IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE (4)

IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE (4)

[P. Lorenzo SCUPOLI, presso G. A. Pezzana, Venezia – 1767)

Quello che si debba fare, quando la volontà superiore pare vinta e soffocata in tutto dall’inferiore e dai nemici.

CAP. XIV

E se talora ti paresse, che la volontà superiore nulla potesse contro l’inferiore, e nemici suoi, perché non sentissi in te un potere efficace contro di loro, sta pur salda e non lasciare la pugna, perché hai da tenerti sempre per vittoriosa, mentre apertamente non ti avvedi di aver ceduto. – Che siccome non ha bisogno la nostra volontà superiore per produrre gli atti suoi delle voglie inferiori, così se ella stessa non vuole non può essere costretta giammai a rendersi loro per vinta, per molto aspramente che l’impugnino.  – Perciocchè Iddio ha dotata la volontà di libertà e forza tale che, se tutti i sensi, con tutti i demoni, ed il mondo insieme si armassero e congiurassero contro di lei combattendola, e premendola con tutto lo sforzo loro, può ella nondimeno a dispetto loro liberissimamente volere o non volere tutto ciò, che vuole o non vuole, e quante fiate e per quanto tempo, ed in quel modo ed a quel fine, che più le piace. E se questi nemici alcuna fìate con tanta violenza ti assalissero, e stringessero, che la volontà tua quasi soffocata, non avesse (per cosi dire) fiato per produrre alcun atto di voglie contrarie, non ti perdere d’animo, né gettar le armi per terra, ma serviti in questo caso della lingua, e difenditi, dicendo: “Non ti cedo, non ti voglio”; a guisa di colui, che avendo l’inimico addosso, che lo tiene oppresso, non potendo con la punta, lo percuote col pomo della spada. E siccome quelli tenta di far un salto addietro per poterlo ferire di punta, così tu ritirati nel conoscimento di te stessa, che niente sei, e niente puoi, e con la fiducia in Dio, che tutto può, dà un colpo alla nemica passione dicendo: “Aiutatemi Signore, aiutatemi Dio mio, aiutatemi Gesù e Maria, perch’io non le ceda”. Potrai ancora, quando il nemico ti dà tempo, aiutare la debolezza della volontà, col ricorrere all’intelletto, considerando diversi punti per la considerazione dei quali viene poi la volontà a pigliar fiato e forza contra i nemici. Per esempio: Tu in qualche persecuzione, o altro travaglio, talmente assalita dall’impazienza che la tua volontà quasi non può, oppure non vuole comportarlo; la conforterai dunque con il discorrere con l’intelligenza, intorno ai seguenti, o pure altri punti. – Primo, considera se tu meriti quel male che patisci, perché gli hai dato l’occasione che meritandolo, ogni dover di giustizia vuole che tu sopporti pazientemente quella ferita, che con le proprie mani ti hai data. – Secondo, e non avendone tu colpa alcuna, rivolta il pensiero agli altri tuoi falli dei quali non hai ancora dato il castigo, come si deve, gli hai puniti. E vedendo che la misericordia di Dio ti cangia la pena d’essi, che sarebbe eterna, oppure temporale, ma del Purgatorio, con una piccola presente, devi riceverla non solamente volentieri, ma con rendimento di grazie. – Terzo, e quando a te paresse d’aver fatto molta penitenza, e poco offesa la Divina Maestà (cosa però, che non devi mai persuaderti) hai da pensare, che nel Regno celeste non si entra che per la stretta porta delle tribolazioni. – Quarto, che quantunque tu vi potessi entrare per altra via, per legge d’amore non dovresti neanche pensarlo, essendovi il Figliuolo di Dio con tutti gli amici e membri suoi entrato per mezzo delle spine e croci. – Quinto, ma quello che tu hai in questa, ed ogni altra occasione da mirare principalmente, è la volontà del tuo Dio, che per l’amore che ti porta, e per compiacerti indicibilmente d’ogni atto di virtù e mortificazione, che per corrispondere in amore a Lui ti vedrà fare da sua fedele e generosa guerriera. E tieni per certo, che quanto in sé farà più irragionevole il travaglio, e più indegno dalla parte d’onde viene, e perciò a te più molesto e grave a tollerarlo, tanto al Signore darai più gusto, approvando, ed amando anco nelle cose disordinate in se stesse, e per te più amare, la sua divina volontà e disposizione, nella quale ogni avvenimento, per sregolato che sia, ha regola ed ordine perfettissimo.

Da alcuni avvisi intorno al modo di combattere, e specialmente contro chi e con qual virtù debba farsi.

CAP. XV

Hai già veduto figliuola, il modo con cui si ha da combattere per vincere te stessa, ed ornarti delle virtù. Sappi ora di più, che per riportare la vittoria dei tuoi nemici con facilità, ti conviene combattere, anzi è di bisogno che tu combatta ogni giorno, particolarmente contro l’amore proprio, avvezzandoti ad avere per cari amici i dispregi, e disgusti, che ti potesse mai dare il mondo. E dal non avvertire questa pugna, e dal farne poco conto, è avvenuto ed avviene (come ho tocco di sopra) che le vittorie sono difficoltose, rare, imperfette ed instabili. – Di più ti avviso che il combattimento ha da essere con fortezza d’animo, la quale facilmente acquisterai se la domanderai a Dio; se considerando la rabbia ed odio immortale, ed il gran numero delle loro squadre ed eserciti, considererai all’incontro cui in infinito maggiore è la bontà di Dio, e l’amore, con cui ti ama, e che assai più sono gli Angioli del Cielo e le orazioni de Santi, che dalla parte nostra combattono. – E da questa considerazione è proceduto, che tante e tante femminucce, hanno superato e vinto tutta la potenza e sapienza del mondo, tutti gli assalti della carne, e tutta la rabbia dell’inferno. Onde non ha mai da spaventarti, benché alle volte a te paresse, che la pugna dei nemici più ingagliardisca, e sia per durar per tutta la vita tua, e che ti minaccia quali certe cadute da diverse parti, perché hai da sapere oltre il suddetto, che ogni forza e sapere dei nostri nemici, sta nelle mani del nostro divino Capitano, per onore del quale si combatte, il quale stimandoci indicibilmente, e chiamandoci Egli stesso e rettamente alla pugna, non pure non permetterà mai che ti sia fatta soverchieria, ma combattendo Egli per te, te li darà vinti, quando a Lui piacerà, e con maggior tuo guadagno, quando Egli tardasse in sino all’ultimo giorno di tua vita. Questo solamente tocca a te, che tu combatta generosamente e, se avvenga più fiate, che sia ferita, mai lasci le armi, e ti dia in fuga. – Finalmente, perché tu valorosamente combatta, hai da sapere che questa battaglia non si può fuggire, e chi non vi combatte, di necessità vi resta preso  e morto. Oltre ciò si ha da fare con nemici di tal qualità ed odio ripieni, che non se ne può in modo alcuno, né pace né tregua sperare.

In qual modo la mattina di buon ora si debba mettere in campo il Saldato di Cristo.

CAP. XVI

Svegliata che sarai, la prima che hanno da osservare gli occhi tuoi interni, è il vederti dentro uno steccato chiuso; con questa legge che chi non vi combatte, vi resta morto per sempre. Dentro del quale, t’immaginerai di vedere innanzi a te da una parte quel nemico e mala inclinazione tua che hai già pigliata per espugnare, armata per ferirti, e darti morte, e dal destro piano il tuo vittorioso Capitano Cristo Gesù, con la sua SS. Madre Maria Vergine, insieme col suo carissimo Sposo Giuseppe, con molte squadre d’Angioli, e Santi, e particolarmente S. Michele Arcangelo; e dal sinistro piano il demonio infernale con i suoi, per eccitare la suddetta tua passione istigandoti a cedergli. Nel che ti parerà di sentire una voce,- quasi dell’Angiolo tuo Custode, che cosi ti dica: “Tu oggi hai da combattere contro questo, ed altri tuoi nemici. Non s’impaurisca il cuor tuo, né si perda d’animo, non gli ceda per timore, o altro rispetto in conto alcuno, perché il Signore nostro e Capitano tuo, sta qui teco con tutte quelle gloriose squadre che contro i tuoi nemici tutti combatterà, non permettendo che in forze ti prevalgano, ed in soverchieria”. Sta pur salda, fa a te violenza, e comporta la pena che in violentarti sentirai talora. Grida spesso dall’intimo del cuore, e chiama il tuo Signore e Maria Vergine e tutt’i Santi, che senza dubbio ne riporterai  la vittoria. Se tu sei fiacca, e male abituata, se i nemici tuoi sono forti, e molti, molti anche sono gli ajuti di chi ti ha creato e redenta, e sopra modo e senza comparazione alcuna, più forte è il tuo Dio, più voglia ha Egli di salvarti, che non ne ha il nemico di perderti. Combatti pure, né talora ti rincresca il penare, perché dalla fatica, dalla violenza contro le tua male inclinazioni e dalla pena che si sente per mali abiti, nasce la vittoria ed il tesoro grande, con che si compra il Regno dei cieli, e si unisce l’anima per sempre con Dio. – Comincerai in nome del Signore a combattere con le armi della diffidenza di te stessa e confidenza in Dio, con la orazione e con l’esercizio, chiamando a battaglia quel nemico ed inclinazione tua, che secondo l’ordine di sopra ti sei risoluta di vincere, ora con la resistenza, ora con l’odio ed ora con gli atti della virtù contraria, ferendola più e più volte a morte, per far piacere al tuo Signore che, con tutta la Chiesa trionfante, sta a vedere il tuo combattimento. –  Di nuovo ti dico, che non ti deve rincrescere i1 combattere, considerando l’obbligo che tutti abbiamo di servire e piacere a Dio, e la necessità di combattere, non potendo fuggire senza ferite e morte nostra, da questa battaglia; e ti dico di più, che quando, come ribelle volessi fuggire da Dio e darti al mondo, ed alle delizie della carne, al tuo dispetto ti bisogna combattere con tante e tante contrarietà, che spesse volte ti suderà il volto, e penetrerà il cuore con angosce di morte. – Considera qui, che forte di pazzia sarebbe di pigliare quella fatica e quella pena che induce maggior fatica e pena, con la morte insieme senza finirsi mai, fuggendo da quella, che col finirla presto, si unisce alla vita eterna ed infinitamente beata, o godendo per sempre del nostro Dio.

Dell’ordine di combattere contro le nostre viziose passioni. 

CAP. XVII

Importa assai sapere l’ordine, che si ha da tenere per combattere come si deve, e non a caso ed a stampa, come fanno molti, non senza loro danno. L’ordine di combattere contro i nemici e mali inclinazioni tue è, che tu, entrando dentro al tuo cuore, guardi con diligente esame da qual sorta di pensieri ed affetti è circondato, e da qual passione è più posseduto e tiranneggiato; e contro quella principalmente tu prenda le armi, e la pugna. E se avviene, che tu sii assalita da altri nemici, sempre devi combattere contro quello che allora in atto e più da vicino ti fa guerra, ritornando però poi alla principal impresa.

Del modo di resistere ai subiti moti delle passioni.

CAP. XVIII

Non essendo ancora assuefatta a riparare i subiti colpi delle ingiurie, o d’altra cosa contraria, per fare quell’uso, avvezzati a prevederli e volerli poi più e più volte, aspettandoli con animo preparato. – Il modo di prevederli è che, considerata la condizione delle tue passioni, consideri anco le persone e i luoghi dove, e con le quali tratti, dal che facilmente potrai congetturare quel, che ti potrebbe avvenire. – E sopravvenendoti qualsivoglia altra cosa avversa non pensata, oltre l’aiuto, che ti avrà recato il tenere l’animo preparato alle altre che prevedevi, potrai di più servirti di questo altro modo. In quello che tu incominci a sentire i primi colpi dell’ingiuria, o altra cosa penosa, sta desta a farti forza per levare la mente a Dio, considerando la sua ineffabile bontà, e l’amore verso di te col quale ti manda quell’avversità, acciocché sopportandola per suo amore, più ti purghi ed accosti, ed unisci a Lui. E veduto, quanto Egli si compiace, che tu la sopporti, voltati a te stessa, riprendendoti, e dicendo teco: “Ah, perché non vuoi sostenere questa Croce, che non questi o quegli, ma il tuo Padre celeste ti manda”. Poi rivolta alla Croce abbracciata con la maggior pazienza ed allegrezza, che puoi, dicendo: O Croce fabbricata dalla previdenza divina, innanzi ch’io fossi! O  Croce indolcita dal dolce amore del mio Crocifisso! Inchiodami ormai in te, perché possa darmi, a chi morendo in te, mi ha redenta. – E se nel principio, prevalendo in te la passione, non potessi levarti in Dio, ma restassi ferita, cerca non tutto ciò di farlo quanto prima, come se ferita non fossi. Ma per efficace rimedio contro questi sopiti moti, toglierai a buon ora la cagione, d’onde procedono. – Come se per l’affètto che hai ad alcuna cosa, vedi che, quando in essa vieni molestata, sei solita cadere in subita alterazione d’animo, il modo di provvedere a ciò per tempo è che tu ti avvezzi a toglierne l’affetto. Ma se l’alterazione procede non dalla cosa, ma dalla persona della quale, perché non vi hai sangue, ogni piccola azione ti infastidisce e ti commuove, il rimedio è che ti sforzi d’inchinare la volontà ed amarla, ed averla cara, perché oltre ch’è creatura come tu, dalla sovrana mano formata, e con lo stesso divino Sangue come tu, riformata, ti porge anche occasione (se la comporterai) di assomigliarti al tuo Signore, amoroso e benigno con tutti.

Del modo di combatterecontro il vizio della carne

CAP. XIX

Contro questo vizio hai da combattere con particolare e diverso modo dagli altri. Onde, perché tu sappia combattere ordinatamente, tre tempi hai da osservare:

Avanti che siamo tentati.

Quando siamo tentati.

Dopo che la tentazione è passata.

Avanti la tentazione, la pugna sarà contro le cagioni che sogliono produr quella tentazione. Prima tu hai a combattere, non affrontando il vizio, ma fuggendo ad ogni tuo potere qualsivoglia occasione e persona, da cui te ne possa venire un minimo pericolo. E bisognando talora trattarci, prestissimamente, con volto modesto e grave, e piuttosto le parole hanno d’avere dell’asprezze che dell’amorevolezza ed affabilità soverchia. Né ti fidare, perché non senta, né abbi tanti e tanti anni praticato, sentito stimoli della carne, perché questo maledetto vizio, quello che non ha fatto in molti anni, lo fa in un’ora, e spesso ordina i suoi apparecchi occultamente, e tanto più nuoce, ed incurabilmente ferisce, quanto più sa dell’amico meno dà sospetto di sé. – E molte volte v’è più da temere (come non poche fiate l’esperienza ha mostrato e mostra tuttavia), dove la pratica si continua sotto pretesto di cose lecite, come di parentela, o debito uffizio, oppure di virtù, che sia nella persona amata, perché col troppo ed imprudente praticare, si va mescolando il velenoso diletto del senso, che insensibilmente stillando a poco a poco, e penetrando fino al midollo dell’ anima, va offuscando sempre più la ragione, in modo che si cominciano a stimare come niente le cose pericolose, gli sguardi amorevoli, le parole dolci dell’una e l’altra parte, ed i gusti della conversazione, e così, passandosi dall’una all’altra parte, si viene poi a cadere in rovina, o in alcuna travagliata tentazione malagevole a superarsi. – Di nuovo ti dico che tu fugga, perché sei stoppa, né ti fidare, che sei bagnata, e ben piena d’acqua di buona e forte volontà; e risoluta piuttosto, e pronta alla morte, che all’offesa divina, perché con lo spesso praticare, il fuoco col suo calore a poco a poco, dissecandone l’acqua della buona volontà, quando manco vi si pensa, se le attaccherà in modo che non porterà rispetto a parentela, né ad amici; non temerà Dio, non stimerà l’onore, non la vita, né le pene dell’inferno tutte. Però fuggi, fuggi, se daddovero non vuoi essere sopraggiunta, presa, ed uccisa. Secondo, fuggi l’ozio, e sta vigilante e desta con i pensieri, e con le opere al tuo stato convenienti. Terzo, non fare mai resistenza, ma ubbidisci facilmente ai tuoi Superiori, eseguendo con prontezza le cose imposte, e quelle più volentieri che ti umiliano, e sono più contro la tua volontà e naturale inclinazione. Quarto  non far mai giudizio del prossimo, e principalmente di questo vizio, e se manifestamente fosse caduto, abbigli compassione, né ti sdegnare contro di lui, non lo avere a scherno, ma cavane frutto di umiltà, e di conoscimento di te stessa, conoscendoti polvere e niente; con le orazioni accostati a Dio, e più che mai fuggi le pratiche, dove sia pure ombra di pericolo. Che se tu sarai facile a giudicare gli altri e dispregiarli, iddio a tuo costo ti correggerà, permettendo che tu cada nello stesso difetto, acciocché tu ti avveda della tua superbia, ed umiliata, ad ambedue questi vizi, procuri rimedio. E non cadendo, né mutando pensiero, sappi pure, che vi è da dubitare grandemente dello stato tuo. Quinto ed ultimo avverti bene, che ritrovandoti tu con qualche dono e gusto di delizie spirituali, tu non prenda di te stessa un certo vano compiacimento, persuadendoti di essere da qualche cosa, e che i tuoi nemici non siano più per farti guerra, giacche ti pare di guardarli con nausea, orrore, ed odio, che se in ciò sarai in cauta, cadrai facilmente. Nel tempo della tentazione considera, se procede da cagione intrinseca, o estrinseca. Estrinseca intendo io, che sia la curiosità degli occhi, delle orecchie, la soverchia politezza delle vesti, le pratiche ed i ragionamenti che incitano a quello vizio. Il rimedio di quelli casi è l’onestà, la modestia, non volendo né vedere, né sentire, cose che incitino a questo vizio, e la fuga, come di sopra ho detto. –  L’intrinseca procede, o dalla vivacità del corpo, o dai pensieri della mente; che ci vengano da nostri mali abiti, o pure per suggestione del demonio. La vivacità del corpo si ha da mortificare con digiuni, discipline, cilici, vigilie, ed altre simili asprezze, secondoché insegna la discrezione, e l’ubbidienza. Quanto ai pensieri, vengano pure da qual parte si voglia, che i rimedi son quelli: L’occupazione in diversi esercizi al proprio stato convenienti. L’orazione e la meditazione. L’orazione sia di questa maniera. Quando tu cominci pur un poco ad accorgerti, non pure di tali pensieri, ma dell’antiguardia loro, subito ritirati con la mente al Crocifisso, dicendo: “Gesù mio, Gesù mio dolce, aiutatemi presto, perché io non sia presa da questo nemico”. Ed alle volte abbracciando la Croce, d’onde pende il tuo Signore, bacia più volte le piaghe dei suoi sacrati piedi, dicendo affettuosamente: “piaghe belle, piaghe caste, piaghe sante, piagate ormai questo misero ed impuro cuore, liberandomi dall’offesa vostra.” – La meditazione non vorrei, che nel tempo che abbondano le tentazioni carnali, fosse intorno a certi punti, che propongono molti libri per rimedio di questa tentazione, come il considerare la viltà di questo vizio, l’insaziabilità, i disgusti, le amarezze, che ne seguono, i pericoli e rovine della roba, della vita, dell’onore, e cose simili. Perché quello non è sempre sicuro mezzo per vincere la tentazione, anzi può apportare danno: che se l’intelletto per una via scaccia questi pensieri, per l’altra ci  porge occasione e pericolo di dilettarcene, e consentire al diletto; onde il rimedio vero è il fuggire in tutto, non pure da essi, ma anco da ogni cosa, benché loro contraria, che ce li rappresenti. Però la tua meditazione, per questo effetto, sia intorno alla vita e alla passione del nostro Crocifisso. E se meditando, ti si facessero innanzi contro tua voglia gli stessi pensieri, e più del solito ti molestassero (come facilmente ti avverrà), non perciò ti sgomenterai, né lascerai la tua meditazione, nè a far loro resistenza ti rivolterai, ma seguirai, quanto più intensamente ti sia possibile, la tua meditazione, non curandoti di tali pensieri, come se tuoi non fossero, che non vi è di questo modo migliore per opporsi loro, ancorché ti facessero continua guerra. – Conchiuderai poi la meditazione  con questa o somigliante domanda: “Liberatemi, Creatore e Redentor mio dai miei nemici ad onore della vostra passione e bontà ineffabile”; non rivoltando la mente al vizio, perché la sola memoria di esso non è senza pericolo. Né sta a disputare mai con simile tentazione, se tu abbi consentito o no; perché questo sotto specie di bene, è inganno del demonio per inquietarti  e renderti sconfidata o pusillanime; perché rendendoti occupata in tali discorsi spera di farti cadere in qualche delitto. Però in questa tentazione (quando il consenso non è chiaro), ti basti confessare il tutto con brevità al tuo padre spirituale, rimanendoti di poi col suo parere quieta, senza pensarci più. E fa che gli scopri sempre fedelmente ogni tuo pensiero, né mai te ne ritenga rispetto alcuna o vergogna. Che se con tutti i nostri nemici abbiamo bisogno della virtù dell’umiltà per vincerli, in questo più che in altro dobbiamo umiliarci, essendo questo vizio quasi sempre castigo di superbia. Passato il tempo della tentazione, quello che abbi da fare è, che per libera, che ti pare di essere, e del tutto sicura, tu stia però con la mente lontana affatto da quegli oggetti che ti cagionavano la tentazione, ancorché per fine di virtù, o di altro bene ti sentissi muovere a fare altrimenti, perché questa è frode della viziosa natura, e laccio del sagace nostro avversario, che si trasforma in Angiolo di luce per indurci alle tenebre.