primo passo, fare cioè una buona Confessione. Giacché, o essendo già da molti anni che non si confessano più, od essendo da vario tempo che si confessano male, temono che nella confessione, che pur vorrebbero fare, non possa riuscir loro di dire tutto, di spiegarsi bene e di riparare convenientemente alla trascuranza ed alla malvagità passata. E con questo timore talmente si angustiano, che alle volte per questa sola difficoltà rimandano e differiscono sempre di giorno in giorno la loro Confessione, esponendosi per tal guisa al pericolo di non poterla più fare, e ad ogni modo mantenendo il loro animo in uno stato di affanno e di ansietà indicibile. E poscia si crucciano altresì pensando, che, anche dopo d’aver con una buona Confessione riparato al passato, non riesca loro possibile mantenersi fermi nei loro buoni propositi e non ritornare alla vita peccaminosa di prima. Questa era appunto la difficoltà, che sentiva Santo Agostino, quando era pur risoluto di lasciare la vita mondana per darsi del tutto al divino servizio. Come mai, andava dicendo egli a se stesso, come mai riuscirò io a menare una vita veramente pura e casta? Come lascerò del tutto quei piaceri che sino ad ora ho gustati? Come vincerò le mie perverse inclinazioni? E così al pari di S. Agostino, vanno dicendo a se stessi molti giovani e molti Cristiani e quando dalla voce di Dio sono invitati a lasciare la vita del peccato, e quando sentono puro in cuore una grande volontà di lasciarla.Or bene costoro devono essere ben persuasi, che le difficoltà, che loro si presentano in questo caso, non sono che difficoltà apparenti, e che anzi tali difficoltà a chi è di buon volere non esistono più, come più non esisteva all’intento delle pie donne la difficoltà della gran pietra sovrapposta al monumento di Gesù Cristo. Ed in vero, chi è seriamente risoluto di lasciare il male per appigliarsi al bene, si accosti senz’altro al Sacramento della Penitenza e conoscerà a prova come tutt’altro che difficile, riesce invece assai facile coll’aiuto di Dio e del confessore a sgravarsi del peso delle proprie colpe, tanto da restare persino meravigliato della facilità, che vi ha in questo primo passo. E poscia continui tranquillamente nei suoi buoni propositi e vedrà che il Signore, facendosi con lui generoso della sua grazia, gli darà la forza per resistere alle tentazioni e vincerle, e per mantenersi costante nella pratica della virtù. Sicché in tanta agevolezza di operare il bene e di respingere il male dovrà dire in fondo al suo cuore: No, non mi sarei mai creduto, che fosse così soave il giogo di Gesù Cristo e così leggiero il peso della sua legge! Se pertanto, o miei cari, vi fosse ancora qualcuno che non si fosse del tutto deciso di lasciare una vita poco o nulla cristiana, si decida oggi a questo importante ammaestramento, che gli dà il Vangelo della solennità pasquale e, superate tutte le difficoltà, risorga ancor egli dal suo sonno di morte e partecipi alla giocondità della Risurrezione di Cristo, di quella Risurrezione, che come dissi, il Signore volle manifestata ed attestata anche dagli Angeli del Cielo.

3.  Ed in vero ecco ciò che ci racconta infine il Vangelo: Ed entrando quelle pie donne nel monumento videro un giovane che sedeva alla destra, ricoperto di una veste candida, e stupirono. Ma questi disse loro: Non vogliate spaventarvi: voi cercate Gesù Nazareno crocifisso: è risorto, non è più qui, ecco il luogo, ove lo posarono. Epperò andate, dite ai suoi discepoli ed a Pietro, che Egli vi precede in Galilea, che ivi lo vedrete, siccome Egli vi disse. Questo giovane pertanto, così chiamato nel Vangelo di S. Marco, e nel Vangelo di S. Matteo chiamato senz’altro col suo nome di Angelo del Signore, disceso dal Cielo e rimossa la pietra del monumento, col volto sfolgoreggiante di luce e col vestito candido come la neve rimase là per manifestare ed attestare a quelle pie donne, e per mezzo loro a tutti, che Gesù Cristo, conforme a quel che aveva predetto, era veramente risorto.Dal che è assai facile il riconoscere con qual lusso di testimonianze il Signore abbia voluto dimostrare la verità di quel miracolo, che è il massimo operato da nostro Signor Gesù Cristo, e che al dire di S. Paolo, basta da sé solo a costituire la base della nostra fede, poiché, come egli stesso si esprime, sarebbe vana la nostra fede, se Gesù Cristo non fosse risorto. Epperò mentre l’abbondanza di testimonianze di questo grande mistero ci deve raffermare nella fede del medesimo, accresce altresì la colpa di coloro, che superbamente negano alle verità della fede l’omaggio della loro credenza, e li rende affatto inescusabili. Tuttavia, o miei cari, prima di terminare io desidero ancora dall’attestazione dell’Angelo prendere argomento a fare un voto per ciascuno di noi. Gesù Cristo, disse l’Angelo alle pie donne,Gesù Cristo è risorto. Or ecco il voto che io intendo esprimere: che gli Angeli del cielo, riguardando di questi giorni a ciascuno di noi, possano dire di ciascuno di noi la stessa cosa: Questi giovani, questi Cristiani sono risorti! Sono risorti dai loro peccati e dai loro vizi; sono risorti dalle loro cattive abitudini; sono risorti dalla loro freddezza; sono risorti dalla loro indifferenza e dalla loro tiepidezza; son veramente risorti per non ricadere mai più, come Gesù Cristo risorse per non mai più morire. Ecco il voto che io esprimo, e che non è altro se non l’adempimento di quella raccomandazione, che con le parole di S. Paolo ci fa oggi la Chiesa dicendo: « Fratelli, togliete da voi il vecchio fermento della malizia e della nequizia e rendetevi come pani azimi per la sincerità e per la verità (1 Cor. V) ». Che si adempia pertanto questo voto, che si pratichi da tutti noi questa raccomandazione; ed allora con maggior animo si potrà da ciascuno di noi prender parte alle grandi feste della Pasqua, cioè della Risurrezione di Cristo.

  Credo…

Offertorium 

Orémus 

Ps. LXXV: 9-10.

Terra trémuit, et quiévit, dum resúrgeret in judício Deus, allelúja. [La terra tremò e ristette, quando sorse Dio a fare giustizia, allelúia.]

Secreta

Súscipe, quaesumus, Dómine, preces pópuli tui cum oblatiónibus hostiárum: ut, Paschálibus initiáta mystériis, ad æternitátis nobis medélam, te operánte, profíciant. [O Signore, Ti supplichiamo, accogli le preghiere del pòpolo tuo, in uno con l’offerta di questi doni, affinché i medésimi, consacrati dai misteri pasquali, ci sérvano, per òpera tua, di rimédio per l’eternità.] –

Communio 

1 Cor V: 7-8

Pascha nostrum immolátus est Christus, allelúja: itaque epulémur in ázymis sinceritátis et veritátis, allelúja, allelúja, allelúja.[Il Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato, allelúia: banchettiamo dunque con gli àzzimi della purezza e della verità, allelúia, allelúia, allelúia.]

Postcommunio 

 Orémus.

Spíritum nobis, Dómine, tuæ caritátis infúnde: ut, quos sacraméntis paschálibus satiásti, tua fácias pietáte concordes. [Infondi in noi, o Signore, lo Spírito della tua carità: affinché coloro che saziasti coi sacramenti pasquali, li renda unànimi con la tua pietà.]

LO SCUDO DELLA FEDE (57)

LO SCUDO DELLA FEDE (57 )

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

CONVINCE FALSO IL PROTESTANTISMO PERCHÈ NON È CATTOLICO, OSSIA UNIVERSALE.

La vera Chiesa fondata da Gesù dovette sempre esser nel mondo e dovette sempre esser così visibile, che tutti i popoli la potessero ravvisare e distinguere dalle altre. Non che tutte le nazioni abbiano dovuto all’istante ricevere il lume dell’Evangelio, ma che successivamente sia stato recato loro, di modo che si vegga sempre grandeggiare in qualche luogo e si conosce che questo è il medesimo che fu sparso per tutto il mondo ed abbracciato da tutte le nazioni. Così si conveniva alle promesse che la S. Chiesa aveva ricevuto dal suo Sposo divino Gesù Cristo. Sentitene alcuna per vostra consolazione. Gesù Cristo per mezzo della sua Chiesa, dice il Salmista, doveva dominare dal mare fino al mare, dal fiume fino al termine dell’orbe terraqueo (Ps. LXXI). Negli ultimi tempi, cioè in quelli della Chiesa, sarà preparato il monte della casa del Signore, sulla vetta di tutti gii altri monti, ed a Lui si recheranno tutte le genti ed egli c’insegnerà le sue vie (Is. II, 2). Io stringerò, dice altrove, un’alleanza sempiterna, e nelle nazioni si conoscerà il loro germe, ed il loro germe sarà in mezzo a tutti i popoli; tutti quelli che li vedranno, conosceranno che questi sono il seme a cui ha benedetto il Signore (Is LXI, 8-9). Chiedi a me, (dice Dio per bocca del Salmista al suo divino Figliuolo) ed io ti darò le genti per tua eredità e per tua possessione i confini ultimi della terra (Ps. II, 8). – Vedete se deve essere sparsa universalmente la vera Chiesa di Gesù? Inoltre conferma tutte queste Profezie lo stesso Gesù dicendo che l’Evangelio sarà predicato in tutto l’universo (Marc. XIII, 18), che in suo Nome si ha da predicare la penitenza e la remissione dei peccati a tutte le genti, incominciando da Gerusalemme (Luc. XXIV, 47). Mi renderete testimonianza, dice Gesù agli Apostoli ed ai suoi successori, in Gerusalemme, in tutta la Giudea, nella Samaria e fino all’estremità della terra (Act. IV, 8). Ora ditemi sinceramente: quale fu la Religione che adempì tutte queste Profezie dell’antico Testamento e del nuovo ? Non è evidentissimo che è la sola Chiesa Cattolica Apostolica Romana? Se voi considerate questo bel fiume della Chiesa Cattolica. voi vedrete appunto che essa di età in età. di secolo in secolo, andò introducendosi in tutti i paesi che sono sulla terra. Fino dai suoi primordi invase l’Oriente tutto, l’Egitto, l’Asia, le Indie, la Grecia e gran parte d’Italia, ed a mano a mano i Romani Pontefici successori di S. Pietro conquistarono le altre parti del mondo, inviando degli Apostoli da per tutto. Nel secolo primo per opera di S. Crescente furono convertiti i Moguntini, per opera di S. Materno e di S. Eucario i Coloniesi e i Treviresi, per opera di S. Lazzaro, i popoli di Marsilia, e di S. Ireneo quei di Lione, di Vienna ed altri. Nel secondo secolo S. Lucio fu spedito ai popoli della Rezia. S, Ghiliano a quei della Franconia, S. Ruperto a quei della Baviera. Nel secolo terzo, quarto e quinto si dilatò la Chiesa nell’Africa, nella Grecia e nelle Gallie. Sul fine del secolo sesto nell’Inghilterra per opera di S. Agostino speditovi da S. Gregorio. S. Bonifazio nel secolo settimo la propagò in molte parti della Germania: S. Firmino convertì i popoli dell’Alsalzia e della Svezia: S. Ludgero la Sassonia inferiore. Nei tempi susseguenti altri ed altri popoli entrarono nella Chiesa, fino al momento in cui spuntarono i Protestanti, nel qual tempo appunto per loro confusione Iddio fece vedere qual fosse la potenza della Chiesa Cattolica; la quale dilatò la Fede nelle Indie per mezzo di S. Francesco Saverio, aprì le porte del Giappone e della Cina fino allora chiuse, e vi fece fiorire nobilissime cristianità, e non lascia fino ai dì nostri di spargere nei vasti Regni di Siam e del Tonchino e della Cocincina, nella nuova Olanda ed in tante isole perdute in mezzo al mare, la sementa dell’Evangelio per farla fruttificare in anime senza numero. Ora come non è visibile da tutto ciò, che la Chiesa Romana è veramente Cattolica, cioè universale e sparsa a tutte le genti , e che così compie tutte le Profezie che erano state fatte intorno alla vera Chiesa? – Dall’altra parte può forse dirsi che si adattino e convengano queste Profezie ai protestanti? Nulla meno: imperocché dove sono stati essi in tutti i secoli anteriori alla riforma? Per mille e cinquecento anni non vi è chi abbia tenuta la loro dottrina né sentito parlare di loro. Lo stesso Lutero affermava che ai suoi tempi nessuno conosceva più le gran cose che egli aveva da insegnare. Non è dunque Cattolica la loro setta, perché non si estende a tutti i tempi. Ma neppure dopo che è nata questa setta può dirsi Cattolica, perché non si estende a tutti i popoli: perocché sebbene siano in vari paesi molti che si danno il nome di Protestanti, qual è però delle tante sette in che sono divisi quella che possa vantarsi di essere Cattolica, cioè universale? Forse 1’Anglicana? Ma questa non è universale neppure in Inghilterra, che è sì piccola rispetto al mondo intero, perché la avversano i Disuniti, i Presbiteriani, i Quaccheri, i Metodisti, i Vaslesiani, gli Scozzesi e cento altre sette che tutte la condannano. Forse la Luterana? Ma se questa ha ancora alcuni seguaci nella Svezia e nella Danimarca, la maggior parte della Germania l’ha abbandonata ed ha formate cento mila sette diverse. Forse il Calvinismo? Ma questo che aveva sua sedeprincipale in Ginevra, ha lasciato ivi stesso il luogo a tutti gli errori immaginabili, tantoché fra tante Religioni in Ginevra ve ne ha perfino una in onore del Diavolo. Non vi parlo degli Stati Uniti di America, dove pure sono Protestanti, perché ivi è impossibile numerare tutte le varie credenze che dominano e ciò per confessione degli stessi Protestanti. O quale adunque di tante sette può aspirare al vanto di esser Cattolica, cioè universale? Non vi sono dieci teste che si intendano insieme, ed hanno la superbia di chiamarsi Cattolici! ed essere essi la fiaccola che illumina l’universo! – Avete mai letta la favola della rana e del bue? Una rana una volta si lasciò prendere da tanta invidia al vedere un bel bue grosso che pasceva l’erba in un prato, che volle emularlo nella grandezza. Che fece? Cominciò a gonfiarsi sformatamente; ma alla fine crepò e questo fu tutto l’utile che ne trasse. Fate voi l’applicazione a quei Protestanti che vanno attorno chiamando la loro setta la Chiesa Cattolica. Del resto poi essi stessi sono così convinti nel cuore, che non sono i veri Cattolici, che secondo l’osservazione fatta da S. Agostino, se voi trovandovi in un paese di eretici domandaste dove sia la Chiesa Cattolica, essi sarebbero i primi a mostrarvi la Chiesa nostra e non la loro. Che segno è questo? Che la verità si fa largo da sé  stessa, anche a dispetto di quelli che non la vogliono.